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Nel cuore mistico del parco di Zhangjiajie: un viaggio tra nebbie, ponti di vetro e paesaggi fantasy

In Cina è custodita un’area verde dalle atmosfere surreali e dai paesaggi mozzafiato. Si tratta del parco nazionale di Zhangjiajie. Diventato famoso per le colonne di pietra che svettano verso il cielo, le viste spettacolari, i ponti sospesi e le foreste nebbiose ha persino ispirato scenografie cinematografiche incantando i viaggiatori di tutto il mondo. Una vera e propria cartolina dall’anima mistica e selvaggia, ecco il modo migliore per visitarlo.

Cosa vedere nel parco nazionale di Zhangjiajie

Ci sono luoghi incredibili che sembrano usciti da un film fantasy o forse sono i film fantasy che ne hanno tratto ispirazione per le loro location. È il caso del parco nazionale di Zhangjiajie, un vero gioiello cinese dal cuore selvaggio all’interno della provincia dello Human che ha ammaliato Cameron nel disegnare l’ambientazione del film Avatar.

I visitatori che hanno la fortuna di scoprirlo si sentono catapultati in un altro mondo: i picchi di quarzite che si innalzano verso il cielo sono davvero suggestivi e come se tutto ciò non bastasse la fitta vegetazione rende tutto ancora più spettacolare, quasi come se venissero sfidate le leggi della fisica e della natura.

Ma non ha bisogno certo del cinema per incantare, basta percorrere il Golden Whip Stream, dove l’acqua scorre limpida come il vetro, per restare senza fiato. Tra le attività da non perdere l’ascensore Bailong: incastonato nella roccia, sembra una reliquia ma ha un’anima futuristica. Salirci è una vera experience di meno di 2 minuti ma mette alla prova chi soffre di vertigini. Molti viaggiatori arrivano qui per il glass bridge, la passerella di vetro che si snoda lungo la scogliera. Camminarci è un atto di coraggio: seppur in totale sicurezza, il senso di vuoto si fa sentire.

 Monte Tianmen

Fonte: iStock

Visitare il monte Tianmen nel parco di Zhangjiajie

Le 4 aree del parco

Sono quattro le aree principali che compongono il parco. La prima è Yuanjiajie, la più antica. Qui si possono vedere da vicino i pilastri di roccia e la celebre Southern Sky Column, conosciuta anche come Avatar Hallelujah Mountain diventata ispirazione per il capolavoro di Cameron. Proprio qui si trova il Bailong Elevator, l’ascensore in vetro panoramico più alto al mondo. Da non perdere in questo spazio lo Yellowstone Village, un punto panoramico non lontano dal sentiero Golden Whip Stream lungo circa 7,5 chilometri tra acque cristalline, vegetazione lussureggiante e pareti di roccia.

La seconda area è quella di Yangjiajie. È stata inaugurata successivamente e offre un’esperienza nella natura più tranquilla e lontana dalle folle. Il paesaggio è simile ma qui ci sono meno persone; è meno battuta e non soffre di overtourism. Si possono percorrere incantevoli escursioni lungo i sentieri e offre una delle viste migliori, dando l’opportunità di scattare foto senza troppe persone attorno.

Terza zona è quella del monte Tianmen conosciuta per la “porta del cielo”, un’apertura naturale nella roccia dalle dimensioni importanti, tanto da somigliare a un portale. Per raggiungerla si può utilizzare la cabinovia più lunga al mondo arrivando proprio in cima, oppure una più veloce e bassa ma sarà poi necessario affrontare una scalinata di 999 scalini. (esiste, per fortuna, anche una scala mobile ma è a pagamento). Dal punto panoramico si possono poi percorrere delle passerelle di vetro come la Walk of Faith di 60 metri o la Coled Dragon Cliff di 100 metri con vista sulle strade dalle 99 curve.

L’ultima zona è quella del grand canyon di Zhangjiajie: le escursioni nella natura permettono di esplorare cascate e sentieri panoramici raggiungendo l’attrazione principale, il ponte di vetro. La struttura ha dell’incredibile: 430 metri di lunghezza sospesi a 300 di altezza osservando tutto il canyon dall’alto. Visitarlo in unico giorno è impossibile: o si sceglie un’unica area, oppure serviranno dai 2 ai 3 giorni per poterlo esplorare in modo approfondito senza tralasciare i luoghi più suggestivi.

La porta del paradiso nel parco di Zhangjiajie

Fonte: iStock

La porta del cielo all’interno del parco di Zhangjiajie

Dove si trova e come arrivare al Parco Nazionale di Zhangjiajie

Il Parco Nazionale di Zhangjiajie è una località turistica molto apprezzata nel sud della Cina e più precisamente nella provinca di Hunan nel distretto di Wulingyuan e a poco più di 30 chilometri dalla città di Zhangjiajie. Questo angolo di paradiso immerso nella natura è diventato famoso per le sue formazioni rocciose uniche tanto da diventare l’ispirazione del film Avatar.

Per chi arriva dall’Italia il volo più comodo è quello di Pechino o di Shanghai. Dichiarato patrimonio dell’Umanità UNESCO dal 1992 e primo parco forestale della Cina dal 1982 si raggiunge in treno facendo cambio a Changsha per poi raggiungere Zhangjiajie. Da qui basterà utilizzare un bus diretto al parco, i collegamenti sono piuttosto frequenti. Per maggiore comfort ci si può anche affidare ai tour guidati della zona. Il parco si può visitare in autonomia ma scegliere un tour guidato è l’opzione migliore: spesso il segnale internet è assente, la segnaletica scarseggia e le mappe presenti non sono così chiare. Un aiuto professionale che racconta il luogo renderà la visita molto più piacevole.

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Lago Kaindy, misteriosa meraviglia della natura dove gli alberi emergono dall’acqua

Le vaste pianure del Kazakistan restano in gran parte sconosciute alla maggior parte dei viaggiatori. Chi c’è stato, però, non le dimentica facilmente, soprattutto se ha fatto tappa in luoghi naturali dalla bellezza rara, come il Lago Kaindy.

Situato nel Parco Nazionale dei Laghi Kolsai, il Lago Kaindy affascina i visitatori con le sue intense acque cerulee. Questo panorama suggestivo si è formato in seguito a una frana, provocata da un terremoto, che creò una diga naturale sommergendo un’intera foresta di abeti rossi: oggi, i tronchi degli alberi spuntano ancora dalla superficie del lago, creando un’immagine unica che ricorda i mitici paesaggi dei racconti di Tolkien.

Seppur non sia facilissimo arrivarci, ne vale sicuramente la pena.

Dove si trova il Lago Kaindy

Il Lago Kaindy è un luogo insolito, situato a duemila metri sopra il livello del mare fra i monti Tien Shan, nella regione di Almaty, in Kazakistan. Per ammirarlo bisogna raggiungere il Parco Nazionale dei Laghi Kolsai, tra le cose da vedere in Kazakistan perché ospita un sistema di tre laghi soprannominati “la perla del Tien Shan Settentrionale”. Dopo averli visitati, è facile capire il perché: i tre laghi sono così limpidi che, nelle giornate di sole, le foreste circostanti, le colline e le cime montuose innevate si riflettono perfettamente sulle loro acque!

La foresta sommersa del Lago Kaindy

Fonte: iStock

Le acque cerulee del Lago Kaindy e la sua foresta sommersa

Come si è formato il Lago Kaindy

Lungo circa 400 metri e profondo 30, il Lago Kaindy si è formato nel 1911 in seguito al terremoto di Kebin. Questo enorme cataclisma, con un momento sismico di 8.0, distrusse quasi interamente Almaty. Le scosse provocarono una serie di gravi frane e lo smottamento calcareo a Kaindy fu uno dei più vasti, causando la morte di 38 persone.

I detriti caduti durante la frana sbarrarono la gola che, lentamente, si riempì con l’acqua proveniente dai monti Tien Shan, sommergendo la foresta. L’acqua del lago, gelida e ricca di ossigeno, ha preservato quasi perfettamente gli alberi dalla decomposizione per oltre cento anni. Qui, infatti, i pochi visitatori che giungono sulle sue rive possono ammirare, nella quiete di questo luogo, i tronchi snelli di una foresta sommersa di abete rosso asiatico, i quali emergono dalle sue profondità, come se volessero mantenere intatto il ricordo del loro passato.

I subacquei esperti più temerari possono ammirarne la bellezza anche in profondità, dove i rami avvolti in fitte cortine di alghe creano un labirinto sottomarino particolarmente suggestivo.

Come raggiungere il Lago Kaindy

Raggiungere il Lago Kaindy non è semplicissimo e ci vogliono ben 6 ore di auto da Almaty. Considerando che i trasporti pubblici sono sconsigliati perché la loro presenza non è garantita e le fermate da fare sono diverse, è meglio noleggiare un’auto 4X4 in quanto le strade sono abbastanza dissestate. Una volta raggiunto il Parco Nazionale dei Laghi Kolsai, per arrivare al Lago Kaindy dovrete percorrere altri 36 chilometri.

In alternativa, potete sempre prenotare un tour organizzato, che vi permetterà di raggiungere questa bellezza naturale senza troppe preoccupazioni. Consigliamo di indossare scarpe comode, soprattutto da trekking, perché questa zona è ricca di sentieri escursionistici!

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Il Cammino di San Francesco: un viaggio tra fede, paesaggi e memorie

Il Cammino di San Francesco, o Via di Francesco, è un pellegrinaggio spirituale e naturalistico che collega i luoghi chiave della vita di San Francesco d’Assisi, attraversando territori di straordinaria bellezza e significato.

Questo cammino non è un unico tracciato, ma un insieme di percorsi convergenti su Assisi, cuore del francescanesimo, con estensioni che proseguono fino a Roma o che partono dalle montagne della Romagna e della Toscana. Lungo il tragitto si incontrano eremi, monasteri, santuari, borghi medievali e paesaggi incontaminati, che rendono il viaggio un’esperienza intensa e trasformativa, anche per chi lo affronta in chiave laica.

Si tratta di un cammino ben segnato, in buona parte su sentieri CAI o percorsi escursionistici consolidati, con tappe di varia lunghezza e dislivello. È percorribile da marzo a novembre, ed è adatto a chi ha un minimo di allenamento.

Origine e significato della Via di Francesco

Il Cammino ripercorre idealmente le orme di San Francesco d’Assisi, vissuto tra il XII e il XIII secolo, visitando i luoghi in cui ha predicato, pregato e compiuto opere significative. Lungo questo itinerario si incontrano siti storici come il Santuario della Verna, dove ricevette le stimmate, il Sacro Speco di Greccio, dove inventò il primo presepe, e ovviamente Assisi, dove nacque, visse e morì.

Questo non è solo un cammino devozionale, ma anche un’opportunità per riscoprire una parte d’Italia fatta di natura, spiritualità e silenzio, con un ritmo lento, sulle tracce di uno dei santi più amati al mondo.

Itinerari principali del Cammino  di San Francesco

Il Cammino di San Francesco non è un unico sentiero, ma un insieme di quattro itinerari principali, tutti legati ai luoghi significativi della vita del Santo. Ogni percorso ha una sua logica geografica, spirituale e paesaggistica, e può essere affrontato in modo autonomo o come parte di un cammino più lungo. Tutti convergono su Assisi:

  • La Via del Nord, da La Verna ad Assisi, è l’itinerario più spirituale e montano.
  • La Via del Sud, da Roma ad Assisi, ripercorre le tappe del ritorno simbolico del pellegrino verso le radici francescane. È un itinerario più collinare e agricolo, ricco di storia e spiritualità, e con molte opportunità di sosta e riflessione.
  • La Via di Roma, che collega La Verna, Assisi e Roma, è il tracciato completo per chi desidera un’esperienza lunga, profonda e continuativa. Unisce la Via del Nord e la Via del Sud in un unico percorso di oltre 500 km. È ideale per chi ha tempo e desidera vivere l’intero arco della vita di Francesco, dalle montagne dell’isolamento alla città simbolo della cristianità.
  • Il Cammino di Assisi, da Dovadola ad Assisi, è un percorso alternativo che parte dalla Romagna e attraversa la dorsale appenninica passando per luoghi mistici come Camaldoli, La Verna e Gubbio. È un itinerario più selvaggio e silenzioso, molto immerso nella natura, adatto a chi cerca isolamento, boschi e la dimensione più contemplativa del cammino.

La Via del Nord (La Verna – Assisi)

La Via del Nord è l’itinerario più spirituale e silenzioso, immerso nella natura appenninica tra Toscana e Umbria. Si parte dal Santuario de La Verna, luogo chiave della vita di San Francesco, dove ricevette le stimmate nel 1224, e si prosegue per circa 190 km in direzione di Assisi.

Le tappe attraversano luoghi ricchi di significato francescano come Sansepolcro, Città di Castello, Pietralunga e Gubbio, dove si svolse il celebre episodio del lupo. Il percorso è mediamente impegnativo: si sviluppa su sentieri montani e collinari, con dislivelli frequenti ma gestibili, alternando tratti boscosi a zone coltivate e borghi storici.

I luoghi da vedere sono molti: il centro rinascimentale di Sansepolcro, le mura di Citerna, la spiritualità di Gubbio, le pievi umbre immerse nei boschi, e naturalmente la Basilica di San Francesco ad Assisi, punto d’arrivo e simbolo del cammino.

La Via del Sud (Roma – Assisi)

La Via del Sud parte da Roma, precisamente dalla Basilica di San Pietro, e risale verso Assisi attraversando circa 250 km di paesaggi vari e carichi di spiritualità. È il percorso che ripercorre il cammino “a ritroso” del pellegrino moderno verso le origini della fede francescana.

Dopo l’uscita da Roma, si cammina tra campagne e colline fino a raggiungere la Valle Santa di Rieti, luogo fondamentale per San Francesco, dove si trovano i quattro santuari francescani: Greccio (dove inventò il presepe), Fontecolombo, La Foresta e Poggio Bustone. Si prosegue poi attraverso borghi medievali come Spoleto, Trevi, Foligno e Spello, tra uliveti, colline umbre e sentieri poco frequentati.

La difficoltà è media: le tappe sono più lunghe ma con dislivelli più contenuti rispetto alla Via del Nord. I paesaggi sono più aperti e collinari, e l’esperienza è arricchita da numerose chiese, abbazie e testimonianze storiche legate alla vita del Santo.

La Via di Roma (La Verna – Assisi – Roma)

La Via di Roma è il cammino più lungo e completo, unendo in un unico itinerario le due vie principali: si parte dal Santuario de La Verna, si attraversa Assisi e si prosegue fino a Roma, per un totale di circa 500 km suddivisibili in 24 tappe.

È un cammino adatto a chi ha tempo a disposizione e desidera un’esperienza profonda, che racchiuda tutti i luoghi più significativi della vita di San Francesco: dalla montagna della contemplazione (La Verna), passando per i luoghi della predicazione (Gubbio, Città di Castello, Foligno), fino alla meta universale della cristianità. Le tappe sono mediamente impegnative, con una varietà di terreni che alternano tratti montani, sentieri collinari, strade sterrate e vie urbane.

I luoghi di interesse sono tantissimi: l’eremo di Montecasale, il centro storico di Spoleto, la Valle Santa, la Basilica di San Francesco ad Assisi e quella di San Pietro a Roma. È un itinerario completo e profondo, perfetto per un viaggio trasformativo.

Il Cammino di Assisi (Dovadola – Assisi)

Meno conosciuto ma estremamente affascinante, il Cammino di Assisi parte dall’eremo di Montepaolo vicino a Dovadola, in provincia di Forlì, e raggiunge Assisi in circa 13 tappe e 300 km.

È un itinerario molto immerso nella natura, che attraversa le Foreste Casentinesi, l’eremo di Camaldoli, il Santuario della Verna e poi si innesta nella Via del Nord. È un percorso ideale per chi cerca solitudine, boschi e contemplazione, con dislivelli importanti soprattutto nella prima metà.

La difficoltà complessiva è medio-alta, ma è ripagata da paesaggi straordinari: faggete, ruscelli, crinali panoramici e borghi nascosti. I luoghi da visitare sono meno turistici ma densi di significato: l’eremo di Camaldoli, il monastero di Corniolo, il santuario della Verna e, più avanti, Gubbio e Assisi. È il cammino ideale per chi desidera un’esperienza profonda, meno battuta, all’insegna della connessione con la natura e la spiritualità francescana.

Credenziale e Testimonium: i segni concreti del pellegrinaggio francescano

Nel Cammino di San Francesco, la Credenziale non è solo un documento funzionale: è un segno tangibile dell’ingresso nel pellegrinaggio. Viene rilasciata in numerosi punti del percorso – tra cui La Verna, Gubbio, Rieti, Greccio, Spoleto, Roma e Assisi – e permette di raccogliere i timbri delle tappe, custodendo simbolicamente le orme del proprio cammino verso la città del Santo. Ogni timbro rappresenta un passaggio fisico ma anche spirituale, che diventa parte di un racconto personale fatto di strade, incontri, silenzi.

Al termine del cammino, giungendo ad Assisi, il pellegrino che ha percorso almeno gli ultimi 100 km a piedi (o 200 km in bicicletta) può presentare la credenziale presso l’Ufficio del Pellegrino del Sacro Convento di San Francesco (Porta San Francesco, ingresso basilica inferiore) per ricevere il Testimonium Viae Francisci, l’attestato ufficiale del pellegrinaggio francescano. È una pergamena rilasciata gratuitamente come segno di compimento del percorso, legata alla spiritualità dell’accoglienza francescana. Il cammino stesso, timbro dopo timbro, diventa un pellegrinaggio vissuto anche nei gesti.

Quando partire per la Via di Francesco

Il Cammino di San Francesco si snoda tra zone montane, collinari e appenniniche, e attraversa territori come il Casentino, l’Appennino umbro, la Valle Santa reatina e l’Umbria centrale. Le stagioni più adatte per percorrerlo sono la primavera (aprile–giugno) e l’inizio autunno (settembre–ottobre), quando i sentieri sono percorribili e la luce valorizza i paesaggi francescani: i boschi della Verna, i campi tra Spello e Assisi, le querce di Greccio, i colli di Spoleto.

In estate, l’esposizione di molti tratti collinari (come nella zona tra Foligno, Trevi e Spello) rende il cammino più faticoso per via del caldo. In inverno, invece, la neve può rendere inaccessibili tappe alte come La Verna – Pieve Santo Stefano o Citerna – Gubbio. Ogni stagione, però, ha una valenza simbolica: la fioritura primaverile ricorda la gioia di Francesco, mentre l’autunno evoca il tempo del ritorno e della contemplazione. Prima di partire, è bene informarsi sulle condizioni meteorologiche e sulla disponibilità delle strutture religiose, alcune delle quali chiudono nei mesi più freddi.

Dove dormire: ospitalità francescana e accoglienza autentica

Lungo il Cammino di San Francesco si trova una rete di ospitalità spirituale e rurale che riflette la filosofia del Santo: semplicità, condivisione, essenzialità. I pellegrini possono alloggiare in conventi francescani, parrocchie, monasteri, ostelli e case di accoglienza che spesso offrono donativo o contributi simbolici. Tra i più significativi vi sono la foresteria della Verna, le accoglienze parrocchiali a Pietralunga, i conventi di Fontecolombo e Poggio Bustone nella Valle Santa.

Accanto a queste, esistono numerose strutture laiche (B&B, agriturismi, locande) che hanno aderito al progetto Via di Francesco, offrendo accoglienza con spirito collaborativo e attento al pellegrino. Il consiglio è di prenotare sempre con qualche giorno di anticipo, soprattutto nei mesi centrali o nei tratti meno battuti come la Via del Sud tra Poggio San Lorenzo e Narni.

Cosa portare nello zaino per un cammino francescano

Il Cammino di San Francesco richiede uno zaino leggero ma ben pensato, adatto a terreni variabili tra boschi, colline e centri abitati, spesso alternando strade bianche, sentieri CAI e tratti asfaltati secondari. Uno zaino da 35-40 litri è sufficiente per chi viaggia in autonomia con soste in strutture. L’essenziale include scarponcini da trekking impermeabili, bastoncini, cappello, giacca antivento e antipioggia, oltre a uno o due cambi tecnici a strati.

Chi percorre la Via del Nord attraversa ambienti montani: La Verna, Montecasale, i crinali tra Umbria e Toscana, dove il clima può cambiare rapidamente. Serve quindi una giacca calda, una coperta termica, e in primavera/inverno anche guanti e berretto. Sulla Via del Sud, invece, prevalgono tratti agricoli e collinari, dove sono utili protezioni solari, boraccia da almeno 1,5 L e un coprizaino impermeabile. Non deve mancare una credenziale plastificata, una torcia frontale, una carta dei sentieri o app GPS (con le tracce della Via scaricate da siti ufficiali), oltre a uno spazio per il diario di viaggio.

Camminare lungo le vie di Francesco non è un’impresa tecnica, ma serve cura: non tanto per superare ostacoli, quanto per rimanere fedeli a una scelta di sobrietà, ascolto e rispetto dei luoghi. Ogni oggetto portato dovrebbe rispondere al principio: “mi serve davvero?” — come avrebbe chiesto il Poverello d’Assisi.

Perché scegliere il Cammino di San Francesco

Il Cammino di San Francesco non è solo un percorso fisico: è un viaggio interiore, un invito a rallentare, osservare, ascoltare. È un cammino che unisce natura, silenzio e spiritualità, adatto a chi vuole vivere giorni di semplicità e autenticità. Lungo la strada, ogni bosco diventa un luogo di riflessione, ogni borgo un’opportunità di incontro. Sia che tu parta da La Verna, da Roma, da Dovadola o da Assisi, troverai un cammino che ti cambia.

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Great Himalaya Trail: un trekking da sogno nel cuore del Nepal

Il Great Himalaya Trail, noto anche con l’acronimo di GHT, è uno dei percorsi escursionistici più spettacolari al mondo, poiché attraversa la maestosa catena montuosa dell’Himalaya, il sogno degli alpinisti e dei trekker di tutto il mondo.

Con un’estensione di oltre 4.500 chilometri, questo cammino attraversa Nepal, Bhutan, India, Tibet e Pakistan, offrendo esperienze uniche di trekking ad alta quota, immersi in paesaggi mozzafiato e a contatto con una cultura antica, accogliente e unica.

Dove si trova e perché sceglierlo

Il Great Himalaya Trail si estende attraverso le regioni più remote e selvagge dell’Himalaya, principalmente in Nepal, con percorsi che raggiungono vette imponenti e attraversano valli nascoste.

Perché sceglierlo? Perché il GHT offre la possibilità di vivere un’esperienza che unisce il trekking ad alta quota con la scoperta di culture ancestrali, come quella degli Sherpa, le antiche popolazioni locali – attenzione, sherpa è il popolo, non l’attività di guida montana, come erroneamente pensiamo in Occidente – e l’incontro con una flora e fauna uniche, con l’opportunità di avvistare il leopardo delle nevi, i pacifici yak e il panda rosso.

E poi, la bellezza dei paesaggi che spaziano dalla giungla subtropicale alle fredde altitudini alpine è semplicemente impareggiabile!

Le tappe del Great Himalaya Trail

Il Great Himalaya Trail attraversa una vasta gamma di paesaggi, villaggi remoti e offre vette mozzafiato. Le tappe possono variare in base alla scelta del percorso – High Route o Low Route – ma tutte offrono esperienze uniche di trekking attraverso l’Himalaya.

Le tappe più popolari si concentrano sulla sezione nepalese, ma il percorso si estende anche in Bhutan e in altri Paesi limitrofi. Qui trovi una selezione delle principali tappe:

Il GHT è suddiviso in diverse sezioni, ognuna con caratteristiche specifiche in termini di distanza, dislivello, paesaggi, difficoltà e durata. Ecco una sintesi delle principali sezioni:​

  1. Kanchenjunga a Makalu tramite il passo Lumba Sumba: circa 28 giorni di trekking. ​
  2. Dal Makalu all’Everest Region, attraverso tre colli: circa 26 giorni di trekking. ​
  3. Everest – Tre Passi: circa 18 giorni di trekking.
  4. Rolwaling a Everest tramite il passo Tashi Labsta: circa 20 giorni di trekking. ​
  5. Dal Manaslu all’Annapurna: circa 27 giorni di trekking. ​
  6. Dal Dolpo a Jomsom: circa 26 giorni di trekking. ​

Per quanto riguarda le distanze e i dislivelli specifici per tappa, queste possono variare significativamente a seconda dell’itinerario scelto e delle condizioni del sentiero, ma sono spesso di migliaia di metri.

Ovviamente, i percorsi vanno adattati alle condizioni del terreno, a seconda della stagione, e al livello di allenamento; si possono percorrere tratti con mezzi di trasporto come autobus o piccoli voli interni, come raccordo tra le sezioni.

In generale, il completamento dell’intero GHT richiede circa 150 giorni di cammino, attraversando passi che raggiungono altitudini fino a 6.146 metri. La difficoltà del cammino è molto elevata, con dislivelli significativi e condizioni climatiche variabili, oltre che con numerosi problemi che possono derivare dall’alta quota. Pertanto, è fondamentale una preparazione accurata e una buona condizione fisica per affrontare questo trekking impegnativo.

Si può dire che il Great Himalaya Trail è una summa di tanti altri itinerari possibili nella regione, ad esempio per un tratto in Nepal si sovrappone al celebre e tanto amato Everest Base Camp Trail, tra Lukla e il campo base dell’Everest, all’interno del Sagarmatha National Park.

La storia e i luoghi simbolo del cammino

L’idea del Great Himalaya Trail è nata negli anni ‘90, con il sogno di collegare i sentieri montani già esistenti in Nepal e nelle zone circostanti. Con il tempo, diversi esploratori e trekker pionieri hanno percorso tratti dell’Himalaya, contribuendo a realizzare questa ambiziosa visione. Nel 2008-2009, Robin Boustead è stato il primo a completare l’intero percorso, segnando una tappa fondamentale nella storia del neonato GHT.

Oltre alla natura lussureggiante, si possono osservare i simboli del buddhismo tibetano, come gli “stupa”, piccoli templi presenti in punti panoramici del cammino, con le loro classiche “bandiere di preghiera” colorate che volano nel vento, e i “muri mani”, muretti presenti in ogni villaggio, su cui sono incise come iscrizioni preghiere e mantra.

I luoghi simbolo lungo il GHT sono innumerevoli. Tra i più iconici troviamo:

  • Kanchenjunga, la terza montagna più alta del mondo;
  • Makalu Barun, famosa per la sua flora unica;
  • Regione dell’Everest (Khumbu), impareggiabile, con le sue vette maestose come l’Everest e l’Ama Dablam, tagliata a metà dallo scorrere del fiume Dud Khosi, con i suoi proverbiali “ponti tibetani”, sospesi su valli profondissime;
  • Rolwaling Himal, ricca di fauna selvatica;
  • Ruby Valley e Ganesh Himal, tra paesaggi incontaminati e accoglienza locale.
Passo Larkya, Manaslu

Fonte: 123RF

Passo Larkya nel circuito di Manaslu

High Route e Low Route

La High Route e la Low Route della Great Himalaya Trail rappresentano due esperienze completamente diverse, pur seguendo entrambe l’asse della catena himalayana nepalese. La High Route è un percorso estremo, pensato per escursionisti esperti, che attraversa alcuni dei passi più alti del Nepal, spesso oltre i 5.000 metri di quota. Questa variante è immersa in ambienti selvaggi e remoti, dove l’autosufficienza, la capacità di orientamento e una buona preparazione all’alta quota sono essenziali. In compenso, regala panorami spettacolari e un’autenticità difficile da trovare altrove.

La Low Route, invece, si sviluppa a quote più basse, attraversando villaggi, colline coltivate e foreste subtropicali. È più accessibile in termini tecnici, ma altrettanto impegnativa dal punto di vista fisico per la sua lunghezza e la varietà di condizioni climatiche. È ideale per chi cerca un contatto più diretto con le comunità locali e non vuole affrontare i rischi dell’alta montagna.

Quando andare: stagioni e clima lungo il GHT

Scegliere il periodo giusto per affrontare la Great Himalaya Trail è fondamentale, soprattutto se si percorre la High Route, dove le condizioni meteorologiche possono rendere alcuni passi completamente impraticabili. Le stagioni ideali sono la primavera (marzo-maggio) e l’autunno (settembre-novembre). In primavera, le giornate si allungano, le temperature sono miti e i rododendri colorano i sentieri; tuttavia, la neve può ancora ostacolare i tratti più alti. L’autunno, invece, offre cieli limpidi e visibilità straordinaria, soprattutto dopo il monsone, ma le notti iniziano a farsi più fredde, specie sopra i 4.000 metri.

Durante il monsone (giugno-agosto) i sentieri della Low Route diventano scivolosi e soggetti a frane, mentre l’inverno (dicembre-febbraio) è adatto solo a brevi tratti a bassa quota, poiché neve e gelo bloccano gran parte della High Route. Chi sogna di completare l’intero percorso dovrà quindi pianificare attentamente, scegliendo di partire in primavera da est (Kanchenjunga) e cercando di arrivare a ovest (Humla) entro la fine dell’autunno.

Preparazione fisica per il Great Himalaya Trail

Affrontare la Great Himalaya Trail richiede una preparazione fisica accurata e costante nei mesi precedenti alla partenza. Questo trekking non è solo lungo: è fisicamente massacrante, spesso in quota, su terreni impervi e senza punti di appoggio nei tratti più isolati. È fondamentale abituarsi a camminare con uno zaino pesante (12-15 kg), su pendenze variabili e per molte ore consecutive. L’allenamento ideale combina escursioni settimanali in montagna, esercizi per rafforzare gambe, schiena e core, e sessioni cardio per migliorare resistenza e capacità polmonare.

Chi sceglie la High Route dovrà anche considerare una fase di acclimatazione progressiva, con trekking ad alta quota nei mesi precedenti, per ridurre il rischio di mal di montagna. La preparazione mentale è altrettanto cruciale: il GHT mette a dura prova non solo il corpo, ma anche la determinazione e la capacità di affrontare giorni di fatica, solitudine e condizioni meteo spesso imprevedibili.

Il Regolamento del Great Himalaya Trail

Dal 2018, il governo nepalese ha introdotto la normativa che richiede a tutti i trekker stranieri di registrarsi con un lasciapassare ad hoc, da richiedere nelle varie tappe del percorso – ad esempio, per il tratto nel Sagarmatha National Park, il lasciapassare si richiede all’ingresso del parco, nel minuscolo villaggio di Manju – ed essere accompagnati da una guida certificata per percorrere il GHT. Questa misura mira a garantire la sicurezza dei trekker e a promuovere un impatto positivo sulle comunità locali.

Inoltre, l’accesso ai sentieri potrebbe essere limitato in alcune aree remote per motivi di conservazione e di sicurezza, oltre ad essere proibiti durante la stagione dei monsoni.

Logistica e organizzazione

Organizzare un trekking lungo la Great Himalaya Trail significa prendere decisioni cruciali sul livello di autonomia, il tipo di supporto desiderato e la disponibilità di risorse lungo il cammino. Chi opta per la Low Route potrà contare su un discreto numero di teahouse (rifugi locali) nei villaggi principali, ideali per dormire e mangiare senza portare tenda e fornello. Tuttavia, anche in questo caso è importante prevedere alcuni giorni in autonomia, soprattutto nei tratti meno frequentati. Per chi sceglie la High Route, invece, l’autonomia è spesso obbligata: è necessario portare con sé tenda, sacco a pelo termico, fornello e scorte alimentari per diversi giorni.

Un’alternativa intermedia è affidarsi a guide locali e portatori, molto esperti e preziosi sia per la logistica che per l’interazione con le comunità. Alcune aree (come Manaslu, Dolpo e Kanchenjunga) richiedono obbligatoriamente la presenza di una guida autorizzata. È bene ricordare che non tutti i tratti del GHT sono segnalati, quindi una mappa topografica dettagliata e un buon sistema GPS (offline) sono strumenti imprescindibili per chi viaggia in indipendenza.

Sicurezza e salute lungo il GHT

Il Great Himalaya Trail attraversa ambienti estremi, e garantire la propria sicurezza significa essere preparati, autonomi e previdenti. Il rischio più comune lungo la High Route è il mal di montagna (AMS), che può manifestarsi già dai 3.000 metri. Per evitarlo, è essenziale salire gradualmente, prevedere giornate di acclimatazione, idratarsi molto e conoscere i sintomi più pericolosi (mal di testa, nausea, confusione mentale).

In aree isolate, l’unico mezzo rapido di soccorso è l’elicottero, quindi è indispensabile avere un’assicurazione che copra il soccorso alpino e l’evacuazione in alta quota. Dal punto di vista sanitario, è importante proteggersi da infezioni intestinali: mai bere acqua non trattata, usare pastiglie purificanti o filtri, e mantenere buone abitudini igieniche, anche nei villaggi. Infine, ogni escursionista dovrebbe avere con sé una farmacia da campo completa, comprendente antibiotici, antidolorifici, cerotti, disinfettanti, crema solare ad alta protezione e un dispositivo di geolocalizzazione satellitare (tipo Garmin InReach) per comunicare in caso di emergenza anche dove non c’è rete.

Annapurna, Himalaya

Fonte: 123RF

Circuito di trekking ad Annapurna, sull’Himalaya

Dove dormire sul Great Himalaya Trail

Lungo il GHT, ci sono diverse opzioni di alloggio, che vanno dalle tea house tradizionali alle sistemazioni in campeggio. Le tea house, dette anche lodge, sono gestite localmente dalla popolazione dei villaggi e offrono una sistemazione spartana ma accogliente, con letti di legno, servizi igienici e pasti caldi. Se scegli l’avventura, il campeggio può essere una buona alternativa, ma richiede attrezzatura adeguata e tanto spirito di adattamento.

Dove mangiare sul Great Himalaya Trail

La cucina locale lungo il GHT è semplice ma gustosa. Potrai gustare piatti tipici come il dal bhat (riso con lenticchie speziate), i momo (ravioli al vapore, simili ai gyoka), e il thukpa (zuppa di noodle). Ma si possono trovare anche cibi più “comuni”, come uova, verdure, patate – coltivate in quota, ad esempio nella zona di Portse – pancake e bibite confezionate.

È importante essere consapevoli dell’igiene alimentare, diversa dalla nostra, soprattutto nei villaggi più remoti: disinfetta sempre le mani prima di mangiare, se puoi usare le tue posate da campeggio, non bere mai l’acqua corrente ma solo da bottiglie chiuse, e porta con te integratori e fermenti lattici per supportare l’organismo nell’adattarsi alla situazione.

E non sprecare nulla: considera che ogni alimento o oggetto utile che arriva a queste altitudini è stato trasportato a mano – o sulla schiena – da un portatore, con tanta fatica e abnegazione.

Perché scegliere il Great Himalaya Trail

Il Great Himalaya Trail è una delle esperienze più affascinanti e immersive per chi cerca un’avventura fuori dal comune, dove sperimentare i propri limiti.

Non solo ti porterà vicino ad alcune delle vette più alte del mondo, ma ti farà anche entrare in contatto con culture affascinanti e con un modo di vivere del tutto diverso dal nostro. Se desideri unire sfida fisica, esplorazione e spiritualità, il GHT è la scelta perfetta!

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Cammino dei Borghi Silenti: alla scoperta dell’Umbria autentica

Un viaggio lento attraverso paesaggi suggestivi, silenzi incantevoli e villaggi dal fascino senza tempo: questo è il Cammino dei Borghi Silenti, un percorso ad anello situato nell’Umbria sud-occidentale, nel cuore verde d’Italia, in provincia di Terni. L’itinerario, ricco di storia, natura incontaminata e architetture medievali, permette ai camminatori di scoprire un lato meno noto ma incredibilmente affascinante della regione.

Dove si trova e il Cammino dei Borghi Silenti perché si chiama così

Il Cammino dei Borghi Silenti si snoda attorno ai Monti Amerini, una catena montuosa di modesta altitudine (massimo 1000 metri slm) caratterizzata da colline dolci, boschi di querce e castagni, uliveti e campi coltivati. Questo cammino deve il suo nome proprio alla caratteristica principale dei luoghi attraversati: il silenzio. Passeggiare lungo questo itinerario significa immergersi nella tranquillità assoluta, accompagnati unicamente dai suoni della natura, tra antichi eremi, ruderi medievali e paesaggi rurali.

La storia dei Borghi Silenti

Il Cammino dei Borghi Silenti attraversa territori con una lunga e importante storia. Queste terre furono popolate dagli Umbri prima e dai Romani poi, lasciando testimonianze visibili ancora oggi.

Il Cammino nasce nel cuore dell’Umbria, tra le colline della provincia di Terni, come progetto di valorizzazione del territorio e delle sue comunità. L’idea prende forma nel 2019 grazie all’iniziativa di un gruppo di appassionati camminatori locali, che hanno tracciato un itinerario ad anello attraversando oltre una decina di borghi medievali incastonati nei Monti Amerini. Questi paesi, molti dei quali semi-abbandonati o scarsamente popolati, sono caratterizzati da un’atmosfera sospesa nel tempo, dove il silenzio domina incontrastato e accompagna i passi del viandante.

Il nome “Borghi Silenti” è un omaggio proprio a questo silenzio profondo, quasi sacro, che avvolge le viuzze acciottolate, le chiese antiche e le case in pietra dei piccoli centri toccati dal percorso. Un silenzio che racconta storie di tempi passati, di tradizioni contadine e di una vita semplice, legata alla terra e al ritmo delle stagioni. Il cammino non è solo un’esperienza naturalistica, ma anche un tuffo nella memoria collettiva dell’Umbria più autentica, lontana dai circuiti turistici più battuti.

Le tappe del Cammino dei Borghi Silenti

Il percorso completo è lungo circa 90 chilometri, suddiviso in 5 tappe principali, con una distanza media giornaliera compresa tra 15 e 25 km. Il cammino è ben segnato, accessibile a tutti coloro che hanno una discreta abitudine alla camminata, e offre la possibilità di pernottare presso strutture ricettive locali o accoglienti ostelli.

Tappa 1: Tenaglie – Melezzole (circa 23 km, 7 ore, 700 m D+, 480 m D−)

Il cammino prende avvio dal pittoresco borgo di Tenaglie, frazione del comune di Montecchio, caratterizzato da antiche costruzioni in pietra e un’atmosfera senza tempo. Lasciandosi alle spalle l’abitato, il percorso si snoda attraverso la Val Serana, tra uliveti, cipressi e campi coltivati, offrendo un’immersione nella tipica campagna umbra.

Dopo circa 7 km si raggiunge Guardea, dove è possibile ammirare il suggestivo belvedere del Castello di Guardea, che regala una vista panoramica sulla valle sottostante. Proseguendo, si attraversa il borgo silente di Santa Restituta, incastonato tra boschi di castagni secolari, che invita a una sosta contemplativa.

Il sentiero continua fino a Melezzole, borgo medievale dalle strette vie acciottolate, ideale per concludere la giornata di cammino.

Tappa 2: Melezzole – Morre (circa 17 km, 5 ore e 30 minuti, 660 m D+, 570 m D−)

Partendo da Melezzole, il percorso prosegue verso antichi castagneti, salendo gradualmente verso il Monte Croce di Serra, che, con i suoi 994 metri, rappresenta il punto più alto del cammino.

La discesa conduce fino al suggestivo Eremo della Pasquarella, incastonato tra le rocce e avvolto da un’aura di spiritualità. Proseguendo, si raggiunge il tranquillo borgo di Morre, perfetto per una sosta rigenerante. Il dislivello si fa sentire soprattutto nella prima parte della tappa, ma i panorami e la varietà del percorso ripagano ampiamente la fatica.

Tappa 3: Morre – Collelungo (circa 15 km, 4 ore e 30 minuti, 430 m D+, 540 m D−)

Lasciando Morre, il cammino conduce al borgo di Acqualoreto, noto per la sua posizione panoramica sulla valle del Tevere. Proseguendo, si raggiunge Collelungo, borgo fortificato caratterizzato da torri medievali e da una struttura urbana a spirale, rimasta intatta nel tempo.

Tappa 4: Collelungo – Baschi (circa 13 km, 4 ore, 300 m D+, 580 m D−)

Da Collelungo, il sentiero scende dolcemente attraverso campi coltivati e oliveti secolari, immergendo il viandante in un paesaggio tipicamente umbro. L’arrivo a Baschi sorprende per la sua posizione arroccata su un colle, con antiche mura e porte medievali che raccontano storie di epoche passate.

È la tappa più breve del cammino, ma anche una delle più panoramiche. La discesa progressiva e l’assenza di difficoltà tecniche la rendono adatta anche a chi desidera rallentare il passo e godere appieno del paesaggio.

Tappa 5: Baschi – Tenaglie (circa 16 km, 5 ore, 620 m D+, 430 m D−)

L’ultima tappa chiude l’anello del cammino, riportando a Tenaglie, punto di partenza del viaggio. Si attraversano boschi silenziosi, ampie radure e sentieri con scorci sul lago di Corbara, una delle zone naturalistiche più suggestive del territorio, molto amata anche dagli appassionati di birdwatching. Durante il percorso si può visitare anche il borgo di Montecchio, con il suo centro storico ben conservato. La tappa richiede un po’ più di impegno, ma rappresenta una degna conclusione per chiudere il cammino con emozioni e paesaggi indimenticabili.

Quando percorrere il Cammino dei Borghi Silenti

Il percorso è ben segnalato e percorribile tutto l’anno, anche se i periodi migliori sono la primavera e l’autunno, grazie al clima mite e ai colori suggestivi della vegetazione. È importante partire sempre con scarpe da trekking adeguate, una buona scorta d’acqua e zaino leggero.

La credenziale del Cammino dei Borghi Silenti

Come ogni cammino che si rispetti, anche il Cammino dei Borghi Silenti ha una sua speciale credenziale, il documento ufficiale che attesta la partecipazione al cammino. Si tratta di un piccolo libretto sul quale raccogliere i timbri lungo il percorso, disponibili presso strutture ricettive, uffici turistici e attività locali.

La credenziale può essere richiesta direttamente presso il punto di partenza ufficiale del cammino a Tenaglie, oppure è possibile riceverla tramite spedizione contattando l’associazione che gestisce il percorso. Il costo della certificazione è pari a €5.

Il Cammino dei Borghi Silenti in bicicletta

Oltre ad essere un itinerario perfetto per gli appassionati di trekking, il Cammino dei Borghi Silenti è ideale anche per chi ama esplorare i territori umbri in bicicletta, sia MTB che e-bike.

La lunghezza totale del percorso rimane circa di 90 chilometri, ma è possibile coprire l’intero anello in 2 o 3 tappe, anziché le 5 previste per chi viaggia a piedi. Il percorso ciclabile segue fedelmente quello pedonale, attraversando terreni sterrati e strade bianche ben mantenute, adatte a chi ha già una minima esperienza ciclistica su percorsi misti.

Ecco una possibile suddivisione delle tappe ciclistiche:

  • Tappa 1: Tenaglie – Morre (circa 37 km)
  • Tappa 2: Morre – Baschi (circa 27 km)
  • Tappa 3: Baschi – Tenaglie (circa 16 km)

Si raccomanda, in caso di viaggio in bicicletta, l’uso di una MTB o di una e-bike con pneumatici adatti, così come di attrezzatura per piccole riparazioni, casco e riserve idriche sufficienti.

Il Cammino in tenda: le informazioni utili

Affrontare il Cammino dei Borghi Silenti in tenda è un’esperienza coinvolgente che permette di immergersi totalmente nella natura incontaminata dell’Umbria. È fondamentale, tuttavia, pianificare con cura e conoscere alcune regole essenziali per vivere un viaggio sicuro e rispettoso dell’ambiente.

Il bivacco libero è consentito esclusivamente dal tramonto all’alba, nelle aree montane appositamente indicate e soltanto se in possesso della credenziale ufficiale del cammino.

L’organizzazione ha identificato alcuni punti idonei per il campeggio libero lungo l’itinerario, dettagliatamente indicati nella guida ufficiale e nelle mappe del cammino. Inoltre, diversi agriturismi e strutture ricettive locali offrono ai camminatori aree dedicate dove è possibile piantare la propria tenda, soprattutto se si usufruisce anche dei loro servizi di ristorazione.

Perché scegliere il Cammino dei Borghi Silenti

Scegliere questo itinerario significa scegliere un turismo sostenibile e rispettoso dell’ambiente, riscoprendo il valore del silenzio, della lentezza e della contemplazione della natura. Percorrere il Cammino dei Borghi Silenti è un’occasione unica per riconnettersi con se stessi e con territori autentici e poco conosciuti dell’Umbria.

Un’esperienza ricca e affascinante, dove ogni tappa è un invito a fermarsi, guardare e ascoltare in silenzio, cogliendo tutta la bellezza nascosta di una terra ricca di storia e spiritualità.

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Cosa vedere e cosa fare in Spagna: un mosaico di culture, sapori e avventure tutto da scoprire

La Spagna è un Paese che si svela ai viaggiatori in una serie di paesaggi, tradizioni, attrazioni e sapori che, una volta scoperte, sono difficili da dimenticare. Non è un caso se le persone visitano i suoi luoghi più e più volte: le cose da vedere e le esperienze da provare sono così tante che un solo viaggio non è mai abbastanza.

Inoltre, i suoi paesaggi sono talmente variegati da poter soddisfare qualsiasi tipologia di visitatore. Gli spazi naturali sono un paradiso per chi ama trascorrere il proprio tempo all’aria aperta, mentre le città, i piccoli paesi e i villaggi vibrano di energia e sono ricchi di gioielli culturali, per non parlare della deliziosa gastronomia.

Ma da dove cominciare per scoprire questo incredibile Paese? Qui abbiamo raccolto i nostri consigli su cosa vedere e cosa fare in Spagna, oltre che tutta una serie di informazioni utili per aiutarvi a organizzare al meglio il vostro viaggio.

Le 7 cose da vedere in Spagna

Scegliere cosa vedere in Spagna non è sicuramente impresa facile! Qui vogliamo consigliarvi alcuni luoghi simbolo, ma anche qualche altro poco conosciuto, ma che vale la pena inserire nel vostro itinerario, soprattutto se prevedete di intraprendere un’indimenticabile road trip.

Alhambra, Granada

Uno dei luoghi più belli al mondo, tra i simboli più conosciuti del Paese, è sicuramente l’Alhambra. Basta incamminarsi per le stradine in salita dell’Albaicín e raggiungere il belvedere di San Nicolás per capire il perché: qui vi apparirà in tutta la sua maestosità, a fare da sfondo le cime innevate della Sierra Nevada.

L’Alhambra è un palazzo fortificato nato come una cittadella prima di diventare l’opulenta sede degli emiri Nasridi di Granada. I loro sfarzosi palazzi, i Palacios Nazaríes del XIV secolo, sono tra i più raffinati edifici islamici d’Europa e, insieme ai giardini del Generalife, costituiscono la principale attrazione dell’Alhambra. I biglietti vanno a ruba, quindi prenotate in anticipo!

L'Alhambra al tramonto, ammirata dal belvedere di San Nicolás

Fonte: iStock

L’Alhambra al tramonto dal belvedere di San Nicolás

I mulini a vento di Don Chisciotte, Castiglia-La Mancia

Talvolta, le destinazioni si scoprono ancor prima di metterci piede: basta aprire un libro per cominciare a conoscerle. In Spagna, uno dei libri più famosi è sicuramente Don Chisciotte della Mancia di Miguel Cervantes, le cui atmosfere possono essere vissute in prima persona nella regione Castiglia-La Mancia. È una zona poco battuta dal turismo, ma dal fascino unico e suggestivo.

Guidando tra le sue strade, vedrete comparire, sparsi sulle colline, dei romantici mulini a vento. Questi sono i protagonisti di diversi itinerari che possono essere vissuti in diversi modi: a piedi, in bici e addirittura a cavallo, per chi volesse ispirarsi totalmente al leggendario personaggio di Don Chisciotte. Se avete poco tempo, ma volete fotografare alcuni mulini, potreste segnare sulla mappa la località di Consuegra, nota per essere riuscita a preservare per centinaia di anni 12 mulini, la maggior parte dei quali sono ancora aperti al pubblico.

Per vederli dirigetevi verso il rilievo del Cerro Calderico, vicino a un castello di origine araba.

Il Parco Nazionale del Teide, Tenerife

Spagna è anche sinonimo di isole pazzesche, come le Isole Canarie: emerse dall’Atlantico 30 milioni di anni fa, ospitano un insieme variegato di paesaggi protetti, con Tenerife a fare da capofila grazie alle sue 43 aree naturali.

Se volete trascorrere il vostro tempo all’aria aperta, un luogo che consigliamo assolutamente di non perdere è il Parco Nazionale del Teide. Qui si trova la vetta più alta della Spagna, El Teide, che si erge imponente a 3718 metri di altezza su una valle vulcanica quasi desertica nel cuore dell’isola.

Tutt’intorno si trova il parco nazionale, dichiarato tale nel 1954 e Patrimonio Mondiale dell’UNESCO dal 2007, ideale sia per fare trekking che per ammirare le stelle perché ha ricevuto lo status di “Destinazione Starlight”.

I villaggi sul mare

A prescindere dalla stagione, chiunque visiti la Spagna vuole vedere anche il suo mare. Di villaggi da visitare ce ne sono tantissimi, alcuni più caratteristici di altri, come Cadaques in Costa Brava, dove ha vissuto l’artista Salvador Dalì, Ciutadella nell’isola di Minorca, Tarifa, ideale anche per fare surf, Tossa de Mar e Peniscola, nella penisola rocciosa della Costa Del Azahar.

Bardenas Reales, Navarra

E se le isole non sono sul vostro itinerario, ma volete comunque lasciarvi conquistare da paesaggi surreali, vi basterà dirigervi verso il sud-est della Navarra. Riconosciute Riserva Mondiale della Biosfera, le Bardenas Reales rappresentano un ambiente naturale unico modellato dall’acqua, dal vento e dal sole, dove vivere avventure all’insegna dello sport e della quiete, lontano dal caos delle destinazioni spagnole più affollate.

L’area è divisa in due ambienti, la Bardena Blanca e la Bardena Negra: da una parte troverete il gesso e l’argilla di un paesaggio quasi lunare, contraddistinto dalle caratteristiche gole e dai crinali coronati da enormi pietre; dall’altra c’è Bardena Negra, meno desertica e più verde con i suoi boschi di pino di Aleppo.

Il paesaggio lunare a Bardenas Reales

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Il paesaggio lunare di Bardenas Reales

Museo del Prado, Madrid

Per chi cerca la cultura, la capitale Madrid possiede il luogo perfetto, nonché orgoglio nazionale: il Museo del Prado. Il Prado custodisce una collezione di capolavori spagnoli e internazionali ed è considerato il museo più importante del mondo per la pittura europea. La collezione dedicata all’arte europea spazia dal XII al XX secolo: qui, le opere più famose sono “Las Meninas” di Diego Velázquez e “Il 3 maggio 1808” di Francisco Goya.

I villaggi bianchi dell’Andalusia

Sono nascosti tra le colline e le montagne della regione andalusa e rappresentano un simbolo della storia e della tradizione di questa terra: i villaggi bianchi dell’Andalusia permettono di scoprire scenari pittoreschi che appaiono sospesi nel tempo. Tra i più famosi ci sono sicuramente Ronda, situato su un promontorio roccioso, Setenil de las Bodegas, il più originale perché le sue abitazioni sono costruite letteralmente sotto una roccia, e Olvera, dalle origini arabe.

Le 5 cose da fare in Spagna

Ogni Paese ha le sue peculiarità e, per quanto le attrazioni, i monumenti e le città in sé ci aiutino a conoscerli, per apprezzarli al meglio è utile regalarci anche delle esperienze. Queste devono racchiudere ciò che rende unica ogni destinazione, permettendoci di viverla da una prospettiva diversa. In Spagna, per esempio, noi consigliamo di fare almeno una di queste quattro esperienze.

Road trip nel nord della Spagna

La maggior parte dei turisti visita il sud della Spagna, ma anche il nord ha un fascino suggestivo che va scoperto con calma, abbracciando appieno lo spirito di un viaggio on the road. Dal finestrino potrete ammirare verdi valli che digradano dolcemente verso il mare, con le onde che si infrangono sulle scogliere, immense spiagge battute dalle grandi onde dell’Atlantico e villaggi di pescatori aggrappati alla costa rocciosa.

Dalle splendide coste della Galizia ai porti dei Paesi Baschi, dalle infinite vedute della Cantabria alle spiagge delle Asturie, con un viaggio on the road di una o due settimane avrete l’opportunità di scoprire la Spagna meno conosciuta, più autentica e particolare.

Assistere a uno show di flamenco

Regalarvi uno show di flamenco significa assistere a una delle tradizioni più belle del tessuto culturale spagnolo. Il flamenco è un ballo ritmico accompagnato da chitarra, canto o poesia, battito di mani e schiocchi di dita. La sua malinconia dall’anima popolare è governata dal duende, un’emozione espressiva che si traduce più fedelmente con “spirito”. Se in passato non veniva visto di buon occhio dall’élite spagnola perché legato alle comunità emarginate e alle minoranze come i mori, oggi il flamenco viene considerato la quintessenza dell’Andalusia.

Per trovare gli show migliori dovete andare a Siviglia, considerata il luogo di nascita del flamenco. Qui, i numerosi tablaos (locali di flamenco) offrono spettacoli ogni giorno. Inoltre, gli artisti di strada spesso ballano in piazze come la famosa Plaza de España e in quartieri tradizionali come Triana.

Due ballerine di flamenco con abiti tipici

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Due ballerine di flamenco con abiti tipici a Siviglia

Scoprire la Spagna a passo lento

C’è un’esperienza in particolare che richiama in Spagna tantissimi viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo, quella che conduce i ‘pellegrini’ alla cattedrale di Santiago de Compostela dopo aver percorso centinaia di chilometri. Stiamo parlando del leggendario Cammino di Santiago, un percorso magico, ma non l’unico. Il Paese è famoso per la presenza di tanti cammini, alcuni dei quali meno affollati, come il Cammino del Norte o il Cammino Primitivo.

Il primo è lungo 600 chilometri e serpeggia lungo la costa settentrionale spagnola e nell’entroterra da Irún, mentre il secondo, lungo 320 chilometri, è considerato il cammino percorso dal re Alfonso II nel IX secolo.

Caminito del Rey

Infine, la quarta esperienza spagnola che consigliamo di fare è il Caminito del Rey. Traducibile con il nome “il piccolo sentiero del re”, vi permetterà di camminare lungo ponti sospesi e passerelle emozionanti ad altezze vertiginose, che abbracciano il fianco della gola del Guadalhorce, alta 700 metri. Mentre procedete, potrete ammirare il paesaggio naturale circostante caratterizzato dalla presenza di un fiume, delle catene montuose e da una vegetazione lussureggiante. Questa è un’escursione incredibile per chi ama la natura e un’attività che ricorderete per sempre.

Provare le specialità tipiche

Provare le specialità tipiche è una delle migliori cose da fare in Spagna! Dalle coste all’entroterra, ogni regione vanta una cucina deliziosa tutta da scoprire. Tra i piatti più famosi ci sono, ovviamente, la paella e le tapas, da affiancare a un bicchiere di vino tinto, a una cerveza (birra) o a un Agua de Valencia (un cocktail a base di arance proposto a Valencia). Ricordatevi che nella maggior parte delle città, le tapas vanno pagate separatamente, mentre in altre, come Granada, vengono servite gratuitamente ogni volta che si ordina qualcosa da bere.

Se viaggiate nella zona nord della Spagna, non dimenticate di provare i pintxos baschi, stuzzichini simili alle tapas. In particolare, se andate in Galizia, dovete assolutamente provare il pulpo a la gallega, polpo tenero condito con olio d’oliva, sale e paprika.

La paella mangiata nella padella tipica

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Paella spagnola mangiata nella padella tipica

Come visitare la Spagna: tutti i consigli utili

La Spagna è famosa per molte cose: per il suo cibo, tra paella e tapas, per i suoi paesaggi, dai deserti alle colline, dalle spiagge alle montagne, per le sue architetture e per le esperienze incredibili che si possono fare in ogni sua regione. Lo capiamo perfettamente se avete già la valigia pronta a partire! Ma, prima di iniziare il vostro viaggio, vogliamo offrirvi qualche consiglio utile e informazioni da tenere a mente, per esempio il periodo ideale per andare in Spagna.

Qui, l’alta stagione va da maggio a settembre e rappresenta il periodo più affollato perché le temperature sono più alte e le giornate di sole più lunghe, perfette per godersi le spiagge. Se quello che cercate sono soprattutto mare e relax, questo è il periodo ideale, seppur consigliamo di evitare mesi come luglio e agosto.

Durante i mesi intermedi di marzo, aprile, maggio, ottobre, novembre, il cielo è ancora sereno e le temperature sono miti, perfette per visitare le città, fare escursioni o campeggiare. In questo periodo, molte zone della Spagna non sono affollate, quindi avrete l’opportunità di scoprire le bellezze del Paese con più calma.

Se viaggiate con il camper, consigliamo di visitarla durante la bassa stagione, ossia da novembre a febbraio: le giornate sono ancora soleggiate e miti, a meno che non si visitino le regioni montuose o il nord, dove si trovano temperature più fredde e a volte anche neve. In questi mesi è più facile spostarsi da un’area all’altra senza rischiare di restare ingarbugliati nel traffico o di rischiare di non trovare posto nei campeggi!

Infine la Spagna, con tutte le sue bellezze e con temperature piacevoli durante tutto l’anno, è una delle destinazioni europee più ambite e, di conseguenza, tra le più colpite dal fenomeno dell’overtourism. Questo ha portato molte località ad agire imponendo delle regole, alcune che influiscono sui turisti stessi, altre su hotel, affitti a breve termine e concessioni edilizie.

Prima di raggiungere la vostra destinazione, informatevi sulle regole introdotte dai vari comuni: in alcuni casi ci sono tasse da pagare, in altri sono vietati determinati oggetti da portare in spiaggia, come a Gran Canaria.

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Il Blyde River Canyon è l’unico verde al mondo: qui la natura sfida l’impossibile

Nel cuore del Sudafrica, immerso tra le vette del Drakensberg e i panorami selvaggi della provincia di Mpumalanga, si trova un dei luoghi dove la natura sfida l’impossibile. Un posto spettacolare e poco conosciuto: il Blyde River Canyon, detto anche come Motlatse Canyon. Considerato il terzo canyon più grande al mondo e l’unico canyon verde, questo grandissimo abisso, inciso nella roccia, è un vero miracolo della natura.
Qui, le pareti rocciose si colorano di verde grazie all’arrampicante vegetazione lussureggiante che crea uno scenario quasi immaginario.
Questo mitico luogo è un mix perfetto di geologia, biodiversità e bellezza paesaggistica. Oggi è una delle mete naturalistiche più affascinanti del Sudafrica.

Tra meraviglie geologiche, viste mozzafiato, escursioni indimenticabili e curiosità sorprendenti: approfondiamo la conoscenza di questo verde canyon in questo articolo.

Un canyon unico nel suo genere

Il Blyde River Canyon si estende per oltre 26 chilometri e in alcuni punti raggiunge una profondità di oltre 800 metri. Ciò che lo rende diverso dagli altri canyon del mondo è la presenza dominante di vegetazione subtropicale che lo abbraccia quasi interamente. Mentre gli altri canyon sono aridi e rocciosi, il Blyde River Canyon è verde e fertile grazie al clima umido e alle abbondanti piogge.
Questo è un inno alla forza creativa della natura, una testimonianza di come il tempo, l’acqua e la vita possano scolpire un’opera d’arte.
Il nome “Blyde” significa “gioioso” e fu dato dai coloni boeri nel XIX secolo per celebrare il ritorno di una spedizione andata a buon fine. Il canyon fa parte della riserva naturale del Blyde River Canyon Nature Reserve, istituita per preservare questo ecosistema straordinario che ospita una vasta gamma di flora e fauna endemiche.

Meraviglie geologiche scolpite dal tempo

Il meraviglioso canyon è il frutto di milioni di anni di erosione da parte del fiume Blyde. Questo ha scavato il paesaggio attraverso strati di arenaria, scisto e quarzite, creando formazioni rocciose spettacolari. Una delle più famose sono le Tre Rondavel: tre gigantesche torri di roccia che ricordano le tradizionali capanne africane con tetto conico. Alte centinaia di metri, queste formazioni dominano la valle sottostante e offrono uno dei panorami più iconici e spettacolari del parco.
Altro sito geologico di rilievo sono i Bourke’s Luck Potholes, pozze cilindriche scavate nella roccia dal vorticoso incontro dei fiumi Blyde e Treur. Le loro forme lisce e levigate, scolpite dall’acqua nel corso dei millenni, sono un vero miracolo naturale, visibile grazie a passerelle sospese che permettono di ammirarle e fotografarle dall’alto.

Un paradiso di biodiversità

Il Blyde River Canyon è anche un rifugio per la biodiversità, grazie al clima mite e alla molteplicità di ambienti, che variano da foreste tropicali a savane, da fiumi impetuosi a pareti rocciose verticali. Questo luogo ospita oltre 1.000 specie di piante, tra cui felci giganti, alberi da frutto selvatici, aloe e protee.
Per gli amanti della fauna, il canyon è un luogo carico di emozioni e di magia. Qui si possono infatti avvistare: babbuini, cercopitechi, antilopi, zebre, e a volte, leopardi.

animali all'interno del Blyde River Canyon

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Blyde River Canyon – God’s window

Paradiso anche per chi pratica birdwatching: qui ci sono oltre 250 specie di uccelli, tra cui l’aquila nera e il raro turaco di Knysna. I corsi d’acqua pullulano di ippopotami e coccodrilli, mentre nelle zone più umide vivono rane dai colori accesi e insetti endemici.

Panorami mozzafiato e trekking indimenticabili

Uno dei motivi principali per esplorare il Blyde River Canyon è la possibilità di godere di scenari mozzafiato da numerosi punti panoramici lungo la Panorama Route, una delle strade panoramiche più belle del Sudafrica.
Oltre alle già citate sopra Tre Rondavel e ai Bourke’s Luck Potholes, da inserire nell’itinerario sono anche:

  • God’s Window: un balcone naturale affacciato sulla Lowveld, la pianura che si estende fino al confine con il Mozambico. In giornate di cielo limpido, lo sguardo può andare oltre per 200 chilometri,
  • Wonder View: il punto panoramico più alto della zona, da cui si ammira il canyon e la vegetazione sottostante,
  • Lisbon e Berlin Falls: due spettacolari cascate che danzano abbracciate a una fitta vegetazione, raggiungibili con brevi passeggiate.

Per chi ama le escursioni, il canyon regala numerosi sentieri, sia brevi e adatti a famiglie, che più lunghi e impegnativi.

cosa fare al Blyde River Canyon: trekking

Fonte: iStock

Un viaggiatore che ammira una delle viste panoramiche nel canyon

Il più famoso è il Leopard Trail, un percorso circolare di diversi chilometri che attraversa aree boschive e creste rocciose, offrendo immersioni pazzesche nella natura e panorami da urlo.

Attività e avventura per tutti al Blyde River Canyon

Il Blyde River Canyon è anche un luogo perfetto per chi cerca avventura e sport all’aria aperta. Per gli appassionati di escursioni, per gli amanti degli animali, per i  fotografi alla ricerca di ispirazione e per tutti i viaggiatori curiosi, questo luogo è una meta che lascia senza fiato.
Tra le attività più amate dai visitatori troviamo:

  • Canoa e rafting sul Blyde River, con rapide divertenti ma adatte anche a principianti,
  • Zipline e canopy tour: per un’avventura sospesa tra gli alberi e per un’immersione totale nella foresta,
  • Crociera sul Blyde Dam, per ammirare il canyon da una prospettiva diversa e avvistare gli animali lungo le rive,
  • Birdwatching e fotografia naturalistica.

Per chi vuole vivere un’esperienza immersiva, dormire in lodges, campeggi e guesthouse immersi nella natura, è sicuramente una cosa da non perdere. Questi abbinano comfort e rispetto per l’ambiente.

Un gioiello ancora poco conosciuto

Nonostante la sua straordinaria bellezza, il Blyde River Canyon è ancora poco conosciuto rispetto ad altre meraviglie naturali del mondo. Questo lo rende una destinazione ideale per chi cerca un’esperienza autentica e lontana dal turismo di massa. Immergersi in un ecosistema vibrante, camminare sospeso tra vette verdi e lasciarsi sorprendere da una natura che sembra davvero sfidare l’impossibile: questo è quello che si vive durante un viaggio qui.
Nel silenzio delle sue foreste, nel rumore potente delle sue cascate e nei colori intensi che sfumano gli scorci, il canyon verde racconta una storia antica e affascinante, quella di un mondo selvaggio dove la natura regna sovrana e sfida l’impossibile.

Il canyon è facilmente raggiungibile in auto da Johannesburg o da Nelspruit, e spesso viene combinato con un safari nel vicino Parco Kruger, uno dei più celebri dell’Africa.

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5 mete di montagna per una fuga tra natura e relax, da scoprire nel Ponte del 25 aprile – 1° maggio

Quando il calendario regala un ponte così generoso come quello tra il 25 aprile e il 1° maggio, è impossibile non pensare a una piccola vacanza rigenerante. Sette giorni per staccare la spina, lasciarsi alle spalle la routine e riconnettersi con sé stessi e con la natura. E quale miglior scenario se non la montagna, con i suoi paesaggi da cartolina, i sentieri che profumano di resina e primavera, le baite di legno immerse nel silenzio e quell’aria frizzantina che invita a rallentare il ritmo e respirare a pieni polmoni?

In questo periodo dell’anno, l’alta quota si risveglia: i prati si tingono di verde brillante, i ruscelli scorrono impetuosi con l’acqua dello scioglimento e la neve, ancora visibile sulle vette, fa da sfondo a giornate luminose e miti. È il momento perfetto per chi ama le escursioni panoramiche, ma anche per chi preferisce godersi il lento vagare tra borghi d’altura ricchi di fascino, fermarsi in una locanda per assaporare piatti tipici o concedersi il lusso di non fare nulla, se non contemplare il paesaggio.

Ecco dunque 5 mete di montagna perfette per il ponte primaverile, ideali per ricaricare le energie, lasciarsi incantare da panorami indimenticabili e vivere un’esperienza che sa di libertà.

1. Alpe di Siusi – Trentino-Alto Adige

Un altopiano incantato nel cuore delle Dolomiti, l’Alpe di Siusi è la scelta ideale per chi cerca una montagna “da cartolina” ma anche facilmente accessibile. I prati verdi punteggiati di fiori, i rifugi con vista e i numerosi sentieri per il trekking primaverile la rendono perfetta per coppie, famiglie o viaggiatori solitari.

La cabinovia che parte da Siusi o Ortisei porta in pochi minuti in quota, regalando un panorama indimenticabile.

2. Bardonecchia – Piemonte

Ai piedi delle Alpi Cozie, Bardonecchia è una meta versatile e sorprendentemente poco affollata in primavera. Oltre alle passeggiate nei boschi e ai sentieri per mountain bike, si possono esplorare le gallerie della strada napoleonica o rilassarsi tra i caffè e i locali del centro.

Perfetta anche per chi desidera combinare sport e relax in un contesto autentico e senza fronzoli.

3. Sauris – Friuli Venezia Giulia

Un piccolo borgo incastonato tra le Alpi Carniche, Sauris è una destinazione che conquista per la sua anima rustica e il suo patrimonio culturale. Qui il tempo sembra essersi fermato: le case in pietra e legno, i panorami verdi e il celebre prosciutto affumicato la rendono un luogo da vivere con lentezza.

In primavera, inoltre, i prati si tingono di fiori e l’atmosfera è perfetta per una fuga romantica o una pausa slow.

4. Roccaraso (Abruzzo)

Nella cornice del Parco Nazionale della Majella, Roccaraso non è solo una meta sciistica: a fine aprile, i suoi boschi si risvegliano, offrendo percorsi per escursioni e passeggiate nella natura.

Il centro è vivace, ricco di ristorantini e locali tipici dove gustare piatti abruzzesi, mentre i dintorni offrono bellezze come il lago di Barrea e il borgo di Pescocostanzo.

5. Monte Amiata (Toscana)

Una montagna inaspettata nel cuore della Toscana: il Monte Amiata, con i suoi boschi di faggi e castagni, regala un ponte all’insegna della tranquillità e del buon cibo. Perfetto per chi cerca natura senza rinunciare a cultura e gusto, grazie alla vicinanza con borghi incantevoli come Abbadia San Salvatore e Santa Fiora.

Durante la bella stagione, nella natura del Monte Amiata si possono percorrere facili sentieri immersi nel verde e assaporare prodotti locali nelle sagre di stagione.

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I parchi naturali più belli al mondo, capolavori da scoprire

Se l’uomo è stato in grado di plasmare opere architettoniche capaci di incantare, la natura (con pazienza millenaria) ha forgiato meraviglie che vanno ben oltre l’immaginazione: sono i parchi naturali, veri capolavori scolpiti dal tempo, dove immergersi in un’atmosfera selvaggia e ammirare panorami che lasciano senza fiato, tra laghi cristallini, boschi rigogliosi e cascate spumeggianti.

In questo viaggio, andiamo alla scoperta dei paesaggi più affascinanti, autentici rifugi dell’anima.

Parco Nazionale dei Laghi di Plitvice, in Croazia

Chi pensa alla Croazia solo come destinazione balneare, dovrà ricredersi appena varcata la soglia del Parco Nazionale dei Laghi di Plitvice: nel cuore di un ambiente lussureggiante, la forza dell’acqua incontra la quiete dei boschi. Ben sedici laghi si “rincorrono tra loro” formando rapide, cascate e lagune dai colori cangianti: uno spettacolo che cambia con la luce, come un dipinto vivente. L’acqua, talvolta color smeraldo, altre volte blu profondo o grigio argenteo, è abbracciata da una fitta vegetazione, rifugio ideale per gli animali selvatici e custode di un rigenerante silenzio.

Il percorso si snoda lungo passerelle di legno che sembrano fluttuare sul pelo dell’acqua, tra il fragore delle cascate e la quiete di specchi d’acqua cristallini. È un luogo capace di stupire tutti, dai bambini agli escursionisti più esperti, un angolo di bellezza che rimane nel cuore di chi lo visita.

Parco Nazionale di Canaima, in Venezuela

In Venezuela esiste un regno antico e primordiale ed è il Parco Nazionale di Canaima, laddove i fiumi attraversano la giungla facendosi strada tra il verde intenso della vegetazione e riversandosi in cascate impetuose.

Tra le immagini più potenti c’è quella dei Tepuyes, imponenti montagne dalle cime piatte che si ergono come isole nel cielo. Qui, secondo la mitologia indigena, abitano le divinità della terra, mentre i Pemon, popolo ancestrale, custodiscono la memoria di tali luoghi sacri.

Dall’altopiano dell’Auyantepuy scende la cascata più alta del mondo, il Salto Ángel: 979 metri di pura poesia che si lascia cadere nel vuoto. Fu l’aviatore Jimmy Angel a farla conoscere al mondo, ma per i nativi era già Churún Merú, voce antica che racconta l’essenza di un paradiso terrestre.

Parco Nazionale di Göreme, in Turchia

In Cappadocia, la terra sembra trasformarsi in fiaba. Il Parco Nazionale di Göreme è un mosaico di valli incantate, pinnacoli di tufo e grotte abitate fin dall’antichità.

I cosiddetti “camini delle fate” si stagliano come guardiani silenziosi, plasmati dal vento e dalla pioggia in forme quasi irreali: tra queste meraviglie si nasconde il villaggio di Göreme, le cui abitazioni scavate nella roccia raccontano storie di popoli antichi e di civiltà monastiche.

Dall’alto di una mongolfiera o al passo lento di un mulo, ogni percorso svela una nuova prospettiva e ogni scorcio sorprende con una luce diversa, in una terra sospesa tra sogno e realtà.

Parco Nazionale Torres del Paine, in Cile

Alla fine del mondo, tra la steppa e le montagne della Patagonia cilena, il Parco Nazionale Torres del Paine è un incanto e la natura si mostra nella sua veste più spettacolare: ghiacciai che scintillano al sole, laghi dai colori irreali, boschi scolpiti dal vento, e le tre torri di granito che danno nome al parco, svettanti come sentinelle di pietra.

 Il fiume Paine traccia il suo corso tra laghi turchesi e acque glaciali, mentre lungo i sentieri si possono incontrare guanachi che osservano curiosi, puma elusivi e il maestoso condor che solca i cieli.

Parco Nazionale Kruger, in Sudafrica

Giraffe al Parco Nazionale Kruger

Fonte: iStock

Giraffe nel Parco Nazionale Kruger

Nella savana del Sudafrica, il Parco Nazionale Kruger è il regno assoluto della vita selvaggia. Non c’è altro posto al mondo dove ci si possa sentire così vicini all’essenza primordiale della natura. Su un territorio vastissimo, che si estende oltre i confini nazionali abbracciando Zimbabwe e Mozambico, si muovono indisturbati i Big Five: leoni, leopardi, rinoceronti, elefanti e bufali.

Ma il Kruger è anche storia, cultura, paesaggi variegati che si alternano tra savana, foreste di acacie, fiumi abitati da ippopotami e coccodrilli. È un ecosistema potente, vivo, che pulsa da milioni di anni, e che continua a raccontare la storia del pianeta con la voce delle sue creature.

Parco Nazionale di Phong Nha-Ke Bang, in Vietnam

Nel cuore del Vietnam centrale, tra le nebbie leggere della foresta pluviale, si nasconde uno dei più grandi tesori speleologici del mondo: il Parco Nazionale di Phong Nha-Ke Bang, dove i secoli hanno scavato la roccia calcarea e creato un labirinto di grotte, cunicoli e cavità che si snodano nel sottosuolo per centinaia di chilometri.

Alcune grotte sono visitabili e offrono uno spettacolo di stalattiti e stalagmiti che non si dimentica: la Paradise Cave è un nome che dice tutto, mentre la Phong Nha Cave si raggiunge solo in barca, navigando lentamente sul fiume Son, tra pareti che si chiudono su un mondo misterioso.

La foresta è l’habitat di tigri, orsi e scimmie.

Parco Nazionale della Valle del Jiuzhaigou, in Cina

Esiste un luogo in Cina dove i colori appaiono più intensi, l’acqua più limpida, e le montagne più imponenti: è la Valle di Jiuzhaigou, luogo sacro per i tibetani, oggi Patrimonio UNESCO. I suoi laghi, secondo una leggenda, sarebbero nati dai frammenti di uno specchio magico spezzato per amore. E guardandoli, non si può fare a meno di crederci.

Le acque turchesi, smeraldo e zaffiro si alternano a cascate cristalline, foreste sempreverdi e villaggi nascosti. In autunno, il parco si trasforma in una tavolozza infuocata, con riflessi che incantano. Ma anche l’inverno lo veste di magia, con la neve che ricopre in silenzio un paesaggio che commuove, che parla al cuore, che sembra appartenere più al mondo dei sogni che a quello reale.

Parco Nazionale Banff, in Canada

Veduta sul Lago Moreno, Parco Nazionale Banff

Fonte: iStock

Spettacolare veduta sul Lago Moreno

Tra le Montagne Rocciose del Canada, il Parco Nazionale Banff è una “poesia scritta dalla natura”. Le cime innevate si specchiano in laghi immacolati, i boschi si perdono all’orizzonte, e il silenzio si fa palplabile. Il Lago Louise e il Lago Moreno, dalle acque turchesi incorniciate da pini e picchi montani, sono immagini che rimangono impresse come cartoline.

I sentieri che si snodano tra le montagne mostrano panorami dall’aura eterna. Tra i prati fioriti di Sunshine Meadows e la spettacolare Icefields Parkway, Banff è una promessa di libertà, un invito a perdersi nella bellezza incontaminata del territorio.

Parco Nazionale di Jim Corbett, in India

Concludiamo il nostro viaggio nel subcontinente indiano, dove il Parco Nazionale di Jim Corbett accoglie i viaggiatori ai piedi dell’Himalaya, tra fiumi, colline e foreste, e si rivela un autentico santuario per la fauna selvatica. Infatti, con un pizzico di fortuna, si può incontrare la regina della giungla: la tigre del Bengala.

Ma non è tutto.

Leopardi silenziosi, elefanti maestosi, cobra reali e un’infinità di uccelli popolano un mondo sospeso tra mito e realtà. Fondata nel 1936, questa è stata la prima area protetta dell’India, e ancora oggi conserva un magnetismo selvaggio e irresistibile.

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In questa valle suggestiva italiana la natura porta in scena il suo spettacolo più bello

C’è qualcosa di meraviglioso che sta accadendo, adesso, intorno a noi. Un’esplosione di colori e profumi che inebriano e stordiscono i sensi, che riscaldano il cuore e l’anima, e che invita le persone di tutto il mondo a viaggiare, scoprire ed esplorare. Un incantesimo, quello di Madre Natura in primavera, che ci permette di ammirare i paesaggi che ci circondano abbigliati di una nuova veste, la più bella dell’anno.

Stiamo parlando delle fioriture, quelle che popolano gli altopiano, le vallate e i deserti, le montagne, i borghi e persino le città. Quelle dei mandorli, che inaugurano la stagione, quelle dei ciliegi e dei peschi che tingono tutto di rosa, dei tulipani e della colza. E poi, ancora, quella dei rododendri, una delle più affascinanti e suggestive del mondo che può essere ammirata in Italia in una conca, situata all’interno di un’oasi che fa innamorare.

Il suo nome, neanche a dirlo, è proprio Conca dei Rododendri. Molto più di un parco, diverso dai giardini che abbiamo ammirato in torno al mondo: questo luogo è una tavolozza di colori cangianti e strabilianti che omaggia la primavera e tutta la bellezza della natura. Ecco come raggiungerlo e quando andare.

Conca dei Rododendri: dove si trova

Per scoprire questo eden terrestre e naturale, creato e preservato dall’uomo, dobbiamo recarci in Piemonte, tra le Alpi Biellesi, dove sorge uno dei più affascinanti polmoni verdi d’Italia. Stiamo parlando dell’Oasi Zegna, un paradiso lussureggiante e verdeggiante che si estende su una superficie di circa 100 metri quadrati e che è stata istituita negli anni ’90 dall’imprenditore Ermenegildo Zegna, da cui appunto prende il nome.

Un luogo questo, che non ha bisogno di presentazioni perché con gli anni si è trasformato in una meta imprescindibili per tutti gli amanti della natura e del relax. Ed è proprio qui che vogliamo riportarvi oggi, perché è all’interno del parco naturale dell‘Oasi Zegna che è possibile scoprire un altro microcosmo di immensa bellezza.

Stiamo parlando della Conca dei Rododendri, una piccola valle panoramica che, grazie alla presenza degli esemplari (e non solo) che le hanno dato il nome, ogni primavera regala uno spettacolo straordinario che si palesa davanti agli occhi di chi guarda.

Conca dei Rododendri, Oasi Zegna

Fonte: IPA

Le fioriture primaverili della Conca dei Rododendri all’interno dell’Oasi Zegna viste dall’alto

Conca dei Rododendri: le fioriture da ammirare

La Conca dei Rododendri, così come appare oggi, deve la sua bellezza al fondatore dell’Oasi Zegna che durante la fase di riqualificazione del territorio importò qui numerosi esemplari provenienti dai vivai del Belgio. Azalee, ortensie, dalie e, ovviamente, rododendri.

La natura ha fatto il resto ma, ancora una volta, è stata aiutata dall’uomo e, più precisamente, dall’architetto paesaggista Pietro Porcinai prima, negli anni ’60, e dall’architetto Paolo Pejrone poi che si è occupato della ristrutturazione recente. Così ha preso forma la Conca dei Rododendri che oggi possiamo ammirare, uno scenografico e suggestivo angolo di bellezza dove passeggiare, meditare e osservare i miracoli di Madre Natura, tutti i giorni e in ogni periodo dell’anno.

Grazie ai numerosi esemplari che qui vivono e prosperano, infatti, la conca offre paesaggi da sogno che mutano e si trasformano in ogni stagione. Le più suggestive sono, ovviamente, l’autunno con il foliage, tra i più belli d’Italia, e la primavera con le sue tinte cangianti.

Cosa vedere all’interno di questo luogo incontaminato? Le fioriture, ovviamente, e tutti gli scorci paesaggistici che si aprono a ogni passo compiuto e si perdono tra le montagne circostanti, ma non solo. All’interno dell’area, infatti, è possibile ammirare anche l’installazione Two Way Mirro/Hedge Arabesque dell’artista Dan Graham, un’opera-scultura realizzata in acciaio e vetro che si integra perfettamente con il contesto e che consente ai visitatori di ammirare sfumature, riflessi e giochi di luce creati da sole.

Passeggiando tra i sentieri incorniciati dalle fioriture, è facile sentire il desiderio di restare qui. Ed è per questo che a disposizione dei visitatori c’è la vicina area pic-nic di Cascina Caruccia, raggiungibile attraverso un sentiero di facile percorrenza. E quale luogo migliore, se non questo, per rifocillarsi e ristorarsi in mezzo alla natura?

La fioritura primaverile della Conca dei Rododendri, Oasi Zegna

Fonte: IPA

Conca dei Rododendri, la scenografica valle in fiore nel cuore dell’Oasi Zegna

Quando andare

Abbiamo più volte detto che questa piccola oasi incastonata tra le montagne regala spettacoli tutto l’anno. Ci sono però due periodi che, più di altri, regalano visioni da lasciare senza fiato: autunno e primavera. I cespugli, gli arbusti, i faggi rossi e i frassini, infatti, si infiammano di infinite sfumature di rosso durante i mesi di settembre e ottobre. Mentre tra maggio e giugno le fioriture esplodono in tutta la loro bellezza trasformando la conca della tavolozza di un pittore.

Conca dei Rododendri: come raggiungerla e altre info utili

La Conca dei Rododendri è situata in Località Baso, a pochi chilometri dal centro di Trivero e all’interno del parco dell’Oasi Zegna. È raggiungibile facilmente da Trivero grazie a tutta una serie di sentieri tracciati e di facile percorrenza adatti a tutti. I percorsi stessi, tra cui quello ad anello di circa un chilometro, sono delle vere e proprie esperienze perché permettono di immergersi all’interno di faggete e conifere per un bagno della natura, non a caso questo luogo è meta prediletta per chi vuole praticare Forest Bathing, anche conosciuto come Shinrin yoku. È possibile, inoltre, raggiungere la Conca dei Rododendri anche da località Baso.

Chi arriva in automobile può percorrere la Panoramica Zegna, direzione Bielmonte, e lasciare la propria auto nei parcheggi disponibili in località Craviolo o località Baso.

La Conca dei Rododendri è visitabile tutto l’anno e tutti i giorni, è aperta 24 ore su 24 e l’accesso è totalmente gratuito. Sono ammessi anche gli amici a quattro zampe.