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In Italia è avvenuta un’altra importante scoperta

Nonostante decenni di scavi archeologici (e centinaia di scoperte incredibili), sotto terra si celano ancora tantissime sorprese. E ogni tanto qualcuna di esse torna ad emergere, rivelandoci dettagli inediti sulla nostra storia, sugli usi e costumi delle popolazioni che hanno abitato in passato il nostro Paese. Quello che è accaduto di recente nel sito di un’antica città etrusca, in effetti, è davvero incredibile.

La scoperta archeologica a Kainua

Alle porte di Bologna, nei pressi di un piccolo borgo nell’entroterra emiliano, sorge un importante sito archeologico: è qui che si trovano le rovine di Kainua, un’antica città etrusca tra le più importanti dell’Etruria Padana, fondata nel V secolo a.C. Nel suo perimetro e negli immediati dintorni sono stati rinvenuti non solo i resti di mura e antichi edifici che ci raccontano qualcosa in più sull’urbanistica di una società così lontana da noi, ma anche moltissimi reperti di grande valore storico e culturale. Proprio di recente, gli esperti hanno fatto una scoperta unica.

Una nuova campagna di scavo, condotta dalla professoressa Elisabetta Govi, ha portato alla luce diversi elementi che fanno chiarezza su alcuni dettagli finora sconosciuti delle popolazioni etrusche nella Pianura Padana. La prima scoperta è una cornice architettonica formata da un enorme portico eretto nei pressi del tempio dedicato alla dea Uni, come in Etruria non se ne erano mai visti. Ma, ancora più importante, gli archeologi hanno rinvenuto due teste di terracotta e alcuni frammenti che testimoniano l’esistenza di altri reperti simili sotterrati nei dintorni. Si tratta di teste votive rappresentanti alcuni volti femminili, e sappiamo che in passato venivano sepolte nell’area sacra della città.

Sebbene sia una consuetudine nota, finora questa era stata documentata solamente nella zona dell’Etruria Tirrenica. È invece la prima volta che gli esperti trovano traccia di teste votive a Marzabotto, dove (lungo la via degli etruschi) sorgono i resti della città di Kainua. “Queste scoperte andranno ad arricchire le collezioni museali, consentendo di comprendere sempre meglio gli aspetti di vita quotidiana di questa civiltà” – ha spiegato Denise Tamborrino, direttrice del sito archeologico di Kainua. Parole alle quali si aggiungono quelle di Giorgio Cozzolino, direttore Musei Emilia-Romagna: “Siamo molto entusiasti per queste nuove scoperte che confermano anche l’ottima e continuativa collaborazione con l’Alma Mater Studiorum di Bologna”.

Kainua, un importante patrimonio archeologico

La città etrusca di Kainua rappresenta un unicum nel suo genere: seppure alcuni dei suoi edifici vennero distrutti dal crollo di parte del pianoro su cui si trovavano, a causa dell’erosione dovuta alle acque del fiume Reno, l’impianto urbanistico è rimasto pressoché intatto e si possono ammirare ancora oggi tracce della sua planimetria. Molte sono le architetture di cui ci è giunta testimonianza, dalle numerose case-bottega alle due necropoli con le loro tombe e all’acropoli perfettamente conservata.

Ciò che ora è riemerso a Kainua va ad ampliare le nostre conoscenze sulla civiltà etrusca, e si va ad aggiungere alle numerose scoperte archeologiche delle ultime settimane. In tutta la penisola vanno infatti avanti lavori di ricerca sui principali siti archeologici, con l’obiettivo di individuare e preservare l’immenso patrimonio storico e culturale che si cela sotto un leggero strato di terra.

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Curiosità mete storiche siti archeologici Viaggi

Il sito archeologico più importante d’Italia apre di notte

Il sito archeologico più importante d’Italia ora può essere visitato anche di notte. A partire dal 1° luglio e fino al 26 agosto partono le passeggiate notturne a Pompei.

Itinerario notturno

Il percorso ha inizio da Porta Marina e conduce all’area monumentale del Foro Civile, dove si affacciano tutti i principali edifici pubblici per l’amministrazione della città e della giustizia, per la gestione degli affari, per le attività commerciali, come i mercati, oltre ai principali luoghi di culto cittadino.

Sulla parete interna laterale della Basilica sarà, invece, proiettato un video 79 d.C. basato su una selezione di circa 90 foto scattate durante l’emergenza pandemica.

Un resoconto inaspettato di una Pompei privata dei suoi visitatori e perfino del suo vulcano, attraverso immagini non da cartolina di largo consumo. E documentano inoltre anche i quattro depositi di Pompei (Boscoreale, Terme Femminili, Granai del Foro, Casa Bacco), normalmente chiusi al pubblico.

Il percorso si conclude con la visita all’Antiquarium, un edificio dell’’800 che ospita uno spazio museale dedicato all’esposizione permanente di reperti che illustrano la storia di Pompei.

Il 16 luglio è in programma anche un’apertura straordinaria serale di Villa Regina. Sono inoltre attese il 24 e 25 settembre le Giornate europee del patrimonio, con iniziative speciali nei vari siti del parco archeologico di Pompei e l’apertura straordinaria serale il 24 settembre dalle 20 alle 23 con ingresso a 1 euro.

Info utili

Tutti i venerdì sera (a eccezione di venerdì 12 agosto) dalle 20 alle 23 (con ultimo ingresso 22) si può camminare su quelle antiche pietre avvolti dalle suggestioni notturne, accompagnati da un suggestivo percorso sonoro e da proiezioni artistiche. L’ingresso serale a Pompei costa 5 euro. L’accesso sarà consentito fino a un massimo di 1500 persone, distribuite su fasce orarie (500 ogni ora).

Cosa vedere a Pompei

Anche se siamo abituati ad associare l’archeologia classica con Roma, il posto in cui si percepisce davvero come si poteva vivere nell’Impero romano è Pompei. Una città grande, importante e ricca, sepolta da 7 metri di cenere e lapilli per più di mille anni e con tantissimi segreti ancora da scoprire. A Pompei è possibile ripercorrere non solo i luoghi di culto o quelli di importanza storica ma anche la vita di tutti i giorni, come le sue tantissime taverne, i muri con le scritte di propaganda, il lupanare e le piccole botteghe.

L’anfiteatro pompeiano è davvero un’opera mastodontica arrivata ai giorni nostri in ottimo stato. Parliamo di una lunghezza di 135 metri per 104, poteva ospitare fino a 20.000 spettatori. Costruito nel I secolo a.C. ebbe per anni un calendario molto fitto di incontri, tra combattimenti tra gladiatori, giochi circensi, fu un centro importante per incontri politici e opportunità commerciali.

Siamo abituati a pensare alle statue romane, alle tantissime forme di architettura, urbanistica, ma abbiamo pochissime testimonianze dei loro dipinti. L’immenso valore aggiunto di Pompei è che si può ammirare la magnificenza, l’eleganza e la precisione dei dipinti romani, non solo i quattro stilli per affrescare gli ambienti, ma quando troviamo figure umane o animali il risultato è davvero mozzafiato.

Pompei è un sito in continuo divenire, spessissimo si aprono al pubblico aree nuove del sito, e altrettanto spesso si fanno nuovi ritrovamenti. Ogni volta è una nuova scoperta.

 

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Tornano le “Notti dell’Archeologia”, cosa non perdere

Durante il prossimo mese di luglio tornano, dopo lo stop causato dalla pandemia, le “Notti dell’Archeologia“, una storica rassegna estiva che conduce famiglie, giovani e viaggiatori alla scoperta di musei e siti archeologici della Regione Toscana.

Un mese di eventi in cui si susseguiranno concerti, visite guidate, proiezioni, laboratori e trekking serali per rivivere la storia e conoscere da vicino la cultura dei popoli che ci hanno preceduto e che ci hanno reso chi siamo.

Il programma delle “Notti dell’Archeologia”

È un programma ricchissimo quello delle “Notti dell’Archeologia”, a tal punto che si riveleranno una vera e propria occasione per vivere in modo autentico la storia e per visitare, allo stesso tempo, una delle regioni più belle d’Italia. Tanti gli appuntamenti, ma tutti con una sola missione: esplorare il territorio nella maniera più speciale e intima possibile.

Scoprire il patrimonio storico di questa zona del nostro Paese vuol dire concedersi una passeggiata tra le rovine della civiltà etrusca, per poi passare a fare una visita guidata tra le stanze di maestosi castelli, assistere a rappresentazioni, rievocazioni o rivivere la storia attraverso piccoli modellini da collezione in mostra nelle stanze di un museo.

In poche parole, le “Notti dell’Archeologia” torneranno ad animare l’estate toscana con una serie di appuntamenti che permetteranno a chiunque vorrà parteciparvi di rivivere la storia antica e moderna in modo originale e coinvolgente, ma anche di scoprirla nel caso in cui non si conoscesse.

Giunta ormai alla XXII edizione, questa importante rassegna è un vero e proprio viaggio nel passato che coinvolge tutti: dagli appassionati di storia fino ai bambini, per poi passare agli studenti, le famiglie e i curiosi di ogni età. Persone che sono in cerca di un punto di vista originale e di posti da scoprire che lasciano senza fiato.

“Notti dell’Archeologia”, come funzionano

Dal 1° al 31 luglio, i luoghi storici e culturali di una delle regioni più amate d’Italia si organizzeranno per garantire aperture straordinarie serali e notturne, conferenze sui temi dell’archeologia, trekking urbano e nei siti archeologici, visite guidate e iniziative didattiche dedicate ai più piccoli.

Dall’arte, al teatro, fino alla musica, sarà impossibile annoiarsi grazie alle tante attività e alle varie modalità per conoscere la cultura di questo territorio. Ci sarà chi sceglierà un concerto tra le mura di un castello medioevale, chi invece si affiderà alla tecnologia QR code, come ad esempio la Rocca Fiorentina di Fucecchio, e chi ancora preferirà il racconto a dei piccoli modellini da collezione, come fa il “Museo del Figurino Storico” di Calenzano.

Un’occasione imperdibile per visitare palazzi storici, siti archeologici e i musei meno conosciuti, lasciandosi trasportare lungo i secoli tra abbazie, civiltà preistoriche, oggetti sacri e leggende. Gli orari degli eventi varieranno a seconda della data e delle location, ma il tutto con l’obiettivo di soddisfare le esigenze di grandi e piccini.

Il ricco programma è quindi rivolto a un pubblico di tutte le età con lo scopo di suscitare l’interesse verso l’archeologia, la storia e tutto il patrimonio culturale della Regione, ricorrendo a stili e linguaggi diversi che poco hanno a che fare con quello accademico.

Non resta che approfittare di questa occasione, tanto unica quanto rara, per scoprire con altri occhi una delle regioni più incredibili del Belpaese.

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Albania Europa mete storiche Notizie siti archeologici Viaggi

Albania, un’eccellenza italiana per dar nuova vita al teatro di Durazzo

L’area archeologica della città di Durazzo si appresta a diventare un parco, polo culturale e hub tra i più importanti dell’Albania e del Mediterraneo: il progetto di riqualificazione e nuova configurazione è stato vinto dallo studio Stefano Boeri Architetti e SON Architects, a seguito del bando indetto dal Ministero della Cultura albanese e dalla Fondazione Albanese – Americana per lo Sviluppo (AADF).

L’obiettivo è quello della valorizzazione dei beni storici di Durazzo con anche la progettazione di una serie di itinerari in città che uniranno l’area dell’anfiteatro romano con il lungomare e altri monumenti di interesse storico-artistico di cui la città albanese è ricca.

Al via la progettazione del Parco Archeologico

Non è la prima volta che lo studio di architettura di Stefano Boeri lavora in ambito archeologico: in Italia ha già dato vita a progetti per Domus Area a Roma e per il Parco Archeologico di Ostia Antica. E anche in Albania sono numerosi i progetti che lo vedono già coinvolto.

Tra i lavori che portano la sua firma: il piano regolatore della città di Tirana, del Bosco Verticale, e del “Cubo di Blloku”, centro polifunzionale con uffici, ristorazione e attività commerciali.

Adesso la nuova sfida è “l’interpretazione, presentazione e valorizzazione dell’anfiteatro romano, del foro bizantino e delle terme romane, nonché della progettazione di una serie di percorsi urbani nel centro storico di Durazzo”, come riporta una nota stampa della Boeri Architects. “Il progetto darà anche vita a un parco archeologico nel cuore della città per residenti e visitatori”.

Un progetto che punta a restituire all’anfiteatro, per anni mai adeguatamente valorizzato, il suo ruolo di punto nevralgico dell’intera area archeologica, insieme alle terme e al foro bizantino, oggi purtroppo chiusi al pubblico e poco visibili.
Il foro, che fungeva da spazio pubblico per eventi e fiere, ha una superficie di 2530 metri quadri e conserva le tracce di un portico circolare con, al centro, un podio sotto al livello stradale, marciapiedi ed edifici mentre le terme si sviluppano per 700 metri quadrati e includono vari ambienti tra cui la piscina e il caldarium (il frigidarium e il tepidarium rimangono tuttora interrati).

L’anfiteatro, dalla forma ellittica, è un’icona e un punto di riferimento per il centro di Durazzo: anche se è stato trascurato a lungo e mai coinvolto in progetti specifici con la creazione, ad esempio, di un itinerario dedicato, è la principale attrazione archeologica della città e accoglie circa ventimila visitatori ogni anno.

Il progetto di Stefano Boeri prevede inoltre la realizzazione di nuovi percorsi urbani per facilitare la fruizione dei siti storici da parte di residenti e turisti. Continua la nota dello studio: “L’obiettivo principale del progetto è collegare il lungomare e il porto di Durazzo con le principali attrazioni turistiche della città, poiché molti beni culturali periferici sono ancora disconnessi e di difficile accesso per residenti e visitatori, ostacolando così il pieno sviluppo turistico”.

Il patrimonio storico e archeologico di Durazzo: è il momento di portarlo alla ribalta

Durazzo è una città che vanta un passato importante e beni storici di sicuro interesse, ancora poco noti, che devono essere finalmente valorizzati.

Lo ha sottolineato, a margine del concorso, Elva Margariti, Ministro della Cultura della Repubblica d’Albania: “L’anfiteatro di Durazzo non è solo un monumento culturale, ma una rappresentazione simbolica della città di Durazzo, una testimonianza della passata gloria di questa antica città, che deve essere restituita all’attenzione di ogni visitatore di Durazzo. I secoli hanno gettato un’ombra ma non hanno spento la luce dell’immenso patrimonio culturale di Durazzo, per questo motivo il progetto di conservazione e rivitalizzazione dell’anfiteatro è necessario per restituire parte della gloria ‘perduta”. L’anfiteatro dovrà tornare alla luce in tutta la sua grandezza e far parte della mappa culturale di Durazzo che avrà l’obiettivo di collegare, attraverso una rete di percorsi, tutti i monumenti della città”.

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Nuove scoperte nel sito archeologico più famoso del mondo

È uno dei siti archeologici più famosi del mondo e, forse, anche uno dei più misteriosi dal momento che non si riesce ancora a capire cosa sia esattamente. Uno dei luoghi che vengono ancora studiati, a tal punto da regalarci nuove e interessanti scoperte che aprono la strada verso una comprensione più chiara e maggiore.

Stonehenge, rivenute le tracce più antiche in assoluto

Siamo a Stonehenge, sito archeologico che si trova vicino ad Amesbury nello Wiltshire in Inghilterra, un luogo fuori dal comune a tal punto che ci si domanda ancora chi lo abbia costruito, se è un un monumento ai defunti, un posto per la memoria collettiva o uno spazio per cerimonie comuni.

Gli archeologi non hanno una risposta certa, e per questo sono sempre al lavoro: vogliono ricostruire storia e significato del sito Patrimonio Unesco. Ed è proprio durante uno dei tanti scavi nella zona che sono emerse nuovi stupefacenti risultati: oltre 400 fosse attorno al sito che testimoniano una frequentazione dell’area sin dal Mesolitico.

Un team di archeologi e geologi della University of Birmingham e della Ghent University ha riportato alla luce queste meraviglie di 2,5 metri di diametro. La più grande di queste misura 4 metri di diametro e ne è profonda 2. Secondo gli esperti risalirebbe a ben 10.000 anni fa e sarebbe la più estesa del Nord Europa, nonché antecedente alle famosissime pietre in arenaria.

Non è ancora del tutto chiaro a caso servissero, ma i ricercatori suggeriscono si tratti di potenziali pozzi preistorici utilizzati come trappole per la selvaggina di grosse dimensioni. Scavati sulle alture di Stonehenge, permettevano presumibilmente di avere una visione a 360° del paesaggio e della fauna selvatica qui presente.

Una sensazionale scoperta che confermerebbe la presenza di numerose attività umane nel sito ancor prima della collocazione dei primissimi megaliti. Il tutto grazie a complesso lavoro interdisciplinare che ha combinato indagine geofisica, carotaggi e scavi archeologici, insieme a un’articolata elaborazione informatica.

Le dichiarazioni degli addetti ai lavori

Koen Deforce, del Dipartimento di Archeologia della Ghent University, ha affermato che: “La nostra attenzione non si è concentrata sui molti monumenti di Stonehenge, ma su tracce più sottili del passato: resti di brevi rituali preistorici, o tracce di come le persone usavano la terra“.

Mentre Nick Snashall, archeologo del Stonehenge & Avebury World Heritage Site, ha dichiarato che: “Combinando nuove tecniche di rilevamento geofisico con carotaggi e scavi puntuali, il team ha rivelato alcune delle prime prove di attività umana mai rinvenute nel paesaggio di Stonehenge. La scoperta della più grande fossa del primo Mesolitico conosciuta nell’Europa nord-occidentale mostra che questo era un luogo speciale per le comunità di cacciatori-raccoglitori migliaia di anni prima che fossero erette le prime pietre“.

Infine Paul Garwood, professore di Preistoria presso l’Università di Birmingham, che ha affermato:”Quello che stiamo vedendo non è un’istantanea di un momento nel tempo. Le tracce che vediamo nei nostri dati abbracciano millenni, come indicato dal lasso di tempo di settemila anni tra le fosse preistoriche più antiche e quelle più recenti che abbiamo scavato. Dai primi cacciatori-raccoglitori dell’Olocene ai successivi abitanti dell’età del bronzo di fattorie e campi coltivati, l’archeologia che stiamo rilevando è il risultato di un’occupazione complessa e in continua evoluzione del paesaggio“.

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Alla scoperta della terra dei Faraoni Neri e delle loro piramidi

A sud dell’Egitto, da Assuan fino alla confluenza tra Nilo Azzurro e Nilo Bianco, dove oggi si trova Khartum, la capitale del Sudan, si estende la magica regione della Nubia, conosciuta come “la terra dell’oro”, per gli storici siti minerari presi d’assalto dai cacciatori del prezioso metallo fin dai tempi più remoti. Questa affascinante regione storica dell’Africa è però nota anche per i Faraoni Neri e per essere custode di piramidi, templi e rovine che costituiscono un patrimonio unico nel suo genere.

I tesori della Nubia, tra necropoli e piramidi dei Faraoni Neri

A partire dai primi anni del secolo scorso, sono state portate alla luce importanti testimonianze del periodo napateo e meroitico attraverso cui si è tentato di ricostruire la storia della Nubia successiva al regno della XXV dinastia, quella dei Faraoni Neri, che sarebbe durata fino al 653 a.C. Quest’area, che si estende fino alla quinta cateratta e che gli Egizi chiamarono Regno di Kush, è sorprendentemente ricca di siti archeologici e monumenti, attraverso cui si ripercorrono le tracce di un’antica civiltà che fu una sorta di anello di congiunzione tra le genti del bacino Mediterraneo e quelle dell’Africa subsahariana.

Ne è un fulgido esempio la necropoli reale di Meroe, una delle attrazioni più visitate del Sudan. Patrimonio UNESCO dal 2011, questa città millenaria, situata a nord-est di Khartum, custodisce il più ampio sito nubiano di piramidi (in origine ne contava oltre 200) che svettano sulla sabbia dorata del deserto quale simbolo del dominio dei Faraoni Neri. Poiché qui non c’è pericolo di imbattersi in orde di turisti (a differenza dei siti e monumenti presi d’assalto in Egitto) si possono contemplare in tutta tranquillità piramidi tombali di regine e re strutturalmente diverse da quelle egizie, più piccole, recenti e aguzze, benché purtroppo molte siano in cattivo stato di conservazione.

Diversi danni vennero inflitti dall’esploratore italiano Giuseppe Ferlini, che ne demolì oltre quaranta nella sua ricerca di tesori. La città ha lasciato testimonianze epigrafiche in geroglifici e in un proprio alfabeto particolare. Degno di nota è anche il tesoro della Candace, risalente al I sec. a.C., rinvenuto in una tomba della necropoli reale.

Kerma è, invece, uno dei campi di sepolture più antichi dell’Africa e uno dei più estesi siti archeologici della Nubia. In decenni di scavi e ricerche vi sono stati ritrovati numerosissimi oggetti, migliaia di sepolcri e quartieri residenziali. Nel suo Museo sono esposte le sette statue dei Faraoni Neri provenienti dal nascondiglio di Doukki Gel.

Le piramidi di Meroe

A spasso tra i templi della Nubia

Altrettanto suggestiva, Naga conserva i monumenti più significativi e intatti del periodo meroitico. Tra questi, il tempio del dio Amon, con sfingi raffigurate con la testa di ariete poste di fronte all’ingresso principale, e il tempio di Apedemak, un dio-guerriero dalla testa di leone.

Non lontano da Naga, si trova Musawwarat es Sufra con due importanti testimonianze del Regno di Kush: il tempio del Leone, dedicato ad Apedemak, e il complesso chiamato “Grande Recinto” , che racchiudeva tre templi, due dei quali si alzavano sopra piattaforme, circondati da una serie di cortili e da altre costruzioni la cui destinazione risulta tuttora sconosciuta.

Musawwarat es Sufra Grande Recinto

Il Grande Recinto del sito di Musawwarat es Sufra

Vicino alla moderna città di Karima ci si imbatte nella vasta necropoli di El-Kurru, mentre a meno di 400 km dalla capitale del Sudan si incontra l’area archeologica del Jebel Barkal, la “Montagna Pura”, Patrimonio dell’Umanità dal 2003 e centro spirituale del Regno di Kush, custode di templi in parte ancora inesplorati.

Alle pendici del Jebel Barkal, si può ammirare il tempio rupestre di Mut, dedicato alla compagna del dio Amun. Dal 2013, l’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro di Roma collabora con la National Corportation of Antiquities and Museums per la salvaguardia del sito Patrimonio UNESCO. Il complesso cantiere di restauro, diretto da Maria Concetta Laurenti, ha consentito il recupero delle straordinarie pitture murali del tempio.

Le straordinarie pitture murali del tempio rupestre di Mut

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Scoperta in Italia una nuova necropoli

Gli scavi archeologici hanno portato alla luce antiche testimonianze che coprirebbero due secoli di storia. Si tratta di 17 sepolture riconducibili tra I secolo a.C. e V secolo d.C. che la Soprintendenza ha inserito in un contesto ancora poco esplorato, se non addirittura completamente sconosciuto. Una necropoli dal grande valore storico che ora sarà oggetto di studi approfonditi.

A Pomezia scoperta una necropoli romana

Siamo a Pomezia, nel territorio dell’Agro Romano a sud di Roma, circondata dai Castelli romani. Qui, durante i lavori in un cantiere sul cavalcavia della linea Roma-Formia, è emersa una necropoli romana. Un sito archeologico sino ad ora ignoto ed inatteso, che si va ad aggiungere a quelli già presenti e riconosciuti del territorio, come l’antico sito di Lavinium (nella foto sotto) ritrovato a seguito di una campagna archeologica condotta dall’Università Sapienza di Roma a partire dal 1957, quando sono emersi la tomba di Enea, le mura e una porta della città, le Terme, ed un deposito votivo dedicato a Minerva. Lavinium, a sud di Roma, fu considerata la città fondata da Enea e dagli esuli troiani. Le nuove scoperte, come è intenzione dell’amministrazione della città di Pomezia, dovrebbero confluire proprio nel Museo civico archeologico Lavinium, per poter essere completamente fruibile dai turisti.

Gli scavi e le indagini archeologiche

La sensazionale scoperta archeologica è avvenuta tra gennaio e febbraio scorso, durante alcuni lavori sul cavalcavia della linea ferroviaria Roma-Formia. La Soprintendenza chiamata come ente ufficiale nella valutazione dei reperti venuti alla luce, ha specificato che il nuovo sito appartiene “a un contesto finora completamente ignoto”, databile tra il I secolo avanti Cristo e il V dopo Cristo.

Le indagini da parte di archeologi e operai della società Eos Arc, sotto la direzione scientifica della funzionaria archeologa Francesca Licordari, sono immediatamente partite. Come primo step è stato analizzato stratigraficamente un intero appezzamento, il più ricco di reperti. SI tratta di un’area particolarmente grande ed estesa, in cui sono emersi gli elementi più antichi emersi sino a questo momento. Con tutta probabilità, quel luogo potrebbe riservare ulteriori sorprese. Ad oggi sono riemerse un asse viario su cui sono ancora ben visibili i solchi carrai diverse strutture murarie, che potrebbero probabilmente far parte di una antichissima villa rustica.

Il tesoro di Pomezia: diciassette tombe e un anello antico

Il patrimonio archeologico italiano, immenso e di grande valore storico culturale, si arricchisce ulteriormente con la recente scoperta di Pomezia. Questo sito a sud della capitale, sino ad ora sconosciuto, è composto da 17 sepolture: tombe differenti sia per tipologia che per dimensioni,  che sono state realizzate tra il III e il V secolo dopo Cristo. Ciò che è certo è che in queste sepolture venne tumulato almeno un defunto di fede cristiana, come testimoniato dal ritrovamento di un anello con cristogramma chiaro simbolo cristiano. L’area, tuttavia, potrebbe celare ulteriori necropoli o testimonianze secolari di grande rilievo: gli scavi hanno interessato soltanto una piccola parte della zona, quindi si tratta di un territorio esplorato soltanto in parzialmente, in cui potrebbero venire alla luce nuovi tesori nascosti per secoli.

sito archeologico Lavinio

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Un archeologo dilettante ha fatto una scoperta straordinaria

Al posto giusto nel momento giusto“, sembrano quelle situazioni da film e invece succedono anche nella vita reale. O almeno questo è quanto accaduto a un archeologo dilettante che, durante una delle sue uscite, ha fatto una scoperta straordinaria e sulla quale aleggiano diversi misteri.

Bubendorf, il luogo del ritrovamento

Un ritrovamento che ha avuto luogo, in realtà, durante gli ultimi mesi del 2021 ma che è stato reso noto soltanto nelle ultime ore per motivi di riservatezza e per esplorare tutta la zona circostante al luogo del rinvenimento: Bubendorf, non lontano dal Castello di Wildenstein.

Bubendorf si trova in Svizzera, un comune del Canton Basilea Campagna, nel distretto di Liestal. Una zona nota per il quasi totale incontaminato paesaggio naturale fatto di oltre 1.000 km di sentieri escursionistici. E proprio qui, il 6 settembre scorso, Daniel Lüdin, un archeologo volontario e dilettante, stava passeggiando con il suo metal detector quando lo ha sentito suonare e si è ritrovato di fronte a un “tesoro”.

La scoperta di Daniel Lüdin

Durante la sua perlustrazione, e non appena il dispositivo ha rilevato qualcosa di consistente, Lüdin ha iniziato a scavare portando alla luce diverse monete romane e alcuni frammenti di ceramica. Nel dettaglio: ha trovato sotto il terreno, addossato ad alcune pietre con andamento regolare, un vaso di ceramica contenente ben 1290 monete del  IV secolo -soprattutto di rame.

Dopo aver esaminato il ritrovamento, gli archeologi sono rimasti doppiamente sorpresi: un pezzo di cuoio divideva le monete in due parti, una situazione strana se si pensa all’epoca in cui furono nascoste. Tesori del periodo tra il 332 e il 335 d.C., infatti, sono poco noti.

Realizzate con una lega di rame e una minima quantità di argento, avevano, probabilmente, un basso potere d’acquisto. Questo perché l’inflazione imperava durante l’epoca di Costantino il Grande, dal cui regno – come rivela la goffratura – risalgono le monete.

Dagli studi è emerso che il valore del “tesoretto” corrispondeva a circa due mesi di guadagno di un soldato dell’epoca. Ma se il loro valore nominale è piuttosto modesto, il loro valore scientifico è “incommensurabile“, come ha assicurato l’archeologo cantonale Reto Marti.

Tuttavia, al ritrovamento non è possibile attribuire un reale corrispettivo in denaro. “Le monete in realtà non sono vendibili, farlo sarebbe illegale“, ha spiegato Marti.

Gli altri misteri legati a questa scoperta

I misteri legati a questa scoperta fortuita non sono finiti qui. Ci si domanda, infatti, il motivo per il quale queste monete siano state sepolte. In tempi di crisi economiche e guerre civili, in epoca tardo romana, molte persone usavano sotterrare i loro oggetti di valore per proteggerli.

Ma nonostante ciò, sono praticamente inesistenti i tesori di questo tipo risalenti all’intero impero romano, visto che il periodo è stato caratterizzato da sostanziale stabilità politica.

Ci si chiede, inoltre, cosa sorgesse in quell’area. Un tempietto? Un’edicola religiosa sotto la quale fu creato il deposito di monete? Al momento non è possibile avere risposte. Sono necessarie ulteriori letture dei materiali che giacciono nell’area dello scavo.

Per ora, quel che ci è dato sapere è che: “Forse le monete erano conservate in una specie di santuario o sacrificate agli dei“, o almeno questo è quanto ipotizzano gli archeologi.

Castello di Wildenstein scoperta

Il Castello di Wildenstein nei pressi del ritrovamento

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Africa Egitto mete storiche Notizie siti archeologici Viaggi

Una scoperta straordinaria che ci riporta indietro di almeno 4mila anni

Una nuova, incredibile scoperta è stata fatta a Saqqara, importante necropoli in Egitto situata a circa 30 km a sud del Cairo, che comprende il sito archeologico più vasto di tutto il Paese, nonché uno dei più rilevanti. Proprio in quest’area, infatti, sono rappresentate tutte le principali dinastie faraoniche ed è qui che si può ammirare la celebre piramide a gradoni di Djoser, considerata la più antica al mondo. Ma soprattutto, è qui che si concentrano alcuni dei più straordinari rinvenimenti degli ultimi anni, come quello avvenuto solo pochi giorni fa.

L’ultima, clamorosa scoperta avvenuta in Egitto

Questa volta, l’incredibile scoperta fatta nella necropoli faraonica di Saqqara, teatro di preziosi ritrovamenti, riguarda cinque tombe egizie di dignitari dell’Antico Regno e del Primo periodo Intermedio, quindi risalenti a un periodo compreso fra 4.700 e 4.000 anni fa circa.

A segnalarlo, una nota diffusa dal Ministero del Turismo e Antichità egiziano. I sepolcri in pietra sono venuti alla luce durante scavi effettuati nell’area sul lato nord-orientale della piramide del re Merenra, e successivamente ispezionati dal ministro del Turismo e delle antichità egiziano, Khaled El-Enany, e dal segretario generale del Consiglio supremo delle antichità, Mostafa Waziri.

“Tutte e cinque le tombe sono ben dipinte, ben decorate – ha spiegato Waziri – Gli scavi non si sono fermati. Abbiamo intenzione di proseguire. Crediamo di poter trovare altre tombe in questa zona“.

Le immagini pubblicate sui social media dal ministero egiziano mostrano anche delle fosse, attraverso cui si accedeva ai sepolcri, con pareti decorate con geroglifici e immagini di animali sacri, insieme ad elementi decorativi utilizzati abitualmente dagli Egizi nei luoghi di sepoltura. Il dicastero ha anche annunciato che saranno condotti altri studi per svelare ulteriori segreti relativi ai sepolcri. Intanto, ecco cosa è emerso finora.

Scoperta sensazionale riporta indietro millenni

Uno dei cinque sepolcri scoperti a Saqqara

Cosa sappiamo dei sepolcri rinvenuti a Saqqara

Come avevamo accennato, i cinque sepolcri rinvenuti nella necropoli egizia appartenevano ad alti funzionari dell’Antico Regno e del Primo periodo Intermedio, che ha rappresentato una fase di sfaldamento del potere centrale a favore dei governatori provinciali.

Nello specifico, una tomba apparteneva a un dignitario di nome Iry, ed è costituita da un profondo pozzo, che conduce ad una camera decorata con scene funerarie, dove è stato rinvenuto un sarcofago in pietra calcarea. Una seconda tomba sarebbe appartenuta a una donna che si pensa essere stata la moglie di un uomo di nome Yaret, ed è caratterizzata da un pozzo funerario rettangolare. Il terzo sepolcro, con un “pozzo funerario” profondo sei metri, sarebbe stato di un sacerdote e “purificatore”, il cui nome era Pepi Nefhany.

Un quarto pozzo, della stessa misura, sembrerebbe essere stato costruito per una donna di nome Petty, “l’unica responsabile dell’abbellimento del re e sacerdotessa di Hathor”, hanno spiegato gli archeologi. Infine, la quinta tomba dovrebbe essere stata allestita per un uomo di nome Henu, “sorvegliante e supervisore della casa reale”. Quest’ultima è costituita da un pozzo funerario rettangolare, profondo sette metri.

Gli archeologi hanno trovato non solo dipinti ben conservati, ma anche statuette e vasellame. Dichiarato Patrimonio deIl’Umanità dall’UNESCO, il sito archeologico di Saqqara non smette mai di stupire. D’altronde, fa parte della grande necropoli che faceva capo all’antica capitale di Menfi e che comprende le famose piramidi di Giza.

Dipinti e decorazioni sulle pareti dei cinque sepolcri

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La necropoli scavata nella roccia a strapiombo sui canyon

Il nostro Paese non smette mai di stupirci perché è pieno di meraviglie. Alcune di queste portano la firma di Madre Natura, altre sono state costruite dall’uomo nel corso dei secoli e raccontano una storia straordinaria che appartiene alla nostra umanità. E poi ci sono quelle che rappresentano il perfetto equilibrio tra ciò che ha fatto l’uomo e che la natura ha preservato, come Pantalica, la necropoli rupestre costruita sull’altopiano a strapiombo sulla valle dell’Anapo.

Un luogo dall’immensa importanza naturalistica e archeologica che appartiene, orgogliosamente, al nostro BelPaese. La necropoli di Pantalica, infatti, è situata sopra la valle dell’Anapo, a Siracusa.

Non sono solo la storia che conserva e l’alto valore archeologico che possiede che rendono questo sito oggi un vero e proprio gioiello italiano, ma anche il suo contributo paesaggistico che trasforma tutto in un’atmosfera surreale, misteriosa e quasi magica.

Necropoli di Pantalica

Necropoli di Pantalica

C’era una volta una necropoli

Sono in molti a credere che quelle grotte scavate nella roccia, a strapiombo sulla valle dell’Anapo, in tempo costituissero l’antica Hybla, il regno siculo che fiorì tra il XIII e il VIII secolo a.C., quello che è certo è che il paesaggio unico e straordinario che la presenza della necropoli crea, lo rende uno dei più belli e importanti luoghi protostorici siciliani.

La storia, la natura e l’archeologica qui si fondono in una meraviglia visiva che incanta il mondo interno, anche se la località di Pantalica è ancora estranea al turismo di massa. Questo però non l’ha certo fatta passare inosservata, al punto tale che nel 2005 è stata inserita all’interno dell’elenco della lista dei siti del Patrimonio dell’Umanità UNESCO.

Un riconoscimento che non stupisce dato che, trovarsi davanti a questo scenario, può lasciare senza fiato. Scavate nella roccia ci sono tante piccole fessure più o meno profonde: sono le tombe che si snodano per quasi 5 chilometri di perimetro e sono più di 5000.

Questo grande numero di tombe rende la necropoli di Pantalica una delle più grandi di tutta Europa. Le piccole grotte che sembrano essere tanti occhi che si affacciano sulla natura selvaggia e incontaminata Valle dell’Anapo, costituiscono ben 5 necropoli che risalgano al periodo che va dal XIII all’VIII secolo a.C. All’interno di queste sono stati rinvenuti molti oggetti di bronzo ora conservati all’interno del Museo Archeologico Paolo Orsi di Siracusa.

Necropoli di Pantalica

Necropoli di Pantalica

Pantalica: tra archeologia e natura

A rendere ancora più suggestivo il panorama che si presenta davanti agli occhi di chi guarda è la natura lussureggiante nella quale la necropoli è immersa. Le necropoli scavate nella roccia, infatti, si affacciano a strapiombo sui territori di Ferla, Cassaro e Sortino dove scorrono i fiumi Anapo e Calcinara tra i canyon della zona.

Pantalica è una riserva naturale straordinaria caratterizzata da acque limpide che attraversano la natura rigogliosa e lussureggiante che si estende tutto interno. Proprio i corsi d’acqua, col tempo, hanno eroso le rocce calcaree creando i canyon profondi e suggestivi che rendono il paesaggio magico e surreale, straordinariamente unico.

Raggiungere questo luogo permette alle persone di entrare in contatto con un pezzo si storia dell’interna umanità, ma anche di conoscere la Sicilia più autentica e selvaggia lontana dal turismo di massa.

riserva naturale orientata Pantalica, Valle dell'Anapo e Torrente Cava Grande

Riserva naturale orientata Pantalica, Valle dell’Anapo e Torrente Cava Grande