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Il percorso delle panchine arancioni di Oslavia, dove la memoria cammina tra le vigne

Oslavia è un paese minuscolo, quasi un sussurro tra le colline del Friuli-Venezia Giulia: 150 persone circa, nessuna chiesa e più botti che abitazioni. Ma qui, tra i vigneti che disegnano la terra, ogni passo è un incontro con la storia. Letteralmente, perché sotto le radici della vite dormono i resti della Prima Guerra Mondiale; sopra, maturano i grappoli che hanno dato a questo territorio una seconda vita. È una convivenza silenziosa, quella tra passato e presente, dove la memoria non si cancella, ma germoglia e assume nuove forme.

Una di queste si chiama “Il percorso delle panchine arancioni”, un trekking ad anello lungo 12 chilometri che fa camminare tra vigne e boschi, sostando su terrazze naturali che guardano Gorizia e, più in là, la linea sottile di un confine che fino al 1992 separava l’Italia dalla Jugoslavia. Qui la geografia diventa introspezione e ogni panchina è un invito a sedersi e rallentare.

A crearlo sono stati quelli che, amichevolmente, vengono chiamati ‘i magnifici sette’. Sette produttori, sette cantine a conduzione famigliare che hanno trasformato la Ribolla, vitigno autoctono e tenace, nel simbolo di una rinascita. Hanno disegnato un itinerario che non ostenta, ma punta all’autenticità. Un turismo lento, di prossimità, che nasce dal gesto più semplice e disarmante: sedersi “e sconfinare con lo sguardo”, come recita una delle targhe che incontrerete durante il vostro cammino.

Il percorso delle panchine arancioni

Scarpe da trekking ai piedi, il percorso è il punto di partenza ideale per scoprire il territorio di Oslavia e i suoi preziosi vigneti, seguendo il ritmo dei filari che in autunno si infiammano di rosso.

Partendo dal Sacrario Militare, da dove comincia ufficialmente il percorso, il paesaggio che cominciamo ad attraversare è quello del Collio, una mezza luna verde incastonata nel Friuli-Venezia Giulia che non ha subìto i cambiamenti del tempo e della modernità. È rimasto quasi com’era prima, non c’è un esubero di strutture importanti, si è salvato dalla viticoltura intensiva e ha dato valore alle piccole forme di coltivazioni. Camminiamo dove dominano querce e gelsi che difendono il suolo, su una terra che si rigenera da sé.

Vigneti a Oslavia

@SiViaggia-Elena Usai

Uno degli scorci panoramici che troverete durante il trekking

Seguendo il percorso delle panchine arancioni, segnalato con un simbolo arancione dove compare l’acino d’uva della Ribolla, attraversiamo vigne nate dove un tempo sorgevano paesi distrutti dalla guerra. È un trekking lieve e abbastanza semplice se si è abituati a camminare, che alterna tratti di bosco e aperture sui colli, dove le panchine segnano le tappe del cammino, ciascuna con una storia da raccontare perché ognuna rappresenta una delle 7 cantine aderenti ad APRO-Associazione Produttori Ribolla di Oslavia.

Alcune panchine si intrecciano con storie del passato. D’altronde ve l’abbiamo anticipato all’inizio: a Oslavia il passato è dovunque. Siamo passati dove un tempo camminavano a passo svelto le portatrici carniche, donne che durante la Prima Guerra Mondiale trasportavano munizioni e viveri fino alle linee del fronte. E abbiamo ammirato il Monte Sabotino, oggi parco della pace e museo a cielo aperto, roccaforte strategica durante la Grande Guerra, conquistata dagli italiani nel 1916. Dalla sua cresta si domina l’Isonzo, fiume di confine e di passaggi, che scorre come una linea di memoria tra due mondi.

Persino il nome “Collio” cambia lingua in quattro versioni diverse, tutte con lo stesso significato, ‘collina’, tranne quella tedesca, che curiosamente indica la confluenza dei popoli.

La Banca della Ribolla di Oslavia

Il percorso delle panchine arancioni passa anche da un luogo importantissimo, appena inaugurato: la Banca della Ribolla di Oslavia. È un vigneto neonato, sorto accanto all’Obelisco dei Quattro Generali, in una zona che fino a poco tempo fa era coperta dai rovi. Oggi, questo che rappresenta il primo archivio genetico territoriale d’Italia, ospita 225 barbatelle, destinate a diventare la memoria vivente di un vitigno e di una comunità.

L’iniziativa è nata dai ‘magnifici sette’ (Dario Prinčič, Fiegl, Gravner, Il Carpino, La Castellada, Primosic e Radikon) con l’obiettivo di preservare il patrimonio genetico della Ribolla Gialla di Oslavia, salvando dall’omologazione le varietà originarie che qui hanno trovato il loro terreno d’elezione e custodendo la diversità: piante una diversa dall’altra, come le famiglie che le coltivano.

A Oslavia regna un altro ritmo, quello della Ribolla: un ritmo lento, fatto di attesa e di fiducia nel tempo. È il frutto di una comunità che ha saputo rinascere dalle macerie, riscoprendo nella cooperazione la propria forza. Gli abitanti si definiscono “Oslauzi”, né italiani né sloveni: semplicemente di Oslavia.

Vigneto

@SiViaggia-Elena Usai

Il percorso attraversa i vigneti dei 7 produttori di Oslavia
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Monumenti Aperti 2025: sei città protagoniste del 25-26 ottobre

Monumenti Aperti” è l’appuntamento che dal 1997 invita residenti e turisti a scoprire i luoghi della memoria collettiva d’Italia, e li esorta a varcare soglie spesso chiuse e a riascoltare le voci del passato.

L’edizione 2025, che prosegue fino al 9 novembre coinvolgendo 87 Comuni in 19 regioni, entra nel vivo anche nel fine settimana del 25 e 26 ottobre: sei nuove tappe si aggiungono alla grande mappa culturale diffusa tra Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Liguria, Marche e Sardegna.

In ogni luogo, migliaia di volontari e studenti diventeranno narratori per accompagnare i visitatori in un viaggio tra storia, arte e memoria viva.

Vado Ligure

In provincia di Savona, Vado Ligure apre le porte del suo patrimonio artistico con un percorso che unisce memoria civica e arte scultorea. Nei giardini pubblici lungo la via Aurelia spicca il Monumento ai Caduti, un’opera che segna una tappa fondamentale nella carriera di Arturo Martini. Realizzato nel 1923, rappresenta la prima grande commissione pubblica dello scultore, capace di trasformare la pietra in un linguaggio di dolore e rinascita.

Il legame di Vado con Martini è profondo e riaffiora anche nel “Pegaso Caduto”, monumento che porta la firma di Roberto Bertagnin, genero e allievo del maestro. L’opera nasce dal bozzetto originale ideato da Martini nel 1941 per commemorare l’aviatore Arturo Ferrarin: un cavallo alato che non simboleggia solo la caduta, ma il desiderio umano di spingersi oltre i propri limiti. Nel 1965 fu la città di Vado Ligure a credere nel progetto, commissionando a Bertagnin il completamento dell’opera, che divenne così un tributo non solo all’aviatore, ma anche al genio artistico del suo creatore.

Nella settecentesca Villa Groppallo, oggi sede del Museo Civico, sono conservati i gessi originali delle figure allegoriche che decorano il Monumento ai Caduti, insieme a opere come Il Cieco e Il Benefattore, dedicate alla vita e alla solidarietà della comunità vadese. Le sale del museo custodiscono anche reperti di epoca romana, provenienti dall’antica Vada Sabatia, a testimonianza della lunga continuità storica del territorio.

Volano

Nel cuore del Trentino, a pochi chilometri da Rovereto, Volano rivela una delle sue gemme più preziose: la Chiesa di San Rocco. Consacrata nel 1502, fu realizzata in segno di gratitudine e speranza verso il santo protettore, invocato contro la peste.

All’interno, un ciclo di affreschi trasforma le pareti in un racconto per immagini, destinato a un popolo che imparava “leggendo” con gli occhi. Ogni figura, ogni gesto dipinto rappresenta un frammento di fede e di quotidianità, un linguaggio visivo che ancora oggi parla al visitatore. La chiesa di San Rocco è la testimonianza di come, anche nei centri più piccoli, l’arte sacra sia stata capace di unire la comunità in un dialogo tra bellezza e speranza.

Trieste

Vista aerea panoramica del Faro di Trieste e della città

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Splendida vista aerea panoramica del Faro di Trieste e della città

A Trieste, il racconto di “Monumenti Aperti” attraversa le architetture del Novecento e approda alla Casa del Lavoratore Portuale, edificio costruito tra il 1938 e il 1942 sull’area dove un tempo sorgeva la vecchia pescheria cittadina. La struttura, emblema dell’architettura razionalista, riflette la volontà dell’epoca di ridisegnare l’urbanistica del fronte mare, trasformando le Rive in un nuovo volto moderno della città.

Oggi, quello che un tempo era un luogo di rappresentanza corporativa è diventato uno spazio dedicato alla cultura contemporanea: la Casa del Cinema di Trieste e il Teatro Miela ne occupano gli ambienti e restituiscono all’edificio la sua vocazione di luogo d’incontro e creatività. È un esempio emblematico di come la memoria architettonica possa essere rigenerata senza perdere la propria identità, trovando nel linguaggio del cinema e del teatro nuove forme di espressione.

Montefano

Tra le colline marchigiane, Montefano apre i suoi spazi alla curiosità con due luoghi che raccontano storie di passione e rinascita. Il Ciclo Museo, inaugurato nel 2024, raccoglie circa cento biciclette d’epoca e gli strumenti dei mestieri che un tempo le accompagnavano: il medico che percorreva chilometri per raggiungere i pazienti, il barbiere itinerante, il lattaio con il suo carretto.

A pochi passi, il Teatro “La Rondinella” si presenta come un perfetto esempio di “teatro bomboniera”, tipico dei piccoli centri marchigiani, nato alla fine del Settecento per soddisfare l’interesse crescente dei cittadini per il melodramma e la musica. Dopo anni di chiusura, il restauro concluso nel 2004 ha restituito al paese un luogo di incontro e cultura, oggi più vivo che mai grazie alle stagioni teatrali e alle iniziative locali.

In Sardegna: Olbia e Ozieri

La tappa sarda di questo weekend porta il pubblico in due centri dal patrimonio straordinario. A Olbia, il percorso di “Monumenti Aperti” si snoda tra archeologia, architettura e memoria urbana. Dalla Basilica romanica di San Simplicio all’antico Acquedotto “Sa Rughittola”, dalle mura puniche al Foro Romano, ogni tappa racconta un pezzo della storia millenaria della città. Il Museo Archeologico e la Biblioteca Civica Simpliciana diventano mete di approfondimento e partecipazione, mentre nel centro storico (tra le “Carreras Bezzas”) la città contemporanea incontra quella antica.

A Ozieri, invece, la manifestazione assume i toni di un vero e proprio itinerario culturale diffuso. Le visite guidate conducono alla scoperta delle Carceri Borgia, oggi spazio espositivo, e del ricco patrimonio religioso con le chiese di San Sebastiano, San Francesco, Nostra Signora del Rosario e Santi Cosma e Damiano.

I musei civici e diocesani propongono un viaggio tra arte sacra, archeologia e cultura materiale, mentre le grotte del Carmelo, di San Michele e di Mara raccontano una preistoria ancora viva. In un simile contesto, il Museo del Cavallo e quello dell’Arte Molitoria rievocano saperi e tradizioni che fanno parte dell’anima più autentica del Logudoro.

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Giornata delle Ville Venete: vivi la magia delle dimore che raccontano la storia

Torna anche quest’anno, sabato 18 e domenica 19 ottobre, la Giornata delle Ville Venete (GVV), l’evento diffuso che apre le porte di oltre cento straordinarie dimore tra Veneto e Friuli Venezia Giulia.

Giunta alla sua quarta edizione, la manifestazione rappresenta un’occasione unica per scoprire la bellezza, la cultura e il fascino senza tempo delle Ville Venete, veri scrigni di arte e tradizione che dal Cinquecento sono simboli dell’antico splendore della Serenissima Repubblica di Venezia.

Promossa dall’Associazione per le Ville Venete APS con IRVV – Istituto Regionale Ville Venete, e patrocinata da Ministero della Cultura, ENIT e Regione Veneto, la Giornata delle Ville Venete invita il pubblico a vivere oltre 150 esperienze tra storia, natura, enogastronomia e benessere.

Che cos’è la Giornata delle Ville Venete?

La Giornata delle Ville Venete è il primo evento diffuso di turismo esperienziale dedicato alle splendide residenze nobiliari. Non una semplice visita, ma un vero e proprio viaggio nell’essenza del territorio, per riscoprire l’eredità storica, artistica e paesaggistica che le ville custodiscono da secoli.

Ville storiche e giardini aperti per la GVV 2025

Ufficio Stampa

La Villa di Maser, Treviso

Le Ville Venete non sono solo monumenti storici, ma luoghi vivi che raccontano storie affascinanti. In occasione della GVV, queste dimore aprono eccezionalmente al pubblico, offrendo esperienze che uniscono arte, cultura, natura e sapori locali.

Durante il fine settimana, ogni visitatore potrà scegliere la propria esperienza tra sette cluster tematici: Heritage, Green, Family, Wine&Food, Dream, Wellbeing e Vita di Villa, per vivere un percorso personalizzato, adatto a tutte le età e interessi.

Attività proposte

La Giornata delle Ville Venete propone più di 150 attività distribuite in tutto il territorio, dalle colline del Veneto fino alla pianura friulana. Le iniziative spaziano dalle visite guidate a ville e giardini storici, anche con il supporto della realtà aumentata, alle esperienze sensoriali e gastronomiche come la merenda settecentesca, le degustazioni di vini autoctoni come il Prosecco o il Valpolicella, e i laboratori dedicati al benessere e alla vita in villa.

Tra le esperienze più suggestive, non mancano i percorsi di transumanza, le passeggiate nei parchi secolari e la possibilità di trascorrere una notte da sogno in una villa storica, respirando il fascino autentico di un’epoca passata.

L’autunno, con i suoi colori caldi e il profumo del vino nuovo, rende queste giornate ancora più affascinanti, regalando emozioni uniche tra arte, gusto e relax.

Giornata delle Ville Venete 2025 in Veneto e Friuli Venezia Giulia

Ufficio Stampa

I giardini di Villa Rizzardi, Verona

Informazioni per la visita

Per partecipare alla Giornata delle Ville Venete 2025, basta visitare il sito ufficiale dell’evento, dove è possibile consultare la lista completa delle esperienze e utilizzare i filtri di ricerca per selezionare la villa, la località o il tema desiderato.

Una mappa interattiva consente di visualizzare rapidamente tutte le ville aderenti in Veneto e Friuli Venezia Giulia, con dettagli su programmi, orari e modalità di prenotazione.

La maggior parte delle esperienze richiede la prenotazione anticipata, e alcune attività si svolgono anche in caso di maltempo – basterà utilizzare il filtro “E se piove?”.

Che si tratti di un weekend romantico, di un’uscita in famiglia o di un viaggio tra arte e gusto, la Giornata delle Ville Venete rappresenta un’occasione imperdibile per vivere da protagonisti l’anima autentica di una terra ricca di fascino, storia e ospitalità.

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Friuli autentico: seguire il corso del fiume Torre tra cascate nascoste e boschi autunnali

Il Friuli è una terra di confine che custodisce un cuore selvaggio e autentico nelle sue aree montane, laddove decine di corsi d’acqua hanno plasmato ciascuno la sua valle.

Uno di questi è il Torre, principale affluente di destra del fiume Isonzo. Nasce a un’altitudine di 529 metri sul livello del mare, nella catena prealpina dei Monti Musi. Le sue fredde acque hanno scavato e modellato, nel corso dei millenni, le aspre pareti rocciose delle Prealpi Giulie, creando forre profonde e paesaggi spettacolari nella parte nordorientale della regione friulana.

Attorno al corso del fiume si aprono diverse valli, ciascuna segnata da una grande abbondanza di acqua: affluenti, cascate e torrenti scorrono tra boschi maestosi e pieni di silenzi, dove il fluire dell’acqua ha lo stesso ritmo del passaggio delle stagioni.

Esplorare in autunno le Valli del Torre, in Friuli, significa intraprendere un viaggio a ritroso nel tempo, dove la natura e le tradizioni hanno un ruolo di primo piano nella quotidianità.

Tarcento, che il torrente attraversa, è la cittadina di riferimento delle Valli. Soprannominata la Perla del Friuli per la sua posizione scenografica, si è guadagnata l’appellativo di Città dell’acqua e del fuoco: un titolo che simboleggia da una parte l’anima naturale della città, legata al fiume Torre, dall’altra quella tradizionale, legata ai fuochi epifanici dei pignarȗl, molto sentiti e partecipati, attirando persone da tutta la regione.

fiume torre friuli autunno

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Celebrazioni dell’Epifania a Tarcento

Escursioni nelle Valli del Torre: castagne e foliage

I boschi che circondano il corso del Torre sono scenari naturali ideali per escursioni brevi e lunghe durante il periodo autunnale.

Da un lato sono una destinazione ideale coloro che amano il contatto con la natura, ammirare la trasformazione degli alberi e della vegetazione tutta con il passare della stagione e riempirsi le orecchie dei soli suoni dei propri passi nel sottobosco. Dall’altro sono comunque custodi di storia, leggende e antiche fatiche umane, nascondendo le tracce del passaggio dell’uomo.

In autunno le escursioni nei boschi delle Valli del Torre portano a scoprire la bellezza quasi monumentale dei castagneti nel momento dell’anno in cui i loro frutti sono protagonisti delle tavole friulane, e al contempo si ammira la tavolozza di colori che la natura dipinge sulle chiome dei faggi, delle querce, dei larici e degli abeti, mentre un sussurro di vento fa turbinare nell’aria le foglie che cadono.

Tra i boschi del Monte Faeit

Nelle vicinanze di Artegna, i boschi del Monte Faeit offrono un’escursione ad anello piuttosto impegnativa, che è però particolarmente raccomandata in autunno. Il Faeit, infatti, è considerato un vero e proprio paradiso delle castagne. Le frondose e larghe chiome di questi alberi coprono il cielo, mentre in alcuni tratti i ricci rivestono interamente il sentiero.

Il sentiero ad anello parte da Lavio di Mont, il vecchio lavatoio di Artegna, una struttura recentemente ristrutturata che funge da luogo di ritrovo e memoria della vita che un tempo si svolgeva su quelle pendici. Lungo la salita si incontrano tracce di vecchie strade lastricate, che testimoniano ancora una volta le tracce del passaggio umano da luoghi che adesso sono stati inghiottiti dal bosco.

Si arriva fino alla vetta del Monte Faeit, apprezzandone gli scorci panoramici, prima di tornare al punto di partenza concludendo l’anello. Si tratta di un percorso di circa due ore e mezzo di cammino, con un fondo a tratti piuttosto accidentato e in moderata salita, ma con uno splendido contesto naturale e un bosco con diverse varietà di flora che in autunno consentono di ammirare tutto il potere del foliage.

Le colline di Tarcento

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Le Prealpi Giulie nella zona di Tarcento

A proposito di castagne, il territorio di Tarcento offre un bel percorso autunnale lungo il percorso Tai Roncs dal Soreli, che si snoda dal centro cittadino al bosco di Coia, popolato da antichissimi castagneti.

Coia è la collina che sovrasta Tarcento, ma anche una frazione dalle radici antiche, divisa in varie piccole borgate montane e dove svettano i ruderi della torre di un castello in rovina. Da qui si gode di una vista ampissima sulla città sottostante e, verso ovest, sulla valle del fiume Tagliamento.

Il sentiero riscende attraversando un meraviglioso bosco di faggi che proprio durante ottobre e novembre dà il meglio di sé. L’itinerario è lungo circa cinque chilometri e si percorre in un paio d’ore, andando ad esplorare tutta l’area collinare intorno alla cittadina, tra zone coltivate, boschi e vedute panoramiche sulle Valli del Torre.

Anello Alta Val Torre

L’Alta Val Torre, ovvero la zona più vicina alla sorgente del fiume, che qui muove i primi passi, offre un ambiente incontaminato, lento e semplice, in grado di iniettare benessere e serenità in chi la visita, magari al ritmo dei propri passi.

A proposito del legame tra tradizioni e natura, ad esempio, l’autunno è la stagione ideale per affrontare una escursione come l’Anello dell’Alta Val Torre, un breve itinerario di poco più di quattro chilometri quasi totalmente pianeggiante.

Il percorso inizia e finisce a Lusevera, piccola località vicina alle sorgenti del Torre, per poi snodarsi su antichi sentieri di collegamento tra le frazioni della vallata. Lungo questo tragitto si incontrano le tracce della tradizione contadina nelle antiche casere, ormai inghiottite dai boschi, e nei sentieri lastricati in pietra. Una breve deviazione, particolarmente meritevole, consente di visitare Micottis, dove è possibile ammirare gli antichi lavatoi, peraltro ben segnalati lungo il percorso.

fiume torre friuli

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Le Valli del Torre con le tinte dell’autunno

Le cascate nascoste delle Valli del Torre

Inevitabilmente, lungo le Valli del Torre il tema centrale è l’acqua, che si manifesta in maniera spettacolare nei suoi tanti salti, spesso e volentieri celati da boschi maestosi, che nella stagione autunnale diventano ancora più spettacolari per chi li attraversa.

Le cascate nascoste delle Valli del Torre sono tra le gemme più preziose che raccontano il Friuli più autentico, strettamente legato all’elemento naturale. Si esplorano attraverso escursioni generalmente brevi, che ben si accompagnano alle giornate più fredde e più corte della stagione che volge verso l’inverno.

Cascata Cukula

Tra Platischis e Prossenicco, due frazioni molto piccole del vasto comune di Taipana, si trova un itinerario di grande bellezza che porta a una delle cascate più maestose del Friuli: è la Cascata Cukula, un luogo davvero fatato, con un salto d’acqua vertiginoso.

Il percorso è semplice e breve, e permette a chi lo intraprende di ammirare anche altre due belle cascate nascoste tra i boschi. Lungo appena tre chilometri e mezzo e con un dislivello in salita limitato, il sentiero offre una profonda sensazione di comunione con la natura, accompagnata dall’incessante suono dell’acqua, compagno di ogni passo. L’unica difficoltà da affrontare, in particolare in autunno, è il terreno reso scivoloso dalla grande umidità: anche nei periodi dell’anno più caldi il bosco imprigiona l’atmosfera, effetto esaltato nella stagione autunnale.

La prima cascata che si incontra è quella cosiddetta del vecchio mulino, dove i resti dell’edificio storico fiancheggiano un’ampia pozza blu. Qui, le acque del torrente si tuffano nel vuoto per circa dieci metri. Proseguendo, si incontra poco oltre una cascatella più piccola, per poi arrivare infine alla maestosa Cukula, nascosta nel folto del bosco. La Cascata Cukula compie un salto impressionante di ben 70 metri: è un luogo di mistico splendore che sembra sospeso nel tempo, come uscito da una storia fantasy.

Cascate Gemelle di Faedis

Brevissima è la passeggiata che consente di visitare le Cascate Gemelle, nei pressi di Faedis.

Il percorso all’interno del bosco per raggiungerle è suggestivo e facile, richiede poco più di dieci minuti di camminata dal parcheggio. Nonostante la vicinanza alla strada percorsa dalle auto, la radura dove si trovano le Cascate Gemelle appare incontaminata, con ogni traccia artificiale che rimane remota.

Il paesaggio è dominato dal verde, dato che le rocce tutto attorno ai due salti sono ricoperte da un fitto tappeto muschioso. Quando le piogge sono abbondanti, e dunque la portata del torrente più importante, il getto d’acqua si divide chiaramente in due zampilli gemelli, da cui il nome del luogo.

Data la semplicità del percorso, le Cascate Gemelle di Faedis sono visitabili tutto l’anno, ma il loro effetto scenografico è al suo massimo durante la stagione autunnale, quando i colori del contesto naturale tutt’attorno la rendono davvero una splendida sorpresa.

Cascate di Crosis

Cascate di Crosis Friuli

Lorenzo Calamai

L’immensa cascata principale delle Cascate di Crosis

Il salto forse più noto del fiume Torre è quello delle Cascate di Crosis, non lontano da Tarcento. Si tratta di imponenti salti d’acqua generati dalla costruzione di uno dei primi impianti idroelettrici del Novecento, che ha per l’appunto nella diga di Crosis, che imbriglia le acque del Torre, la sua opera principale.

Lo sbarramento genera una maestosa e spettacolare cascata dalle proporzioni mastodontiche. Per visitarla basta seguire il breve sentiero che scende al salto dalla località Ciseriis, ma attorno si trova anche un bel sentiero di grande valore paesaggistico, dalla durata di circa 45 minuti, che si sviluppa lungo le pendici meridionali del vicino Monte Stella, offrendo una veduta sui colli di Tarcento e sulle Valli del Torre. Scende infine sul letto del Torre per ammirare le Cascate di Crosis.

Qui le rive del fiume si affollano durante l’estate di bagnanti che cercano relax e refrigerio nelle gelide e cristalline acque, ma anche in autunno non sono pochi quelli che vi giungono percorrendo il breve anello, ammirando prima il bosco autunnale con i suoi scorci panoramici e poi il fragoroso salto d’acqua.

Il Sentiero delle Cascate dell’Orvenco

Fuori dal letto principale del Torre, poco a nord di Tarcento, si trova una ulteriore meraviglia acquatica lungo il percorso noto come Troi des Cascades, il sentiero delle cascate del torrente Orvenco che parte da Salt di Artegna.

Itinerario ideale da affrontare in ottobre e in novembre, è un anello lungo circa nove chilometri e affronta qualche salita non dura, ma certo impegnativa sulle pendici del Monte Faeit. Il percorso raggiunge una serie di cascate, alcune naturali altre artificiali, che sono una più affascinante dell’altra. Per farlo, però, passa anche attraverso boschi e radure che in autunno si tingono dei classici colori bruni tipici della stagione.

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Castelli aperti per un weekend: le dimore del Friuli-Venezia Giulia da scoprire il 4 e 5 ottobre 2025

Se volete scoprire la storia e le tradizioni del Friuli-Venezia Giulia attraverso le sue meravigliose dimore, segnate in agenda il weekend del 4 e 5 ottobre 2025. Manieri, residenze storiche e parchi privati, normalmente chiusi al pubblico, saranno i protagonisti di Castelli Aperti FVG, l’evento che vedrà al centro della scena 18 castelli.

Quattordici i manieri in provincia di Udine, tre in provincia di Pordenone e uno in provincia di Gorizia che potrete scoprire insieme agli stessi castellani oppure accompagnati dalle guide turistiche specializzate che conducono i visitatori in un viaggio all’insegna dell’arte e dell’architettura.

L’evento Castelli Aperti

Due volte all’anno, in primavera e in autunno, il Friuli-Venezia Giulia ospita l’evento Castelli Aperti, un’occasione speciale che permette di scoprire un patrimonio spesso nascosto e solitamente chiuso al pubblico: le residenze storiche private affacciate sul golfo o situate su verdi colline, immerse in grandi parchi o al centro di città di cui erano la dimora più prestigiosa.

Durante il weekend del 4 e 5 ottobre 2025, i proprietari aprono le porte dei loro manieri, palazzi e giardini, offrendo ai visitatori la possibilità di immergersi nella storia e nelle tradizioni locali. Non si tratta solo di una visita architettonica: in molti castelli vengono organizzati eventi collaterali come concerti, mostre, degustazioni di prodotti tipici e laboratori per famiglie, trasformando la visita in un’esperienza culturale completa.

Castelli Aperti è anche un viaggio nella memoria, perché consente di incontrare i custodi di queste dimore e ascoltare racconti tramandati di generazione in generazione.

Castello Villalta

Ufficio Stampa

Anche Castello Villalta tra le dimore aperte nel weekend

I castelli aperti per un weekend in Friuli-Venezia Giulia

Tra i luoghi da non perdere durante l’edizione autunnale di Castelli Aperti FVG c’è la Tenuta di Monastero ad Aquileia, residenza della famiglia Ritter de Záhony, che svela ai visitatori i suoi raffinati interni e il giardino storico, accessibili solo su prenotazione per piccoli gruppi. A Majano, il Castello di Susans accoglie con figuranti in costume, musica e una mostra dedicata all’artigianato locale, creando un’atmosfera che riporta indietro nel tempo.

Il Castello Patriarcale di Tricesimo, con dame, cavalieri e saloni addobbati a festa, offre invece una suggestiva rievocazione della vita medievale. Per chi ama unire natura e cultura, il Palazzo Romano di Manzano propone percorsi botanici guidati, esposizioni artistiche e degustazioni di prodotti tipici, dai vini del Collio all’olio extravergine d’oliva.

A Spilimbergo, il castello ospita preziose opere rinascimentali, tra cui il fregio di Giovanni da Udine, e due mostre dedicate alla scultura italiana e all’artista Ado Furlan, mentre la Rocca di Monfalcone, ricostruita dai Veneziani nel Cinquecento, invita a un vero viaggio nel tempo con rievocazioni storiche negli antichi fossati.

Infine, impossibile non citare anche il Palazzo Steffaneo Roncato, dove potrete visitare i luoghi che hanno fatto da location al film Gloria! di Margherita Vicario, che quest’anno ha vinto 3 David di Donatello, gli affreschi della scuola del Tiepolo e i luoghi vissuti anche dal poeta Gabriele D’Annunzio.

Le visite guidate partiranno all’inizio di ogni ora ed è necessaria la prenotazione: consigliamo di consultare il sito ufficiale dell’evento per trovare i contatti di riferimento per ogni dimora.

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Friuli: Cascate di Crosis, immenso spettacolo delle Prealpi Giulie

Vicino alla cittadina di Tarcento, in Friuli, le ciclopiche Cascate di Crosis sul fiume Torre rappresentano uno spettacolo imperdibile e una destinazione ideale per una giornata a bagno nell’acqua dolce.

La gigantesca cascata artificiale, infatti, campeggia imponente a margine di un bellissimo tratto di uno dei corsi d’acqua principali della zona settentrionale della regione, dove grandi rocce si alternano a piccole spiaggette bagnate da flutti cristallini. Uno scenario dai colori eccezionali: il turchese delle piscine naturali del Torre, il bianco delle rocce e dei sassi, il verde del bosco che circonda il letto del fiume.

In una terra che non lesina fantastiche destinazioni fluviali dove fare il bagno in acque cristalline, le Cascate di Crosis sono comunque tra i luoghi più scenografici, semplici da raggiungere e da vivere di tutto il Friuli.

Cascate di Crosis, come arrivare

Cascate di Crosis

Lorenzo Calamai

L’acqua cristallina delle Cascate di Crosis

Alle Cascate di Crosis si può avere accesso sia dal lato in destra orografica, e quindi dal piccola abitato rurale di Zomeais, oppure dalla sinistra orografica, con un breve sentiero che arriva direttamente al cospetto della grande cascata.

In quest’ultimo caso si deve percorrere la Strada regionale 646 che da Tarcento si dirige in direzione di Lusevera. Superata la frazione di Ciseriis, si trova uno spiazzo sul lato sinistro della strada in corrispondenza dell’ingresso ad un sentiero per pedoni e biciclette. È questo l’accesso al largo sentiero che scende verso la cascata: si deve quindi percorrere la discesa per circa duecento metri e raggiungere prima una sorta di palco dal quale si può ammirare tutta l’imponenza del grande salto, con il vento generato dal salto delle acque del fiume Torre che batte forte, portando con sé piccole gocce, e poi  la spiaggia sassosa alla destra della cascata artificiale.

Quando quest’ultima è alla massima potenza, però, può risultare difficile, a causa della forte corrente, l’attraversamento del fiume per passare sull’altro lato e inoltrarsi nel tratto più a valle del fiume Torre, dove ci sono rocce, spiaggette e piscine naturali ideale per passare una giornata sulle rive di un corso d’acqua cristallino ed ideale per fare il bagno o semplicemente rinfrescarsi nelle calde giornate estive.

Risulta pertanto consigliabile, soprattutto a chi volesse passare una giornata intera nel luogo, lasciare l’auto dove possibile a Zomeais. Tra le poche vie di questa piccola frazione non è difficile trovare il sentiero sterrato che porta sul letto del Torre, in destra orografica. Una volta giunti sulle sponde del corso d’acqua,  si può risalire verso la cascata grazie a un piccolo percorso, attrezzato con scalette e qualche piolo in ferro, ma facilmente percorribile e adatto a tutti. Sarà dunque più semplice accedere a tante piccole spiaggette di sassi bianchi, in corrispondenza delle piscine naturali cristalline del luogo. Il percorso attrezzato prosegue fino alla pozza principale sotto l’imponente cascata.

Breve storia delle Cascate di Crosis

Cascate di Crosis del fiume Torre, in Friuli

Lorenzo Calamai

Lo splendido colore dell’acqua alle Cascate di Crosis

Le Cascate di Crosis non sono naturali, ma frutto di una diga artificiale costruita negli ultimi anni del diciannovesimo secolo al fine di realizzare il primo impianto idroelettrico a scopo industriale di tutto il Friuli. Un impianto che è stato messo in funzione nel 1898 e che a tutt’oggi è ancora attivo.

L’enorme cascata alta quasi quaranta metri che caratterizza il paesaggio non è sempre attiva, poiché il flusso è irregimentato proprio dalla diga. Frequentando le Cascate di Crosis, infatti, capiterà talvolta di trovarla a piena forza, mentre altre volte sarà ridotta a pochi rigagnoli che scendono lungo il grande scivolo naturale di pietre fino alla polla sottostante.

Questo, oltre a permettere di fare il bagno nella piscina naturale ai piedi della cascata, circostanza che con il salto a tutta forza non è possibile, consente anche di addentrarsi nella forra che si apre sulla sinistra della cascata, al cui termine di trova la vera e propria diga, costruita su progetto di Arturo Malignani, inventore e imprenditore friulano tra i più rilevanti in Italia per lo sviluppo e le applicazioni dell’energia elettrica. A lui si deve, ad esempio, il fatto che Udine sia stata la terza città in Europa dopo Londra e Parigi ad avere l’illuminazione pubblica.

La diga di Crosis, invece, serviva a fornire di energia elettrica il Cascamificio di Bulfons, un opificio di discrete dimensioni alla periferia di Tarcento. Venne costruita intenzionalmente con pietre provenienti dai dintorni della diga stessa, in modo che potesse fondersi con l’ambiente circostante e risultare il meno impattante possibile da un punto di vista paesaggistico.

Cosa fare alle Cascate di Crosis

Cascate di Crosis del fiume Torre in Friuli

Lorenzo Calamai

A bagno nelle acque del Torre alle Cascate di Crosis

Sebbene una delle cose più emozionanti da fare alle Cascate di Crosis sia contemplare la colossale cascata artificiale che domina il paesaggio, il motivo per cui il luogo è particolarmente apprezzato è perché si presta alla grande a una bella giornata a contatto con gli elementi naturali sulle rive di un fiume dalle acque splendide come il Torre.

Qui la temperatura è sempre ideale, il sole è un gradito compagno, c’è sempre una gradevole ventilazione e le piscine naturali sono assolutamente imperdibili: con le loro trasparenze cristalline sono un richiamo imperdibile per un tuffo, malgrado la temperatura dell’acqua sia una bella sfida per i bagnanti più sensibili.

Quando la cascata principale è aperta al massimo della sua portata, l’ideale è prendere posizione in una delle tante spiaggette di sassi bianchi poco più a valle e godersi il rumore dell’acqua, il fluire sereno del fiume, la bellezza di un bagno rigenerante.

Cascate di Crosis del fiume Torre in Friuli

Lorenzo Calamai

Tutta la potenza delle Cascate di Crosis

Se invece il grande salto fosse ridotto o l’acqua fosse addirittura assente, questo consente di fare il bagno anche nella polla principale, proprio ai suoi piedi: è la più grande del luogo e corredata da una invitante spiaggetta di sassolini. Inoltre è assai affascinante l’esplorazione della forra a lato della cascata, fino alla diga, che però richiede un po’ di abilità per nuotare contro la leggera corrente.

Le Cascate di Crosis sono particolarmente interessanti da un punto di vista naturalistico, ma anche geologico. Qui il Torre, dopo essere passato all’interno di una profonda gola infossata fra i monti Stella e Bernadia, cambia il proprio contesto geologico passando in maniera visibile dai calcari grigi, una roccia sedimentaria formatasi nel periodo Giurassico che ha portato fino ai giorni nostri le tracce dei dinosauri, al più giovane flysch, una roccia risalente all’Eocene, appena 50 milioni di anni fa.

Il flysch ha una particolare conformazione a strati, tendente all’erosione, che può essere osservata nella parete rocciosa in destra orografica in corrispondenza della prima piscina delle Cascate di Crosis, quella ai piedi del salto principale.

Non occorre essere esperti o appassionati di geologia per riconoscere la bellezza delle particolari forme geometriche che caratterizzano le pareti rocciose attorno alla polla, caratterizzando il luogo anche da un punto di vista naturalistico, oltre che per l’evidente azione umana.

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Cammino di San Cristoforo: i 3 imperdibili itinerari

Il Cammino di San Cristoforo è un itinerario spirituale, naturalistico e culturale che si snoda tra le montagne e le valli del Friuli, attraversando antichi borghi, boschi, chiese affrescate e paesaggi incontaminati. Dedicato al patrono dei pellegrini e dei viaggiatori, questo cammino si ispira ai valori dell’accoglienza, della riflessione e della scoperta lenta del territorio.

A differenza di altri percorsi religiosi italiani, il Cammino di San Cristoforo ha una struttura modulare che permette di vivere l’esperienza in modi differenti, seguendo itinerari che si intrecciano tra spiritualità, escursionismo e turismo dolce.

I tre itinerari del cammino

Il Cammino di San Cristoforo si articola in tre diversi itinerari, pensati per offrire esperienze differenti a seconda dell’interesse del camminatore: spirituale, naturalistico o escursionistico. Ogni tracciato attraversa ambienti e territori specifici del Friuli, permettendo di scoprire il patrimonio culturale, religioso e ambientale della regione in modo lento e consapevole.

  • Percorso Pedemontano: è l’itinerario principale, che collega Gemona a Pordenone lungo circa 210 km, attraversando la fascia collinare tra il Tagliamento e il Livenza, con tappe in borghi storici, pievi e aree naturalistiche.
  • Percorso dei Magredi: segue un tracciato più pianeggiante nella steppa friulana dei Magredi, un ambiente arido e affascinante ricco di biodiversità, ideale per un cammino più contemplativo e accessibile.
  • Anello della Val Meduna: si sviluppa in ambito montano tra boschi, torrenti e piccole borgate della valle, offrendo un’esperienza più intima, selvaggia e adatta a chi cerca la quiete e l’immersione nella natura.

La Pedemontana

Il Percorso Pedemontano rappresenta il tracciato principale del Cammino di San Cristoforo, estendendosi per oltre 150 km attraverso la fascia collinare del Friuli occidentale, da Stevenà di Caneva a Spilimbergo. Questo itinerario offre un’esperienza immersiva tra natura, storia e spiritualità, attraversando borghi storici, pievi affrescate e paesaggi di rara bellezza.

Lungo il cammino, si incontrano due fiumi simbolo della regione: il Livenza e il Tagliamento, che hanno modellato nel tempo la geografia e la cultura del territorio. Le tappe si susseguono in un crescendo di paesaggi: dalle acque limpide di Polcenigo ai panorami della Val Meduna, fino alle colline moreniche del Tagliamento.

Ecco le tappe principali:

  • Tappa 1 – da Stevenà a Polcenigo (16 km, 300 D+, 4h): partendo dal borgo di Stevenà, si attraversano paesaggi rurali e si raggiunge Polcenigo, noto per le sue sorgenti e il sito palafitticolo del Palù di Livenza.
  • Tappa 2 – da Polcenigo ad Aviano (16 km, 300 D+, 4h): il percorso si snoda tra risorgive e colline, passando per il Parco Rurale di San Floriano e giungendo ad Aviano.
  • Tappa 3 – da Aviano a Malnisio (23 km, 300 D+, 6h): una tappa panoramica che attraversa boschi e piccoli centri abitati, con arrivo a Malnisio.
  • Tappa 4 – da Malnisio a Maniago (9 km, 300 D+, 2h30): breve ma suggestiva, conduce a Maniago, famosa per la tradizione artigianale dei coltelli.
  • Tappa 5 – da Maniago a Meduno (18 km, 300 D+, 5h): il cammino si addentra nella Val Meduna, tra paesaggi collinari e boschi, passando per Fanna e Cavasso Nuovo.
  • Tappa 6 – da Meduno a Paludea (15 km, 300 D+, 4h30): immersa nella natura, attraversa sentieri boschivi e piccoli insediamenti rurali.
  • Tappa 7 – da Paludea ad Anduins (14 km, 300 D+, 4h): il percorso attraversa la Val d’Arzino tra forre e ponti, fino al borgo di Anduins.
  • Tappa 8 – da Anduins a Valeriano (13 km, 300 D+, 3h30): si prosegue tra vallate e colline, passando per Pinzano al Tagliamento.
  • Tappa 9 – da Valeriano a Spilimbergo (9 km, 300 D+, 2h): l’ultima tappa conduce alla città del mosaico, Spilimbergo, tra arte e spiritualità.

I luoghi da non perdere lungo la Pedemontana

Il Percorso Pedemontano offre un mosaico di luoghi suggestivi che uniscono storia, natura e spiritualità. A Polcenigo merita una sosta il sito palafitticolo del Palù di Livenza, patrimonio UNESCO, immerso in un’area di risorgiva tra le più belle d’Italia. Aviano accoglie il camminatore con l’antico santuario della Madonna del Monte, sospeso tra montagna e silenzio.

A Maniago, oltre al pittoresco centro storico, vale una visita il Museo dell’Arte Fabbrile, che racconta la lunga tradizione artigianale del coltello. Proseguendo, si incontrano piccoli borghi come Fanna, Meduno e Paludea, dove il tempo sembra essersi fermato, tra case in pietra e antiche pievi.

Lungo il tragitto, numerose chiesette campestri custodiscono affreschi rinascimentali, testimonianza di una fede popolare profondamente radicata. Il cammino si conclude a Spilimbergo, con il suo Duomo romanico-gotico e la celebre Scuola Mosaicisti del Friuli, eccellenza artistica riconosciuta in tutta Europa.

Il percorso dei Magredi

Il Percorso dei Magredi è un itinerario ad anello di circa 130 km che si sviluppa in sei tappe attraverso la pianura friulana, tra risorgive, campi coltivati e l’area protetta dei Magredi. Lungo il cammino si alternano paesaggi agricoli, ambienti fluviali e piccoli borghi, offrendo un’esperienza di cammino dolce e contemplativa, immersa nella natura e nella storia del territorio.

È un tracciato più pianeggiante rispetto agli altri, adatto anche a chi cerca un ritmo più disteso e vuole esplorare un Friuli meno conosciuto ma altrettanto ricco di suggestioni. Le tappe principali sono:

  • Tappa 1 – da Pordenone a San Quirino (23,2 km, 300 D+, 5h): si parte dal quartiere di Villanova per attraversare le risorgive di Cordenons e giungere a San Quirino, tra ville storiche e paesaggi aperti.
  • Tappa 2 – da San Quirino a Maniago (20,8 km, 300 D+, 5h): il cammino prosegue lungo strade rurali e ambienti fluviali, costeggiando il torrente Cellina fino al centro storico di Maniago.
  • Tappa 3 – da Maniago a Solimbergo (18 km, 300 D+, 4h30): si attraversano i borghi di Fanna, Cavasso Nuovo e Arba, tra colline e paesaggi agricoli, fino alla terrazza panoramica di Solimbergo.
  • Tappa 4 – da Solimbergo a Spilimbergo (22,2 km, 300 D+, 5h30): il tracciato scende verso Sequals e prosegue tra vigneti e campi coltivati fino a Spilimbergo, capitale del mosaico.
  • Tappa 5 – da Spilimbergo a Vivaro (18 km, 300 D+, 4h30): il cammino attraversa la steppa dei Magredi, un ambiente unico e selvaggio, costellato da ghiaie, piante rare e silenzi assoluti.
  • Tappa 6 – da Vivaro a Pordenone (29,4 km, 300 D+, 6h30): ultima tappa lunga ma pianeggiante, tra campi, boschi golenali e rogge, fino a chiudere l’anello a Pordenone.

Cosa vedere assolutamente

Il Percorso dei Magredi si snoda attraverso paesaggi unici e suggestivi, dove la natura incontaminata e la storia si fondono in un’esperienza di cammino autentica. Tra i luoghi da non perdere, le risorgive di Cordenons offrono uno spettacolo naturale affascinante, con acque limpide che riaffiorano dal sottosuolo, creando un ambiente ricco di biodiversità.

Proseguendo, si attraversa il Biotopo dei Magredi di San Quirino, un’area protetta che conserva le caratteristiche praterie aride, habitat di specie vegetali e animali rare. Il cammino conduce poi a Vivaro, dove si può ammirare l’estensione della steppa friulana, un paesaggio che sorprende per la sua vastità e silenzio.

Infine, Spilimbergo accoglie i pellegrini con il suo centro storico ricco di arte e cultura, noto per la Scuola Mosaicisti del Friuli e il Duomo romanico-gotico, rappresentando una degna conclusione di questo itinerario immerso nella natura e nella tradizione friulana.

L’anello Val Meduna

L’Anello della Val Meduna è il percorso più intimo e selvaggio del Cammino di San Cristoforo. Si sviluppa per circa 50 km in tre tappe, attraversando boschi, torrenti e antiche borgate tra Meduno, Tramonti e Clauzetto.

Questo itinerario montano è ideale per chi cerca un’esperienza di cammino immersiva, lontana dai centri abitati e a stretto contatto con la natura. Il punto più alto del cammino è il Monte Valinis, da cui si ammirano panorami spettacolari sulle Prealpi e sulla pianura friulana. Lungo il percorso si incontrano villaggi abbandonati, mulattiere e paesaggi incontaminati che raccontano la storia profonda di queste montagne.

Le tappe sono poche, ma non per questo meno belle:

  • Tappa 1 – da Meduno a Campone (15 km, 300 D+, 4h): partendo da Meduno si sale lungo strade di montagna e sentieri forestali, attraversando il torrente Chiarzò e raggiungendo il tranquillo borgo di Campone.
  • Tappa 2 – da Campone a Tramonti di Sopra e ritorno a Campone (20 km, 300 D+, 5h): un percorso ad anello che tocca Tramonti di Sotto, Tramonti di Sopra e Palcoda, tra forre, cascate e le acque turchesi delle Pozze Smeraldine.
  • Tappa 3 – da Campone a Clauzetto (15 km, 300 D+, 4h): l’ultima tappa attraversa i Piani di Gerchia e le Grotte di Pradis, con viste spettacolari sulla valle e arrivo al borgo panoramico di Clauzetto.

I luoghi da visitare

L’Anello della Val Meduna attraversa una delle zone più autentiche e selvagge del Friuli, regalando al camminatore scorci silenziosi, boschi fitti e atmosfere sospese nel tempo. Tra i luoghi più suggestivi spicca Palcoda, un villaggio abbandonato nascosto tra i monti, dove le rovine delle case in pietra e la piccola chiesa restaurata raccontano storie di un passato remoto e resistente.

A Tramonti di Sopra meritano una sosta le celebri Pozze Smeraldine, con le loro acque turchesi incastonate tra le rocce, perfette per una pausa rigenerante nella natura. Lungo il percorso si incontrano anche il torrente Chiarzò, con i suoi ponti in legno e le gole incise, e i Piani di Gerchia, un altopiano verde da cui si gode una vista ampia sulle cime circostanti.

L’ultima perla del cammino è rappresentata dalle Grotte di Pradis, un complesso di cavità carsiche immerse in una forra spettacolare, custode di reperti preistorici e memorie ancestrali.

La storia e le origini del cammino

Il Cammino di San Cristoforo nasce da un’idea semplice ma profonda: riscoprire il Friuli Occidentale attraverso un percorso a piedi che unisca natura, spiritualità, tradizione e memoria. Non si tratta di un antico tracciato di pellegrinaggio risalente al Medioevo, ma di un progetto contemporaneo che si ispira alla figura di San Cristoforo, patrono dei viandanti, dei pellegrini e di chi affronta un viaggio con coraggio. Il cammino è stato pensato come un anello che collega luoghi simbolici della regione – pievi, santuari, borghi antichi e paesaggi naturali – con l’intento di valorizzarne la storia, la cultura popolare e la bellezza discreta.

Lungo l’itinerario si incontrano numerose chiese dedicate a San Cristoforo, spesso in posizioni sopraelevate o ai margini di boschi e valichi, a testimonianza del ruolo protettivo del santo nei confronti di chi affrontava lunghi spostamenti in terre di confine. Proprio il carattere di “cammino nuovo dalle radici antiche” rende questo percorso speciale: è una via di pellegrinaggio laica e accogliente, aperta a chi cerca silenzio, lentezza, introspezione o semplicemente una forma diversa di turismo consapevole.

Quando partire: il periodo migliore

Il Cammino di San Cristoforo può essere percorso in ogni stagione, ma i mesi ideali per affrontarlo sono la primavera (aprile–giugno) e l’autunno (settembre–ottobre), quando le temperature sono miti, le giornate ancora lunghe e la natura regala paesaggi particolarmente suggestivi. In primavera, la fioritura nei prati dei Magredi e i boschi della Val Meduna offrono scorci vibranti di colori e profumi. In autunno, le colline pedemontane si tingono di rosso e ocra, creando un’atmosfera raccolta e contemplativa.

L’estate è percorribile, ma può risultare impegnativa soprattutto lungo il Percorso dei Magredi, dove l’ambiente aperto e arido amplifica il caldo. L’inverno, invece, è sconsigliato per le tappe più montane (come quelle dell’Anello della Val Meduna), che possono essere soggette a neve o ghiaccio, rendendo i sentieri scivolosi e meno accessibili.

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Magredi: tutta la ricchezza delle terre magre del Friuli

A pensarci bene sembra quasi un ossimoro: il Friuli Venezia-Giulia è la più piovosa tra le venti regioni italiane, eppure ospita una delle cose che in Italia assomigliano di più alle grandi steppe eurasiatiche.

È Friuli, insomma, ma quando ti ci ritrovi dentro sembra di essere in Russia, in Kazakistan o nella pusta ungherese. Li chiamano Magredi, le terre magre: una zona arida, con limitate risorse di acqua dolce dove lo sguardo si perde su una lunga pianura fatta di ghiaia, sassi e bassa vegetazione, senza un albero all’orizzonte, fino a scorgere le montagne, lontano.

Sono terre povere, non adatte alle attività produttive, ma andandone alla scoperta si svela la loro ricchezza paesaggistica e naturalistica, il loro valore dovuto ad un ecosistema affascinante e unico, e semplicemente la bellezza di uno scenario raro e inconfondibile, destinato a rimanere nella memoria del visitatore.

Dove sono e che cosa sono i Magredi

La zona dei Magredi copre un’area di circa 10mila ettari nella parte occidentale del Friuli, che tocca dodici comuni della provincia di Pordenone, tra i quali spiccano Cordenons e Vivaro, piccolo borgo racchiuso tra il letto del fiume Meduna e quello del Cellina.

Proprio i due corsi d’acqua sono all’origine di questo particolare contesto naturale. Attraverso i millenni il Cellina e il Meduna hanno trasportato dalle montagne friulane verso valle un grande ammontare di detriti e, nella zona a nord-est di Cordenons, si sono depositati i materiali più fini. Si è dunque creata una distesa ghiaiosa che, per sua natura, lascia spazio all’acqua di filtrare negli strati inferiori del terreno. Ecco quindi che i due fiumi qui scompaiono, si celano agli occhi delle creature di superficie, lasciando soltanto una grande distesa grigia al loro posto.

Torrente cellina in Friuli

Fonte: Getty Images

Il torrente Cellina

A seconda della vicinanza rispetto alla lingua di ghiaia depositata dal fiume, si individuano tre sottocategorie dei Magredi: il greto è la fascia sassosa, dove spiccano solo piccoli arbusti e qualche erba, mentre la fanno da padroni muschi e licheni; il magredo primitivo è una zona più stabile, dove crescono alcune piante resistenti ad ambienti aridi come la splendida erica, con i suoi piccoli fiori di un rosa malinconico che si aprono a perdita d’occhio; infine il magredo evoluto, una fascia ancora più esterna assimilabile alla prateria, dove l’erba cresce folta e forte.

D’inverno tra i sassi dei Magredi crescono arbusti e un’erba verdi e resistenti, ricordando le pianure dell’Asia centrale. D’estate tutto ingiallisce, assomiglia più a una savana, senza perdere in fascino e bellezza. Al posto di leoni e gazzelle, queste terre sono il regno di lepri e cinghiali, ma soprattutto di tantissimi uccelli non comuni, come l’occhione, che depone a terra le proprie uova e si mimetizza nel grigio-verde delle sabbie, della ghiaia e dell’occasionale, sporadica vegetazione.

Come visitare i Magredi

I Magredi sono una zona estremamente versatile e alla portata di tutti per essere visitata. Ci sono percorsi escursionistici a piedi, percorsi per la mountain bike e itinerari da affrontare a cavallo.

Per una passeggiata breve l’ideale è il cosiddetto Biotopo di San Quirino, nelle vicinanze dell’omonimo abitato. Si entra all’interno del Sito di interesse comunitario Magredi del Cellina e ci si può avventurare alla scoperta di tutte e tre le diverse fasce: all’inizio si incontrano prati e campi coltivati, per poi trovare via via un terreno sempre più arido e brullo, decorato qua e là di fiori colorati. Si sente solo un grande silenzio tutto attorno, e lo sguardo si perde verso le imponenti montagne all’orizzonte.

Magredi fiori

Fonte: iStock

Le vedovelle celesti (globularia cordifolia) sono tra le poche piante capaci di sopravvivere nella zona più arida dei Magredi

Per gli amanti delle due ruote l’area è attraversata dal cosiddetto Anello dei Magredi, un percorso ad anello di circa 42 chilometri che attraversa Vivaro e San Foca, nel cuore delle steppe friulane, e poi raggiunge Maniago. È un percorso semplice, con un dislivello in salita davvero minimo, è che offre la possibilità di esplorare in lungo e in largo tutto il territorio della zona.

Le Risorgive del Vinchiaruzzo

Se i Magredi fanno della povertà di acqua la loro forza, poco più a sud le Risorgive del Vinchiaruzzo sono l’esatto opposto: nella bassa pianura a sud-est della cittadina di Cordenons riaffiorano le acque dei bacini montani e nascoste dai Magredi. Qui il terreno è argilloso, e pertanto non lascia all’acqua la possibilità di penetrare nelle profondità della terra, riportandola invece in superficie.

L’acqua che sgorga dal terreno si accumula in delle polle, chiamate olle, dando vita a dei piccoli stagni circolari e a dei canaletti, in una zona dove la natura si fa rigogliosa e il verde pullula: i salici contraddistinguono le immediate vicinanze delle rive, assieme ai pioppi. Diversi sentieri si snodano nell’area, permettendo al visitatore di esplorare ogni angolo di questa nicchia di Friuli.

Il contrasto fra l’area dei Magredi e quella delle Risorgive del Vinchiaruzzo è impressionante, ma è facile capire come i due contesti siano gemellari, inscindibili l’uno dall’altro. Un percorso ideale è infatti quello di partire dall’esplorazione dei Magredi a nord di Cordenons e arrivare, a piedi o in bicicletta, nella zona delle Risorgive, esplorando quanto la natura possa vivere di apparenti contraddizioni.

Cordenons e il Noncello

Fiume Noncello a Pordenone

Fonte: iStock

Scorcio sul Noncello

Scoprire i Magredi e le Risorgive è, tutto sommato, una grande avventura acquatica: dall’improvvisa assenza di acqua si parte e alla ricchezza totale si giunge. Il tutto ruota attorno ad un unico baricentro, che è il paese di Cordenons, alle porte di Pordenone.

I due luoghi condividono l’origine etimologica del nome: Pordenone deriva da portus naonis, il porto del fiume Naone, mentre Cordenons da curtis naonis, la corte sul fiume Naone.

Naone è l’antico nome del Noncello, un breve fiume con un corso di appena undici chilometri, ma la cui navigabilità in epoca antica aveva messo sulla cartina geografica sia Pordenone che Cordenons.

Per completare, dunque, una visita a tema acquatico del territorio dei Magredi non può mancare una visita a questo corso d’acqua di risorgiva, con una passeggiata lungo le rive del fiume che prende le mosse dal centro cittadino di Cordenons e arriva fino al Parco Fluviale del Noncello in centro a Pordenone.

Se in tempi antichi Cordenons aveva una rilevanza maggiore rispetto all’attuale capoluogo di provincia, i ruoli si invertirono a partire dal Cinquecento. Relativamente isolato tra la zona delle terre magre e il corso del Noncello, Cordenons ha conservato tradizioni di cui va orgoglioso, come una parlata di origine friulana diversa da quella di Pordenone, chiaramente di stampo veneto.

La cittadina di Cordenons merita una visita per scoprire Villa Badini Pasqualini, classico esempio di villa veneta settecentesca tra i più rilevanti della zona, e le opere d’arte ospitate nel Duomo di Santa Maria Maggiore, anch’esse di datazione settecentesca.

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Cammino delle Pievi: 20 tappe tra spiritualità e natura in Friuli

Il Cammino delle Pievi è un itinerario in una zona molto poco nota ai più: la suggestiva Carnia, in Friuli-Venezia Giulia. Ispirato al Cammino di Santiago de Compostela, si presenta come un sentiero escursionistico di lunga percorrenza a tappe che attraversa un territorio con una forte individualità geografica e storica.

Il percorso assume una particolare rilevanza storico-religiosa per i pellegrini, oltre che prettamente escursionistica, perché si snoda tra natura, storia e spiritualità, toccando le cosiddette “pievi”, luoghi di silenzio e riflessione spirituale.

Dove si trova e perché sceglierlo

Questo itinerario in provincia di Udine, nel cuore del Friuli-Venezia Giulia, attraversa valli e diverse cime montuose della regione. Scegliere questo cammino significa innanzitutto immergerti nella natura incontaminata della Carnia, ma anche scoprire la sua storia millenaria attraverso le antiche pietre e i racconti dei locali, oltre che intraprendere un viaggio di spiritualità e riflessione. Il percorso è transitabile sia a piedi che in bicicletta, ma persino a cavallo per molti tratti, adattandosi ai gusti di tanti tipi diversi di pellegrini.

La storia e le origini del cammino

Le Pievi della Carnia sono considerate la memoria dell’evangelizzazione delle antiche popolazioni alpine: queste architetture, spesso isolate su colli e alture, sono sopravvissute a secoli di cambiamenti e rappresentano istituzioni che governavano la vita dei locali, non solo spiritualmente ma anche dal punto di vista normativo e comunitario.

Il percorso nasce articolato in diciotto tappe, ma nel 2013 è stato esteso a venti, includendo le comunità e i territori dell’alta Val But, della Val Pontaiba e della Val Chiarsò.

Il tradizionale luogo di inizio del cammino è Imponzo di Tolmezzo, specificamente presso Casa Emmaus. Il punto di arrivo è la Pieve Madre, a San Pietro in Zuglio, l’antica Julium Carnicum romana.

Le tappe principali

Il Cammino aggiornato si compone di venti tappe complessive, per un totale di circa 260 km, con un dislivello positivo totale di circa 9.834 metri. Il che lo rende un percorso impegnativo, adatto ad escursionisti ben allenati, anche se può essere suddiviso in porzioni più brevi o percorso solo in parte, tenendo presente che la lunghezza media di ciascuna tappe è circa 14 km.

Ecco l’elenco delle venti tappe:

  • Tappa 1, Imponzo – Illegio (3.6 km, 326 D+, 0 D-, 1h 20′): si parte da Casa Emmaus e si sale dolcemente tra sentieri in pietra, boschi e muretti a secco, in un tratto breve ma già ricco di fascino, con alcuni strappi più ripidi che conducono alla Pieve di San Floriano.
  • Tappa 2, Illegio – Santa Maria Oltrebut (7.5 km, 300 D+, 200 D-, 2h 20′): il percorso, semplice e scorrevole, attraversa prati e tratti boscosi; è adatto anche a bici e cavalli, e regala scorci aperti sulla valle del But.
  • Tappa 3, Tolmezzo – Cesclans (9.5 km, 350 D+, 250 D-, 3h): si cammina lungo antichi ponti sul fiume Tagliamento, tra passaggi ombreggiati e angoli rurali che conservano intatta la memoria storica del territorio.
  • Tappa 4, Cesclans – Villa di Verzegnis (12.2 km, 430 D+, 400 D-, 5h): il sentiero alterna salite tra i boschi a tratti su asfalto, con rilievi dolci modellati dall’erosione e panorami suggestivi che accompagnano fino alla pieve di San Martino.
  • Tappa 5, Villa di Verzegnis – Invillino (8.5 km, 280 D+, 300 D-, 3h): l’ombra dei boschi di conifere e le pendenze moderate rendono questa tappa particolarmente piacevole e rilassante.
  • Tappa 6, Invillino – Enemonzo (10.2 km, 150 D+, 120 D-, 3h 40′): si cammina agevolmente su asfalto tra borghi ordinati e paesaggi rurali, in una delle sezioni più facili dell’intero cammino.
  • Tappa 7, Enemonzo – Socchieve (6.1 km, 200 D+, 150 D-, 2h 20′): un percorso vario tra tratti di sentiero e strade secondarie, che offre scorci sulla valle e attraversa l’affascinante borgo di Nonta.
  • Tappa 8, Socchieve – Forni di Sotto (19.6 km, 700 D+, 600 D-, 6h 30′): tappa lunga e impegnativa, con una prima metà in salita tra faggete ombrose e una seconda parte più dolce che scende verso Forni di Sotto.
  • Tappa 9, Forni di Sotto – Forni di Sopra (10.8 km, 200 D+, 150 D-, 3h 15′): un cammino tranquillo tra prati verdeggianti, acque limpide e la biodiversità rigogliosa della Valle del Tagliamento.
  • Tappa 10, Forni di Sopra – Sauris di Sotto (18.3 km, 650 D+, 500 D-, 7h): itinerario panoramico tra pascoli d’alta quota e viste aperte; lungo ma non difficile, con la possibilità di accorciarlo grazie alla seggiovia.
  • Tappa 11, Sauris di Sotto – Rifugio Tenente Fabbro (15.7 km, 780 D+, 480 D-, 5h): una salita iniziale decisa lascia presto spazio a boschi silenziosi e pascoli aperti, con ampie vedute sull’Alta Carnia.
  • Tappa 12, Rifugio Tenente Fabbro – Sappada (21.4 km, 650 D+, 950 D-, 7h): tra le tappe più lunghe, attraversa le Alpi Carniche e il gruppo dei Brentoni, offrendo un’esperienza alpina autentica e scenari spettacolari.
  • Tappa 13, Sappada – Prato Carnico (19.3 km, 800 D+, 1000 D-, 7h 30′): una tappa faticosa ma memorabile nella Val Pesarina, con panorami continui sui monti Peralba e Cogliàns. L’ascesa al Monte Talm è una deviazione consigliata per la vista mozzafiato.
  • Tappa 14, Prato Carnico – Cella (13.2 km, 420 D+, 350 D-, 3h 45′): un piacevole saliscendi tra boschi e prati della Val Pesarina, con belle vedute sui gruppi del Crostis e dello Zoncolan.
  • Tappa 15, Ovaro – Zovello (12.3 km, 500 D+, 400 D-, 4h): si cammina tra i panorami aperti della Val Degano e le prime pendenze verso la Val Calda, in un tratto soleggiato e arioso.
  • Tappa 16, Zovello – Timau (17.3 km, 700 D+, 600 D-, 5h 20′): lunga ma mai difficile, si sviluppa tra boschi fitti e mulattiere comode, con una salita centrale più impegnativa.
  • Tappa 17, Timau – Treppo Carnico (8.2 km, 250 D+, 300 D-, 2h 20′): cammino breve e rilassato tra colline erbose e qualche tratto asfaltato, ideale per recuperare energie.
  • Tappa 18, Treppo Carnico – Dierico di Paularo (11.8 km, 450 D+, 380 D-, 4h): attraverso le valli di Pontaiba e dell’Alta Incarojo, si scoprono angoli selvaggi e paesaggi sospesi nel tempo.
  • Tappa 19, Dierico di Paularo – Piano D’Arta (23.4 km, 850 D+, 920 D-, 8h): una delle tappe più lunghe e dure, con fondo irregolare e durata prolungata, ma panorami grandiosi e atmosfera solitaria ripagano ogni sforzo.
  • Tappa 20, Piano di Arta Terme – San Pietro (7.2 km, 300 D+, 250 D-, 2h 40′): un’ultima tappa breve e rigenerante, che culmina alla magnifica Pieve di San Pietro di Zuglio, cuore spirituale dell’intero cammino.

Le pievi e i santuari migliori lungo il percorso

Tra le pievi e i santuari che si possono ammirare lungo il percorso sono:

  • Pieve di San Floriano di Illegio: risalente al IX secolo, è uno dei primi luoghi di culto cristiano della zona. Situata in posizione panoramica, domina la Valle del But e offre una vista mozzafiato sul paesaggio circostante.
  • Pieve di Santa Maria Oltrebut: costruita nel VI secolo su uno spuntone roccioso, offre anch’essa un’ampia vista sulla Valle del But. La sua collocazione strategica lungo l’antica strada romana Julia Augusta ne faceva un rilevante punto di controllo.
  • Pieve di Santo Stefano di Cesclans: fondata nell’VIII secolo, rappresenta un significativo esempio di architettura religiosa antica. La sua storia è strettamente legata ai patriarchi di Aquileia, che la donarono all’Abbazia di San Gallo, testimoniando l’importanza del luogo nel contesto ecclesiastico dell’epoca.
  • Pieve di San Martino: situata a Villa di Verzegnis, venne fondata anch’essa nell’VIII secolo. L’edificio che oggi possiamo ammirare è il risultato di un rifacimento settecentesco, che ha preservato la memoria dell’antica costruzione integrandola in una nuova veste architettonica.
  • Pieve di Santa Maria Maddalena: sorge sul Col Santino, un antico insediamento paleocristiano. È considerata erede di una basilica missionaria fondata dalla sede patriarcale di Aquileia, testimoniando la diffusione del cristianesimo nelle aree montane.
  • Pieve dei Santi Ilario e Taziano: costruita tra l’XI e il XII secolo, è una delle principali testimonianze della storia religiosa locale. La sua fondazione si inserisce nel quadro della riorganizzazione ecclesiastica voluta dal Patriarcato di Aquileia, che puntava a consolidare la presenza cristiana sul territorio.
  • Pieve di Santa Maria Annunziata: arroccata in una posizione dominante, offre una vista spettacolare sui dintorni. Nelle vicinanze sorgeva l’importante castello di Nonta, uno dei principali presidi fortificati della Carnia.
  • Pieve di Santa Maria del Rosario: situata ai piedi delle Dolomiti Friulane, rappresenta un interessante esempio di architettura religiosa alpina. La sua storia è intrecciata con le tensioni e i conflitti con la vicina comunità di Forni di Sopra.
  • Pieve di Gorto: le sue origini risalgono al V secolo, rendendola una delle più antiche della regione. L’attuale edificio, frutto di numerose ricostruzioni, fu probabilmente eretto tra il VII e il IX secolo e conserva una storia ricca di eventi e trasformazioni.
  • Pieve di San Pietro in Carnia: fondata nell’VIII secolo, è legata a una delle più antiche tradizioni di evangelizzazione dell’area. Era retta da un Capitolo di otto canonici, ciascuno dei quali disponeva di un proprio appartamento annesso all’edificio, a testimonianza della sua rilevanza ecclesiastica e amministrativa.

Altre chiese o luoghi di interesse includono la chiesa di San Leonardo ad Osais, la chiesa di San Canciano martire a Prato Carnico, la chiesa di San Martino a Ovaro, il Monte Talm e la “Campana dell’amicizia” sulla sua vetta, nonché il “Clap dal Ors” (la pietra dell’orso) lungo la prima tappa.

Regolamento e permessi

Presso Casa Emmaus a Imponzo, i camminatori possono richiedere la Credenziale del Pellegrino: questo documento funge da diario del percorso, sul quale viene apposto un timbro ad ogni Pieve raggiunta. Al termine del cammino, la Credenziale timbrata consente di ricevere la pergamena dell’Indulgenza Plenaria.

Prima di partire, è consigliabile recarsi presso il punto informativo, sempre nella località di partenza, per reperire materiale informativo, gadget e aggiornamenti sui percorsi, le località attraversate, le pievi, le visite guidate e gli accompagnatori. I percorsi sono generalmente considerati facili e sempre percorribili, ma temporali violenti possono renderli dissestati. Si consiglia di consultare gli aggiornamenti sul sito e chiedere informazioni ai valligiani, guardie forestali o sezioni CAI locali.

Dove dormire sul Cammino Delle Pievi

Rifugi, malghe e agriturismi lungo il cammino sono generalmente aperti durante la stagione estiva e autunnale, tra il 15 giugno e il 30 settembre, salvo diverse indicazioni. Le prime otto tappe non necessitano di punti di ristoro.

Lungo il Cammino, sono disponibili diverse opzioni di alloggio come alberghi, B&B, agriturismi e alberghi diffusi, soprattutto in cittadine più grandi, come nella zona tra Ovaro e Piano d’Arta.

Cosa mangiare lungo l’itinerario

Qui, il camminatore incontra una cucina montana schietta e generosa, profondamente legata alla tradizione contadina e pastorale. I sapori di queste terre si esprimono nei cjarsòns, ravioli tipici dal ripieno agrodolce che varia da valle a valle, nei salumi affumicati come il prosciutto di Sauris o la pitina, e nei formaggi d’alpeggio, tra cui spiccano il formadi frant e il formadi salât. Zuppe rustiche, gnocchi di zucca o di pane, e selvaggina come cervo o cinghiale accompagnano spesso i pasti nei rifugi o nelle osterie di paese.

Non mancano i dolci della tradizione, come la gubana friulana o le crostate con confetture fatte in casa. Il tutto è sempre accompagnato da un buon bicchiere di vino friulano o, più tipicamente in quota, da una grappa aromatizzata alle erbe di montagna.

Perché scegliere questo percorso

Scegliere il Cammino delle Pievi significa intraprendere un viaggio immersivo nella natura, nella storia e nella spiritualità della Carnia. È un percorso che permette di collegare e riscoprire le antiche Pievi, testimoni della storia e della fede delle popolazioni alpine. Sia per pellegrini in cerca di riflessione sia per semplici amanti della natura, il cammino fornisce un’esperienza unica per rallentare, ritrovare se stessi e scoprire la bellezza selvaggia di questa regione, seguendo le tracce di pellegrini e viandanti di un tempo.

È un percorso accessibile che può essere affrontato per intero o per tappe, adatto anche alle famiglie: basta scegliere le tappe più breve e meno faticose per far partecipare anche i bambini a questo cammino di scoperta!

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Udine: un viaggio tra eleganza friulana, arte nascosta e sapori autentici

Udine è una città che non ama mettersi in mostra, ma che conquista con la sua grazia discreta, i dettagli raffinati e un’anima che sa di storia, cultura e convivialità. Capoluogo del Friuli, la città di Udine è una destinazione perfetta per chi cerca un weekend rilassato, tra piazze scenografiche, musei sorprendenti e una cucina che scalda il cuore.

Qui, in primavera ci si può godere un aperitivo con Spritz (a prezzi ancora genuini!) nel cuore del centro storico e magari partecipare a uno dei festival di cinema più importanti d’Europa, il Far East Film Festival, evento dedicato alla Settima Arte Made in Oriente. Insomma, per quanto “tacita”, Udine ha molte carte da svelare a chi vorrà visitarla.

Alla scoperta del centro storico

Il cuore della città

Il nostro itinerario inizia da Piazza della Libertà, considerata una delle più belle piazze veneziane del Friuli. Qui si affacciano la Loggia del Lionello, elegante edificio gotico in marmo rosa e bianco e la Torre dell’Orologio, che – affiancata dai due Mori e dal Leone di San Marco – ricorda quella di Piazza San Marco a Venezia, memoria di un passato in cui Udine fu parte della Serenissima.

Accanto, la Loggia di San Giovanni e il Tempietto di San Giovanni, completano questo angolo di città che sembra uscito da un dipinto rinascimentale, con l’Arco Bollani disegnato niente poco di meno che dal Palladio. Ma oltre alla sua bellezza scenografica, Piazza Libertà è anche un luogo vissuto: qui gli udinesi passeggiano, si danno appuntamento, partecipano agli eventi cittadini. Il consiglio è di fermarsi sotto i portici e osservare la vita che scorre, magari con un buon caffè in mano.

Piazza San Giacomo: l’anima autentica di Udine

Se Piazza Libertà è la vetrina elegante, Piazza San Giacomo (nota anche come Piazza Matteotti) è l’anima autentica e popolare della città. Qui il tempo sembra scorrere più lentamente, tra i tavolini all’aperto, le voci delle persone, i palazzi affrescati e la chiesa di San Giacomo, che dà il nome alla piazza.

Al centro troneggia la fontana di Giovanni da Udine, allievo del grande Raffaello. Tutt’intorno, caffè storici, negozi di artigianato e un’atmosfera vivace e accogliente che la rende perfetta per una pausa. In estate, qui si tengono concerti e proiezioni all’aperto; d’inverno, il mercatino di Natale la trasforma in uno scenario incantato. È il luogo ideale per vivere Udine come un udinese: sedersi, osservare, ascoltare.

Piazza San Giacomo, Udine

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Vista su Piazza San Giacomo a Udine

Da qui, una breve salita conduce al Castello di Udine, situato su un colle artificiale che domina la città. Al suo interno si trovano i Civici Musei, che ospitano collezioni di arte antica, moderna e contemporanea, oltre a una vista panoramica mozzafiato sui tetti rossi della città e sulle montagne circostanti.

Il Castello di Udine: un balcone sulle Alpi e la storia

Secondo una leggenda, il colle su cui si erge il Castello di Udine fu creato da Attila in persona, che ordinò ai suoi soldati di accumulare terra per poter assistere alla distruzione di Aquileia. Realtà o mito, oggi il colle regala una vista magnifica su Udine, sulle colline friulane e sull’orizzonte in lontananza.

Come già accennato, il castello ospita i Musei Civici, che meritano una visita: al loro interno si trovano la Galleria d’Arte Antica, il Museo Archeologico, una collezione di stampe e disegni, e le sale del Parlamento della Patria del Friuli, una delle prime istituzioni rappresentative dell’Europa medievale. Anche solo passeggiare nel parco del colle, tra alberi secolari e panchine panoramiche, vale la salita.

Il Duomo e il Museo del Duomo

A pochi passi dal centro, il Duomo di Udine, dedicato a Santa Maria Annunziata, sorprende per la sua facciata sobria e la ricchezza degli interni. È uno scrigno barocco che custodisce opere d’arte di grande pregio, tra cui affreschi di Tiepolo, sculture gotiche e l’imponente altare ligneo di Giovanni Martini.

Da non perdere accanto al Duomo, proprio nell’area della sagrestia, il Museo del Duomo: piccolo ma curatissimo, conserva arredi sacri, codici miniati, dipinti e reliquiari che raccontano la lunga storia religiosa e artistica della città. È uno dei musei meno conosciuti ma più sorprendenti di Udine, perfetto per chi ama l’arte e la bellezza nascosta.

Nei dintorni, le vie storiche come Via Manin e Via Vittorio Veneto offrono scorci suggestivi e botteghe artigiane dove il tempo sembra essersi fermato.

La Galleria d’Arte Moderna e la Casa Cavazzini

Gli amanti dell’arte contemporanea non possono perdersi, invece, Casa Cavazzini, sede della Galleria d’Arte Moderna di Udine. Ospitata in un palazzo storico ristrutturato con grande cura, la galleria espone opere di artisti del Novecento italiano ed europeo, da De Chirico a Sironi, da Morandi a Chagall.

Un’intera sezione è dedicata a Dino Basaldella e alla famiglia Basaldella, tra i nomi più importanti dell’arte friulana del ‘900. Interessante anche l’allestimento, che alterna sale moderne a spazi dove sono visibili affreschi quattrocenteschi perfettamente restaurati.

Cosa fare a Udine

A Udine le cose da fare sembrano non essere molte, ma ci sono, per tutti i gusti e le passioni.

Portici, Udine

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Gli eleganti portici del centro storico di Udine

Musei e cultura

Udine vanta una ricca offerta museale. Oltre ai Civici Musei nel castello, meritano una visita:

  • Casa Cavazzini, museo di arte moderna e contemporanea, ospitato in un palazzo ristrutturato con interventi dell’architetto Gae Aulenti.
  • Museo Diocesano e Gallerie del Tiepolo, situato nel Palazzo Arcivescovile, che conserva affreschi del celebre pittore veneziano Giambattista Tiepolo.
  • Museo Etnografico del Friuli, che racconta la vita e le tradizioni del popolo friulano attraverso oggetti, fotografie e ricostruzioni ambientali.

Eventi e festival

Udine è una città viva, che ospita numerosi eventi culturali durante l’anno. Tra i più importanti:

  • Vicino/Lontano, festival di incontri, dibattiti e spettacoli che si tiene a maggio.
  • Far East Film Festival: festival dedicato al cinema asiatico che si tiene annualmente tra aprile e maggio.
  • Friuli DOC, manifestazione enogastronomica che anima il centro storico a settembre, con stand di prodotti tipici, degustazioni e musica dal vivo.
  • Mittelyoung, rassegna teatrale dedicata ai giovani artisti dell’Europa centrale, che si svolge in primavera.

Vita notturna e locali

La sera, Udine cambia ritmo: il centro storico si illumina, i vicoli si animano e l’atmosfera si fa ancora più accogliente. La città non è caotica, ma sa offrire serate piacevoli all’insegna della convivialità, del buon bere e della cultura. Ecco le zone da vivere quando cala il sole:

  • Borgo Mercatovecchio: il cuore elegante della movida udinese, con i suoi portici storici, le vetrine accese e le piazzette piene di tavolini all’aperto. È perfetto per una passeggiata serale, un aperitivo o una cena all’aperto nei mesi più caldi.
  • Piazza San Giacomo e dintorni: qui si respira un’atmosfera rilassata e autentica, molto amata dagli udinesi. I palazzi illuminati creano un gioco di luci suggestivo, e spesso si trovano eventi o musica dal vivo. Un’area perfetta per chi cerca un ambiente vivace ma informale.
  • Zona del Castello: più tranquilla e scenografica, ideale per una passeggiata romantica dopo cena, soprattutto al tramonto. I bastioni e il panorama rendono l’ambiente suggestivo, con un fascino quasi cinematografico.
  • Via Paolo Sarpi e Borgo Stazione: una zona in trasformazione, frequentata da giovani, studenti e creativi. È il volto multiculturale e contemporaneo della città, dove si mescolano influenze diverse e nuovi linguaggi urbani.
  • Il Giardino Ricasoli e viale XX Settembre: aree verdi molto amate per rilassarsi nelle sere d’estate. Spesso ospitano eventi culturali, concerti, proiezioni o mercatini.

I dintorni, una gita fuori porta nel friulano

Udine è il punto di partenza ideale per esplorare il Friuli Venezia Giulia. Ecco alcune mete imperdibili:

  • Cividale del Friuli, antica città longobarda patrimonio Unesco, con il suo suggestivo Ponte del Diavolo e il Tempietto Longobardo.
  • San Daniele del Friuli, famosa per il prosciutto crudo e la Biblioteca Guarneriana, una delle più antiche d’Italia.
  • Palmanova, città-fortezza a forma di stella, esempio unico di architettura militare rinascimentale.
  • Venzone, borgo medievale ricostruito dopo il terremoto del 1976, noto per le sue mummie conservate nel Duomo.
  • Grado e Lignano Sabbiadoro, località balneari sul Mar Adriatico, ideali per una giornata di relax al mare.
Ponte del Diavolo, Cividale del Friuli

Fonte: iStock

Il Ponte del Diavolo di Cividale del Friuli attraversa il fiume Natisone

I sapori di Udine

La cucina friulana è ricca e sostanziosa, perfetta per i palati più esigenti (e farà innamorare anche coloro che non amano la polenta… Non l’avete mai assaggiata a Udine con funghi porcini e burro fuso di montagna!). Tra i piatti tipici da provare c’è il frico, un tortino dorato a base di formaggio Montasio e patate, croccante fuori e morbido all’interno, simbolo indiscusso della tradizione contadina.

Da non perdere nemmeno gli cjarsons, ravioli dal ripieno sorprendente a base di erbe aromatiche, uvetta e spezie, conditi con abbondante burro fuso e una spolverata di ricotta affumicata: un piatto che racconta la storia delle valli carniche.

Il muset e brovada è invece un connubio rustico e saporito, che unisce il cotechino friulano alle rape fermentate in vinaccia, un contorno antico e tipico del periodo invernale. Per chiudere in dolcezza, la gubana è un vero capolavoro: una spirale lievitata farcita con frutta secca, pinoli, spezie e un tocco di grappa.

Il tutto si accompagna meravigliosamente con i vini friulani, tra cui spiccano il bianco aromatico Friulano, il corposo Refosco dal peduncolo rosso e il pregiato Picolit, perfetto per i dessert.

Info pratiche

Come arrivare e muoversi

Udine è facilmente raggiungibile in treno, con collegamenti diretti da Venezia, Trieste e Milano. L’aeroporto più vicino è quello di Trieste-Ronchi dei Legionari, a circa 40 km.

In città, invece, ci si muove agevolmente a piedi o in bicicletta ma sono disponibili anche autobus urbani e taxi.

Quando visitare Udine

Udine è piacevole in ogni stagione, ma la primavera e l’autunno offrono temperature miti e colori suggestivi. In estate, le serate si animano con eventi all’aperto, mentre l’inverno regala un’atmosfera intima e raccolta, ideale per gustare i piatti tipici in una delle tante osterie.