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Castello di Limatola, il meraviglioso maniero che a Natale si trasforma in una fiaba

Nel cuore della Campania, tra le verdeggianti colline del Sannio solcate dal fiume Volturno, sorge un castello da fiaba che in un’occasione speciale dell’anno apre le porte trasformandosi in un villaggio di Natale dei sogni: è il Castello di Limatola, in provincia di Benevento, un’antica e affascinante fortezza normanna che sembra sospesa nel tempo.

Le pietre che compongono le sue imponenti mura sembrano ancora sussurrare le storie di dame e cavalieri, di battaglie e amori segreti. Finemente restaurato dopo anni di degrado, oggi ospita un hotel ed eventi privati, ma conserva intatto il fascino storico delle testimonianze di un passato remoto.

Il castello normanno rinato dopo l’abbandono

Costruito nel XII secolo dai Normanni, sui resti di un’antica torre longobarda, il maniero fu per secoli dimora di sovrani e famiglie potenti: tra le sue mura hanno vissuto dinastie come gli Aragonesi, i Sanseverino, fino ai Conti Della Ratta, che nel Quattrocento lo trasformarono in una raffinata residenza rinascimentale, e vi hanno soggiornato personaggi illustri come Carlo I d’Angiò e Garibaldi.

Le sue torri di pietra, le corti maestose e le sale affrescate raccontano ancora oggi storie millenarie di banchetti sontuosi, intrighi di corte e segreti celati nei secoli, rendendo questo castello una delle più suggestive testimonianze medievali del Mezzogiorno.

Il meraviglioso Castello di Limatola

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Le mura imponenti del Castello di Limatola

Nel Rinascimento, il castello visse una nuova stagione di splendore con interni arricchiti con affreschi ispirati alla Gerusalemme Liberata e alle grandi leggende cavalleresche. La chiesa palatina di San Nicola, al suo interno, conserva ancora il portale romanico e preziose opere del pittore Francesco da Tolentino, tra cui il polittico del 1527 con la Madonna col Bambino. La fortezza ospita anche un museo con testimonianze degli eventi storici del territorio, tra cui dipinti del 1861 che raffigurano la battaglia del Volturno.

Dopo un lungo periodo di abbandono, il maniero è rinato nel 2010 grazie alla famiglia Sgueglia, che ne ha curato un restauro minuzioso, riportandolo al suo antico splendore. Oggi, il Castello di Limatola è un luogo magico dove il tempo sembra sospeso: sede di eventi, mostre e celebrazioni, ma anche rifugio di pace e bellezza, dove il passato e il presente si intrecciano in un abbraccio di pura meraviglia.

Il Natale al Castello di Limatola

Durante il periodo natalizio, ogni anno, il Castello di Limatola si trasforma in un paesaggio da fiaba con il suo mercatino di NataleCadeaux al Castello“, uno dei più amati d’Italia.

Luci, profumi, artigianato di qualità, gastronomia e spettacoli si uniscono per dare vita a un evento coinvolgente che richiama centinaia di migliaia di visitatori da tutt’Italia.

Nel 2025, la XVI edizione dei mercatini di Natale al Castello di Limatola si tiene nei weekend di novembre (dal 7 al 9, dal 14 al 16, dal 21 al 23) e ininterrottamente dal 28 Novembre al 14 dicembre. Il tema? “Cirque de Noël”, un omaggio al mondo del circo e alla sua meraviglia senza tempo.

L’ingresso al mercatino di Natale è a pagamento, con biglietti acquistabili anche online attraverso il sito ufficiale Castellodilimatola.it. Per gli adulti ha un costo di 10 euro, per bambini dai 3 ai 10 anni di 5 euro, mentre è gratuito per bimbi sotto i 3 anni e persone con disabilità. Vengono offerti anche pacchetti famiglia consultabili sul sito web del castello.

Mercatino di Natale al Castello di Limatola

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Il suggestivo mercatino di Natale al Castello di Limatola

Dove si trova

Il Castello di Limatola domina dall’alto la valle solcata dal fiume Volturno e lo splendido borgo medievale di Limatola, in provincia di Benevento (Campania), regalando una vista spettacolare sul paesaggio circostante. In particolare, sorge tra il massiccio del Taburno, il monte Maggiore e i monti Tifatini, a pochi chilometri dal confine con la provincia di Caserta.

È facilmente raggiungibile in auto percorrendo l’autostrada A1 Napoli–Roma, con uscita a Caserta Sud, per poi proseguire lungo la SS7 Appia fino a Limatola (circa 20 km).

Chi viaggia in treno può scendere alla stazione di Caserta o Dugenta-Frasso Telesino, entrambe a circa 15-20 minuti di distanza, e proseguire con autobus o taxi locali. Diversi collegamenti bus regionali partono ogni giorno da Benevento e Caserta in direzione del borgo, rendendo il Castello di Limatola una meta comoda da raggiungere anche senza automobile.

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Castello di Stirling, dove aleggia il misterioso fantasma della Dama Verde

C’è un luogo, nel cuore delle Highlands scozzesi, dove la storia si intreccia con la leggenda, dove ogni pietra racconta di re e regine, banchetti e battaglie, sogni e potere. È il Castello di Stirling, una delle fortezze più maestose d’Europa, sospesa tra cielo e terra su uno sperone vulcanico da cui domina la valle circostante.

Da quassù, lo sguardo abbraccia il campo di Bannockburn, teatro delle gesta di William Wallace, e lo Stirling Bridge, dove è nata la leggenda di “Braveheart”, raccontata nel celebre film del 1995.

Una reggia fiabesca nel cuore della Scozia

Il meraviglioso Castello di Stirling è una delle più grandi fortezze in pietra della Scozia. La cittadina omonima sottostante, un tempo la capitale del regno, fu la residenza prediletta dei sovrani Stewart (o Stuart), che qui celebravano incoronazioni, battesimi e fastosi banchetti. Tra queste mura crebbe Maria Stuarda (Mary, Queen of Scots), che divenne regina di Scozia a soli sei giorni di vita, incoronata nella Cappella Reale nel 1543.

Castello di Stirling, in Scozia

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L’entrata del Castello di Stirling, in Scozia

Passeggiare oggi tra le sale del castello significa entrare in un racconto storico vivente: attori in costume interpretano dame, cavalieri e servitori, ricreando l’atmosfera del XVI secolo e facendo rivivere i fasti della corte.

A dominare è il Palazzo Reale, primo esempio di architettura rinascimentale nelle isole britanniche, un luogo dove arte italiana, potere e leggende scozzesi si intrecciano tra affreschi e statue monumentali. Da ammirare durante la visita al castello sono le Stirling Heads, i ritratti scolpiti nel legno che raffigurano re, regine e divinità, simbolo del potere e delle ambizioni europee di Giacomo V, ma anche gli Arazzi dell’Unicorno: sette capolavori intrecciati a mano che raccontano la caccia all’unicorno, simbolo eterno della Scozia.

Il castello custodisce anche la Cappella Reale, costruita in soli sette mesi per il battesimo di un erede al trono. Conserva tutt’oggi un’atmosfera solenne che riporta ai fasti (e ai segreti) della corte scozzese. Da non perdere anche le cucine del castello, dove prendevano vita i migliori banchetti delle grandi feste di corte.

Ci sono poi le Volte del Palazzo, i laboratori dei maestri d’arte dove nascevano le sculture e gli abiti dei sovrani, e il Museo del Reggimento che racconta storie di eroi e battaglie scozzesi.

Anche all’esterno, il Castello di Stirling regala emozioni: i Queen Anne Gardens sono un’oasi di pace affacciata sulle mura meridionali, mentre il King’s Knot, un antico giardino ispirato alla Tavola Rotonda, custodisce il mito di Re Artù.

Affacciandosi dal castello, poi, si aprono panorami sulla città e sulle Highlands scozzesi tra i più suggestivi e memorabili. Oltre alla cittadina di Stirling e i suoi cimiteri monumentali, si scorge in lontananza il mausoleo di Wallace, il campo di battaglia di Bannockburn e lo Stirling Bridge, dove iniziò la leggenda di William Wallace, che proprio in questo luogo sconfisse l’esercito inglese di Edoardo I d’Inghilterra. La sua storia è raccontata nel celebre film “Braveheart, cuore impavido” con Mel Gibson.

La leggenda della Dama Verde

Non solo storia e testimonianze del passato. Il Castello di Stirling è profondamente legato a una leggenda di fantasmi: tra le mura del castello sembra che aleggi lo spettro più famoso della Scozia, ovvero la “Dama Verde”.

Si racconta che fosse una serva della regina Maria Stuarda che, una notte, salvò la sovrana da un incendio nella sua camera. Lei perse la vita tra le fiamme, ma da allora appare ancora vestita di verde, scivolando lungo le scale del castello o sorvegliando tutti da lontano. Le sue apparizioni sono considerate presagi, tanto che negli anni è stata collegata a presunti incendi o eventi drammatici.

Visitare Stirling è come entrare in una fiaba scolpita nella pietra: un luogo dove passato e presente convivono, tra arte, leggenda e orgoglio nazionale.

Dove si trova e come raggiungerlo

Castello di Stirling è un monumento antico protetto gestito da Historic Environment Scotland. Si può visitare con una visita guidata, in molti casi in veste dei personaggi storici (c’è anche la possibilità di acquistare lo Stirling city pass che permette di visitare molte delle principali attrazioni). Anche i bambini si divertiranno: potranno vestirsi con costumi d’epoca e suonare strumenti medievali.

Raggiungere il Castello di Stirling è facile: in auto, si segue la A9 o la M9 fino al centro città. Qui si trova un parcheggio alternativo a quello del castello, che ha un numero limitato di posti.

In autobus, diverse linee collegano Stirling alle città vicine e al centro storico, con fermate a pochi minuti a piedi dal castello. In treno, la stazione di Stirling è servita da collegamenti frequenti da Edimburgo e Glasgow: dal centro della stazione, una passeggiata di circa 15 minuti porta direttamente all’imponente fortezza.

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Tra le strade di Gessopalena Vecchia: un viaggio tra passato e silenzio

Gessopalena Vecchia, in provincia di Chieti, è un borgo abbandonato costruito su una collina di gesso, materiale che ha permesso di ricavare nicchie e ambienti direttamente nella roccia. Le case in rovina e i vicoli stretti mostrano i segni della vita medievale, mentre tra le mura emergono tracce più antiche di insediamenti preromani e romani.

Il silenzio domina ogni spazio vuoto, ma questi non sono di certo privi di storie. Il paese appare fragile, sospeso tra memoria e tempo, con ogni pietra e ogni scorcio che suggeriscono la vita di chi lo ha abitato, lasciando alla fantasia il compito di completare ciò che è scomparso.

Radici e pietre: la storia del borgo

Costruito su una collina di gesso nel cuore d’Abruzzo, Gessopalena Vecchia si sviluppò nel Medioevo, sfruttando la particolare conformazione del suo prezioso terreno. I resti di insediamenti preromani e romani rinvenuti nei dintorni testimoniano che le colline circostanti erano abitate già secoli prima, mentre le mura in pietra e le strade strette raccontano la vita medievale che dominava la valle circostante.

L’abbandono si completò definitivamente nel 1959, quando la popolazione si spostò in direzione della nuova Gessopalena. Le case, oggi, cadono a pezzi, mentre i vicoli restano vuoti e la natura riconquista lentamente gli spazi, insinuandosi tra mura e nicchie crollate.

Gessopalena Vecchia, città fantasma

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Tra i vicoli della città fantasma di Gessopalena Vecchia

Architettura e paesaggi

Le case si stringono lungo vicoli stretti e tortuosi, disegnando un reticolo quasi improvvisato che segue le curve dello sperone di gesso su cui è sorto il paese, a circa 654 metri di altitudine. Alcuni edifici emergono quasi per fusione con la roccia: nicchie scavate nel gesso sono diventate cantine, stalle o depositi, mentre le facciate in pietra calcarea raccontano un’architettura medievale sobria ma resistente.

Nel cuore del centro si scorgono ancora tratti delle antiche mura difensive, come la cinta che in epoca medievale cingeva lo sperone roccioso.

In via Castello si erge la Chiesa di Sant’Egidio, oggi rudere, che conserva un portale cinquecentesco in pietra calcarea incorniciato nel gesso. Le porte, spesso ancora intatte, e le finestre basse lasciano intravedere cortili interni un tempo animati: botteghe artigiane, case di famiglie contadine e stanze che sopportavano il ritmo della vita quotidiana. Porte ad arco, una torre residua e diversi pozzi circolari completano la visita.

Il gesso ha senza ombra di dubbio influenzato profondamente la costruzione e la vita della località per via della sua morbidezza, ma al tempo stesso la friabilità ha reso necessari frequenti restauri, che divennero sempre più difficili da sostenere. Non a caso le cavità, la natura friabile del materiale e le difficoltà di manutenzione hanno giocato un ruolo nell’abbandono graduale e nel lento declino del borgo.

Sul piano paesaggistico l’effetto è impressionante: dalla collina si domina il panorama della Valle dell’Aventino e, nelle giornate limpide, si scorge anche il mare Adriatico all’orizzonte. La luce del tramonto attraversa i vicoli e accarezza le pietre sbiadite e tra balconi ormai divelti, imposte penzolanti e un vento che attraversa stanze spoglie, si coglie una quiete profonda. Le viti un tempo coltivate lungo i pendii sono diventate rovi, gli ulivi silenzio, e la natura riconquista gli spazi con ramificazioni sottili e determinazione lenta.

Nonostante questo, ci sono ancora tracce del tessuto quotidiano: l’arte del tombolo che un tempo facevano le donne del borgo, strumenti, utensili e ambienti che ospitavano mestieri semplici ma vitali.

Il fascino archeologico e poetico

Nel vasto agro che circonda Gessopalena Vecchia emergono tracce di insediamenti abitativi anteriori al Medioevo: il ritrovamento di reperti archeologici indica che l’area fu frequentata in epoca preromana, e successivamente integrata nel sistema romano.

Seppure non numerosi o sistematicamente esposti come in grandi siti archeologici, questi resti assumono grande valore per comprendere la lunga continuità dell’abitare in questo territorio.

In termini materiali, non sono pubblicizzate rovine facilmente visibili, ma lo stesso toponimo “Gypsum” (dal latino per la roccia di gesso) nei documenti antichi riflette il radicamento romano del territorio e l’importanza storica della zona.

Si può dunque immaginare che tratti di muri, canalizzazioni o fondazioni di epoca romana (o tardo‑romana) si trovino tra i sedimenti del borgo, magari inglobati nelle strutture medievali sovrastanti. Il risultato è una città ormai fantasma che porta impresse le stratificazioni: la roccia di gesso, gli ambienti scavati, le “case‑mura” medievali e sotto di esse, idealmente, la traccia di un mondo più antico.

Come visitare Gessopalena Vecchia

Per visitare Gessopalena Vecchia occorre attenzione. I vicoli sono stretti, le pietre dei gradini consumate dai secoli e alcune strutture instabili. Del resto, è pur sempre un luogo abbandonato e in cui non si può affatto escludere il rischio di crolli. Per questo motivo, è consigliabile seguire i sentieri principali, indossare scarpe robuste e rispettare i ruderi, evitando di calpestare nicchie o pareti che ancora raccontano storie antiche.

L’esperienza è tanto visiva quanto tattile e sonora: il contrasto tra il bianco lucente del gesso e la pietra calcarea delle facciate, i raggi del sole che attraversano i vicoli e illuminano archi e portali, il vento che porta con sé il silenzio della valle e il fruscio di ulivi e rovi danno vita a un paesaggio sensoriale unico.

Eventi culturali come le “Giornate FAI di Primavera” consentono occasionalmente al pubblico di approfittare di visite guidate e laboratori dedicati alla storia, all’architettura e al paesaggio circostante. In queste circostanze, è possibile percepire in modo più concreto l’integrazione tra il passato medievale, tracce romane e preromane e natura circostante.

Dove si trova e come arrivare

Gessopalena Vecchia sorge in provincia di Chieti e domina la Valle dell’Aventino, mettendo a disposizione una vista davvero in grado di emozionare. Per raggiungerlo, il punto di partenza più semplice è la nuova Gessopalena: da qui è facile arrivare a piedi al nucleo antico seguendo i sentieri indicati, immersi nel paesaggio di ulivi, boschi e colline.

Il percorso è agevole per chi ha un minimo di esperienza escursionistica, ma richiede attenzione in caso di pioggia o terreno scivoloso. Chi proviene da fuori regione può raggiungere la nuova Gessopalena in auto e da lì proseguire camminando verso il vecchio villaggio. C’è anche l’opportunità di arrivare al paese abbandonato con mezzi pubblici fino a Gessopalena, per poi proseguire sempre a piedi.

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Castello di Andlau, il Sammezzano di Francia

Due torri visibili da lontano, con la loro maestosità, spiccano il Monte Silberberg a 451 metri di altitudine e sono l’orgoglio di questo castello che domina le città di Andlau, un Comune di 1700 abitanti in Alsazia. Questa fortezza, dalla forma decisamente originale, ha una storia molto simile a una nostra.

La storia del Castello di Andlau

Costruito intorno al 1264 dai Signori di Andlau, cavalieri del Sacro Romano Impero di origine germanica, il castello fu – relativamente – risparmiato durante la Guerra dei Trent’anni (1618-1648). Confiscato come bene nazionale durante la Rivoluzione Francese, fu venduto nel 1796 a un mercante che, a partire dal 1806, lo vendette a sua volta pezzo per pezzo nell’indifferenza generale. Nel 1818, la famiglia Andlau lo acquistò per salvarne le vestigia. Ma ciò non è sufficiente per salvarlo da un progressivo deterioramento. Nel 1998, infatti, una parte di muro crolla ed è il segnale che giunto il momento di intervenire.

Questa constatazione ha portato alla creazione, nel 2000, dell’associazione “Amici del Castello di Andlau”. Un lavoro scrupoloso è attualmente portato avanti dall’Associazione, che stanno cercando di salvarlo dall’attuale stato di rovina in cui si trova. Un po’ come è accaduto in Italia con il celebre Castello di Sammezzano, in Toscana, che è stato salvato da dei comuni cittadini.

La forma insolita del castello

L’imponente fortezza dall’insolita forma poligonale più lunga che larga, quindi, è fiancheggiata alle estremità da due torri circolari, tra le quali si trova una luminosa sala residenziale, con molteplici finestre ad arco gotico.

Come visitare il Castello di Andlau

“La visita del castello è soggetta all’intera responsabilità dei singoli”, avvertono dall’Associazione Amici del Castello di Andlau. “Le rovine sono fragili, pertanto è bene fare attenzione a dove si mettono i piedi”. Per consentire a tutti di garantire la propria sicurezza, è vietato scalare i muri e spostare le pietre. L’Associazione organizza anche visite guidate a gruppi. Un po’ Urbex un po’ sito storico, il castello della Francia sprigiona misteri da tutti i pori.

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Il Castello di Andlau domina la collina
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Bulgaria Europa itinerari culturali Mar Nero Posti incredibili Viaggi Viaggi Romantici

Il Castello di Ravadinovo “innamorato del vento”, che cambia colore durante il giorno

I sogni d’infanzia possono diventare realtà anche se puntano alle favole: proprio come è successo all’architetto Georgi Kostadinov Tumpalov, che ha costruito pietra su pietra un magnifico maniero “innamorato del vento”, che cambia colore nell’arco della giornata: il Castello di Ravadinovo.

Non è una di quelle fortezze medievali arroccate su montagne e speroni di roccia, guardiane delle valli e dei mari che un tempo potevano portare attacchi nemici. È un castello fiabesco più moderno e unico nel suo genere, con la sua architettura stravagante e insolita, proprio come lo è la sua posizione: al centro di una verdeggiante pianura coltivata della Bulgaria, a due passi dalla costa meridionale del Mar Nero.

Il meraviglioso castello che cambia colore

Il castello di Ravadinovo è uno spettacolo per gli occhi: alte torri, campanili e recinzioni, ma anche una cappella, la cantina e un lago artificiale, sono stati tutti costruiti a partire dal 1996 con 20.000 tonnellate di pietra estratta dalle viscere dei Monti Strandzha, nella parte orientale della Bulgaria che si affaccia al Mar Nero.

Un sogno che si è avverato per l’architetto, progettista e sviluppatore Georgi Kostadinov Tumpalov, che ha creato una meraviglia fiabesca con un design fuori dai classici schemi e che ha voluto chiamare castello “innamorato del vento”.

La sua vera chicca? La pietra utilizzata per la sua realizzazione contiene tracce di micro-diamanti, che a contatto con la luce creano uno spettacolo di colori cangianti nell’arco della giornata: al mattino e durante il tramonto il castello ha sfumature rosa, durante il giorno diventa bianco e con la Luna piena brilla come una stella. Ma le sue particolarità non finiscono qui: a renderlo unico è anche la sua forma che ricorda uno stemma, simbolo di fiducia, amore e impegno per la sua costruzione e sviluppo.

Il fascino del castello si respira anche negli interni, dove si trova una galleria d’arte che ospita il Museo delle Porcellane e il Museo delle Mappe Antiche, sale sontuose e le “Stanze del Costruttore”.

Particolare delle torri all'entrata del Castello di Ravadinovo

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Particolare delle torri all’entrata del Castello di Ravadinovo

La fiaba continua anche nei giardini che abbracciano la fortezza, ricchi di alberi, piante e fiori esotici, laghetti, statue e addirittura il “Pozzo dei desideri“, oltre a tanta fauna: dai pesci ai cigni bianchi e neri, fino ai pellicani.

Un luogo mistico e romantico che ricorda le atmosfere di Disneyland e meta imperdibile durante un viaggio in quest’area dei Balcani, soprattutto per una giornata speciale in famiglia. Qui tutto sembra sospeso tra sogno e realtà, un luogo dove anche gli adulti tornano bambini e ogni pietra racconta la passione di chi ha voluto dare forma a un’idea che sembrava impossibile.

Dove si trova

Il Castello di Ravadinovo sorge a circa 2 km dalla città di Sozopol, affacciata al Mar Nero. Viaggiando in auto da Burgas verso sud, lungo questo tratto di costa della Bulgaria, si può raggiungere facilmente questa attrazione che regala momenti e scatti memorabili tra le sue architetture pittoresche. In loco si trova anche un comodo parcheggio gratuito.

Il castello "innamorato del vento" che cambia colore

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Il castello “innamorato del vento” di Ravadinovo
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Castello di Dunnottar, dove gli intrighi medievali incontrano la magia del cinema

Ci sono luoghi che sembrano creati apposta per diventare le location perfette di film epici, con le loro atmosfere sospese tra mistero e leggende antiche. Il Castello di Dunnottar, arroccato su impressionanti scogliere a picco sul Mare del Nord lungo la costa orientale della Scozia, è sicuramente uno di questi.

Questa antica fortezza medievale ha stregato registi, fotografi e viaggiatori di tutto il mondo con il suo fascino drammatico e i suoi panorami mozzafiato. Proprio come Franco Zeffirelli, che l’ha scelta come location per la sua trasposizione cinematografica dell’Amleto.

Lo spettacolare castello da film di Dunnottar

Costruito nel XV secolo, il castello ha visto tra le sue mura intrighi politici, assedi e leggende di fantasmi. Ma è nel cinema che Dunnottar ha mostrato il meglio di sé, diventando set di film iconici come “Amleto” di Franco Zeffirelli (1990), con Mel Gibson e Glenn Close: le scogliere e le rovine delle mura hanno dato forma a uno Shakespeare gotico e tempestoso.

Altre produzioni come “Victor Frankenstein” (2015), con James McAvoy e Daniel Radcliffe, “The Eagle” (2011), con Channing Tatum e Jamie Bell, e “Maria regina di Scozia” (2018), con Saoirse Ronan e Margot Robbie, hanno sfruttato l’aura drammatica del castello, trasformando la Scozia più selvaggia e romantica in scenari di mistero ed eroismo.

Passeggiando tra le sue rovine, tra torri semi-crollate e mura accarezzate dal vento, si percepisce ancora la stessa atmosfera che ha fatto da sfondo alle grandi storie del cinema: il senso di isolamento, potere e bellezza primordiale che solo una fortezza come questa sa regalare.

Un’altra curiosità? Anche Disney Pixar si sarebbe ispirata al Castello di Dunnottar per disegnare la casa della famiglia DunBroch nel film “Ribelle“.

Vista unica sul Castello di Dunnottar

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Vista spettacolare sul Castello di Dunnottar

Visitare il castello

Questa fortezza risalente all’alto Medioevo fu visitata da personaggi storici leggendari, tra cui William Wallace, Maria Stuarda e Oliver Cromwell. Le attuali rovine, risalenti ai secoli XV e XVI, erano un tempo una fortezza inespugnabile dei Conti Marischal, una delle famiglie più potenti della Scozia.

Per oltre 1.000 anni ha svolto un ruolo cruciale nella storia di questo territorio. In particolare, il castello è famoso per il suo ruolo nel salvataggio degli Onori di Scozia (i gioielli della corona scozzese) dall’esercito di Oliver Cromwell negli Anni ’50 del ‘600.

Raggiungere la fortezza è già un viaggio spettacolare di per sé: un sentiero panoramico si snoda lungo il promontorio che conduce al castello, con scorci magnifici tra mare e scogliere.

Una volta varcata la porta-torre, si esplorano mura antiche e ambienti ricchi di storia, dove le voci dei secoli passati sembrano ancora riecheggiare. Un’esperienza immersiva che unisce storia, mito e cinema, in un luogo dove le torri di pietra raccontano storie di coraggio, amore e tradimento, proprio come in un grande film.

Per visitarlo consigliamo di controllare il sito ufficiale del castello, verificando orari e ticket di ingresso e prenotando direttamente online la vostra avventura.

Dove si trova

Il magnifico Castello di Dunnottar sorge a 7 km a sud della storica città portuale di Stonehaven, lungo l’Aberdeenshire Coastal Trail, e a 33 km a sud dell’aeroporto internazionale di Aberdeen. Si tratta dello stesso territorio che custodisce anche il Castello di Balmoral, l’amato rifugio scozzese della famiglia reale che è stato set del film “The Queen” del 2006.

Si trova su una piccola penisola composta da alte scogliere a picco sul Mare del Nord, collegata alla terraferma soltanto da un istmo. In auto, si può raggiungere percorrendo la A92 e seguendo le indicazioni per Stonehaven/Dunnottar. A poca distanza dal castello si trova un parcheggio (ma con posti limitati).

Si può raggiungere anche prendendo un treno fino a Stonehaven e seguendo poi un percorso panoramico a piedi fino a destinazione.

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Il Castello di Arco è una meraviglia con 365 finestre, leggende e viste mozzafiato

Ci sono luoghi che sembrano appartenere più al sogno che alla realtà, e il Castello di Arco, in Trentino-Alto Adige, è esattamente uno di questi.

Abbarbicato su uno sperone di roccia che domina il borgo omonimo, l’Alto Garda e il suo splendido lago, appare come un nido di pietra sospeso tra cielo e terra, un simbolo di eleganza antica che incanta per la sua posizione spettacolare, i tesori che custodisce e le leggende di fantasmi che aleggiano tra le sue mura.

Visitare lo spettacolare Castello di Arco

Dall’alto dello sperone roccioso su cui è stato costruito nell’XI secolo, il Castello di Arco domina l’intera piana dell’Alto Garda e il borgo di Arco, allungando lo sguardo fino al Lago di Garda.

Salire fino a questo gioiello medievale, a 260 metri sul livello del mare, significa immergersi lentamente nell’anima del luogo, camminando tra ulivi secolari e mura antiche per godere infine di uno più spettacolari panorami di questo territorio: ai piedi si stendono verdeggianti vigneti, il borgo di Arco e la città di Riva del Garda, poco più in là, mentre tutt’attorno si innalzano imponenti montagne che si tuffano nel blu profondo del lago.

Ed è qui che la storia prende forma. Le prime testimonianze del castello vedono come proprietari i Conti di Arco, una delle famiglie più influenti del Trentino medievale. Tra assedi, incendi e ricostruzioni, il maniero ha attraversato i secoli mantenendo intatto il suo fascino misterioso. Passato in mano a diverse famiglie nel corso dei secoli, l’ultima proprietaria fu la contessa Giovanna d’Arco, marchesa di Bagno, fino al 1982. Nello stesso anno il castello è passato al Comune di Arco, che grazie a un’attenta ristrutturazione lo ha reso fruibile al pubblico.

Oggi, varcare la sua porta significa entrare in un tempo sospeso, dove immaginarsi ancora le voci dei cavalieri e delle dame di corte che lo vivevano.

Nella Torre Grande, gli affreschi del Trecento raccontano una storia di amore, eleganza e cavalleria: dame dai volti delicati, tornei e cavalieri, scene di vita di corte che sembrano danzare alla luce del giorno. Sono tra i cicli pittorici più raffinati del Trentino e bastano da soli a giustificare la visita.

La Torre Renghera è invece quella più alta e antica, dove la guarnigione poteva controllare il territorio.

Il borgo di Arco con vista sul suo castello meraviglioso

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Il borgo di Arco con vista sul suo castello

Leggende e misteri del Castello di Arco

Secondo alcune ricostruzioni storiche che si mescolano con le leggende, il castello originariamente contava oltre cento stanze e 365 finestre, una per ogni giorno dell’anno. Un simbolismo che unisce numerologia, mito e architettura, e che ha contribuito ad alimentare il suo fascino leggendario, che colpì anche il pittore tedesco Albrecht Dürer: nel 1495 lo ritrasse in un acquerello (“Fenedier Klausen”) oggi custodito al Louvre.

Tra le antiche mura del Castello di Arco non si respira solo la storia, ma anche mistero e leggenda. Si dice che questo luogo sia uno dei più infestati del Lago di Garda: il fantasma del crudele Antonio d’Arco, ucciso nel 1389, vagherebbe ancora tra le sale, mentre il brigante Ottavio Avogadro veglierebbe sui tesori nascosti nella rocca. Ma la storia più inquietante racconta che fu il Diavolo stesso a costruire il castello in una sola notte.

Dove si trova e come raggiungerlo

Il Castello di Arco si trova nell’omonimo comune che costeggia il fiume Sacra, in provincia di Trento, a 15 minuti di auto a Nord di Riva del Garda. Percorrendo l’Autostrada del Brennero A22 si esce a Rovereto Sud e si prosegue verso Riva del Garda – Arco.

Ci sono diversi parcheggi in cui poter lasciare l’auto per poi proseguire a piedi dal cuore di Arco verso il sentiero panoramico che porta al castello: il più vicino (e gratuito, ma piccolo) è quello che si trova lungo via Al Calvario. In alternativa ci sono i parcheggi di via Paolina Caproni Maini, l’ex Carmellini (nella stessa via) e il Foro Boario in via della Cinta.

Si può raggiungere anche in bicicletta percorrendo la pista ciclabile Valle dei Laghi che parte dalla località Linfano e si collega con la ciclabile Riva-Torbole-Mori.

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San Bernardino alle Ossa, la chiesa segreta (e più inquietante) di Milano

San Bernardino alle Ossa a Milano, di primo impatto, potrebbe sembrare una chiesa qualunque. Varcando la sua sontuosa soglia, però, ci si rende subito conto che non è affatto così. La sua fama nasce infatti da ciò che si trova oltre la navata principale: una cappella interamente decorata con ossa umane, organizzate in motivi geometrici e figure complesse, un ossario unico in città.

L’ambiente resta silenzioso e raccolto, e la precisione con cui le ossa sono disposte colpisce più di qualsiasi decorazione tradizionale. È un luogo segreto nel centro della metropoli, sorprendente per chi lo scopre e capace di lasciare una sensazione di quasi inquietudine che persiste ben oltre l’uscita.

La storia di San Bernardino alle Ossa

Tutto iniziò a metà del XIII secolo, quando i religiosi dell’ospedale del Brolo si trovarono a corto di spazio nel piccolo cimitero dello stesso istituto. Serviva un posto nuovo in cui raccogliere i resti dei defunti senza disperdere nulla e continuare a celebrare messe per chi lavorava o era malato. Fu così che venne costruita una chiesa dalla struttura semplice, con una sola navata, travi di legno e muri di mattoni, proprio come si faceva allora. Accanto ad essa, si decise di erigere anche un particolare ossario.

Secoli dopo, nel 1679, venne effettuato un restauro significativo della struttura. La ricostruzione rafforzò muri e travi, portando anche un totale rinnovamento e ampliamento della cappella dell’ossario. Le ossa del cimitero furono quindi sistemate sulle pareti in schemi geometrici, così tanto precisi da sembrare studiati come decorazioni. Da quel momento in poi, il luogo prese il nome di San Bernardino alle Ossa, cominciando a diventare quello che è ancora oggi: un edificio religioso raccolto, ordinato, e con un segreto che lascia senza parole quando lo si scopre.

La navata e gli interni principali del santuario

La navata principale del Santuario di San Bernardino alle Ossa è raccolta ma incredibilmente ricca di dettagli. Stucchi barocchi del Settecento corrono lungo le pareti, incorniciando piccoli dipinti votivi. Nelle nicchie si trovano statue di santi, tra cui San Francesco di Paola e Sant’Antonio da Padova, entrambe del XVIII secolo. Sopra l’altare maggiore, un affresco attribuito a Francesco Monti ritrae scene della vita di San Bernardino, con colori sbiaditi dal tempo ma ancora intensi nei panneggi e nei volti.

Il pavimento in marmo chiaro riflette la luce che entra dalle finestre alte, creando fasci netti che illuminano i dettagli dei capitelli e dei candelabri in ferro battuto del XVII secolo, segnati dalla ruggine e dal contatto con le mani di chi ha attraversato la chiesa nei secoli. L’aria ha odore di cera, legno e pietra antica, e il silenzio è interrotto solo dai passi dei fedeli. I rilievi vegetali delle colonne, le cornici dei quadri e i piccoli intarsi mostrano crepe, tracce del tempo e di manutenzione, e il contrasto tra la luce e le zone d’ombra mette in scena un senso di profondità e mistero, come se il posto trattenesse i segreti dei secoli passati.

La cappella dell’ossario di San Bernardino alle Ossa

Una porta laterale si apre su uno spazio raccolto e straniante. Il visitatore alza lo sguardo e nota enormi pareti interamente ricoperte di ossa, teschi e tibie, tutte sistemate con una precisione quasi ossessiva. Il ritmo delle ossa, infatti, non è casuale: qualsiasi elemento sembra scelto e posizionato per un motivo preciso, e insieme formano un disegno che somiglia più a un’architettura che a un ossario.

Nessun’altra chiesa di Milano ha qualcosa di simile, al punto che la stanza pare quasi respirare con una calma propria, indipendente dal resto della città. La luce che entra da una finestra alta taglia fasci stretti sulle pareti, illuminando alcuni teschi mentre altri restano in penombra, creando contrasti che disturbano lo sguardo e invitano a fermarsi.

Il pavimento scricchiola sotto i passi, i muri sembrano vibrare leggermente se ci si muove vicino, e le ossa emanano una fredda concretezza anche se non si possono toccare. Lo spazio è stretto, e quando si cammina tra le pareti aumenta la sensazione di essere circondati: le forme perfette dei teschi, le simmetrie delle tibie, la profondità delle ombre, tutto concorre a creare un senso di tensione silenziosa.

Cappella dell’ossario, San Bernardino alle Ossa

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Un angolo della cappella dell’ossario

Curiosità e aneddoti

Nei registri del Settecento i confratelli annotavano ogni spostamento dei resti e i piccoli lavori di manutenzione. Sfogliandoli, infatti, si percepisce ancora oggi quanto la vita intorno alla chiesa fosse fatta di gesti ripetuti e attenzione ai dettagli. Artisti e architetti passavano spesso da qui per osservare le geometrie delle ossa, segnando appunti su motivi e schemi, e tra le pagine dei documenti compaiono nomi di nobili milanesi che si fermavano a pregare o a curiosare tra le navate.

Durante le epidemie, la cappella dell’ossario serviva per conservare temporaneamente i resti, e si racconta che qualcuno, restando da solo nella navata, abbia percepito passi silenziosi o rumori leggeri che si diffondevano tra le pareti.

C’è poi una curiosa leggenda che narra che ogni 2 novembre, giorno dei Morti, una bambina le cui ossa riposano vicino all’altare torna in vita e trascina gli altri scheletri in una danza macabra. Non è chiaro chi abbia inventato questa storia, ma la domanda resta: chi avrebbe il coraggio di entrare qui proprio quel giorno?

Tutto ciò ha contribuito a costruire la singolarità di San Bernardino alle Ossa: un luogo che resta quasi nascosto tra le vie della città, ma che porta con sé centinaia di anni di storie, gesti e curiosità.

Come visitarla oggi

San Bernardino alle Ossa si trova in Piazza Santo Stefano, a pochi passi dal Duomo di Milano, nascosta tra le vie del centro. L’accesso è semplice: dalla metropolitana si scende alla fermata Duomo (linee M1 e M3), oppure si può arrivare con i tram 12, 15, 23 e 27, camminando qualche minuto tra le strade storiche del capoluogo lombardo.

Gli orari di apertura vanno, generalmente, dal lunedì al venerdì dalle 8:00 alle 18:00, il sabato dalle 9:30 alle 18:00 e la domenica dalle 9:30 alle 12:00. L’ossario è visitabile negli stessi momenti, tranne la domenica perché resta chiuso. L’ingresso è gratuito, ma essendo un luogo di culto ogni movimento va fatto con rispetto: la quiete e l’ordine consentono di osservare meglio le pareti, le opere e gli affreschi senza distrazioni.

Per chi vuole scoprire la storia più nel dettaglio, esistono tour guidati che durano circa 90 minuti. Chi sceglie questa opzione, però, deve assolutamente ricordarsi di effettuare una prenotazione.

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Bodiam, il maestoso castello medievale che sembra galleggiare sull’acqua

Il Castello di Bodiam, in Inghilterra, appare sin da subito solido, compatto e circondato da un grande fossato che lo fa sembrare sospeso sull’acqua. Le mura di pietra grigia sono fredde e ruvide al tatto, mentre le torri angolari dominano il cortile centrale, con scale strette che salgono in alto. Dentro, il pavimento scricchiola sotto i piedi e ogni feritoia racconta la tensione di chi, in passato, lo doveva difendere.

Il ponte levatoio è pesante, con catene arrugginite, e attraversarlo dà l’impressione di muoversi in uno spazio ancora funzionante. L’acqua intorno riflette tutto, e quando soffia il vento sembra che le torri respirino insieme al fossato stesso. Un posto davvero unico nel suo genere, e che da secoli incanta chiunque scelga di ritrovarsi al suo cospetto.

Un po’ di storia

Bodiam è stato costruito alla fine del XIV secolo da Sir Edward Dalyngrigge, un cavaliere tornato dalle campagne contro i francesi durante la Guerra dei Cent’Anni. Le mura, le torri e il fossato nascono come risposta concreta alla paura delle incursioni: qualsiasi pietra racconta ancora oggi la volontà di proteggere la famiglia e il territorio.

La struttura di questa meraviglia del Regno Unito non è cambiata molto nei secoli, e ciò permette di percepire il modo in cui era concepita la vita dentro e intorno ad esso. Le stanze interne, le scale strette e i corridoi lunghi mostrano chiaramente come la sicurezza fosse al centro di ogni progetto. Durante la Guerra Civile Inglese il castello subì danni e furono aggiunti accorgimenti difensivi, ma ogni modifica rimane visibile anche adesso, come traccia della storia concreta di chi lo abitava e lo difendeva.

Bodiam, castello

iStock@kjschoen

Il ponte che conduce verso il Castello di Bodiam

Cosa vedere al Castello di Bodiam

Varcare il ponte levatoio di Bodiam catapulta subito dentro un castello che racconta secoli di storia senza bisogno di tetto sopra la testa (sì, avete letto bene: alcune zone del maniero sono prive di copertura). Le torri e le mura si ergono sopra il fossato, e la luce filtra attraverso gli spazi aperti, ricordando che durante la Guerra Civile Inglese le forze parlamentari danneggiarono i tetti per impedirne l’uso ai realisti.

Tra le meraviglie da vedere al suo interno (anche se gran parte è ormai in rovina) c’è il Great Hall, la vecchia sala principale, che era quella in cui il signore e la sua famiglia ricevevano ospiti, organizzavano banchetti e conducevano affari. Il pavimento di pietra è oggi irregolare e consumato dal passaggio di secoli di piedi, ma sono ancora presenti archi che fanno attraversare stanze laterali che ospitavano magazzini e alloggi per i servitori.

Le alte finestre, senza vetri, lasciano entrare la luce e il vento, creando fasci luminosi e ombre che cambiano con il sole. Accanto, il Lord’s Hall era uno spazio più riservato, utilizzato dal signore per incontri privati o per gestire affari, con finestre strette verso il fossato e un grande camino che un tempo scaldava la stanza durante l’inverno.

La Buttery e la Pantry erano stanze dedicate al cibo e alle bevande. Nella Buttery venivano stipate le botti di birra e vino, mentre la Pantry serviva a tenere pane, formaggi e altri alimenti. Le nicchie e gli scaffali di pietra mostrano come fosse organizzata la vita quotidiana, separando gli spazi per le provviste dalle attività principali. La cucina, situata all’estremità del castello, è caratterizzata da grandi focolari e utensili in ferro battuto. Le pareti annerite dal fumo e il pavimento logorato sono testimonianze dei cuochi che lavoravano per preparare pasti per la famiglia e gli ospiti.

La cappella e l’oratorio erano spazi per la preghiera. La cappella, visibile lungo la parete est, ospitava la famiglia del castello e gli ospiti in momenti di culto, mentre l’oratorio sopra metteva a disposizione uno spazio privato per la meditazione. Le pareti custodiscono frammenti di affreschi e piastrelle decorative, piacevoli da guardare e dal profondo significato storico.

Le torri angolari contengono stanze strette destinate ai membri della servitù e agli uomini di guardia. Il cortile centrale conserva tracce di muri bassi, stalle e magazzini, con dettagli come fessure per l’acqua piovana, solchi sulle pietre e chiodi arrugginiti che raccontano la manutenzione e la vita quotidiana del castello.

Le incredibili leggende del castello

Una delle leggende più note parla di Mary Bradbury, una giovane donna maltrattata da un membro della famiglia Dalyngrigge, che si dice abbia lanciato una maledizione sul castello. La tradizione vuole che questa condanna abbia contribuito al progressivo deterioramento della fortezza e alla sfortuna dei suoi successivi proprietari.

Alcuni visitatori raccontano di aver visto figure sfuggenti tra le torri o sentito improvvisi brividi d’aria gelida in stanze vuote, come se le pietre custodissero memorie di vite passate. Feritoie, scale strette e corridoi silenziosi diventano allora scenari di presenze invisibili, e la luce che entra dall’alto mette in risalto ombre lunghe e angoli nascosti, dando al maniero un’aura misteriosa che continua a catturare l’immaginazione di chi lo esplora.

Come arrivare e info utili

L’affascinante Castello di Bodiam si trova nel villaggio che porta il suo stesso nome, in East Sussex, a circa un’ora e mezza da Londra. Arrivando in auto, si segue l’A21 verso sud e poi l’A265, con un parcheggio a pagamento.

Per chi usa i mezzi pubblici, il treno arriva a Robertsbridge, a circa 10 chilometri di distanza, da cui è necessario un breve viaggio in taxi, oppure si può prendere l’autobus 349 da Hastings a Hawkhurst, che ferma vicino all’ingresso. Nei fine settimana e durante le festività, i treni storici a vapore della Kent & East Sussex Railway fermano alla stazione di Bodiam, poco più di un chilometro dal maniero. Da aprile a settembre, inoltre, un traghetto lungo il fiume Rother permette di raggiungere l’ingresso via acqua, offrendo una prospettiva diversa e scenografica.

Il castello è aperto tutti i giorni dalle 10 alle 17, con ultimo ingresso alle 16:30; in inverno l’orario si riduce fino alle 15:30. I biglietti per il 2025 costano circa 14 sterline per gli adulti (16 euro), 7 sterline per i bambini dai 5 ai 17 anni (8 euro) e 35 sterline per una famiglia composta da due adulti e tre bambini (40 euro).

Tour guidati e attività stagionali completano la visita, e a disposizione ci sono anche alcuni percorsi accessibili in sedia a rotelle. Persino i cani possono accompagnare i visitatori nei terreni esterni e nel caffè, anche se non nelle sale interne.

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Il Lago Tekapo è il paradiso dei lupini: la fioritura fiabesca della Nuova Zelanda

Esistono luoghi nel mondo talmente incantevoli da non sembrare reali. Posti in cui la natura usa tavolozze di colori speciali e dipinge un panorama unico al mondo: uno di questi, in un particolare periodo dell’anno, si trasforma in un paesaggio mozzafiato che sembra sia stato pensato appositamente per raccontare la fiaba perfetta.

Montagne glaciali sullo sfondo, calme acque turchesi e cieli spettacolari che con il calare del sole infuocano l’orizzonte. Tutt’intorno una distesa infinita di fiori viola, lilla e rosa che creano sfumature meravigliose. Siamo in Nuova Zelanda, sulle sponde del Lago Tekapo, dove verso la fine di novembre la fioritura dei lupini mette in scena uno spettacolo meraviglioso.

L’esplosione di colori che conquista occhi e cuore

Conosciamo i lupini per essere presenti nel celebre romanzo “I Malavoglia” di Verga, ma tanti non hanno mai avuto la fortuna di assistere allo spettacolo della loro fioritura.

Tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre, ogni anno, per alcune settimane sulle sponde del Lago Tekapo torna la magia: il paesaggio si trasforma in un mosaico vivente di sfumature che vanno dal rosa al lilla e al giallo. Così, i lupini selvatici (Lupinus polyphyllus) invadono ogni angolo: colline, rive, sentieri. In quei giorni, il Lago Tekapo diventa un dipinto impressionista firmato dalla natura.

La fioritura mozzafiato dei lupini al Lago Tekapo

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La fioritura dei lupini al Lago Tekapo

È lo scatto perfetto che tutti vorremmo fare e il quadro che nessun artista potrebbe mai replicare: il contrasto tra le tonalità accese dei lupini, l’acqua turchese del lago, la neve residua sulle montagne e la natura incontaminata, creano uno scenario da sogno per chi ama la natura e vuole vivere un’esperienza visivamente indimenticabile.

Come ammirare la magia della fioritura

Il luogo migliore da cui ammirare le distese di lupini? Uno dei punti panoramici più amati è una suggestiva chiesetta in pietra affacciata al lago, la Church of the Good Shepherd. Ma non è l’unico: lungo la Godley Peaks Road si susseguono scorci perfetti per immergersi nella bellezza dei campi di lupini, magari partecipando a un’escursione guidata che porta nei luoghi più nascosti.

L’alba e il tramonto sono i momenti migliori per vivere questa magia, quando la luce si riflette sull’acqua, i fiori sembrano accendersi e il cielo si tinge d’oro. È in questo momento che il Lago Tekapo invita a riscoprire il legame tra uomo e natura in uno dei luoghi più puri e incontaminati del pianeta, e mostra la sua anima più poetica: quella che fa innamorare ogni viaggiatore.

Dove si trova

Il Lago Tekapo si trova nel cuore dellIsola del Sud della Nuova Zelanda, nella splendida regione del Mackenzie, circondata dalle Alpi Meridionali. Vi si arriva in auto in circa 3 ore da Christchurch e 3 ore e mezza da Queenstown, lungo una delle strade panoramiche più suggestive del Paese.

Un ultimo consiglio? Raggiungete anche il Mount John Observatory, da cui si gode una vista mozzafiato sul lago e sui cieli stellati che rendono questa zona una delle più limpide al mondo.