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Bodiam, il maestoso castello medievale che sembra galleggiare sull’acqua

Il Castello di Bodiam, in Inghilterra, appare sin da subito solido, compatto e circondato da un grande fossato che lo fa sembrare sospeso sull’acqua. Le mura di pietra grigia sono fredde e ruvide al tatto, mentre le torri angolari dominano il cortile centrale, con scale strette che salgono in alto. Dentro, il pavimento scricchiola sotto i piedi e ogni feritoia racconta la tensione di chi, in passato, lo doveva difendere.

Il ponte levatoio è pesante, con catene arrugginite, e attraversarlo dà l’impressione di muoversi in uno spazio ancora funzionante. L’acqua intorno riflette tutto, e quando soffia il vento sembra che le torri respirino insieme al fossato stesso. Un posto davvero unico nel suo genere, e che da secoli incanta chiunque scelga di ritrovarsi al suo cospetto.

Un po’ di storia

Bodiam è stato costruito alla fine del XIV secolo da Sir Edward Dalyngrigge, un cavaliere tornato dalle campagne contro i francesi durante la Guerra dei Cent’Anni. Le mura, le torri e il fossato nascono come risposta concreta alla paura delle incursioni: qualsiasi pietra racconta ancora oggi la volontà di proteggere la famiglia e il territorio.

La struttura di questa meraviglia del Regno Unito non è cambiata molto nei secoli, e ciò permette di percepire il modo in cui era concepita la vita dentro e intorno ad esso. Le stanze interne, le scale strette e i corridoi lunghi mostrano chiaramente come la sicurezza fosse al centro di ogni progetto. Durante la Guerra Civile Inglese il castello subì danni e furono aggiunti accorgimenti difensivi, ma ogni modifica rimane visibile anche adesso, come traccia della storia concreta di chi lo abitava e lo difendeva.

Bodiam, castello

iStock@kjschoen

Il ponte che conduce verso il Castello di Bodiam

Cosa vedere al Castello di Bodiam

Varcare il ponte levatoio di Bodiam catapulta subito dentro un castello che racconta secoli di storia senza bisogno di tetto sopra la testa (sì, avete letto bene: alcune zone del maniero sono prive di copertura). Le torri e le mura si ergono sopra il fossato, e la luce filtra attraverso gli spazi aperti, ricordando che durante la Guerra Civile Inglese le forze parlamentari danneggiarono i tetti per impedirne l’uso ai realisti.

Tra le meraviglie da vedere al suo interno (anche se gran parte è ormai in rovina) c’è il Great Hall, la vecchia sala principale, che era quella in cui il signore e la sua famiglia ricevevano ospiti, organizzavano banchetti e conducevano affari. Il pavimento di pietra è oggi irregolare e consumato dal passaggio di secoli di piedi, ma sono ancora presenti archi che fanno attraversare stanze laterali che ospitavano magazzini e alloggi per i servitori.

Le alte finestre, senza vetri, lasciano entrare la luce e il vento, creando fasci luminosi e ombre che cambiano con il sole. Accanto, il Lord’s Hall era uno spazio più riservato, utilizzato dal signore per incontri privati o per gestire affari, con finestre strette verso il fossato e un grande camino che un tempo scaldava la stanza durante l’inverno.

La Buttery e la Pantry erano stanze dedicate al cibo e alle bevande. Nella Buttery venivano stipate le botti di birra e vino, mentre la Pantry serviva a tenere pane, formaggi e altri alimenti. Le nicchie e gli scaffali di pietra mostrano come fosse organizzata la vita quotidiana, separando gli spazi per le provviste dalle attività principali. La cucina, situata all’estremità del castello, è caratterizzata da grandi focolari e utensili in ferro battuto. Le pareti annerite dal fumo e il pavimento logorato sono testimonianze dei cuochi che lavoravano per preparare pasti per la famiglia e gli ospiti.

La cappella e l’oratorio erano spazi per la preghiera. La cappella, visibile lungo la parete est, ospitava la famiglia del castello e gli ospiti in momenti di culto, mentre l’oratorio sopra metteva a disposizione uno spazio privato per la meditazione. Le pareti custodiscono frammenti di affreschi e piastrelle decorative, piacevoli da guardare e dal profondo significato storico.

Le torri angolari contengono stanze strette destinate ai membri della servitù e agli uomini di guardia. Il cortile centrale conserva tracce di muri bassi, stalle e magazzini, con dettagli come fessure per l’acqua piovana, solchi sulle pietre e chiodi arrugginiti che raccontano la manutenzione e la vita quotidiana del castello.

Le incredibili leggende del castello

Una delle leggende più note parla di Mary Bradbury, una giovane donna maltrattata da un membro della famiglia Dalyngrigge, che si dice abbia lanciato una maledizione sul castello. La tradizione vuole che questa condanna abbia contribuito al progressivo deterioramento della fortezza e alla sfortuna dei suoi successivi proprietari.

Alcuni visitatori raccontano di aver visto figure sfuggenti tra le torri o sentito improvvisi brividi d’aria gelida in stanze vuote, come se le pietre custodissero memorie di vite passate. Feritoie, scale strette e corridoi silenziosi diventano allora scenari di presenze invisibili, e la luce che entra dall’alto mette in risalto ombre lunghe e angoli nascosti, dando al maniero un’aura misteriosa che continua a catturare l’immaginazione di chi lo esplora.

Come arrivare e info utili

L’affascinante Castello di Bodiam si trova nel villaggio che porta il suo stesso nome, in East Sussex, a circa un’ora e mezza da Londra. Arrivando in auto, si segue l’A21 verso sud e poi l’A265, con un parcheggio a pagamento.

Per chi usa i mezzi pubblici, il treno arriva a Robertsbridge, a circa 10 chilometri di distanza, da cui è necessario un breve viaggio in taxi, oppure si può prendere l’autobus 349 da Hastings a Hawkhurst, che ferma vicino all’ingresso. Nei fine settimana e durante le festività, i treni storici a vapore della Kent & East Sussex Railway fermano alla stazione di Bodiam, poco più di un chilometro dal maniero. Da aprile a settembre, inoltre, un traghetto lungo il fiume Rother permette di raggiungere l’ingresso via acqua, offrendo una prospettiva diversa e scenografica.

Il castello è aperto tutti i giorni dalle 10 alle 17, con ultimo ingresso alle 16:30; in inverno l’orario si riduce fino alle 15:30. I biglietti per il 2025 costano circa 14 sterline per gli adulti (16 euro), 7 sterline per i bambini dai 5 ai 17 anni (8 euro) e 35 sterline per una famiglia composta da due adulti e tre bambini (40 euro).

Tour guidati e attività stagionali completano la visita, e a disposizione ci sono anche alcuni percorsi accessibili in sedia a rotelle. Persino i cani possono accompagnare i visitatori nei terreni esterni e nel caffè, anche se non nelle sale interne.

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L’incredibile labirinto di Longleat in Inghilterra: 16mila alberi e un esercito di giardinieri

Chi non ha mai sognato di perdersi in un immenso labirinto verde che sembra uscire da una fiaba? Nel Wiltshire, in Inghilterra, un luogo così suggestivo esiste davvero ed è capace di far incantare chiunque osi avventurarsi al suo interno, dai bambini agli adulti.

Un’impressionante quantità di alberi compongono questo labirinto, che è il più grande del Paese: il Longleat Hedge Maze è formato da ben 16mila siepi di tasso e per mantenerlo sempre perfetto serve un esercito di giardinieri che lavora incessantemente per 500 ore. Entrare qui significa aguzzare l’istinto e scegliere attentamente il prossimo passo per trovare la via d’uscita.

Percorrere il labirinto più grande d’Inghilterra

Per vivere l’esperienza memorabile di percorrere uno dei labirinti più suggestivi del mondo ci si deve recare nel Longleat Hedge Maze, nel Wiltshire, territorio che custodisce anche Stonehenge e le Cotswolds Hills.

Secondo più grande labirinto al mondo dopo quello italiano della Masone, a Fontanellato (in provincia di Parma), il labirinto di Longleat è un’opera incredibile realizzata e mantenuta grazie all’impegno di un vero e proprio esercito di giardinieri, che ogni sei mesi interviene sulla potatura, impiegando ben 30 giorni di lavoro per ogni singola operazione.

Le siepi di tasso inglese hanno un’altezza costante di quasi 3 metri e si snodano lungo un percorso di più di 3 km, mentre tutt’attorno si stende un parco di 400 ettari.

L’obiettivo è raggiungere il cuore del labirinto per poi tornare verso l’uscita grazie al proprio intuito, poiché l’altezza non consente di vederne il percorso (anche se ci sono alcuni ponticelli in legno che permettono di sollevare lo sguardo per aiutarsi nell’individuare la propria posizione). Quanto tempo ci si impiega? All’incirca mezz’ora, ma la durata varia da persona a persona e per questo rappresenta una sfida divertente per grandi e piccini da condividere con la famiglia e gli amici.

Realizzato nel 1975 da Greg Bright, il labirinto si trova nel giardino di un imponente palazzo nobiliare, il primo ad aprire le porte al pubblico, che custodisce anche altre attrazioni per tutta la famiglia. Nella tenuta, infatti si trova anche un piccolo bioparco che regala l’esperienza di un safari park con più di 500 animali esotici. Ma non solo, c’è anche il castello delle avventure per i più piccoli e un trenino che attraversa il parco, oltre alla possibilità di visitare gli interni del piano terra del palazzo signorile.

Il bellissimo labirinto di Longleat, Inghilterra

iStock

Il suggestivo labirinto di Longleat, in Inghilterra

Dove si trova e come raggiungerlo

Il Longleat Hedge Maze si trova nel Regno Unito e in particolare nel cuore del Wiltshire, contea dell’Inghilterra sud-occidentale. Il parco sorge appena fuori dalla A36 tra Bath e Salisbury e lungo la strada A362 Warminster–Frome. È facilmente raggiungibile in auto da più direzioni che hanno in comune l’arrivo alla A362, da cui si accede direttamente alla tenuta di Longleat.

Chi preferisce viaggiare in treno può contare su diverse stazioni vicine:

  • Frome (la più vicina, ben collegata a Bath e Londra),
  • Warminster (a circa 8 km, sulla linea Cardiff–Portsmouth),
  • Westbury (a circa 20 km, lungo la linea Londra Paddington–Penzance).

Da tutte le stazioni sono disponibili taxi per raggiungere facilmente Longleat.

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Sulle tracce di Frankenstein: un viaggio tra le location del film di Guillermo del Toro

Il nuovo adattamento di Frankenstein firmato da Guillermo del Toro si distingue non solo per la sua regia visionaria e per il cast d’eccezione, ma anche per le suggestive location che hanno dato vita al mondo gotico e drammatico della storia. Il regista ha scelto di girare tra Canada, Scozia e Inghilterra, facendo dialogare architetture storiche, paesaggi mozzafiato e atmosfere cupe che hanno reso il film ancora più intenso e coinvolgente.

Il capolavoro di Mary Shelley è pieno di domande che mi bruciano dentro l’anima: domande esistenziali, tenere, selvagge, senza scampo, come solo una mente giovane può porsi e a cui solo gli adulti e le istituzioni credono di poter rispondere. Per me, però, solo i mostri detengono la risposta a tutti i misteri“, ha dichiarato il regista messicano che ha presentato in anteprima al Festival del Cinema di Venezia 82 questa opera molto attesa sul grande schermo.

Di cosa parla

Del Toro rilegge il celebre romanzo di Mary Shelley accentuandone le tinte oscure e riflettendo sulle ossessioni umane, la sete di conoscenza e i limiti della scienza. La vicenda segue il tormentato dottor Victor Frankenstein, interpretato da Oscar Isaac, e la sua Creatura, ambientata in scenari che alternano città storiche e lande desolate, sottolineando il contrasto tra civiltà e natura selvaggia.

Dove è stato girato

Per catturare appieno l’anima gotica del racconto, le riprese di Frankenstein si sono svolte in numerose location che hanno contribuito a creare l’atmosfera unica del film.

Edimburgo

La capitale scozzese ha offerto un palcoscenico ideale grazie alle sue vie antiche e alla suggestiva Royal Mile. Qui sono stati girati momenti fondamentali, sfruttando edifici storici come il Canongate Tolbooth e la Parliament Square. Vicoli come Bakehouse Close, con i suoi ciottoli e passaggi stretti, insieme a luoghi appartati come Lady Stair’s Close e Wardrop’s Court, hanno donato al film un tono misterioso e senza tempo.

Arbroath e Hospitalfield House

Nella cittadina di Arbroath, nella regione di Angus, è stata scelta la storica Hospitalfield House, residenza ottocentesca dall’aura imponente e inquietante. I suoi interni decorati e la sua architettura austera hanno fornito lo sfondo perfetto per le sequenze più cupe e drammatiche.

Glasgow

A Glasgow spicca la maestosa Cattedrale, uno dei monumenti medievali più iconici della Scozia. Le riprese all’interno e all’esterno hanno sfruttato le alte navate, le vetrate colorate e lo stile gotico, regalando al film un’impronta solenne e potente.

Glencoe

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Glencoe

Glencoe e Fortress Mountain

Le ambientazioni naturali più selvagge sono state ricreate a Glencoe, nelle Highlands scozzesi, e presso Fortress Mountain in Alberta, Canada. Montagne innevate, vallate remote e paesaggi aspri hanno reso realistiche le sequenze ambientate in luoghi artici o in territori inospitali.

Aberdeen e Dunecht House

Ad Aberdeen le telecamere si sono spostate nella monumentale Dunecht House, residenza elegante dai vasti interni e giardini scenografici. La sua imponenza e l’architettura classica hanno contribuito a rafforzare il tono drammatico e raffinato della pellicola.

Aberdeen

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Aberdeen

Londra

Nella capitale britannica, Del Toro ha utilizzato miniature e modelli in scala per ricreare edifici monumentali e paesaggi complessi. Questa scelta ha permesso di ottenere un forte impatto visivo in scene che sarebbe stato impossibile o troppo costoso girare dal vivo.

Burghley House, Stamford

La sontuosa Burghley House, nel Lincolnshire, è stata un’altra location chiave. Con i suoi interni sfarzosi, i dettagli architettonici e il fascino rinascimentale, ha contribuito ad arricchire il lato elegante e storico della narrazione.

North Bay, Ontario

Per le sequenze ambientate nell’Artico, la produzione si è spostata a North Bay, in Canada. Qui il clima rigido e i paesaggi innevati hanno offerto lo scenario ideale per ricreare l’ambiente glaciale e desolato in cui si muovono i protagonisti.

Toronto

Molte riprese sono state realizzate anche a Toronto, soprattutto nei Cinespace Studios, dove sono stati costruiti set sia interni che esterni. Altri luoghi utilizzati includono North York, Markham e la Facoltà di Medicina dell’Università di Toronto, che hanno fornito ambientazioni urbane e accademiche di grande impatto.

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Old Harry Rocks, le scogliere leggendarie che sfiorano il cielo

Le Old Harry Rocks, nel cuore della Jurassic Coast inglese, sono uno di quei luoghi che sembrano scolpiti per incantare. Torri di gesso bianco che si stagliano dritte sul mare, con il blu della Manica a fare da contrasto e un vento che sa di libertà. Non a caso sono state riconosciute come Patrimonio Mondiale dell’Unesco: un concentrato di natura selvaggia, storia geologica e misteri che affondano le radici tra mito e realtà.

Al tramonto, quando la luce si riflette sul gesso, l’intero paesaggio diventa arte: il mare si colora di rosa e oro, mentre le scogliere sembrano brillare di luce propria. Un posto da segnare in agenda, soprattutto se l’idea è quella di scoprire il lato più autentico e sorprendente dell’Inghilterra del sud.

Dove si trovano e come visitare le Old Harry Rocks

Le Old Harry Rocks si trovano a Handfast Point, poco a est della cittadina di Studland, nel Dorset in Inghilterra. Sono a metà strada tra Swanage, Poole e Bournemouth, tutte mete perfette da inserire nello stesso viaggio. La loro origine risale a circa 66 milioni di anni fa, quando processi geologici e marine hanno iniziato a modellare la costa dando vita alle maestose pareti di gesso che oggi conosciamo.

Old Harry Rocks, Jurassic Coast

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Sguardo ravvicinato sulle imponenti Old Harry Rocks

Raggiungerle è un’esperienza che fa parte della magia del luogo. L’opzione migliore è percorrere il South West Coast Path, il sentiero costiero che parte da Studland: mezz’ora di camminata panoramica tra campi, erba alta e brezza marina che prepara allo spettacolo finale. Ogni curva del percorso regala scorci mozzafiato, con il mare che appare e scompare tra i prati.

Per chi viaggia in bus, Studland è collegata a Swanage e Bournemouth: basta scendere al capolinea e proseguire a piedi. In alternativa, si può arrivare in auto e lasciare il mezzo nei parcheggi vicini al villaggio. Un consiglio da insider? Fermarsi in zona almeno un paio di giorni, dormire in qualche B&B locale e sfruttare l’occasione per esplorare anche la Jurassic Coast, che da sola merita un viaggio di una settimana.

Il Dorset tra storia leggende

Oltre al fascino naturale, le Old Harry Rocks portano con sé un bagaglio di storie e leggende che rendono l’esperienza ancora più suggestiva. Gli inglesi chiamano il loro gesso “chalk”: una roccia calcarea tenera, formata da gusci di microrganismi e fossili, che l’erosione ha scolpito in queste colonne imponenti. Ma la scienza qui si intreccia con il mito.

Si racconta, infatti, che le rocce prendano il nome da Old Harry, il diavolo, che amava sdraiarsi proprio su queste scogliere per riposare guardando il mare. Un’altra versione attribuisce l’origine al pirata Harry Paye, che sfruttava queste formazioni come nascondiglio per tendere imboscate alle navi di passaggio. Non solo, perché poi c’è anche la leggenda vichinga: un raid del IX secolo fu interrotto da una tempesta improvvisa che fece naufragare molte imbarcazioni, e il capo dei vichinghi, Earl Harold, venne trasformato in un pilastro di gesso dalle divinità stesse.

Cosa vedere nei dintorni

Passeggiare lungo le Old Harry Rocks significa quindi camminare tra storia e mito, tra geologia e fantasia. E non finisce qui: il Dorset è una contea che riserva sorprese a ogni angolo. La capitale, Dorchester, è un tripudio di verde e giardini, mentre il porto di Poole è perfetto per una sosta sul mare. Poco distante si trova anche l’isola di Brownsea, culla del movimento scout fondato da Baden-Powell.

Ma la vera protagonista resta la Jurassic Coast, un tratto di litorale che custodisce 185 milioni di anni di storia geologica. Qui le rocce raccontano il passaggio dal Triassico al Cretaceo, e non è raro imbattersi in fossili ancora perfettamente conservati. È un po’ come avere davanti un’enciclopedia naturale a cielo aperto, solo che invece di sfogliare pagine si percorrono sentieri tra spiagge selvagge e scogliere che sembrano toccare il cielo.

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Stonehenge non smette mai di stupire, una nuova scoperta svela la verità sulle origini

Stonehenge, nell’Inghilterra meridionale, è senza dubbio uno dei siti archeologici più famosi del mondo, oltre che uno dei più misteriosi. Il cerchio megalitico situato sulla piana di Salisbury ispira timore reverenziale e fascino, ma anche un intenso dibattito sulle sue origini. Sono diversi i racconti e le storie che hanno provato a spiegare il suo passato: il folklore locale, per esempio, associa la creazione di Stonehenge a Merlino, il mago della leggenda arturiana, che trasportò magicamente le enormi pietre dall’Irlanda, dove i giganti le avevano assemblate.

Tra le interpretazioni moderne più fantasiose ci sono quelle che sostengono che Stonehenge sia un’area di atterraggio per astronavi aliene, mentre tra quelle più realistiche si diffuse la teoria che le pietre sarebbero state trasportate dai ghiacci durante l’era della glaciazione. Ma, secondo i risultati di una nuova ricerca, la verità è da ricercare nelle mani degli uomini.

La vecchia teoria dell’era glaciale

Uno degli enigmi più discussi legati a Stonehenge, oltre alla sua funzione, riguarda la provenienza dei suoi imponenti megaliti. Il “circolo di pietra” più famoso al mondo risulta composto da massi provenienti da varie regioni della Gran Bretagna, compresa la contea gallese del Pembrokeshire, situata a oltre 225 chilometri di distanza dal luogo in cui oggi si erge il sito, nella pianura di Salisbury, nell’Inghilterra sud-occidentale.

Questa scoperta ha alimentato per anni un acceso dibattito tra gli studiosi. L’ipotesi dominante sostiene che tali pietre siano state trasportate fin lì da esseri umani attraverso mezzi e tecniche ancora non del tutto chiariti. Tuttavia, una minoranza di archeologi ha ipotizzato che i megaliti siano stati trascinati naturalmente verso sud da fenomeni glaciali durante l’ultima era glaciale. Entrambe le visioni, però, sono state recentemente messe in discussione da una nuova teoria, che promette di riscrivere le origini del monumento.

La nuova teoria che “risolve” il mistero

Secondo i risultati di una nuova ricerca, condotta da un team dell’Aberystwyth University, ateneo con sede in Galles, la teoria dei fenomeni glaciali andrebbe messa completamente da parte a favore di una che mette al centro l’operato umano. Fondata su evidenze geologiche, la teoria degli studiosi si è concentrata sullo studio del cosiddetto masso Newall, ritenuto uno dei più antichi fra quelli eretti nel Wiltshire 5000 anni fa, emerso dagli scavi nel 1924 e originario di Craig Rhos-y-Felin, nel Pembrokeshire.

I ricercatori hanno menzionato che il masso di Newall è una riolite foliata e che il suo strato superficiale è ricco di carbonato di calcio, il che supporta ulteriormente l’idea che gli esseri umani lo abbiano spostato nella sua posizione finale, poiché i ghiacciai avrebbero sparso pezzi simili in tutta la regione di Stonehenge.

Lo studio afferma inoltre che le comunità neolitiche compirono questa straordinaria impresa, trasportando blocchi di pietra dal peso di oltre 3,5 tonnellate. Tuttavia, pur confermando il loro ruolo nel trasporto dei megaliti, restano ancora ignote le tecniche esatte impiegate per realizzarlo.

Seppur resti ampiamente diffusa una visione contraria secondo cui “nessuno sforzo umano fu coinvolto”, i ricercatori hanno concluso che non esistono prove sicure per dare il minimo sostegno alla teoria del trascinamento dei ghiacci.

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La stazione più antica del mondo stava per sparire, ma ora sta per rinascere

La prima stazione ferroviaria al mondo, quella di Heighington, nella contea di Durham, in Inghilterra, costruita lungo la prima ferrovia passeggeri a vapore al mondo stava per sparire, ma grazie a un intervento, ed è stata salvata dal degrado e presto riaprirà al pubblico, che potrà visitarla, e ai passeggeri. Il merito è della Hitachi Rail e dell’associazione Friends of Stockton & Darlington Railway che si sono accordati per riportare a uno stato di conservazione ottimale un luogo storico che rischiava di sparire.

La stazione ferroviaria più antica al mondo

Risalente al 1826, la stazione di Heighington è ampiamente riconosciuta come la prima stazione ferroviaria al mondo. Progettata per la pionieristica Stockton & Darlington Railway (S&DR), fu il primo edificio dedicato sia al servizio di locomotive sia al servizio passeggeri, gettando le basi per l’infrastruttura ferroviaria moderna della Gran Bretagna.

Il sito introdusse innovazioni chiave, tra cui la prima piattaforma ribassata conosciuta per servire i pendolari ferroviari regolari e un edificio della stazione posizionato direttamente lungo i binari. Heighington è anche storicamente significativa in quanto luogo in cui la Locomotion n. 1, una locomotiva a vapore progettata e costruita nel 1825 da George e Robert Stephenson, la prima locomotiva a vapore adibita al trasporto di linea, fu posizionata per la prima volta sui binari nel 1825, un anno prima dell’apertura della stazione. Venduto dalla British Rail nel 1970, l’edificio divenne un pub prima di cadere in disuso. Nel 2024, è stato inserito nel Registro dei Beni a Rischio dall’ente nazionale britannico Historic England.

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@R. Goad

Una foto storica della stazione di Heighington con il primo treno a vapore

I 200 anni della ferrovia

Salvare questo sito storico di importanza mondiale era fondamentale in vista del bicentenario della Stockton and Darlington Railway e dell’anniversario della nascita della ferrovia moderna che cade proprio nel 2025. Ma anche in vista del viaggio della replica della Locomotion n. 1 che avverrà lungo la tratta Stockton-Darlington il 26, 27 e 28 settembre, che transiterà proprio dalla stazione di Heighington.

Rachel Evans, direttore delle risorse umane per il Regno Unito e l’Irlanda di Hitachi, ha dichiarato: “Hitachi è immensamente orgogliosa di contribuire a salvare Heighington, la prima stazione ferroviaria al mondo, e di restituire qualcosa alla comunità locale che ci ha sostenuto fin dall’apertura del nostro stabilimento di Newton Aycliffe nel 2015”.

L’ente benefico Friends of Stockton & Darlington Railway non si concentra solo sulla conservazione del passato, ma sta anche sviluppando progetti per il futuro della stazione di Heighington, tra cui quello di incoraggiare il turismo ferroviario nella zona e di collegare due importanti musei del treno, il Locomotion di Shildon, nella contea di Durham, inaugurato nel 2004 dall’allora primo ministro Tony Blair e ampliato nel 2025, proprio in occasione dell’anniversario, con un secondo edificio che ospita una parte della collezione nazionale, e l’Hopetown Darlington, noto anche come Head of Steam o Darlington Railway Centre and Museum, un museo ferroviario all’interno dell’ex edificio della stazione ferroviaria di North Road sul percorso del 1825 della Stockton and Darlington Railway. Il museo ospita un grande modello della ferrovia Stockton & Darlington che manda in visibilio tutti gli appassionati di trenini.

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La replica della Locomotion No 1 lungo la linea ferroviaria Stockton-Darlington per il 200° anniversario

Gli eventi per Railway 200

Contribuire a salvare la prima stazione ferroviaria al mondo rientra nel più ampio sostegno di Hitachi Rail alle celebrazioni dei 200 anni dalla nascita della ferrovia moderna, un evento che prende il nome di Railway 200, una celebrazione nazionale nel Regno Unito che celebra il 200° anniversario della ferrovia moderna. Commemora l’apertura della Stockton & Darlington Railway il 27 settembre 1825, la prima ferrovia pubblica al mondo a utilizzare locomotive a vapore e considerata l’inizio dell’era ferroviaria moderna. Gli eventi sono iniziati già a gennaio, e comprendono un programma di eventi in tutto il Paese per un anno intero.

Il prossimo 4 ottobre, per esempio, si terrà una giornata di “porte aperte” della fabbrica Hitachi Rail’s Newton di Aycliffe, durante la quale si potranno ammirare la Locomotion No.1, la prima locomotiva a vapore al mondo a trasportare passeggeri su una ferrovia pubblica, che torna nel Nord-Est dell’Inghilterra dove ha fatto la storia nel 1825, una mostra interattiva sul settore ferroviario e tour della per vedere da vicino i primi treni di Hitachi.

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L’originale stazione ferroviaria di Darlington North Road del 1825 diventata un museo
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Cosa mangiare di tipico a Liverpool

Liverpool ha una personalità unica e ricca di fascino, tutta da scoprire. Non è “solo” patria dei Fab Four, del calcio di alto livello e della buona musica, ma è anche la città in cui convivono le tradizioni gastronomiche più eclettiche del Regno Unito. Ecco una selezione delle più curiose e imperdibili.

Tradizioni culinarie Inghilterra e Liverpool

Quella del Regno Unito, e in particolare di Liverpool, è una tradizione culinaria che riflette una lunga storia di influenze sociali, regionali e coloniali. Così, si trovano all’interno dei piatti della città sapori e profumi che richiamano l’India, i Caraibi e la Cina, sottoforma di ricette semplici, ma sostanziose, spesso basate su carne, patate e verdure di stagione. Proprio così, è molto comune a Liverpool trovare ricette legate alla cucina cinese: non a caso proprio qui ha sede la Chinatown più antica d’Europa.

Ad accompagnare molti piatti non mancano anche le pastelle e le salse tipiche, soprattutto la squisita salsa gravy, realizzata con i succhi di cottura della carne – manzo, pollo, agnello -, farina o amido di mais, brodo, spezie e in certe varianti anche vino rosso o birra. Anche a Liverpool, inoltre, si respira tutta la tradizione inglese dell’abbondante english breakfast, con uova, bacon, salsicce, pomodori e pane tostato, e del tè pomeridiano, il cosiddetto tea time delle 16:00, accompagnato da pasticcini, tramezzini e scones (piccoli panini molto simili alle brioche).

English breakfast, tra le tradizioni di Liverpool

Fonte: iStock

English breakfast

Non ci troveremmo in una delle più vibranti città inglesi se non ci fosse anche la tradizione dei pub, un elemento fondamentale della vita sociale e culturale di Liverpool. Certi pub sono infatti dei monumenti storici da non perdere in un viaggio qui, come lo Ye Hole in Ye Wall, risalente al 1726, il più antico della città. Oltre a birre locali e artigianali, nei pub si possono gustare i piatti della tradizione, da quelli salati ai dolci, e se si è fortunati ci si può imbattere nelle “pie & ale nights”, cene a base di una squisita torta salata e birra.

Ultimi, ma non per importanza tra le tradizioni di Liverpool sono i comfort food, che qui non mancano di certo. Uno dei protagonisti della categoria è il Chippy Tea. Si tratta di un pasto serale a base di cibo da friggitoria, dal nome “Tea” (usato nel nord dell’Inghilterra per indicare la cena, invece di “dinner”) e “Chippy” (lo slang usato per indicare i negozi che vendono fish and chips). Avvolti nella carta troviamo appunto le classiche fish and chips, la salsa al curry o gravy, i piselli spezzati (chiamati “mushy peas”), salsicce fritte in pastella o tortine salate. Da mangiare rigorosamente in compagnia davanti alla Tv.

I piatti tipici di Liverpool

Non solo fish & chips (che qui però segue una ricetta decisamente speciale che rende questo piatto unico): a Liverpool di prelibatezze della tradizione ce ne sono davvero tante (e dai nomi spesso curiosi). Ecco una selezione dei piatti da assaggiare assolutamente in un viaggio in questa multiculturale città.

Scouse

Partiamo da quello che è il re indiscusso della cucina di Liverpool: lo Scouse. Un nome particolare che è addirittura utilizzato per soprannominare gli abitanti della zona. Si tratta di un ricco stufato di carne, solitamente a base di montone o manzo e verdure, spesso accompagnato da barbabietole o cavoli sottaceto e una fetta di pane. In realtà, sembra che la ricetta deriverebbe dai marinai norvegesi che in passato lavoravano nel porto.

Yorkshire pudding

Da una pastella che sembra quella dei pancake, a base di uova, farina e latte, prende forma un’altra istituzione della cucina britannica: lo Yorkshire pudding. No, non si tratta di un dolce, bensì di un contorno simile a un soufflé dalla forma particolare, con un buco centrale che viene sfruttato per versarvi intingoli saporiti come il brown gravy (simile al fondo bruno della cucina italiana): il segreto è tutto nella cottura, che prevede che la teglia e l’olio alla base siano molto caldi prima di aggiungere la pastella. Da provare abbinato a della saporita carne di manzo.

Yorkshire Pudding, una delle ricette base della cucina di Liverpool

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Yorkshire Pudding, una delle ricette della tradizione di Liverpool

Toad in the hole

Il suo nome è bizzarro (e non se ne conosce l’origine), ma il suo sapore è una garanzia di bontà: il Toad in the hole (che letteralmente significa “rospo nel buco”), in realtà non ha nulla a che vedere con le rane! Si tratta di uno Yorkshire pudding formato maxi, ripieno di salsicce britanniche e ricoperto di sugo. Era un piatto economico consumato dai lavoratori del XVIII secolo, che sembra cuocessero gli scarti della carne avanzata nella pastella per migliorarne il sapore.

Toad in the hole, una ricetta tradizionale di Liverpool

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Toad in the hole, ricetta tradizionale di Liverpool

Bubble and Squeak

Ecco un’altra ricetta della tradizione culinaria di Liverpool dal nome decisamente simpatico: il Bubble and Squeak (chiamato così per i suoni che emette in cottura) unisce il gusto ad una cucina anti-spreco. A base di arrosto (spesso quello avanzato il giorno prima), patate schiacciate e cavoletti di Bruxelles (ma anche altre verdure a piacere), viene fritto sottoforma di squisite polpette o di frittata.

Salt & Pepper Chips

Come anticipato, la cucina cinese si fa spazio nella tradizione culinaria di Liverpool. Uno degli esempi sono le patatine al sale e pepe. Un mix di ingredienti le rendono speciali, come i peperoni, la cipolla rossa, l’aglio tritato, il peperoncino e un mix di spezie che prevedono anche sale e pepe. Si racconta che siano state inventate dal proprietario di un fish & chips cinese di Liverpool negli anni ’60.

Pea Wack

Fredde giornate invernali, non vi temiamo. A scaldare il corpo ci pensa la Pea Wack, la tradizionale zuppa di Liverpool a base di lenticchie, piselli e prosciutto o pancetta.

Savoury Cakes

Nei brunch domenicali, nei picnic in famiglia o nei buffet per un aperitivo sono un must: le Savoury cakes (simili alle nostre torte salate) sono preparate sottoforma di plumcake, torte rustiche o muffin, ma salati.

Wet Nelly

Passando al mondo dei dolci, uno dei pilastri di Liverpool è la Wet Nelly, la cui nascita segue la filosofia di altri piatti tipici, ovvero quello del riciclo di ingredienti per dare vita a ricette anti spreco e che puntano al risparmio. Si basa infatti su torte e pane raffermi, ammorbiditi con acqua e uniti a frutta secca, spezie, zucchero e uova. Il tocco in più è l’abbondante crema pasticcera che vi viene versata sopra come accompagnamento.

Liverpool Tart

Risale probabilmente al 1897 ed è una vera delizia per il palato: la Liverpool Tart è unica, con friabile pasta frolla e quel suo ripieno a base di limoni interi bolliti e zucchero scuro, che conferiscono un gusto decisamente intenso e leggermente amarognolo.

Everton mints

Anche il mondo delle caramelle ha una tradizione cittadina: chiamate anche “humbugs”, le Everton mints sono piccole delizie al gusto di menta piperita, riconoscibili per il loro colore marrone scuro con striscioline bianche. Questi dolcetti si possono acquistare facilmente in molti minimarket o negozi di dolciumi.

Everton Mints, caramelle tipiche di Liverpool

Fonte: iStock

Everton Mints, le caramelle tradizionali di Liverpool

Cupcakes di Liverpool

Non sono una ricetta originaria di Liverpool, ma qui i Cupcakes sono vere opere d’arte, preparate con una minuziosità incredibile e con stili e decorazioni uniche che si collegano alla cultura della città. Spesso vengono infatti decorati a tema Beatles, con faccine, dischi in zucchero e simboli anni ’60, oppure con il Liver bird, simbolo ufficiale della città di Liverpool, o ancora a tema calcio. Un tripudio di colori e fantasia tutti da gustare.

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Cavallo Bianco di Uffington, un misterioso gigante preistorico di pietra

Nel cuore delle colline dell’Oxfordshire – sul pendio della White Horse Hill – in Inghilterra, si staglia una figura enigmatica e affascinante: il Cavallo Bianco di Uffington, una figura preistorica.

Questa imponente rappresentazione stilizzata di un cavallo incisa con solchi nel terreno profondi un metro che hanno così messo in mostra il gesso bianco della collina, misura 114 metri di lunghezza e 34 di altezza. Risalendo a un’epoca compresa tra il 1380 e il 550 a.C., questa è la più antica figura collinare della Gran Bretagna. La sua origine, funzione e significato continuano a suscitare interrogativi e teorie, alimentando leggende e studi archeologici.

La migliore vista del geoglifo si ottiene direttamente dall’altro lato della valle, vicino ai villaggi di Great Coxwell, Longcot e Fernham dalla cima di Dragon Hill.
Il sito è di proprietà del National Trust for Places of Historic Interest or Natural Beauty, che lo gestisce.

Origine e datazione

Il Cavallo Bianco di Uffington è stato datato tra il 1380 e il 550 a.C. grazie alla tecnica della luminescenza otticamente stimolata – OSL -, applicata per la prima volta negli anni ’90 e aggiornata nel 2024 con nuove analisi. Questi studi hanno confermato che la figura risale all’Età del Bronzo o al primo periodo dell’Età del Ferro, smentendo le ipotesi che la collocavano in epoche successive.

La sua creazione potrebbe essere legata a pratiche rituali o a simboli tribali associati alla vicina fortezza di Uffington Castle.

Significato e interpretazioni

Il significato del Cavallo Bianco rimane oggetto di dibattito.
Alcuni studiosi lo associano alla dea celtica Epona, protettrice dei cavalli e simbolo di fertilità, mentre altri lo collegano al culto del dio solare celtico Belinos, suggerendo che la figura rappresenti un “cavallo solare”.

La sua posizione sulla collina e la visibilità limitata dal suolo suggeriscono un possibile significato rituale o religioso, destinato a essere osservato da lontano o dall’alto.​

Conservazione e restauri

Nel corso dei secoli, il Cavallo Bianco ha richiesto interventi periodici di manutenzione per preservarne la visibilità.

un posto incredibile da visitare in inghilterra

Fonte: iStock

Primitivo Cavallo bianco di Uffington, Inghilterra

Tradizionalmente, ogni sette anni si svolgeva una cerimonia chiamata “scouring“, durante la quale la figura veniva ripulita e rinfrescata con nuovo gesso.

Nel 2024, un progetto congiunto del National Trust e dell’Oxford Archaeology ha riportato la figura alle sue dimensioni originali, dopo che studi avevano evidenziato un restringimento fino al 40% a causa dell’erosione e della crescita del manto erboso.

Leggende e cultura popolare

Il Cavallo Bianco dell’Inghilterra è avvolto da numerose leggende.
Una delle più note lo collega alla vicina Dragon Hill, dove si narra che San Giorgio abbia ucciso un drago, lasciando un’impronta sulla collina.

Altre storie lo associano a divinità celtiche o a simboli di fertilità. Nel corso del tempo, la figura ha ispirato opere letterarie, come “The Ballad of the White Horse” di G.K. Chesterton, e ha influenzato la cultura popolare, apparendo in romanzi contemporanei e sulla copertina dell’album “English Settlement” del gruppo XTC.

Il Cavallo Bianco di Uffington continua ancora oggi a suscitare fascino e curiosità, rappresentando un legame tangibile tra il presente e le misteriose civiltà del passato. La sua conservazione e le continue ricerche archeologiche ne fanno un simbolo duraturo della ricca eredità preistorica della Gran Bretagna.

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Harry Potter, il villaggio dove tutto è cominciato

Dopo sette libri, otto film e una serie Tv in uscita tra la fine del 2026 e l’inizio del 2027, vi portiamo là dove tutto è cominciato: il villaggio dove è nato e cresciuto Harry Potter, il maghetto più famoso del mondo. Il villaggio a cui è ispirato il primo film “Harry Potter e la pietra filosofale” uscito nel 2001 è Lacock, che nel film è Budleigh Babberton, un paese di case fatte di pietra grigia risalenti al XVIII secolo, alcune con le facciate a graticcio tipiche delle Cotswolds, una bellissima zona collinare che si trova alle porte di Londra, nell’Inghilterra del Sud.

Lacock, il villaggio delle Cotswolds

Il villaggio di Lacock è sotto la tutela del National Trust for Places of Historic Interest or Natural Beauty National Trust fin dal 1944. Fino a quando non venne girato Harry Potter, era famoso per la sua splendida abbazia, fondata come convento da Ela FitzPatrick, terza contessa di Salisbury, nel 1232 e riconvertita in una residenza da Sir William Sharington nel 1539. Lacock Abbey oggi ospita anche il Fox Talbot Museum of Photography, dedicato ai primi esperimenti nel campo della fotografia da William Henry Fox Talbot nel 1835. È tuttora visibile la finestra attraverso la quale Talbot scattò la prima foto della storia.

Le location di Harry Potter a Lacock

L’abbazia non poteva non essere una delle location di Harry Potter: è qui che è nata la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Per ambientare la mitica Hogwarts sono stati usati alcuni esterni ma anche alcune aule interne. Si riconoscono, per esempio, i corridoi del chiostro visti nella “Pietra Filosofale”.

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Fonte: @SiViaggia – Ilaria Santi

L’abbazia di Lacock, set di Harry Potter

La Sacrestia, alla quale si accede da uno dei corridoi del chiostro, è la classe di Pozioni del Professor Piton e oggi c’è un vero e proprio pentolone di ghisa che viene usato per scattarsi selfie. La Sala Capitolare dell’abbazia di Lacock è stata usata come location di numerose stanze di Hogwarts. La più famosa è la stanza in cui Harry si nasconde la notte in cui rovista nella Sezione Proibita nella “Pietra filosofale”, per sfuggire al custode Gaza e trova lo Specchio delle Brame.

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Fonte: @SiViaggia – Ilaria Santi

La classe di Pozioni del Professor Piton nell’abbazia di Lacock

Girovagando per il piccolo villaggio, che conta all’incirca un migliaio di abitanti, non ci si deve stupire se s’incontrano fan del maghetto con indosso un lungo mantello nero e una bacchetta in mano. Questo è il paradiso dei selfie per gli addicted dei romanzi e dei film dedicati a Harry Potter perché molti degli edifici sono stati usati come set del primo episodio della saga, del secondo “Harry Potter e la camera dei segreti” del 2002 e del sesto, “Harry Potter e il principe mezzosangue” del 2009. Andiamo per ordine.

A Lacock si trova la casa dove vivono i genitori del piccolo Harry, James e Lily, il Cottage dei Potter. È qui che, durante una notte buia e tempestosa, Voldemort spalanca il cancelletto di legno – che c’è veramente ed essendo una proprietà privata è bene lasciarlo chiuso – ed entra nel giardino per uccidere i Potter, dando così inizio alla saga.

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Fonte: @SiViaggia – Ilaria Santi

La casa dei genitori di Harry a Lacock

All’ingresso del paese, in Church Street, la strada principale del villaggio, si riconosce il luogo dove si trovano Albus Silente e Harry in “Harry Potter e il Principe Mezzo Sangue” quando cercano il Professor Lumacorno per riportarlo a Hogwarts. Nella scena del film, al centro dell’incrocio c’è una colonna medievale che in realtà non esiste.

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Fonte: @SiViaggia – Ilaria Santi

Church Street nel villaggio di Lacock

Superata Church Street e procedendo su Cantax Hill, si incontra la casa dove si nasconde Lumacorno e dove viene trovato travestito da poltrona. Sempre su questa via, al civico 6, si trova il Sign of the Angel, un piccolo Inn che, oltre a essere un ristorante, offre anche alcune camere in affitto, ben riconoscibile dall’esterno perché è qui davanti – nel film si chiama Babberton Arms – che Harry e Albus Silente reclutano Lumacorno.

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Fonte: @SiViaggia – Ilaria Santi

La casa del professor Lumacorno a Lacock

Altri film girati a Lacock

Il villaggio di Lacock è sempre stato apprezzato dai registi, tanto che sono molti i film che vi sono stati ambientati oltre a Harry Potter. Lacock, e in particolare l’Abbazia di Lacock, fu una delle location del film del 1958 “La spada di d’Artagnan”. Poi vi furono girate alcune scene del film con Cary Grant e Deborah Kerr “L’erba del vicino è sempre più verde” (1960). Nel 1984, nel villaggio e nell’abbazia venne ambientata miniserie televisiva “Robin Hood”, nel ’95 ci girarono alcune scene della miniserie “Pride and Prejudice” con Colin Firth e nel 2008 fu il set del film con Natalie Portman “L’altra donna del re”. Passeggiare in questo villaggio delle Cotswolds è come fare un viaggio indietro nel tempo, una vera fiaba.

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Fonte: @SiViaggia – Ilaria Santi

Il locale Sign of the Angel a Lacock
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Alla scoperta delle Scogliere di Dover, candide sculture della natura

Nella vasta pianura sudorientale dell’Inghilterra, il paesaggio si interrompe bruscamente per lasciare spazio a un panorama spettacolare: imponenti scogliere bianche che si stagliano a picco sul mare. Le più celebri di tutte sono le Scogliere di Dover, un’icona del Regno Unito non solo per la favolosa bellezza, ma anche per il significato storico e simbolico che portano con sé.

Affacciate sul Canale della Manica, nel punto in cui il mare si restringe fino a soli 33 chilometri dalla costa francese, le splendide falesie devono la loro fama alla caratteristica roccia calcarea chiara, che le rende ben visibili da chilometri di distanza.

Non è un caso che i Romani, avvicinandosi per la prima volta alle coste britanniche, abbiano battezzato il territorio con il nome di Albione, ispirati proprio dal colore bianco delle scogliere. Ancora oggi, nelle giornate più limpide, chi si affaccia da questo suggestivo tratto di costa può scorgere il promontorio francese di Cap Gris-Nez, vicino a Calais.

Ma non è tutto: le Scogliere di Dover racchiudono una storia millenaria che racconta l’evoluzione geologica del pianeta, l’azione incessante degli agenti atmosferici e il ruolo strategico che hanno avuto nei secoli, anche durante i conflitti mondiali.

La formazione delle Scogliere di Dover

L’origine delle Scogliere affonda le radici nel periodo Cretaceo, circa 136 milioni di anni fa, quando l’area che oggi corrisponde al sud dell’Inghilterra era completamente sommersa da un antico oceano. Le acque abbondavano di microscopici organismi marini, il cui scheletro, in prevalenza composto da calcio e calcare, si accumulava man mano sul fondo formando un sedimento che, nel corso di milioni di anni, si è compattato dando origine alla roccia calcarea.

Tale massa si è poi sollevata con il ritiro delle acque e, con la fine dell’ultima era glaciale, la potente azione dei ghiacciai ha modellato il paesaggio, separando la Gran Bretagna dal resto dell’Europa e rivelando le falesie che oggi ammiriamo. Un dettaglio interessante è che formazioni rocciose molto simili si trovano anche lungo la costa francese, a testimonianza di un passato in cui le due terre erano unite.

La composizione delle Scogliere di Dover è tuttavia fragile. Il calcare, infatti, è una roccia porosa e friabile, soggetta a un’erosione costante provocata dal vento e dalle maree. Si stima che ogni anno le scogliere perdano circa un centimetro della loro superficie e, di tanto in tanto, grossi frammenti si staccano e precipitano in acqua.

Il colore bianco intenso non è uniforme: è attraversato da venature scure di selce, un minerale presente nelle rocce calcaree, che crea un suggestivo contrasto. Tra gli strati di roccia, i paleontologi hanno rinvenuto numerosi fossili, alcuni appartenenti a creature marine di grandi dimensioni, come antichi squali e molluschi preistorici.

Cosa vedere e cosa fare

Chi visita le Scogliere di Dover può immergersi in un paesaggio naturale che lascia senza parole e percorrere i sentieri panoramici che si snodano lungo la costa e regalano vedute superbe sul Canale della Manica. Uno dei percorsi più affascinanti conduce fino al South Foreland Lighthouse, un antico faro che domina la scogliera ed è un punto di osservazione privilegiato.

La passeggiata fino al faro è un’esperienza in sé: il tragitto, lungo circa 5,5 chilometri, si snoda al cospetto prati fioriti e ameni habitat popolati da uccelli marini e farfalle. In primavera ed estate, tra l’erba spiccano fiori selvatici, tra cui la caratteristica orchidea piramidale, che aggiunge una nota di colore al bianco delle falesie.

Nei pressi del faro si trova altresì un delizioso caffè, perfetto per una pausa rilassante con vista sull’orizzonte, magari accompagnata da un tipico scone inglese servito con marmellata e clotted cream.

Per chi desidera vedere le scogliere dal basso, le spiagge di Langdon Bay e Crab Bay offrono una prospettiva diversa, così da mettere in evidenza gli strati rocciosi e le formazioni di selce e quarzo che punteggiano la falesia. Tuttavia, è bene fare attenzione: alcune zone sono soggette a frane, quindi è importante non sporgersi troppo dai bordi e attenersi ai sentieri segnalati.

Oltre alla natura, le scogliere custodiscono anche tracce della storia britannica. Durante la Seconda guerra mondiale, infatti, l’area ebbe un ruolo strategico fondamentale, e ancora oggi è possibile esplorare i Fan Bay Deep Shelter, una rete di tunnel scavati a 23 metri di profondità nella roccia, utilizzati dai soldati come rifugi antiaerei e postazioni d’artiglieria.

Come arrivare

Raggiungere le Scogliere di Dover è piuttosto semplice, sia per chi arriva dal resto dell’Inghilterra sia per chi proviene dall’Europa.

Per chi viaggia in auto, Dover si trova a pochi chilometri dal terminal dell’Eurotunnel, che collega la Francia al Regno Unito tramite il Tunnel della Manica. Da qui, un breve tratto in macchina porta direttamente all’inizio dei sentieri panoramici.

Per chi si sposta in treno, esistono collegamenti diretti dalla stazione di Londra St Pancras con la linea ferroviaria South Eastern, che permette di arrivare a Dover in circa un’ora. Anche se la città non dispone di un proprio aeroporto, è ben collegata agli scali londinesi con il servizio ferroviario e autobus.

Una volta giunti a Dover, il modo migliore per esplorare le scogliere è a piedi, seguendo i sentieri segnalati dal National Trust, l’ente che gestisce e protegge tale straordinario patrimonio naturalistico.