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Immersione nell’arte: le mostre da non perdere in Italia a maggio 2025

Il mese di maggio in Italia si prospetta particolarmente interessante per gli amanti dell’arte e per chiunque sia alla ricerca di nuovi stimoli per arricchire il proprio bagaglio culturale. Da Padova, dove sono esposte le opere dell’enigmatica Vivian Maier, a Milano, dove potrete entrare nel mondo anticonvenzionale di Leonor Fini, tra inquietudine e libertà espressiva. Si va poi a Jesolo, alla scoperta del legame tra Picasso e le sue muse, e a Noto, dove si celebra l’eredità rivoluzionaria di Warhol, Basquiat, Haring e Scharf.

Se state cercando ispirazione per i prossimi weekend, questa è la selezione di SiViaggia sulle mostre da vedere a maggio in Italia.

Vivian Maier. The Exhibition, Padova

Cominciamo i nostri consigli sulle mostre di maggio in Italia con una fotografa eccezionale. Dal 25 aprile al 28 settembre 2025, presso il Centro Culturale Altinate – San Gaetano di Padova ci sarà la mostra dedicata a Vivian Maier, la fotografa americana il cui talento è stato scoperto solo dopo la sua morte. L’esposizione, intitolata “Vivian Maier. The Exhibition”, riunisce oltre 200 fotografie in bianco e nero e a colori, ma anche documenti inediti e oggetti personali per permettere ai visitatori di entrare nel mondo di un’artista misteriosa che sapeva catturare l’essenza delle città attraverso le persone.

Tata per professione, coltivò segretamente per decenni una profonda passione per la fotografia. Solo dopo la sua scomparsa emerse il suo talento, con la scoperta di un ricco corpus di scatti urbani realizzati a New York e Chicago. Le sue fotografie narrano con rara sensibilità la società americana del Novecento, focalizzandosi su volti, gesti e momenti. Bambini, donne, anziani e sconosciuti si ergono a protagonisti di immagini intense, capaci di congelare il tempo e offrire un ritratto vivido di quell’epoca.

Io sono Leonor Fini, Milano

Prosegue fino al 22 giugno 2025 la mostra dedicata alla pittrice Leonor Fini. All’interno di Palazzo Reale a Milano avrete l’opportunità di visitare una delle più complete esposizioni dedicate all’artista italo-argentina, famosa per le sue opere anticonvenzionali e inquiete. Il titolo della mostra deriva da una sua dichiarazione: “Sono una pittrice. Quando mi chiedono come faccia, rispondo: Io sono”. Lontana dalle convenzioni del Novecento, Leonor Fini si è distinta per la sua vita libera, vissuta con intensità e senza compromessi, aspetti che traspaiono dalle sue opere.

L’esposizione, infatti, è strutturata in nove sezioni tematiche che indagano i temi ricorrenti nella vita dell’artista: dal macabro al minaccioso, dal rapporto con la figura maschile alla sessualità e alla famiglia.

Loving Picasso, Jesolo

Fino al 12 ottobre 2025, presso il J Museo di Jesolo, potrete visitare la mostra “Loving Picasso. Muse, Amanti, Artiste”. L’esposizione esplora il legame profondo tra Pablo Picasso e le donne che hanno segnato la sua vita e la sua arte e lo fa attraverso dipinti, disegni, fotografie e litografie. I visitatori potranno intraprendere un percorso che svela come l’artista abbia trasformato le sue esperienze sentimentali in capolavori rivoluzionari.

Un viaggio suggestivo nel dialogo tra amore, passione e creazione artistica che lascia spazio anche alla produzione artistica di Dora Maar e Françoise Gilot, due figure fondamentali nell’universo creativo di Pablo Picasso, sottolineando il loro ruolo non solo come muse, ma anche come artiste autonome.

Liquida Photofestival, Torino

Dall’8 all’11 maggio 2025, il Polo del ‘900 a Torino ospiterà la quarta edizione di Liquida Photofestival. Quest’anno viene approfondito il tema tra fotografia e memoria con il titolo “Il giorno in cui ricorderò”, che invita a riflettere su come le immagini siano sempre state strumenti fondamentali per preservare il passato, trasformando memorie personali e collettive in frammenti tangibili di esperienza.

La fotografia, d’altronde, è memoria fissata sulla superficie del tempo, un’ancora che trattiene momenti destinati a dissolversi. Questa edizione di Liquida Photofestival sarà un’istantanea del modo di ricordare attraverso le immagini e, allo stesso tempo, un’indagine sul rapporto tra memoria e fotografia in un’era di transizione digitale.

Natura Morta, Milano

Dall’8 maggio al 4 novembre 2025, nella sala 1 della Pinacoteca della Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano, potrete visitare l’esposizione “Natura Morta” dello scultore Jago. Qui, dialogando tra passato e presente, l’artista si confronta con la “Canestra di frutta” di Caravaggio, considerato tra i capolavori più iconici della collezione dell’Ambrosiana. L’opera di Jago trasforma il linguaggio della tradizione in una riflessione attuale rappresentando una canestra colma non di frutti, ma di armi, simboleggiando così una “natura” ormai contaminata dalla violenza.

Se Caravaggio elevava la bellezza caduca della frutta a simbolo dello scorrere del tempo, Jago sposta il focus su un’altra natura morta: quella degli oggetti prodotti in massa per la distruzione, presenze inquietanti eppure prive di significato che definiscono la nostra epoca.

World Press Photo Exhibition 2025, Roma

Dal 6 maggio all’8 giugno 2025, presso il Palazzo Esposizioni a Roma, arriverà la mostra itinerante “World Press Photo Exhibition 2025”. Si tratta di un’esposizione annuale che permette di ammirare le foto più belle del concorso, selezionate tra le opere più significative e rilevanti dell’ultimo anno nel campo del fotogiornalismo e della fotografia documentaria. I vincitori sono stati selezionati da una giuria indipendente composta da 31 professionisti provenienti da tutto il mondo, che hanno esaminato oltre 59.320 fotografie inviate da 3.778 fotografi di 141 paesi.

I temi abbracciano politica, questioni di genere, migrazioni, conflitti e crisi climatica, con immagini che documentano proteste e rivolte in Kenya, Myanmar, Haiti, El Salvador e Georgia alternate a ritratti non convenzionali di figure politiche influenti negli Stati Uniti e in Germania. Nella mostra è presente anche una fotografa italiana, Cinzia Canneri, per l’Associazione Camille Lepage, che ha vinto il premio per il miglior progetto a lungo termine per la regione Africa.

Icon. Warhol, Basquiat, Haring, Scharf. L’eredità di un’arte rivoluzionaria, Noto

Al Convitto delle Arti di Noto, fino al 2 novembre 2025, ci sarà l’esposizione dedicata a quattro artisti che hanno rivoluzionato il concetto di arte nel ‘900. La mostra “Icon. Warhol, Basquiat, Haring, Scharf. L’eredità di un’arte rivoluzionaria” approfondisce la sacralità religiosa, quella consumistica della società contemporanea e l’evoluzione del concetto di icona attraverso le opere del genio della Pop Art, Andy Warhol, e quelle degli artisti della scena newyorkese degli anni ’80, Jean-Michel Basquiat, Keith Haring e Kenny Scharf. Quest’ultimi hanno interpretato il ruolo dell’arte e un nuovo immaginario collettivo attraverso la Street Art e il Graffitismo.

Il percorso espositivo è suddiviso in 5 sezioni e ospita oltre 120 opere come l’inchiostro serigrafico su carta Mona Lisa di Andy Warhol, la serigrafia su seta Flowers appartenuta a Keith Haring e l’orologio Swatch Monster Time di Scharf. In una sezione viene approfondito anche lo Studio 54, la celebre discoteca di New York frequentata dagli artisti presenti in questa mostra.

Doppia Uso Singola, Milano

Dal 16 maggio al 17 giugno 2025, la galleria Patricia Armocida ospita la prima mostra personale di Lorenzo Urciullo, in arte Colapesce, intitolata “Doppia Uso Singola”. Colapesce è uno dei musicisti più brillanti della nuova scena italiana e si racconta attraverso una selezione di 200 scatti fotografici racchiusi in tre nuclei.

La prima documenta la solitudine nello spazio, catalogando arredi e oggetti all’interno di camere di alberghi in cui ha soggiornato durante i viaggi della sua carriera. La seconda serie è dedicata a Teresa e Anna, nonna e prozia di Lorenzo, e documenta la relazione simbiotica tra due sorelle. Infine, Giorni sfiniti, è la serie legata alla Sicilia, ai paradossi della sua terra e alle visioni introspettive dell’artista.

Ian Hamilton Finlay. Fragments, Brescia

La Galleria Massimo Minini di Brescia rende omaggio a Ian Hamilton Finlay, artista, poeta e paesaggista famoso per le sue opere che attraversano molteplici forme espressive. La tappa bresciana di “Fragments” fa parte di un ciclo di otto mostre che si svolgeranno a maggio 2025 in diverse città del mondo tra cui Basilea, Edimburgo, Amburgo, Londra e New York. Presso la galleria di Brescia potrete visitarla dall’8 al 31 maggio 2025, approfondendo la personalità artistica di Finlay, noto soprattutto per il suo giardino Little Sparta”, situato tra le Pentland Hills nei pressi di Edimburgo, dove ha vissuto e lavorato per gli ultimi quarant’anni della sua vita, e per l’installazione con ghigliottina “A View to the Temple”, esposta a Documenta.

Le sue opere visive, realizzate in collaborazione con artisti e artigiani esperti, sono presenti in musei, parchi e giardini di tutto il mondo.

Maria Helena Vieira da Silva. Anatomia di uno spazio, Venezia

La Collezione Peggy Guggenheim, fino al 15 settembre 2025, esporrà le tele astratte di Maria Helena Vieira da Silva. La mostra, intitolata “Maria Helena Vieira da Silva. Anatomia di uno spazio”, è curata da Flavia Frigeri, storica dell’arte e curatrice presso la National Portrait Gallery di Londra, ed è pensata per presentare al pubblico la produzione pittorica dell’artista attraverso una selezione di circa settanta opere provenienti da prestigiose istituzioni museali internazionali, nonché collezioni private.

Visitando l’esposizione avrete l’opportunità di scoprire quest’artista importante nel panorama del ‘900, capace di trasformare lo spazio pittorico in ambienti astratti e illusioni ottiche. Vieira da Silva, inoltre, è storicamente legata alla figura di Peggy Guggenheim, essendo una delle trentuno artiste incluse dalla collezionista nella mostra Exhibition by 31 Women tenutasi nella galleria newyorkese Art of This Century nel 1943.

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Cammino di Sant’Antonio: un percorso di fede e natura

Il Cammino di Sant’Antonio è un pellegrinaggio che ripercorre i “passi” di una importante figura religiosa, ossia collega i principali luoghi del padovano legati alla figura di Sant’Antonio da Padova.

Questo itinerario, quindi, è molto adatto a chi vuole esplorare una dimensione religiosa, ma non solo, dato che offre una combinazione di spiritualità, storia, bellezze naturali e opportunità per gustare le eccellenze enogastronomiche del Veneto e dell’Emilia Romagna.

Dove si trova e perché sceglierlo

Il Cammino di Sant’Antonio è un pellegrinaggio che si sviluppa lungo un tracciato ricco di spiritualità e storia, nato nel 2010 grazie all’iniziativa dei frati minori conventuali, con l’obiettivo di collegare i luoghi antoniani più significativi.

Il cammino si estende da Camposampiero, città natale di Sant’Antonio, e attraversa luoghi di grande devozione come il Santuario dell’Arcella e la Basilica del Santo a Padova, fino a raggiungere il Santuario di La Verna in Toscana, passando per l’Eremo di Montepaolo, toccando così i luoghi simbolo della vita e della predicazione del Santo.

Il cosiddetto “Lungo Cammino”, che si sviluppa per circa 436 km, è diviso in più tratti che possono essere percorsi singolarmente, ciascuno in più tappe. La parte iniziale, che attraversa la pianura, porta il pellegrino attraverso città popolate e ricche di storia, mentre il tratto finale da La Verna a Bologna si fa più naturalistico, entrando nel cuore di parchi naturali e riserve, per circa 109 km di paesaggi mozzafiato e incontaminati.

Nel 2021, il cammino è stato arricchito da un nuovo tratto che unisce Gemona del Friuli a Padova, collegando la città friulana, sede della chiesa più antica dedicata a Sant’Antonio, con Padova. Un altro importante sviluppo è avvenuto nel 2022, con l’apertura di due nuovi tratti che collegano Cassino a Rieti sul Cammino di San Benedetto, e da Rieti a La Verna, un percorso che si interseca con le orme di San Francesco. Inoltre, una recente convenzione con il Santuario di Sant’Antonio di Padova in Anzino, pone le basi per lo sviluppo di un ulteriore tratto verso il Piemonte.

Le tappe del Cammino di Sant’Antonio

Il cammino complessivo è lungo e impegnativo, sebbene non presenti alcuna difficoltà tecnica, quindi sicuramente adatto a persone allenate, in forma e motivate. In alternativa, si può scegliere di coprire solo uno o più tratti dell’itinerario totale, definendo un chilometraggio giornaliero sostenibile a seconda delle proprie capacità.

Le tappe che indichiamo sono 22 e comprendono il percorso canonico, da Camposampiero a La Verna.

Da Camposampiero a Padova (23,5 km – dislivello: pianeggiante – circa 5h)

La prima tappa del Cammino conduce da Camposampiero a Padova, ripercorrendo simbolicamente gli ultimi giorni terreni di Sant’Antonio. A Camposampiero si possono visitare il Santuario del Noce, dove il Santo predicava all’aperto sotto un grande albero, e il Santuario della Visione, edificato sul luogo in cui il frate ebbe una mistica esperienza. Il percorso attraversa la pianura veneta e si conclude nel cuore di Padova, città dove il Santo visse e morì, con l’arrivo alla maestosa Basilica di Sant’Antonio, che custodisce le sue reliquie. Meritano una sosta anche l’Oratorio di San Giorgio e il Battistero del Duomo, capolavori artistici del Trecento.

Da Padova a Monselice (22,2 km – dislivello: 50m – circa 5h)

Partendo da Padova, si lascia alle spalle il centro storico, ricco di testimonianze medievali come la Chiesa degli Eremitani e la Cappella degli Scrovegni, celebre per gli affreschi di Giotto, per dirigersi verso la tranquilla cittadina di Monselice. Il tragitto si snoda tra canali e campagne, in un contesto rurale sereno e pianeggiante. A Monselice si viene accolti dal suggestivo Santuario delle Sette Chiesette, costruito lungo la salita al colle della Rocca, e si può visitare anche il Castello Cini, uno dei meglio conservati del Veneto. La vista sui Colli Euganei, che fanno da sfondo al borgo, accompagna piacevolmente il cammino.

Da Monselice a Rovigo (32 km – dislivello: pianeggiante – circa 7h)

Tappa lunga ma scorrevole, questa giornata di cammino attraversa il cuore della pianura veneta, passando per zone agricole, piccoli centri rurali e vie secondarie, con rare ombreggiature. Poco fuori dal tracciato principale, è possibile effettuare una deviazione per visitare il Castello di Arquà Polesine, esempio di fortificazione medievale. Un’altra deviazione consigliata è quella verso Villa Badoer a Fratta Polesine, splendida villa palladiana e sito UNESCO. L’arrivo a Rovigo consente di esplorare il centro storico, dove spiccano le due Torri medievali e la Cattedrale dell’Assunta, simboli di una città che conserva ancora un’anima antica e raccolta.

Da Rovigo a Polesella (21,3 km – dislivello: pianeggiante – circa 5h)

Dal centro di Rovigo si procede verso sud-est, lungo strade tranquille immerse nel verde, in direzione del fiume Po. La destinazione è Polesella, piccolo centro affacciato sul grande fiume. Qui si possono ammirare la Chiesa di San Sebastiano Martire, caratterizzata da una facciata sobria e armoniosa, e il rinascimentale Palazzo Grimani, residenza nobiliare che conserva ancora l’eleganza dell’epoca estense. L’ingresso in paese è reso suggestivo dalla presenza del ponte ferroviario che attraversa il Po, capolavoro di ingegneria e testimonianza storica.

Da Polesella a Ferrara (22,6 km – dislivello: pianeggiante – circa 5h)

Questa tappa segue il corso del fiume Po, che in questa zona funge da confine naturale tra Veneto ed Emilia-Romagna. Si cammina lungo argini e stradine rurali fino ad arrivare a Ferrara, città rinascimentale di grande bellezza. Il centro storico di Ferrara è Patrimonio dell’Umanità UNESCO e offre numerosi luoghi da scoprire: il maestoso Castello Estense, con le sue torri merlate e il fossato, la splendida Cattedrale di San Giorgio, che unisce stili romanico e gotico, e il celebre Palazzo dei Diamanti, noto per la particolare bugnatura esterna. Passeggiando per la medievale Via delle Volte, si può cogliere l’anima autentica e silenziosa di questa città d’arte.

Da Ferrara a Malalbergo (21,7 km – dislivello: pianeggiante – circa 5h)

Abbandonata Ferrara, il cammino segue il vecchio alveo del Po di Primaro, antico ramo del fiume che in epoca medievale attraversava la città. Si attraversano paesaggi campestri e piccoli borghi, fino a raggiungere Malalbergo, comune rurale dal nome curioso e dall’atmosfera placida. L’itinerario, benché privo di attrazioni turistiche di rilievo, invita alla contemplazione e alla lentezza, preludio ideale per le tappe più impegnative che attendono nei giorni successivi.

Da Malalbergo a Castel Maggiore (25,8 km – dislivello: 30m – circa 6h)

Questa tappa si svolge per lo più su tratti asfaltati e strade a basso traffico, attraversando la pianura bolognese. Si passa per Argelato, località che ospita un quartiere intitolato a Sant’Antonio, testimonianza della devozione locale. L’arrivo a Castel Maggiore è segnato dalla presenza dell’antica Chiesa di San Bartolomeo, semplice ma significativa, e da scorci di vita di provincia immersa nel verde, con campi coltivati e canali d’irrigazione che accompagnano i passi.

Da Castel Maggiore a Bologna (21,2 km – dislivello: 30m – circa 5h)

Il cammino conduce progressivamente verso il capoluogo emiliano, attraversando inizialmente l’area naturalistica dell’ex-risaia di Bentivoglio, ora trasformata in un parco umido popolato da aironi e canneti. Entrando a Bologna, si viene accolti da un centro storico vivace e ricco di testimonianze artistiche. Tra i luoghi da non perdere ci sono la scenografica Fontana del Nettuno, le Torri Asinelli e Garisenda, la vasta Piazza Maggiore con la Basilica di San Petronio, e il complesso delle Sette Chiese di Santo Stefano. Meritano una visita anche la Basilica di San Francesco e la Basilica di San Domenico, dove riposano le spoglie del fondatore dell’Ordine domenicano.

Da Bologna a Settefonti (19,1 km – dislivello: 790m – circa 6h)

Lasciando alle spalle Bologna, il percorso si inoltra verso i primi rilievi dell’Appennino, attraversando l’Oasi dei Gessi Bolognesi e Calanchi dell’Abbadessa, un’area protetta che custodisce formazioni geologiche spettacolari, come grotte nascoste, rupi calcaree e dorsali calanchive. Il sentiero è ben segnato ma richiede attenzione, soprattutto dopo le recenti alluvioni che hanno modificato alcuni tratti. La salita culmina a Settefonti, piccolo borgo immerso nel verde, ideale per ritemprarsi in un contesto naturale di grande quiete.

Da Settefonti a San Martino in Pedriolo (18 km – dislivello: 520m – circa 5h)

Questa tappa è caratterizzata da un continuo saliscendi che, se da un lato rappresenta una sfida fisica, dall’altro regala paesaggi vari e sempre suggestivi. Dopo aver attraversato la rigogliosa Valle del Quaderna, si sale verso la vetta del Monte Calderaro, uno dei punti più panoramici della zona. Si toccano piccole frazioni come Vedriano, con i resti della sua antica chiesa, per poi scendere fino a San Martino in Pedriolo, porta d’accesso alla valle del Sillaro, tra colline coltivate e boschi silenziosi.

Da Rocca San Casciano a Portico di Romagna (11,7 km – dislivello: 790m – circa 4h)

Questa tappa, benché più breve, si distingue per la bellezza paesaggistica e la qualità dei luoghi attraversati. Si sale e si scende lungo sentieri panoramici tra colline verdi e boschi densi, respirando un’atmosfera di pace. L’arrivo a Portico di Romagna, incantevole borgo distribuito su tre livelli, offre uno straordinario esempio di architettura medievale ben conservata. Il centro storico è attraversato dal Ponte della Maestà, struttura in pietra a schiena d’asino, e custodisce la Chiesa di Santa Maria in Girone, affacciata sul fiume Montone. Qui è possibile assaporare anche la ricca tradizione gastronomica della Romagna appenninica.

Da Portico di Romagna a San Benedetto in Alpe (16,3 km – dislivello: 1.050m – circa 6h)

Questa tappa, immersa nei paesaggi dell’alta valle del Montone, porta il pellegrino nel cuore dell’Appennino, tra salite impegnative e antichi sentieri boschivi. L’arrivo a San Benedetto in Alpe è carico di suggestione: qui, secondo la tradizione, Dante Alighieri soggiornò nel suo viaggio verso l’esilio, ispirato dalla bellezza selvaggia dei luoghi. Nelle vicinanze si trova l’Eremo di San Benedetto, antico cenobio benedettino, e soprattutto l’Acquacheta, una maestosa cascata citata nel XVI Canto dell’Inferno dantesco, che rappresenta uno dei simboli naturalistici più celebri del cammino.

Da San Benedetto in Alpe a Castagno d’Andrea (21,6 km – dislivello: 1.170m – circa 7h)

È una tappa di grande respiro e grande fatica, che penetra nel cuore selvaggio del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, tra boschi secolari, sentieri stretti e ampie vallate. Si cammina lungo creste boscose e torrenti, in un ambiente che alterna tratti aspri a momenti di quiete assoluta. L’arrivo a Castagno d’Andrea, borgo montano legato alla memoria del pittore rinascimentale Andrea del Castagno, rappresenta l’ultimo avamposto abitato prima delle grandi salite verso le vette del crinale tosco-romagnolo.

Da Castagno d’Andrea a Prati alla Burraia (12,7 km – dislivello: 1.050m – circa 5h)

Breve ma intensa, questa tappa rappresenta uno dei tratti più montani del Cammino. Si sale rapidamente verso le cime più alte dell’Appennino settentrionale, toccando il Monte Falterona e il Monte Falco, rispettivamente la seconda e la prima vetta del crinale tosco-emiliano. L’ambiente è caratterizzato da praterie d’altitudine, boschi radi e panorami spettacolari che si aprono su entrambe le vallate. I Prati della Burraia, distesa erbosa incastonata tra le vette, costituiscono un luogo ideale per riposare e contemplare il silenzio della montagna.

Da Prati alla Burraia a Camaldoli (13,4 km – dislivello: 340m – circa 4h)

La tappa successiva si svolge in un ambiente molto più dolce e accogliente, seguendo sentieri forestali che scendono gradualmente verso Camaldoli. Questo piccolo centro spirituale è uno dei luoghi più iconici del cammino francescano e antoniano. Qui si trova l’Eremo di Camaldoli, fondato da San Romualdo nel XI secolo, immerso in una delle foreste più antiche d’Europa. Poco più in basso si incontra il Monastero di Camaldoli, sede di una comunità benedettina ancora attiva, che conserva al suo interno una farmacia storica con arredi e strumenti originali del Settecento.

Da Camaldoli a Badia Prataglia (16 km – dislivello: 550m – circa 5h)

Proseguendo all’interno del Parco delle Foreste Casentinesi, questa tappa è un inno alla natura incontaminata. I boschi che si attraversano, composti in gran parte da faggi e abeti bianchi, sono tra i meglio conservati d’Europa. Il cammino si snoda tra silenzi profondi e profumi di sottobosco, accompagnato solo dai canti degli uccelli e dallo scroscio dei ruscelli. L’arrivo a Badia Prataglia, villaggio di montagna noto per la sua storica Abbazia benedettina, rappresenta una fusione perfetta tra spiritualità, natura e semplicità.

Da Badia Prataglia al Santuario della Verna (20,9 km – dislivello: 1.070m – circa 6h)

L’ultima tappa del Cammino di Sant’Antonio è anche una delle più emozionanti. Dopo giorni di fatica e contemplazione, il pellegrino si avvicina al Santuario della Verna, luogo caro a San Francesco, che ricevette qui le stimmate nel 1224. Il sentiero, immerso nella foresta, alterna salite ripide e tratti più pianeggianti, culminando nella spettacolare vista del monte della Verna che appare all’improvviso, isolato e maestoso. Il complesso del Santuario, ricco di cappelle, chiostri e grotte, merita una lunga sosta: si consiglia di dedicare almeno mezza giornata alla visita per lasciarsi avvolgere dalla potenza spirituale e artistica di questo luogo unico.

La credenziale del Cammino di Sant’Antonio

Prima di intraprendere il Cammino di Sant’Antonio, ogni pellegrino deve compilare un modulo online per richiedere la cosiddetta “credenziale”, e poi ritirarla presso uno dei punti di emissione indicati durante la registrazione, presentandosi di persona durante gli orari di apertura.

La credenziale, che è unica e numerata, autentica il pellegrinaggio e consente di accedere alle strutture di accoglienza convenzionate lungo il percorso. Inoltre, permette di ottenere il Testimonium, il certificato che attesta il completamento del cammino, rilasciato dall’autorità ecclesiastica competente.

Qui i punti di ritiro possibili:

  • Ufficio Informazioni – Basilica del Santo, Padova
  • Casa di spiritualità – Oasi Sant’Antonio, Camposampiero
  • Negozio articoli religiosi – Santuari antoniani, Camposampiero
  • Convento San Francesco, Brescia
  • Monselice – Associazione Triveneta Amici di Santiago

Dove dormire e dove mangiare lungo il Cammino di Sant’Antonio

Lungo il percorso ci sono numerosi ostelli, alberghi e strutture religiose che accolgono i viandanti. Le città principali, come Padova, Bologna e Ferrara, offrono ampie opzioni di alloggio tra hotel e B&B, mentre nelle zone più rurali si trovano strutture più semplici, ma altrettanto accoglienti, come locande e agriturismi.

Ogni tappa del cammino offre anche numerosi punti dove i pellegrini possono gustare la cucina tipica delle diverse Regioni. La gastronomia veneta, emiliana e toscana sono ricche di piatti tradizionali, dal risotto al radicchio alle grigliate di carne, dalla pasta fatta in casa allo gnocco fritto con salumi e formaggi locali. Lungo il percorso, sono presenti numerose trattorie e ristoranti, dove è possibile assaporare piatti artigianali, freschi e genuini, benché economici.

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Treno del ricordo: viaggio nella memoria degli esuli giuliano-dalmati

Dal 10 al 25 febbraio 2025, un treno storico attraverserà l’Italia portando con sé una mostra multimediale dedicata alla memoria dell’esodo giuliano-dalmata e delle vittime delle foibe. L’iniziativa, denominata “Il Treno del Ricordo”, rappresenta un’occasione importante per ripercorrere una delle pagine più dolorose della storia italiana, troppo spesso dimenticata.

Organizzato nell’ambito delle commemorazioni ufficiali per il Giorno del Ricordo, il convoglio storico partirà da Trieste e farà tappa in sette città italiane, tra cui Padova, Roma e Napoli, accogliendo a bordo studenti, cittadini e istituzioni per un’esperienza immersiva e toccante.

Un viaggio nella storia: il percorso del Treno del Ricordo

L’itinerario del Treno del Ricordo segue simbolicamente quello degli esuli istriani, fiumani e dalmati, costretti a lasciare la propria terra nel secondo dopoguerra. Con partenza da Trieste, il convoglio sosterà in diverse città italiane secondo il seguente calendario:

  • Trieste Centrale: 10-11 febbraio 2025, binario 1
  • Padova: 12-13 febbraio 2025, binario 10
  • Bologna Centrale: 14-15 febbraio 2025, binario 6 ovest
  • Roma Ostiense: 16-17 febbraio 2025, binario 1
  • Napoli Centrale: 18-19 febbraio 2025, binario 14
  • Lecce: 20-21 febbraio 2025, binario 1
  • Sassari: 24-25 febbraio 2025, binario 2

In ogni città, il convoglio rimarrà per due giorni, così da permettere a un vasto pubblico di visitare la mostra a bordo e partecipare agli eventi commemorativi. L’accesso sarà gratuito e regolamentato per gruppi, con orari di apertura dalle 9:00 alle 18:00.

Una mostra immersiva tra documenti, immagini e testimonianze

All’interno del treno storico è allestita una mostra multimediale suddivisa in quattro sezioni, ognuna delle quali racconta un aspetto della tragedia vissuta dagli esuli giuliano-dalmati:

  • Italianità: un approfondimento sulle radici culturali e storiche delle terre istriane, fiumane e dalmate, appartenenti all’identità italiana per secoli;
  • Esodo: la narrazione delle persecuzioni e delle violenze che costrinsero centinaia di migliaia di italiani ad abbandonare le loro case, lasciandosi ogni cosa alle spalle;
  • Viaggio del dolore: il tragitto dei fuggiaschi verso l’Italia, spesso affrontato in condizioni drammatiche, e l’accoglienza nei campi profughi;
  • Ricordi di una vita: oggetti, fotografie e testimonianze dirette che raccontano le storie personali di chi ha vissuto l’esilio.

Grazie alla collaborazione con l’Archivio dell’Istituto Luce e Rai Teche, lungo il percorso espositivo sarà possibile visionare filmati di repertorio, interviste e documenti dell’epoca. Inoltre, l’Istituto Regionale per la Cultura Istriana-Fiumana-Dalmata (IRCI) ha fornito fotografie e masserizie appartenute agli esuli, contribuendo a rendere la mostra ancora più toccante e autentica.

Un momento istituzionale per ricordare

Oltre alla mostra, ogni tappa del Treno del Ricordo prevede un momento istituzionale, con la partecipazione di autorità locali, rappresentanti delle associazioni degli esuli e delegazioni scolastiche. A Padova, ad esempio, l’evento ufficiale si terrà mercoledì 12 febbraio alle ore 11:00, con la presenza di studenti delle scuole locali, invitati a prendere parte alla commemorazione.

L’iniziativa, curata dal Gruppo FS e dalla Fondazione FS Italiane, è stata co-finanziata dal Ministro per lo Sport e i Giovani, Andrea Abodi, tramite la Struttura di missione che si occupa degli Anniversari Nazionali.

Il Giorno del Ricordo e l’importanza della memoria

Il Giorno del Ricordo, istituito con la legge n.92 del 30 marzo 2004, ha lo scopo di conservare e rinnovare la memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Si tratta di un capitolo della storia italiana spesso trascurato, che ha segnato la vita di oltre 300.000 italiani costretti a lasciare l’Istria, Fiume e la Dalmazia dopo la fine della Seconda guerra mondiale.

Il successo dell’edizione 2024 del Treno del Ricordo, che ha visto 20.000 visitatori nonostante una limitata copertura mediatica, dimostra quanto sia forte il desiderio di conoscere e ricordare i drammatici eventi. Anche nel 2025, l’iniziativa si propone di sensibilizzare il pubblico e di coinvolgere in particolare le nuove generazioni affinché la memoria della tragedia non vada perduta.

Mediante un viaggio simbolico e un percorso espositivo coinvolgente, il Treno del Ricordo rappresenta un’opportunità per riflettere sulla storia, sull’identità e sulla sofferenza di migliaia di famiglie italiane, nel rispetto della verità storica e del valore della memoria.

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Il magnifico Palazzo del Bo a Padova: storia, cosa vedere e info utili

Nel cuore di Padova, tra le eleganti architetture del centro storico, sorge un luogo che incarna secoli di sapere e cultura: il Palazzo del Bo. Oggi sede dell’Università degli Studi di Padova, ha accolto alcuni dei più illustri pensatori della Storia e custodisce tesori architettonici e artistici di immenso valore.

Un viaggio al suo interno significa immergersi in un mondo di scienza, arte e tradizione accademica, tra aule storiche, affreschi e testimonianze di un importante passato.

Storia di Palazzo del Bo: dalle origini medievali all’attuale sede dell’Università

Il Palazzo del Bo si affaccia su Via 8 Febbraio 1848, in posizione strategica, accanto al celebre Caffè Pedrocchi e ai Palazzi Comunali. Ma prima di diventare il cuore pulsante dell’Università di Padova, rivestiva tutt’altra funzione. Nel Quattrocento, infatti, era una locanda, contraddistinta da un’insegna piuttosto singolare: un teschio di bue, simbolo che ispirò poi il nome con cui il palazzo e l’intero Ateneo vennero chiamati affettuosamente, “il Bo”.

Fu nel 1539 che l’Università lo acquistò per farne la sua sede principale. Da quel momento, il legame con l’istituzione accademica si consolidò, tanto che lo stesso simbolo del bue venne adottato nello stemma ufficiale dell’ateneo.

Nel corso dei secoli, il palazzo ha subito importanti trasformazioni architettoniche. A metà del Cinquecento, l’architetto bergamasco Andrea Moroni si occupò di una prima grande ristrutturazione, conferendogli un aspetto più armonioso e solenne. Un ulteriore intervento avvenne nel Novecento, sotto la guida del rettore Carlo Anti, che affidò all’architetto Giò Ponti il compito di ridefinirne gli spazi interni e ampliarlo con il suggestivo Cortile Nuovo, progettato dall’architetto Ettore Fagiuoli.

Nel tempo, Palazzo del Bo è diventato anche una vera e propria galleria d’arte, arricchendosi di opere di grandi artisti del Novecento, come Filippo De Pisis, Giò Pomodoro e Jannis Kounellis.

Oggi, ospita il Rettorato e la Scuola di Giurisprudenza, ma le storiche aule continuano a essere utilizzate per cerimonie ufficiali, conferenze e sessioni di laurea delle facoltà di Giurisprudenza, Medicina, Lettere e Scienze.

Cosa vedere a Palazzo del Bo: un viaggio tra arte, storia e scienza

L’accesso principale si trova in Via 8 Febbraio 1848, dove un imponente portone di bronzo introduce all’Atrio degli Eroi, uno spazio ricco di memoria storica. Qui sono commemorati gli studenti caduti nelle lotte per l’indipendenza dall’Austria nel 1848 e durante la Resistenza. Proprio per l’eroismo dimostrato in quegli anni, l’Università di Padova è l’unico ateneo in Italia a essere stato insignito della medaglia d’oro al valor militare.

Nel cuore dell’atrio spicca la statua di Elena Lucrezia Cornaro, prima donna al mondo a laurearsi nel 1678, figura simbolo dell’apertura culturale e dell’innovazione che hanno sempre caratterizzato l’Ateneo.

Da qui si accede alla suggestiva Scala del Sapere, un capolavoro progettato da Giò Ponti e decorato con affreschi realizzati in collaborazione con Fulvio Pendini e Giovanni Dandolo. Le pitture raffigurano il cammino della conoscenza, con colori vivaci che ravvivano lo spazio, quasi privo di illuminazione naturale.

Ai piedi della scalinata ecco poi il Palinuro, scultura in marmo bianco di Arturo Martini che raffigura il giovane timoniere di Enea, caduto in mare mentre scrutava il cielo stellato.

La visita prosegue con il Cortile Antico di epoca rinascimentale, su progetto di Andrea Moroni e completato da Vincenzo Scamozzi. Le sue eleganti logge con colonne doriche e ioniche ricreano un ambiente solenne, impreziosito dagli stemmi di rettori e professori che hanno segnato la storia dell’Università.

Superato il Cortile Antico, si accede al Cortile Nuovo, a opera di Ettore Fagiuoli negli Anni Trenta del Novecento. Qui non mancano opere d’arte di grande valore storico e simbolico, quali il monumentale altorilievo di Attilio Selva, che riflette lo spirito dell’epoca fascista, e la stele dedicata a Galileo Galilei, realizzata da Giò Pomodoro. Un’altra opera significativa è Resistenza e Liberazione, di Jannis Kounellis, omaggio alla lotta per la libertà.

Imperdibile è la Sala dei Quaranta, affrescata nel 1942 da Giacomo Del Forno con i ritratti di quaranta illustri studenti dell’Ateneo provenienti da tutta Europa. Ma l’elemento più prezioso della sala è senza dubbio l’antica cattedra di Galileo Galilei, dove il grande scienziato insegnò matematica e fisica dal 1592 al 1610.

L’Aula Magna, riccamente decorata con stucchi e affreschi di Giulio Carlini, è la sala dove si svolgono ancora oggi le cerimonie ufficiali.

Infine, uno dei luoghi più affascinanti dell’intero palazzo è il Teatro Anatomico, il più antico teatro anatomico stabile al mondo, costruito nel 1594 per le lezioni di anatomia. Dalla caratteristica forma ellittica e dai sei ordini di balconate, si erge a significativa testimonianza del metodo scientifico sviluppato presso l’Università di Padova.

Info utili per la visita a Palazzo del Bo

Le visite guidate di Palazzo del Bo includono i Cortili Antico e Nuovo, la Sala dei Quaranta, la Sala di Giurisprudenza, l’Aula Magna Galileo Galilei, la Sala di Medicina e il suggestivo Teatro Anatomico.

Gli orari variano in base agli eventi istituzionali, ma in generale il palazzo è aperto tutto l’anno, ad eccezione dei giorni 24, 25, 31 dicembre e 1° gennaio.

Per partecipare a una visita guidata e scoprire da vicino le meraviglie di Palazzo del Bo, è consigliata la prenotazione anticipata sui canali ufficiali dell’Ateneo.

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La città più sostenibile d’Italia è Padova che ha appena vinto l’Urban Award

Padova è una città affascinante, in gran parte incontaminata dal turismo di massa, ma ricca di storia, architetture splendide e uno stile di vita votato non solo allo Spritz, ma anche alla sostenibilità. È stata infatti riconosciuta come una destinazione d’eccellenza per la mobilità sostenibile aggiudicandosi l’ottava edizione di Urban Award.

Si tratta di un riconoscimento importante perché evidenzia l’impegno che il Comune ha mostrato nei diversi progetti di mobilità sostenibile, occupando il primo posto, seguito da Treviso e Napoli.

Cos’è l’Urban Award

L’Urban Award, il premio per la mobilità sostenibile, è stato ideato da Ludovica Casellati, direttrice di Viagginbici.com e Luxurybikehotels.com. L’idea nasce dall’esigenza di innescare una gara virtuosa tra città sui progetti di mobilità sostenibile in grado di portare i cittadini a preferire altri mezzi e utilizzare meno l’automobile. Per valutare i progetti e decretare i vincitori, la giuria considera soluzioni come la promozione di un mezzo come la bicicletta per andare a scuola o a lavoro, la mobilità integrata o i progetti di bike cargo per la logistica urbana.

Durante l’analisi dei progetti presentati, vengono valutati diversi fattori come l’impatto sul territorio del progetto presentato, l’effettiva fruibilità dei servizi da parte del cittadino, l’abbattimento dell’inquinamento atmosferico (CO2 e altri inquinanti) e gli strumenti di comunicazione e sensibilizzazione atti a promuovere l’uso della mobilità sostenibile.

Padova vince l’ottava edizione di Urban Award

La premiazione dei Comuni vincitori dell’ottava edizione di Urban Award, tenutasi a Torino, ha visto primeggiare quello di Padova. Dalle piste ciclabili alle case avanzate per i ciclisti, dal tram ai servizi di sharing free floating fino al bike to work per i dipendenti del Comune: la città si è distinta per la capacità di offrire diverse possibilità ai suoi cittadini per spostarsi in modo sostenibile e responsabile. Nel dettaglio, Padova rappresenta la prima città in Italia per chilometri di piste ciclabili (ben 195 chilometri), un numero elevato di postazioni dove lasciare la bici in totale sicurezza e spazi creati ad hoc in corrispondenza di incroci con semafori.

La città, inoltre, grazie all’utilizzo di un sistema di monitoraggio innovativo, riesce a valutare i flussi di traffico e capire quali sono i punti in cui è necessario intervenire con progetti di sostenibilità efficaci. Ciò che ha permesso al Comune di Padova di vincere questo premio non è una singola iniziativa, ma un progetto articolato e strutturato in tante azioni concrete che fanno bene all’ambiente e migliorano la vita dei cittadini.

Le altre città vincitrici

Al secondo posto degli Urban Award troviamo Treviso, che ha conquistato la giuria grazie alla sua capacità di costruire una rete efficiente di mobilità sostenibile che coinvolge tutti i sindaci dei Comuni appartenenti all’area Marca Trevigiana o la “Grande Treviso”. Nel concreto ha realizzato interventi di breve, medio e lungo periodo, promuovendo nuovi sistemi di spostamento finalizzati a garantire maggiore sicurezza e fruibilità dei percorsi ciclopedonali. Tra questi citiamo il progetto “Bike to work”, a cui hanno aderito 18 Comuni della Grande Treviso: i dipendenti, attraverso un’app specifica, tracciano gli spostamenti fatti in bici nel percorso casa-lavoro per vincere buoni spesa da consumare all’interno di esercizi commerciali convenzionati.

Al terzo posto, invece, c’è Napoli, dove la giuria ha premiato soprattutto il progetto chiamato “Adotta una ciclabile”, pensato per finanziare la manutenzione delle piste ciclabili attraverso la cooperazione tra pubblico e privato, evidenziando anche altre soluzioni eccellenti come il servizio di biciclette a pedalata assistita e monopattini elettrici in sharing, l’estensione della rete ciclabile cittadina per circa 35 chilometri e la realizzazione di un ascensore che collega la pista ciclabile del lungomare al belvedere panoramico del Monte Echia.

Non mancano alcune menzioni speciali come quella di Intesa Sanpaolo consegnata a Lecco per la sua capacità di comunicare in modo originale ed efficace i temi relativi alla mobilità sostenibile o quella di Bosch ebike Systems consegnata a Cuneo per i progetti di mobilità sostenibile insegnati nelle scuole.

Treviso Urban Award

Fonte: iStock

Un cittadino in bici a Treviso

Chi ha vinto le edizioni passate degli Urban Award

Questo è l’ottavo anno che Urban Award assegna i suoi premi. L’edizione del 2023 è stata vinta da Bologna, premiata per le sue tante iniziative come il limite di velocità fissato a 30 chilometri orari in tutto il centro cittadino, i 237 chilometri di Bicipolitana, i servizi per la ciclabilità tra cui 12.500 posti bici totali e i diversi eventi dedicati alla mobilità sostenibile come il Bike Pride.

Le edizioni passate, invece, sono state vinte da Bergamo nel 2022, grazie al progetto PIN BIKE che premia coloro che vanno in bicicletta per spostarsi in città con rimborsi chilometrici fino a massimo 2 euro al giorno e 30 euro al mese; da Genova nel 2021 per il progetto Smart Move; da Parma nel 2020, considerata una città virtuosa nel campo della sostenibilità; da Pescara nel 2019 per la Ciclopolitana e il Bike Trial; da Cesena nel 2018 per i suoi progetti educativo-culturali; da Siracusa durante la prima edizione nel 2017.

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Alle Terme Euganee scatta la tariffa unica per fanghi e inalazioni

Nelle splendide Terme Euganee, culla della fangoterapia in provincia di Padova, nasce un’iniziativa all’insegna del benessere accessibile. Si tratta di una tariffa unica per i cicli di cure con i fanghi terapeutici o di inalazioni in regime privato, valida per ben 25 strutture del territorio, dai lussuosi hotel a cinque stelle agli accoglienti due stelle, che per la prima volta hanno deciso di adottare una politica comune sui prezzi dei trattamenti termali.

Grazie a questa offerta, promossa dal Centro Studi Termali Veneto Pietro d’Abano in collaborazione con Federalberghi Terme Abano Montegrotto, chiunque prenoti e completi il primo trattamento entro il 31 dicembre potrà beneficiare di una tariffa fissa e uniforme, valida a partire da novembre in tutti tutti i centri aderenti. Walter Poli, Presidente di entrambi gli enti promotori, spiega che questa risposta collettiva è un passo avanti importante per le strutture della zona, dimostrando un impegno verso un benessere accessibile e un segnale di unità tra gli albergatori del territorio.

Risposta a una domanda crescente

L’iniziativa giunge in un momento cruciale: negli ultimi mesi, infatti, i complessi termali del territorio hanno esaurito i budget assegnati dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) per i trattamenti convenzionati del 2024. Con il tutto esaurito, i pazienti con impegnativa si trovano costretti ad attendere il 2025 per poter accedere alle cure termali. “Questa tariffa unica in regime privato è stata studiata per rispondere a una domanda crescente di cure termali che, a causa dei fondi SSN esauriti, non possono essere erogate prima del prossimo anno,” chiarisce Fabrizio Caldara, Direttore del Centro Studi Termali Veneto Pietro d’Abano. Caldara sottolinea come già lo scorso anno la richiesta di trattamenti convenzionati fosse in aumento, con una crescita del 15% rispetto al 2022 e del 4,6% rispetto al 2019, confermando una ripresa vigorosa del settore termale.

I benefici della fangoterapia

Le Terme Euganee rappresentano il più grande complesso termale d’Europa, un polo di eccellenza riconosciuto anche a livello internazionale per la qualità dei suoi trattamenti naturali. Tra le cure più richieste spiccano i cicli di fangobalneoterapia, una terapia naturale che non solo allevia i sintomi di molte patologie infiammatorie croniche ma contribuisce anche alla riduzione dell’uso di farmaci come antinfiammatori e antidolorifici, specialmente nei pazienti che seguono i trattamenti con costanza. Le proprietà terapeutiche dei fanghi e delle acque termali della zona vengono infatti sfruttate da secoli per il trattamento di diverse patologie, in linea con l’antica tradizione della “Salus Per Aquam”, da cui deriva l’acronimo SPA.

Immersa nel Parco Naturale dei Colli Euganei, la zona delle Terme Euganee – che comprende località come Abano, Montegrotto, Galzignano, Battaglia e Teolo – è una delle riserve della biosfera MAB Unesco, con oltre 100 strutture che offrono ai visitatori percorsi benessere personalizzati e trattamenti per la salute preventiva. Gli hotel della zona sono dotati di propri centri termali interni, accessibili direttamente dai clienti in un ambiente rilassato e di privacy assoluta. Piscine termali interne ed esterne, SPA, palestre e solarium fanno da contorno a un’esperienza di benessere rigenerante e completa, ideale per ritrovare equilibrio e vitalità.

Questa nuova tariffa unica rappresenta quindi non solo una soluzione alle difficoltà del momento, ma un’opportunità per chiunque desideri riscoprire i benefici delle cure termali. Attraverso un prezzo accessibile e uniformato, anche chi non ha potuto accedere ai trattamenti convenzionati ha ora la possibilità di beneficiare dei vantaggi della fangoterapia e delle inalazioni termali presso alcune delle migliori strutture termali del Veneto.

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In Italia c’è un’altra Cappella degli Scrovegni (che nessuno conosce)

La Cappella degli Scrovegni di Padova è uno dei gioielli artistici più visitati d’Italia. È nota in tutto il mondo per lo straordinario ciclo pittorico realizzato da Giotto ovvero il massimo capolavoro ad affresco creato dall’artista che testimonia la profonda rivoluzione che questo pittore toscano ha apportato nell’arte. Sono migliaia ogni giorno i visitatori che arrivano da tutto il mondo per ammirare gli affreschi che riempiono ogni singolo centimetro quadrato di questa piccola cappella. Per visitarla ovviamente è necessaria la prenotazione online e spesso e volentieri è sold out e molti devono tornare a casa con la coda tra le gambe senza avere avuto la possibilità di metterci piede.

Senza nulla togliere ovviamente a questo capolavoro artistico italiano – che io per prima ho avuto la fortuna di poter visitare almeno una volta – voglio portarvi alla scoperta di un’altra cappella che ricorda tantissimo gli Scrovegni, ma che si trova a Bolzano. Un luogo a dir poco meraviglioso, che pochissimi turisti conoscono, tanto che non serve alcuna prenotazione e non è necessario fare nessuna fila. E, soprattutto, è gratis. Si tratta della Cappella di San Giovanni, nella Chiesa dei Domenicani nel capoluogo altoatesino. Siamo nel centro storico di Bolzano, a due passi dalla centralissima piazza Walther, famosa ai più perché ogni inverno ospita i mercatini di Natale.

La Cappella di San Giovanni a Bolzano

La “Cappella degli Scrovegni bolzanina” è un vero e proprio capolavoro artistico, nello stile e nei colori davvero ricorda tantissimo quella padovana, anche se più piccola. Il ciclo di affreschi che decora l’intera cappella a 360 gradi risale alla prima metà del XIV secolo, proprio come gli Scrovegni, e fu eseguito della Scuola di Giotto tra il 1330 e il 1370. Gli affreschi rappresentano la leggenda di San Giovanni, le storie di Maria, la leggenda di San Nicolò, fra cui spicca la scena del cavaliere dell’Apocalisse con sotto i peccatori. La Cappella di San Giovanni è intitolata al committente, Giovanni de Rossi-Botsch, nome tedesco scelto dalla famiglia di banchieri fiorentini Boccioni che si era trasferita a Bolzano al servizio dei Conti di Tirolo, che la volle realizzata per potersi far seppellire. Tra le immagini rappresentate e che ricordano gli affreschi di Padova, si distingue in un paio di casi una figura insolitamente vestita con un abito a righe: si tratta del Boccioni, appunto.

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Fonte: 123RF

Il soffitto affrescato della Cappella di San Giovanni

La Chiesa dei Domenicani

La Cappella di San Giovanni è una delle quattro cappelle che un tempo erano presenti all’interno della Chiesa dei Domenicani, ordine monastico giunto qui nel 1272. Oltre alla Cappella di San Giovanni c’è anche la Cappella dei Mercanti, ricostruita nel ‘600 perché danneggiata, che non è affatto da meno quanto a importanza artistica. Al suo interno, infatti, sopra l’altare del 1642, ospita una tela del Guercino, uno dei pittori prediletti di papa Gregorio XV, intitolata “Visione di Soriano”. Sulle pareti della chiesa sono ancora visibili alcuni affreschi del ‘300 attribuiti alla cosiddetta Scuola di Bolzano, tra lo stile italiano e quello tedesco.

Oggi, questo edificio religioso di tipico stile gotico è in pieno centro, ma un tempo si trovava al di fuori dalle mura cittadine, dove c’erano campi coltivati proprio dai frati. Fu eretto tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo. Bellissimo è anche il chiostro dell’antico convento dei Domenicani, che purtroppo non è aperto al pubblico se non per alcune occasioni speciali come i concerti del concorso di pianoforte Busoni organizzati dal vicino conservatorio di musica Claudio Monteverdi ogni estate, in quanto versa in condizioni piuttosto critiche ed è da anni oggetto di restauri. Si possono ancora ammirare dei meravigliosi affreschi, con tanto di scritte ancora ben leggibili, anch’essi del XIV secolo che raccontano le tappe della vita di Cristo.

La prossima volta che dovete scegliere dove andare per un weekend e desiderate visitare un posto davvero meraviglioso e soprattutto poco affollato, ricordatevi di venire a Bolzano a visitare la Cappella di San Giovanni.