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Siracusa, Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, culla del teatro classico e dell’alta cucina

In occasione dell’apertura del Festival delle Tragedie Greche, sbarca a Siracusa un’esperienza culinaria unica nel suo genere, ricercata e prestigiosa, proposta dallo chef di alta cucina Yannick Alléno, capace di unire l’eleganza della gastronomia francese ai sapori autentici e decisi della tradizione italiana.

Situata nella Sicilia sud-orientale, affacciata sul Mar Ionio, Siracusa richiama a un viaggio nel tempo tra le meraviglie dell’Antica Grecia e del mondo romano. Riconosciuta dall’UNESCO come Patrimonio Mondiale dell’Umanità, questa città costiera rappresenta un crocevia di civiltà e culture. Le sue strade, i monumenti e le tradizioni raccontano una storia millenaria che continua a vivere, anche grazie a eventi di grande rilievo, culturali e non solo.

Cultura classica e alta cucina: l’offerta pluristellata di chef Yannick Alléno

Il 10 e 11 maggio è un viaggio nel viaggio quello riservato a soli 50 ospiti selezionati, e un’opportunità unica per celebrare il 20° anniversario dell’inserimento di Siracusa nella lista dei siti UNESCO. Il pacchetto VIP include tre momenti esclusivi, servizi di lusso e una cena gourmet eccezionale firmata dallo chef di alta cucina Yannick Alléno, detentore di 17 stelle Michelin, lo chef più decorato al mondo. Per prenotazioni cliccare qui.

Il pacchetto completo: tesori antichi e sapori contemporanei

Un soggiorno pensato per chi desidera vivere Siracusa in modo privilegiato ma autentico. All’arrivo, gli ospiti hanno l’opportunità di partecipare alle celebrazioni ufficiali per il ventesimo anniversario dell’inserimento della città tra i Patrimoni Mondiali dell’UNESCO. Un’occasione unica per scoprire alcuni dei luoghi simbolo della storia e dell’identità siracusana.

Il percorso prosegue sull’Isola di Ortigia, con una visita privata a Palazzo Borgia del Casale, storica dimora della famiglia Borgia. Qui, tra saloni affrescati e atmosfere d’epoca, prende vita un’esperienza gastronomica irripetibile firmata da uno dei nomi più autorevoli della cucina mondiale.

Lo chef Yannick Alléno guida una cena esclusiva in cui l’eleganza della gastronomia francese incontra i sapori decisi della tradizione italiana. Ogni piatto è concepito come un dialogo tra tecniche d’avanguardia e ingredienti mediterranei, in un equilibrio raffinato e sorprendente. A completare il percorso, una selezione di vini pregiati scelti per esaltare ogni portata. Una leggenda vivente della cucina internazionale in una cornice storica d’eccezione.

Il soggiorno include anche un pernottamento in hotel 5 stelle con prima colazione e tutti i trasferimenti organizzati. Un’esperienza curata nei minimi dettagli, tra archeologia, arte e alta cucina.

Parole dello chef: tradizione e identità a tavola

Nato nel 1968, con 19 ristoranti in tutto il mondod – da Londra a Dubai, da Montecarlo a Osaka- e un totale di 17 Stelle Michelin, chef Yannick Alléno è noto per valorizzare l’identità di un territorio attraverso ingredienti locali e stagionali, portando uno stile culinario estremamente personale e creativo.

pacchetto vip siracusa

Fonte: @SimonDetraz

Yannick Alléno, detentore di 17 Stelle Michelin, lo chef più decorato al mondo

Questa esperienza coincide con un grande evento culturale e una celebrazione UNESCO. Vede un parallelo tra alta cucina e patrimonio culturale? E come interpreta il concetto di “eredità” nel suo lavoro?

Sì, assolutamente. L’alta cucina e il patrimonio culturale riguardano entrambi la trasmissione di conoscenze, emozioni, memoria. Quando creo un menu, penso a ciò che comunica non solo nel presente, ma anche all’artigianalità, alla visione, al pensiero che ci stanno dietro. L’eredità, per me, non è statica, è attiva. Si tratta di prendere qualcosa che si è ereditato e portarlo avanti con intenzione.

Con tante esperienze globali alle spalle, luoghi specifici influenzano mai il suo istinto creativo – anche in modo sottile – oppure il suo processo è più isolato dalla geografia?

Direi che il mio processo creativo è radicato nella precisione e nell’identità è il mio linguaggio personale. Detto ciò, quando si entra in un nuovo ambiente, soprattutto uno con così tanta storia come Siracusa, avviene una sorta di dialogo. Non è letterale, non si tratta di usare un’erba locale o un olio d’oliva, ma c’è una sensazione, una vibrazione, che può influenzare il ritmo o l’atmosfera di ciò che creo.

Gran parte del suo lavoro sfida l’idea di cucina “locale” o “autentica”. Nel 2025, cosa significa per lei autenticità?

Autenticità è una parola molto carica. Spesso viene confusa con la nostalgia. Per me, l’autenticità significa essere intellettualmente onesti. Se vengo in Sicilia e provo a “imitare” la cucina siciliana, non sarebbe autentico. Ciò che è autentico è portare il mio punto di vista, le mie tecniche, i miei sapori, la mia logica, in qualsiasi contesto.

La cucina siciliana riflette secoli di influenze stratificate, incluso un periodo di dominazione normanna (e francese). Nota mai queste eco nei suoi viaggi, e la incuriosiscono? E quale impressione o quale sapore spera di lasciare personalmente in questa terra?

Sì, la Sicilia è affascinante per questo motivo. Si sente la complessità nell’architettura, nelle strade e sì, nel cibo. Ci sono momenti in cui qualcosa sembra quasi familiare, come se fosse passato per la Francia prima di diventare siciliano. Quel tipo di stratificazione culturale è bellissimo. Ciò che spero di lasciare qui è un senso di sorpresa, un sapore che non appartiene a nessun luogo preciso, ma che le persone ricordano perché ha fatto provare loro qualcosa di nuovo.

Il Festival delle Tragedie Greche a Siracusa: il fascino del teatro antico sotto le stelle

Ogni primavera, il Teatro Greco di Siracusa si anima di parole antiche e gesti senza tempo. È qui, tra le gradinate scolpite nella pietra e lo sfondo del cielo che sfuma verso il mare, che prende vita il Festival delle Tragedie Greche, uno degli appuntamenti culturali più suggestivi del Mediterraneo. Nato nel 1914 e giunto alla sua sessantesima edizione, il festival rappresenta non solo un omaggio alla grande drammaturgia classica, ma anche un’occasione per restituire senso e presenza al patrimonio archeologico di Siracusa.

Le opere di Eschilo, Sofocle ed Euripide vengono rappresentate nel luogo per cui furono pensate, riportando in scena emozioni universali e interrogativi ancora attuali. Lo spettacolo non è solo nella parola, ma anche nello spazio: la luce del tramonto apre le rappresentazioni, e poi lentamente la notte e le stelle calano sul pubblico e sulla scena.

Lancio della 60ª edizione del festival: cosa sapere

Dal 9 maggio al 6 luglio 2025, il Teatro Greco di Siracusa ospita la 60ª stagione delle rappresentazioni classiche promossa dalla Fondazione INDA. Un’edizione che conferma la linea di alta qualità artistica seguita negli ultimi anni, con il ritorno di Robert Carsen, l’esordio nella regia di classici di Roberto Andò e Serena Sinigaglia, la nuova creazione originale firmata da Giuliano Peparini, e un cast che comprende, tra gli altri, Sonia Bergamasco, Vinicio Marchioni, Lella Costa e Giuseppe Sartori.

Il programma si articola in quattro spettacoli: Elettra di Sofocle (9 maggio – 6 giugno), Edipo a Colono di Sofocle (10 maggio – 28 giugno), Lisistrata di Aristofane (13 – 27 giugno) e L’Iliade, spettacolo di chiusura con musica, danza e poesia (4 – 6 luglio). Le rappresentazioni sono accompagnate da traduzione simultanea in inglese, francese e spagnolo, per un pubblico sempre più internazionale.

I biglietti sono disponibili online sul sito ufficiale della Fondazione INDA e presso il botteghino del Teatro Greco. I prezzi variano da 35 a 70 euro a seconda del settore e della data, con riduzioni previste per under 25, over 65 e residenti a Siracusa. Disponibili anche formule di abbonamento per tre o quattro spettacoli, con sconti dedicati.

Il Teatro Greco si raggiunge facilmente dal centro storico di Siracusa, con possibilità di parcheggio nei pressi dell’ingresso. Chi arriva da fuori può contare su collegamenti ferroviari diretti con Catania e Messina, e sull’aeroporto di Catania-Fontanarossa, distante circa un’ora in auto.

Con il contributo di Yannick Alléno

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Berlino, il museo di Bud Spencer è un viaggio nella storia e nel mito del cinema

Nel cuore di Berlino, precisamente in Unter den Linden 10, si trova il Museo Bud Spencer, un luogo speciale dedicato a uno degli attori italiani più amati. Inaugurato il 27 giugno 2021, questo museo è un omaggio della famiglia Pedersoli al loro caro Carlo Pedersoli, noto al mondo come Bud Spencer, scomparso nel 2016. Situato nel prestigioso edificio Römischer Hof, il museo si estende su una superficie di 500 m² e offre un’esperienza immersiva nella vita e nella carriera di Bud Spencer. Si tratta della prima mostra completamente dedicata a questo iconico personaggio del cinema italiano.

Il percorso espositivo

Il Museo Bud Spencer di Berlino è una tappa imperdibile per chiunque ami il cinema e voglia scoprire la storia di un uomo che ha segnato intere generazioni di spettatori. Con le sue sezioni interattive, i memorabilia, e gli eventi speciali, il museo offre un’esperienza unica che rende omaggio a una delle leggende del cinema mondiale. Il percorso espositivo si suddivide in alcune aree ed esperienze.

La Cine-Lounge

La Cine-Lounge è una sala cinematografica dove vengono proiettati documentari e filmati rari su Carlo Pedersoli. Qui, i visitatori possono godersi una selezione di filmati e documentari esclusivi su Bud Spencer, che raccontano non solo la sua carriera cinematografica, ma anche la sua vita privata e il suo impatto sulla cultura popolare mondiale. Questa sala è dedicata alle opere di successo con l’attore italiano come i film di genere Spaghetti Western e le commedie d’azione, come Lo Chiamavano Trinità, Più forte ragazzi, e I due superpiedi quasi piatti. La Cine-Lounge è un luogo perfetto per rivivere questi classici del cinema e scoprire anche dietro le quinte, attraverso interviste e materiali rari. Oltre ai film, ci sono documentari e video esclusivi che raccontano la sua carriera, con approfondimenti sulla sua trasformazione da nuotatore olimpionico a star del cinema. Il museo custodisce anche interviste inedite che permettono di conoscere meglio l’uomo dietro la leggenda.

Bud Spencer Berlino

Fonte: Ansa

La mostra di Bud Spencer

La galleria dei memorabilia

I visitatori possono ammirare una raccolta di fotografie, costumi originali e oggetti personali che raccontano la vita dell’attore. La galleria dei memorabilia è una delle aree più suggestive del museo dove vengono esposti oggetti originali che hanno accompagnato la carriera di Bud Spencer. Questi pezzi storici permettono di rivivere momenti indimenticabili dei suoi film e della sua vita.

Qui si possono vedere da vicino i costumi indossati da Bud Spencer nei suoi film più celebri, come il famoso outfit da cowboy in Lo chiamavano Trinità, che lo ha reso una leggenda nel genere dello Spaghetti Western. Non mancano anche gli accessori iconici utilizzati in alcune delle scene più memorabili. Inoltre c’è una vasta selezione di fotografie storiche e locandine cinematografiche delle pellicole che lo hanno reso famoso. Ogni scatto racconta una parte della sua carriera, dai suoi inizi nel mondo del cinema fino ai successi internazionali. Infine sono esposti alcuni oggetti legati alla sua carriera cinematografica, e oggetti personali di Bud Spencer, come i suoi trofei da nuotatore, che testimoniano la sua vita prima di diventare una star del cinema.

La statua in scala reale di Bud Spencer

Una delle principali attrazioni del museo è la statua in scala reale di Bud Spencer, che rappresenta l’attore nel suo ruolo più iconico, quello nel film Lo chiamavano Trinità. Questa scultura è una vera e propria opera d’arte realizzata da due giovani artiste berlinesi che hanno cercato di catturare l’essenza del personaggio, noto per la sua forza fisica e il suo spirito indomito. La statua è una celebrazione visiva di Bud Spencer come icona del cinema d’azione. La posa del personaggio che lo ha reso famoso, è una delle più riconoscibili della sua carriera, con il suo sorriso da furfante e l’atteggiamento di chi è sempre pronto a combattere per una causa giusta. I visitatori possono anche interagire con la statua, scattando foto o semplicemente ammirando i dettagli che catturano il suo spirito carismatico e il suo fisico imponente.

Bud’s Bistro: un viaggio culinario

Insieme alla visita culturale, il museo offre anche un’esperienza culinaria. Il Bud’s Bistro propone piatti ispirati ai cibi preferiti da Bud Spencer, permettendo ai visitatori di assaporare i gusti che l’attore amava. Si tratta di un ristorante che serve piatti tipici della cucina italiana, con un’attenzione speciale alle pietanze che Bud amava. Nel menù piatti come spaghetti al pomodoro, risotto e pizza sono solo alcune delle prelibatezze che portano in tavola il gusto della tradizione gastronomica. Il ristorante non è solo un luogo dove mangiare, ma un vero e proprio omaggio alla sua vita e alle sue radici.

Costi e orari

Il museo è aperto tutti i giorni dalle 10:00 alle 19:00. Inoltre, ogni venerdì e sabato si svolgono le Bud-Spencer-Nights, eventi speciali con musica dal vivo e ospiti legati al mondo di Bud Spencer, riservati a un pubblico selezionato. L’ingresso al museo è gratuito per i bambini fino a 6 anni. I biglietti per i visitatori dai 7 ai 17 anni costano 8 €, mentre gli adulti possono acquistare i biglietti direttamente presso la biglietteria del museo o online. Infine, è possibile portare a casa un ricordo di questo luogo particolare facendo un giro nel museo shop, dove puoi acquistare magliette, poster, libri e altre souvenir che celebrano la carriera di Bud Spencer.

Come arrivare

Il museo è facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici. La fermata Unter den Linden della U-Bahn (linea U5) si trova a pochi passi dall’ingresso del museo. Inoltre le linee di autobus 100 e 200 fermano nelle vicinanze, rendendo l’accesso comodo da diverse zone della città.

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C’è un posto in Spagna dove il bianco acceca e il tempo rallenta: si chiama Mijas

L’Andalusia? Un vero paradiso che sembra incastonato in un libro tra borghi caratteristici, città d’arte e scorci sul mare. Proprio nella zona costiera a trionfare è la Costa del Sol, un tratto in cui per oltre 300 giorni l’anno splende il sole. Il clima piacevole e i colori conquistano al primo sguardo facendo scoprire delle piccole realtà come Mijas, un gioiello che salta all’occhio per la sua edilizia così bianca da accecare.

Cosa vedere a Mijas

Sembra quasi bloccato in uno spazio tempo tutto suo Mijas, il piccolo borgo dalle case bianche caratteristiche protagonista della Costa del Sol, non lontano da Malaga. Il colore così chiaro si presta a scattare foto ricordo uniche, specialmente nelle oltre 300 giornate in cui splende il sole. Il villaggio dall’anima pittoresca si trova alle pendici della Sierra de Mijas, non lontano da Fuengirola e qui, tra viuzze caratteristiche e un centro storico arroccato da esplorare, c’è davvero un’anima da scoprire.

Mijas Pueblo

Il primo luogo da non perdere è Mijas Pueblo, ovvero l’anima più autentica dell’Andalusia caratterizzato da un labirinto di casette che si arrampicano su per la montagna. Si trova a circa 428 metri di altezza e qui si vive a ritmo lento. Ad accompagnare su e giù turisti (e non solo) ci pensano i burros-taxi, ovvero gli asinelli che sono diventati icona locale e che permettono di arrivare facilmente a Plaza de Toros, un’arena ovale unica nel suo genere.

Passeggiando si può raggiungere facilmente la Iglesia de la Inmaculada Concepción, un gioiello autentico di spiritualità nato sulle rovine di una ex moschea. Accanto ad essa svetta la Torre de Vela, un’antica torre mudéjar oggi trasformata nel campanile della chiesa. Altrettanto leggendario l’Ermita de la Virgen de la Peña, un eremo che oltre ad essere luogo di culto regala una vista impagabile sulla costa. Tra i sentieri del bosco c’è invece un bel trekking che conduce all’Eremo del Calvario.

Visitare Mijas in Spanga

Fonte: iStock

Passeggiata nel centro storico di Mijas con i caratteristici muri bianchi e vasi di fiori

I musei di Mijas

Tra i luoghi da visitare c’è anche il museo Carromato de Max che ospita un vagone ferroviario; al suo interno sono custoditi oggetti rari e molto particolari provenienti da tutto il mondo. Da non perdere, poi, il museo etnografico dove viene raccontata la vita quotidiana della località e il boom turistico. Gli appassionati d’arte troveranno molto interessante il CAC dedicato allo stile contemporaneo. Al suo interno sono esposte opere di diversi maestri del Novecento tra cui Dalì, Mirò e Picasso.

Le spiagge di Mijas

Non solo arte, cultura e musei. Le spiagge di Mijas si estendono per 12 chilometri lungo la Senda Litoral. Tra le più belle playa de la Luna circondata dal verde, playa de Calahonda ideale per famiglie e sportivi, El Bombo dove la sabbia scura regala scorci da sogno o playa dela Butibamba per chi cerca comfort e servizi. E gli amanti del surf? Non possono mancare una visita a play alas Doradas, onde da sogno e natura mozzafiato tutto attorno: l’effetto wow è assicurato.

Dove si trova e come arrivare a Mijas

Il pittoresco borgo andaluso di Mijas si trova in prossimità delle colline della Costa del Sol, ad una trentina di chilometri da Malaga. Per raggiungerlo il modo migliore è atterrare all’aeroporto di Malaga e poi prendere un bus che in circa un’ora conduce proprio a questo piccolo centro abitato. Ancora meglio, per chi ha un mezzo proprio o a noleggio, spostarsi in auto così da poter essere autonomi al 100%.

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Stadspark Antwerpen: il triangolo verde nel cuore di Anversa

Proprio così: guardando la cartina di Anversa si possono notare alcuni spazi verdi nell’area urbana che disegna il profilo di questa città del Belgio. Ce n’è solo uno, però, a forma di triangolo. Potremmo dire anche equilatero: si tratta dello Stadspark, uno dei parchi cittadini e luogo che va inserito senza dubbi nella lista delle cose da vedere ad Anversa. Cosa ci racconta questo luogo?

Informazioni utili per visitare lo Stadspark: dove si trova e cosa sapere

Anversa non è una città piccola ma, soprattutto nella sua area centrale, la si gira molto bene a piedi o usando i mezzi pubblici locali. Lo Stadspark si trova inserito in un’area molto interessante dove passeggiare: è localizzato, infatti, tra il quartiere Theaterbuurt, il Quartiere dei Diamanti e la Stazione Centrale di Anversa.

Per quanto riguarda gli orari, lo Stadspark di Anversa è aperto tutti i giorni, dall’alba al tramonto. Il parco è completamente accessibile per i viaggiatori con mobilità ridotta. L’ingresso è gratuito per tutti. Si possono portare i propri cani, ma vanno tenuti al guinzaglio e le deiezioni vanno raccolte e gettate negli appositi cestini.

Per quanto riguarda le toilette, non sono presenti ma ci sono dei orinatoi utili per i maschi. Meglio organizzarsi prima di entrare nel parco.

Un’area verde nata nel XIX Secolo

Progettato alla fine del XIX Secolo da Eduard Keiling, il parco è stato progettato per sostituire un’antica fortificazione militare di Anversa. Questo polmone verde è nato secondo quelli che erano i dettami stilistici di quell’epoca. I grandi paesaggisti del 1800 si ispiravano ai giardini progettati da Lancelot “Capability” Brown, il grande architetto degli spazi verdi più importanti della Gran Bretagna.

Per questo motivo, lo Stadspark di Anversa conserva ancora oggi il suo fascino romantico che l’ha visto protagonista fin dal principio.  Qui, infatti, non ri sembrerà di essere in viaggio in Belgio: le Fiandre si trasformano in un paesaggio quasi inglese, con ampi prati, un laghetto molto romantico, ponticelli decorativi e una vegetazione ben curata e rigogliosa che arriva da mezza Europa.

Stadspark di Anversa: il monumento ai caduti

Fonte: iStock

Stadspark di Anversa: il monumento ai caduti

Cosa fare nello Stadspark di Anversa

Sicuramente, questo luogo è nato per regalare alla città uno spazio verde nel quale passeggiare. Questa era ed è la funzione principale dello Stadspark. Potresti recarti qui per prendere una pausa dalla tua esplorazione del vicino centro di Anversa.

Oltre a questo, lo Stadspark, con i suoi quattordici ettari di area verde ombreggiata, è un luogo molto apprezzato – anche dagli abitanti stessi di Anversa – per fare sport. Sei parte di quella squadra di viaggiatori che non rinuncia mai a un po’ di sano allenamento anche quando sei in vacanza? Durante il tuo viaggio in Belgio, troverai il tuo migliore alleato proprio nello Stadspark. Qui potrai correre, andare in bici (è molto facile noleggiarle in città) o praticare altre attività, come lo yoga o la meditazione.

Se il tuo viaggio ad Anversa si svolge in autunno o in primavera, sappi che lo Stadspark è uno dei luoghi naturalistici più fotografati della città: i colori delle piante sono speciali, sia in una stagione che nell’altra.

Portare i bimbi allo Stadspark

Anche i viaggiatori più piccoli ameranno lo Stadspark. I bimbi che amano giocare all’aperto troveranno qui il perfetto parco giochi. Il parco ha, infatti, un’area totalmente attrezzata con altalene e altre tipologie di giochi e giostrine, tutte in legno e studiare per far divertire i bimbi e aiutarli a sviluppare il senso del gioco, così come altre abilità fisiche.

La pace, in generale, regna sovrana sui prati dello Stadspark e, se il tuo bimbo è proprio piccolo, troverai in quest’area di Anversa la quiete ideale per far rilassare il tuo bimbo e permettergli di fare un bel pisolino.

Due curiosità sullo Stadspark di Anversa

La prima curiosità da conoscere sullo Stadspark di Anversa riguarda l’acqua presente nel parco e quella che, invece, non c’è più. Per dare al parco quell’aspetto romantico voluto dal suo progettista e creare gli specchi d’acqua del parco, sono stati deviati alcuni dei principali canali della città che, in origine lambivano proprio l’antica fortezza che si trovava in quest’area di Anversa.

La seconda curiosità riguarda un monumento che si trova nel parco. Lo Stadspark di Anversa, infatti, custodisce un monumento commemorativo ai soldati belgi caduti durante la Prima Guerra Mondiale. Si tratta di un’opera molto apprezzata e testimone di un periodo in cui il Belgio è stato, suo malgrado, protagonista.

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Dove è stato girato Maria Corleone 2: le fantastiche location della fiction

Dopo il successo del 2023 torna in onda Maria Corleone: la seconda stagione della fiction si compone di 8 puntate e toccherà diverse città italiane con altrettante location riconoscibili. La produzione Mediaset, con protagonista Rosa Diletta Rossi, Alessandro Fella, Fortunato Cerlino e Vittorio Magazzù, è stata infatti girata tra tre grandi mete del nostro Paese. Scopriamo insieme quali.

Roma e dintorni

Nonostante l’ambientazione in Sicilia, la seconda stagione della fiction Maria Corleone di Mediaset ha scelto di dividere le proprie riprese tra nord e sud Italia spaziando tra varie città. Il set ha concentrato le attività tra l’estate e l’autunno spostandosi tra Roma, Milano e Palermo ma è proprio la capitale a dominare le riprese, insieme al suo litorale nella zona di Fiumicino.

Le atmosfere marittime della Sicilia non mancano e scelgono come set le spiagge di Focene, una località balneare non lontana dal centro della città eterna. Molti romani scelgono Focene come proprio litorale dove rilassarsi e godersi il mare a due passi dalla città; le riprese qui hanno svelato quello che è la spiaggia romana di sabbia e il mare dal sapore autentico che non richiama certo nei colori quello siciliano, ma che ha molto da raccontare dal punto id vista evocativo. L’acqua salata è un simbolo ricorrente che da una parte rappresenta il legame profondo con le radici e dall’altra il desiderio di salpare verso una nuova vita, avendo il coraggio di mettersi al centro dei propri desideri e tagliando i ponti con il suo passato.

Milano

Milano, capoluogo lombardo, era già stato scelto come sfondo per le scene che raccontano il desiderio di Maria di evolvere professionalmente e seguire il percorso di designer di moda. La città meneghina, simbolo dell’eleganza e della moda, continua a rappresentare il sogno professionale della protagonista, che qui cerca di costruire la propria carriera come stilista. I quartieri della moda milanese sono una cartolina sognante che permettono alla protagonista di sognare una vita diversa e rompere i propri legami con il passato.

Sicilia

Alcune riprese, però, si sono svolte proprio in Sicilia e più precisamente a Palermo, senza però escludere i dintorni di Catania. La regia ha selezionato alcuni luoghi simbolici: vicoli, piazze, quartieri popolari che sono assolutamente riconoscibili nelle varie scene. A fare da sfondo diverse cartoline iconiche, come quelle dei mercati popolari e delle piazze più famose che aggiungono intensità emotiva alla storia della protagonista che si divide tra la tradizione e la voglia di seguire le proprie aspirazioni personali. E Catania? Anche la città siciliana dal paesaggio urbano vivace e autentico compare in alcune puntate.

L’Etna sullo sfondo, i colori caldi del capoluogo, e la vita quotidiana nei quartieri popolari siciliani aggiungono profondità al racconto, rendendo ancora più palpabile il senso di appartenenza e, al tempo stesso, di ribellione della protagonista. Una seconda stagione scoppiettante pronta a partire con il botto e a tenere i telespettatori incollati, puntata dopo puntata, per vivere a pieno la storia di Maria interpretata da Rosa Diletta Rossi. Insomma, le location di Maria Corleone 2 fanno fare un viaggio per tutta la Penisola.

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Macondo, alla ricerca della città di Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez

Case di argilla e canna selvatica, un fiume: ci sono luoghi che, grazie ai libri, diventano leggendari. Posti che potremmo disegnare, di cui non sarebbe difficile tracciare una mappa ben precisa e che nella nostra immaginazione hanno connotazioni ben precise.

Sono quelli che sono nati dalla penna di scrittori famosi, che hanno saputo renderli immortali. Alcuni di questi esistono, altri no, ma magari sono la trasposizione su carta di posti veri a cui gli autori si sono ispirati.

È il caso di Macondo, nucleo narrativo di quel capolavoro della letteratura sudamericana che è Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez. Una saga familiare straordinaria, infusa di magia, di eventi, di potenza narrativa, ambientata a Macondo, immaginario paese che si trova nella Colombia caraibica.

Ma esiste? Si può visitare? La risposta alla prima domanda è no, ma alla seconda è sì, perché pare che Gabriel Garcia Marquez per tratteggiare questa città si sia fatto ispirato ad Aracataca, Il luogo che gli ha dato i natali. E sì, questa si può raggiungere ed esplorare.

Sulle tracce di Macondo: dove si trova la città di Cent’anni di solitudine

Nel libro Cent’anni di solitudine, uno dei più belli del Novecento, si chiama Macondo, ma nella realtà potrebbe essere Aracataca, proprio la cittadina che ha dato i natali al suo autore: Gabriel Garcia Marquez.

Un luogo che lui ha reso vivido, parte integrante di una storia di famiglia, intrisa di magia ed eventi, che si sviluppa in 100 anni. E già nell’incipit del romanzo lo scrittore ci porta lì, in questa ambientazione perfetta e che ha affascinato intere generazioni di lettori. Così scriveva il Premio Nobel: “Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche”.

E ogni viaggiatore e lettore ha sognato almeno una volta di poter raggiungere quel luogo e respirare quel pizzico di magia che traspirava da ogni pagina.

Zaino o valigia alla mano per raggiungere Macondo, o per lo meno quella che si pensa sia stata la cittadina che ha ispirato Marquez, bisogna andare in Sud Amarica e, più precisamente, in Colombia ad Aracataca: fondata nel 1885 lungo l’omonimo fiume, si trova nel dipartimento Magdalena. È proprio qui che è nato nel 1927 lo scrittore ed è qui che possiamo respirare un po’ della sua vita e della sua arte. Che si vede un po’ ovunque, infatti girare per le sue strade significa imbattersi in murales, farfalle gialle, negozi che fanno subito venire in mete lo scrittore e le sue opere.

C’è stato anche un referendum nel 2006 per modificare il nome della città facendolo diventare Aracataca-Macondo, ma non avendo raggiunto il quorum la cittadina si è tenuta la denominazione precedente, anche se per chi la raggiunge resta, comunque, quella di uno dei capolavori di Marquez. Un romanzo indimenticabile tanto da ispirare una serie tv, ma anche da spingere a partire, per esplorare un luogo in cui si possono vedere le tracce dello scrittore e di una epopea familiare indimenticabile.

Una stanza della casa di Marquez ad Aracataca

Fonte: IPA

Aracataca: una stanza della casa di Marquez

Cosa vedere ad Aracataca, la Macondo reale

Senza dubbio vi è una tappa che è imprescindibile quando si visita Aracataca ed è la casa dei nonni dove ha vissuto i primi anni di vita l’autore Premio Nobel per la Letteratura, in anni recenti divenuta museo. Si compone di 14 stanze e qui si possono ammirare le ricostruzioni degli spazi in cui è cresciuto, grazie a lavori che hanno seguito la descrizione di Marquez stesso nel libro Vivere per raccontarla. E fuori chissà che non capiti di imbattersi proprio nel colonnello Aureliano Buendia.

Secondo il sito ufficiale della Fondazione dedicata allo scrittore, la casa è aperta dal martedì al sabato dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 17, la domenica dalle 8 alle 12 e dalle 13 alle 15.

E poi si deve girare per la cittadina, per vedere le strade, la piazza principale – dove si trova una statua di Gabo – le case e immaginare le scene di Cent’anni di solitudine, ma anche i membri della famiglia Buendia. Tanti muri sono dipinti con disegni che ricordano il grande scrittore e la città è la location perfetta per tutti i fan della sua penna e del realismo magico.

Tra le altre tappe legate alla figura di Marquez merita una visita la Casa del Telegrafista, oggi piccolo museo, ma un tempo luogo di lavoro del papà del Premio Nobel. Dentro vi si possono ammirare oggetti a lui legati.

E poi la ferrovia, quella che ha portato a Macondo il progresso, con la sua stazione ferroviaria: questo era un elemento importate del romanzo e visitarla ci permette di immaginare i trasporti di banane ma anche il fatto che fosse l’anello di congiunzione con il resto del mondo.

Infine, vale la pena dare un’occhiata al fiume, quello evocato sin dalla prima pagina del capolavoro di Marquez.

Aracataca appare come una città colorata e accogliente, che negli ultimi anni è diventata sempre più turistica. E se la ragione principale è legata allo scrittore, va anche ricordato che qui sono nati altri personaggi celebri come il fotografo Leo Matiz e il musicista Antonio Jaramillo.

Aracataca: la città dove è nato Gabriel Garcia Marquez

Fonte: iStock

Aracataca: qui è nato Gabriel Garcia Marquez

Come arrivare a Macondo

Arrivare a Macondo è piuttosto semplice, infatti Aracataca si trova a circa un’ottantina di chilometri da Santa Marta, ovvero il capoluogo del dipartimento di Magdalena: questa città si affaccia sul Mar dei Caraibi, alle sue spalle invece si trova la Sierra Nevada de Santa Marta. Quella fra le due tappe è una distanza che si percorre in poco più di un’ora di macchina. Quindi la città, celebre dal punto di vista turistico, è il perfetto punto di partenza per arrivare lì.

E sulle tracce di Macondo è andato anche Jovanotti, Lorenzo Cherubini, in sella alla propria bicicletta nella docu-serie Aracataca – Non voglio cambiare pianeta 2, 22 tappe, sulle tracce di Grabriel Garcia Marquez: al libro Cent’anni di solitudine, infatti, ha raccontato in un video su TikTok, ha dedicato il viaggio del docutrip, che tocca proprio la città di Aracataca.

Insomma, un viaggio assolutamente da fare, magari proprio facendosi accompagnare dalle pagine immortali del capolavoro di Gabriel Garcia Marquez, una guida davvero speciale e che può rendere la visita ancora più bella.

Casa Gabriel Garcia Marquez ad Aracataca, la vera Macondo

Fonte: IPA

La casa di Gabriel Garcia Marquez ad Aracataca, che ha ispirato Macondo
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Come arrivare alla spiaggetta dell’Arcomagno a San Nicola Arcella, in Calabria

C’è una zona della Calabria, soprannominata Riviera dei Cedri, che richiama da sempre un turismo esigente che preferisce la bellezza della natura e che cerca paesaggi incontaminati che si fondono insieme a spiagge selvagge. Tra le mete più caratteristiche di questo territorio c’è sicuramente la spiaggia dell’Arcomagno a San Nicola Arcella, piccolo comune in provincia di Cosenza che si affaccia sul mare blu e cristallino di questa riviera calabrese.

Ma come si fa a raggiungere questo luogo che sembra uscito direttamente da un libro di fiabe e caratterizzato da una sabbia bianchissima lambita da acqua cristallina?

La spiaggia dell’Arcomagno e la Grotta del Saraceno

Impossibile resistere a questo angolo di Calabria. Arrivarci vuol dire trovarsi di fronte qualcosa di unico al mondo. Vi basti pensare che qui svetta un maestoso arco di roccia che si specchia in stupendo mare turchese. Un vero e proprio angolo di paradiso che quasi ricorda un’ambientazione esotica, ma che invece si trova proprio nella nostra Italia.

Caratterizzata da una rasserenante forma a mezzaluna, la spiaggetta dell’Arcomagno deve il suo nome proprio a questo imponente arco di roccia che la “protegge” dal mare. Lunga circa 25 metri, è conosciuta anche come spiaggia di Enea, poiché si narra che in seguito alla caduta di Troia l’eroe si trovò proprio su questa spiaggia.

spiaggia arcomagno calabria

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La piccola spiaggia dell’Arcomagno

Al fianco di questa insenatura prende vita anche la Grotta del Saraceno, una cavità naturale al cui interno scorre una sorgente di acqua dolce (non sempre visibile). Per raggiungerla vi basta percorre un sentiero inciso nella roccia che regala persino magnifici panorami sulla costa tirrenica della Calabria. Questa grotta è così chiamata perché secondo la leggenda fu il principale punto di attracco dei Saraceni che arrivavano dalla penisola araba.

Ma non è finita qui: oltrepassando l’arco naturale si può raggiungere e ammirare lo scoglio dello Scorzone, un’enorme roccia calcarea il cui nome deriva dal termine calabrese di vipera dei pollai, i piccoli animaletti che lo popolano.

Raggiungere la spiaggetta dell’Arcomagno

La natura incontaminata e lo straordinario scenario in cui è inserita la spiaggetta dell’Arcomagno riescono a ripagare tutti gli sforzi che si devono fare per raggiungerla. Sì, non è facilissimo arrivarci, ma siamo certi che il luogo vi farà dimenticare qualsiasi fatica avvertita. Importante da sapere, a prescindere dal modo in cui ci arriverete, è che non ci sono servizi.

Come arrivarci in auto

Come detto in precedenza, la spiaggetta dell’Arcomagno è situata a San Nicola Arcella che è possibile raggiungere tramite la strada statale 18. Bisogna dunque percorrere l’autostrada A3, che va da Napoli fino a Reggio Calabria. Una volta giunti in provincia di Cosenza, bisogna uscire a Lagonero, casello oltre il quale si prende la strada statale 18 per una quarantina di chilometri circa, fino alle indicazioni per Praia a Mare-San Nicola Arcella.

La Statale Tirrena Inferiore conduce direttamente lungo il litorale cosentino, arrivando nella località di Marinella.

Come arrivarci a piedi

Per raggiungere la spiaggetta dell’Arcomagno a piedi è necessario utilizzare un sentiero scavato nella roccia che parte dalla contrada Marinella. La buona notizia è che non è molto lungo (10 minuti circa), la cattiva è che si presenta un po’ ripido. Fondamentale, quindi, prestare attenzione a dove si mettono i piedi, per non scivolare, ed è meglio evitare di portare con sé troppa roba o oggetti particolarmente pesanti.

La strada si biforca in due nel punto più alto della scogliera: la spiaggetta dell’Arcomagno a quel punto è raggiungibile seguendo la deviazione a destra del sentiero.

arcomagno come arrivare

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Una parte del sentiero

Gita in barca o pedalò

Si può scoprire la spiaggetta dell’Arcomagno anche facendo una gita in barca o affittando un pedalò. Nel primo caso, essendo imbarcazioni di grosse dimensioni, attraccherete nelle spiagge libere adiacenti a quella dell’arco. Le barche turistiche, inoltre, partono sia da San Nicola Arcella che da Scalea facendo tappa qui prima di proseguire verso l’incantevole Isola di Dino.

Nel caso del noleggio di un pedalò o di una canoa, potrete raggiungerla in pochi minuti e aggirare il promontorio per approdare sulla spiaggia, godendovi anche l’irresistibile traversata dell’arco.

Dove parcheggiare

È chiaro, però, che per decidere come arrivarci dovrete anche parcheggiare la vostra auto. Ci sono diversi parcheggi presenti lungo la costa, ma il consiglio principale (arrivando presto) è impostare sul navigatore Bagno Marinella, San Nicola Arcella dove troverete un ampio parcheggio sulla sinistra.

A quel punto dovrete semplicemente seguire il sentiero con le indicazioni per la spiaggetta dell’Arcomagno e in pochi minuti arriverete a destinazione.

Spiaggia dell’Arcomagno: quando andare

In molti sono pronti a giurare che il momento migliore per godere della bellezza di questa spiaggia è il tramonto, quando il sole si tuffa nel mare. A quest’ora, infatti, la luce calda del sole fa capolino in mezzo all’arco di roccia, creando un’atmosfera magica sulla piccola spiaggia.

Tuttavia, se avrete voglia di godervi mare e sole, il momento migliore è la mattina presto anche se, è giusto dirlo, la spiaggia rimane quasi tutta all’ombra per l’intera giornata. L’altro importante suggerimento è quello di evitare i mesi più affollati, anche a causa delle sue dimensioni piuttosto contenute.

Cosa vedere a San Nicola Arcella

Non potete di certo non approfittare della visita alla spiaggetta dell’Arcomagno per fare una sosta a San Nicola Arcella che, oltre alle tante bellezze naturali, vanta anche un patrimonio storico e artistico racchiuso nel suo centro storico che si rivela un gioiellino.

Il paese si trova in collina, arroccato intorno a una chiesa dedicata a San Nicola da Tolentino. Questa sfoggia una facciata semplice risalente XVII secolo e un tipico aspetto basilicale con unica navata centrale e cappelle laterali.

Il centro, invece, è un vero e proprio intrico di vicoletti in pietra bianca che catapultano direttamente nel passato, nella storia e nelle tradizioni di questo antico luogo. Tale zona, inoltre, è tappezzata di dipinti in bassorilievo che rappresentano la sua storia millenaria.

Diverse sono le piazzette animate impreziosite da negozietti artigianali, caffetterie, ristoranti e botteghe dove tutto viene lavorato a mano. Ma San Nicola Arcella è anche la patria della Torre Crawford, una rocca di cui si innamorò Lord Francis Marion Crawford, famoso scrittore statunitense che nell’800 dimorò proprio qui e che gli diede anche il nome.

Si trova sulla baia del paese e fu costruita durante il periodo spagnolo per proteggere dagli attacchi dei pirati. È composta di due piani sormontati da un terrazzo e oggi è il simbolo di questo borgo. Insomma, la spiaggetta dell’Arcomagno e lo splendido paese che la ospita sono delle mete da visitare assolutamente quando si programma un viaggio in Calabria.

San Nicola Arcella cosa vedere

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Una veduta di San Nicola Arcella
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Immersione nell’arte: le mostre da non perdere in Italia a maggio 2025

Il mese di maggio in Italia si prospetta particolarmente interessante per gli amanti dell’arte e per chiunque sia alla ricerca di nuovi stimoli per arricchire il proprio bagaglio culturale. Da Padova, dove sono esposte le opere dell’enigmatica Vivian Maier, a Milano, dove potrete entrare nel mondo anticonvenzionale di Leonor Fini, tra inquietudine e libertà espressiva. Si va poi a Jesolo, alla scoperta del legame tra Picasso e le sue muse, e a Noto, dove si celebra l’eredità rivoluzionaria di Warhol, Basquiat, Haring e Scharf.

Se state cercando ispirazione per i prossimi weekend, questa è la selezione di SiViaggia sulle mostre da vedere a maggio in Italia.

Vivian Maier. The Exhibition, Padova

Cominciamo i nostri consigli sulle mostre di maggio in Italia con una fotografa eccezionale. Dal 25 aprile al 28 settembre 2025, presso il Centro Culturale Altinate – San Gaetano di Padova ci sarà la mostra dedicata a Vivian Maier, la fotografa americana il cui talento è stato scoperto solo dopo la sua morte. L’esposizione, intitolata “Vivian Maier. The Exhibition”, riunisce oltre 200 fotografie in bianco e nero e a colori, ma anche documenti inediti e oggetti personali per permettere ai visitatori di entrare nel mondo di un’artista misteriosa che sapeva catturare l’essenza delle città attraverso le persone.

Tata per professione, coltivò segretamente per decenni una profonda passione per la fotografia. Solo dopo la sua scomparsa emerse il suo talento, con la scoperta di un ricco corpus di scatti urbani realizzati a New York e Chicago. Le sue fotografie narrano con rara sensibilità la società americana del Novecento, focalizzandosi su volti, gesti e momenti. Bambini, donne, anziani e sconosciuti si ergono a protagonisti di immagini intense, capaci di congelare il tempo e offrire un ritratto vivido di quell’epoca.

Io sono Leonor Fini, Milano

Prosegue fino al 22 giugno 2025 la mostra dedicata alla pittrice Leonor Fini. All’interno di Palazzo Reale a Milano avrete l’opportunità di visitare una delle più complete esposizioni dedicate all’artista italo-argentina, famosa per le sue opere anticonvenzionali e inquiete. Il titolo della mostra deriva da una sua dichiarazione: “Sono una pittrice. Quando mi chiedono come faccia, rispondo: Io sono”. Lontana dalle convenzioni del Novecento, Leonor Fini si è distinta per la sua vita libera, vissuta con intensità e senza compromessi, aspetti che traspaiono dalle sue opere.

L’esposizione, infatti, è strutturata in nove sezioni tematiche che indagano i temi ricorrenti nella vita dell’artista: dal macabro al minaccioso, dal rapporto con la figura maschile alla sessualità e alla famiglia.

Loving Picasso, Jesolo

Fino al 12 ottobre 2025, presso il J Museo di Jesolo, potrete visitare la mostra “Loving Picasso. Muse, Amanti, Artiste”. L’esposizione esplora il legame profondo tra Pablo Picasso e le donne che hanno segnato la sua vita e la sua arte e lo fa attraverso dipinti, disegni, fotografie e litografie. I visitatori potranno intraprendere un percorso che svela come l’artista abbia trasformato le sue esperienze sentimentali in capolavori rivoluzionari.

Un viaggio suggestivo nel dialogo tra amore, passione e creazione artistica che lascia spazio anche alla produzione artistica di Dora Maar e Françoise Gilot, due figure fondamentali nell’universo creativo di Pablo Picasso, sottolineando il loro ruolo non solo come muse, ma anche come artiste autonome.

Liquida Photofestival, Torino

Dall’8 all’11 maggio 2025, il Polo del ‘900 a Torino ospiterà la quarta edizione di Liquida Photofestival. Quest’anno viene approfondito il tema tra fotografia e memoria con il titolo “Il giorno in cui ricorderò”, che invita a riflettere su come le immagini siano sempre state strumenti fondamentali per preservare il passato, trasformando memorie personali e collettive in frammenti tangibili di esperienza.

La fotografia, d’altronde, è memoria fissata sulla superficie del tempo, un’ancora che trattiene momenti destinati a dissolversi. Questa edizione di Liquida Photofestival sarà un’istantanea del modo di ricordare attraverso le immagini e, allo stesso tempo, un’indagine sul rapporto tra memoria e fotografia in un’era di transizione digitale.

Natura Morta, Milano

Dall’8 maggio al 4 novembre 2025, nella sala 1 della Pinacoteca della Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano, potrete visitare l’esposizione “Natura Morta” dello scultore Jago. Qui, dialogando tra passato e presente, l’artista si confronta con la “Canestra di frutta” di Caravaggio, considerato tra i capolavori più iconici della collezione dell’Ambrosiana. L’opera di Jago trasforma il linguaggio della tradizione in una riflessione attuale rappresentando una canestra colma non di frutti, ma di armi, simboleggiando così una “natura” ormai contaminata dalla violenza.

Se Caravaggio elevava la bellezza caduca della frutta a simbolo dello scorrere del tempo, Jago sposta il focus su un’altra natura morta: quella degli oggetti prodotti in massa per la distruzione, presenze inquietanti eppure prive di significato che definiscono la nostra epoca.

World Press Photo Exhibition 2025, Roma

Dal 6 maggio all’8 giugno 2025, presso il Palazzo Esposizioni a Roma, arriverà la mostra itinerante “World Press Photo Exhibition 2025”. Si tratta di un’esposizione annuale che permette di ammirare le foto più belle del concorso, selezionate tra le opere più significative e rilevanti dell’ultimo anno nel campo del fotogiornalismo e della fotografia documentaria. I vincitori sono stati selezionati da una giuria indipendente composta da 31 professionisti provenienti da tutto il mondo, che hanno esaminato oltre 59.320 fotografie inviate da 3.778 fotografi di 141 paesi.

I temi abbracciano politica, questioni di genere, migrazioni, conflitti e crisi climatica, con immagini che documentano proteste e rivolte in Kenya, Myanmar, Haiti, El Salvador e Georgia alternate a ritratti non convenzionali di figure politiche influenti negli Stati Uniti e in Germania. Nella mostra è presente anche una fotografa italiana, Cinzia Canneri, per l’Associazione Camille Lepage, che ha vinto il premio per il miglior progetto a lungo termine per la regione Africa.

Icon. Warhol, Basquiat, Haring, Scharf. L’eredità di un’arte rivoluzionaria, Noto

Al Convitto delle Arti di Noto, fino al 2 novembre 2025, ci sarà l’esposizione dedicata a quattro artisti che hanno rivoluzionato il concetto di arte nel ‘900. La mostra “Icon. Warhol, Basquiat, Haring, Scharf. L’eredità di un’arte rivoluzionaria” approfondisce la sacralità religiosa, quella consumistica della società contemporanea e l’evoluzione del concetto di icona attraverso le opere del genio della Pop Art, Andy Warhol, e quelle degli artisti della scena newyorkese degli anni ’80, Jean-Michel Basquiat, Keith Haring e Kenny Scharf. Quest’ultimi hanno interpretato il ruolo dell’arte e un nuovo immaginario collettivo attraverso la Street Art e il Graffitismo.

Il percorso espositivo è suddiviso in 5 sezioni e ospita oltre 120 opere come l’inchiostro serigrafico su carta Mona Lisa di Andy Warhol, la serigrafia su seta Flowers appartenuta a Keith Haring e l’orologio Swatch Monster Time di Scharf. In una sezione viene approfondito anche lo Studio 54, la celebre discoteca di New York frequentata dagli artisti presenti in questa mostra.

Doppia Uso Singola, Milano

Dal 16 maggio al 17 giugno 2025, la galleria Patricia Armocida ospita la prima mostra personale di Lorenzo Urciullo, in arte Colapesce, intitolata “Doppia Uso Singola”. Colapesce è uno dei musicisti più brillanti della nuova scena italiana e si racconta attraverso una selezione di 200 scatti fotografici racchiusi in tre nuclei.

La prima documenta la solitudine nello spazio, catalogando arredi e oggetti all’interno di camere di alberghi in cui ha soggiornato durante i viaggi della sua carriera. La seconda serie è dedicata a Teresa e Anna, nonna e prozia di Lorenzo, e documenta la relazione simbiotica tra due sorelle. Infine, Giorni sfiniti, è la serie legata alla Sicilia, ai paradossi della sua terra e alle visioni introspettive dell’artista.

Ian Hamilton Finlay. Fragments, Brescia

La Galleria Massimo Minini di Brescia rende omaggio a Ian Hamilton Finlay, artista, poeta e paesaggista famoso per le sue opere che attraversano molteplici forme espressive. La tappa bresciana di “Fragments” fa parte di un ciclo di otto mostre che si svolgeranno a maggio 2025 in diverse città del mondo tra cui Basilea, Edimburgo, Amburgo, Londra e New York. Presso la galleria di Brescia potrete visitarla dall’8 al 31 maggio 2025, approfondendo la personalità artistica di Finlay, noto soprattutto per il suo giardino Little Sparta”, situato tra le Pentland Hills nei pressi di Edimburgo, dove ha vissuto e lavorato per gli ultimi quarant’anni della sua vita, e per l’installazione con ghigliottina “A View to the Temple”, esposta a Documenta.

Le sue opere visive, realizzate in collaborazione con artisti e artigiani esperti, sono presenti in musei, parchi e giardini di tutto il mondo.

Maria Helena Vieira da Silva. Anatomia di uno spazio, Venezia

La Collezione Peggy Guggenheim, fino al 15 settembre 2025, esporrà le tele astratte di Maria Helena Vieira da Silva. La mostra, intitolata “Maria Helena Vieira da Silva. Anatomia di uno spazio”, è curata da Flavia Frigeri, storica dell’arte e curatrice presso la National Portrait Gallery di Londra, ed è pensata per presentare al pubblico la produzione pittorica dell’artista attraverso una selezione di circa settanta opere provenienti da prestigiose istituzioni museali internazionali, nonché collezioni private.

Visitando l’esposizione avrete l’opportunità di scoprire quest’artista importante nel panorama del ‘900, capace di trasformare lo spazio pittorico in ambienti astratti e illusioni ottiche. Vieira da Silva, inoltre, è storicamente legata alla figura di Peggy Guggenheim, essendo una delle trentuno artiste incluse dalla collezionista nella mostra Exhibition by 31 Women tenutasi nella galleria newyorkese Art of This Century nel 1943.

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Havenhuis di Anversa, un edificio da scoprire: un diamante del design

C’è un edificio ad Anversa che è una preziosa testimonianza del design e della storia del porto: sede centrale dell’Autorità Portuale di Anversa in Belgio, l’Havenhuis si può tradurre dall’olandese con “casa portuale” e riflette la storia marittima della città. A una prima occhiata, non possiamo non rimanere affascinati dallo stile moderno: somiglia alla prua di una nave ed è sull’ex stazione dei pompieri. La Port House di Anversa, che è conosciuta anche con il nome di Antwerp Port House, si trova precisamente nel quartiere ‘t Eilandje: realizzata a forma di diamante, è un edificio che brilla davvero. E che ha conquistato numerosi premi: ve lo raccontiamo.

Havenhuis di Anversa, la storia e il design

Come anticipato, l’edificio su cui si trova l’Havenhuis è una ex stazione dei pompieri abbandonata: il progetto di riqualificazione e ristrutturazione è stato promosso per ridare splendore a questa zona della città. Il 22 settembre 2016 è avvenuta l’inaugurazione: Zaha Hadid si è occupata della progettazione e della realizzazione, seguendo determinati parametri per la costruzione, tra cui quelli della sostenibilità.

Havenhuis di Anversa, la storia

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Havenhuis di Anversa, un “diamante scintillante”

Di certo osservare questo magnifico edificio è un’occasione d’oro: la struttura ricorda quasi un diamante. È in vetro, con curve ampie e linee moderne e prestigiose, oltre che un gioco di colori che dona maggiore dinamicità all’insieme. Oltre che esteticamente bello, per la realizzazione della struttura sono stati seguiti principi di sostenibilità e di efficienza energetica. Un simbolo del design di Anversa, così come della sua storia: ad oggi, è considerato tra gli edifici più innovativi e sostenibili al mondo.

Havenhuis di Anversa, un’attrazione da scoprire: come visitarla

La Casa Portuale di Anversa in Belgio fa ormai parte del paesaggio, dello skyline urbano: siamo in un punto nevralgico della città, tra il centro e il porto, lì dove sorgeva un tempo l’ex stazione dei pompieri, che è stata progettata da Van Mechelen durante gli anni ’20 del Novecento. Così un edificio neorinascimentale si “sposa” con una struttura moderna, dalla forma a diamante, preziosa e di enorme interesse storico e culturale per il luogo. E lo fa con grande classe, senza alcun elemento a “stonare”.

La domanda è: oltre ad ammirarla dall’esterno, si può visitare? Sì, possiamo scoprire i suoi interni magari prenotando un tour: sono previste delle visite guidate che portano alla scoperta degli ambienti dell’ex stazione di pompieri. Volendo, sempre durante gli orari di ufficio, è possibile visitare il piano terra, anche senza impegno. Non è necessario prenotare un tour. Raggiungere l’Havenhuis di Anversa non è difficile: ci si può recare in bicicletta, con i mezzi pubblici (con il tram 24 Silsburg, che si ferma proprio di fronte alla Port House). In alternativa, per chi ha noleggiato l’auto, il parcheggio di Droogdokken è super comodo.

Del resto questa è un’attrazione imperdibile per Anversa, una città che ha tanto da offrire ai turisti: sono diversi i luoghi sorprendenti da poter inserire nel proprio itinerario in vacanza, tra cui anche il Museum Mayer van den Bergh di Anversa. Un’opportunità per lasciarsi conquistare dalla Città dei Diamanti.

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La Porta dell’Inferno, l’incredibile storia della voragine di fuoco nel deserto

Lontano dalle rotte più battute esiste un luogo che sembra appartenere a un altro mondo, dove la terra respira fiamme e il cielo è costantemente illuminato da un bagliore “infernale”. Si chiama Darvaza Gas Crater, ed è conosciuto dai pochi che ne parlano come la Porta dell’Inferno. Un nome che evoca immagini spettrali e anche spaventose, ma che nei fatti rappresenta un mistero geologico e umano che brucia senza sosta.

Che cos’è la Porta dell’Inferno

Con le parole Porta dell’Inferno si fa riferimento a un enorme cratere di gas situato nel deserto del Karakum, in Turkmenistan. Un posto misteriosissimo e dalle dimensioni notevoli poiché possiede circa 60-70 metri di diametro e una profondità di 20-30 metri. Qui fiamme ardenti bruciano senza sosta da decenni e la colpa è soprattutto dell’uomo: nel 1971, un gruppo di geologi sovietici stava perforando il suolo per estrarre gas naturale, ma la piattaforma su cui stavano lavorando crollò in una cavità sotterranea piena di gas metano.

Per evitare che il gas nocivo si diffondesse nell’atmosfera e causasse danni, i geologi decisero di incendiare il cratere, pensando che il fuoco avrebbe consumato il gas in pochi giorni. Ma non fu affatto così. Le fiamme continuano a bruciare ancora adesso, trasformando il sito in un’attrazione unica al mondo, visibile da chilometri di distanza, soprattutto di notte.

Oggi la Porta dell’Inferno è sì un luogo spettacolare, ma anche un simbolo delle conseguenze impreviste delle attività umane e della potenza incontrollabile della natura.

Darvaza Gas Crater, Turkmenistan

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Veduta del Darvaza Gas Crater di notte

Dove si trova la Porta dell’Inferno?

Come accennato, la Porta dell’Inferno si trova in Turkmenistan e, più precisamente, nel deserto del Karakum, a circa 260 km a nord della capitale Aşgabat. Per essere ancor più accurati, il cratere è situato vicino al villaggio di Darvaza, in una zona remota e scarsamente popolata, che lo rende difficile da raggiungere.

Sorge quindi in posizione piuttosto isolata, al punto che parliamo di un territorio accessibile solo tramite una strada non segnalata. In sostanza, chi vuole visitarla deve essere preparato ad affrontare il viaggio in condizioni abbastanza estreme.

Perché continua a bruciare

La Porta dell’Inferno continua emettere fiamme “eterne” perché il gas naturale nel sottosuolo del cratere non è mai stato completamente consumato. Il gas metano sotterraneo è ben più abbondante di quanto i geologi si aspettassero, e per questo non smette di fuoriuscire dal terreno, alimentando il fuoco in modo costante da ormai più di 50 anni dall’incendio originale.

Ma non è l’unico motivo: il cratere è alimentato da un’ulteriore riserva di gas che è difficile da esaurire a causa della sua vasta estensione nel sottosuolo. Questa continua combustione del gas, tra le altre cose, ha un impatto significativo sull’ambiente poiché il metano, che alimenta il fuoco, è un potente gas serra, molto più dannoso per il nostro pianeta rispetto all’anidride carbonica. Ciò vuol dire che la sua combustione contribuisce al riscaldamento globale, e per questo motivo nel corso degli anni il cratere è diventato un simbolo delle problematiche legate all’uso irresponsabile delle risorse naturali.

Turkmenistan, la Porta dell'Inferno

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La Porta dell’Inferno di giorno

Non vi sorprenderà sapere che, nel 2022, il presidente del Turkmenistan, Gurbanguly Berdimuhamedow, ha annunciato piani per spegnere la Porta dell’Inferno. Un’idea che è stata discussa soprattutto con lo scopo di riuscire ridurre l’inquinamento, e conseguentemente favorire uno sviluppo economico sostenibile. Eppure, fino a oggi, non è stato ancora realizzato nulla di concreto. I motivi? Probabilmente anche l’impatto turistico, poiché la Porta dell’Inferno è raggiunta ogni anno da migliaia di visitatori, sia locali che internazionali, che si avventurano nel deserto per ammirare le fiamme e scattare fotografie spettacolari. Nelle sue vicinanze, infatti, sono stati anche installati dei campi tendati per potervi soggiornare.

Come visitarla in sicurezza

Il posto è remoto e decisamente particolare, e per questo per visitarlo in sicurezza è necessario essere adeguatamente preparati:

  • Pianificazione del viaggio: bisogna informarsi bene sulla zona prima di partire, perché non ci sono strade ben segnate. È quindi di fondamentale importanza avere una mappa dettagliata o un GPS;
  • Guida locale: è altamente consigliato assumere una guida locale esperta, che conosce l’area e in grado di muoversi nel deserto con maggiore sicurezza;
  • Preparazione del veicolo: è indispensabile un’auto 4×4 a causa di strade sterrate, sabbie mobili e terreni irregolari;
  • Controllo del veicolo: deve necessariamente essere in buone condizioni, con abbastanza carburante, gomme in ottimo stato e attrezzi di emergenza;
  • Abbigliamento e attrezzatura: si suggerisce di indossare abiti leggeri ma coprenti per proteggersi dal sole e di mettere un cappello per evitare scottature. Vale la pena portare anche abiti caldi per la notte;
  • Protezione solare: possibilmente ad alta protezione, insieme a occhiali da sole per difendersi dai raggi UV intensi del deserto;
  • Scarpe robuste: devono essere adatte per camminare su terreni accidentati e sabbiosi;
  • Acqua e cibo: occorre avere con sé una quantità abbondante di acqua potabile, poiché le temperature nel deserto possono superare i 50°C durante il giorno. Il cibo deve essere non deperibile, come barrette energetiche o snack, poiché le risorse nelle vicinanze sono piuttosto limitate;
  • Sicurezza e precauzioni: evitare di avvicinarsi troppo al cratere, sia per le temperature estremamente elevate, sia per i gas che fuoriescono che sono pericolosi;
  • Non andare di notte senza una guida: la visibilità è scarsa nelle ore buie, e le temperature possono scendere drasticamente;
  • Comunicazioni: se possibile portare un telefono satellitare o altre forme di comunicazione per emergenze. È fondamentale anche informare qualcuno che ci si trova proprio lì e quando si prevede di tornare;
  • Campeggio: alcuni tour organizzano campeggi nelle vicinanze del cratere, ma le condizioni sono molto spartane. Meglio portare tutto il necessario per la notte;
  • Assicurazione sanitaria e di viaggio: che copra eventuali incidenti o emergenze sanitarie.
Gate of Hell, Turkmenistan

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Pazzesca veduta dall’alto della Porta dell’Inferno

Misteri e folklore

Un posto così particolare e atipico non poteva di certo essere esente da misteri e folklore. È vero che è un danno provocato dall’uomo, ma il suo continuo bruciare è anche (e certamente) un fenomeno geologico straordinario, al punto da aver affascinato la fantasia e l’immaginazione di molti.

In diverse culture locali, per esempio, la Porta dell’Inferno è stata interpretata come un passaggio verso il mondo dei morti, un portale che collega la Terra a un altro piano di esistenza, quello dell’aldilà. Le fiamme sono quindi simili a quelle che si pensa alimentino gli inferi nelle tradizioni religiose e mitologiche. Per questo motivo, esistono storie secondo cui chi si avventurava troppo vicino al cratere possa essere in qualche modo risucchiato in un altro mondo, come se fosse un “varco” tra la vita e la morte.

Per la mitologia turkmena qui abitano esseri mitologici simili a guardiani infernali, che proteggono il confine tra il mondo terreno e quello sotterraneo. Il fuoco eterno che arde nel cratere potrebbe rappresentare una sorta di “guardiano” che impedisce il passaggio tra i due mondi.

Altre storie popolari narranoo di anime perdute che giacciono sotto la terra, imprigionate dalle fiamme, incapaci di sfuggire al fuoco eterno. Poi c’è chi è convinto che alcune anime siano rimaste intrappolate nel cratere, vittime di un destino che le lega a quel luogo infernale.

C’è poi la leggenda dei “diavoli”, che sostiene che un tempo il cratere fosse la dimora di demoni o creature malvagie, conosciuti come “diavoli del deserto”. Stando ai racconti, questi esseri, in grado di generare il fuoco eterno, avrebbero usato la Porta dell’Inferno come una prigione, sigillata dalle fiamme, per evitare che le loro energie oscure si disperdessero nel mondo che conosciamo oggi. Si dice che chi si avvicina al cratere possa sentire delle voci inquietanti o vedere ombre strane che si muovono tra le fiamme.

Non manca chi lo considera un luogo maledetto, da evitare a tutti i costi, mentre altri lo vedono come una sorta di luogo sacro, in cui il fuoco eterno rappresenta una forza cosmica che regola l’ordine dell’universo.