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Cosa vedere in Franciacorta, territorio che custodisce vigneti, borghi antichi e panorami da cartolina

Dolci colline ricoperte di vigneti e punteggiate da borghi medievali, castelli antichi e monasteri, che si estendono in un’area compresa tra la città di Brescia e la sponda meridionale del Lago d’Iseo. Siamo in Franciacorta, territorio rinomato per i suoi vini, le “bollicine” realizzate con metodo classico, e per i paesaggi naturali da cartolina. Una meta perfetta per un viaggio che unisce natura, enogastronomia, arte e relax.

Il modo migliore per assaporarne le diverse sfaccettature? Muoversi in bici, in moto, a cavallo o in quad, con l’aria tra i capelli e lo sguardo perso tra i vigneti. Prevedete delle soste in alcune delle cantine più belle d’Italia per degustare i loro prodotti e poi esplorate il patrimonio culturale e architettonico che racconta millenni di storia. Prendete carta e penna e annotate: queste sono le 15 cose da vedere e da fare in Franciacorta per vivere un’esperienza memorabile.

Cosa vedere in Franciacorta

Dalle cantine più prestigiose ai borghi medievali che spiccano tra le colline e i filari, dai siti storici e religiosi fino a uno dei siti naturali più importanti della Lombardia. Vi sveliamo i luoghi imperdibili della Franciacorta.

Le Cantine della Franciacorta

Sono l’anima produttiva e culturale della regione franciacortina: le cantine sono le protagoniste indiscusse. Sono tantissime e la maggior parte di loro è legata al Consorzio Franciacorta, con il suo disciplinare per la realizzazione di spumanti metodo classico con denominazione DOCG che fanno concorrenza ai vicini champagne francesi.

Tante cantine non sono solo luoghi di produzione vinicola, ma veri e propri templi culturali in cui tradizione, innovazione, ospitalità, design ed arte si uniscono per offrire esperienze immersive. Mete perfette per fare degustazioni, esplorare con guide esperte le modalità di creazione dei vini Franciacorta, assistere ad eventi culturali e mondani, ma anche immergersi nell’arte. Sì perché alcune cantine sembrano veri e propri musei, ricchi di elementi artistici e architettonici mozzafiato.

Oltre a Bellavista, Guido Berlucchi, Barone Pizzini, Ferghettina, La Montina e Contadi Castaldi, che sono solo alcune delle più note e premiate cantine franciacortine, spicca anche Ca’ del Bosco (a Erbusco), celebre per le numerose opere di arte contemporanea posizionate negli spazi interni ed esterni della cantina, offrendo un’esperienza sensoriale unica. Qui sono esposte sculture di Igor Mitoraj, Arnaldo Pomodoro, Rabarama, Stefano Bombardieri e Mimmo Pladino, per citarne solo alcuni.

I borghi medievali

Sono diversi i borghi che compongono il territorio franciacortino. Di origine medievale, sono piccoli e grandi scrigni di bellezze, tra chiese antiche, castelli, palazzi e ville nobiliari, giardini e piazzette vivaci che durante le sagre popolari riuniscono la popolazione di fronte a piatti della tradizione, musica e buon vino.

Di seguito tutti i borghi della Franciacorta:

  • Adro
  • Capriolo
  • Cazzago San Martino
  • Cellatica
  • Coccaglio
  • Cologne
  • Corte Franca
  • Erbusco
  • Gussago
  • Iseo
  • Monticelli Brusati
  • Paderno Franciacorta
  • Passirano
  • Paratico
  • Provaglio d’Iseo
  • Rodengo Saiano
  • Rovato

Impossibile stabilire quale sia il più bello: ognuno ha la propria unicità. Come Erbusco, il “cuore” della Franciacorta, sede del Consorzio e culla delle più grandi cantine del territorio (come Bellavista e Ca’ del Bosco). Passeggiando nel suo centro storico, che conserva alcuni scorci delle antiche mura del castello medievale, potrete ammirare la Pieve antica, la Chiesa di Santa Maria Assunta e le meravigliose ville nobiliari (che in eventi speciali, come Erbusco in Tavola, aprono le porte al pubblico mostrandosi in tutta la loro eleganza).

Meritano una menzione anche Bornato, uno dei borghi più pittoreschi della Franciacorta con il suo castello e gli scorci panoramici; Ome, con le antiche mulattiere, i sentieri tra i boschi e un’antica fucina del XV secolo ancora funzionante (l’Antico Maglio Averoldi); Passirano con il suo imponente castello tra i filari.

Anche Gussago, adagiato sulle dolci colline vitate (chiamate localmente i “ronchi”), è da segnare: l’icona del borgo è la Santissima (che vediamo di seguito), un complesso monastico che spicca in cima a una collina con panorama mozzafiato sul paesaggio circostante.

Iseo, invece, è affacciato sul lago e alterna il centro storico dallo stile medievale a un lungolago vivace (soprattutto d’estate) e ricco di eventi.

Castello di Gussago – La Santissima di Gussago 

Svetta meravigliosamente in cima al colle Barbisone di Gussago, dalle pendici ricche di filari, e sembra proprio uscire da una cartolina: il Castello di Gussago – La Santissima è un affascinante complesso storico (e una cantina di ottima qualità) che unisce arte, spiritualità, natura e tradizione vinicola.

Nata come convento domenicano (XVI secolo), la Santissima ha struttura romanica che dopo la soppressione dell’ordine domenicano è stata trasformata in una villa in stile neogotico moresco, conferendole l’aspetto attuale simile a un castello. Dalla sua terrazza naturale, il complesso offre viste panoramiche memorabili che nelle giornate più nitide svelano anche il Monte Rosa.

Castello di Gussago - La Santissima, Franciacorta

Fonte: iStock

Castello di Gussago – La Santissima, in Franciacorta

Il Castello di Bornato

Tra i borghi antichi che punteggiano la Franciacorta, quello di Bornato custodisce un raro esempio di castello medievale con una splendida villa rinascimentale costruita al suo interno, Villa Orlando, ancora abitata dai proprietari, con sale rinascimentali affrescate, il giardino all’italiana, una chiesetta e gli antichi sotterranei. Oggi è anche una cantina vitivinicola in cui programmare una visita, ma si dice che in passato anche Dante Alighieri vi soggiornò durante il suo esilio da Firenze. Il panorama da qui? Di rara bellezza. E nelle giornate più terse lo sguardo corre lungo la Pianura Padana fino a scorgere anche gli Appennini.

L’Abbazia Olivetana di San Nicola

Durante la vostra esplorazione lungo la Franciacorta, segnatevi questa tappa: l’Abbazia Olivetana di San Nicola, a Rodengo Saiano. Si tratta di un capolavoro architettonico rinascimentale, un complesso monastico con un affascinante chiostro, fondato dall’ordine cluniacense attorno al X secolo e poi gestito dai Benedettini Olivetani di Monte Oliveto Maggiore.

Dopo essere stata ottimamente restaurata, l’Abbazia è tornata ai suoi antichi splendori ed è oggi uno dei più ricchi monasteri del Nord Italia, che ospita opere, tra gli altri, del Moretto e del Romanino.

Il Monastero di San Pietro in Lamosa (Provaglio d’Iseo)

Abbarbicato su un colle con vista magnifica sulle Torbiere del Sebino, si trova un antico complesso monastico benedettino molto affascinante: il Monastero di San Pietro in Lamosa di Provaglio d’Iseo. Una combinazione unica di storia, arte e natura. Da visitare la chiesa romanica, il chiostro del XV secolo e la Sala dei Disciplini (oratorio barocco decorato con affreschi primo-cinquecenteschi e un maestoso crocifisso), oltre al paesaggio naturale circostante.

La Riserva Naturale Torbiere del Sebino

A sud del Lago d’Iseo si estende un’area protetta di 360 ettari, tra le zone umide più importanti della Lombardia: le Torbiere del Sebino, con specchi d’acqua alternati a sentieri immersi nella natura selvaggia, ponticelli e scorci di rara bellezza. Qui è ospitata una ricca biodiversità e una grande varietà di uccelli migratori (la Riserva Naturale Torbiere del Sebino è infatti un paradiso per gli amanti del birdwatching).

Potrete fare un’escursione a piedi scegliendo uno dei percorsi ad anello che la attraversano, dall’alba al tramonto. Il costo di accesso è di 2 euro per adulto (i bambini fino a 8 anni non pagano). Un’ottima meta per la disconnessione e il contatto autentico con la natura, per tutta la famiglia.

Riserva Naturale Torbiere del Sebino, Franciacorta

Fonte: iStock

Riserva Naturale Torbiere del Sebino, in Franciacorta

Il Convento della Santissima Annunciata di Rovato

A Rovato, uno dei Comuni più a sud della Franciacorta, c’è un convento che dall’alto del Monte Orfano osserva una buona parte del territorio vitivinicolo: si tratta del Convento della Santissima Annunciata (consacrato nel 1507), un gioiello di arte, spiritualità, storia e architettura religiosa rinascimentale.

Chiesa, sagrestia, chiostro, celle dei frati, refettorio e una cappella interna sono tutti luoghi visitabili, mentre dalla loggia panoramica si gode una vista mozzafiato sui vigneti della Franciacorta. Una chicca? A poca distanza si trova una panchina formato maxi in cui sedersi e ammirare il paesaggio, appartenente al circuito delle Panchine Giganti.

Cosa fare in Franciacorta

Non ci si annoia di certo nel territorio franciacortino. Dai tour in bici alle degustazioni di piatti tradizionali, dagli eventi culturali allo shopping, ecco 7 cose da fare in questa terra di vini e colline.

In bici, moto o quad lungo la Strada del Vino Franciacorta

Sono diverse le occasioni per noleggiare bici, Vespe o quad per vivere l’esperienza di un tour panoramico tra vigneti, colline, borghi e cantine della Franciacorta. Ma anche percorrere le stradine tra i filari a piedi è un’avventura consigliatissima. Qui potete trovare la mappa con tutti i percorsi possibili e i punti di interesse da scoprire lungo la Strada del Vino.

Eventi e sagre tra i vigneti e i borghi

Non mancano gli eventi in Franciacorta. Se capitate in questo territorio della provincia di Brescia durante la primavera, potrete ad esempio assistere a Franciacorta in Fiore, che si tiene tutti gli anni a maggio nel borgo antico di Bornato: una rassegna florovivaistica con giardini diffusi, installazioni artistiche e percorsi naturalistici meravigliosi per celebrare tutta la bellezza dei fiori e sensibilizzare sull’importanza degli insetti impollinatori. A Marzo, invece, prende vita il Festival di Primavera, un weekend dedicato all’incontro tra cultura, enogastronomia e tradizione, con degustazioni in cantina, piatti della tradizione, visite culturali guidate nei luoghi storici del territorio.

In estate, poi, sono numerose le sagre popolari in cui degustare la cucina tradizionale a suon di musica e brindisi. L’evento più atteso è poi il Festival Franciacorta in Cantina, che si tiene a settembre: tantissime cantine aprono le porte per degustazioni ed eventi esclusivi.

Degustazione dei piatti della tradizione

Nelle pause tra le visite in cantina e nei borghi, potrete recarvi nei ristoranti, negli agriturismi e nelle trattorie tipiche dove assaggiare i migliori piatti della tradizione culinaria del territorio. Non potrete lasciare la Franciacorta (e in generale la provincia di Brescia) senza aver provato i salumi locali, il manzo all’olio di Rovato, i casoncelli e i formaggi della Val Camonica.

Shopping all’Outlet Franciacorta

Dopo un’immersione della cultura e nelle tradizioni della Franciacorta, non manca anche una tappa per lo shopping sfrenato a Rodengo Saiano, presso l’Outlet Village Franciacorta, uno dei più importanti del Paese con oltre 160 negozi e boutique di marchi prestigiosi con sconti golosi tutto l’anno.

Relax e coccole di benessere

Molti hotel e agriturismi in Franciacorta offrono esperienze benessere, spa e trattamenti, spesso con vista sui vigneti o sul Lago d’Iseo. Uno dei più noti (che spesso ospita Vip italiani e internazionali) è L’Albereta Relais & Chateaux (a Erbusco), in cui si trova la SPA firmata Chenot.

Gita fuori porta a Monte Isola

Non rientra geograficamente nel territorio franciacortino, ma è una tappa obbligata durante un soggiorno in questo territorio bresciano, comodamente raggiungibile da Iseo (o da Sulzano) con il traghetto: nel cuore del Lago d’Iseo, Monte Isola è l’isola lacustre più grande d’Italia e dell’Europa Occidentale ed è uno scrigno di tesori da scoprire.

È uno dei “Borghi più Belli d’Italia” e incanta con i suoi pittoreschi borghetti sparsi lungo le sue pendici (come Peschiera Maraglio, Carzano e Novale), le tradizioni culinarie secolari (tra cui il salame di Monte Isola e le sardine essiccate), la natura rigogliosa che domina incontrastata e il Santuario della Madonna della Ceriola nel punto più alto dell’isola. Vi consigliamo di partire zaino in spalla lungo il sentiero che raggiunge questo incantevole santuario a 600 metri di altitudine: da lassù si può godere di un panorama meraviglioso a 360° su tutto il lago.

Monte Isola (Brescia), l'isola lacustre più grande d'Italia

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Monte Isola (provincia di Brescia), l’isola lacustre più grande d’Italia

Tappa in città: alla scoperta di Brescia

La Franciacorta si trova a poca distanza dal centro cittadino di Brescia, una città ricca storia che vale la pena essere scoperta a piedi, passeggiando tra piazze imponenti, chiese antiche, palazzi eleganti e viuzze acciottolate che portano fino al Castello, che dall’alto di un colle è il guardiano silenzioso della città.

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Cosa vedere a Berlino in 3 giorni: itinerario dettagliato per scoprire l’anima della capitale tedesca

Camminare per le strade di Berlino è come percorrere le pagine di un libro aperto sulla storia del Novecento. Ogni edificio, ogni piazza, ogni muro racconta frammenti di un passato tormentato e di una rinascita continua. Berlino non si limita a mostrarsi: ti coinvolge, ti sfida, ti interroga. È una città che si vive con la mente e con il cuore. Dalla cupa memoria del Muro e dei suoi Checkpoint al silenzio solenne del Memoriale dell’Olocausto, Berlino custodisce ferite ancora visibili, trasformate in luoghi di riflessione. Ma c’è anche la storia della liberazione, della caduta, della ricostruzione. Nei graffiti dell’East Side Gallery, nelle pietre d’inciampo incastonate nei marciapiedi, nel contrasto tra architetture imperiali e costruzioni moderne, si intrecciano racconti di dolore e speranza. Con oltre 170 musei, una scena artistica tra le più dinamiche al mondo, e una vitalità notturna leggendaria, Berlino è un crocevia di idee, stili e linguaggi. Pensando a cosa vedere a Berlino in 3 giorni viene facile pensare che il tempo basti per coglierne l’anima, esplorando la sua storia, i suoi musei, i suoi quartieri più creativi.

Giorno 1 – Berlino storica

Tappa 1: Porta di Brandeburgo

Imponente, solenne, carica di storia: la Porta di Brandeburgo (Brandenburger Tor) non è solo uno dei monumenti più famosi di Berlino, ma un vero e proprio simbolo d’Europa. Costruita tra il 1788 e il 1791 su progetto dell’architetto Carl Gotthard Langhans, si ispira ai propilei dell’Acropoli di Atene, riflettendo lo stile neoclassico tipico dell’epoca. Con le sue dodici colonne doriche e la celebre Quadriga — una scultura di bronzo che rappresenta la dea della Vittoria alla guida di un carro trainato da quattro cavalli — la porta doveva celebrare la pace, come recita anche il suo nome originario: Friedentor, la Porta della Pace.

Ma il suo destino sarebbe stato ben diverso: attraversata dalla storia, testimone silenziosa di epoche di gloria, di guerre e di divisioni, la Porta di Brandeburgo ha assunto nel tempo significati profondamente diversi. Durante il dominio napoleonico, fu il generale francese stesso a portare via la Quadriga a Parigi, come bottino di guerra. Solo anni dopo, con la sconfitta di Napoleone, la statua fu restituita e divenne un emblema del nazionalismo prussiano. Nel Novecento, la porta assunse un ruolo ancora più centrale: durante il regime nazista fu utilizzata come scenografia per le parate del potere, mentre dopo la Seconda guerra mondiale si ritrovò isolata in una Berlino distrutta, al confine tra i settori Est e Ovest. Con l’erezione del Muro di Berlino nel 1961, la Porta fu inglobata nella cosiddetta “striscia della morte”: simbolicamente presente ma fisicamente irraggiungibile, diventò l’immagine stessa della separazione.

Fu solo il 9 novembre 1989, con la caduta del Muro, che la Porta di Brandeburgo tornò ad aprirsi davvero, trasformandosi da simbolo della divisione a icona della riunificazione tedesca. Il 22 dicembre dello stesso anno, migliaia di persone si riunirono lì per attraversarla di nuovo, abbracciando una nuova epoca di speranza, dialogo e libertà. Oggi, la Porta si erge al termine del viale Unter den Linden, incorniciata dal verde del Tiergarten e affacciata sulla Pariser Platz, circondata da ambasciate, hotel storici e istituzioni. È meta quotidiana di turisti, ma anche punto d’incontro per manifestazioni, concerti e celebrazioni ufficiali.

Porta Brandeburgo

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Porta di Brandeburgo a Berlino

Tappa 2: Il Museo di Bud Spencer

Tra le sorprese più insolite di Berlino, spicca un piccolo museo dedicato a una figura amatissima da intere generazioni europee: Bud Spencer, al secolo Carlo Pedersoli. Situato nel quartiere di Charlottenburg, il Bud Spencer Museum è un’esposizione affettuosa e ironica che ripercorre la vita e la carriera dell’attore, campione di nuoto, pilota, inventore e leggenda del cinema spaghetti-western insieme al compagno di schermo Terence Hill. Attraverso oggetti di scena, manifesti originali, interviste, memorabilia e filmati d’epoca, il museo racconta non solo l’artista, ma anche l’uomo: lo sportivo, il cantante, l’imprenditore. L’allestimento è pensato per i fan, ma anche per i curiosi, con un tono giocoso e accessibile. Non mancano postazioni interattive, repliche dei set, e — ovviamente — una sezione dedicata alle iconiche scazzottate in slow motion, ormai patrimonio culturale popolare.

Tappa 3: Reichstag e la cupola di vetro

Proseguendo dalla Porta di Brandeburgo verso nord-ovest, in pochi minuti si raggiunge uno dei luoghi più significativi della Berlino contemporanea: il Reichstag, sede del Bundestag, il Parlamento federale tedesco. Ma questo edificio è molto più di una sede istituzionale: è un crocevia della storia tedesca, un monumento vivo al cuore della democrazia moderna. Costruito tra il 1884 e il 1894 su progetto di Paul Wallot, il Reichstag nasceva per rappresentare il potere dell’Impero tedesco unificato sotto Bismarck. L’edificio originale, con la sua cupola classica e le imponenti facciate neorinascimentali, rifletteva la grandeur dell’epoca. Ma il destino dell’edificio fu travagliato fin dall’inizio. Nel 1933, un misterioso incendio ne distrusse gran parte dell’interno. Dopo la Seconda guerra mondiale, il Reichstag si trovò in rovina, abbandonato vicino al confine tra Berlino Est e Ovest, simbolicamente inattivo per decenni.

Solo con la riunificazione tedesca nel 1990 l’edificio tornò al centro della vita politica nazionale. Di giorno, la luce naturale penetra nella sala plenaria grazie a un cono centrale specchiato che distribuisce l’illuminazione; di notte, l’edificio brilla dall’interno, un faro nel cuore di Berlino. La cupola è aperta ai visitatori tutti i giorni e l’accesso è gratuito, ma è necessario prenotare con anticipo online, sia per ragioni logistiche che di sicurezza. Dalla sommità della cupola si gode un panorama straordinario a 360 gradi sulla capitale: si scorgono il Tiergarten, la Porta di Brandeburgo, l’Isola dei Musei, la torre della televisione di Alexanderplatz e, nelle giornate limpide, perfino i sobborghi della città.

Tappa 4: Memoriale dell’Olocausto

A sud della Porta di Brandeburgo, si estende un campo composto da oltre duemila blocchi di cemento grigio. È il Memoriale dell’Olocausto, una delle opere più toccanti del mondo contemporaneo. Camminando tra le stele, che variano in altezza e profondità, si sperimenta un senso crescente di smarrimento e riflessione. Inaugurato nel 2005, il memoriale è stato progettato dall’architetto statunitense Peter Eisenman, con la collaborazione dell’artista Richard Serra. L’intento dichiarato non era quello di “spiegare” l’Olocausto, ma di creare uno spazio fisico capace di generare emozioni, dubbi, silenzi. Nessuna targa esplicativa, nessuna didascalia sulle stele: il significato emerge dal cammino stesso, personale e intimo, che ciascun visitatore compie attraversando il sito. Sotto il campo di stele si trova il Centro di documentazione, accessibile gratuitamente. Qui, attraverso fotografie, testimonianze, diari, lettere e ricostruzioni storiche, è possibile approfondire la tragedia dell’Olocausto, con un’enfasi particolare sulle storie individuali.

Tappa 5: Checkpoint Charlie

Questo era il più noto punto di passaggio tra Berlino Est e Ovest. Oggi una ricostruzione lungo la Friedrichstraße ne segna la posizione, accompagnata da un museo che raccoglie testimonianze, fotografie e oggetti originali utilizzati per fuggire dalla DDR. L’esposizione è ricca e ben documentata, e racconta il dramma quotidiano di una città divisa. Il nome “Charlie” deriva dall’alfabeto fonetico NATO: Alpha, Bravo, Charlie, ovvero il terzo posto di controllo istituito dagli americani. La sua immagine — una piccola baracca bianca con la scritta “You are leaving the American sector” — è diventata un’icona mondiale, immortalata in film, romanzi e reportage. Oggi, la struttura visibile è una ricostruzione simbolica, fedele all’originale, affiancata da due grandi pannelli fotografici che mostrano un soldato americano e uno sovietico, a simboleggiare la tensione di quegli anni.

Checkpoint Charlie

Fonte: iStock

Checkpoint Charlie a Berlino

Tappa 6: Serata a Gendarmenmarkt

Per chiudere la giornata, Gendarmenmarkt è una delle piazze più eleganti della capitale nel quartiere Mitte. Dominata dalla Konzerthaus e dalle due cattedrali gemelle, offre un’atmosfera raffinata. Qui si trovano anche alcuni ottimi ristoranti dove cenare in tranquillità, immersi nell’architettura neoclassica. La sua geometria armoniosa è dominata da tre edifici maestosi che si fronteggiano in perfetto equilibrio: al centro, la Konzerthaus, il teatro dell’opera sinfonica, e ai lati, le due cattedrali gemelle, il Deutscher Dom (Duomo Tedesco) e il Französischer Dom (Duomo Francese).

Tappa 7 – La cioccolateria Rausch Schokoladenhaus

Nel cuore elegante di Mitte, a due passi da Gendarmenmarkt, si trova un luogo che incanta i sensi: la Rausch Schokoladenhaus, considerata la più grande cioccolateria del mondo dedicata al cioccolato artigianale di alta qualità. Fondata nel 1918, è oggi una vera istituzione per chi ama il gusto e l’estetica del cioccolato. L’interno del negozio è uno spettacolo in sé: accanto alle raffinate praline, ai cioccolatini ripieni e alle tavolette monorigine da tutto il mondo, spiccano enormi sculture di cioccolato, riproduzioni fedeli e incredibili di monumenti iconici come la Porta di Brandeburgo, la Torre della televisione o la Cattedrale di Berlino, tutte scolpite con meticolosa precisione e, naturalmente, interamente commestibili. Al piano superiore, la cioccolateria gourmet propone dolci raffinati e bevande al cioccolato servite in un ambiente elegante con vista sulla piazza.

Giorno 2 – Arte e cultura sull’Isola dei Musei

Tappa 1: Museumsinsel

L’Isola dei Musei è uno dei complessi museali più importanti del mondo, Patrimonio dell’Umanità UNESCO. I suoi cinque musei ospitano collezioni straordinarie e devono rientrare quasi d’obbligo in un piano di cosa vedere a Berlino in 3 giorni. Il Pergamonmuseum conserva la Porta di Ishtar e l’Altare di Pergamo, mentre il Neues Museum espone il celebre busto di Nefertiti. Anche gli altri musei – Bode, Altes e Alte Nationalgalerie – meritano una visita per chi ha più tempo a disposizione.

Tappa 2: Berliner Dom

A pochi passi dalla Museumsinsel si erge il Berliner Dom, la cattedrale protestante più grande della Germania. Con la sua cupola verde-ramata visibile da gran parte del centro storico, domina il paesaggio urbano come un faro spirituale e architettonico. L’edificio, ricostruito dopo la Seconda guerra mondiale, è un ibrido tra barocco e rinascimentale, con decorazioni ricchissime e una monumentalità che evoca i fasti della Berlino imperiale. L’interno, sontuoso e luminoso, accoglie i visitatori con il suo maestoso organo Sauer, tra i più grandi d’Europa, e con una navata ornata da mosaici, stucchi e dorature. Ma uno dei luoghi più suggestivi è la Hohenzollerngruft, la cripta reale che ospita oltre 90 sepolture dei membri della famiglia Hohenzollern, custodi di una parte importante della storia tedesca.

Berliner Dom

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Berliner Dom

Tappa 3: Passeggiata su Unter den Linden

Il grande viale alberato di Unter den Linden collega la Porta di Brandeburgo all’isola dei Musei. Camminando lungo il suo asse si incontrano alcuni degli edifici più importanti della città, come l’Università Humboldt, l’Opera di Stato, la Biblioteca reale, il Neue Wache e il ricostruito Castello di Berlino, oggi sede dell’Humboldt Forum. Lungo il percorso si incontrano edifici storici, librerie, gallerie, università e alcuni caffè storici. È ideale per una pausa rilassante dopo una mattinata intensa tra opere d’arte.

Tappa 4: Serata a Kreuzberg

Kreuzberg rappresenta l’anima alternativa di Berlino. È il quartiere della multiculturalità, della street art, della musica sperimentale e dei ristoranti etnici. È qui che si scopre la Berlino più giovane e ribelle. Per cena si può scegliere tra cucina turca, vegana, asiatica o tedesca contemporanea. Dopo cena, numerosi locali lungo il Landwehrkanal offrono musica dal vivo e un’atmosfera vivace.

Giorno 3 – Berlino alternativa

Tappa 1: East Side Gallery

Questo tratto del Muro di Berlino, lungo oltre un chilometro, è stato trasformato in una galleria d’arte all’aperto subito dopo la riunificazione. I murales raccontano sogni, memorie, rivendicazioni, libertà. L’opera più celebre è il “bacio fraterno” tra Brežnev e Honecker, simbolo della fine di un’epoca. Si tratta del tratto più lungo ancora esistente del Muro originale, ben 1,3 chilometri che corrono lungo la Mühlenstraße, nel quartiere di Friedrichshain, sulle rive della Sprea. Vicino alla galleria si trova anche l’Oberbaumbrücke, uno dei ponti più affascinanti di Berlino, che collega Friedrichshain a Kreuzberg. Il contrasto tra la solidità gotica del ponte e l’esplosione creativa del Muro rende questo angolo della città particolarmente suggestivo, soprattutto al tramonto, quando le luci si riflettono sulla Sprea.

Tappa 2: RAW-Gelände

A pochi minuti dalla East Side Gallery, l’ex deposito ferroviario RAW-Gelände è stato riconvertito in uno spazio creativo. Qui convivono laboratori artistici, mercatini vintage, bar underground, pareti di arrampicata e club. Di giorno è tranquillo, perfetto per esplorare l’arte urbana. Di sera diventa un centro della vita notturna berlinese. Tra capannoni riconvertiti e cortili pieni di street art, si incontrano atelier di artisti, centri di arrampicata indoor, piste da skate, spazi espositivi temporanei, bar dall’anima punk, ristoranti etnici, e persino mercatini vintage. Alcuni graffiti sono vere e proprie opere d’arte urbana, che trasformano muri abbandonati in tele gigantesche, mutate continuamente dagli interventi di artisti locali e internazionali.

street art Berlino

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street art Berlino

Tappa 3: Tempelhofer Feld

Tempelhof è un ex aeroporto in disuso, oggi trasformato in parco pubblico. Durante il Blocco di Berlino (1948-49), fu teatro del celebre ponte aereo, grazie al quale le forze alleate mantennero in vita la Berlino Ovest. Ancora oggi si possono vedere gli hangar, le torri di controllo, i terminal in stile razionalista, tutti immersi in un silenzio quasi irreale. È possibile passeggiare o pedalare sulle vecchie piste d’atterraggio, circondati da prati, orti urbani e famiglie che fanno picnic. È uno dei luoghi simbolo della riconversione urbana berlinese, in cui lo spazio pubblico torna ai cittadini.

Tappa 4: Prenzlauer Berg

Per concludere il viaggio, il quartiere di Prenzlauer Berg offre un’atmosfera rilassata e sofisticata. Un tempo zona popolare della Berlino Est, è oggi uno dei quartieri più desiderabili della città. Dopo la caduta del Muro, gli edifici ottocenteschi del quartiere sono stati restaurati con cura, mantenendo il loro fascino originario, mentre nuove generazioni di artisti, famiglie e imprenditori hanno dato vita a un mix unico di eleganza bohemien e sensibilità contemporanea. Passeggiare lungo i viali alberati di Kastanienallee o attorno alla Kollwitzplatz, tra librerie indipendenti, boutique di design, gallerie d’arte e caffè pieni di luce, significa immergersi in un’atmosfera rilassata e cosmopolita, dove il tempo sembra rallentare. Il quartiere è anche noto per i suoi mercati biologici, i ristoranti a filiera corta e i brunch interminabili del weekend, vera e propria istituzione locale.

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Il doppio volto di Bari conquista gli Stati Uniti e finisce in copertina

Il lungomare di Bari finisce in copertina sul New York Times: la cittadina pugliese di mare che sta inaugurando una tratta aerea che collega New York alla località ha fatto parlare di sé oltreoceano. Bari cambia volto, non c’è che dire: la storica città portuale per troppo tempo associata alla marginalità e alla criminalità oggi veste un look tutto nuovo, attirando turisti internazionali.

Bari vecchia incanta i turisti di tutto il mondo

TikTok è pieno di video che raccontano di Bari Vecchia, con i suoi vicoli caratteristiche le botteghe che preparano a mano le orecchiette con vendita su strada e panetterie che sfornano la celebre focaccia barese non ha rivali. Da via Arco Basso alla cattedrale passando per il lungomare: il cuore più autentico della città incanta, tra street food e architettura. Ma questo boom turistico, seppur recente, sta già generando effetti ambivalenti.

Bari si collega agli Stati Uniti

Ma perché Bari è finita in copertina sul New York Times? A partire da giugno 2025 la compagnia aerea Neos mette a disposizione un collegamento settimanale tra l’aeroporto JFK di New York e Bari. Un volo intercontinentale che non farà più approdare a Roma o a Milano i turisti ma direttamente in Puglia.

Gli amministratori locali sono già ben consci di quanto evidenziato dal New York Times, sia sui pro sia sui contro. Ecco perché stanno provando a cavalcare l’onda del turismo tenendo un equilibrio tra crescita e tutela del tessuto sociale. Maria Grazia Cito, docente di economia del turismo, sottolinea che la città pugliese non dovrà diventare una “Disneyland del sud Italia” e si dovrà intervenire colmando servizi pubblici scadenti come i collegamenti con la periferia così da evitare di aggravare diseguaglianze che alienano i residenti stessi.

I pro di visitare Bari secondo il New York Times

Il boom turistico in Puglia e in modo particolare a Bari ha riscoperto un moto d’orgoglio tra i local. Dopo decenni di ruoli marginali con l’attenzione puntata verso Lecce e il Salento, gli investimenti sul nuovo lungomare, l’offerta culturale e i servizi stanno portando i loro frutti. L’economia ne beneficia: aumentano gli alloggi turistici, i ristoranti si riempiono e le attività artigianali tornano protagoniste.

I contro di visitare Bari secondo il New York Times

Non è tutto oro ciò che luccica, però. Come già accaduto in passato a Firenze o Venezia l’impennata di turisti porta con sé conseguenze sia sociali sia urbanistiche. I canoni d’affitto in centro storico stanno aumentando rapidamente, rendendo più complicato l’affitto per studenti e anziani. La gentrificazione bussa alle porte e lo fa con una velocità che forse non ci si aspettava.

Dal punto di vista lavorativo, l’industria turistica non garantisce un’occupazione stabile. Dopotutto in Puglia il turismo è prettamente stagionale, dunque molti giovani si trovano con contratti di pochi mesi e stipendi bassi alimentando una forma di precarietà che non garantisce prospettive nel futuro.

Finire in copertina sul New York Times e avere un collegamento aereo con gli Stati Uniti va visto come un punto di partenza per poter costruire un modello di turismo tanto sostenibile quanto inclusivo.

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Praia de Carnota, la spiaggia della Galizia dove il mare è “pieno di stelle”

Il mare ha sempre il suo fascino, tanto di giorno quanto di notte. Ci sono alcuni luoghi, però, che aggiungono un pizzico di magia. Ne è un esempio la costa della Galizia dove, sulla spiaggia di praia de Carnota (e non solo in questa incantevole baia) l’acqua si tinge di tonalità fluorescenti per un fenomeno naturalistico. Incastonato sulla costa, questo posticino sembra un sogno che si dissolve tra le onde: la spiaggia più lunga della ragione con la sua sabbia dorata e oltre sette chilometri si trasforma in un teatro naturale effetto wow.

Quando le condizioni sono perfette l’acqua inizia a brillare tanto che sembra sia piena di stelle. Il fenomeno è conosciuto come mar de Ardora, o mare di fuoco: un evento raro e affasciante che incanta i turisti di tutto il mondo.

Praia de Carnota, la spiaggia della Galizia dove il mare sembra ricoperto di stelle

Seppur possa sembrarlo, la bioluminescenza marina non è magia ma scienza allo stato puro. Il fenomeno che si verifica a Praia de Carnota è causato dalla presenza di organismi marini minuscoli conosciuti con il nome di dinoflagellati. In modo specifico, qui abitano i Noctiluca scintillans che emettono luce a contatto con il moto delle onde per un passo leggero sulla riva o per un tuffo improvviso.

Il mare sembra esplodere in bagliori azzurri e lattiginosi, un vero “mare di stelle” che un tempo incuteva timore ai marinai, i quali credevano si trattasse di fuoco sacro o presagi divini. Oggi sappiamo che si tratta di una reazione chimica: quando i dinoflagellati vengono agitati, rilasciano una sostanza chiamata luciferina, che reagisce con l’ossigeno producendo luce.

Perché a Praia de Carnota l’acqua diventa fluorescente

Tra le tante spiagge della Galizia in Spagna, Praia de Carnota ha una marcia in più e non solo per la sua dimensione. Il suo ambiente incontaminato e la scarpa presenza di inquinamento luminoso fa sì che il fondale possa alimentare una varietà biologica ricca.

La spiaggia è protetta da un sistema di dune che la separa dall’entroterra così da dar vita ad una sorta di microclima perfetto per l’insediamento di alcuni organismi che provocano il fenomeno. A fare la differenza l’orientamento geografico: essendo esposta verso l’oceano Atlantico ma riparato dai flussi turistici è una vera meraviglia.

Attenzione, il fenomeno non accade ogni notte ma solo in condizioni precise. Deve esserci buio, non esserci la luna piena e un basso inquinamento luminoso. Il periodo propizio è quello della fine dell’estate o dell’inizio autunno quando l’acqua è calda e le correnti oceaniche unite al vento del sud favoriscono la fioritura dei microrganismi. Non si tratta dell’unico posto al mondo dove si possono ammirare le stelle in mare, anche in Australia nella Jervis Bay accade così come in altre spiagge della Spagna lontane dalla folla.

Dove si trova Praia de Carnota e come raggiungerla

Praia de Carnota è una spiaggia nella provincia della Coruña in Galizia. Per poterla raggiungere l’opzione migliore è arrivare all’aeroporto di Santiago de Compostela da cui dista circa 90 chilometri. Da lì è possibile noleggiare un’auto e muoversi in autonomia organizzando uno splendido on the road in una delle zone più caratteristiche della Spagna.

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Tra silenzi antichi e mare turchese, Cala Biriola incanta l’anima

Situata lungo la costa centro-orientale della Sardegna, nel territorio di Baunei, Cala Biriola rappresenta una delle mete più affascinanti per gli amanti della natura e dell’avventura. Questa piccola baia, incastonata tra alte falesie calcaree e immersa nella macchia mediterranea, offre un’esperienza unica con il suo fondale di sassolini bianchi, il mare cristallino, i sentieri selvaggi e i paesaggi mozzafiato. Una tappa assolutamente da non perdere durante un viaggio in Sardegna.

Un paesaggio incontaminato tra mare e montagna

Cala Biriola si distingue per la sua bellezza selvaggia e incontaminata. La spiaggia è composta da sassolini bianchi e tondeggianti, modellati nel tempo dalle onde del mare. Alle spalle, un fitto bosco di lecci secolari e ginepri si estende fino alle scogliere, creando un contrasto suggestivo con le acque turchesi e trasparenti del Golfo di Orosei. Questo paradiso sardo è situato a metà strada tra altre meravigliose spiagge della costa ogliastrina – Cala Goloritzé e Cala Luna – e vicino a Grotta del Fico e Cala Sisine. L’arco naturale di Su Achileddu, una formazione rocciosa che si protende sul mare, aggiunge un tocco di magia al paesaggio.

Accesso via mare: la via più agevole

Il modo più semplice per raggiungere Cala Biriola è via mare. Durante la stagione estiva, numerose imbarcazioni partono dai porti della Sardegna – Cala Gonone, Arbatax e Santa Maria Navarrese – offrendo escursioni giornaliere che includono soste nelle principali cale della zona. È anche possibile noleggiare gommoni o piccole barche per esplorare la costa in completa autonomia – passare per le piscine di Venere è un must – rispettando le normative locali e le indicazioni del personale addetto.

Trekking a Cala Biriola: un’avventura per escursionisti esperti

Per gli amanti del trekking, Cala Biriola è raggiungibile anche via terra attraverso un sentiero impegnativo che parte dalla località di Ololbissi, sull’altopiano del Golgo. Il percorso, lungo circa 2 km con un dislivello di 370 metri, attraversa boschi di lecci e tratti di falesia, offrendo panorami spettacolari sul mare. Si tratta di un’escursione adatta a camminatori esperti, da affrontare preferibilmente con l’ausilio di una guida locale e attrezzatura adeguata.

Attività e esperienze indimenticabili

Cala Biriola offre numerose opportunità per vivere la natura in modo attivo facendo attività e sport outdoor. Le acque limpide e i fondali ricchi di vita marina la rendono ideale per lo snorkeling e le immersioni. Le scogliere circostanti sono apprezzate dagli appassionati di arrampicata, mentre le grotte marine e le calette nascoste possono essere esplorate in kayak. Per chi cerca relax, una passeggiata lungo la spiaggia o un bagno nelle acque turchesi regalano momenti di pura felicità.

cosa fare a Cala Biriola

Fonte: iStock

Sardegna, Spiaggia di Cala Biriola

Conservazione e accesso regolamentato

Per preservare l’ecosistema fragile di Cala Biriola, è stato introdotto un sistema di accesso a numero chiuso. Durante l’alta stagione – da giugno – l’ingresso è limitato a 300 persone al giorno, con una permanenza massima di 90 minuti per chi arriva in barca e di 70 minuti per chi giunge a Cala Biriola con gommoni a noleggio o privati. È richiesto inoltre un contributo simbolico di 1 euro e si consiglia di prenotare in anticipo attraverso il sito ufficiale del turismo di Baunei.

Consigli per una visita sostenibile

Cala Biriola è una destinazione imperdibile per chi desidera scoprire la Sardegna più autentica e selvaggia. Un luogo dove la natura regna sovrana e ogni visita si trasforma in un’esperienza indimenticabile. Ecco alcuni consigli per visitare in modo sostenibile questa meravigliosa spiaggia.

  • Pianificare la visita: considerare i periodi di minore affluenza – primavera o inizio autunno – per godere appieno della tranquillità del luogo,
  • prepararsi adeguatamente: se si opta per il trekking, indossare scarpe adatte, portare tanta acqua e cibo. Informarsi anche sulle condizioni del sentiero,
  • rispettare l’ambiente: non lasciare i propri rifiuti in spiaggia, evitare di raccogliere piante o ciottoli e utilizzare creme solari ecologiche per proteggere l’ecosistema marino,
  • sostenere il turismo locale: affidarsi a guide e operatori che promuovono pratiche sostenibili e rispettose dell’ambiente.
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Alla scoperta delle spiagge meno note d’Abruzzo, tra natura e pace

Esistono luoghi dove il tempo sembra rallentare, dove le onde non competono con la musica degli stabilimenti e la sabbia non è affollata da file di ombrelloni. Sono angoli nascosti lungo la costa adriatica abruzzese, spiagge che sfuggono alle rotte del turismo di massa e che, per questo motivo, conservano ancora il fascino autentico della natura selvaggia.

In Abruzzo, il mare sa ancora essere un rifugio. Anche in pieno agosto, basta allontanarsi dai litorali più noti per scoprire calette silenziose, tratti di costa protetti e scorci da vero “sogno mediterraneo”. Ecco cinque spiagge dove la bellezza non ha bisogno di clamore per farsi notare.

Spiaggia del Turchino: la magia nascosta di San Vito Chietino

A San Vito Chietino, dove la Costa dei Trabocchi svela le sue sfumature più intime, si cela la Spiaggia del Turchino. Il nome, che sembra rubato a una tavolozza di acquarelli, racconta già tutto: qui il mare si accende di tonalità cristalline, intense, quasi irreali.

Conosciuta anche come Calata Turchino, la caletta custodisce un’atmosfera rarefatta, sospesa tra la vegetazione mediterranea che la abbraccia e i ciottoli bianchi che punteggiano la battigia. L’accesso non è dei più semplici (occorre camminare, scendere, cercarla) ma è proprio questa distanza dalla frenesia a renderla speciale.

Chi arriva fin qui non cerca soltanto un bagno, ma l’esperienza di ritrovare il mare nella sua forma più pura.

Punta Penna: sabbia dorata tra dune e silenzi

Nel cuore della riserva naturale di Punta Aderci, tra Vasto e Casalbordino, si apre la spiaggia di Punta Penna, un paesaggio che sembra intatto, immune dal passare del tempo. È una distesa dorata che corre per chilometri, punteggiata da dune coperte di vegetazione rara e animata da presenze discrete come il gabbiano reale o il piccolo fratino.

Non vi sono barriere, né costruzioni invasive, solo sabbia soffice, vento salmastro e un mare che riflette il cielo con tonalità turchesi. Sotto la superficie, si nascondono anche creature marine affascinanti come la torsiope e le tartarughe di mare.

Punta Penna è uno di quei luoghi in cui il silenzio diventa parte del paesaggio, e dove ogni elemento (dal volo degli uccelli al fruscio della vegetazione) contribuisce a una giornata perfetta.

Spiaggia di Cologna: tra dune, riserva e quiete

A Roseto degli Abruzzi, accanto alla Riserva Naturale del Borsacchio, si estende la spiaggia di Cologna, ancora selvaggia, dove la costa si lascia accarezzare dal mare senza aver ceduto alla cementificazione. È uno dei pochi tratti rimasti fedeli alla loro natura originaria, e per questo rappresenta una meta preziosa per chi cerca un po’ di quiete.

La sabbia è a grana media, morbida al passo, e l’ambiente è reso ancora più suggestivo dalla presenza di alberi secolari e di una flora che ospita rare specie di uccelli.

Punta Ferruccio: tra scogli, ciottoli e orizzonti aperti

Punta Ferruccio, nei pressi di Ortona, è uno di quei luoghi che sembrano esistere fuori dal tempo. Vi si arriva con un po’ di fatica, scendendo lungo sentieri che si insinuano nella macchia mediterranea, ma una volta giunti a destinazione, il mondo sembra allontanarsi.

La spiaggia si distende tra ciottoli levigati e scogli scolpiti dal vento e dall’acqua, lambita da un mare cristallino che riflette ogni sfumatura del cielo. La vegetazione intorno è fitta, rigogliosa, quasi a voler proteggere il tratto di costa da sguardi indiscreti.

Punta Aderci: un paesaggio che incanta

Scorcio della spiaggia di Punta Aderci, Abruzzo

Fonte: iStock

Veduta panoramica della spiaggia di Punta Aderci

Tra tutte le meraviglie d’Abruzzo, Punta Aderci è forse quella che racchiude in sé l’essenza più completa del territorio. Riconosciuta come una delle riserve naturali più spettacolari della regione, la costa alterna falesie, dune, tratti sabbiosi e scogliere a picco sul mare. È un mosaico di paesaggi diversi, cuciti insieme dal filo invisibile della bellezza selvaggia.

I sentieri che attraversano la riserva sono perfetti per il trekking, ma anche per la semplice contemplazione. Dall’alto si gode di panorami che lasciano senza fiato, mentre lungo la costa si incontrano scorci ideali per lo snorkeling. I fondali ospitano una biodiversità sorprendente: delfini, tartarughe di mare, pesci variopinti che si muovono tra i riflessi del sole.

E poi è il paradiso per chi ama il birdwatching.

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Arte e cultura Idee di Viaggio Normandia Viaggi

Le spiagge dello sbarco in Normandia, dove la memoria incontra il mare

C’è un vento che soffia sulle coste della Normandia e che sembra portare ancora le voci del passato, le urla soffocate della guerra, ma anche l’eco di un coraggio che ha cambiato per sempre la storia: il 6 giugno 1944, migliaia di uomini sbarcarono qui, in quella che fu la più vasta operazione anfibia e aviotrasportata di tutti i tempi: l’Operazione Overlord.

Cinque spiagge furono scelte per porre fine al secondo conflitto mondiale e a ciascuna fu dato un nome in codice: Utah, Omaha, Gold, Juno, Sword. Oggi questi nomi non evocano più solo la strategia militare, ma rappresentano luoghi della memoria, dove una generazione ha lottato per la libertà.

Utah Beach: il punto più a ovest della speranza

Utah Beach, la più occidentale tra le spiagge dello sbarco, si estende tra Sainte-Marie-du-Mont e Quinéville. Il suo nome è un codice militare, ma richiama l’immagine dei soldati americani che sbarcano sotto il cielo plumbeo di un’alba decisiva. A prima vista, potrebbe sembrare una distesa tranquilla, incorniciata da dune modeste e da un orizzonte che si apre ampio, ma la sabbia racconta una storia densa di emozione.

Camminando lungo la riva, non si fatica a immaginare la tensione di quel giorno. Le chiatte e i manichini posizionati nei pressi del museo evocano la scena dello sbarco, ricreando l’attesa, il rumore dei motori, l’urgenza. I bunker poco più in là sono testimoni silenziosi, corrosi dal tempo, ma ancora presenti come cicatrici di pietra.

Il cuore narrativo della visita è l’Utah Beach Landing Museum, affacciato proprio sulla spiaggia: grazie a un percorso in dieci tappe, si rivive il D-Day dalla preparazione meticolosa fino alla liberazione.

Omaha Beach: la più tragica, la più celebre

Sette chilometri di costa, e su ognuno di essi si è combattuto con un’intensità che ancora oggi si percepisce nell’aria. Omaha Beach, forse la più nota tra tutte, fu teatro di una delle battaglie più sanguinose del D-Day. Le truppe americane si trovarono di fronte a una resistenza imprevista, una linea difensiva tedesca ben organizzata, che trasformò la spiaggia in un inferno.

Oggi Omaha è una località frequentata dai bagnanti, con una lunga passeggiata sul mare e il cielo spesso limpido. Ma proprio in quel contrasto tra la vita quotidiana e la memoria storica si trova la sua forza. L’opera scultorea “The Braves”, installata in occasione del 60° anniversario dello sbarco, rompe il profilo sabbioso con tre elementi simbolici: “Ali di speranza”, “Alzati per la libertà”, “Ali di fratellanza”. L’artista Anilore Banon ha creato un segno visibile, come un “grido pietrificato” rivolto al futuro.

Gli echi della guerra emergono nei memoriali, nei resti dei bunker, negli sguardi dei visitatori.

Gold Beach: dove la logistica diventò leggenda

Tra tutte, la spiaggia di Gold Beach è forse la più affascinante dal punto di vista ingegneristico e strategico. Fu qui che le truppe britanniche misero in atto una delle idee più audaci dell’Operazione Overlord: la costruzione dei porti artificiali Mulberry. Vista dalla sommità delle scogliere di Arromanches, Gold Beach è un colpo d’occhio che toglie il fiato.

Con la bassa marea, le strutture metalliche dei Mulberries riaffiorano come relitti d’acciaio, ma dietro quell’apparenza si cela una delle menti logistiche più brillanti della guerra. Con navi affondate ad arte e cassoni di cemento piazzati al largo, si costruirono oltre 15 chilometri di pontili, destinati a far sbarcare centinaia di migliaia di veicoli e milioni di tonnellate di rifornimenti. Senza quei porti temporanei, il flusso di uomini e mezzi sarebbe stato impossibile.

Il Museo dello Sbarco di Arromanches ne racconta ogni dettaglio: dall’idea segreta alla realizzazione in mare aperto, ogni sala è una finestra aperta su una visione geniale che ha fatto la differenza.

Juno Beach: il volto canadese della liberazione

Le truppe canadesi sbarcarono a Juno Beach, tra Berniéres-sur-Mer e Courseulles-sur-Mer, superando una piccola duna che ancora oggi precede l’ingresso alla spiaggia. Qui, dove il mare si ritira scoprendo chilometri di sabbia dorata, si respira un rispetto profondo.

La Croce di Lorena, eretta a ricordare il punto in cui sbarcò per la prima volta il generale De Gaulle, è ben visibile sulla spiaggia. Non lontano, si incontrano bunker, carri armati e rappresentazioni che aiutano a immaginare la concitazione di quelle ore.

Sword Beach: la battaglia oltre le onde

La spiaggia di Lion-sur-Mer in Normandia

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La lunga spiaggia di sabbia di Sword Beach

La spiaggia di Sword si estende tra Ouistreham e Saint-Aubin-sur-Mer, dove le truppe britanniche affrontarono uno dei settori più complessi. A Ouistreham, la spiaggia ha un volto gentile: sabbia fine, file di cabine colorate, un’aria tranquilla. Ma basta spostarsi nel centro della cittadina per entrare nel cuore delle strategie militari.

Il museo più rappresentativo è il Grand Bunker, una ricostruzione fedele di un punto di comando del Vallo Atlantico. Passeggiare al suo interno significa scendere nei dettagli dell’operazione: mappe, comunicazioni, logistica, armi, postazioni.

Sword Beach è la tappa in cui la complessità della guerra emerge con forza e mostra come dietro ogni assalto vi fosse un disegno lucido, studiato, coordinato.

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Visita all’Acropoli di Atene, il cuore sacro della civiltà greca

Nel cuore pulsante di Atene, elevata su una roccia che veglia sulla città, l’Acropoli (oltre a essere un importante sito archeologico) è un’idea, un simbolo, un racconto che attraversa i millenni. Salire verso la sua sommità significa entrare in dialogo con la memoria più profonda dell’Occidente, laddove è nato il concetto di democrazia, e l’arte e l’architettura hanno raggiunto forme sublimi.

Ed è per questo che, una volta ad Atene, l’Acropoli diventa la meta irrinunciabile. Perché nulla racconta la Grecia, il suo spirito e il suo passato glorioso, quanto il sacro promontorio che sfida i secoli.

Dove si trova l’Acropoli di Atene

Al centro della capitale greca, la collina dell’Acropoli si innalza fino a 156 metri sul livello del mare per 140 metri di larghezza per 280 di lunghezza, domina la valle di Ilissos e si staglia nitida contro il cielo.

Non è un caso che sia stata scelta proprio questa posizione: ben visibile da ogni angolo dell’antica Atene, l’Acropoli nasce per essere ammirata, per incantare, per rappresentare il potere degli dèi ma anche la grandezza della città.

Un’eredità millenaria: la storia dell’Acropoli

Panorama dell'Acropoli con il Partenone, Atene

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Panorama dell’Acropoli con il Partenone

Prima ancora che i capolavori della classicità ne scolpissero l’identità, l’Acropoli era già un luogo sacro. Fin dal secondo millennio a.C., i Micenei vi avevano costruito palazzi reali e altari, ma fu nel V secolo a.C., sotto la guida illuminata di Pericle, che la ‘città alta’ divenne ciò che conosciamo oggi: il più imponente complesso architettonico dell’antica Grecia.

Ictino, Fidia, Callicrate: i nomi dei maestri che contribuirono a modellare spazio sacro sono ancora scolpiti nella memoria collettiva, e i monumenti che vi sorsero (il Partenone, i Propilei, l’Eretteo, il Tempio di Atena Nike) divennero l’espressione perfetta dell’armonia, della proporzione, della bellezza ideale.

Ma il tempo non fu clemente. L’Acropoli subì ferite profonde, trasformazioni imposte da nuovi dominatori. I bizantini la convertirono a uso religioso cristiano, smantellando o alterando le antiche strutture pagane. I turchi, giunti nel XV secolo, la resero moschea e l’Eretteo divenne l’harem del governatore. L’episodio più tragico avvenne nel 1687, durante l’assedio veneziano: un colpo d’artiglieria colpì il Partenone, allora adibito a deposito di polvere da sparo. L’esplosione devastò l’edificio e aprì uno squarcio mai più rimarginato.

A inizio Ottocento, poi, Lord Elgin, ambasciatore britannico, portò via decine di sculture e fregi, oggi esposti al British Museum, dando origine a una contesa culturale e politica che ancora divide Grecia e Regno Unito.

Eppure, nonostante tutto, l’Acropoli resiste e incanta.

Si devono acquistare i biglietti per la visita? Quanto costano?

Per accedere al sito archeologico dell’Acropoli è necessario acquistare un biglietto. La prenotazione può avvenire comodamente online sul sito ufficiale, oppure tramite tour guidati che spesso includono anche il servizio salta-coda e approfondimenti storici durante il percorso.

Il costo del biglietto singolo è di 20 euro, con una tariffa ridotta di 10 euro per determinate categorie. Esiste anche un’opzione combinata, valida 5 giorni, che consente di visitare altri siti archeologici e musei di Atene: il prezzo è di 30 euro. Va ricordato, tuttavia, che i biglietti venduti sul sito ufficiale non prevedono la cancellazione gratuita, quindi è bene pianificare con attenzione la visita.

Quando si può visitare l’Acropoli?

Durante la stagione estiva, l’Acropoli è accessibile dalle 8.00 alle 19.30. In inverno, l’orario viene ridotto fino alle 17.00. Nei mesi autunnali, l’ingresso anticipa progressivamente la chiusura ogni due settimane. Per orari aggiornati, eventuali chiusure straordinarie o modifiche temporanee, è sempre consigliato consultare il sito ufficiale prima della visita.

Quanto dura una visita all’Acropoli?

Considerando le meraviglie da ammirare, una visita completa dell’Acropoli ha, di solito, una durata di circa un’ora e mezza oppure due ore.

Come raggiungere la collina sacra

Arrivare all’Acropoli non è soltanto semplice, ma anche suggestivo. I quartieri di Thisio e Makrianni offrono un accesso piacevole seguendo viali pedonali, vivaci e accoglienti, costeggiati da caffè, taverne e botteghe.

Chi parte da Plaka o Monastiraki può scegliere una salita più tranquilla, ombreggiata e immersa nel verde, tra alberi di ulivo e scorci improvvisi sul tempio. Qualunque sia il percorso scelto, l’ultimo tratto sarà sempre lo stesso: la scalinata che dal cancello inferiore conduce all’ingresso dell’Acropoli.

Cosa vedere all’Acropoli di Atene

Le rovine che punteggiano la roccia raccontano di un’epoca in cui arte, religione e politica convivevano in armonia.

È qui che lo sguardo si perde tra le proporzioni perfette del Partenone, i silenzi solenni dell’Eretteo, la grazia austera dei Propilei e la delicatezza del tempio di Atena Nike. Ma c’è di più. Ai piedi della collina, i teatri narrano ancora storie di eroi e divinità, mentre poco distante, il museo restituisce alle opere tutto il prestigio che meritano.

I Propilei

Salire verso l’Acropoli significa “varcare una soglia”, maestosa e scenografica, che è costituita dai Propilei. Fu l’architetto Mnesicle a progettare la straordinaria entrata nel cuore sacro di Atene, iniziando i lavori nel 437 a.C. e interrompendoli solo pochi anni dopo, a causa dell’esplosione del conflitto del Peloponneso. Il risultato, tuttavia, è rimasto nel tempo come un capolavoro d’ingegneria e armonia.

Il complesso si compone di un corpo centrale affiancato da due ali laterali, ed è realizzato in marmo pantelico e pietra grigia di Eleusi. Le sei colonne doriche della facciata introducono a un corridoio dove si alternano colonne ioniche e doriche. La campata del tetto, impressionante per ampiezza, sfida i limiti dell’architettura dell’epoca. Davanti all’ingresso, su un piedistallo alto dieci metri, un tempo svettava una scultura raffigurante un carro con quattro cavalli in onore del re di Pergamo.

Nei secoli, i Propilei cambiarono volto: divennero la sede di un vescovo bizantino, poi polveriera sotto il dominio ottomano, subendo un’esplosione che li danneggiò gravemente. Ma oggi, grazie a pazienti interventi di restauro, il portale monumentale è tornato ad affascinare chiunque si trovi ad ammirarlo.

Il Partenone

Acropoli e Partenone al tramonto, Atene

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Il Partenone al tramonto

Non esiste monumento che rappresenti l’Acropoli meglio del Partenone che, con l’imponenza geometrica, la luce dorata, cattura l’attenzione e incarna l’ideale di bellezza della Grecia classica. Costruito tra il 447 e il 438 a.C. su progetto degli architetti Ictino e Callicrate, e sotto l’attenta supervisione di Fidia, il tempio era dedicato ad Atena Parthenos, la dea vergine protettrice della città.

La struttura in stile dorico presenta 8 colonne sui lati corti e 17 su quelli lunghi, realizzate in marmo pentelico, disposte secondo un rapporto di proporzione perfetto, 9:4, che regola ogni elemento architettonico. Al centro, la cella ospitava la maestosa statua di Atena scolpita da Fidia, in oro e avorio, oggi perduta. L’innovazione architettonica più sorprendente risiede nell’uso di colonne ioniche all’interno della parte posteriore della cella, un dialogo tra stili che dona al Partenone un’eleganza inaspettata.

Ma al di là delle misure e dei dettagli, ciò che rende il Partenone unico è l’emozione che suscita: quel senso di equilibrio eterno, di armonia tra forma e spirito, che ancora oggi lascia senza parole chi vi si avvicina.

L’Eretteo

Se il Partenone è il tempio della perfezione formale, l’Eretteo è il luogo dove la mitologia prende corpo. Incastonato su un terreno irregolare, dove si intrecciano culti e leggende, l’edificio dalle linee asimmetriche fu costruito tra il 420 e il 406 a.C. per accogliere antichi rituali religiosi. A differenza del Partenone, l’Eretteo fonde elementi ionici con l’irregolarità della roccia, per un insieme architettonico intimo e quasi misterioso.

Il lato orientale era dedicato ad Atena Polias, mentre quello occidentale celebrava Poseidone. Ma il vero cuore del tempio sono le Cariatidi: sei statue femminili alte circa sei metri che reggono con grazia la trabeazione del portico sud. Il loro sguardo immobile, il gesto leggero dei drappeggi, la potenza che si cela sotto la delicatezza, ne fanno il simbolo più umano e poetico dell’Acropoli.

Oggi, quelle che osserviamo sul sito sono repliche perfette: gli originali sono conservati al sicuro nel Museo dell’Acropoli. Eppure, anche così, l’Eretteo resta un luogo dove il mito sussurra ancora tra le pietre.

Il Tempio di Atena Nike

Piccolo ma potente, il Tempio di Atena Nike svetta su uno sperone roccioso, nell’angolo sud-occidentale dell’Acropoli. Realizzato nel 420 a.C. da Callicrate, è dedicato alla dea della vittoria, che qui assume un volto peculiare: quello di Nike senza ali, la Apteros Nike, che secondo la leggenda non avrebbe mai potuto lasciare Atene.

Il tempio si distingue per le sue proporzioni raccolte e l’eleganza delle colonne ioniche che ne adornano le facciate. I rilievi che decorano i fregi narrano battaglie tra Greci e Persiani, ma anche scene più intime, come quella celebre della Nike che si slaccia il sandalo, un gesto lieve che racchiude tutta la grazia dell’arte classica.

Nei secoli, anche questo tempio subì trasformazioni: fu chiesa, magazzino militare, bastione. Ma oggi, ricostruito pietra dopo pietra, splende di nuovo nella sua raffinata bellezza.

Il Teatro di Erode Attico

Veduta dall'alto del Teatro di Erode Attico

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Il Teatro di Erode Attico visto dall’Acropoli

Alla base dell’Acropoli, incastonato nella roccia come un gioiello di pietra, il Teatro di Erode Attico continua a vivere.

Costruito nel 161 d.C. da Erode in memoria della moglie, è uno degli anfiteatri antichi meglio conservati al mondo. I gradoni, disposti in 32 file, possono accogliere fino a 6.000 spettatori. Un tempo coperto da un tetto in legno, oggi ospita spettacoli di musica e teatro classico, soprattutto in occasione del celebre Festival di Atene, che ogni estate restituisce voce e vita alle pietre millenarie.

Il Museo dell’Acropoli

A pochi passi dal sito archeologico, nel moderno quartiere di Makryianni, il Museo dell’Acropoli accoglie i visitatori con un’architettura moderna e trasparente. Inaugurato nel 2009, si sviluppa su oltre 8.000 metri quadrati e conserva al suo interno migliaia di reperti, sculture e decorazioni che raccontano la vita dell’Acropoli dall’età arcaica alla tarda antichità.

Grazie a pavimenti in vetro è possibile osservare i resti archeologici sottostanti, mentre le sale si aprono su Atene e donano scorci unici del Partenone.

Il Teatro di Dioniso

Sulla pendice meridionale della collina sacra, il Teatro di Dioniso è una delle meraviglie spesso dimenticate dell’Acropoli. Edificato in legno, poi ricostruito in pietra e marmo nel IV secolo a.C., accolse per la prima volta le opere di Eschilo, Sofocle, Euripide e Aristofane. Era il cuore delle celebrazioni delle Grandi Dionisie, il festival in onore del dio del vino e del teatro.

Delle 64 file originarie, solo 20 sono giunte intatte fino a noi, ma il teatro conserva ancora il suo fascino antico. Subito sopra, alcuni gradini conducono al Santuario di Asclepio, il dio della medicina, costruito intorno a una sorgente sacra: un altro luogo dove spiritualità e salute si intrecciavano nella quotidianità degli Ateniesi.

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Cala Violina, la spiaggia segreta della Maremma dove la sabbia suona sotto i piedi

Sapevate che nel mondo (spoiler: sono rarissime) esistono delle spiagge che, camminandoci sopra, suonano? No, non è un effetto speciale o un artificio dell’uomo, ma un vero e proprio incanto della natura allo stato più puro. Il fatto più interessante è che una di queste meraviglie si trova proprio in Italia, e più precisamente nella Maremma toscana. Il suo nome, non a caso, è Cala Violina, un angolo del nostro Paese protetto da una fitta pineta e bagnata da un mare cristallino.

Dove si trova e come arrivare a Cala Violina

L’incantevole Cala Violina sorge nel Comune di Scarlino, in provincia di Grosseto, all’interno della Riserva Naturale delle Bandite di Scarlino. Famosa per la sua sabbia bianca e finissima che, se calpestata, emette un suono simile a quello di un violino, è un posto che va conquistato e visitato seguendo alcune regole ben precise.

Il modo più diretto per arrivarci è in auto, seguendo la Strada Provinciale 158 delle Collacchie. Lungo questa carreggiata al chilometro 10, si trova il parcheggio di Val Martina, il più vicino alla spiaggia. Dal parcheggio, si prosegue a piedi per circa 1,8 km attraverso un sentiero ombreggiato nella pineta, impiegando più o meno 20-30 minuti.

La stazione ferroviaria più vicina, invece, è quella di Follonica. Da lì, durante l’estate, è possibile prendere un autobus della linea Tiemme che ferma a Podere Laschi. Da questa fermata, si percorrono circa 500 metri a piedi per raggiungere la strada sterrata che conduce al parcheggio.

I più avventurosi possono anche arrivarci tramite un trekking o in bicicletta, partendo dal porto turistico del Puntone di Scarlino, grazie a un sentiero lungo circa 6 km che attraversa le calette di Cala Martina e Cala Francese, prima di arrivare a Cala Violina.

Le caratteristiche della spiaggia

Le premesse fatte fino a questo momento rendono chiara sin da subito una cosa: Cala Violina non è una spiaggia qualsiasi. Si presenta come  piccola baia incastonata tra due promontori verdi, verdissimi, protetta da una fitta macchia mediterranea e affacciata su un mare che sfuma dal turchese al blu profondo.

Cala Violina, Maremma

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Veduta aerea di Cala Violina

Ma il vero incanto è sotto i piedi: la sabbia è così fine e silicea che, in determinate condizioni, “suona” quando ci si cammina sopra. L’armonia è reale, anche se sottile, e per udirla servono determinate condizioni come il silenzio, ma soprattutto attenzione.

L’arenile di questo affascinante angolo di Toscana è chiarissimo e quasi farinoso, quel tipo di sabbia che non scotta troppo sotto i piedi neanche in piena estate. Il fondale degrada dolcemente, al punto da rivelarsi perfetto per chi ama fare lunghe nuotate o semplicemente stare a mollo con l’acqua alla vita. In certe giornate, la trasparenza è tale che si possono intravedere graziosi pesci nuotare tra le rocce, soprattutto vicino agli scogli laterali dove il mare si colora persino di sfumature smeraldo.

È infatti consigliato avere con sé una maschera, perché tra la stessa Cala Violina e la vicina Cala Martina ci sono piccoli tratti di scogliera sommersa dove fare snorkeling e osservare ricci, piccoli polpi e branchi di pesciolini.

Da queste parti, la natura mostra il suo lato più autentico perché non ci sono lettini, ombrelloni o grandi bar con la musica sulla spiaggia. Cala Violina è rimasta così com’è sempre stata: selvaggia, essenziale e autentica. C’è però l’ombra naturale della pineta alle spalle, dove molti si rifugiano per un pranzo al sacco o un riposino al fresco.

Senza ombra di dubbio, il momento migliore per raggiungere questa perla della Maremma è la mattina presto oppure verso sera, quando il sole cala dietro la collina e la spiaggia si svuota. Una volta terminata la giornata, non dimenticate assolutamente di portar via la spazzatura, perché questo è uno di quei tesori italiani che occorre preservare a qualsiasi costo.

Ma perché suona?

Oltre a colpire per la sua bellezza estetica, Cala Violina permette di sperimentare la speciale sensazione di udire la sabbia che suona sotto ai propri piedi. Di primo impatto potrebbe sembrare come un qualcosa di strano, quasi magico, ma nei fatti è tutta opera di Madre Natura: si può ascoltare un suono leggero, secco, quasi musicale. Come un sussurro o il pizzicare leggerissimo di un’arpa. È da qui che la cala prende il nome: “violina”, proprio per quel suono simile a quello delle corde di un violino.

Questa sorta di melodia è provocata dalla particolare composizione dei granelli di sabbia: sono incredibilmente minuscoli, perfettamente tondeggianti e di quarzo e silice. Passeggiandovi sopra con un certo ritmo e a piedi nudi, i granelli si sfregano tra loro e producono una vibrazione sonora percepibile all’orecchio umano. Ma attenzione, serve silenzio assoluto intorno e condizioni precise, ovvero niente umidità, poco vento e nessun rumore di fondo. Non vi sorprenderà sapere, quindi, che i momenti migliori per sentire tale musicalità sono la mattina presto o nel tardo pomeriggio, quando cala la folla e l’aria si fa più asciutta.

Cala Violina è una delle poche spiagge “cantanti” al mondo. Altre simili si trovano in Australia, Giappone o nel Golfo Persico, ma sono rarità assolute. Va specificato però che, purtroppo, questo è un fenomeno che si sta attenuando con il tempo per via dell’erosione e del passaggio sempre più frequente delle persone. Proprio per questo è stata introdotta la prenotazione con numero chiuso: per salvaguardare non solo la bellezza del luogo, ma anche la magia fragile della sabbia che suona.

Tutto ciò che potete fare per cercare di favorire la musicalità di questa caletta è:

  • Togliervi le scarpe;
  •  Camminare piano;
  • Ascoltare;
  • Avere un passo costante, tipo passeggiata rilassata, senza trascinare i piedi;
  • Appoggiare bene la pianta del piede, senza calcare troppo;
  • Condizioni ideali: sabbia asciutta, clima secco, assenza di vento o rumori forti.

Le regole per visitare Cala Violina

Cala Violina è un paradiso che va conquistato, a passo lento e con rispetto. Non si raggiunge per caso, non si improvvisa: bisogna volerla e prepararsi un minimo. Dal 1° giugno al 30 settembre 2025, l’accesso è regolamentato per proteggerla (possono farvi accesso solo 700 persone al giorno) e per questo è necessario rispettare alcune regole ben precise:

  • Prenotazione obbligatoria sul sito web di riferimento (per un massimo di 5 persone e 1 veicolo. Il parcheggio ha un costo di 10 euro al giorno);
  • Si paga 1 euro a persona (i bambini sotto i 12 anni entrano gratis, ma vanno comunque prenotati);
  • È possibile prenotare solo 72 ore prima del giorno scelto, quindi niente last-minute o decisioni impulsive;
  • L’orario disponibile è tra le 8:30 e le 18:30.

Oltre alle limitazioni all’ingresso, ci sono alcune importanti regole da rispettare, come il non poter portare i propri amici a quattro zampe durante la bella stagione (a meno che non siano cani guida o da salvataggio)

È poi vietato fumare o lasciare mozziconi, è obbligatorio portare via i rifiuti e non appicciare fuochi o montare tende. A disposizione dei visitatori c’è un punto ristoro nella pineta, con street food semplice ma buono. Ci sono servizi igienici e uno spogliatoio/fasciatoio, ma mancano lettini, ombrelloni o stabilimenti e quindi occorre portarsi tutto da sé.

Quest’anno, per la prima volta in assoluto, Cala Violina sarà inclusa nel Piano collettivo di Salvamento organizzato dal Comune di Scarlino insieme al Consorzio MareScarlino. In poche parole, sarà disponibile un presidio di sicurezza dedicato per tutta la stagione estiva, più comunemente conosciuto come bagnino. A completare il servizio, ci sarà anche un’ambulanza pronta a intervenire in caso di bisogno.

Il piano di salvamento copre circa 3 km di costa nel territorio di Scarlino, con 10 torrette di salvataggio distribuite tra spiagge libere e attrezzate, per garantire più sicurezza possibile a chi sceglie di godersi il mare.

Il servizio sarà attivo dal 15 giugno tutti i giorni, dalle 10 alle 18, con una pausa tra le 13 e le 14:30. Dalle 18 alle 19, ogni concessione avrà comunque un assistente alla balneazione presente. Fino al 14 giugno, invece, la postazione sarà attiva solo nei fine settimana, festivi e prefestivi, per poi entrare a pieno regime dal giorno successivo e fino al 21 settembre.

Cala Violina è un luogo da vedere in quanto una delle spiagge più belle della Toscana. Ma va fatto con rispetto assoluto: è anche uno dei più fragili della regione.

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Domenica al Museo, dieci musei a Roma da visitare gratis

Arte, storia e cultura sono solo alcune delle parole che vengono in mente parlando di Roma, non per nulla chiamata Città Eterna. Non c’è angolo della capitale che non regali, infatti, scorci di bellezza capaci di conquistare non solo i turisti ma anche i suoi stessi abitanti. E con il Giubileo 2025 in pieno svolgimento, l’urbe è sempre più meta prediletta da ogni parte del mondo anche solo per trascorrere qualche giorno immergendosi nelle sue infinite proposte culturali.

Tra queste, spicca l’iniziativa Domenica al Museo promossa dal Ministero della Cultura, che permette l’accesso gratuito ai musei civici e statali e ad alcuni siti archeologici la prima domenica del mese, da gennaio a dicembre 2025. Idea perfetta per chi vuole dedicare il proprio tempo libero scoprendo il patrimonio italiano senza spendere un euro. Ecco, allora, una guida a dieci musei romani da visitare gratis la domenica (e non solo). Preparate scarpe comode e lasciatevi incantare da Roma.

Colosseo e Foro Romano-Palatino

Il Colosseo, must-see di Roma, aderisce all’iniziativa Domenica al Museo permettendo l’accesso gratuito anche alla sezione permanente della mostra evento ‘Giacomo Boni. L’alba della modernità’ presso il complesso di Santa Maria Nova. Attenzione, però: gli ingressi sono contingentati per ragioni di tutela e non è possibile prenotare anticipatamente; meglio, quindi arrivare presto per evitare code. Camminare tra gli archi millenari famosi in tutto il mondo è come toccare il cuore dell’Impero Romano. A pochi passi, si estendono il Foro Romano e il Palatino, centri nevralgici della vita politica e religiosa nel mondo antico, con viste mozzafiato tra rovine e cipressi.

Vista del Colosseo

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Vista del Colosseo dal Palatino

Galleria Borghese

Nel polmone verde di Villa Borghese, la Galleria Borghese è un gioiello d’arte barocca. Ogni prima domenica l’ingresso al polo museale è gratuito (esclusi eventuali diritti di prenotazione). Nelle sue sale – visitabili dalle 9 alle 19, ultimo ingresso alle 17.45 – si possono ammirare alcune delle opere più celebri di artisti quali Gian Lorenzo Bernini, Caravaggio e Raffaello. Qui i capolavori scultorei come Apollo e Dafne o il Ratto di Proserpina sembrano prendere vita. Una visita che è un dialogo intimo con l’arte, tra marmi e dipinti che raccontano passioni eterne.

Museo Nazionale Romano – Palazzo Massimo

A pochi passi dalla Stazione Termini, Palazzo Massimo custodisce veri e propri tesori dell’antichità. La prima domenica del mese l’ingresso gratuito permette di godere di mosaici, affreschi e statue, come il Discobolo o la Villa di Livia con i suoi giardini dipinti. Quello all’interno dell’edificio che fu eretto tra il 1883 e il 1887 per volontà del gesuita Massimiliano Massimo è un viaggio nella Roma imperiale che si snoda attraverso quattro piani, perfetto per chi ama l’archeologia e vuole scoprire un museo meno affollato ma altrettanto prezioso.

Terme di Caracalla

Le Terme di Caracalla (nel mondo latino nome come Thermae Antonianae), tra i più maestosi complessi termali di età antica visitabili ancora oggi, sono visitabili gratuitamente la prima domenica del mese. Fatti edificare nel III secolo d.C. sul Piccolo Aventino dall’imperatore Caracalla, hanno una struttura imponente di cui sono apprezzabili mosaici, archi e vasche monumentali, ambiente di quotidiana frequentazione per i romani fino al 537 d.C quando cessarono di essere in uso. La vastità del sito, immerso nel verde, regala un senso di pace, con il profumo di pini a fare da cornice. Ideale per una visita domenicale durante la bella stagione, magari accompagnata con un picnic nei dintorni.

Galleria Nazionale d’Arte Antica – Palazzo Barberini

Sala di Palazzo Barberini a Roma

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Interno di Palazzo Barberini, Galleria Nazionale d’Arte Antica visitabile gratuitamente la prima domenica del mese

Con la sua scalinata progettata dal Bernini, Palazzo Barberini è un scrigno di arte rinascimentale e barocca. Con ingresso gratuito la prima domenica di ogni mese, il biglietto dà accesso alla ampie sale in cui si possono ammirare dipinti di Caravaggio, come Giuditta e Oloferne, e soffitti affrescati che lasciano senza fiato. Commissionato dal cardinale Francesco Barberini, l’edificio esprime tutta l’autorevolezza del casato di origini toscane e fu progettato da Maderno per poi essere concluso da Borromini e infine dal Bernini. Fu donato allo stato dopo essere stato residenza privata per lunghi secoli e dal 1949 è sede della Galleria Nazionale d’Arte Antica. Last but not least, la sua posizione centrale lo rende perfetto per una passeggiata verso Piazza di Spagna dopo la visita, con Roma che si svela in tutto il suo splendore.

Musei Capitolini

Tra i musei civici a ingresso gratuito la prima domenica di ogni mese, spiccano i Musei Capitolini, cuore pulsante della storia romana. Dall’alto del colle del Campidoglio, i musei furono aperti al pubblico nel 1734 per opera di Papa Clemente XII ma la loro nascita è molto più antica. Fu, infatti Papa Sisto IV a donare simbolicamente al popolo romano, nel 1471, alcune statue tra le quali l’iconica Lupa Capitolina, la Testa Colossale di Costantino e lo Spinario che andarono a costituire il patrimonio originario dell’istituzione che, ad oggi, rappresenta il più antico museo pubblico al mondo. Una domenica qui è un’immersione nella grandezza di Roma.

Museo Napoleonico

A ingresso sempre gratuito, il Museo Napoleonico è una valida alternativa per trascorrere una domenica al museo immersi nella storia. La sua nascita risale al 1927 quando il conte Giuseppe Primoli donò a Roma la preziosa collezione custodita al pianterreno del suo palazzo. Figlio di Pietro Primoli e Carlotta Bonaparte, Giuseppe raccolse opere d’arte, cimeli napoleonici e memorie familiari. Nessuna particolare celebrazione dei fasti imperiali: il Museo Napoleonico racconta i legami tra i Bonaparte e Roma, intrecciati con l’occupazione francese del 1808.

Museo dell’Ara Pacis

Gratuito la prima domenica del mese, il Museo dell’Ara Pacis è caratterizzato da un’architettura moderna ben visibile dal Lungotevere che custodisce, al proprio interno, l’altare dedicato alla pace augustea. L’antica ara, restituita al pubblico dopo importanti lavori di restauro, è tornata alla sua bellezza originaria con rilievi dalle scene vivaci sapientemente illuminati dalla luce che filtra dalle vetrate così da creare un’atmosfera magica, ideale per chi cerca arte e storia in un contesto contemporaneo.  La struttura ospita anche mostre temporanee che rendono l’esperienza di visita un dialogo tra passato e presente.

Bassorilievo Ara Pacis Augustae
La Saturnia tellus, uno dei bassorilievi dell’Ara Pacis

Centrale Montemartini

Tra i musei che vi proponiamo per una domenica alternativa (e gratuita) a Roma, c’è anche la Centrale Montemartini. Si tratta di un’ex centrale elettrica trasformata in museo, un ambiente unico e suggestivo nel quale statue romane convivono con macchinari industriali. Varcando la soglia d’ingresso, infatti, si svelano alla vista marmi antichi, mosaici e sculture, come la Musa Polimnia, in un contrasto affascinante tra classicità e modernità. Situata nell’Ostiense, è una meta per chi ama uscire dai percorsi turistici tradizionali e scoprire una Roma insolita, magari con una passeggiata al vicino Gazometro.

Museo Civico di Zoologia

Immerso nel polmone verde di Villa Borghese, il Museo Civico di Zoologia è un viaggio nella natura e nella scienza, tra collezioni di fossili, scheletri, conchiglie marine del Mediterraneo, fossili e anfibi da svariati paesi del mondo. Le sale raccontano la biodiversità con un approccio educativo, mentre il parco circostante invita a una pausa tra gli alberi. Un’esperienza che unisce cultura e relax, con Roma che si svela in una veste diversa.

Una nota finale: visitare questi musei gratis richiede un po’ di pianificazione e anche una certa pazienza, dal momento che potrebbero esserci code agli ingressi per l’affluenza di visitatori. Il consiglio, quindi, è arrivare presto per evitare il sovraffollamento e ricordarsi di portare un documento d’identità (alcune biglietteria potrebbero richiederlo).