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Basilica di San Clemente, viaggio nei segreti sotterranei di Roma

Nel cuore della capitale a due passi dal Colosseo, nascosta in una piazza tranquilla, si staglia la Basilica di San Clemente. Ma chiamarla semplicemente “basilica” è riduttivo: si tratta, infatti, di un vero e proprio “viaggio verticale” nella memoria di Roma, una discesa emozionante al cospetto di secoli di storia, spiritualità e arte. Non è un caso che sia amata dai pellegrini, dagli studiosi e dai viaggiatori di tutto il mondo: qui, più che altrove, la città si svela come un “palinsesto vivente”, in cui ogni epoca ha lasciato un’impronta tangibile, custodita sotto i nostri piedi.

Entrando nella chiesa superiore, risalente al XII secolo, si viene accolti da un’atmosfera solenne e luminosa: i mosaici dell’abside risplendono con l’oro del Paradiso, mentre il coro marmoreo del VI secolo, il pavimento cosmatesco e gli affreschi del primo Rinascimento ricordano che l’arte sacra è parte integrante della struttura. Ma è scendendo che inizia la meraviglia: sotto la basilica attuale si apre una chiesa paleocristiana del IV secolo, il cui fascino è custodito negli affreschi medievali, considerati tra i più straordinari dell’intero patrimonio artistico europeo.

E ancora più giù, un ultimo livello riporta indietro fino al I secolo d.C., quando su questi terreni sorgevano una domus romana, un mitreo e un grande edificio pubblico, attraversato dalle acque sotterranee dell’antica Roma, un intreccio perfetto di religione, civiltà e mito, dove ogni pietra racconta il passaggio dall’Impero alla cristianità.

Le origini tra mistero e fede

La Basilica di San Clemente vanta una storia che affonda le radici nel II secolo d.C. In quel periodo, la zona era occupata da una casa patrizia appartenente a Tito Flavio Clemente, uno dei primi senatori romani convertiti al Cristianesimo: quando ancora questa fede era perseguitata, le stanze della sua domus diventarono luogo di riunione segreta per la comunità cristiana. Un inizio intimo e rischioso, che già preannunciava la destinazione spirituale del luogo.

Ma la Roma imperiale era un crogiolo di culti e simboli, e lo stesso spazio fu in seguito trasformato in un mitreo: un tempio dedicato a Mitra, divinità solare di origine persiana, il cui culto misterico prevedeva riti d’iniziazione celebrati in ambienti sotterranei. È sorprendente, oggi, camminare tra i corridoi antichi e immaginare le fiaccole, i canti rituali, la tensione sacra di quel mondo sotterraneo.

Con l’arrivo della libertà di culto, sancita dall’Editto di Costantino nel 313 d.C., le radici cristiane poterono emergere alla luce. Fu così che, sopra quella casa e quel mitreo, sorse una basilica: un luogo di culto ufficiale, consacrato da Papa Siricio, che mantenne viva la memoria dei primi credenti romani.

Il tempo, però, non risparmiò tale costruzione: nel 1084 i Normanni di Roberto il Guiscardo saccheggiarono Roma, e la basilica venne gravemente danneggiata. I suoi resti vennero sepolti sotto cinque metri di detriti.

Ma la sua storia non finì lì. Papa Pasquale II, pochi anni dopo, decise di costruire una nuova chiesa proprio sopra quella antica. Era il 1108: nasceva così la Basilica superiore di San Clemente, quella che tuttora accoglie visitatori e fedeli, sospesa sopra secoli di storia.

Le tappe da ammirare

Particolare decorativo della Basilica di San Clemente a Roma

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Suggestivo particolare della della Basilica di San Clemente

La Basilica di San Clemente è un labirinto verticale in cui le epoche si sovrappongono come pagine di un libro scritto nella pietra. Ogni gradino verso il basso è un passo indietro nella storia, ogni ambiente un frammento vivo della Roma che fu: l’incredibile intreccio di strati sovrapposti consente di vivere un’esperienza senza eguali, capace di raccontare secoli di fede, arte e trasformazione urbana.

La Basilica superiore del XII secolo

Il viaggio comincia dalla basilica visibile oggi in superficie, consacrata nel 1108, dove lo sguardo viene subito rapito dalla splendida pavimentazione cosmatesca, un tappeto di marmi colorati disposti secondo una geometria che danza sotto la luce.

Il presbiterio è un trionfo di sculture e simboli: la Schola Cantorum con gli amboni medievali, il candelabro per il cero pasquale e gli elementi scolpiti provenienti dalla chiesa più antica. Ma l’apice della bellezza si raggiunge osservando il grande mosaico dell’abside: una croce dorata si staglia contro un cielo di lapislazzuli, circondata da figure celestiali e tralci di vite.

Nella cappella di Santa Caterina, invece, Masolino da Panicale firma un ciclo di affreschi che rappresenta una delle prime scintille del Rinascimento italiano.

La Basilica inferiore del IV secolo

Scendendo nel cuore della terra, il silenzio si fa più denso e la luce si attenua. Si entra nella basilica paleocristiana edificata nel IV secolo: un luogo dal fascino antico, dove la pietra rievoca la presenza delle prime comunità cristiane.

Sulle pareti si dispiegano affreschi di epoche diverse, dall’VIII all’XI secolo. Uno dei più famosi è la Leggenda di Sisinnio, in cui un’iscrizione scritta in un italiano primitivo racconta una scena vivace e popolare. Poco distante, la tomba di San Cirillo, apostolo degli slavi e inventore dell’alfabeto cirillico, rende questa tappa un punto di riferimento spirituale non solo per l’Europa occidentale, ma anche per il mondo slavo e ortodosso.

Il mitreo e la domus romana del I secolo

Ancora un livello più in basso, e la Roma imperiale torna a vivere. In un ambiente umido e segreto, affiora un mitreo: un tempio misterico dedicato a Mitra, divinità orientale adorata da molti soldati e funzionari dell’Impero.

L’altare scolpito con la scena del dio che uccide il toro è ancora intatto, potente e simbolico. Il tempio fu ricavato all’interno di un’antica domus, la cui struttura è ancora leggibile: sale affrescate, una cripta porticata, ambienti funzionali alle cerimonie.

A pochi passi, un altro edificio di epoca romana lascia intravedere tracce della Moneta, la zecca imperiale, che probabilmente aveva sede proprio in quest’area.

Informazioni utili

Visitare la Basilica di San Clemente è un’esperienza intensa ma contenuta nel tempo: l’intero percorso si può compiere in circa mezz’ora, anche se ogni scorcio invita a soffermarsi, a respirare, a meravigliarsi.

La prenotazione online è obbligatoria, sia per accedere agli scavi che per scegliere la fascia oraria più comoda. Si consiglia di presentarsi almeno dieci minuti prima dell’orario indicato sul biglietto: l’accesso è regolato per garantire a tutti una partecipazione sicura, piacevole e rispettosa del luogo.

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Cosa vedere a Ravenna in un giorno: l’itinerario perfetto tra mosaici, arte e dolce vita romagnola

Ravenna non è una città qualsiasi. È un luogo sospeso nel tempo, dove la bellezza si nasconde nei dettagli e ogni pietra racconta un passato glorioso. È qui che la potenza dell’Impero Romano d’Occidente ha vissuto i suoi ultimi splendori, ed è qui che l’arte bizantina ha trovato la sua massima espressione fuori dai confini orientali. Ma Ravenna è anche una città viva, accogliente, dove la spiritualità si fonde con la quotidianità, e il ritmo del vivere lento accompagna ogni passo, ogni sguardo, ogni respiro. Visitare Ravenna in un solo giorno è una sfida, ma anche un viaggio emozionante. In un itinerario ben studiato, è possibile attraversare secoli di storia, lasciandosi incantare dai mosaici, dalle architetture, dai sapori e dalle atmosfere uniche che questa città sa offrire. Le sue meraviglie non gridano, non abbagliano con clamore: si svelano con grazia, e chi sa osservare resta inevitabilmente affascinato.

Tappa 1: Basilica di San Vitale

L’inizio perfetto non può che essere la Basilica di San Vitale. Entrarvi è come varcare la soglia di un altro mondo. L’esterno sobrio, in laterizio nudo, non lascia intuire la ricchezza che accoglie il visitatore appena superato l’ingresso. La struttura ottagonale, insolita e maestosa, si apre in un crescendo di prospettive e luci che culminano nella zona absidale, dove si concentra una delle più impressionanti raccolte di mosaici del mondo.

Il mosaico dell’abside, con l’imperatore Giustiniano accompagnato dal suo seguito e la figura di Teodora, la sua imperatrice, è uno dei simboli più conosciuti dell’arte bizantina. I personaggi, pur immobili e frontali, sembrano animati da una luce interiore, una solennità che va oltre l’estetica. I colori, gli ori, i dettagli delle vesti e dei volti compongono un linguaggio visivo di straordinaria forza spirituale. Non si tratta soltanto di decorazione: è un messaggio di fede, potere e trascendenza. In questa basilica, l’arte non è solo bellezza, ma preghiera, meditazione, incontro con il divino.

Mausoleo Galla Placidia

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Mausoleo Galla Placidia

Tappa 2: il Mausoleo di Galla Placidia

Proprio accanto a San Vitale, in un angolo appartato che sembra quasi un segreto ben custodito, si trova il Mausoleo di Galla Placidia. L’esterno è semplice, quasi dimesso, e non lascia immaginare lo splendore nascosto all’interno. Ma appena si varca la soglia, si viene avvolti da una penombra carica di magia. Le pareti e la volta esplodono in un gioco di luci e colori che culmina nella cupola stellata, dove un cielo blu profondo è punteggiato da decine di stelle dorate. La sensazione è quella di essere sospesi tra la terra e l’eternità. Non è difficile comprendere perché questo luogo sia spesso definito come uno degli spazi più suggestivi della cristianità antica. Il silenzio che lo avvolge, rotto solo dal lieve eco dei passi, rende l’esperienza quasi mistica. Qui, tra i mosaici che raffigurano cervi che si abbeverano, croci dorate, santi e simboli cristiani, ci si sente trasportati fuori dal tempo. Il mausoleo, voluto dalla stessa Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio, non è solo una tomba imperiale, ma una preghiera in pietra e luce.

Tappa 3: la Basilica di Sant’Apollinare Nuovo

Continuando la passeggiata verso il centro storico, si incontra un altro dei grandi capolavori di Ravenna: la Basilica di Sant’Apollinare Nuovo. L’edificio fu voluto dal re goto Teodorico come chiesa palatina del suo regno. Inizialmente destinata al culto ariano, fu poi consacrata al culto ortodosso dopo la riconquista bizantina, e ciò che oggi si ammira è il risultato di questa complessa stratificazione storica. Entrando nella basilica, l’occhio viene subito catturato dai due lunghi pannelli musivi che si estendono per tutta la navata centrale. Da una parte, le Vergini in processione guidate dai Re Magi verso la Madonna col Bambino; dall’altra, i Martiri che avanzano verso Cristo in trono. Le figure sembrano sfilare in un eterno movimento, statico solo in apparenza, ma carico di narrazione. Le scene della vita di Cristo, i palazzi, le navi e i paesaggi offrono uno spaccato prezioso dell’immaginario e della vita dell’epoca. Questa basilica è un racconto a cielo aperto, un vangelo visivo che parla al fedele e al visitatore con la stessa intensità. Qui la parola si fa immagine, e l’immagine diventa memoria collettiva.

mosaici Ravenna

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I mosaici di Ravenna

Tappa 4: Pausa pranzo nel cuore della Romagna

Dopo tanto stupore artistico, è naturale che nasca il desiderio di nutrire anche il corpo, e Ravenna sa come accogliere il visitatore anche a tavola. La cucina romagnola è schietta, generosa, legata alla terra e alla tradizione. Fermarsi in una trattoria del centro, come Ca’ de Ven, con le sue volte affrescate e i vini locali, è un’esperienza che appaga tutti i sensi. I sapori sono intensi, sinceri, senza sofisticazioni inutili. I cappelletti in brodo riportano alla cucina delle nonne, dove ogni gesto aveva un significato. La piadina, calda e fragrante, è il pane identitario della regione, che si sposa con i formaggi morbidi e i salumi saporiti: in centro un posto dove la fanno molto bene è Profumo di Piadina in via Cairoli 24.

Le tagliatelle al ragù, con la pasta ruvida e il sugo corposo, raccontano storie di famiglia e domeniche d’inverno. Un bicchiere di Sangiovese o di Albana completa il pasto con la nota giusta: profonda, persistente, conviviale. Da provare i vari spazi per mangiare all’interno del Mercato Coperto in Piazza Andrea Costa o la tradizionale Osteria dei Battibecchi in Via della Tesoreria Vecchia 16. Se si preferisce un locale più raffinato e ricercato restando nel centro storico, puoi provare il ristorante Alexander in via Bassa del Pignataro 8.

Tappa 5: la Tomba di Dante

Poi si può riprendere il cammino, questa volta verso un luogo di profonda risonanza simbolica: la Tomba di Dante Alighieri. Incastonato in un angolo silenzioso del centro, il piccolo mausoleo neoclassico custodisce le spoglie del Sommo Poeta, morto a Ravenna nel 1321. Lontano dalla sua amata ma ingrata Firenze, Dante trovò in Ravenna un rifugio, un luogo dove completare la sua opera più grande. Ancora oggi, ogni anno, Firenze invia l’olio per alimentare la lampada votiva che arde perpetuamente accanto alla sua tomba: un gesto semplice ma carico di significato, quasi una richiesta di perdono postuma. Il luogo invita al raccoglimento. Non ci sono orpelli, né ostentazioni: solo la pietra, il silenzio e la presenza intatta della poesia.

Tomba di Dante

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La Tomba di Dante

Tappa 6: la Biblioteca Classense e la zona Dantesca

A pochi passi dalla tomba, si apre un altro mondo: quello della cultura scritta, custodita nella Biblioteca Classense. Fondata nel XVIII secolo in un ex monastero camaldolese, questa biblioteca è molto più di un luogo di studio. È un tempio del sapere, dove gli scaffali carichi di volumi antichi, i saloni riccamente decorati, i chiostri e le sale di lettura raccontano l’amore per la conoscenza e la memoria. Passeggiare nella zona Dantesca significa perdersi tra lapidi commemorative, giardini ombreggiati, targhe letterarie che citano versi celebri. È un luogo dove si percepisce la presenza discreta della cultura, quella che non si impone ma accompagna. Ogni angolo sembra suggerire una riflessione, un ricordo, una poesia.

Tappa 7: Il Battistero Neoniano

La giornata volge al termine, ma c’è ancora tempo per una delle tappe più toccanti: il Battistero Neoniano. Questo edificio, tra i più antichi della cristianità occidentale, custodisce una cupola decorata con uno dei più raffinati mosaici tardo-antichi. Il tema è il battesimo di Cristo nel fiume Giordano, rappresentato con realismo e simbolismo insieme. Il volto di Giovanni Battista, l’acqua che scorre, gli apostoli che osservano: ogni elemento contribuisce a creare un’atmosfera di sacra bellezza. La luce filtra dall’alto e si riflette sulle tessere musive, creando riflessi che mutano con il passare delle ore. Si ha l’impressione di trovarsi in un luogo dove il tempo non esiste più, solo la luce e l’acqua, i due elementi fondamentali del battesimo e della rinascita. Chiude così un percorso che è stato non solo turistico, ma spirituale, umano, estetico.

Il Battistero Neoniano

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Il Battistero Neoniano a Ravenna

Tappa 8: Passeggiata tra le botteghe

Se resta ancora un po’ di tempo, non c’è modo migliore per concludere la giornata che perdersi tra le vie del centro: Via Cavour, Via Diaz, Via Ricci. Le vetrine si accendono, i bar si riempiono di voci e bicchieri tintinnanti, l’aroma del caffè e del gelato artigianale si mescola con l’aria della sera. I negozi di design locale, le botteghe artigianali, le librerie indipendenti offrono un’altra Ravenna, fatta di creatività, gusto e passione. Sedersi in una piazza, magari con un aperitivo in mano e lo sguardo rivolto a un campanile che si staglia nel cielo rosa del tramonto, è il modo migliore per salutare la città.

Cosa vedere nei dintorni di Ravenna

Chi ha la fortuna di poter restare un giorno in più, scoprirà che Ravenna non finisce con il suo centro storico. A pochi chilometri, la Basilica di Sant’Apollinare in Classe si erge solitaria tra i campi, con il suo abside che racchiude un altro capolavoro musivo, dominato dalla figura del santo e da una croce gemmata immersa in un paesaggio paradisiaco. Più a nord, la laguna di Comacchio e le Valli del Delta offrono un paesaggio completamente diverso, fatto di canali, fenicotteri, pescatori e silenzi acquatici. E se si desidera un tocco di modernità o un tuffo nel divertimento, il parco di Mirabilandia, le spiagge dei Lidi ravennati e le pinete secolari completano l’offerta di un territorio davvero unico. Tra le località sul mare meritano attenzione Punta Marina, Marina di Ravenna, oppure le zone di Cervia, Cesenatico e Milano Marittima.

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Cosa vedere a Ravenna, la città dei mosaici, tre volte Capitale

Nel cuore dell’Emilia-Romagna, a pochi passi dal mare, si cela una città che non smette mai di sorprendere: è Ravenna ovvero un viaggio nel tempo, un mosaico vivente di culture, imperi e arte senza confini.

Un patrimonio straordinario la consacra tra le mete più affascinanti d’Italia: ben otto siti dichiarati Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’UNESCO ne fanno una capitale della bellezza eterna. Se vi state chiedendo cosa vedere a Ravenna, lasciatevi guidare tra meraviglie in pietra, tessere d’oro e suggestioni immortali.

Cosa vedere a Ravenna, la città dei mosaici

Tre volte capitale (dell’Impero romano d’Occidente, del regno degli Ostrogoti e poi dell’Esarcato bizantino), Ravenna ha assorbito influssi da ogni civiltà, tra Oriente e Occidente, e dietro i toni neutri dei suoi edifici si cela un universo sfavillante.

Camminare per il centro è come scorrere le pagine di un “libro scritto con la luce”: le biciclette sfrecciano leggere, i campanelli risuonano nell’aria e le voci si fondono con l’eco delle basiliche millenarie. In un simile scenario che unisce quotidianità e passato, la città si racconta con discrezione e invita a immergersi nel suo incanto senza tempo.

1. Piazza del Popolo

Tutto comincia da Piazza del Popolo: i palazzi che la delimitano, dalle eleganti architetture di epoca veneziana, rievocano storie di dominio, scambi e contaminazioni. Il Palazzo Comunale e la Prefettura si specchiano in una piazza viva, attraversata da chi lavora, chi passeggia e chi si concede un caffè sotto i portici.

Le due colonne che si ergono al centro portano in cima le statue di San Vitale e Sant’Apollinare, emblemi di una città che fu anche veneziana, ma è sotto il portico del Palazzo Comunale che si cela uno dei dettagli più sorprendenti: le colonne di granito che lo sorreggono, in apparenza semplici, custodiscono antichi capitelli, scolpiti nel marmo proconnesio e risalenti al VI secolo d.C. Un tempo appartenenti alla Chiesa di Sant’Andrea dei Goti, sono sopravvissuti alla sua demolizione del 1457, quando si aprì spazio alla costruzione della Rocca Brancaleone.

2. Basilica di San Vitale

Appena varcata la soglia della Basilica di San Vitale, ci si sente piccoli di fronte a tanta meraviglia: tempio ottagonale, tra i massimi esempi dell’arte paleocristiana, è un trionfo di luce, colore e simbologia. Non presenta navate, bensì un nucleo centrale che si apre in un abbraccio circolare sotto una cupola affrescata che colpisce all’istante.

I mosaici che decorano l’abside rapiscono lo sguardo: il volto dell’imperatrice Teodora, dallo sguardo ieratico e i gioielli che sembrano danzare nella luce, è uno di quei ritratti che non si dimenticano. E poi, quasi in silenzio, a terra si svela un labirinto: una serie di cerchi concentrici, solcati da frecce: è il cammino dell’anima, la metafora cristiana della purificazione, una sfida da intraprendere partendo dal centro e cercando, passo dopo passo, la via d’uscita.

Accanto alla basilica, il Museo Nazionale di Ravenna ospita reperti provenienti dagli scavi cittadini e dai restauri che hanno svelato altri frammenti dei suoi tesori nascosti.

3. Tomba di Dante

L'antica tomba di Dante Alighieri a Ravenna

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L’antica tomba di Dante Alighieri

A Ravenna il tempo si è fermato anche per il più grande poeta della letteratura italiana. Dante Alighieri vi trovò l’ultimo rifugio, dopo l’esilio da Firenze, e qui si spense nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321. Aveva appena terminato il Paradiso, chiudendo l’opera che avrebbe consegnato il suo nome all’eternità.

Oggi le sue spoglie riposano in un piccolo tempietto neoclassico, sobrio e austero, realizzato tra il 1780 e il 1782 dall’architetto Camillo Morigia, ma la loro storia ha contorni da romanzo: per secoli furono nascoste, trafugate, ritrovate per caso nel 1865..

Intorno al mausoleo si sviluppa la cosiddetta zona dantesca, un angolo della città carico di spiritualità e silenzio.

4. Mausoleo di Galla Placidia

Se c’è un luogo che incanta senza bisogno di parole, è il Mausoleo di Galla Placidia che si annuncia con la semplicità di una piccola costruzione in mattoni, quasi anonima: eppure, basta varcarne la soglia per ritrovarsi immersi in un sogno blu. Sulle pareti, i mosaici più antichi di Ravenna vibrano ancora di vita e mistero.

Fu voluto da Onorio, imperatore dell’Impero romano d’Occidente, per sua sorella Galla Placidia, e all’interno di cotanto scrigno di luce e simbologia, il messaggio è chiaro: la vita vince sulla morte, la speranza prevale sul dolore. Ma è la volta celeste, tempestata di stelle, a lasciare senza fiato: un cielo notturno perfetto, dove la croce luminosa troneggia al centro e ogni stella sembra parlare al cuore di chi guarda.

È uno di quei luoghi che restano impressi per sempre, non solo nella memoria visiva, ma nelle emozioni più profonde.

5. Basilica di Sant’Apollinare in Classe

Basilica di Sant'Apollinare in Classe a Ravenna

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La sorprendente Basilica di Sant’Apollinare in Classe

A pochi chilometri dal centro, nella quiete di un paesaggio che appare sospeso tra terra e cielo, si erge la più maestosa tra le basiliche di Ravenna: Sant’Apollinare in Classe, il cui nome rimanda all’antica città di Classe, oggi area archeologica, un tempo vivace porto e sede della flotta romana dell’Adriatico.

La Basilica affascina da subito per la sua imponenza, ma è entrando che si viene travolti da un senso di meraviglia. L’abside è un inno alla luce, al colore e alla simbologia: Cristo appare al centro della Croce, in un tondo ornato da 99 stelle. Ai suoi lati, i quattro evangelisti, mentre dodici pecore candide simboleggiano gli apostoli, immerse in un paesaggio che ha i toni di un paradiso terrestre. Rocce, alberi, fiori e uccelli variopinti riempiono la scena con la serenità di un’armonia raggiunta.

Accanto alla Basilica, gli scavi raccontano la vita dell’antica Classe, città strategica e cuore pulsante del mondo bizantino. Poco distante, un vecchio zuccherificio ottocentesco è stato trasformato nel Museo Classis, un viaggio al cospetto di secoli di storia, dalla Preistoria alla Ravenna medievale. Anche soltanto la scala monumentale, decorata con un’onda di mosaico lunga trentatré metri, sarebbe sufficiente a giustificare la visita.

6. Mausoleo di Teodorico

Infine, non si può non citare il Mausoleo di Teodorico, costruito nel VI secolo per volere del re ostrogoto Teodorico, deciso a lasciare un’impronta eterna del proprio potere. A differenza degli altri monumenti di Ravenna, qui lo sfarzo bizantino cede il passo a una forma severa, quasi scultorea, in cui l’austerità diventa bellezza.

La struttura si fa notare per la cupola, un unico blocco monolitico di pietra calcarea che pesa oltre 300 tonnellate. Un’impresa ingegneristica straordinaria per l’epoca, che ancora oggi lascia senza parole. Il linguaggio architettonico è essenziale, lontano dai decori dorati degli altri edifici, ma proprio tale sobrietà la rende un unicum nel panorama ravennate.

Cosa fare a Ravenna: tre esperienze da non perdere

Splendidi mosaici di Ravenna

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Tutto il fascino dei mosaici di Ravenna

Ravenna non è solo storia e arte, ma anche scoperta, creatività e gusto. Oltre ai monumenti senza eguali, la città offre esperienze capaci di completare il viaggio con sfumature più quotidiane ma non meno intense. Che si tratti di arte contemporanea, scorci urbani rigenerati o sapori locali, ogni tappa aggiunge un tassello al mosaico dell’anima ravennate.

1. Fare tappa al MAR – Museo d’Arte della città di Ravenna

All’interno di un antico monastero, trasformato con rispetto e visione, prende vita uno dei centri culturali più dinamici della città: il MAR, Museo d’Arte della Città di Ravenna tra le cui sale si snoda un percorso che va dall’arte medievale fino al Novecento, con un’attenzione speciale per la tradizione del mosaico.

La sezione dedicata al mosaico moderno è un dialogo tra passato e presente, dove la tecnica antica si reinventa nelle mani degli artisti contemporanei.

Le mostre temporanee, spesso coraggiose e sperimentali, danno respiro internazionale al museo, rendendolo un punto d’incontro per chi ama l’arte in tutte le sue forme.

2. Un giro alla Darsena

Un tempo quartiere portuale e zona industriale, oggi la Darsena ne è il volto giovane e creativo: gli ex magazzini, le gru, le architetture dismesse sono diventati spazi per l’arte urbana, per la musica, per la socialità. Il canale Candiano scorre tranquillo tra murales colorati, locali alternativi e biciclette.

Camminare lungo la banchina, soprattutto al tramonto, regala una visione insolita della città: un incontro tra la malinconia del passato e la forza dell’innovazione.

La Darsena è diventata un laboratorio a cielo aperto, un quartiere in fermento dove tutto cambia e tutto vive.

3. Una sosta gastronomica al Mercato Coperto

A due passi da Piazza del Popolo, esiste un luogo dove i profumi parlano, i sapori raccontano e ogni stand è un invito a lasciarsi tentare: il Mercato Coperto, ristrutturato con eleganza e rispetto per la sua anima popolare, oggi un punto d’incontro tra tradizione e gusto.

Qui si può scegliere di fermarsi al ristorante oppure optare per un assaggio veloce, magari da gustare mentre si esplora il centro. L’offerta è variegata e irresistibile: si va dalle piadinerie alle botteghe artigiane, dalle pescherie alle gastronomie, dove la qualità degli ingredienti è protagonista.

Impossibile non assaggiare la piadina con lo squacquerone, accompagnata da verdure, affettati o acciughe marinate, a seconda dell’umore del palato. E per chi ama la pasta fresca, non mancano i cappellacci verdi, le tagliatelle, i passatelli, preparati con cura, passione e un pizzico di orgoglio romagnolo.

Come arrivare a Ravenna

Raggiungere Ravenna è semplice e piacevole, quasi un preludio al viaggio nel tempo che vi attende tra i suoi monumenti. Il cuore della città si apre a pochi passi dalla stazione ferroviaria, in Piazza Farini: bastano tre minuti a piedi per trovarsi nel centro storico, tra mosaici millenari e vie che profumano di arte e storia.

Per chi arriva in auto, l’autostrada A14 è la via più diretta: basta uscire allo svincolo per Ravenna e seguire le indicazioni per il centro.

Se preferite viaggiare in aereo, gli aeroporti più vicini sono quello di Forlì, a circa 30 chilometri, quello di Rimini, a 60, e l’aeroporto di Bologna, distante circa 90 chilometri.

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Israele, scoperto il più grande monastero bizantino del sud del Paese

Mentre si progettava il nuovo quartiere a nord di Kiryat Gat, nel sud di Israele, le autorità per le antichità hanno avviato alcuni scavi archeologici portando alla luce un’importante scoperta. Durante le attività è emerso un complesso monastico di epoca romana bizantina, un’autentica meraviglia che aumenta il suo valore grazie al pavimento a mosaico multicolore decorato con motivi geometrici e floreali a cui si aggiungono figure di animali e un’iscrizione in greco con riportato un versetto biblico. All’interno del sito è stato poi trovato un torchio per il vino e diversi edifici appartenenti al medesimo periodo: lo studio condotto ha dato modo di approfondire quella che era l’organizzazione economica della comunità attiva diventando una testimonianza unica della vita quotidiana.

Monastero bizantino di epoca romana scoperto in Israele

Fonte: Ufficio Stampa

Israele: scoperto un monastero decorato con mosaici bizantini

Scoperto in Israele un monastero con pavimento bizantino

Protagonista della scoperta è proprio il pavimento mosaicato di inestimabile valore simbolico e artistico. Si stima risalga al V o VI secolo dopo Cristo. Il mosaico è in grado di attirare l’attenzione grazie alla composizione raffinata ma è soprattutto il messaggio al centro a colpire gli storici e gli archeologi. Appartiene al passaggio biblico del Deuteronomio e recita: “Benedetto sarai quando entri e benedetto sarai quando esci”. La benedizione è rivolta soprattutto a fedeli e viaggiatori che attraversavano le porte in cerca di protezione e prosperità.

La scritta biblica sul pavimento mosaicato del monastero

Fonte: Ufficio Stampa

La scritta scoperta sul pavimento mosaicato

Il mosaico bizantino con un messaggio biblico

Il mosaico rivenuto all’interno del monastero bizantino emerso in Israele è di grande rilevanza. È composto da tessere minuziosamente disposte che rappresentano un trionfo di simbolismo e maestria. All’interno delle raffigurazioni ancora ben conservate si osservano croci, leoni, colombe, anfore e complessi motivi geometrici e floreali. Alcuni hanno un simbolo cristiano associato, altri sono prettamente decorativi. Interessante anche la palette cromatica ricca così come sono evidenti i dettagli precisi e opulenti che confermano l’importanza sociale del monastero per la comunità dell’epoca.

Perché è importante la scoperta

Gli scavi hanno portato alla luce un complesso articolato composto da almeno 10 edifici: oltre al monastero in sé fanno parte del ritrovamento un magazzino e un torchio per la produzione vinicola dotato di vasche decorate con motivi mosaicati in pietre blu e bianche. La testimonianza è davvero rilevante e mostra come l’economia fosse basata sulla produzione vinicola; lo studio è rafforzato dalla presenza di tracce di pittura rossa sulle pareti.

Gli archeologi hanno avuto in più l’opportunità di portare alla luce ceramiche, monete e manufatti in marmo a cui si aggiungono oggetti in vetro e metallo. Il sito è di rilevanza non solo per i ritrovamenti ma per la posizione strategica: si trovava infatti lungo un’arteria commerciale che collegava l’entroterra alla pianura costiera.

Anfora e oggetti rivenuti negli scavi

Fonte: Ufficio Stampa

Un’anfora rinvenuta tra gli oggetti scoperti negli scavi

L’autorità per le antichità di Israele ha già sottolineato l’importanza della scoperta e la direttrice della regione Sud Svetlana Talis ha commentato “Questa scoperta evidenzia la ricchezza storica dell’area e il ruolo di Kiryat Gat come crocevia di culture e attività economiche nell’antichità”. Le operazioni ora permetteranno il trasferimento del mosaico verso un’area pubblica così da consentire ai visitatori di poterne ammirare la bellezza e comprenderne l’importanza storica. Per poterla visitare bisognerà attendere però che le operazioni di trasporto e restauro siano complete: si tratta di uno dei mosaici più rari scoperti in Israele e una volta completate le attività sarà esposto ottenendo il risalto che merita.

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Al Parco archeologico di Ercolano riapre la Casa della Gemma

Con l’apertura ciclica delle domus del Parco Archeologico di Ercolano, la Casa della Gemma è di nuovo accessibile al pubblico fino all’8 aprile, con orario 9,30-13. Un’occasione da non perdere per visitare questa dimora, che un tempo dominava il panorama sul mare, famosa per i suoi preziosi mosaici pavimentali e gli affreschi raffinati che raccontano storie di un’epoca lontana.

“L’obiettivo del nostro lavoro è valorizzare il sito e offrire a un pubblico sempre più ampio e curioso l’opportunità di scoprire le meraviglie di questo luogo,” spiega Francesco Sirano, Direttore del Parco Archeologico di Ercolano. “Iniziamo l’anno con una serie di novità che arricchiranno ulteriormente l’offerta culturale del Parco”.

“Le aperture cicliche, come quella della Casa della Gemma, ci consentono di ridurre il degrado antropico e di mantenere il sito in condizioni ottimali. Inoltre, dal 16 gennaio, i visitatori potranno accedere al dietro le quinte dei lavori di restauro, un’iniziativa che li coinvolge nel quotidiano lavoro di conservazione svolto dal nostro staff”, conclude Sirano.

La storia della Casa della Gemma

Il nome di questa dimora deriva da una gemma incisa con un ritratto femminile dell’età di Claudio, ritrovata nella vicina Casa di Granianus ma tradizionalmente associata a questa struttura. La Casa della Gemma era parte del complesso della Casa del Rilievo di Telefo, probabilmente di proprietà della famiglia di Marco Nonio Balbo, figura eminente della città. In età augustea, l’abitazione si sviluppava su tre livelli, occupando ben 1.800 metri quadrati, e vantava un collegamento diretto con le Terme Suburbane.

Con il passare del tempo, la dimora venne suddivisa in tre abitazioni distinte, tra cui la Casa della Gemma, situata al livello della strada. Nonostante le trasformazioni, questa residenza conserva intatti i suoi raffinati mosaici e affreschi, che testimoniano il lusso e la cura dei dettagli che caratterizzavano le dimore dell’élite municipale di Ercolano.

I preziosi mosaici del triclinio

Tra i tesori della Casa della Gemma spiccano i mosaici geometrici del triclinio (la sala da pranzo), decorato in terzo stile con colori vivaci come il giallo e il rosso, impreziositi da fregi neri. Il pavimento, in bianco e nero, è un capolavoro di equilibrio estetico: ventuno riquadri geometrici al centro di una bordatura nera creano un effetto visivo di straordinaria eleganza. Gli ambienti del piano inferiore, invece, raccontano una storia di adattamenti funzionali.

Originariamente destinati alla residenza, questi spazi vennero poi utilizzati dalla servitù a causa dei vapori provenienti dalle vicine Terme Suburbane. Gli scavi hanno restituito oggetti di grande valore, tra cui vasi in vetro, un sigillo in bronzo e persino una culla in legno contenente i resti di un bambino. Di particolare interesse sono due lastre in marmo, raffiguranti rispettivamente Ercole che combatte l’Idra di Lerna e una sfinge con corona egizia, simboli di potenza e mistero.

Le residenze di lusso come la Casa della Gemma offrono uno spaccato unico sulla vita quotidiana delle élite di Ercolano. Gli ampi spazi, i giardini, le terrazze affacciate sul mare e le decorazioni preziose rappresentano un mondo di sfarzo che contrastava con la semplicità delle abitazioni comuni. Il tessuto urbano della città, con i suoi decumani paralleli al litorale e i cardini perpendicolari, rivela una pianificazione razionale e ordinata, testimonianza della grandezza dell’Impero Romano.

Torna l’iniziativa “Close-up Cantieri”

Come parte della tradizione innovativa del Parco, torna anche l’iniziativa “Close-up Cantieri”, che permette ai visitatori di esplorare i cantieri di restauro, osservando da vicino il lavoro degli archeologi e dei restauratori. L’obiettivo è rendere il pubblico parte integrante del processo di conservazione, offrendo una prospettiva unica sul patrimonio culturale.

Tra i luoghi che saranno resi accessibili ci sono siti chiusi da decenni, ora oggetto di interventi di restauro per la loro definitiva riapertura. Un’occasione imperdibile per scoprire nuovi aspetti di Ercolano e immergersi in una storia che non smette mai di affascinare.

Info Utili Parco Archeologico di Ercolano

Orari
Dal 15/10 al 15/03 Apertura ore 8,30 – 17 (ultimo ingresso 15:30)
Dal 16/03 al 14/10 Apertura ore 8,30 – 19,30 (ultimo ingresso 18:00)

Biglietti
Intero 16€
Ridotto 2€ (giovani 18-25 anni)

Come arrivare
In auto
Autostrada A3 Napoli-Salerno, uscita per Ercolano Scavi, seguire le indicazioni per il Parco Archeologico di Ercolano.
In treno
Dalla stazione di Napoli Centrale, Circumvesuviana fino alla stazione di Ercolano Scavi, quindi a piedi fino all’ingresso del Parco in Corso Resina 187.

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Scoperta una villa romana nel sud del Wiltshire, ecco i dettagli

Nel sud del Wiltshire, in Inghilterra, è stata scoperta una straordinaria villa romana risalente al periodo imperiale. Si tratta della prima villa romana di grandi dimensioni mai documentata nella Valle di Chalke. La scoperta è frutto di un progetto di scavo che ha visto la partecipazione di più di 60 volontari locali, coadiuvati dal Dr. David Roberts, docente senior presso l’Università di Cardiff, e da Teffont Archaeology. Il progetto è stato finanziato dal National Heritage Lottery Fund nell’ambito del Chase & Chalke Landscape Partnership Scheme.

La villa è stata trovata grazie all’intervento di metal detectoristi locali che, negli anni, avevano segnalato diversi reperti romani. Successivamente, il sito è stato oggetto di scavi archeologici, che hanno portato alla luce una serie di reperti di grande valore, tra cui mosaici, intonaci dipinti e strutture in pietra.

A seguito di questa straordinaria scoperta, il team di archeologi procederà con l’analisi dei reperti rinvenuti, che saranno conservati e studiati in dettaglio. Nel 2025, sono previste diverse conferenze pubbliche per presentare i risultati degli scavi e discutere con la comunità i dettagli delle scoperte. I volontari continueranno a essere coinvolti anche nel processo di archiviazione e conservazione dei reperti, grazie alla collaborazione con il Salisbury Museum. Ecco i dettagli.

La scoperta della villa romana in Inghilterra

La villa romana scoperta nel cuore del Regno Unito si estende per oltre 35 metri e include diverse strutture, ognuna delle quali serviva a scopi differenti. Tra le scoperte più rilevanti, vi è una grande vasca termale, tipica dei lussi romani, un fienile a più piani e una struttura con un pavimento in cemento, che potrebbe essere stata una piscina all’aperto. Questi edifici indicano che la villa non era solo una residenza, ma un vero e proprio centro di benessere e rappresentanza.

Tra i reperti più significativi, spiccano mosaici con motivi geometrici elaborati, che non solo adornavano le stanze, ma avevano anche lo scopo di mostrare la raffinatezza culturale della famiglia che abitava il sito. L’elevata qualità dei mosaici suggerisce che i proprietari della villa fossero una famiglia di alto rango sociale.

Inoltre, sono stati ritrovati dai volontari e dagli scavatori molti oggetti di alto valore, tra cui colonne in pietra, intagli in legno e vari tipi di arredi che mostrano chiaramente la ricchezza e il potere della famiglia romana che vi abitava. Il Dr. Denise Wilding, co-direttrice del progetto, ha sottolineato l’importanza di questi ritrovamenti, in quanto sono tra i pochi esempi di siti di alto status nell’area, una zona che non veniva scava da anni.

Il coinvolgimento della comunità locale

Una delle peculiarità di questo progetto è stato il coinvolgimento diretto della comunità locale. I volontari hanno avuto l’opportunità di lavorare al fianco di archeologi ed esperti, imparando le tecniche di scavo e analisi. Il manager del progetto, Rob Lloyd, ha evidenziato quanto queste attività abbiano avuto un impatto positivo sul benessere dei partecipanti, offrendo loro non solo una nuova comprensione del patrimonio storico, ma anche la possibilità di essere parte attiva nel processo di scoperta e conservazione.

Nel corso dell’estate, sono state offerte numerose opportunità di volontariato archeologico, che hanno permesso a centinaia di persone di partecipare agli scavi e di approfondire la conoscenza delle tecniche archeologiche. Questo coinvolgimento ha avuto un grande valore, contribuendo a sensibilizzare i residenti della zona sull’importanza di preservare e celebrare la storia locale.

Questa scoperta, dunque, non solo ha messo in luce un importante sito archeologico romano, ma ha anche dimostrato l’importanza della collaborazione tra professionisti e comunità locali nel preservare e valorizzare il patrimonio storico. Le attività di scavo continueranno, con l’obiettivo di garantire che questo sito straordinario venga protetto e studiato per le generazioni future.

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Mausoleo di Galla Placidia: la storia del prezioso tesoro di Ravenna

Tra i tesori storici italiani più belli c’è sicuramente il Mausoleo di Galla Placidia, un edificio che custodisce i mosaici più antichi di Ravenna. Tra i monumenti paleocristiani riconosciuti Patrimonio UNESCO insieme ad altri sette edifici, tra i quali il Battistero Neoniano e la Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, il mausoleo è oratore silenzioso delle vicende storiche, politiche e religiose che interessarono la città. Non è un caso, infatti, che un monumento di tale bellezza fu costruito proprio qui.

Ravenna, infatti, su decisione dell’imperatore Onorio, fu la prima capitale dell’Impero Romano d’Occidente (AD 402), poi nota in Italia come la capitale ostrogota e bizantina. Quando si ricopre un ruolo così importante bisogna esserne all’altezza. Come tanti altri imperi desiderosi di mostrare al mondo la propria magnificenza, anche Ravenna decise orgogliosa di costruire nuovi palazzi, chiese e battisteri, tutti splendidamente decorati. Uno di questi fu il Mausoleo di Galla Placidia: scopritelo insieme a noi in questo articolo.

Perché fu costruito il Mausoleo di Galla Placidia

Non esistono documenti certi sulla funzione e sull’identità di chi commissionò il Mausoleo di Galla Placidia quindi, per questo racconto, ci affideremo alla tradizione ampiamente accettata dagli ambienti accademici. Risalente al V secolo d.C., il monumento fu costruito vicino alla Chiesa di Santa Croce, alla quale era collegato tramite un portico, oggi andato perduto. La protagonista di questa storia, da come avrete intuito dal nome, è Galla Placidia, figlia di Teodosio e sorella dell’imperatore Onorio, oltre che imperatrice reggente per conto del figlio Valentiniano III.

Dal carattere intenso e particolare, nonché fervente cristiana e committente artistica, particolarmente attiva nell’edificazione delle chiese, fece costruire il mausoleo per esservi sepolta insieme al fratello e al marito Costanzo III. Sfortunatamente i suoi desideri non si avverarono perché mori a Roma, nel 450, e lì fu sepolta all’interno del Mausoleo Onoriano, un tempo annesso all’antica basilica paleocristiana di San Pietro. La storia termina con una leggenda: il suo corpo imbalsamato sarebbe stato trasferito a Ravenna a seguito dei funerali, dove vi rimase fino al 1577, quando un visitatore, avvicinandosi con una candela alle vesti della donna, le diede fuoco.

Mausoleo di Galla Placidia

Fonte: iStock

I mosaici all’interno del Mausoleo di Galla Placidia

Le caratteristiche del mausoleo: interni ed esterni

Se la storia è incerta, la bellezza del Mausoleo di Galla Placidia è reale, anche se da fuori non sembrerebbe. Gli esterni del monumento, costruiti seguendo una pianta a croce latina, infatti, sono realizzati in semplice laterizio e presentano un’estetica sobria e modesta. Ornato da arcate cieche in tutte le pareti, le uniche decorazioni visibili sono quelle all’ingresso, dove sono presenti rami di vite, grappoli d’uva e due felini. Questa struttura modesta rappresenta il vivere del buon cristiano, semplice nell’apparenza esterna e ricco nell’anima.

E gli interni lo sono per davvero, ricchi di colori sgargianti e luminosi! Le decorazioni musive dal sapore orientale (basti pensare all’influenza di Costantinopoli) ricoprono tutte le pareti e il soffitto, conquistando chiunque varchi la soglia del mausoleo. I mosaici, uno dei più importanti esempi di questa tecnica decorativa in Italia, sono stati realizzati con l’idea di creare un luogo di riposo sacro e incantevole che ricordava da una parte la bellezza del cielo stellato e, dall’altra, raccontava episodi biblici importanti e le fasi dell’antica liturgia funebre cristiana. Queste sono, per esempio, la domanda di purificazione, la processione, la purificazione dal peccato, la via del Vangelo, la deposizione del corpo e l’accoglienza dell’anima in Paradiso.

Descrizione dei mosaici: le scene e le figure rappresentate

Sopra l’ingresso del Mausoleo di Galla Placidia troverete la raffigurazione del Buon Pastore, mentre nella lunetta opposta San Lorenzo che si avvia al martirio. In quelle laterali, invece, sono rappresentate coppie di cervi che si abbeverano, un’immagine proveniente da un passo di un celebre Salmo (XLII, 1-2): “Come il cervo si abbevera alla fonte, così la mia anima anela a te, o mio Dio“. Sulla cupola ci sono coppie di apostoli in adorazione, tra i quali San Pietro e San Paolo, mentre ai loro piedi troviamo delle colombe. Una grande croce dorata domina la cupola, decorata con stelle e caratterizzata da un blu intenso, tra i colori principali della decorazione.

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Roma, scoperti i resti di un’antica domus con mosaici rarissimi

Individuati già nel 2018, alcuni preziosi resti di un’antica domus romana sono ora riemersi nei pressi del Parco Archeologico del Colosseo, durante una campagna di scavi condotta all’interno di un progetto di studio e ricerca. Si tratta di un ritrovamento sensazionale, soprattutto per via di ciò che è stato scoperto tra gli ambienti riportati alla luce nel corso dei lavori: gli esperti hanno rinvenuto dei mosaici rarissimi, che non trovano confronto con altro di simile appartenente all’epoca in questione.

Trovati i resti di una domus romana

Considerato uno dei siti archeologici più importanti d’Italia, quello del Colosseo è una vera miniera di tesori incredibili: solo poco tempo fa è stata riaperta al pubblico la domus Tiberiana, e ora gli esperti hanno riportato alla luce un altro gioiello di inestimabile valore. Stiamo parlando dei resti murari di un’antica domus d’età tardo-repubblicana, situata alle pendici del colle Palatino, esattamente dietro l’area in cui si trovano gli Horrea Agrippiana (i magazzini costruiti lungo la strada commerciale che collegava il porto sul Tevere e il Foro Romano).

Gli scavi compiuti nel 2018 avevano permesso di individuare alcune strutture murarie, ma solo adesso emergono i lussuosi ambienti che caratterizzavano questa domus. L’abitazione si sviluppava probabilmente su più piani, con numerose terrazze: la sua costruzione sembrerebbe aver attraversato tre diverse fasi, comprese in un periodo che va dalla seconda metà del II secolo a.C. e la fine del I secolo a.C. In base ai primi studi, appare chiara la sua disposizione attorno ad un giardino che doveva fungere anche da atrio.

“Dopo la riapertura della domus Tiberiana e il miglioramento dell’accessibilità dell’Anfiteatro Flavio, il cuore della romanità ha disvelato un autentico tesoro, che sarà nostra cura salvaguardare e rendere fruibile al pubblico. Si tratta di un importante risultato, che ripaga un lungo lavoro di studio e di ricerca e che rientra in uno degli obiettivi prioritari del Parco, quello della conoscenza e della sua diffusione. Lo scavo archeologico si concluderà nei primi mesi del 2024 e successivamente lavoreremo intensamente per rendere al più presto accessibile al pubblico questo luogo, tra i più suggestivi di Roma antica” – ha affermato Gennaro Sangiuliano, Ministro della Cultura.

I preziosi mosaici

La scoperta più interessante è avvenuta in uno degli ambienti principali della domus, chiamato specus aestivus: si tratta di una sala per banchetti costruita su immagine di una grotta naturale. Veniva usata durante i mesi estivi, perché molto più fresca di altre stanze, e i suoi ospiti dovevano essere intrattenuti da affascinanti giochi d’acqua. Sono infatti stati trovati dei tubi in piombo, incastonati tra le pareti decorate, che permettevano il passaggio dell’acqua e la realizzazione di veri e propri spettacoli. Ma le sorprese non sono finite qui.

All’interno dello specus aestivus, gli archeologi hanno trovato un meraviglioso rivestimento parietale in mosaico, che non è possibile confrontare con niente di simile. È un mosaico “rustico”, realizzato con materiali di diverso tipo: conchiglie, scaglie di marmo bianco, tessere di blu egizio, frammenti di travertino spugnoso, vetri preziosi e cretoni di pozzolana, il tutto legato con la malta. Complesse e variegate sono anche le scene rappresentate, una vera e propria sequenza di figure. Secondo gli esperti, il mosaico risalirebbe agli ultimi decenni del II secolo a.C.

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Pompei non smette di soprendere, la nuova eclatante scoperta

Nonostante i suoi oltre duemila anni di storia, la nostra splendida Pompei è ancora in grado di stupire: è da poco stata fatta una nuova scoperta che conferma che questa località è un costante laboratorio di studio e ricerca, una realtà che continua a rivelare elementi nuovi sulla storia urbanistica e sociale della città antica.

Il mosaico rinvenuto a Pompei

Durante il progetto di ricerca e relativa campagna di scavi presso le Terme Stabiane affidati dal Parco archeologico di Pompei alla Freie Universität Berlin con la collaborazione dell’Università di Napoli L’Orientale, è affiorato il pavimento a mosaico del salone di un’abitazione più antica, cancellata per far spazio ad una parte delle terme e a botteghe, dopo il terremoto del 62 d.C.

Le indagini che hanno riportato alla luce quanto appena detto sono state avviate a marzo con lo scopo di chiarire alcuni aspetti relativi sia alle fasi cronologiche e all’organizzazione planimetrica del settore della palestra delle terme, già oggetto di indagini in passato, sia di completare lo studio della planimetria della casa preesistente, trasformata dopo il terremoto del 62 d.C.

Dalle prime immagini e analisi si può comprendere che il pavimento era a mosaico bianco bordato da una fascia nera con un emblema centrale, policromo. L’emblema presenta un motivo geometrico a cubi prospettici, realizzati con tessere nere, bianche e verdi, bordato da una doppia fascia rossa e nera.

Il motivo decorativo è ben noto per le pavimentazioni in opus sectile della cella del tempio di Apollo, del tablino della casa del Fauno o di un’esedra della casa di Trittolemo, casi in cui il motivo è esteso su quasi tutta la superficie pavimentale. Nella casa delle Terme Stabiane, invece, il motivo è realizzato solo nel piccolo riquadro centrale, a mosaico, come avviene in altri contesti, sempre in sectile, romani, tipo la casa dei Grifi sul Palatino.

Le dichiarazioni degli addetti ai lavori

Come riportato a mezzo di comunicato stampa dal Parco Archeologico di Pompei, il Direttore Gabriel Zuchtriegel ha dichiarato: “È una prova di quanto c’è ancora da scoprire nella parte già scavata di Pompei. Le Terme Stabiane furono scavate negli anni ’50 dell’800, ma solo adesso viene alla luce tutta la complessa storia dell’isolato nei secoli prima dell’ultima fase di vita della città. Grazie alle nuove ricerche dell’università di Berlino e dell’Orientale di Napoli, oggi si può cominciare a riscrivere la storia dell’isolato, inserendone un ulteriore capitolo, quello di una sontuosa domus con mosaici eccezionali e ambienti spaziosi, che occupava la parte occidentale dell’area delle terme fino a pochi decenni prima dell’eruzione nel 79 d.C. Anche la Pompei che pensavamo di conoscere già, è una scoperta che continua.”

Il pavimento mosaicato è stato individuato nell’area delle tabernae, al di sotto del livello pavimentale rivenuto dopo l’eruzione a circa mezzo metro di profondità. Ma quel che certo si può concludere è che le nuove indagini hanno permesso di comprendere al meglio la planimetria dell’edificio, risalente ai decenni centrali del I sec. a.C., che si sviluppava per una superficie di circa 900 mq, ed era composto da ingresso, un grande atrio circondato da cubicola (stanze da letto), tablino ( studiolo), affiancato dal salone di recente scoperto, ed infine peristilio (giardino colonnato), caratterizzato da un ampio portico con ricca pavimentazione in mosaico policromo.