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Via degli Dei, l’unico cammino sostenibile certificato al mondo

È il primo cammino al mondo ad avere ottenuto il riconoscimento dal Global Sustainable Tourism Council (GSTC), l’organizzazione che stabilisce gli standard per lo sviluppo sostenibile del settore turistico a livello globale. È la Via degli Dei, un cammino che collega Bologna a Firenze attraverso l’Appennino Tosco-Emiliano. Un itinerario lungo 123 chilometri, tra la Toscana e l’Emilia-Romagna.

La certificazione internazionale sulla sostenibilità e responsabilità sociale in ambito turistico è nata per valorizzare le tradizioni di due territori (Emilia e Toscana) ricchi di peculiarità e di elementi identitari. La Via degli Dei, infatti, porta il turista/viandante/trekker alla scoperta della gastronomia, della storia e della cultura di due regioni italiane, con uno spiccato senso di accoglienza di residenti e strutture ricettive.

Storia della Via degli Dei

Tracciata originariamente intorno al VII-IV secolo a.C., deve la sua sistemazione definitiva all’opera dell’ingegneria Romana. Con la caduta dell’Impero Romano, la strada perse parte della pavimentazione originaria riducendosi a un semplice sentiero. Con l’avvento delle moderne vie carrabili perse definitivamente la sua funzione e la sua riscoperta fu opera di un gruppo di appassionati escursionisti che, negli Anni ’80, recuperò l’antico tracciato che deve il suo nome ai suggestivi toponimi montani attraversati: Monte Adone, Monte Venere, Monte Giunone, gli Dei.

Oggi, la Via degli Dei è uno straordinario percorso attrezzato che si snoda tra i paesaggi più suggestivi dell’Appennino Tosco-Emiliano. Un’esperienza accessibile anche ai non esperti e con una ripartizione a tappe di media difficoltà.

L’itinerario della Via degli Dei

La Via degli Dei può variare a seconda del tempo e delle capacità dei camminatori che intendono percorrerla. Non esiste un numero obbligato di tappe e quindi di giorni di percorrenza, ma il consiglio è di impiegare dai cinque ai sette giorni, in modo da avere il tempo di conoscere le peculiariatà che contraddistinguono la Via degli Dei e i luogji che attraversa, dai borghi storici ai paesaggi montani, e rilassarsi nelle strutture ricettive immerse nello splendido scenario dell’Appennino Tosco-Emiliano.

Le tappe

1. Bologna, Casalecchio di Reno, Sasso Marconi e Badolo
Dalla stazione FS di Bologna si imbocca Via Indipendenza e si arriva in Piazza Maggiore, vero punto d’inizio (o di arrivo) della Via degli Dei. Da piazza Maggiore imbocchiamo via d’Azeglio, superate la casa di Lucio Dalla e girate poi a destra in via Farini e poi a sinistra in via Collegio di Spagna, da cui proseguiremo sulla sinistra per arrivare a via Saragozza dove incontreremo gli ultimi negozi e bar per acquistare il pranzo al sacco della prima tappa. Arrivati all’arco del Meloncello iniziamo a percorrere il portico più lungo del mondo: quello che porta al Santuario della beata Vergine di San Luca.

Lunghezza: 21.30 km – Tempo: 6,50 ore.

2. Badolo, Brento, Monzuno, Madonna dei Fornelli
Percorrendo via delle Valli, il sentiero prosegue in mezzo a boschi per girare intorno a Monte del Frate. Poco dopo si arriva a un bivio e bisogna girare a destra. Proseguite sulla stradella e superato di alcune centinaia di metri l’Agriturismo Piccola Raieda si gira a sinistra per iniziare la salita di Monte Adone. La salita è corta, ma abbastanza impegnativa. La fatica verrà ripagata dal bellissimo panorama e dalla bellezza del luogo. Monte Adone è sicuramente il luogo più fotografato della Via degli Dei. Scendendo da Monte Adone si arriva in via Vallazza e di lì a pochissimo a Brento dove troverete servizi, bar e una trattoria dove vi potete riposare prima del lungo tratto che collega Brento a Monterumici e poi Monzuno. Arrivati a Monzuno, da piazza XXIV Maggio proseguite su strada asfaltata in direzione Madonna dei Fornelli, superate il bivio per Loiano e andate verso i campi sportivi dove, svoltando a destra, imboccherete una larga carrareccia in salita. Dopo circa 20 minuti si raggiunge la località “Campagne” dove è segnalato il percorso CAI 019 – VD. Si attraversa (sentiero CAI n.° 19) un cancelletto in un bosco di castagni fino ad arrivare al ripetitore Telecom già individuato il giorno precedente da Monte Adone. Da qui si segue la strada sterrata fino alle case di Le Croci. Breve salita fino al Monte Galletto e poi su sterrata si giunge a Madonna dei Fornelli (3 ore circa da Monzuno).

Lunghezza: 28 km – Tempo: 9,50 ore.

3. Madonna dei Fornelli – Passo della Futa

Da Madonna di Fornelli proseguite verso Pian di Balestra lungo il sentiero n. 019. Superato il quadrivio di Pian di Balestra, seguite la segnaletica Via degli Dei – Futa e Strada Romana, superate un piccolo cancello di legno sulla sinistra e addentratevi nel bosco. Dopo pochi metri potrete già ammirare dei tratti di Flaminia Militare, l’antico percorso Romano datato 187 a.C. che vi accompagnerà in diversi punti di questa tappa. Proseguendo sul sentiero si arriva a un cancello facilmente identificabile da un disegno e una scritta in rosso che recita “Chiudere il cancello grazie”, oltrepassato il quale si apre un ampio spazio: un grande campo con una casa in sasso sulla destra (Località “I Capannoni”). Proseguite percorrendo il viale sterrato e dopo la curva vedrete un albero con indicazioni del percorso. Continuando a camminare incontrerete un bivio a cui bisogna girare a destra.

Questo punto del tragitto non è ben segnalato, seguite però la strada come consigliato e dopo qualche metro vedrete il cartello CAI n°019 sulla destra. Il sentiero prosegue fino ad arrivare alla Piana degli Ossi, dove si possono ammirare i resti di sei antiche fornaci datati presumibilmente II secolo a.C.. Superato questo punto proseguite verso il Passeggere dove incontrerete un incrocio con indicazioni su cartelli in legno a cui bisogna girare a sinistra. Continuate il percorso e al bivio successivo girate a destra; dopo pochi metri si incontra un laghetto artificiale che dovrete costeggiare fino a che non termina la recinzione. Il sentiero prosegue verso sinistra e in salita fino a che non si esce dal bosco e non si incontrano due piane: una più piccola sulla destra e sempre dritto una più ampia denominata “radura delle Banditacce”. Andate avanti verso Sud seguendo il sentiero in leggera salita fino ad arrivare alla cima delle “Banditacce” punto di massima quota di tutto il percorso (circa 1200 m).

Dopo alcuni metri raggiungerete anche il “Poggiaccio” che determina la metà del tragitto, ovvero l’approssimativa equidistanza tra Bologna e Firenze. Il sentiero poi scende leggermente sulla sinistra e lì potrete ammirare numerosi reperti dell’antica strada romana, ben conservata e facilmente identificabile grazie alla presenza di numerose insegne. Continuate a camminare e arriverete alle falde di Poggio Castelluccio: per chi vuole c’è la possibilità di fare una piccola deviazione a destra in salita e raggiungere la cima dove sono state rinvenute testimonianze di un antichissimo Castelliere Ligure (si presume V-III sec a.C.). Proseguendo invece per il sentiero si incontrano nuovamente tratti di Flaminia Militare, di cui uno ben conservato e protetto da una sorta di recinto di legno. Continuate il percorso seguendo la segnaletica e scendete a destra fino a raggiungere l’inizio di un bosco di conifere. Andate avanti in linea retta seguendo sempre le indicazioni per la Futa fino ad arrivare dopo poco alla strada asfaltata che da Pian del Voglio porta al Passo della Futa, SS 65. Seguite la strada asfaltata fino a raggiunge l’ampio parcheggio e l’ingresso del Cimitero Germanico tra i più grandi in Italia.

Lunghezza: 17.25 km – Tempo: 5,50 ore.

4. Passo della Futa – Sant’Agata – San Piero a Sieve

Se avete alloggiato al Passo della Futa proseguite sulla SS65 fino al bivio per Cornacchiaia/Firenzuola. Svoltate a sinistra e poi subito a destra, prendendo la strada sterrata lasciandovi la cabina dell’Enel sulla sinistra. Se invece avete pernottato a Monte di Fo/Santa Lucia bisogna risalire sulla strada che avete presumibilmente fatto il giorno precedente, fino a un incrocio dove si trovano indicazione che mandano in direzione ‘Apparita’. Una volta giunti a questo piccolo gruppo di case, si attraversa la statale SS65 della Futa e proseguendo si raggiunge un incrocio che nelle giornate limpide offre un bello scorcio sul cimitero germanico: seguendo le indicazioni si prende a destra entrando nel bosco.

I due percorsi tornano a incontrarsi lungo il crinale che porta a Monte Gazzaro. Si prosegue sul sentiero CAI 00, che in questo tratto coincide con il Sentiero Italia, fino a un bivio situato poco prima della vetta. Il sentiero che prosegue dritto porta alla cima ed è consigliato solo a Escursionisti Esperti, in quanto la discesa è abbastanza impegnativa. Si continua a salire lungo il crinale della collina fino a raggiungere sulla vetta la Croce di Monte Gazzaro (1125 metri). Nell’area sono stati messi tavoli in pietra e una installazione in pietra serena che rappresenta un portale proprio al confine tra il comune di Barberino di Mugello e Scarperia San Piero. Si giunge, infine, a un nuovo bivio, dove il sentiero numero 46 si divide: a sinistra si va in direzione di Sant’Agata (CAI 46b), percorso ufficiale della Via degli Dei.

Dopo l’abitato di Montepoli si arriva all’affascinante paese di Sant’Agata, caratteristico borgo fuori dal tempo che merita una sosta, sia per rifocillarsi, sia per una visita alla Pieve, chiesa affascinante e molto antica, e ai suoi musei. Passata Sant’Agata, poi, si percorre un breve tratto di strada asfaltata fino a raggiungere il bivio per Gabbiano. Lì si prende una stradella, sterrata prima e asfaltata poi, che vi porta a San Piero a Sieve.

Lunghezza: 21.08 km – Tempo: 6,30 ore

​5. San Piero a Sieve – Bivigliano – Vetta Le Croci

Ripartendo dal centro storico di San Piero a Sieve, si segue la strada asfaltata con indicazioni per la Fortezza Medicea. Una volta saliti, prendete la strada bianca a destra e continuate a camminare seguendo la segnaletica CAI Bo-Fi. Dopo poco avrete la possibilità di fare una piccola deviazione a andare a vedere la Fortezza Medicea di San Martino (chiusa però al pubblico). La fortificazione occupa un intero colle: domina l’abitato di San Piero a Sieve e gran parte del Mugello. La sua costruzione fu fortemente voluta da Cosimo I de’ Medici per porre un baluardo a difesa dei possedimenti della famiglia e dello Stato Fiorentino oltre che per soddisfare le pressanti richieste delle popolazioni locali, stanche dei continui saccheggi perpetuate ai loro danni da eserciti e bande provenienti dal nord.

È considerata una delle più estese fortificazioni italiane di tutti i tempi. Continuando a camminare arriverete ad una strada asfaltata. Prendetela, girate a destra, proseguite pochi metri, attraversate la strada e prendete lo sterrato sulla sinistra che indica “Trebbio, Cadenzano”. Proseguite sul sentiero fino ad arrivare a un grande bivio: qui prendete la strada sulla sinistra in salita. Continuate a camminare sulla Via degli Dei e incontrerete sulla vostra destra un tabernacolo del 1664. Proseguite sulla strada che sale leggermente e godetevi la veduta del bellissimo panorama attorno a voi dove si vedono anche distese di alberi di ulivo. Andate avanti fino ad arrivare alla località Trebbio. Fate una piccola deviazione e andate a vedere da vicino il Castello del Trebbio (Top Ten 5.1). Andate avanti e seguite le indicazioni CAI 17 Bo-Fi Bivigliano.

La strada continua e si snoda nel bellissimo panorama del Mugello dove potrete sempre vedere ulivi, borghi e tabernacoli. Proseguite dritti fino ad arrivare alla strada statale per Firenze. Girate a sinistra per Tagliaferro, scendete fino ad incontrare nuovamente i segnali CAI per Bivigliano sul muretto che circonda una grande casa rossa. Proseguite e superate un cancello che vi porta sulla strada bianca. Dopo poco le indicazioni dicono di girare a sinistra lasciando così alle spalle la strada sterrata e proseguendo nel bosco. Il sentiero sale e arriva a un bivio: CAI 00 e CAI 00-60: seguite il primo girando a destra e proseguite sulla strada bianca. Arrivati ad un piccolo spiazzo con il nome di “Camporomano” il sentiero riprende a destra nel bosco. Continuate sul tracciato fino a che non arriverete ad una strada asfaltata e in lontananza, sulla vostra destra, potrete ammirare la Badia del Buonsollazzo.

Proseguite sulla strada asfaltata fino a che non incontrerete il cartello per Monte Senario sulla vostra sinistra. Il sentiero prosegue in salita fino ad incrociare un cancello che dà su una strada asfaltata: è la strada che arriva al Convento di Monte Senario. Dopo una sosta nel punto di ristoro dei frati, prendete la strada sterrata che costeggia il Convento sulla destra, scendete lungo il viale alberato e prendete il sentiero che scende nel bosco alla vostra sinistra e che alla fine arriva in una strada asfaltata. Proseguite sulla strada fino a che il sentiero riprende a Vetta le Croci dopo circa mezz’ora nel verde e alla vostra sinistra. Quest’ultimo tratto che porta ad Olmo è completamente aperto in una distesa di campi con panorami mozzafiato. Se guardate bene in lontananza infatti potrete già ammirare da lontano sia Fiesole che Firenze.

Lunghezza: 18 km – Tempo: 6 ore.

6. Vetta Le Croci – Fiesole – Firenze

Se avete pernottato a Olmo, risalite a Vetta le croci e imboccate il sentiero seguendo le indicazioni per l’Alberaccio. Attraversata la strada asfaltata continuate sul sentiero CAI n.° 2 che prosegue in salita verso Poggio Pratone da dove è possibile godere di un bellissimo panorama verso Firenze. Dal Pratone si scende su strada sterrata fino a Monte Fanna. La strada diventa poi asfaltata, una volta attraversata la frazione di Borgunto, e si giunge in breve in piazza Mino a Fiesole. Per arrivare in piazza della Signoria avete a questo punto tre possibilità:

1) prendere i mezzi pubblici in piazza Mino da Fiesole.

2) prendere la panoramica fino alle scuole medie e percorrere il sentiero CAI n.° 7 che sale a Monte Ceceri e da qui scendere alle cave di Maiano, salire verso Settignano e scendere direttamente a piedi passando per Coverciano.

3) scendere verso Firenze lungo l’asfaltata ma panoramica via Vecchia Fiesolana.

Lunghezza: 18 km – Tempo: 4 ore.

Nell’anno del Giubileo, l’ente Appennino Slow propone un ricco calendario di attività sulla Via degli Dei. Partendo da Bologna, città medievale di incredibile bellezza, a Firenze, culla del Rinascimento, si va alla scoperta del Cammino in mezzo all’Appennino Tosco-Emiliano, 130 km di storia e natura, scegliendo tra diverse proposte che vanno da tre giorni in e-bike a sette giorni a piedi.

Il passaporto del Cammino degli Dei

Come già per altri cammini – primo fra tutti il Cammino di Santiago di Compostela – anche per il Cammino degli Dei esiste un passaporto per raccogliere le credenziali. Lungo il percorso le strutture convenzionate timbrano il libretto personalizzandolo, a prova e ricordo del cammino compiuto. Una volta terminato il cammino e ottenuti almeno cinque timbri si può inviare una copia della credenziale compilata e l’Ufficio Turistico di Sasso Marconi provvederà alla spedizione omaggio del gadget ufficiale della Via degli Dei.

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Alla scoperta di ville e castelli tra Bologna e Modena, gli appuntamenti da non perdere

Nel 2025 un’iniziativa turistico-culturale offre l’occasione di immergersi nelle bellezze architettoniche e nell’arte delle province di Modena e Bologna. Si tratta della rassegna “Alla scoperta di ville e castelli tra Bologna e Modena“, promossa dal Territorio turistico Bologna-Modena, formato da Provincia di Modena e dalla Città metropolitana di Bologna con il Comune di Bologna, in collaborazione con il Comune di Modena. Per l’occasione saranno aperti al pubblico in esclusiva castelli, ville, palazzi storici, torri e monumenti per circa 60 appuntamenti previsti nel corso dell’anno. A partire dal 1° febbraio, tutte le domeniche e un sabato al mese sarà possibile partecipare e fare un viaggio nel tempo.

Siamo certi che questa formula innovativa sarà accolta con entusiasmo dai visitatori – ha detto Mattia Santori, presidente del Territorio Turistico – Bologna e Modena insieme vantano un patrimonio unico e la rassegna vuole aprire le porte di questo tesoro comune a un pubblico sempre più ampio. È un’iniziativa che coniuga tradizione e innovazione, mettendo a disposizione esperienze autentiche e inedite per promuovere il territorio in modo originale“.

Modena

Fonte: iStock

Centro di Modena

Weekend a Modena, quali ville e castelli visitare

Questa iniziativa propone ai visitatori un viaggio emozionante attraverso i secoli per vivere in prima persona luoghi affascinanti che custodiscono una storia. Ville, palazzi nobiliari, castelli e ville maestose presenti nei territori tra Modena e Bologna sono ideali per approfondire epoche come il Medioevo e il Rinascimento, apprezzandone l’architettura e gli ambienti, nonché lo stile e leggende tramandate. A Modena gli appuntamenti da non perdere sono i seguenti:

  • 1 febbraio: Palazzo Coccapani d’Aragona a Modena. Sede dell’Accademia Nazionale di Scienze, Lettere e Arti, questo palazzo ha origine nel 600 ed è noto per uno scalone imperiale imponente a tre rampe decorato on affreschi e stucchi preziosi. Ora: 14.30 e 16.00
  • 2 febbraio: Castello di Spezzano – Fiorano Modenese. All’interno lasciano senza parole alcuni affreschi storici che rappresentano i borghi e castelli della zona e si può visitare la mostra sulla produzione di piastrelle nel distretto tra il 1889 e il 1939. Ora: 15.00
  • 8 marzo: Palazzo dei Pio di Carpi – Carpi. Visitare questo palazzo è un’esperienza speciale poichè è considerato uno dei monumenti rinascimentali dell’Emilia Romagna più importanti. Per questa rassegna saranno aperti al pubblico anche aree che di solito non lo sono, come la Salita alla Torre del Passeggino e il Guerriero. Ora: 15.00
  • 9 marzo: Villa San Donnino – Modena. Questa villa liberty è bellissima da ammirare, e gli appassionati di cinema potrebbero riconoscere gli ambienti che sono apparsi nel famoso film di Bertolucci, Novecento. Questa visita prevista per il 2025 include l’acetata di produzione di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena. Ora: 15.00

Bologna, le visite dei weekend in ville e castelli

Guide turistiche specializzate sono a disposizione dei visitatori per queste aperture eccezionali nei vari weekend di febbraio e marzo 2025. Nel territorio bolognese le date da segnarsi sono queste per intraprendere un viaggio nella storia e scoprire le trasformazioni del territorio e della società, ammirare capolavori artistici e architettonici del nostro paese.

  • 9 febbraio: Torrioni di Castel Guelfo –  Castel Guelfo. Questo sito ha una storia millenaria e presenta torrioni difensivi che testimoniano un passato segnato da numerosi conflitti tra famiglie del territorio. Ora: 10.30
  • 16 febbraio: Rocchetta Mattei – Grizzana Morandi. Immerso tra le colline bolognesi sopra Riola, questo edificio voluto da Cesare Mattei è un castello fiabesco che incanta per la sua architettura moresca, medievale e liberty. Ora: 10.30
  • 23 febbraio: Castello di Galeazza – Crevalcore. Un antico castello intorno a una torre del 300 voluto da Galeanno Pepoli è stato trasformato nel 1870 in una villa neomedievale con un grande giardino dove godersi il contatto con la natura. Ora: 10.30
  • 2 marzo: Chiesa di Riviera – Casalfiumanese. Nella Valle del Santerno, questo santuario è un gioiello architettonico in sasso che custodisce la storia antica di un luogo di culto mariano della zona. Ora: 10.30
  • 16 marzo: Paciu Maison – Ponte Rizzoli. Questa residenza ideata dall’artista Harry Baldissera, presenta all’interno moltissime stanze diverse tra loro, ma connesse attraverso l’arte in qualche modo. Uno spettacolo unico, da vivere. Ora: 10.00
  • 23 marzo: Palazzo Comunale di San Giovanni in Persiceto. Questo gioiello del XV secolo è ricco di affreschi e decorazioni che vanno dal Rinascimento al Novecento, e offre ai visitatori l’opportunità di scoprire la storia e l’arte del borgo di San Giovanni in Persiceto. Ora: 10.30

Info utili

Il prezzo del biglietto intero è di 15 euro, mentre il ridotto per bambini dai 6 ai 12 anni è di 6 euro. I possessori di card cultura e i soci FAI pagano 12 euro, e i bambini fino ai 5 anni entrano gratis. Le visite sono su prenotazione, basta visitare il sito ufficiale visitmodena.it o extrabo.com/it oppure chiedere agli uffici turistici di Modena e Bologna. Si può approfittare di questa iniziativa fino a esaurimento posti e iniziare l’anno con un’esperienza culturale davvero unica. “La forza di questa iniziativa risiede nella collaborazione tra istituzioni e operatori pubblici e privati. Offriamo un calendario strutturato per un intero anno e tour garantiti anche senza numero minimo di adesioni” ha precisato Santori.

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Non solo Bologna: tutte le bellissime Città 30 in Europa

Immaginate una città dove il caos del traffico lascia spazio a viali tranquilli, dove camminare e pedalare diventa un piacere quotidiano, e l’aria profuma di un futuro più sostenibile: non si tratta di un sogno lontano, ma è la realtà delle cosiddette “Città 30” che Bologna ha abbracciato proprio perché funziona.

Infatti, in Europa, sono sempre di più i centri urbani che adottano il limite di 30 km/h per rivoluzionare il modo di vivere e muoversi in città. Una scelta che, oltre a garantire una maggiore sicurezza per tutti, riduce l’inquinamento e regala a residenti e turisti un’esperienza più serena e piacevole.

Ma cosa sono davvero le Città 30, e perché stanno conquistando il cuore di amministrazioni, cittadini e visitatori? Scopriamolo insieme, facendo tappa nei luoghi che hanno abbracciato tale filosofia e ne stanno raccogliendo i frutti.

Città 30: cosa sono e perché rappresentano il futuro della mobilità urbana

Come accennato, le Città 30 sono aree urbane che adottano il limite massimo di velocità di 30 km/h, una misura studiata per migliorare la sicurezza stradale, tutelare l’ambiente, restituire spazio pubblico ai cittadini e favorire gli spostamenti sostenibili a piedi, in bicicletta e con i mezzi pubblici.

Uno studio del Politecnico di Atene del 2024 ha dimostrato che l’introduzione del limite di 30 km/h diminuisce, in media, del 23% le collisioni, del 37% i decessi e del 38% i feriti. Inoltre, contribuisce a un calo delle emissioni inquinanti del 18%, del rumore di 2,5 decibel e del consumo di carburante del 7%.

Ma i benefici non sono solo numerici: le Città 30 trasformano le strade in luoghi di incontro e socialità e diventano più vivibili per residenti e turisti.

L’impatto positivo sulla sicurezza e sull’ambiente

Il limite di velocità ridotto, oltre ad abbassare il rischio di incidenti, incentiva comportamenti di guida più responsabili. A una velocità di 30 km/h, il traffico diventa più fluido e si evitano brusche frenate e accelerazioni che causano collisioni e un elevato consumo di carburante.

Non soltanto: i rumori e le vibrazioni calano sensibilmente, migliorando il benessere psico-fisico di chi vive e lavora in città. Spostarsi a piedi o in bicicletta diventa così più sicuro e anche un piacere, a tutto vantaggio di uno stile di vita attivo ed eco-friendly.

Città 30 in Europa: esempi virtuosi

Graz: pioniera delle Città 30

Graz, in Austria, è stata la prima città europea a introdurre il limite di 30 km/h sull’80% delle sue strade urbane già negli Anni Novanta. Il numero di incidenti è calato del 25% e, davanti alle scuole, il rischio di morte è diminuito del 90%. L’inquinamento acustico si è ridotto di quasi 2 decibel.

Bilbao: una trasformazione completa

Nel 2020, Bilbao è diventata la prima grande città al mondo a limitare la velocità a 30 km/h su tutte le sue strade urbane. Gli incidenti sono diminuiti del 28%, le multe per infrazioni del 43% e le emissioni inquinanti hanno subito una riduzione significativa. Gli spostamenti in bicicletta sono aumentati del 17%, a dimostrazione che una mobilità più sostenibile è possibile.

Nantes: una rete stradale più sicura

L’80% delle strade urbane di Nantes, in Francia, è oggi sotto il limite dei 30 km/h. Si tratta di un piano di mobilità che punta a migliorare la sicurezza per pedoni e ciclisti, oltre a ridurre il rumore e l’inquinamento atmosferico.

Zurigo: un approccio graduale e di successo

Zurigo ha iniziato a introdurre i limiti di velocità ridotti già nel 1991, con un consenso crescente da parte dei cittadini. Oggi oltre la metà delle strade della città svizzera è regolata da limiti di 30 o 20 km/h. Gli incidenti sono diminuiti drasticamente, e i residenti apprezzano il maggiore silenzio e la tranquillità delle strade.

Bruxelles: capitale della sicurezza stradale

Bruxelles è diventata ufficialmente una Città 30 nel 2021. I risultati del primo anno sono stati straordinari: meno incidenti, maggiore sicurezza e un miglioramento della qualità della vita urbana. Anche i tempi di percorrenza non hanno subito variazioni significative, dimostrando che rallentare non significa perdere tempo.

Amsterdam: andare a 30 l’uno per l’altro

La capitale olandese ha introdotto il limite di 30 km/h sulla maggior parte delle strade urbane dall’8 dicembre 2023. La transizione è stata preparata con cura: tre mesi di lavori per aggiornare la segnaletica e sensibilizzare i cittadini sull’importanza del cambiamento e il messaggio: “Andiamo a 30 l’uno per l’altro: guidando insieme un po’ più lentamente, facciamo in modo che tutti possano muoversi in sicurezza e senza preoccupazioni nella nostra città.”

Barcellona: il modello spagnolo

Barcellona ha fatto dei 30 km/h una realtà per il 70% della sua rete stradale, puntando ad estendere questa misura a tutta la città. Già nel 2019, più della metà delle strade cittadine (52,3%) rispettava questo limite, contribuendo a un netto miglioramento della sicurezza e della qualità della vita.

Toronto: una scelta salvavita

Tra il 2005 e il 2016, Toronto ha affrontato una tragica realtà: 2172 pedoni hanno perso la vita sulle sue strade. Un dato allarmante che ha spinto le autorità a ridurre la velocità da 40 a 30 km/h in molte aree urbane. I risultati sono straordinari: le morti e le lesioni gravi sono diminuite di oltre due terzi, a dimostrazione che abbassare la velocità salva vite.

Madrid: la pioniera della Spagna

Dal 2018 Madrid ha introdotto il limite di 30 km/h su gran parte delle sue strade, un provvedimento destinato a coprire il 90% della rete urbana. L’obiettivo? Ridurre il numero di incidenti e migliorare la sicurezza di pedoni e ciclisti e promuovere una città più vivibile e meno congestionata.

Londra: il successo delle 20 mph

A Londra, il limite di 20 mph (circa 32 km/h) ha portato a un calo netto degli incidenti. Secondo i dati di Transport for London (TfL), le collisioni totali sono diminuite del 25%, così come quelle gravi o mortali. Impressionanti anche i risultati per gli utenti vulnerabili: le collisioni con pedoni sono calate del 63%.

I vantaggi per turisti e residenti

Le Città 30 non sono solo un beneficio per chi le vive ogni giorno, ma anche per chi le visita. Per i turisti, la maggiore sicurezza delle strade fa sì che esplorare i centri storici a piedi o in bicicletta sia più gradevole, senza la preoccupazione del traffico intenso. Inoltre, una città meno rumorosa e inquinata permette di godere appieno di attrazioni, monumenti e aree verdi.

Infine, tali interventi valorizzano anche il commercio locale: strade più tranquille invogliano le persone a passeggiare, fermarsi nei negozi e vivere la città in modo più rilassato e autentico.

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Cosa fare a Bologna e dintorni per la Befana

Tra le regioni d’Italia, l’Emilia-Romagna è quella dove l’Epifania viene festeggiata davvero in grande stile. Nelle varie città vengono organizzati diversi eventi profondamente legati alle tradizioni contadine: è proprio dopo il 6 gennaio, infatti, che i contadini riprendevano i lavori agricoli per dar vita ai nuovi raccolti. Ed è partendo da queste usanze, ma non solo, che a Bologna e provincia si festeggia in tanti modi diversi, unici e originali.

Scopriamo insieme cosa fare a Bologna e dintorni per la Befana, dagli spettacoli teatrali per i bambini all’arrivo della simpatica vecchietta nelle piazze, fino ai tipici Roghi delle Befane e ai primi tuffi in mare con costumi divertenti e originali.

Arriva la Befana in Piazza Maggiore

Impossibile raccontare cosa fare a Bologna per l’Epifania e non cominciare con uno degli eventi più attesi e divertenti: “Arriva la Befana”, l’appuntamento in Piazza Maggiore e tra le vie del centro con la Befana sul trishow di Luca Soldati. Lunedì 6 gennaio alle 9:00, il trishow partirà da palazzo d’Accursio accompagnata dalla Befana Band Snap Up Orchestra di Michael Brusha. E se sentite profumo di caldarroste tranquilli, non le state immaginando: vi basterà raggiungere Nicola Fusaro, il famoso caldarrostaio di Via Rizzoli.

Festa della Befana

Alle 14.30, presso l’Ippodromo Arcoveggio Bologna in Via Arcoveggio 37 i bambini potranno salire in sella ai pony, visitare le scuderie sul trenino Hippotram e divertirsi con i laboratori di gioco e animazione. Ma il momento più atteso del pomeriggio è l’arrivo della simpatica vecchietta in sulky, la Befana che distribuirà la calza a bordo pista e nella sala riscaldata, aiutata dai suoi simpatici assistenti. Infine, l’evento si concluderà con l’esibizione di Capitan Bretella con il suo spettacolo circense a base di magia, illusionismo e giocoleria. L’ingresso è libero per i minori di 18 anni, mentre gli adulti pagano 0,50 centesimi.

Lo spettacolo Fantateatro

Per terminare la vostra giornata potete andare al Teatro Duse dove alle 18:00 si terrà lo spettacolo del Fantateatro. Della durata di circa un’ora e 15 minuti, lo spettacolo mette in scena la classica storia del Mago di Oz con alla regia Sandra Bertuzzi. L’incasso sarà devoluto alla Casa dei Risvegli Luca De Nigris e, alla fine dello spettacolo, i bambini presenti in sala riceveranno le calze della Befana offerte da Conad.

Il prezzo dei biglietti, acquistabili anche online, parte da 24 euro e varia in base alla postazione scelta.

Spettacolo dei burattini a Palazzo Pepoli

Un altro spettacolo per bambini organizzato lunedì 6 gennaio è “Fagiolino, Sganapino e la Befana”. A Palazzo Pepoli, alle 16:00 e alle 17:45, si terrà lo spettacolo dei burattini con protagonisti Fagiolino e Sganapino, due ‘scanzonati’ che combattono contro le ingiustizie e la fame atavica che da sempre li accompagna. Nel loro cammino incontreranno, tra gli altri personaggi, nientemeno che la Befana in persona. Quali misteriose avventure avrà in serbo la mitica vecchietta? Scopritelo partecipando allo spettacolo, della durata di 45 minuti. Il biglietto costa 10 euro per gli adulti e 8 euro per i bambini sotto i 12 anni.

Cosa fare nei dintorni di Bologna per l’Epifania

Se preferite trascorrere il giorno della Befana anche all’insegna della tradizione, l’Emilia-Romagna è perfetta. A Piacenza sono stati organizzati due eventi: il primo si terrà il 5 gennaio, chiamato, “Una Befana in carrozza”, durante il quale potrete partecipare a una divertente visita guidata per bambini tra le carrozze conservate nei sotterranei di Palazzo Farnese alla scoperta della storia della Befana e, a seguire, un laboratorio creativo. La mattina del 6 gennaio, invece, alle 9:00 arriverà la Motobefana, mentre alle 10:30 in Piazza Cavalli ci sarà un’altissima Befana pronta a distribuire dolciumi e caramelle a tutti i bambini.

Legato all’antica tradizione contadina è l’evento organizzato a San Matteo della Decima, una frazione di San Giovanni in Persiceto: il 5 gennaio, i ragazzini si travestono da vecchini e recitano filastrocche (zirudelle) in dialetto per ricevere delle dolci ricompense, mentre dalle 17:00, al calar della sera, potrete ammirare i tipici Roghi delle Befane, fantocci di paglia di una decina di metri che ardono in diversi punti del paese.

Un enorme falò viene costruito anche a Faenza durante la manifestazione conclusiva del Palio del Niballo: quest’ultimo è un guerriero saraceno che simboleggia le avversità. Niballo viene bruciato in un enorme falò nel centro della piazza dove arriva, secondo un’antica tradizione, su un carro trainato dai buoi. Molto bella è anche l’iniziativa organizzata nella cittadina lagunare di Comacchio, che celebra l’arrivo della Befana con sfilate, canti popolari, mercatini, tanti momenti di intrattenimento per i più piccoli e, per concludere, uno scenografico spettacolo piro-musicale.

Infine, particolarmente divertente è l’evento organizzato a Tagliata di Cervia, dove tra stand gastronomici, musica, animazione e iniziative sportive che includono una passeggiata motoria (Befana Run) e la cicloturistica in mountain bike (Pedalata della Befana), ci sarà anche il primo tutto dell’anno. Alle 15.00 arriva il tradizionale Tuffo della Befana che terminerà con la premiazione dei temerari tuffatori con il costume più originale.

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Le migliori province italiane per qualità della vita: la classifica

È dal 1990 che il Sole 24 Ore pubblica ogni anno la classifica dedicata alle province italiane dove si vive meglio tenendo in considerazione diversi parametri. Analizzando fattori quali ricchezza, consumi, ambiente, servizi, salute o cultura, la provincia che ha primeggiato è stata Bergamo, seguita da Trento e da Bolzano. Rispetto all’anno passato, invece, perdono posizioni Bologna, Milano, Firenze e Roma, mente il Sud rimane fanalino di coda con il punteggio peggiore raggiunto da Reggio Calabria, seppur siano stati evidenziati dei segnali positivi per il futuro.

La top 10 delle migliori province italiane

È Bergamo che per la prima volta ottiene il riconoscimento come città più vivibile d’Italia, dimostrando un’incredibile capacità di ripresa soprattutto dopo il periodo buio attraversato durante il Covid. Il secondo e terzo posto è occupato dalle province di Trento e Bolzano, storicamente presenti nelle classifiche dedicate alla qualità della vita. Trento, infatti, è stata prima per ben tre volte e nelle prime tre posizioni per 14 volte, mentre Bolzano ha primeggiato per 5 volte, occupando il podio per 18 volte in tutto.

Nella top 10 compare al quarto posto Monza e Brianza, seguita da Cremona e da Udine, vincitrice dell’edizione 2023 e che, secondo il report del Sole 24 Ore, ha registrato performance positive anche quest’anno. Al settimo e all’ottavo posto troviamo Verona e Vicenza, al nono Bologna, l’unica grande area metropolitana presente nella top 10 e, infine, Ascoli Piceno.

Qui la classifica completa:

  • Bergamo
  • Trento
  • Bolzano
  • Monza e Brianza
  • Cremona
  • Udine
  • Verona
  • Vicenza
  • Bologna
  • Ascoli Piceno

Il metodo usato per l’indagine

Per realizzare questa classifica relativa alle migliori province italiane per qualità della vita, il Sole 24 Ore ha utilizzato 90 indicatori, divisi a loro volta in 6 grandi categorie tematiche: “ricchezza e consumi”, “affari e lavoro”, “ambiente e servizi”, “demografia, salute e società”, “giustizia e sicurezza” e “cultura e tempo libero”.

Per ogni indicatore viene dato un punteggio da 0 a 1000: più la provincia è vivibile, più punti ottiene. Per ottenere la classifica generale, il punteggio per le altre province si distribuisce in funzione della distanza rispetto agli estremi (1000 e 0). Successivamente, per ciascuna delle sei categorie, si individua una graduatoria determinata dal punteggio medio riportato nei 15 indicatori, ciascuno pesato in modo uguale all’altro (1/90). Infine, la classifica finale è costruita in base alla media aritmetica semplice delle sei graduatorie di settore.

La città migliore e quella peggiore per qualità della vita

Quali sono gli indicatori che hanno permesso a Bergamo di ottenere il primo posto? Dopo il Covid, la città si è rimboccata le maniche per migliorare in tanti settori, in particolare quello relativo alla salute. Nell’indicatore riguardante l’emigrazione ospedaliera si è dimostrata autosufficiente: da una parte non esiste emigrazione sanitaria, dall’altra il sistema sanitario è considerato altamente attrattivo anche dai pazienti provenienti dalle altre regioni italiane.

Inoltre ha raggiunto ottimi punteggi nelle categorie “ambiente e servizi” e “demografia e società”, primeggiando nell’indice di “sportività”, calcolato in base al numero di atleti tesserati e società sportive. I punteggi peggiori, invece, li ha ottenuti nella categoria “ricchezza e consumi”, posizionandosi 98esima per crescita del PIL procapite.

In fondo alla classifica, invece, troviamo Reggio Calabria, dove hanno inciso fattori come la bassa aspettativa di vita, il divario nella parità salariale tra uomini e donne, il numero delle imprese in fallimento, i livelli di criminalità e la disoccupazione. In generale, però, il Sole 24 Ore ha evidenziato una maggiore crescita economica al Sud dove si stanno registrando tassi di crescita del Pil più elevati.

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Le 100 città del mondo dove si mangia meglio: il podio è italiano

Dando uno sguardo alla recente classifica di TasteAtlas sulle città con la miglior offerta gastronomica al mondo, possiamo proprio dire che si tratta di un “inno alla tradizione culinaria d’Italia“.

Infatti, per il 2024/25, il podio è occupato tre da città italiane: Napoli, Milano e Bologna si sono distinte per la tipicità dei loro piatti, veri e proprio simboli di golosa eccellenza. Ma non sono le uniche: altre 16 città italiane spiccano nella prestigiosa top 100, a conferma di come il Belpaese rivesta un ruolo centrale nella cultura gastronomica mondiale.

Napoli: la capitale mondiale del gusto

Napoli conquista il primo posto grazie alla cucina genuina, che vanta profonde radici nella tradizione popolare. La pizza napoletana, riconosciuta come Patrimonio Immateriale dell’Umanità dall’UNESCO, è solo l’apice di un patrimonio che abbraccia piatti come la pasta alla genovese, gli spaghetti alle vongole nonché dolci leggendari come la sfogliatella, il babà e le zeppole.

Milano: modernità e tradizione

Milano, al secondo posto, rappresenta l’equilibrio perfetto tra innovazione e rispetto per l’eredità culinaria. La città meneghina è famosa per il risotto alla milanese, impreziosito dallo zafferano, e per piatti storici come l’ossobuco alla milanese, la cotoletta alla milanese, la cassoeula e il panettone.

Accanto alle ricette più iconiche, Milano è anche una vetrina internazionale di cucina contemporanea, con chef stellati che reinterpretano i classici in chiave moderna.

Bologna: la regina della pasta fresca

Bologna, terza classificata, è considerata da molti la capitale gastronomica d’Italia. La sua cucina, ricca e golosa, si mette in mostra grazie a capolavori come le tagliatelle al ragù, i tortellini in brodo, e la lasagna alla bolognese. Immancabile è la mortadella, salume simbolo del capoluogo emiliano, apprezzata in tutto il mondo. Stuzzicano il palato anche la cotoletta alla bolognese e la crescentina.

Le osterie tradizionali e i mercati del centro storico sono la tappa imperdibile per godere appieno dei sapori emiliani.

Le altre città italiane nella Top 100

Oltre al podio, come accennato, l’Italia si distingue con altre 16 città nella classifica della guida di viaggio esperienziale TasteAtlas.

  • Firenze: 4° posto, celebre per la bistecca alla fiorentina, la ribollita, le pappardelle al cinghiale, i crostini toscani e la pappa al pomodoro;
  • Roma: 6° posto, grazie a piatti iconici come la carbonara, cacio e pepe, la pasta alla gricia, la coda alla vaccinara e il maritozzo con la panna;
  • Torino: 9° posto, conosciuta per il gianduiotto, gli agnolotti, il vitello tonnato, la panna cotta e la pizza al padellino;
  • Genova: 13° posto, patria delle trofie al pesto, della farinata di ceci, del cappon magro, delle trenette al pesto e dei ravioli alla genovese;
  • Ferrara: 19° posto, con i suoi cappellacci di zucca ferraresi, il pasticcio di maccheroni, la torta tenerina, la salama da sugo e i pinzini ferraresi;
  • Catania: 21° posto, nota per la pasta alla norma, la granita, la caponata, gli spaghetti al nero di seppia e gli arancini;
  • Venezia: 23° posto, regina dei sapori lagunari con specialità come il baccalà mantecato, i bigoli in salsa, il fegato alla veneziana;
  • Palermo: 31° posto, con l’arancina, le panelle, i cannoli, la pasta chî sàrdi e la pasta alla norma;
  • Bari: 41° posto, grazie alle orecchiette alla barese, i panzerotti, la focaccia barese e la cialledda;
  • Modena: 69° posto, apprezzata per i tortellini in brodo, lo gnocco fritto, la gramigna con salsiccia, la crescentina modenese e la zuppa inglese;
  • Sorrento: 79° posto, amata per gli gnocchi alla sorrentina, le linguine allo scoglio, gli spaghetti alle vongole, l’insalata caprese e gli spaghetti alla nerano;
  • Taormina: 80° posto, con i cannoli, la parmigiana, gli arancini;
  • Lucca: 88° posto, rinomata per il buccellato di Lucca, i necci, le pappardelle alla lepre e i tordelli lucchesi;
  • Siena: 92° posto, famosa per i ricciarelli di Siena, i cavallucci, il panforte di Siena;
  • Parma: 97° posto, con i tortelli d’erbetta, gnocco fritto, anolini in brodo, cappelletti in brodo;
  • Trieste: 100° posto, dove troviamo il frico, la jota triestina, il gulash triestino.
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L’anno prossimo nuovi treni collegheranno la Riviera Romagnola con la Germania

Viaggiare con sostenibilità diventa sempre più importante e il treno, in questo senso, è il nostro miglior alleato. E, se di alleanze vogliamo parlare, condividiamo una notizia che a noi di SiViaggia piace tantissimo: i nuovi treni che collegheranno la Riviera Romagnola con la Germania. Quest’ultimo è un Paese che negli ultimi anni si sta impegnando parecchio per convincere sempre più persone a lasciare a casa l’auto per scoprire il territorio usufruendo di un mezzo a basso impatto ambientale come il treno.

Tra i vari progetti spicca il collegamento ferroviario giornaliero tra Monaco di Baviera e la Riviera con l’aggiunta di nuove fermate a Riccione e Cattolica, oltre alle già esistenti Bologna, Cesena e Rimini. La novità, in arrivo da aprile 2025 e che prevede l’estensione delle corse giornaliere fino al 6 ottobre, sarà attiva grazie alla collaborazione tra le ferrovie tedesche DB e quelle austriache ÖBB con Apt Servizi Emilia-Romagna.

Il nuovo collegamento ferroviario tra la Germania e l’Emilia-Romagna

La stagione primavera/estate 2025 si prospetta come il periodo ideale per godersi un viaggio tra mare e montagna in modo sostenibile e a basso impatto ambientale. La Germania e l’Emilia-Romagna, infatti, saranno ancora più vicine e facilmente raggiungibili grazie al nuovo collegamento ferroviario tra Monaco di Baviera e diverse fermate emiliane e romagnole. Dal 17 aprile al 6 ottobre, sarà operativo il collegamento giornaliero ferroviario che permetterà ai viaggiatori tedeschi e a quelli italiani di raggiungere i due Paesi in tutta comodità su treni ad alta velocità dotati di ogni servizio necessario.

I treni sui quali saliranno i passeggeri sono quelli RailJet di ultima generazione realizzati da Siemens, con connessione wifi a bordo, una capacità di 532 posti e una velocità massima di 230 chilometri all’ora. Ogni treno, inoltre, dispone di 430 posti in classe economica, 86 in prima classe e 16 in classe business. Nella carrozza multifunzionale sono disponibili tre posti per carozzine per disabili con ingressi a pianale ribassato, sei portabiciclette e spazio per sci e snowboard per chi, dalla costa romagnola, desidera avventurarsi in una vacanza invernale tra le montagne tedesche e austriache. Infine, sono disponibili a bordo un ristorante e tre zone snack con distributori.

Date e orari dei treni

Che ai tedeschi piaccia l’Italia e, soprattutto, l’Emilia-Romagna è un dato abbastanza evidente. Come ha dichiarato anche Marco Kampp, Amministratore Delegato-CEO Deutsche Bahn Italia Srl, la domanda è talmente alta che da un treno al giorno andata e ritorno solo nei fine settimana, i treni sono aumentati a uno tutti i giorni per i 3 mesi estivi. Ora, con questa novità, i collegamenti saranno disponibili per 6 mesi creando un filo turistico unico tra Germania, Austria e la costa Adriatica.

Ma quali sono le date e gli orari dei treni? A partire dal 17 aprile, il primo treno RailJet 83 parte alle ore 9:34 da Monaco di Baviera con arrivo previsto a Cesena per le 17:02, seguito da Rimini alle 17:30, Riccione e infine Cattolica alle ore 18:16. Il primo rientro dalla Romagna con il RailJet 82, operativo dal 18 aprile, parte da Cattolica alle 12:16. I biglietti saranno disponibili a breve sui siti ufficiali delle compagnie ferroviarie.

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Ecosistema Urbano 2024, la classifica delle città più green in Italia: guida Reggio Emilia

Il report Ecosistema Urbano 2024 di Legambiente viene realizzato secondo valutazioni basate su dati comunali relativi all’anno 2023 e quest’anno sono 20 i parametri presi in considerazione per l’assegnazione fino a 100 punti. Questo cerca di definire il tasso di sostenibilità di una città reale rispetto a una città ideale. Vengono fatti spesso cambiamenti per la gestione interna di una città, spesso causando alcune polemiche, come la recente delibera sui limiti di velocità a 30 km orari varata dal Comune di Bologna. La sicurezza per un Comune è fondamentale, ma oltre alle minacce dovute alla criminalità o alle regole infrante, ci sono anche problematiche ambientali che preoccupano, anche se molte persone fanno finta che non esistano.

Oltre 52mila morti premature in Italia sono dovute all’esposizione alle polveri sottili PM2,5 e anche la salute degli edifici scolastici per esempio non è buona. Ci sono tanti esempi di questo tipo e il report Ecosistema Urbano 2024 cerca di evidenziare le criticità per un futuro migliore a livello urbano e nazionale. L’edizione 2024 sottolinea le emergenze urbane dopo una valutazione di oltre 30mila dati raccolti attraverso questionari inviati da Legambiente a 106 Comuni e varie informazioni fornite da fonti statistiche certificate.

Ecosistema Urbano: gli indicatori e le novità dell’edizione 2024

L’edizione 2024 ha previsto alcune novità rispetto al passato. Tra gli indici è stata introdotta la Variazione nell’uso efficiente del suolo, elaborato da Legambiente su dati ISTAT per stimolare una riflessione anche in ottica di trend sullo sfruttamento delle risorse territoriali.  Inoltre è stato scelto di premiare i comuni che hanno fornito il numero esatto di alberi di proprietà comunale ed è stato rivalutato il peso di alcuni indici come la diminuzione del peso della percentuale di Raccolta differenziata dei rifiuti e l’aumento del peso della dispersione della rete idrica e dell’estensione delle isole pedonali.

Quest’anno la produzione annua pro capite di rifiuti urbani nei comuni capoluogo è stata molto variabile, tra i 381 kg e 786 kg. Infine il cambiamento più significativo riguarda la qualità dell’aria, ovvero si è deciso di utilizzare i dati delle centraline ARPA rielaborati da Legambiente per il rapporto Mal’Aria per gli indici di inquinamento atmosferico. Delle 98 città di cui si è potuto risalite al dato PM10 di concentrazione di polveri sottili, nessuna ha superato il limite anche se i valori media più alti riguardano Padova, Verona, Cremona, Vicenza, Venezia, Torino, Cagliari, Brescia, Treviso e Mantova.

Trento

Fonte: iStock

La città di Trento

La rigenerazione urbana al centro

Le periferie urbane sono le aree dove si concentrano maggiormente le crisi ambientali e sociali che coinvolgono le città, secondo un dossier di Legambiente del 2023. Tuttavia sono anche quelle dove il cambiamento ha un ottimo potenziale, anche perché è impellente ormai un ripensamento completo, o meglio una “rigenerazione urbana” per ridisegnare le città. La recente proposta di legge “Salva Milano” serve a regolarizzare gli interventi di rigenerazione urbana, anche se fino a oggi l’interesse privato ha prevalso su quello pubblico soprattutto nelle grandi città.

In Parlamento dovrebbe essere presto discusso un testo su questo argomento, ma intanto la rigenerazione urbana si spera venga inserita nell’ambito di una legge di principi sul governo del territorio che l’Italia attende da oltre mezzo secolo. L’obiettivo di quest’ultima, tuttavia, sarebbe recuperare e riqualificare le aree degradate e abbandonate di una città, migliorare la coesione sociale, coinvolgere le comunità e le parti sociali in decisioni, incoraggiare la sostenibilità ambientale, energetica e paesaggistica, azzerare il consumo di un nuovo suolo e ripermeabilizzare i suoli e altri interventi.

Overtourism

Si sta discutendo per introdurre in futuro nel report di Ecosistema Urbano nuovi indicatori come il turismo di massa e l’impatto degli eventi climatici esterni. In Italia nel 2022 sono state registrate 412 milioni di presenze con una crescita esponenziale dei flussi turistici nelle città d’arte come Roma, Milano, Venezia, Firenze, Torino, Bologna, Napoli, Ravenna, Verona e Assisi. L’Indice Complessivo di Sovraffollamento Turistico risulta molto alto per Venezia, Verona e Napoli, e alto per Roma e Firenze.

L’overtourism causa un sovraffollamento che porta a determinati impatti ambientali, urbanistici ed economici, attirando l’attenzione dei media e determina una profonda ridefinizione della dimensione economica e sociale fino a forme di antiturismo e turismofobia. Sono state adottate alcune strategia fino a oggi per limitare i danni, come il ticket di ingresso per visitare Venezia o la tassa di Barcellona, però anche le smart technology possono aiutare a gestire la mobilità e il sovraffollamento, nonché il modo di vivere gli spazi urbani.

La classifica di Ecosistema Urbano 2024

Tre città hanno superato l’80% nella scorsa edizione, mentre quest’anno solo Reggio Emilia ha registrato l’80,66% guidando la classifica. Dopo di lei Trento che si è posizionata al secondo posto, Parma al terzo e Pordenone al quarto. Le città che hanno raggiunto il 70% sono 14 in questa edizione. Oltre alle prime quattro classificate appaiono anche Forlì, Treviso, Bolzano, Mantova, Cremona e a sorpresa Bologna che è tra le primissime per la prima volta. In basso nella classifica ci sono soprattutto capoluoghi del Meridione come Napoli, Reggio Calabria, Palermo, Siracusa, Bari, Catania, mentre Roma mantiene una posizione centrale insieme a Firenze e Milano.

Reggio Emilia è arrivata quinta in classifica l’anno scorso, ma i numeri dell’inquinamento atmosferico sono migliorati, sono calati i consumi idrici pro-capite, aumentate le zone pedonali, e sono state fatta alcune modifiche positive per la città. Per quanto riguarda le infrastrutture ciclabili per esempio questo centro abitato è ottimo. Trento invece è abituata ai primi posti di Ecosistema Urbano e continua le sue buone abitudini: sono calati i consumi idrici, è stato registrato un lieve calo della produzione pro-capite dei rifiuti, crescono i metri equivalenti ogni 100 abitanti di infrastrutture per la ciclabili, anche se le auto circolanti sono ancora troppe.

Per analizzare la top 3 infine Parma conferma il suo buon andamento su vari fronti, conquistando il terzo posto. Il dato della raccolta differenziata dei rifiuti resta oltre l’80%, aumentano le isole pedonali, ma le auto circolanti sono tante e si è registrata una elevata perdita della rete idrica.

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Pieve di Cento, viaggio tra i portici della “piccola Bologna”

Con poco più di 7mila abitanti, Pieve di Cento è un piccolo centro che richiama e celebra tutto il fascino di Bologna. Sì perché questo borgo dell’Emilia Romagna, viene considerato come una “Bologna in miniatura”.

È venuto alla ribalta negli ultimi tempi per via di Alessandro Gassman, che a Pieve di Cento ci è arrivato per prendere parte all’opera prima di Stefano Cipani “Mio fratello rincorre i dinosauri”, adattamento per il cinema dell’omonimo romanzo di Giacomo Mazzariol. Andiamo alla scoperta di questo gioiello che tanto ricorda il capoluogo emiliano.

Pieve di Cento è una “Piccola Bologna”: cosa vedere

È un luogo ricco di storia e tutto da scoprire, Pieve di Cento, sito all’interno dell’ormai noto Quadrilatero Unesco, creato per rilanciare il turismo nelle città di Modena, Ferrara, Reggio Emilia, Bologna, Mantova, Rovigo e il Delta del Po, così come nei loro dintorni. Dedicarsi alla scoperta di tali territori vuol dire necessariamente soffermarsi in questo borgo, scoprendone i suoi tanti tesori. Ciò che il tempo e l’opera dell’uomo hanno levigato è la sintesi di antichi insediamenti, sconvolti nei secoli da inondazioni, guerre e ripetute scorribande.

I portici, le Porte antiche e la Rocca

Camminare per le sue strade conferisce particolari sensazioni. Sembra davvero di ritrovarsi in una piccola Bologna, a partire dagli splendidi portici, che si estendono per chilometri e conducono fin nel centro storico, proprio come nella città capoluogo. In ogni dove è possibile respirare un’atmosfera medievale, dalla Rocca al Borgo degli Ebrei, tanto ricolmo di vicoletti da correre il rischio di perdercisi.

Se i portici conducono nel centro storico, quattro porte lo delimitano con precisione. Realizzate a metà del XIV secolo, indicano i quattro punti cardinali: Porta Asìa, Porta Ferrara, Porta Cento e Porta Bologna.

Quella ad est, Porta Asìa, è sede di un piccolo museo sulla canapa che racconta la storia che ha caratterizzato gli anni compresi tra l’Ottocento agli anni sessanta del Novecento: moltissimi uomini e donne di Pieve di Cento erano impegnati nelle varie fasi di lavorazione della canapa, dalla coltivazione delle sementi al prodotto finito.

La porta che volge lo sguardo a nord, invece, conduce verso un antico bosco ricco di vegetazione e fauna locali. Le due costruzioni a ovest e sud hanno invece avuto bisogno di decisi interventi. La prima presenta oggi gli effetti dei lavori eseguiti nel 1856, mentre porta Bologna, che guarda a Sud, è tornata al suo antico splendore in epoca moderna.

Proprio accanto a quest’ultima sorge la Rocca, una struttura fortificata risalente al 1387 che un tempo difendeva il borgo dalle incursioni esterne, sebbene fosse indipendente dal resto dell’agglomerato urbano. Dopo una importante ristrutturazione condotta negli anni ’80 del Novecento, oggi ospita il Museo delle Storie di Pieve.

Le chiese e le altre strutture del centro storico

Un territorio splendido avvolge Pieve di Cento, spesso al centro di eventi naturali dagli effetti disastrosi. Le scosse degli ultimi anni hanno causato danni architettonici e conseguenze in ambito culturale. Basti pensare alle opere del Guercino esposte presso la chiesa della Colleggiata di Santa Maria Maggiore di Pieve, oggi in mostra presso il Museo Magi 900 per questioni di sicurezza. Le altre chiese del borgo sono quella della Santissima Trinità, di Santa Chiara e l’Opera Pia Galuppi: sono piccoli e grandi scrigni contenenti affreschi, altari e dettagli di grande valore.

Sono tanti i luoghi da scoprire e ammirare in questa antica cittadina, da Palazzo Govoni a Palazzo Mastellari, da Palazzo Baluardo al fortificato Zambeccari. Per approfondire la storia di questi luoghi è però necessario recarsi presso l’Archivio Notarile, che custodisce documenti dal XIV al XVII secolo, presso il Palazzo Comunale. Si tratta di una saletta di origine seicentesca molto suggestiva, con soffitto a volta e pareti ricoperte interamente da mobili finemente decorati che raccolsero i documenti redatti dai notai nel corso di quei secoli.

Cosa vedere nei dintorni

Visitare Pieve di Cento vuol dire di fatto fare un salto nel passato, lasciandosi ammaliare da storie, leggende e scorci senza tempo. Ma anche il paesaggio in cui è immersa ha un fascino unico. A poco più di 10 chilometri dal centro storico del borgo si può raggiungere il rigoglioso Bosco della Panfilia, una splendida riserva naturale che sorge su una golena del fiume Reno (chiamata Bisana) e che conta una ricca varietà di flora e fauna locali. E così, tra frassini, olmi, pioppi e noccioli si possono scorgere molti esemplari di picchio rosso e verde, camminando lungo un percorso che si snoda nella vegetazione per circa 6 km.

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Rocchetta Mattei, un castello delle fiabe in Italia

Nel cuore dell’Appennino settentrionale, a 407 metri sul livello del mare, in località Savignano (comune di Grizzana Morandi) si trova la Rocchetta Mattei, un luogo a dir poco fiabesco, nei pressi di Bologna.

La Rocchetta Mattei è una rocca costruita nella seconda metà del XIX secolo, che mescola in modo eclettico stili diversi, dal medievale al moresco. Scopriamo di più su questo meraviglioso tesoro dell’Emilia-Romagna, una tappa imperdibile per chi va a caccia di luoghi incredibili.

La storia della Rocchetta Mattei

La Rocchetta Mattei in passato e in origine fu la dimora del conte Cesare Mattei, letterato, politico e medico autodidatta fondatore dell’elettromeopatia, pratica fondata sull’omeopatia. Il 5 novembre 1850 venne posta la prima pietra della Rocchetta e già nel 1859 il luogo venne considerato abitabile, tanto che Cesare Mattei non se ne allontanò più. All’interno della Rocchetta il conte visse una vita da castellano medievale e giunse addirittura a crearsi una corte, con tanto di buffone.

Il castello ospitava illustri personaggi che arrivavano da ogni dove per sottoporsi alle cure di Mattei. Sembra che, addirittura, ospiti della Rocchetta siano stati Ludovico III di Baviera e lo zar Alessandro II. Nel 1925 la Rocchetta Mattei fu visitata in forma ufficiale dal Principe di Piemonte. Persino Dostoevskji cita il Conte ne I fratelli Karamàzov, quando fa raccontare al diavolo di essere riuscito a guarire da terribili reumatismi grazie a un libro e a delle gocce del Conte Mattei.

Rocchetta Mattei, esterni

Fonte: Getty

I cortili esterni della Rocchetta Mattei

L’insieme di edifici che forma il castello odierno è collocato su un complesso medievale, appartenuto agli imperatori Federico il Barbarossa e Ottone IV e dominio della Contessa Matilde di Canossa, che vi tenne come custode un vassallo, Lanfranco da Savignano. La necessità della difesa del passaggio sul Reno rese prezioso questo castello ai sovrani del tempo. Caduto in potere dei Bolognesi, e creata una linea difensiva più avanzata, la rocca divenne inutile e fu distrutta nel 1293.

Prima di scegliere come luogo per la costruzione del suo castello la località Savignano, vicino Bologna, pare che Cesare Mattei avesse visitato diversi luoghi. Il luogo fu preferito per molte ragioni: la comodità dell’accesso, l’isolamento del rialzo roccioso che forma un gigantesco piedistallo naturale, la situazione del luogo sulla confluenza dei fiumi Limentra e Reno, le vallate dei quali domina sovrano questo scoglio in faccia al pittoresco gruppo di Montovolo e Monvigese. Lo stile prevalente è il moresco, a cui si aggiunge l’architettura italiana medioevale e moderna.

La struttura del castello di Mattei

Una larga e comoda scala conduce al vestibolo del corpo abitato della Rocchetta Mattei. Sembra di trovarsi di fronte ad un castello delle fiabe quando si visita la Rocchetta Mattei: un ippogrifo è a guardia dell’entrata, per la quale si passa in un cortile scavato nella roccia. Due gnomi a guisa di cariatidi sostengono lo stipite di una porta di faccia. Il catino monolite che occupa il centro proviene dalla parrocchiale di Verzuno ove serviva da battesimale. In questo cortile, entrando, nell’angolo sinistro il 5 novembre 1850, alla presenza di pochi amici, Cesare Mattei pose la prima pietra della costruzione, da lui chiamata col vezzeggiativo di Rocchetta.

L’ingresso principale si apre sulla strada provinciale n. 62,’ Riola – Camugnano – Castiglione dei Pepoli ‘, diramazione della strada statale 64. Un’iscrizione in alto ricorda l’origine e il compimento dell’edificio con le parole seguenti: «Il Conte Cesare Mattei – sopra le rovine di antica rocca – edificò questo castello dove visse XXV anni – benefico ai poveri – assiduamente studioso – delle virtù mediche dell’erbe – per la qual scienza ebbe nome in Europa – ed era cercato dagli infermi il suo soccorso – Mario Venturoli Mattei – compié l’edificio – e secondo il voto di lui – nel X anno dalla morte – ne portò qui le ceneri – con amore e riconoscenza di figlio – il III Aprile MCMVI».

Dallo stesso lato, una porta conduce a una scaletta e poi al magnifico loggiato noto come Loggia Carolina in stile orientale. La scala della Torre conduce, attraverso un ponte levatoio, a una stanzetta dalle finestre piccole e dal soffitto a stalattiti, che fu la camera da letto del Conte Cesare Mattei, in cui sono ancora conservati i mobili originali e le pipe di proprietà del conte. Quasi di fronte si trova la scala delle visioni, dove una fantasia allegorica nella volta rappresenta la nuova scienza omeopatica che vince la vecchia medicina. Due distici del latinista abate Giordan, nizzardo, amico del Mattei e ospite in Rocchetta, celebrano la vittoria: «Finxerat. Haec. Deus. Huc Immissa. Luce. Superne Signavitque. Umbras. Lumine. Ducta. Manus Hisce. Nova. Ex. Herbis. Mundo. Medicina. Paratur Hinc. Vetus. Ella. Fugit. Victima. Strata. Jacet».

La scala successiva conduce alla sala inglese sull’alto del torrone principale. Ritornando nella Loggia Carolina si trovano la camera bianca e la camera turca. Dopo un breve tratto di roccia scoperta, rupe e balcone allo stesso tempo, si trova il cortile dei Leoni, la parte meglio riuscita dell’intero edificio, riproduzione del cortile dell’Alhambra di Granada. A lato del cortile dei Leoni si trova l’ingresso a una specie di vasta cantoria, che sovrasta l’interno della chiesa del castello. Entro un’arca rivestita di maioliche si trovano le spoglie di Cesare Mattei. L’arca non riporta alcun nome, ma soltanto un’iscrizione: «Anima requiescat in manu dei», «Diconsi stelle di XVI grandezza e tanto più lontane sono che la luce loro solo dopo XXIV secoli arriva a noi. Visibili furono esse coi telescopi Herschel. Ma chi narrerà delle stelle anche più remote: atomi percettibili solo colle più meravigliose lenti che la scienza possegga o trovi? Quale cifra rappresenterà tale distanza che solo correndo per milioni d’anni la luce alata valicherebbe? Uomini udite: oltre quelle spaziano ancora i confini dell’Universo!».

Interno, Rocchetta Mattei

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Gli archi moreschi della Rocchetta Mattei

Ripassando dal cortile dei Leoni si entra nel salone della pace, così chiamato in omaggio alla fine vittoriosa della Grande Guerra, e successivamente nella sala della musica nella chiesa, imitazione della cattedrale di Cordova. Accanto alla chiesa si trova il salone dei novanta, così chiamato perché il Conte Mattei avrebbe voluto tenervi un banchetto di vecchi nonagenari quando avesse raggiunta questa età. Morì prima del tempo senza aver vista la sala compiuta, che fu terminata dal figlio adottivo Mario Venturoli Mattei. Si esce nel parco e da qui una elegante scala in macigno conduce alla Porrettana. Varie costruzioni minori, destinate un tempo a locali di servizio e oggi trasformate in villette, coronano il corpo principale.

Durante la guerra le truppe tedesche danneggiano gli interni dell’edificio, tanto che, a conflitto ultimato, l’ultima erede, Iris Boriani, non riuscendo a vendere la Rocchetta, la offre gratuitamente al Comune di Bologna, che però non accetta la donazione. Nel 1959 la Rocchetta viene acquistata da Primo Stefanelli che trasforma una delle costruzioni minori, già adibita a padiglione da caccia, in accogliente albergo con annesso ristorante, dal quale accedere all’adiacente ombroso parco, vera oasi di quiete e serenità. Stefanelli si pone l’obiettivo di riparare i danni per riportare il castello nelle originarie condizioni, per farne una meta turistica di notevole interesse.

Nel 1989, Stefanelli muore e la situazione precipita: per problemi vari la Rocchetta è stata definitivamente chiusa al pubblico. Nel 1997 nasce un comitato per la tutela del castello che, nel totale abbandono dei proprietari e delle istituzioni governative, sembrava destinato alla rovina. Vengono promosse molte iniziative al riguardo, una catena umana attorno alla Rocchetta, conferenze e dibattiti, che riscuotono molto successo.

Nel 2000 viene istituito un museo sul Conte Cesare Mattei, la Rocchetta Mattei e l’Elettromeopatia in Via Nazionale 117 a Riola di Vergato, sede del Comitato “Archivio Museo Cesare Mattei”, il quale continua tutt’oggi nella raccolta di reperti storici inerenti alla vita del Conte Cesare Mattei. Nel 2006 la Fondazione della Cassa di Risparmio in Bologna ha ufficialmente annunciato l’acquisizione della Rocchetta Mattei, sottoposta a lavori di restauro ultimati terminati con la riapertura al pubblico del 9 agosto 2015.

Come visitare la Rocchetta Mattei

La Rocchetta Mattei è oggi visitabile con un biglietto di ingresso del costo di € 10,00. I giorni di apertura sono resi noti al pubblico tramite il sito web ufficiale della Rocchetta Mattei e la visita, della durata di un’ora, è prenotabile anche online.

La visita della Rocchetta Mattei è consentita solo in compagnia di una guida che accompagna i gruppi alla scoperta dei tesori del castello, con prenotazione quindi sempre obbligatoria. Inoltre, la Rocchetta Mattei è anche disponibile a visite esclusive, però da concordare con la direzione locale.