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Il Castello di Egeskov sull’isola da fiaba di Andersen ha una casa delle bambole formato maxi

Al centro di uno scenografico laghetto abbracciato da distese di verdeggianti giardini, svetta un castello che sembra uscire da una delle favole di Hans Christian Andersen. Con i mattoni rossi, cupole turchesi che riflettono il cielo e torri rinascimentali, il Castello di Egeskov è un gioiello da non perdere durante un viaggio sull’isola danese di Fyn (Fiona), soprattutto se si è in famiglia con i bambini.

Non è un castello come tutti gli altri: oltre alle sue 66 stanze, questa splendida fortezza custodisce anche una sorprendente casa delle bambole antica in formato maxi, ma anche un museo con bellissime auto e velivoli d’epoca. Dalle leggende che aleggiano sulla sua storia ai giardini con labirinti che lo circondano, fino alle esperienze uniche che si possono vivere al suo interno, andiamo alla scoperta del castello rinascimentale meglio conservato d’Europa: benvenuti a Egeskov Slot.

L’incredibile castello di Egeskov

In Danimarca, a pochi chilometri dalla città di Odense, dove è nato il padre di celebri fiabe come “La Sirenetta” e “Il brutto anatroccolo”, Hans Christian Andersen, sorge l’ Egeskov Slot: un castello da fiaba che non ha eguali, costruito al centro di un laghetto tra il 1524 e il 1554 per volere di Frands Brockenhuus.

Leggende e misteri

Il suo nome è legato a una leggenda: Egeskov significa “foresta di querce”, proprio in onore delle sue fondamenta costituite da migliaia di pali in legno di quercia. Si racconta che per costruirle dovettero attingere a un’intera foresta.

Ma non è l’unica leggenda che lo riguarda: nella soffitta del Castello si trova il misterioso Uomo di Legno di Egeskov, una piccola statua di legno raffigurante un uomo che dorme. Si dice che se lo si sposta, Egeskov sprofonderà nel fossato nella notte di Natale. La curiosità? Proprio per questo motivo, in passato la famiglia che viveva nel castello non festeggiava mai il Natale al suo interno.

Cosa vedere

È rimasto pressoché intatto, tanto da essere il castello meglio conservato del Vecchio Continente, e oggi appartiene ai conti Ahlefeldt-Laurvig-Bille. Se gli esterni sanno meravigliare grazie al giardino barocco (che nel 2012 ha vinto il primo premio del European Garden Heritage Network) con 4 incantevoli labirinti di larici, faggi, tassi e salici, sono gli interni a conquistare tutti coloro che hanno la fortuna di visitarlo, dagli adulti ai bambini.

Tra le 66 stanze della fortezza, si trovano un’infinità di tesori, tra mobili antichi e testimonianze di un passato lontano, tra cui la Sala di caccia, che era lo studio del conte, la Sala d’oro, dove si trovano i doni ricevuti dalla contessa Jessy Bille Brahe in occasione delle sue nozze (nel 1875) e il grande Salone dei Banchetti, dove i due grandi ritratti dell’ammiraglio Niels Juel e di sua moglie Margrethe sembrano non seguire con lo sguardo chi li osserva da qualsiasi angolazione.

Ma le vera chicca è il cosiddetto Palazzo di Titania (Titanias Palads): una enorme casa delle bambole composta da oltre 3.000 pezzi, con suggestivi dettagli che la rendono quasi reale, ma in miniatura. Il tempo che è servito per costruirla? Ben 15 anni. Fu Sir Nevile Wilkinson, con l’aiuto di artigiani esperti, a realizzarla per la figlioletta dopo che aveva confidato al padre che aveva visto alcune fate in fondo al giardino e che avrebbe voluto trovare una casa per loro.

Nella tenuta del Castello di Ekeskov si trovano tante altre attrazioni per tutta la famiglia, dai giochi per bambini alle mostre. La più particolare? Quella del Museo dei Veterani, che espone oltre 100 veicoli storici – tra auto, moto e aerei – collezionati dalla famiglia del conte nel corso dei decenni.

Dove si trova e come arrivare

Il Castello di Egeskov si trova al nr. 18 di Egeskov Gade nella cittadina danese di Kværndrup (Faaborg-Midtfyn), nell’isola di Fionia (Fyn).

Si raggiunge facilmente in mezz’ora d’auto da Odense percorrendo l’autostrada E20 verso sud-ovest (direzione Svendborg/Fåborg) e uscendo a Kværndrup. Il parcheggio è gratuito. Odense è ben collegata all’aeroporto di Copenaghen con un treno che si può prendere dalla stazione interna a Terminal 3.

Se non si ha a disposizione l’auto, si può prendere il treno da Odense fino a Ringe e da lì concludere il viaggio a bordo di un taxi, oppure il treno fino a Kværndrup e da lì con il bus 920, terminando con un tratto a piedi di circa 2,5 km.

Ogni informazione e dettaglio sulle visite è consultabile sul sito ufficiale del castello.

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Non solo ciliegi: Hitachi Seaside Park, un tappeto rosa che incanta in Giappone

Quando si pensa al Giappone e alle sue fioriture, l’immaginario corre subito ai celebri ciliegi in primavera, i famosi Sakura. Eppure, esiste un luogo capace di sorprendere anche chi conosce bene il Paese del Sol Levante: l’Hitachi Seaside Park, nella prefettura di Ibaraki.

Qui, ogni autunno, la natura regala uno spettacolo mozzafiato, trasformando le colline in un mare rosa e rosso che sembra uscito da un film d’animazione. Un fenomeno breve ma intensissimo, che attira visitatori da tutto il mondo e che merita di essere inserito tra le esperienze più suggestive di un viaggio in Giappone.

Hitachi Seaside Park: il giardino delle quattro stagioni

Situato a Hitachinaka, a pochi passi dal mare, l’Hitachi Seaside Park copre un’area di circa 190-200 ettari ed è famoso per la sua incredibile varietà di fioriture stagionali. Ogni periodo dell’anno regala paesaggi unici: in primavera, ad esempio, i campi si tingono di blu grazie alle nemophila.

Visitare l'Hitachi Seaside Park in primavera

Ufficio Stampa

Hitachi Seaside Park si tinge di blu grazie alle nemophila

Ma è l’autunno a rendere il parco del Giappone davvero unico. In ottobre, infatti, i kochia, cespugli tondeggianti che cambiano colore con il passaggio delle stagioni, assumono tonalità rosa e rosso fuoco.

Questo fenomeno, che dura appena due settimane, è diventato una delle attrazioni più amate dagli appassionati di fotografia. Camminare lungo i sentieri circondati da distese colorate è come entrare in un mondo incantato, ideale per scattare foto indimenticabili.

Oltre ai fiori, il parco offre anche piste ciclabili, una ruota panoramica da cui ammirare il paesaggio dall’alto e numerosi eventi, tra cui il celebre Rock in Japan Festival.

Dove si trova e come arrivare

L’Hitachi Seaside Park si trova a circa 138 chilometri da Tokyo, nella prefettura di Ibaraki. La sua posizione strategica lo rende una destinazione ideale per una gita di un giorno dalla capitale.

Ci sono diversi modi per raggiungerlo:

  • in treno: dalla stazione di Tokyo bisogna andare fino alla stazione di Katsuta. Da lì, un autobus porta all’ingresso del parco in circa 15 minuti. In alternativa, si può arrivare alla stazione di Ajigaura sulla linea Minato della Hitachinaka Seaside Railway, situata a breve distanza dall’ingresso;
  • in auto: il parco è facilmente raggiungibile anche percorrendo l’autostrada E6/E50 a pedaggio, con un tempo di viaggio di circa due ore. Fuori dal parco c’è un parcheggio a pagamento dove lasciare l’auto.

Hitachi Seaside Park, i colori dell'autunnoPaesaggio autunnale dell’Hitachi Seaside Park

Informazioni pratiche per la visita

Il parco è aperto quasi tutto l’anno, ma gli orari variano a seconda della stagione. Si consiglia di consultare il sito ufficiale dell’Hitachi Seaside Park prima di programmare una visita.

Per quanto riguarda i biglietti, il prezzo varia in base al periodo: da 450 a 800 yen (circa 3-5 euro). Un costo davvero contenuto, considerando la bellezza del luogo e le attività disponibili.

Il periodo migliore per ammirare i kochia in versione rosa e rossa è ottobre, quando il parco si trasforma in un tappeto naturale di colori accesi. Per questo motivo, è consigliabile pianificare la visita in anticipo, così da non perdere uno spettacolo che dura pochi giorni.

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Quando arte e natura si incontrano: i più bei luoghi ricchi di opere e sculture en plein air

Esistono luoghi capaci di farci immergere in atmosfere senza tempo, dove arte e natura dialogano armonicamente e il paesaggio è vivo intorno a noi. Passeggiando lungo parchi, sentieri e giardini costellati di opere d’arte en plein air scopriamo angoli sorprendenti del nostro Paese, che invitano a soffermarsi, riflettere e lasciarsi ispirare.

Sono veri e propri musei a cielo aperto tutti da esplorare durante una gita fuori porta in famiglia (e non solo), tra le più suggestive montagne italiane o a due passi dalla città. Abbiamo selezionato 5 parchi artistici all’aria aperta da visitare almeno una volta nella vita.

Ledro Land Art

A pochi passi dallo splendido lago di Ledro, immerso nella verdeggiante pineta di Pur, si snoda un percorso artistico composto da più di 30 opere site-specific realizzate prevalentemente con materiali naturali e ispirate al rapporto tra essere umano e ambiente naturale.

Si tratta di un parco d’arte nato nel 2012 grazie al Comune di Ledro e sorge lungo il torrente Assat, sulla strada che conduce a Malga Cita. Le opere, realizzate nel corso degli anni grazie alle residenze artistiche, si fondono con la vegetazione in un unico percorso che attraversa la pineta per poco più di un chilometro, facilmente percorribile a piedi. Un’ottima occasione per immergersi in atmosfere quasi fatate a stretto contatto con la natura. L’ingresso è libero e gratuito.

Arte Sella

Passiamo a uno dei musei a cielo aperto più celebri: Arte Sella, the contemporary Mountain, che rappresenta da tanti anni il luogo ideale in cui arte, musica, danza e altre espressioni della creatività umana si uniscono dando vita ad esperienze memorabili.

Nel corso degli anni, sono stati più di 300 gli artisti che hanno contribuito alla crescita di Arte Sella, dando vita a tre percorsi espositivi costellati di opere d’arte tutte da esplorare durante un viaggio lungo Val di Sella, a pochi chilometri da Borgo Valsugana, nel Trentino sudorientale: il Giardino di Villa Strobele, con opere realizzate da architetti di fama internazionale lungo un percorso di circa 500 metri, l’Area di Malga Costa, dove spicca anche la Cattedrale Vegetale di Giuliano Mauri, e il Sentiero Montura, che collega il giardino di Villa Strobele e l’area di Malga Costa con un percorso di 4 km adatto alle famiglie e agli escursionisti.

I giardini del Kränzelhof

La simbiosi tra arte e natura si respira anche nei giardini del Kränzelhof, a Cermes, nella Provincia autonoma di Bolzano. All’interno dell’omonima tenuta vinicola, è nato nel 2006 un giardino di sculture che permette di immergersi in una varietà di atmosfere che connettono l’arte con la natura circostante.

Suddivise aree tematiche, le opere presenti toccano diversi aspetti della vita: fiducia, emozione, coraggio, cuore e amore, espressione, intuizione e consapevolezza.

Ad incantare sono anche il labirinto e il giardino nascosto: alte siepi, sentieri nascosti e angoli sorprendenti invitano ad esplorare. L’ingresso prevede il pagamento di un biglietto (12 euro per adulti e 5,90 per bambini, oltre ai pacchetti convenienti per le famiglie).

Le suggestive sculture di Vaia

Tra i verdi boschi e le vette che caratterizzano il Trentino e Veneto, si possono esplorare opere d’arte a forma di animali lungo un ideale itinerario di più giorni. Non si tratta di un vero e proprio parco artistico, ma di sculture realizzate da Marco Martalar, famoso a livello mondiale, installate negli anni in diversi luoghi di montagna, quasi a formare un museo diffuso en plein air .

Non sono semplici sculture in legno dalle dimensioni impressionanti, ma vere e proprie testimonianze di rigenerazione e resilienza: il suo progetto diffuso nasce dall’idea di trasformare i resti degli alberi distrutti dalla tempesta Vaia del 2018 in vere e proprie opere d’arte.

Tra le creazioni più emblematiche (tra le numerose realizzate) ci sono il Drago di Vaia (Lavarone, Alpe Cimbra), gigantesca scultura con oltre 3.000 pezzi di legno, la Lupa di Vaia (Levico Terme, Valsugana), l’Aquila di Vaia (località Marcesina, Grigno) e l’Haflinger di Strembo (in Val Rendena): è il cavallo di legno più alto d’Europa, alto 7 metri. Si trova nel Parco Giorgio Ducoli a Strembo, nel cuore del Parco Naturale Adamello Brenta, ed è facilmente raggiungibile a piedi o in bicicletta dalla pista ciclabile della Val Rendena.

Sacro Bosco di Bomarzo

Esiste un luogo a un’ora da Roma dove il surrealismo incontra la natura: è il Sacro Bosco di Bomarzo, il celebre Parco dei Mostri situato nell’omonimo comune in provincia di Viterbo.

Qui si entra in un’ambientazione suggestiva con statue mostruose, creature fantastiche e persino una misteriosa piramide etrusca. Ogni angolo di questo giardino conquista con il suo fascino unico, soprattutto in autunno, quando la vegetazione si tinge di sfumature dorate. Perfetto per una gita breve o una fuga nella Tuscia, dove ogni passo racconta una storia incredibile.

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Villa Medicea di Castello, il cuore segreto del Rinascimento fiorentino

La Villa Medicea di Castello si staglia nei dintorni di Firenze, immersa in una campagna ancora intatta. Semi-isolata, appare ai lati della strada che serpeggia tra le colline verso Prato e, già dall’esterno, trasmette una sensazione di quiete e vera bellezza, preludio alle meraviglie artistiche e botaniche che accoglie al suo interno.

La sua storia affonda le radici in un passato ben più remoto del Rinascimento: il nucleo originario non era infatti un’elegante dimora, bensì una torre difensiva del XII secolo, che sorgeva in posizione strategica lungo il percorso dell’antico acquedotto romano destinato a portare l’acqua dalla Val di Marina a Firenze. Nel Trecento la proprietà era già nota come “Il Vivaio”, appellativo che derivava dalle ampie vasche poste in prossimità dell’attuale piazzale d’ingresso.

Il destino cambiò radicalmente nel 1477, quando entrò nel patrimonio della famiglia Medici: l’acquisto fu opera di Giovanni e Lorenzo di Pierfrancesco, cugini del celebre Lorenzo il Magnifico. A Castello, il filosofo Marsilio Ficino trasmise al giovane Lorenzo di Pierfrancesco la visione umanistica che avrebbe segnato l’epoca.

Non è un caso se proprio per tale dimora Botticelli concepì due capolavori assoluti della pittura rinascimentale, “La Nascita di Venere” e “La Primavera”, oggi custoditi agli Uffizi, ma pensati proprio per celebrare la cultura e la raffinatezza che qui si respirava.

Un’architettura in continua trasformazione

Come accade a molte residenze della campagna fiorentina, anche Castello rivela un’identità stratificata, modellata da secoli di ampliamenti e rinnovamenti. Dopo l’acquisto dei Medici, le prime trasformazioni cercarono di inglobare le strutture già esistenti, in particolare quelle a ovest del palazzo medievale. Da questo intervento nacque il curioso disallineamento tra villa e giardino, che ancora oggi colpisce lo sguardo.

La svolta arrivò nel Cinquecento con Cosimo I de’ Medici: sotto il suo governo la villa venne ingrandita fino a raddoppiare la superficie originaria e ad assumere una configurazione molto simile a quella attuale. Furono chiamati a intervenire artisti e architetti di prim’ordine: Niccolò Pericoli, detto il Tribolo, Giorgio Vasari e Bernardo Buontalenti, che plasmarono un complesso che cercava di conciliare le irregolarità preesistenti con l’ideale rinascimentale di ordine e simmetria.

Il giardino, modello del sogno rinascimentale

Panorama del Giardino della Villa Medicea di Castello a Firenze

Stefano Casati-Ufficio Stampa

Il magnifico giardino della Villa Medicea di Castello

Se l’architettura della villa racconta l’ambizione dei Medici, è nel giardino che il loro progetto culturale e politico si manifesta in modo più evidente. Considerato il prototipo del giardino all’italiana del Cinquecento, venne ideato come uno spazio di potere e di bellezza, destinato a riflettere l’armonia del buon governo.

Il disegno generale fu affidato al Tribolo, che immaginò un impianto grandioso, animato da giochi d’acqua alimentati grazie a un sofisticato sistema idraulico proveniente dalla sorgente della Castellina. Il giardino non era solo un luogo di delizie, ma un palcoscenico allegorico in cui fontane, statue e grotte celebravano la figura di Cosimo I e il suo ruolo di guida pacificatrice della Toscana.

Tra gli elementi più suggestivi spicca la fontana di Ercole e Anteo, opera del Tribolo e di Pierino da Vinci, coronata dal gruppo bronzeo di Bartolomeo Ammannati, e ancora più sorprendente è la Grotta degli Animali, detta anche del Diluvio: una scenografia straordinaria in cui marmi policromi scolpiti raffigurano creature immerse in una simulazione di grotta, animata in origine da spettacolari giochi d’acqua.

Ma non è tutto. Il giardino vanta ancora oggi una collezione di agrumi che non ha eguali al mondo: cinquecento piante, molte delle quali discendenti dalle varietà coltivate dai Medici, alcune con oltre tre secoli di vita. Da aprile a ottobre i vasi adornano i viali e i parterre, mentre in inverno trovano riparo nelle antiche limonaie.

Accanto agli agrumi, un piccolo gioiello botanico è rappresentato dal giardino delle erbe officinali e dalla Stufa dei mugherini, dove prospera il prezioso gelsomino indiano di Goa, fiore raro che diede il nome alla serra del “Giardino segreto”.

Dal fasto granducale alla modernità

Nei secoli successivi, la villa conobbe nuove stagioni. Passò ai Lorena, che rielaborarono il giardino in senso più pittoresco, e in seguito ai Savoia, che nel 1919 la donarono allo Stato italiano. Da quel momento Castello smise di essere una residenza privata per diventare patrimonio collettivo, con una nuova vocazione culturale.

Oggi la villa ospita l’Accademia della Crusca, la più prestigiosa istituzione dedicata alla lingua italiana, e l’Opera del Vocabolario Italiano. Non tutte le sale sono accessibili al pubblico: tra quelle di maggior fascino vi è la Sala delle Pale, dove campeggiano gli stemmi dei membri storici dell’Accademia, testimonianza della lunga tradizione che lega Castello al sapere.

Il giardino, invece, continua a vivere come luogo di incontro tra arte e natura. È visitabile liberamente e fa parte della Rete Europea dei Giardini Storici, a conferma del suo ruolo di modello e riferimento a livello internazionale.

Scorcio della Villa Medicea di Castello a Firenze

Stefano Casati-Ufficio Stampa

Particolare della facciata della Villa Medicea
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Castello De Haar, la fiaba gotica rinata tra i canali

Immerso in un paesaggio che sembra uscito da un libro di fiabe, il Castello De Haar è una delle attrazioni più affascinanti dei Paesi Bassi. Con i suoi ponti levatoi, le torri e il bellissimo giardino, appare come un castello medievale, ma la sua rinascita è relativamente recente.

Alla fine del XIX il barone Étienne van Zuylen van Nijevelt van de Haar e sua moglie Hélène de Rothschild, trasformarono l’antica fortezza in rovina in un elegante complesso neogotico, firmato dall’architetto Pierre Cuypers.

Dove si trova il Castello De Haar e come arrivare

Il Castello De Haar si trova nel villaggio di Haarzuilens a circa 20 km da Utrecht e 30 km da Amsterdam. Chi parte dalla capitale olandese può raggiungere Utrecht in treno in circa mezz’ora e, una volta lì, proseguire con un autobus che porta direttamente nei pressi del castello.

Per chi preferisce muoversi in auto, il tragitto è ancora più semplice e permette di ammirare i paesaggi rurali che circondano l’area. La facilità dei collegamenti lo rende accessibile anche ai turisti che hanno a disposizione poco tempo ma vogliono scoprire una delle residenze più scenografiche d’Europa.

Le caratteristiche del castello

Il fascino del Castello De Haar risiede nell’unione tra la suggestione medievale e il lusso della ricostruzione moderna. Le sue origini risalgono al XIII secolo, ma dopo secoli di guerre e saccheggi, venne completamente ricostruito alla fine del XIX secolo. Cuypers non lasciò nulla al caso: torri imponenti, mura in mattoni rossi, vetrate istoriate e interni sontuosi ne fanno un’opera monumentale.

All’interno, i visitatori vengono accolti dal grande Salone d’Onore, decorato con arazzi, legni intagliati e stucchi dorati. Le cucine, rimaste intatte, mostrano pentole di rame scintillanti e arredi autentici, mentre nelle sale private si respira ancora l’eleganza aristocratica.

Collezioni di oggetti provenienti da tutto il mondo testimoniano il gusto cosmopolita dei proprietari. Tra le pareti del castello riecheggiano anche i nomi di ospiti celebri come Maria Callas, Brigitte Bardot e Roger Moore.

Il parco che circonda l’edificio si estende per decine di ettari ed è un vero e proprio complemento scenografico: viali alberati, giardino all’italiana, roseti e laghetti creano atmosfere romantiche. Un labirinto verde e la piccola cappella all’interno del complesso rendono l’esperienza ancora più suggestiva. Non a caso, il castello è oggi una location molto richiesta per matrimoni e ricevimenti esclusivi.

Informazioni per la visita

Il Castello De Haar è aperto al pubblico e offre la possibilità di visitare sia gli interni sia il vasto parco circostante. L’ingresso è a pagamento e gli orari variano a seconda della stagione e delle eventuali manifestazioni in programma. È quindi consigliato consultare il sito ufficiale del castello per aggiornamenti su orari e biglietti. Durante l’anno vengono organizzati eventi speciali che arricchiscono l’esperienza di visita.

L’accesso agli interni permette di ammirare ambienti unici e dettagli architettonici raffinati, mentre passeggiare nei giardini consente di godere della pace e della bellezza del paesaggio. Una giornata al Castello De Haar diventa così un viaggio tra storia, natura e atmosfera da fiaba, perfetto per chi cerca una tappa insolita e indimenticabile durante un viaggio nei Paesi Bassi.

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Goa Gajah, circondata da acque sacre che custodiscono segreti millenari

Se c’è un luogo capace di regalare suggestioni uniche, questo è proprio Goa Gajah, un tempio risalente all’IX secolo che conquista chiunque lo visiti. Qui l’atmosfera è pacifica, ma velata di mistero e intrisa di storia. Per accedervi bisogna varcare l’incredibile ingresso di una grotta scavata nella roccia: un volto demoniaco scolpito nella pietra, come a custodire antichi segreti. All’interno regna un silenzio quasi sacro e le statue millenarie vi faranno sentire in contatto con qualcosa di più grande.

I giardini circostanti e le fontane di pietra, perfetti nella loro armonia, completano l’incanto, offrendo lo scenario ideale per immergersi nella calma. Chi si trova in Indonesia, nei dintorni di Ubud, non dovrebbe lasciarsi sfuggire questa esperienza.

La storia e i misteri di Goa Gajah

Sebbene le sue origini restino in parte avvolte nel mistero, si ritiene che il tempio sia stato costruito nel IX secolo, durante la dinastia Warmadewa, un’epoca in cui le influenze indù e buddiste cominciavano a fondersi a Bali. Tra i luoghi sacri più antichi dell’isola, Goa Gajah fu un centro di meditazione per i monaci: al suo interno, buio e silenzioso, si trovano una statua di Ganesha e i simboli del lingam-yoni, testimonianza dell’incontro tra le due tradizioni spirituali.

Il nome del tempio sembra legato all’ingresso della grotta, scolpito con un’enorme e inquietante faccia: per alcuni raffigura un elefante, per altri un demone, e serviva a tenere lontani gli spiriti maligni. Accanto, una vasca con sei figure femminili in pietra che versano acqua era probabilmente utilizzata per la purificazione rituale, pratica tipica delle cerimonie indù.

Rimasto per secoli nascosto dalla vegetazione, il sito fu riscoperto negli anni ’20 da un team di archeologi olandesi. Tra le rovine emersero incisioni, statue di divinità e creature mitiche, prova che Goa Gajah fu un luogo sacro per generazioni e che, per molti, lo è ancora oggi.

Vasche rituali a Goa Gajah

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Le vasche rituali a Goa Gajah

Come scoprire il tempio di Goa Gajah

Arrivati al tempio, entrate nella grotta attraversando l’ingresso scolpito, un volto massiccio e inquietante. All’interno verrete avvolti da un’atmosfera fresca, buia e silenziosa, con una statua di Ganesha e gli antichi simboli del lingam-yoni. Sembra un rifugio sacro, perfetto per immergersi nelle vibrazioni del IX secolo: qui è facile immaginare i monaci che, secoli fa, meditavano al suo interno.

Uscite dalla grotta e raggiungete la vasca per i bagni rituali: vedrete sei statue in pietra raffiguranti delle donne che versano acqua, usate per antichi riti di purificazione. La zona è verde e serena, perfetta per scattare foto o semplicemente rilassarsi vicino alle fontane. Potete passeggiare nei giardini circostanti, dove troverete sculture in pietra ricoperte di muschio, piccoli santuari e sentieri nella giungla.

Dove si trova e come arrivare

La grotta di Goa Gajah, nota anche come Grotta dell’Elefante, si trova nel villaggio di Bedulu, nella reggenza di Gianyar. Dista circa 5 chilometri (10 minuti in auto o scooter) a sud-est dal centro di Ubud ed è facilmente raggiungibile tramite Jalan Raya Ubud o Jalan Raya Goa Gajah. Il tempio sorge in una zona verdeggiante circondata da risaie e giungla, vicino ad attrazioni come l’Ubud Monkey Forest e Yeh Pulu.

Prima di entrare, ricordatevi di indossare un sarong perché il tempio è attivo e utilizzato per le preghiere.

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Villa Reale di Monza, la reggia che accese la luce prima di tutti

A pochi chilometri da Milano, dove la città cede il passo alla campagna e ai grandi viali alberati, si apre un complesso monumentale che racconta tre secoli di storia europea: la Villa Reale di Monza, una residenza reale con 700 stanze, una storia imperiale, giardini all’inglese e una sorprendente vocazione tecnologica.

Infatti proprio qui, dove si respira ancora l’eleganza degli Asburgo e lo stile dei Savoia, passato e innovazione convivono in perfetto equilibrio. E non è solo per la maestosa struttura o per l’estensione smisurata del parco: sorprende scoprire che fu anche una delle prime residenze al mondo in cui si accese la luce elettrica con un interruttore.

Prima della Reggia: padiglioni, giardini e scenografie sorprendenti

Gli edifici che accolgono ancora prima di varcare la soglia della Villa Reale compongono un vero e proprio “preludio scenografico” all’esperienza della visita. Sono spazi pensati per affascinare e per raccontare, ognuno con una funzione differente, oggi trasformati in luoghi culturali di grande suggestione.

L’Orangerie

Elegante e luminosa, l’Orangerie fu progettata nel 1790 da Giuseppe Piermarini per accogliere piante esotiche e agrumi, secondo la moda del tempo. Non era solo una serra, ma un vero e proprio status symbol: fu infatti inaugurata in occasione del ventennale di matrimonio dell’Arciduca Ferdinando con Maria Beatrice d’Este, come segno di prosperità e raffinatezza.

Dopo un accurato restauro, ospita mostre temporanee e iniziative culturali, e mantiene la vocazione originaria di spazio vivo e versatile.

Il Teatrino di Corte

Piccolo nelle dimensioni ma grande nell’eleganza, il Teatrino di Corte venne costruito nel 1806 su progetto dell’architetto Luigi Canonica. Pensato per l’intrattenimento privato della corte, conserva tuttora un’atmosfera raccolta e intima, con affreschi neoclassici che decorano le pareti e il palchetto reale: angeli, maschere, strumenti musicali e motivi floreali si uniscono in una decorazione leggera e preziosa.

La Rotonda dell’Appiani

Un capolavoro di architettura e scenografia. La Rotonda, progettata anch’essa dal Piermarini, è un ambiente circolare creato per stupire gli ospiti con soluzioni ingegnose: camini girevoli, fontane e porte a scomparsa, in una perfetta fusione tra funzione e meraviglia.

Gli affreschi della volta sono opera di Andrea Appiani, uno dei maggiori pittori neoclassici italiani, e raffigurano il mito di Amore e Psiche, scelto come simbolo di bellezza, mistero e passione.

La Cappella Reale

Nascosta tra le ali della Villa, la Cappella Reale è un capolavoro barocco con pianta a croce greca, incastonata in una struttura esterna quadrata.

Dedicata all’Immacolata Concezione, è decorata con stucchi, fregi e rosoni attribuiti all’architetto Giocondo Albertolli. Al centro dell’altare maggiore spicca una pala attribuita al Legnanino, che raffigura la Vergine Immacolata con un’intensità spirituale che contrasta con la leggerezza neoclassica dell’architettura circostante.

Particolare della Villa Reale di Monza

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Scorcio della Villa Reale di Monza

Tra specchi, affreschi e saloni: il cuore della Villa Reale

Visitare la Villa Reale di Monza significa immergersi in un raffinato universo architettonico e decorativo. Il percorso si snoda tra 28 ambienti, suddivisi tra gli Appartamenti Reali e le sontuose Sale di Rappresentanza. Si inizia dall’atrio d’ingresso per poi attraversare la storia: dagli Asburgo a Napoleone, dai Savoia fino ai progetti contemporanei.

Le Sale di rappresentanza

L’Atrio degli Staffieri, il maestoso Salone da Ballo, la luminosa Sala degli Uccelli decorata secondo il gusto “alla cinese”, la Sala da pranzo ufficiale: sono solo alcune delle sale del piano nobile, in cui si conservano pavimenti veneziani e lignei originali, stucchi neoclassici e affreschi realizzati dai più grandi artisti del secondo Settecento lombardo.

Le decorazioni, sobrie ma raffinate, parlano di un’epoca in cui l’arte era al servizio del potere, e l’eleganza uno strumento diplomatico.

Gli Appartamenti reali

Tra gli ambienti più affascinanti spiccano gli Appartamenti Reali di Umberto I e della Regina Margherita, che vissero qui nella seconda metà dell’Ottocento: le stanze raccontano il gusto di corte con mobili intagliati, velluti, tappeti orientali, grandi specchi e dettagli preziosi.

Nella Sala del Biliardo si ammirano ancora i tavoli realizzati dall’ebanista Giuseppe Maggiolini, mentre l’antica biblioteca in mogano, oggi restaurata, accoglie una collezione di ceramiche di Sèvres un tempo utilizzate dalla casa reale.

Gli Appartamenti privati

Gli ambienti più intimi vennero trasformati dall’architetto Majnoni d’Intignano, che aggiornò la decorazione secondo i gusti ottocenteschi ma senza rinunciare all’impianto maestoso voluto dagli Asburgo. Ogni stanza è una citazione colta delle grandi regge europee del XVIII secolo, in un dialogo continuo tra sobrietà e magnificenza.

Il Belvedere

L’ultimo piano della Villa, un tempo destinato alla servitù, dona una delle vedute più emozionanti dell’intero complesso. Da qui lo sguardo si spinge da un lato lungo il cannocchiale dei Giardini Reali, che idealmente punta verso Vienna, dall’altro segue il grande Viale Cesare Battisti in direzione Milano.

Luogo sospeso tra visione imperiale e orizzonte moderno, è stato anche rifugio durante la Seconda Guerra Mondiale, quando venne temporaneamente abitato dagli sfollati. Restaurato nel 2014, è tornato a raccontare la sua doppia anima: quella austera e quella panoramica, tra cielo e storia.

Curiosità sulla Villa di Monza

Ingresso in notturna della Villa Reale di Monza, Lombardia

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Particolare della Villa Reale di Monza

La Villa Reale di Monza fu costruita in soli tre anni, dal 1777 al 1780, su volontà dell’Arciduca Ferdinando d’Asburgo, che desiderava una dimora estiva salubre e vicina a Milano. A progettarla fu Giuseppe Piermarini, lo stesso architetto del Teatro alla Scala, che per la villa si ispirò alla Reggia di Caserta e al castello di Schönbrunn. Ne venne fuori un’imponente struttura neoclassica con pianta a U rovesciata, composta da un corpo centrale e due ali laterali che ospitano oggi più di 740 stanze su 22.000 metri quadrati.

Ma non è solo la bellezza a colpire. È l’anima moderna che sorprende: la Villa fu uno dei primi edifici al mondo dotati di luce elettrica attivabile tramite interruttore, simbolo di quel legame tra innovazione e rappresentanza che ne ha segnato la storia.

Il cuore della villa è immerso in un sistema pensato per stupire. Il cosiddetto “cannocchiale prospettico”, ideato da Piermarini, è un viale che parte idealmente da Vienna, attraversa in maniera simbolica l’impero asburgico, guarda verso Milano e si apre su un paesaggio che unisce geometria e natura. A finanziare l’ambizioso progetto fu l’imperatrice Maria Teresa d’Austria, decisa a lasciare un’impronta visibile e duratura.

Nel 1805 Napoleone Bonaparte trasformò la Villa in una tenuta agricola con annesso parco: nasce così il Parco di Monza, oggi uno dei più grandi parchi cintati d’Europa con oltre 720 ettari di estensione. Oltre ai Giardini Reali in stile inglese, progettati nel 1785, il parco è un luogo aperto e vissuto, dove arte, natura e sport convivono.

Nel 1868 Vittorio Emanuele II donò la Villa al figlio Umberto I in occasione del matrimonio con Margherita di Savoia e la coppia la trasformò in residenza estiva.

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Frederiksborg, il castello dove chi entra fa un balzo indietro nel tempo

A una trentina di chilometri da Copenhagen, si erge il castello di Frederiksborg (Frederiksborg Slot) circondato da magnifici giardini. Detto così non sembra nulla di eccezionale. Invece, questa meraviglioso palazzo danese si sviluppa su tre isolette nel laghetto Slotsø, a Hillerød. Il castello di Frederiksborg è stato a lungo la sede dei re della Danimarca ed è il castello rinascimentale più grande della Scandinavia.

La storia del Castello di Frederiksborg

Fu costruito in stile rinascimentale olandese nel XVII secolo da re Cristiano IV di Danimarca e di Norvegia per magnificare il suo potere. Dopo un incendio devastante scoppiato a metà del XIX secolo, il palazzo venne ricostruito da J.C. Jacobsen, fondatore della birra Carlsberg che per Copenhagen, dove un intero quartiere, Carlsberg City, è nato sul luogo della ex fabbrica, e la Danimarca ha fatto davvero molto, e dal 1878 ospita il Museo di storia nazionale.

Come visitare il Castello di Frederiksborg

Un tour del museo consente di ammirare le magnifiche stanze, come la Sala dei cavalieri (Riddershalen) o la Cappella dell’Incoronazione (Slotskirken). La magnifica cappella risale al 1617 e, fortunatamente, non è stata colpita dall’incendio del 1859. Nel 1693, re Cristiano V convertì la chiesa nella Cappella dei Cavalieri per due Ordini danesi: l’Ordine dell’Elefante e l’Ordine di Dannebrog (il Panno Danese, ovvero la bandiera). Le pareti sono rivestite con centinaia di blasoni delle famiglie reali e nobiliari del mondo. Visitare il castello consente anche di ripercorrere 500 anni di storia danese, dal Medioevo al XXI secolo, illustrata da ritratti, dipinti, arredi, tappezzerie e altri oggetti d’arte.

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©Mark Gray

Il Castello di Frederiksborg a un’ora di Copenhagen

Dal 1° aprile a 31 ottobre, nei weekend e nei giorni festivi, i visitatori vengono accolti dagli ospiti del castello che indossano i costumi dell’epoca legati alle collezioni del museo. I costumi sono realizzati esclusivamente per il museo e sono stati creati sull’esempio degli abiti dipinti nei quadri appesi alle pareti delle sale. I figuranti sono in realtà studenti di storia e di arte dell’università e sono a disposizione dei visitatori per rispondere a domande inerenti al museo, il loro abbigliamento o il ritratto di riferimento. Un vero salto nel tempo. Il museo è aperto 365 giorni all’anno, anche a Natale e a Capodanno.

I giardini del Castello di Frederiksborg

Dal castello si accedell’immenso parco che comprende un giardino barocco e un romantico giardino all’inglese. Il giardino barocco incarna l’ideale del XVIII secolo caratterizzato dallo sforzo dell’uomo di controllare la natura, mentre il giardino romantico o all’inglese esprime la ricerca del naturale del XIX secolo. Nel giardino barocco si trova anche il Bath House Palace (Badstueslot) di re Federico II che, saltuariamente, viene utilizzato dalla Famiglia reale danese per i pranzi di caccia. I terreni comprendono anche il giardino in stile barocco ricreato nel 1996 secondo i progetti originali del 1725 di J.C. Krieger. C’è anche una bellissima caffetteria aperta d’estate.

Il battello sul lago di Slotsø

Dal centro di Hillerød, è possibile percorrere il miglio nautico più bello della Danimarca sul lago che circonda il Castello di Frederiksborg. Il piccolo traghetto parte da Hillerød Square e arriva al giardino barocco facendo due tappe, una al giardino delle rose e l’altra al giardino barocco. Il viaggio dura circa 30 minuti ed è incredibilmente pittoresco.

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©Tine Uffelmann Visit Nordsjælland

Il battello sul lago Slotsø intorno al Castello di Frederiksborg

Come arrivare al Castello di Frederiksborg

Il Castelo di Frederiksborg è facilmente raggiungibile da Copenhagen in treno. Dalla stazione centrale København H si prende l’S-train e, dopo circa 50 minuti viaggio, si scende direttamente alla stazione di Hillerød. Una volta giunti in stazione, ci sono due belle alternative da fare a piedi (circa 15 minuti) o con una bicicletta a noleggio: si può fare una pittoresca passeggia lungo il sentiero che costeggia il lago del castello (Slotssøen) godendosi la splendida natura della Zelanda settentrionale oppure passeggiare lungo Slotsgade attraversando la vivace via principale di Hillerød, con i suoi accoglienti caffè e negozi. In ogni caso, c’è anche la possibilità di prendere un autobus (301 o 302) che dalla stazione vi lascerà a due passi dal castello.

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©Daniel Overbeck Visit Nordsjælland

Il cortile interno del Castello di Frederiksborg
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Apre uno dei castelli più belli (e meno noti) d’Italia. E si può visitare

Nel cuore verde della Valle dell’Aniene e adagiato tra i monti del Parco dei Monti Lucretili, Mandela custodisce una storia antica e un patrimonio naturale di rara bellezza. A dominare il borgo, a un’ora di strada da Roma, è il Castello del Gallo che, dopo un accurato lavoro di restauro, dal 5 luglio 2025 apre al pubblico con i suoi meravigliosi giardini.

La storia del Castello del Gallo

Sospeso tra cielo e storia, il Castello del Gallo affonda le sue radici nell’epoca romana e medievale e, da secoli, racconta la sua storia attraverso le pietre, gli alberi e le vedute romantiche. Questo territorio, infatti, fu a lungo presidiato dalla popolazione degli Equi, che resistettero per 200 anni prima di essere sconfitti dai Romani tra il 500 e il 300 a.C. quando, qui, sorse un villaggio, il pagus Mandela, citato anche da Orazio nei suoi versi. Con la caduta dell’Impero romano, il castello passò sotto il controllo delle abbazie, inizialmente Farfa e poi Subiaco, entrambe legate all’Abbazia di Cluny, in Francia, che all’epoca rappresentavano delle vere potenze culturali ed economiche.

Fu in questo periodo che i monaci introdussero la coltivazione dell’olivo, una tradizione che è ancora viva nel paesaggio che circonda il borgo e il castello, che è anche l’azienda agricola dei proprietari del maniero. Gli ulivi più antichi furono piantati già nel ‘700.

Il castello divenne una fortezza strategica sotto il dominio degli Orsini, mentre nel XVII secolo fu trasformato in dimora signorile dalla famiglia Nuñez Sanchez, con due piani al livello della sommità della collina, la primitiva torre e l’aggiunta di un giardino pensile di arbusti a siepi e cisterne scavate nella roccia.

Nel XIX secolo, infine, Julie Bonaparte, nipote di Napoleone e cugina di Napoleone III, e Alessandro del Gallo di Roccagiovine, Marchese di Mandela, resero il castello un centro di cultura e arte, ospitando un salotto letterario internazionale e trasformando ulteriormente lo spazio esterno.

Come visitare il Castello del Gallo

Ora, il castello – privato e di proprietà dell’omonima famiglia – apre le porte ai visitatori con tutta la grazia del suo paesaggio antico. Il percorso di visita consentirà di scoprire stanze ricche di arredi d’epoca, eppure vissute quotidianamente ancora oggi dalla famiglia del Gallo, che continua a vivere il castello e che, come i loro antenati, mantengono il patrimonio artistico, culturale e storico di famiglia.

Tra i vari ambienti, la sala da pranzo, dove troneggia un ritratto dell’Imperatore Napoleone e il fortepiano che Napoleone III donò alla cugina Giulia, proveniente dal Palais des Tuileries di Parigi; lo splendido Giardino d’Inverno, nel quale Giulia Bonaparte ricevette, dal 1870 al 1900, ospiti di riguardo tra cui i direttori dell’Accademia di Francia e i loro allievi “pensionari”, nonché studiosi il filosofo francese Ernest Renan (a cui il borgo di Mandela ha dedicato al propria biblioteca); la Galleria degli Antenati, nella quale sono esposti i ritratti di diversi membri della famiglia del Gallo; la Stanza del Biliardo, che custodisce busti militari del XVI secolo, un piccolo cannone del XVII, le spade e il tavolo da biliardo del XVIII, i fucili del XIX; e, infine, un cartello in tedesco che ricorda l’ultimo grande capitolo storico vissuto da questo castello: l’occupazione nazista del 1944.

Il Castello del Gallo è aperto al pubblico a partire dal 5 luglio 2025 ogni venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 18.30 (ultimo ingresso alle 17.30). È possibile prendere parte a una visita guidata completa di 40 minuti, il biglietto intero costa 15 euro (gratis per i bambini fino a 11 anni) comprende il castello, il Giardino privato, il Bosco francese e il giardino paesaggistico.

Oppure si può fare una visita in autonomia con la app in realtà aumentata solo degli esterni del castello passeggiando nel Bosco francese e nel Giardino paesaggistico. In questo caso il biglietto costa 8 euro. Sono previste anche aperture infrasettimanali per gruppi, dal lunedì al giovedì al costo di 12 euro (minino 15 persone) o scuole e centri anziani (8 euro, sempre per almeno 15 persone). La domenica alle ore 12 viene organizzato anche un tour completo in compagnia del proprietario che comprende anche una degustazione (50 euro).

I giardini del castello

Quando il Marchese Alessandro del Gallo e la moglie Giulia Bonaparte lasciarono Parigi nel 1870, a seguito dell’esilio di Napoleone III, decisero di trasformare il Castello di Mandela nel loro rifugio, lontano dal caos di Roma e di ospitarvi il celebre salotto letterario che, fino a quel momento, si era tenuto nel loro palazzo parigino di Rue de Grenelle. Allo stesso tempo, decisero di ridisegnare il terreno circostante e di creare un giardino segreto all’italiana vicino al castello, mentre sulle pendici della collina concepirono un romantico bosco e, più avanti, un giardino all’inglese.

Il Giardino segreto

Salendo per la rampa medievale del castello, si giunge a un ampio spazio creato nel XVII secolo dai Nuñez Sanchez, un giardino che si ispira alla tradizione persiana e islamica, con siepi curate all’italiana e cisterne medievali che ne regolano l’irrigazione. Nel XIX secolo, Giulia Bonaparte e Alessandro del Gallo aggiunsero elementi francesi, tra cui un giardino d’inverno e un’ampia varietà di rose ottocentesche. Affacciandosi dal muraglione si può ammirare la valle del fiume Licenza, al centro della valle il Comune di Vicovaro, famoso per il suo Tempietto di San Giacomo e, ancora più a sinistra, il Convento di San Cosimato, usato anche come location della serie Tv “Suburra 3”, testimone di eventi storici, tra cui la riconciliazione tra Papa Martino V e Re Alfonso d’Aragona, che pose fine allo Scisma d’Occidente.

Il convento, che sorge in un’area archeologica di particolare interesse, con resti di acquedotti romani e grotte rupestri, nel IX secolo fu teatro della Battaglia di San Cosimato, una feroce battaglia tra le truppe del Sacro Romano Impero e i Saraceni, giunti in Italia per razziare. I Saraceni furono sconfitti e si ritirarono sulle colline, dove fondarono tre famosi comuni, ancora oggi visibili. Da qui, è possibile vedere Saracinesco, il primo dei tre Comuni saraceni, arroccato in alto.

Il Bosco romantico

Nel XIX secolo, gli ulivi sotto il castello furono sostituiti da un Bosco romantico in stile francese, dove la natura sembra crescere senza regole. Questo spazio fu progettato per creare un’atmosfera di quiete e bellezza, con sentieri ombreggiati e un microclima ideale per le passeggiate estive. Non c’è una direzione precisa da seguire: i sentieri si intrecciano, si aprono e si chiudono tra la vegetazione, come se fosse la natura stessa a decidere dove condurre il visitatore.

Gli alberi, imponenti e antichi, sembrano osservare in silenzio il passaggio del tempo, mentre il sottobosco cresce libero, selvatico, senza essere costretto da regole o schemi. Questo giardino invita a esplorare, perdersi e ritrovarsi, secondo un’estetica che predilige il naturale imperfetto, l’incontro tra bellezza e mistero.

Il Giardino inglese

Nato come reazione ai giardini formali francesi, a prima vista sembra selvaggio, libero, spontaneo, ma il Giardino inglese è tutt’altro che casuale. Si tratta di una composizione raffinata, frutto di una pianificazione precisa, di un paesaggio naturale creato con maestria per suggerire armonia e quiete, come un dipinto in cui ogni pennellata è calcolata e invisibile. A prima vista, infatti, gli alberi e i cespugli sembrano disposti in modo casuale, ma ogni dettaglio è studiato per evocare un senso di libertà e bellezza naturale.

Spesso, tra la vegetazione, s’incontrano templi neoclassici, grotte artificiali e piccole rovine, elementi che richiamano alla mente riflessioni filosofiche e momenti di contemplazione, come la cosiddetta “Torraccia“, una struttura di epoca medievale nata come punto di osservazione della valle, che in seguito divenne dimora, o forse prigione, di un membro della famiglia del Gallo, Caio, il cui destino fu segnato dalla follia, conseguenza di una travagliata storia d’amore.

Poco distante, una piccola casa che sembra appartenere al mondo delle fiabe, soprannominata “Cottage dell’amore“, fu il luogo segreto degli incontri di due giovani amanti: Alberto, futuro marchese della famiglia del Gallo, e la figlia del Conte della famiglia rivale. Il prato si affaccia sulla splendida Valle dell’Aniene, nella quale si stagliano i ponti della ferrovia Roma-Pescara, vera e propria impresa ingegneristica, curata anche da Gustave Eiffel, e la leggendaria via Tiburtina Valeria, una delle otto strade consolari romane, che corre lungo questa valle.

Il Roseto Bonaparte

Attualmente ancora in fase di restauro, il Roseto Bonaparte sorgerà sulle piante antiche volute da Giulia nell’800, con le stesse varietà di rose rare e profumate.

Visite guidate, eventi culturali e percorsi immersivi conducono il visitatore del Castello del Gallo, uno scrigno di bellezza nonché uno dei luoghi segreti meglio conservati d’Italia, lungo viali ombreggiati, tra scorci inaspettati e terrazze panoramiche. Inoltre, dall’alto, lo sguardo si perde nelle splendide vedute sul fiume Aniene, mentre, intorno, il paesaggio si svela in tutta la sua bellezza. Questo sito suggestivo, che intreccia storia, arte e natura e ispira poeti e artisti da secoli, offre al pubblico che lo visita un’esperienza unica di bellezza e cultura, con un paesaggio di alberi secolari e sentieri suggestivi, in un perfetto dialogo tra natura e architettura.

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Oasi segrete di Roma: parchi e ville da riscoprire

Non solo città d’arte per eccellenza e vestigia storica della civiltà occidentale: la città di Roma è anche una delle più verdi d’Europa, con i suoi parchi, le sue ville storiche e i suoi giardini che costituiscono ben il 67% del suo territorio.

Oltre alle ville più note, come l’Orto Botanico, Villa Borghese o Villa Torlonia, a Roma ci sono diversi parchi più tranquilli e meno frequentati dai turisti, vere oasi dove nella stagione più calda è possibile trovare un po’ di refrigerio e dove si passeggia abitualmente a contatto con la Storia. Storia che, come spesso accade a Roma, si intreccia con le storie: dagli antichi romani alle famiglie nobili, dai Papi ai dittatori, passando per i cittadini e le loro famiglie, i giochi dei bambini, le domeniche fuori porta e la semplicità inestimabile del silenzzio e della frescura.

Ville storiche e giardini segreti: piccole grandi oasi urbane

La nostra panoramica inizia da Villa Sciarra: sette ettari e mezzo e situata sulle pendici del colle Gianicolo tra i quartieri di Trastevere e Monteverde Vecchio, addossata alle Mura gianicolensi, teatro di eventi storici (qui nel 121 a.C. venne ucciso Gaio Gracco) e passata nelle mani di famiglie ricche ed influenti come i Barberini/Sciarra, gli americani George Wurts e sua moglie Henriette Tower, Benito Mussolini e infine donata ai romani. Al suo interno si trovano fontane barocche, statue mitologiche, siepi scolpite e angoli silenziosi che evocano atmosfere da giardino segreto: le sue geometrie ordinate si fondono con una vegetazione lussureggiante, creando un luogo ideale per passeggiate al fresco e visite inedite, come quella al Museo della Matematica che si trova proprio all’ingresso della Villa.

Poco conosciuta e suggestiva è Villa Gordiani, un parco archeologico situato presso al III miglio della via Prenestina: contiene i resti di una vasta villa patrizia, tradizionalmente identificata con quella della famiglia imperiale dei Gordiani, ossia i tre imperatori romani del III secolo Gordiano I, Gordiano II e Gordiano III. Simbolo della Villa è il Mauseoleo dei Gordiani, che si staglia contro il verde quasi selvaggio che lo circonda: in realtà la Villa è molto apprezzata proprio perchè ben tenuta ed è frequentata dai residenti, in particolare da famiglie. Una passeggiata nel fresco e nella storia che solo la città di Roma può offrire.

Villa Leopardi, Villa Lazzaroni e Villa Celimontana: tre piccole gemme fuori dai circuiti turistici

Piccola gemma quasi sconosciuta su Via Nomentana è Villa Leopardi, un esempio di residenza di fine Ottocento che comprende quattro edifici fra cui la Biblioteca Comunale e che affaccia su un giardino caratterizzato dalla presenza di lecci, pini, allori. Qualche panchina, i “nasoni” in ghisa (le tipiche fontanelle romane) ad assicurare il refrigerio, tanta pace e molto silenzio: questi i piccoli tesori che regala la Villa.

Fuori dai radar turistici anche Villa Lazzaroni, nel quartiere Appio Latino, un Parco storico ottocentesco con giochi d’acqua, viali alberati e un’atmosfera intima, poco affollato anche nei weekend: mescola ulivi e mandorli secolari ad elementi di impronta esotica come la Pawlonia tomentosa, l’araucaria, l’albero di Giuda, il Gingko biloba.

Situata accanto al Colosseo, ma fuori dai circuiti turistici classici è Villa Celimontana, uno storico parco pubblico situato sul Colle Celio e immerso in un’area ricca di testimonianze antiche. Nata come giardino rinascimentale della famiglia Mattei nel XVI secolo, fu progettata su resti romani, tra cui tratti delle Mura Serviane e antichi acquedotti. All’interno ospita un piccolo obelisco egizio proveniente dal Tempio di Iside in Campo Marzio, fontane seicentesche, statue classiche e resti di mosaici antichi. Il verde è fitto e ombroso, ideale per passeggiate e letture, con scorci suggestivi tra pini, palme e cipressi. Oggi è anche sede della Società Geografica Italiana, ospitata nello storico Casino Nobile della villa.

Fuga nel verde fra tra periferie, natura e rigenerazione urbana

Il verde romano non è solo paesaggio, ma un vero veicolo di cultura e memoria collettiva: tra rovine sommerse e boschi urbani, i parchi di Roma custodiscono storia e storie, identità urbane e immaginari da riscoprire. In una città dove vivono 3 milioni di persone in un’area di 1.285 km quadrati, i parchi sono un valore in più, un necessario polmone verde ma anche un’aggiunta imprescindibile alla qualità della vita di chi vive una città così grande e così, per tanti versi, problematica.

Nel cuore del Pigneto, uno dei quartieri più densamente abitati e culturalmente interessanti di Roma si nasconde un piccolo giardino dal sapore medievale: il Parco del Torrione, che prende il nome da un’antica torre trecentesca in laterizio, unica superstite di un sistema di fortificazioni minori della campagna romana. Il parco è raccolto, selvatico, quasi spontaneo: alberi a foglia larga, sentieri sterrati, panchine solitarie. Di sera, soprattutto in estate, si accende: è infatti scenario di diverse manifestazioni musicali e culturali. Un’occasione in più per conoscere questo parco in un’ottica diversa.

Non è sconosciuto, ma ancora stranamente tranquillo il Giardino degli Aranci (Parco Savello), all’Aventino: offre una delle viste più iconiche della città, con la cupola di San Pietro perfettamente incorniciata tra i rami. Ma oltre allo scorcio da cartolina, c’è il profumo degli agrumi, la geometria rinascimentale del parco e la tranquillità che solo certi luoghi sanno offrire anche a due passi dal centro.

Tra gli altri parchi meno conosciuti ma preziose oasi verdi cittadine, fra centro e periferia, ricordiamo anche il Parco della Madonnetta ad Acilia, nel quadrante sud-ovest di Roma, che rappresenta uno degli spazi verdi più importanti ma meno noti. Ampio e articolato, ospita boschetti, percorsi ciclabili, aree giochi, piccoli laghetti artificiali e un’area naturalistica protetta. È una vera oasi per le famiglie e per chi ama muoversi in mezzo alla natura senza uscire dalla città. La sua ricchezza botanica lo rende un polmone verde prezioso per tutta la zona.

Roma Nord, una riserva verde inaspettata in città

Spostandosi verso Roma Nord esiste un vero e proprio bosco dentro la città, la Riserva dell’Insugherata, una delle aree naturali più selvagge e poco frequentate, con sentieri che si snodano tra le querce da sughero (da cui il nome), torrenti, piccole valli e panorami inaspettati. È un luogo dove si possono ancora ascoltare i suoni della natura e camminare per chilometri senza incrociare automobili. Perfetta per escursionisti urbani e camminatori solitari.

Sempre nella zona nord di Roma si trova una delle operazioni più interessanti di rigenerazione urbana degli ultimi anni: il Parco Lineare della Magliana, che nasce lungo l’argine del Tevere come spazio pubblico recuperato. Il quartiere Magliana infatti, densamente abitato, era praticamente privo di spazi verdi e gli abitanti percepivano l’argine del fiume come un vero e proprio muro: creando invece questa nuova realtà il Parco è diventato una passeggiata, attrezzato con rampe per disabili, attrezzi ginnici e giochi per bambini, riqualificando un’area di 9 ettari. C’è anche un anfiteatro con pavimentazioni per feste, spettacoli e schizzi per giocare con l’acqua e una vasta zona verde con altalene e scivoli. Quella che era una zona degradata e poco frequentata è diventato un nuovo polmone verde adatto a famiglie e turisti.

Infine, tra Balduina e Montemario si apre una valle verde fatta di sentieri, calanchi e scorci improvvisi sulla cupola di San Pietro. Il Parco del Pineto è una riserva naturalistica vera e propria, che custodisce la biodiversità del versante nord-ovest della città. Spesso trascurato dai circuiti turistici, è invece uno degli spazi più autentici per immergersi nella Roma naturale, dove il profilo urbano sfuma tra pini, querce e silenzi.