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Castello di Rosenborg, un luogo da fiaba nel cuore della città

Copenaghen, tra le innumerevoli bellezze, custodisce un autentico luogo da fiaba, ovvero il Castello di Rosenborg, antica residenza reale, oggi sede del Museo della Corona Reale Danese.

La sua architettura in stile rinascimentale si sposa alla perfezione con il paesaggio tutt’intorno, i suoi magnifici giardini sono un apprezzato punto di ritrovo e gli interni lasciano senza parole tanta è la loro opulenza.

La storia del Castello di Rosenborg

Il Castello vide la luce tra il 1606 e il 1633 per volere del re Cristiano IV che lo scelse come residenza estiva: l’architettura raffinata, priva di fortificazioni, rende subito chiaro come non rivestì mai una funzione di difesa.

In seguito, nel Settecento, il re Federico IV decise di far edificare un palazzo più ampio, a nord di Copenaghen, presso la città di Fredensborg: fu così che il Castello di Rosenborg venne utilizzato soltanto per ricevimenti estivi e per conservare i tesori della Corona.

A questo proposito, negli anni trenta dell’Ottocento divenne il Museo che conosciamo, con l’apertura ufficiale nel 1833.

Le attrazioni da non perdere

La visita del Castello di Rosenborg include i sotterranei, il piano terra, il primo piano e il secondo piano e mostra una vasta serie di meraviglie che rimangono impresse.

In particolare, vi sono alcune attrazioni che non si possono proprio perdere, a partire dall’appartamento privato del re Cristiano IV al piano terra, dove ammirare la camera da letto, il bagno, lo studio, e la “Winter Room”, la più significativa fra le sue tre stanze con i dipinti e ritratti appesi alle pareti, gli scuri pannelli di legno e un’eleganza senza tempo.

Altrettanto affascinante è la Sala dei Cavalieri, l’ultima a essere decorata, una delle più straordinarie: conosciuta anche come “Grande Galleria”, in origine venne pensata come sala da ballo e impreziosita con affreschi, velluti, marmi, arazzi, argenteria e stucchi ma poi fu utilizzata per banchetti e ricevimenti.
Al centro, fa bella mostra di sé il trono (Coronatio Chair) su cui sedevano i re e le regine durante la cerimonia di incoronazione, dal 1671 al 1840.

Il momento più atteso è poi rappresentato dai gioielli della Corona Danese, i Crown Jewels, un tesoro di rubini, smeraldi, oro, diamanti e perle appartenuto nei secoli alle regine e principesse danesi e conservato nei sotterranei.
La storia della favolosa collezione ha inizio nel 1746 quando, annientata dalla morte del marito e convinta di morire di dolore, la regina Sofia Maddalena scrisse nel testamento che i suoi gioielli dovevano rimanere per sempre alla Corona, e non diventare appannaggio di una sola persona.

Tra le sfarzose ricchezze spicca la corona in oro tempestata di pietre preziose realizzata dal gioielliere di corte Frederick Fabritius per Sofia Maddalena e in uso fino al 1840.

Infine, non certo da meno è la collezione di insegne regali (Crown Regalia) tra cui vanno menzionati la spettacolare corona dei re assolutisti, il globo imperiale in oro e pietre preziose e lo scettro.

Informazioni utili e consigli per la visita al Castello di Rosenborg

Il biglietto per accedere al Castello di Rosenborg si può acquistare sia online sia alle biglietterie almeno venti minuti prima della chiusura: è possibile scegliere tra biglietto di ingresso singolo per il Castello (bambini e ragazzi fino ai 17 anni entrano gratis mentre per gli studenti con student card internazionale è previsto uno sconto) oppure un biglietto combinato Rosemborg+Amalienbog (la residenza ufficiale dei Reali danesi) valido 36 ore o, ancora, il Park Museum Ticket per un network di musei che comprende (oltre a Rosenborg):

  • Natural History Museum of Denmark
  • Hirschsprung Collection
  • Workers Museum
  • National Gallery of Denmark
  • David Collection

Inoltre, il Castello di Rosenborg è incluso nella Copenaghen card, la carta turistica della capitale che permette di vedere molte più attrazioni insieme e usufruire dei mezzi pubblici.

Prima di programmare la visita, è importante sapere che l’uso del cellulare è consentito soltanto per scattare foto e consultare le guide online sul Castello ma non è permesso parlare al telefono al suo interno.

È a disposizione un bar caffetteria nonché un’area picnic esterna per pranzare all’aperto portando con sé cibo e bevande.

Ancora, non si può portare all’interno del Castello carrozzine e passeggini né borse di grandi dimensioni che vanno lasciate negli appositi armadietti per cui è richiesta una moneta da 20 corone (restituita all’uscita).
Permesse, invece, borse di dimensioni contenute (15 x 23 x 15 centimetri).

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Il Gran Tour dei Musei d’Impresa, un percorso ricco di fascino

Ai tanti splendidi cammini che sono sorti nel Sud Italia e che arricchiscono l’esperienza naturalistica di migliaia di turisti, si aggiunge ora il Gran Tour dei Musei d’Impresa, che affronta un tema decisamente diverso dal solito. Non si parla di lunghe camminate tra i boschi o in montagna, bensì di un percorso alla scoperta del patrimonio imprenditoriale e culturale del Mezzogiorno. Si tratta dunque di un itinerario in quattro tappe, che ci conduce presso altrettante istituzioni museali dedicate all’eccellenza industriale delle regioni del Meridione. Scopriamo questo incredibile viaggio.

L’idea del Gran Tour dei Musei d’Impresa

Nella cultura imprenditoriale del Sud Italia spiccano alcune eccellenze che hanno fatto la storia: stiamo parlando di aziende che hanno portato alla nascita e alla diffusione di bontà enogastronomiche diventate ormai delle vere e proprie prelibatezze conosciute in tutto il mondo, e che meritano di trovare ulteriore valorizzazione, già a partire dai processi di lavorazione delle materie prime per la realizzazione del prodotto finito. È così che nasce l’idea del Gran Tour dei Musei d’Impresa, un progetto patrocinato da Museimpresa – che da oltre 20 anni promuove molte aziende di successo del nostro Paese.

Il tour è un incentivo non solo a scoprire le eccellenze imprenditoriali del Mezzogiorno, ma anche a promuovere un turismo sempre più territoriale, che ci racconta le tradizioni e le storie di successo del Sud Italia. Grazie al contributo di Welcome Lucania T.O., questo percorso si snoda in quattro tappe che ci portano presso altrettanti musei d’interesse storico e turistico. “È un prodotto innovativo che coniuga l’eccellenza imprenditoriale del Sud Italia al patrimonio culturale, enogastronomico e paesaggistico. Un nuovo modo di visitare e valorizzare territori già noti al turismo, con una visione diversa” – ha affermato Francesco Garofalo, responsabile di Welcome Lucania.

Gran Tour dei Musei d’Impresa: le tappe

La prima tappa di questo interessante tour è il Museo del Confetto Giovanni Mucci, situato nella città pugliese di Andria: è ospitato all’interno della sede originaria della fabbrica Mucci, fondata nel lontano 1894. Qui sono nati alcuni piccoli capolavori dell’arte dolciaria della Puglia, come i famosi “Tenerelli” realizzati con la ricetta segreta di famiglia. All’interno del museo è possibile visitare un percorso espositivo che mostra documenti storici, utensili, macchinari e stampini usati per la produzione di confetti, caramelle e cioccolato.

È invece ad Altamura (prov. di Bari) che ci si può immergere nell’affascinante Museo del Pane di Vito Forte, il quale si trova nel luogo in cui venne costruito uno dei forni medievali più antichi del borgo. Il museo è strettamente legato alla figura del signor Vito Forte, divenuto ambasciatore del pane di Altamura nel mondo. Al suo interno si trovano antichi strumenti utilizzati dai fornai. La terza tappa ci porta a Pisticci (prov. di Matera), e più precisamente alla scoperta del Museo Essenza Lucano. Qui si può ripercorrere la storia del famoso Amaro Lucano e della famiglia che, da ben quattro generazioni, è alla guida dell’azienda.

Infine, non resta che approdare presso il Museo della Liquirizia Amarelli, che trova luogo a Rossano Calabro (prov. di Cosenza). La storia che racchiude è lunga oltre un millennio, e ci porta alla scoperta dell’antichissima tradizione della lavorazione delle piante di liquirizia. Si possono così esplorare, attraverso incisioni, documenti e foto d’epoca, i processi produttivi del passato e quelli moderni. Inoltre c’è la possibilità di ammirare macchinari e strumenti, ma anche oggetti quotidiani e abiti antichi che testimoniano la vita della famiglia che ha dato lustro a questo prodotto.

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In questo museo si nasconde un giardino di cuori: è un incanto

Nel cuore della vivace Bruxelles, tra le vie trafficate e gli edifici storici, si cela un gioiello dell’Art Déco che pochi conoscono: il Van Buuren Museum. Questo splendido parco, un tempo residenza privata della famiglia Van Buuren, è diventato recentemente il primo sito belga a entrare a far parte dell’esclusiva rete dei giardini storici promossa dal Consiglio d’Europa.

L’istituzione di questo itinerario culturale risale al 2016 e rappresenta un’importante iniziativa volta a preservare e promuovere la ricchezza artistica e paesaggistica dei giardini storici sparsi per il contintente. Il Museo si unisce così a una selezionata lista di siti iconici, tra cui spiccano il Giardino di Boboli in Italia e il Parco Serralves in Portogallo, rinomati per la loro bellezza e importanza storica.

Van Buuren Museum, tesoro nascosto di Bruxelles

Nascosti tra le tranquille strade di Uccle, i giardini del Van Buuren Museum sono molto più di un semplice parco: sono un tributo alla passione per l’arte e la bellezza di Alice e David van Buuren, un rinomato banchiere e collezionista d’arte di origine ebraico-olandese. Da quando hanno aperto le loro porte al pubblico nel lontano 1975, questi giardini hanno incantato il mondo con la loro atmosfera unica e affascinante.

Un capolavoro che prende il nome proprio da questa coppia affiatata, il cui impegno per il design ha plasmato non solo i giardini stessi, ma anche la sontuosa villa che li sovrasta. Originariamente estesi su una superficie di 26 acri nel lontano 1924, i giardini si sono trasformati nel corso degli anni in un’incantevole oasi verde che si estende su 1,2 ettari, una vera e propria oasi di serenità e incanto senza tempo.

La residenza, oltre a essere un esempio superbo di architettura dell’epoca, è intrisa di storia e racconta la vita affascinante di questa coppia visionaria. Tuttavia, con l’occupazione nazista del Belgio nel 1940, fu costretta a fuggire a New York, dove trascorse gli anni più bui della guerra.

Nonostante le avversità, il loro legame con la casa e i giardini rimase saldo, tanto che al loro ritorno in Belgio, decisero di mantenere viva la memoria di questo luogo unico aprendolo al pubblico. Oggi, una sala della villa è dedicata a documentare la storia travagliata dell’edificio e la vita straordinaria dei suoi proprietari

Salvaguardare un patrimonio inestimabile

I giardini del Van Buuren Museum a Bruxelles sono stati creati in più fasi grazie alla partnership tra i celebri architetti paesaggisti belgi Jules Buyssens e René Pechère, che ha portato alla creazione di un luogo unico, dove ogni angolo è un’opera d’arte in sé.

Gli interni della dimora sono un vero e proprio scrigno di tesori, dove si trovano mobili rari, tappeti pregiati, vetrate colorate, sculture e dipinti di maestri belgi e internazionali. Dalle opere rinascimentali alle creazioni dell’Art Nouveau, fino ai capolavori dell’Art Déco, ogni pezzo racconta una storia e offre uno sguardo privilegiato sulla ricca eredità culturale di Bruxelles e oltre.

Il viaggio inizia con il suggestivo Giardino Pittoresco, che accoglie con la sua tavolozza di fiori colorati e sentieri sinuosi, promettendo una passeggiata tanto rilassante quanto romantica. Proseguendo lungo il percorso, si incontrano il Piccolo e il Grande Roseto, dove la bellezza dei fiori è celebrata in tutto il suo splendore, catturando l’essenza più romantica di questi gioielli botanici. Infine, il suggestivo Giardino del Cuore e l’incantevole Frutteto chiudono il cerchio di questa straordinaria esperienza, offrendo ai visitatori un rifugio di pace e relax, arricchito dalla magia di un patrimonio naturale inestimabile.

In aggiunta alle esposizioni d’arte e ai concerti musicali, il sito ospita convegni culturali e incontri con artisti di fama internazionale, garantendo un programma ricco di stimoli e di interesse per il pubblico. Questa varietà di eventi conferma i Giardini Van Buuren come un centro culturale vivace e dinamico, posizionandoli saldamente come un punto di riferimento nel panorama artistico e culturale di Bruxelles.

Giardini Van Buuren

Fonte: Van Buuren Mudeum and Gardens © Visit Brussels – Jean-Paul Remy

Van Buuren Museum, Bruxelles
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Questo aeroporto italiano è ora un museo: ospita l’opera di Giotto

E se il viaggio e la scoperta non iniziassero una volta arrivati, ma anche durante il percorso? Quando si parte, qualsiasi sia la destinazione, lo si fa con un bagaglio prezioso sulle spalle composto da voglia di fare nuove esperienze, sete di conoscenza, desiderio di esplorare e bisogno di relax e di staccare dal tutto.

Immaginiamoci di essere in aeroporto, in attesa e, nel mentre, di lasciarsi affascinare dalla magnificenza dell’arte, quella che ha superato il tempo ed è arrivata sino a noi come testimonianza preziosa di bellezza, cultura e sapienza.

Può succedere a Fiumicino, Roma, che si è trasformato in un museo per le tante persone che vi transitano e che possono vedere per la prima volta un’opera d’arte che è stata attribuita a Giotto. Tutto quello che c’è da sapere.

L’aeroporto italiano che si è trasformato in un museo

Sarà lì, nel terminal 1 dell’aeroporto Fiumicino di Roma. Stiamo parlando della bellissima opera d’arte che è stata attribuita a Giotto e che per i prossimi mesi terrà compagnia ai viaggiatori. Non importa che siano in partenza o in arrivo, non importa neppure la loro destinazione, che potrà essere nazionale, in qualche luogo europeo oppure intercontinentale. Perché le tre vetrate datate 1310, e che pare siano state realizzate dalla mano di Giotto, saranno sempre lì, per trasformare lo scalo in un museo per tutti e per poter essere ammirate per la prima volta.

L’opera è stata resa nota al termine della cerimonia organizzata per celebrare il 50esimo anniversario di Aeroporti di Roma ed è stata messa a disposizione in prestito dal Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno, che si occupa di tutelare, valorizzare, conservare e restaurare il patrimonio artistico nazionale.

La location da raggiungere è il Terminal 1 dove ci si può far ammaliare dalle tre vetrate sulle quali è possibile ammirare il profeta Aronne e due diaconi. Sembra che inizialmente si trovassero nella Basilica di Santa Croce a Firenze e che possano essere datate 1310 circa, normalmente vengono custoditi proprio nel Museo dell’Opera di Santa Croce di Firenze.

L’aeroporto aveva già ospitato un’altra opera celebre

Se oggi sono i frammenti di vetro riconducibili a Giotto, precedentemente un’altra opera d’arte aveva accolto i viaggiatori. Era il Salvator Mundi del Bernini, rimasta nello scalo da aprile fino al primo di settembre 2023 e, numeri alla mano, pare siano stati 6 milioni di viaggiatori a poterla ammirare.

Finestre sull’Arte riporta una dichiarazione in merito del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: “È un motivo d’onore vedere associato l’evento dei 50 anni di Aeroporti di Roma alle opere del fondo edifici di culto sotto la cura del ministero dell’Interno. Per noi sono iniziative importanti, è la seconda che facciamo. Prima delle opere svelate oggi abbiamo avuto l’esposizione del Salvator Mundi di Bernini. L’aeroporto di Fiumicino è una delle principali porte d’ ingresso nel Paese e nell’Europa, un punto di eccellenza del sistema aeroportuale internazionale, e il fondo edifici di culto raccoglie un patrimonio immenso di opere artistiche, architettoniche e monumentali. Abbiamo 840 chiese con tanti beni contenute al loro interno. È un modo per attivare un programma che prevede di fare tanto per portare la gente verso le opere d’arte e portare le opere d’arte verso la gente”.

E quindi partire (o tornare) può essere anche un’ottima occasione per ammirare la bellezza di questa opera antica, rappresentativa dell’enorme patrimonio culturale e storico del nostro paese.

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Un museo a cielo aperto per scoprire le meraviglie dell’arte ceramista siciliana

Punto di incontro straordinario fra arte e artigianato, le ceramiche sono sinonimo di eccellenza e un fiore all’occhiello del patrimonio culturale della Sicilia, riconosciuto e apprezzato in tutto il mondo. La produzione di queste meraviglie è presente in quasi tutta l’isola, ma trionfa soprattutto in sei città, che insieme hanno dato vita alle Strade della Ceramica Siciliana, un nuovo modo di vivere il turismo in questa splendida regione, attraverso percorsi fatti di natura, arte, cultura, tradizione e gastronomia, alternativi rispetto alle mete più conosciute.

Le Strade della Ceramica Siciliana

Portate per la prima volta quest’anno alla Bit di Milano, le Strade della Ceramica Siciliana sono un percorso sinergico che idealmente unisce i comuni siciliani noti per la produzione di ceramiche artistiche al fine di sviluppare un nuovo tipo di turismo esperienziale. Sei le città riunite sotto l’egida dell’Associazione Italiana Città della Ceramica: Burgio, Caltagirone, Collesano, Monreale, Santo Stefano di Camastra e Sciacca.

Un’esperienza adatta a chi vuole immergersi nell’identità più intima e profonda della Sicilia, con le esperienze indimenticabili all’interno delle botteghe dei ceramisti locali, che condivideranno con i visitatori l’antichissima e nobile arte della terracotta. Un mondo antico ma ancora vivo e vitale, fatto di luoghi e di persone che si potranno conoscere attraverso il Passaporto delle Strade della Ceramica.

Il Passaporto delle Strade della Ceramica

Il Passaporto delle Strade della Ceramica è un documento che vuole unire idealmente le sei città siciliane che nella lavorazione della ceramica hanno un’antichissima tradizione. Entrerà ufficialmente in funzione domenica 24 marzo 2024, valendo anche come biglietto unico di ingresso nella rete dei musei della città della ceramica e negli altri luoghi di cultura convenzionati.

Si potranno vivere esperienze uniche non solo nelle botteghe dei ceramisti, ma anche nelle altre botteghe artigiane e in quelle dei pasticceri e dei panettieri che, grazie ai loro forni, condividono con i ceramisti la sapiente arte del calore che dà forma e colore ai loro impasti. In una simile esperienza non può di certo mancare la cucina tipica siciliana.

Al completamento del percorso, testimoniato dalle sei timbrature presenti nel passaporto – che dovranno essere effettuate in un periodo non superiore a un anno solare – i viaggiatori potranno ottenere l’attestato di “Amico delle città della Ceramica siciliana” e il premio, che consiste in un prodotto in ceramica da scegliere fra quelli disponibili in catalogo.

I percorsi turistici delle sei città della ceramica siciliana

Iniziamo, dunque, il nostro viaggio sulle Strade della Ceramica Siciliana, alla scoperta di borghi e città custodi di monumenti e opere uniche.

Burgio, dal Castello alla storica bottega di un maestro ceramista

Le origini di Burgio, in provincia di Agrigento, sono legate alle vicende del monumento più antico, il Castello, edificato durante il periodo dell’occupazione araba nella parte più alta dell’attuale paese, accanto al quale sorge la bellissima Chiesa Madre intitolata a Sant’Antonio Abate, fondata nel secolo XII, che custodisce molte opere d’arte. Seconda irrinunciabile tappa è il complesso dei Padri Minori Riformati, oggi sede del Muceb, il museo della ceramica.

Per una esperienza turistica immersiva alla scoperta della ceramica del borgo, una tappa fondamentale è rappresentata dalla storica bottega Caravella. Un posto magnifico dove il tempo si è fermato e dove il maestro ceramista Paolo Caravella, considerato patrimonio vivente della Sicilia, realizza ancora secondo la più antica tradizione le sue splendide creazioni.

Caltagirone, tra straordinarie belle artistiche e architettoniche

Caltagirone, alle porte di Catania, è una splendida città ricca di storia e straordinarie belle artistiche e architettoniche. Impossibile visitare tutto in un giorno. Il modo migliore per farlo è perdersi tra i vicoli e i sali-scendi della cittadina, ricca di botteghe di ceramisti. Assolutamente da non perdere il Museo della Ceramica. Dopo aver ammirato i tesori che custodisce, ci si può spostare nella bellissima e imponente chiesa di San Pietro, con il suo particolare stile gotico che le conferisce un certo fascino misterioso, per poi muoversi verso una ulteriore chiesa, quella dedicata a San Francesco di Paola, custode di numerosi tesori provenienti da altre chiese distrutte o danneggiate dai terremoti.

Nelle vicinanze si può ammirare il famoso ‘Tondo Vecchio’, un punto panoramico che affaccia su una distesa di monti e vallate. Da qui si arriva al Ponte di San Francesco, realizzato per collegare due delle tre colline su cui sorge la città, finemente decorato con delle ceramiche in rilievo, con cinque maestose arcate. L’attrazione più amata è, però, la splendida scalinata di Santa Maria del Monte, che collega la parte antica della città a quella nuova, situata sulla parte alta. È lunga oltre 130 metri, per un totale di 142 gradini decorati con mattonelle di ceramica. A dominare l’opera c’è la chiesa di Santa Maria del Monte, particolarmente cara ai cittadini e custode di una rara immagine sacra.

Collesano, con la ‘via della ceramica’

Visitare Collesano, in provincia di Palermo, è un’esperienza a dir poco affascinante. Attraversare il paese a piedi è il modo migliore per respirare il clima più autentico dell’antico borgo, all’interno del quale si può inoltre percorrere una speciale ‘via della ceramica’. Si comincia nel quartiere Stazzone con le antiche fornaci come punto di partenza, per poi dirigersi in piazza Castello con la visita alla Guglia di Santa Maria la Vecchia e all’antico quartiere dei Moncada, sede delle storiche botteghe di produzione ceramica collesanese, passando all’inferriata di via Roma.

E poi viale Vincenzo Florio, via Isnello, piazza Santa Maria di Gesù con i pannelli in ceramica raffiguranti la storica Targa Florio, via Polizzi con la scalinata interamente realizzata in ceramica, che riprende tutti i colori e decori tipici della tradizione collesanese ceramistica, e viale Vincenzo Florio, con l’insegna di ‘Benvenuto’ interamente realizzata in ceramica. Durante l’intero percorso urbano si potranno ammirare creazioni raffiguranti beni architettonici, artistici e religiosi, ma anche pannelli in ceramica affissi nel percorso religioso della processione della Cerca, che si svolge ogni anno all’alba del Venerdì Santo.

Monreale

Fonte: iStock – Ph: RomanBabakin

Una bottega di ceramiche a Monreale

Monreale, alla scoperta della lavorazione della terracotta

La visita di Monreale non può che partire dal magnifico Duomo, patrimonio dell’UNESCO, con i suoi celebri mosaici che, insieme alla produzione di ceramiche, rappresentano una tradizione artistica forte e persistente, testimoniata dalla preziosa composizione delle tessere musive raffigurante il racconto del Vecchio Testamento e della vita di Cristo all’interno della Basilica e delle tre absidi. Altra tappa da non perdere, il Chiostro dei Benedettini, anch’esso patrimonio dell’umanità, con la sua Fontana del Re, le colonne in cui sono raffigurate scene del Vecchio e del Nuovo Testamento e il giardino, che fungeva da “orto dei semplici”, in cui molto probabilmente venivano coltivate piante medicinali.

Perno fondamentale delle ceramiche di Monreale è l’Istituto D’Arte dove, insieme ad altre scuole di maestri ceramisti, si custodiscono e si tramandano le competenze necessarie per la lavorazione della terracotta, del colaggio, dello stampo, della foggiatura a mano e della pressa. Una passeggiata in centro storico, fra Piazza Vittorio Emanuele, via Dante Alighieri e la storica via Torres darà l’opportunità di vivere l’esperienza di una vera e propria ‘via delle botteghe’. Se ne trovano di bellissime anche nel quartiere Ciambra e lungo la via Circonvallazione.

Santo Stefano di Camastra, un museo a cielo aperto

Santo Stefano di Camastra, in provincia di Messina, è un museo a cielo aperto, famoso per le sue ceramiche. Percorrendo le vie di questo meraviglioso borgo, potrete ammirare le innumerevoli botteghe artigianali dei maestri ceramisti, che da secoli foggiano e dominano la terra e il fuoco, creando opere rigorosamente decorate a mano. Qui, nel 1994 è stato inaugurato il Museo della Ceramica, situato all’interno del Palazzo del Barone Sergio in Piazza Duca di Camastra, che raccoglie vari oggetti preziosi, le mattonelle maiolicate e alcune opere di artisti contemporanei, nazionali e internazionali.

Tra le tante cose da visitare nel borgo, non perdetevi il viale delle Palme e il Cimitero Vecchio, la cui unicità è rappresentata sia dalla struttura architettonica delle 96 tombe presenti, denominata alla “cappuccina”, sia dal rivestimento delle tombe stesse, costituito da mattonelle in ceramica, chiamate “ambrogette”, decorate con motivi ornamentali su fondo bianco.

Sciacca e la ‘Cappella Sistina della maiolica siciliana’

La visita di Sciacca può partire dal luogo di ritrovo della città, piazza Scandaliato, splendida terrazza sul mare impreziosita dalla Chiesa di S. Domenico e dal Collegio dei Gesuiti, oggi sede del municipio. A pochi passi si trova il Duomo, costruito nel 1108 e modificato nel 1656. Percorrendo Corso Vittorio Emanuele ci si imbatte in gran parte delle botteghe dei ceramisti, eredi della tradizione dei grandi maestri del XVI secolo, fra cui Antonio Ramanno, i fratelli Lo Boj e Giuseppe Bonachia, il più noto pittore di mattonelle in Sicilia, detto il Mayharata.

A quest’ultimo si deve la realizzazione dell’imponente fascia maiolicata all’interno della cappella di San Giorgio del Genovesi, costruita nel 1520 e malauguratamente abbattuta nel 1952. Per comporre la fascia e il pavimento della cappella furono prodotte 2175 mattonelle. Pensate che alcuni storici dell’arte sostengono che, se fosse sopravvissuta, avrebbe meritato il nome di Cappella Sistina della maiolica siciliana. Del vasto arazzo, raffigurante scene del Vecchio e Nuovo Testamento, rimangono sei grandi pannelli, conservati all’Istituto d’Arte di Sciacca. Infine, un’altra esperienza da non perdere è quella del Museo dei 5 Sensi, dove sperimentare il percorso del tatto, in cui i turisti, guidati dagli artigiani locali, potranno vivere l’esperienza di realizzare e decorare vasi, anfore, piatti e altri oggetti in ceramica.

Sciacca

Fonte: iStock

Sciacca, una delle sei città della ceramica in Sicilia
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Visitare il borgo dipinto di Arcumeggia, un museo a cielo aperto

Nascosto sulle Prealpi lombarde, c’è un piccolo borgo di pietra famoso per essere uno dei più bei paesi dipinti d’Italia. È il borgo di Arcumeggia, in provincia di Varese, sulle cui case si possono ammirare diversi dipinti eseguiti con la tecnica dell’affresco proprio come fosse un museo a cielo aperto.

L’itinerario che vi consigliamo si snoda tra gli antichi vicoli del paesino, situato nel cuore della montagna a quasi 800 metri d’altezza, camminando sull’antico ciottolato, tanto da sentirsi fuori dal tempo.

Quasi 150 dipinti, uno diverso dall’altro e realizzati da artisti differenti, da Sassu a Montanari, da Migneco a Salvini, da Usellini a Brindis, ciascuno con un soggetto proprio, ma legato comunque alla storia, alle tradizioni, alla natura e persino ai miti del territorio, raccontano la storia di Arcumeggia e costituiscono un patrimonio pittorico unico.

È il paese dipinto più importante d’Italia, se si contano le dimensioni del borgo rispetto al calibro degli artisti presenti e l’inizio dei lavori.

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Fonte: @Varese Turismo

Escursionisti in visita al borgo di Arcumeggia

Da paese rurale a borgo d’artista

Il paese di origine medievale – anche se è stata individuata una fortificazione di epoca romana chiamata “arx media”, fortezza di mezzo ovvero in mezzo a due valli, la Valcuvia e la Valtravaglia, da cui il nome del luogo – è sempre stato a vocazione rurale, con un’architettura tipica della zona: stretti vicoli attraversano un abitato compatto, disposto secondo la direzione delle curve naturali del terreno, orientato in modo da sfruttare al massimo l’esposizione solare. In origine, le abitazioni erano composte da poche stanze, stalle e cascine.

Il paese, molto popolato fino ai primi decenni del Novecento, conobbe il progressivo abbandono negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale, quando l’industrializzazione e diversi stili di vita indussero le famiglie a trasferirsi altrove.

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Fonte: @IPA

Uno degli affreschi sulle case di Arcumeggia, in provincia di Varese

Negli Anni ’50, però, nel borgo accade qualcosa di incredibile che cambiò completamente le sue sorti e, oggi, queste case sono state in gran parte ristrutturate a uso residenziale (sono circa 60 gli abitanti fissi) e, spesso, si aprono su cortili interni, di grande fascino e suggestione.

Era il 1956, quando venne indetta la manifestazione “Pittori in vacanza“: alcuni tra i maggiori artisti italiani contemporanei si recarono a dipingere sulle pareti esterne delle case del piccolo borgo contadino. Il successo della manifestazione fu tale da trasformare l’intero paese in una mostra capace di documentare una tecnica mai abbandonata della pittura italiana, offrendo ai pittori un colloquio aperto e diretto con il pubblico e favorendone la partecipazione.

Arcumeggia divenne non soltanto un borgo dipinto, ma un borgo di pittori e artisti. Quelli che si possono ammirare sugli edifici all’aperto non sono semplici affreschi realizzati direttamente sui muri, bensì veri e propri quadri dipinti dentro i telai da murare in nicchie appositamente preparate sulle facciate delle case.

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Fonte: @Getty Images

Il borgo dipinto di Arcumeggia in provincia di Varese

Una galleria a cielo aperto

L’idea fu molto probabilmente dell’architetto varesino Bruno Ravasi, che creò questa prima galleria all’aperto dell’affresco in Italia alla fine degli Anni ’50. Il primo fu realizzato dall’affrescatore locale Ferruccio Ferrazzi. E fu sempre a Ravasi che fu commissionata la realizzazione della Casa del Pittore, un edificio che il Comitato Organizzativo desiderava mettere a disposizione di tutti quegli artisti che, da allora in poi, avrebbero collaborato all’ampliamento della galleria all’aperto dell’affresco, venendo di persona a lavorare nel borgo. Gli artisti venivano così ospitati nel borgo per un mese, il tempo di creare la loro opera en plein air.

Vennero chiamati artisti di fama nazionale e internazionale a realizzare affreschi sulle facciate delle case rurali e furono attivati corsi estivi di tecnica dell’affresco, concorsi e mostre d’arte, cosa che avviene ancora oggi.

Artisti ad Arcumeggia

Ma gli affreschi sui muri delle case non sono le uniche opere d’arte che si possono ammirare nel borgo. Arcumeggia è di fatto un vero re proprio borgo d’artista. E nella Casa del Pittore si conservano i bozzetti e le prove degli affreschi e vengono ospitati corsi estivi di pittura organizzati dall’Accademia di Belle arti di Brera.

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Fonte: @IPA

Uno degli affreschi di Arcumeggia

Negli oltre cinquant’anni di esperienza, gli incontri artistici sono divenuti una consuetudine che si è puntualmente rinnovata nel tempo.

C’è una via di Arcumeggia, detta “Via degli Allievi“, dove sono esposte le opere degli allievi delle Accademie di Belle Arti. Accanto alla chiesa, vi è una Via Crucis, con le stazioni affrescate da undici artisti diversi. Chi esce da qui oggi, insomma, potrebbe diventare il Picasso di domani.

Fin dall’inizio, i cortili delle vecchie case hanno ospitato gli studi degli allievi durante i corsi estivi e, spesso, le opere realizzate dagli allievi sono rimaste per i posteri. Visitando il paese, è ancora oggi possibile entrare in alcuni cortili, dove arte e tradizione contadina, cultura rurale e vita quotidiana s’incontrano.

Visitando il paese è ancora possibile entrare in alcuni cortili, che – sia pure con nuove destinazioni d’uso dei locali – raccontano questa storia. Ogni cortile rappresenta un vero e proprio “condominio”, in cui sono presenti più unità immobiliari, a volte anche molto piccole: per il loro carattere raccolto, per gli spazi limitati e protetti, i cortili d’Arcumeggia sono delle piccole gallerie d’arte che meritano una visita.

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Fonte: @Varese Turismo

I cortili del borgo di Arcumeggia, gallerie a cielo aperto

Inoltre, Arcumeggia è il paese natale dello scultore Giuseppe Vittorio Cerini, nominato da Vittorio Emanuele III Cavaliere della Corona d’Italia, di cui si conservano numerose opere in Italia e all’estero. Nel borgo si possono ammirare una piccola gipsoteca nel cortile della casa natale dell’artista e due opere in marmo nel cimitero locale.

Una gita ad Arcumeggia, una tavolozza colorata nel verde della Valcuvia, è come tuffarsi in un mondo incantato, fatto di arte e di storie, tutte da scoprire.

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Peccioli, il borgo medievale diventato un museo a cielo aperto

Immerso in un territorio prevalentemente rurale, Peccioli vanta una posizione strategica che lo rende facilmente raggiungibile dalle maggiori città toscane, uno dei motivi per cui questo grazioso borgo collinare è così amato dai visitatori italiani e stranieri. Ma non è di certo l’unico. Basi pensare che questo centro a forte vocazione agricola e turistica ha conquistato la Bandiera Arancione del Touring Club Italiano per la valorizzazione del patrimonio culturale, la conservazione del paesaggio e l’ospitalità.

Ciò che lo rende irresistibile e assolutamente meritevole di una visita è, soprattutto, il particolare connubio tra il fascino della Toscana medievale e la concettualità dell’arte contemporanea. Un tramonto infinito e unico nel suo genere attraversa, infatti, questa splendida località, costellata di installazioni imperdibili.

Peccioli, il borgo sulle dolci colline della Valdera

Domina la Valdera dall’alto della sua collina, Peccioli (si pronuncia Pèccioli), lungo la direttrice che da Volterra conduce a Pisa. Il territorio risulta abitato fin dal Neolitico, ma è soprattutto dal primo millennio a.C. che si registra una fisionomia più definita, con manifestazioni di popolamento etrusche. I ritrovamenti testimoniano che le pendici di queste colline erano luoghi di sepoltura, fatta eccezione per il sito di Ortaglia, che ha restituito anche informazioni di tipo insediativo, attestando la dipendenza di Peccioli da Volterra fino all’età tardoantica.

Le radici di Peccioli affondano profonde in un passato agricolo, ancora oggi visibile in questi luoghi, grazie alla presenza di aziende vinicole e frantoi, fattorie e agriturismi. Negli splendidi paesaggi collinari che rapiscono lo sguardo, sono disseminati monumenti artistici e piccoli borghi antichi e splendidi, come Cedri, Fabbrica, Ghizzano, Montecchio, Libbiano e Legoli.

Cosa a vedere a Peccioli

La prima architettura che rende immediatamente riconoscibile Peccioli è l’eclettica Torre Campanaria realizzata nel 1885 dall’ingegnere e architetto pontederese Luigi Bellincioni, il quale progettò altri sette campanili distribuiti nel territorio della Valdera e della Val di Cecina. Dal campanile, alto 42 metri, si gode una magnifica vista sulla valle. La struttura si trova dietro l’abside della Pieve di San Verano, che occupa una posizione anomala per una pieve medievale, solitamente erette fuori le mura dei paesi. San Verano, invece, se ne sta fiera nel cuore del borgo, come a voler rendere esplicito il proprio potere religioso, affacciandosi fiera sulla campagna.

Edificata tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo, è dedicata a Verano di Cavaillon, vescovo provenzale del VI secolo e patrono del paese. Si dice che il santo vescovo, passando da Peccioli nel suo viaggio verso Roma, liberò il borgo dalla peste. È contraddistinta da un prospetto a cinque arcate cieche, una facciata in stile romanico-pisana, e all’interno della Cappella dell’Assunta, costruita a partire dal 1580, ospita il Museo d’Arte Sacra, con le opere più significative del territorio. Sotto la facciata della chiesa, si può invece ammirare l’arte contemporanea di Vittorio Corsini: centinaia di sguardi pecciolesi, fotografati e riprodotti su pannelli rettangolari di varie dimensioni.

Sempre nel centro storico i visitatori possono usufruire di un intero polo museale, composto da quattro diverse aree espositive. Oltre al Museo d’Arte Sacra, si possono visiatre il Museo di Icone Russe “F. Bigazzi”, il Museo Collezione Incisioni e Litografie – Donazione Vito Merlini, nel medievale Palazzo Pretorio, e il Museo Archeologico, che ha sede  nel Palazzo Fondi Rustici.

Una delle attrazioni imperdibili di Peccioli è il Palazzo senza tempo, ristrutturato su disegno dell’architetto Mario Cucinella e caratterizzato da una grande terrazza panoramica che si affaccia sulla vallata. Alcuni documenti datano a metà Quattrocento la nascita della fattoria e del Palazzo di Via Carraia. In epoca recente, nel 2004, parte della tenuta è stata acquistata dal Comune di Peccioli che nel 2019 ha iniziato una importante opera di ristrutturazione e riqualificazione. Inaugurato nel 2021, ospita numerose mostre temporanee e permanenti. Al suo interno vi troverete anche una emeroteca e una caffetteria.

Il Palazzo senza tempo a Peccioli

Fonte: iStock

Il Palazzo senza tempo a Peccioli

Un museo a cielo aperto

Se Peccioli si presenta ai visitatori con una veste unica nel suo genere è soprattutto grazie alle installazioni d’arte che rendono speciale il capoluogo e le sue frazioni. È infatti proprio per l’accostamento tra la tradizione toscana e l’arte contemporanea che, con il passare degli anni, il territorio è diventato un autentico museo a cielo aperto, nel quale classico e moderno convivono in perfetta armonia. Ne sono esempi le sculture “Presenze” posizionate all’Anfiteatro di Fonte Mazzola e nell’Impianto di Trattamento e Smaltimento Rifiuti di Legoli, l’opera Via di Mezzo di Tremlett che riprende i colori delle colline circostanti o ancora la passerella che collega il borgo antico alla parte nuova del paese, elevata a opera d’arte grazie all’“Endless Sunset” di Patrick Tuttofuoco.

L’installazione, come sottolineato dallo stesso artista, è un’operazione di grande importanza e bellezza che derivano dall’elevato grado di complessità del progetto: riuscire a fondere assieme le esigenze di praticità, di funzionalità e di staticità con quelle che sono invece le leggi della forma e dell’estetica. La forma del cerchio ricorda la ciclicità, il passare del tempo, e anche il titolo “Endless Sunset” (Tramonto infinito) rappresenta il concetto di un ciclo che si ripete senza fine, permettendo di spostarsi nello spazio e nel tempo. Si è poi aggiunta l’idea di applicare a questa forma, che diventa complessa nella sua tridimensionalità, un gradiente cromatico che riprenda i 45 minuti nei quali il cielo tramonta.

Il percorso suggerito per godere delle oltre venti opere contemporanee che impreziosiscono il borgo di Peccioli si svolge interamente nel centro storico del paese, è facilmente percorribile a piedi e, per essere completato, necessita di una passeggiata di circa due ore, durante le quali ci si può fermare in uno dei bar e punti di ristoro che animano il cuore del borgo. Se arrivate in auto, il consiglio è di utilizzare il parcheggio multipiano, che con un comodo ascensore vi farà giungere direttamente nel centro storico.

I percorsi nella natura

Per gli amanti  della natura e delle passeggiate all’aria aperta negli splendidi scenari della Toscana, il territorio di Peccioli offre la possibilità di avventurarsi in percorsi che si snodano in un susseguirsi di torrenti, boschi e vaste campagne caratterizzate da una vegetazione varia e incantevole.

Tra gli itinerari imperdibili:

  • Percorso del fiume Era, con le suggestive balze di tufo che costeggiano la strada comunale Peccioli-Fabbrica
  • Percorso del Molino di Ripassaia, che offre un paesaggio variopinto in primavera, impreziosito da diverse culture, come avena e erba medica, mutando in estate, quando si arricchisce di ginestre e campi di grano
  • Percorso delle Colline per Legoli e il Percorso Anelli di Cedri, con un habitat di selvaggia bellezza
  • Percorso Variante Ortaglia, che parte dalla sommità della collina delle Serre e passa attraverso la campagna, ai piedi della boscosa collina di Fratello-Libbiano, da cui si può veder far capolino qualche capriolo
Peccioli

Fonte: iStock

Una splendida veduta di Peccioli, gioiello della Toscana
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Musei aperti il 1° gennaio: i più belli da visitare

Avete mai pensato di iniziare il nuovo anno all’insegna della cultura? Non è un brutta idea e anzi, è una delle migliori che possiate avere anche perché il 1° gennaio 2024 sono davvero tantissimi, in tutta Italia, i musei pronti ad accogliere i visitatori. Noi di SiViaggia ne abbiamo selezionati alcuni.

I musei da visitare nel Nord Italia

Se vi trovate nel Nord Italia abbiamo una bella notizia per voi: gli appuntamenti da non perdere il primo giorno dell’anno sono davvero tantissimi.

Chi vuole fare un tuffo nella storia più antica e che racconta le nostre origini, può dirigersi presso l’Area archeologica di Marzabotto, in provincia di Bologna, che offre la possibilità di immergersi uno spazio urbano fatto di case, templi, strade, officine e tombe. Al suo interno c’è anche il Museo Nazionale Etrusco “Pompeo Aria” dove sono conservate suggestive testimonianze di un’epoca che ha fatto la nostra storia.

L’Apertura straordinaria dell’area archeologica dell’1 gennaio è prevista dalle ore 9 alle ore 17, con ultimo ingresso alle ore 16:30.

Area archeologica di Marzabotto 1 gennaio

Fonte: iStock

Un angolo dell’aArea archeologica di Marzabotto

Vale la pena fare un salto anche presso la Pinacoteca di Brera, a Milano, aperta il 1° gennaio dalle 10  alle 17 (ultimo ingresso ore 15.45), con prenotazione obbligatoria. Da queste parti è in corso  il Dodicesimo Dialogo “Prospero Fontana. La Vergine assunta e santi: restauro e riscoperta”, che prevede l’esposizione della grande pala Vergine assunta e santi di Prospero Fontana, appena restaurata, insieme ad un lungo il percorso tra opera di Henri Matisse e molto altro ancora.

Lunedì 1 gennai, dalle 10 alle 18, è possibile andare anche presso il Museo Nazionale Atestino di Este, in provincia di Padova. Un luogo che è nato con l’obiettivo di illustrare le caratteristiche della civiltà dei Veneti antichi che ha caratterizzato lo sviluppo sociale e culturale locale nel corso del I millennio a.C. in un dinamico rapporto con il mondo etrusco, celtico e romano.

I musei aperti nel Centro Italia

Un primo dell’anno dedicato alla cultura si può vivere anche in Centro Italia e in particolare presso il Museo Tattile Statale Omero di Ancona. Si tratta di un posto da visitare assolutamente almeno una volta nella vita, perché è uno dei pochi musei tattili al mondo. In sostanza, da queste parti si può conoscere l’arte attraverso il tatto. L’orario per il 1° gennaio è dalle 16 alle 19.

Un altro interessante appuntamento è quello con il Museo delle Cappelle Medicee di Firenze, aperto dalle 11 alle 19 e con ultimo ingresso alle 18.15. Si tratta di un magnifico luogo particolarmente famoso per via della presenza delle tombe di Giuliano e Lorenzo de’ Medici, realizzate da Michelangelo nella cosiddetta “Sagrestia Nuova” e capolavoro di architettura e scultura rinascimentale.

Poi ancora il Museo archeologico nazionale dell’Umbria, a Perugia, disponibile per il pubblico dalle 10 alle 18 dell’1 gennaio. Qui i visitatori possono scoprire collezioni etrusco-romane e preistoriche formate a partire dall’Ottocento, ad opera di illustri studiosi susseguitisi nella gestione del patrimonio archeologico della città.

I musei del Sud Italia

Chi si trova al Sud del nostro Paese può festeggiare l’inizio del 2024 dirigendosi presso il Museo Palazzo Pistilli di Campobasso che in questa particolare giornata è disponibile per il pubblico dalle ore 9 alle 13. Sorge nel cuore del centro storico della città ed è un luogo che conserva opere appartenenti alla collezione d’arte che Michele Praitano ha formato in più di cinquant’anni di ricerca in Italia e all’estero, e donata allo Stato nel 2014.

Voliamo ora al Museo Nazionale Archeologico di Altamura, in provincia di Bari, che è nato con lo scopo di riunificare e rendere fruibili le numerose scoperte archeologiche avvenute nel territorio dell’Alta Murgia, dalla Preistoria al Medioevo. Ciò vuol dire che rappresenta una sintesi della civiltà dei Peucezi fino ai territori più interni, verso la Basilicata e l’arco ionico. Gli orari sono dalle 8:30 alle 13.30 con ultimo ingresso alle 12.45.

Vale la pena fare un salto anche al Parco Archeologico di Aeclanum in provincia di Avellino, un’antica città che è stata abitata sin dall’età eneolitica. Un luogo di particolare interesse storico-archeologico situato nella frazione Passo di Mirabella, nel comune di Mirabella Eclano. Il sito si affaccia sulla Via Appia, la cosiddetta “Regina Viarum”, ed è possibile visitarlo dalle ore 10 alle 14.

Parco Archeologico di Aeclanum 1 gennaio

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Un angolo del Parco Archeologico di Aeclanum

I musei delle isole italiane

Anche nelle Isole maggiori d’Italia c’è un’ampia scelta in fatto di musei aperti l’1 gennaio, ma noi di SiViaggia ne abbiamo scelti due assolutamente imperdibili. Il primo che vi consigliamo sono i Musei Nazionali di Cagliari, ovvero il Museo Archeologico, la Pinacoteca, lo Spazio San Pancrazio, l’ex Regio Museo, gli spazi di Porta Cristina, le Cannoniere cinquecentesche e il Teatro dell’Arco che sorgono nell’antico quartiere di Castello, all’interno della cittadella. Luoghi dall’importanza unica poiché raccontano la storia antica della Sardegna grazie alla presenza di vari reperti archeologici, tra cui gioielli punici. Gli orari per accedervi durante il primo giorno dell’anno sono dalle 1o alle 18, con ultimo ingresso alle ore 17.

Infin, il Museo Vincenzo Bellini di Catania, aperto dalle ore 15 alle 19. Prende vita all’interno del settecentesco palazzo Gravina Cruyllas, luogo dove nacque il musicista nella notte tra il 2 e il 3 novembre 1801. Vi si possono scoprire numerosi ambienti della casa natale dell’artista ed anche partecipare ad un percorso che segue l’evolversi della vita e della carriera del compositore, insieme al una prestigiosa collezione di pianoforti.

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100 presepi hanno trasformato questo borgo in un museo a cielo aperto

C’è sempre un buon motivo per organizzare un viaggio in questo periodo e per raggiungere tutte quelle destinazioni che nel mese di dicembre si trasformano in cartoline di immensa bellezza. Luci scintillanti, profumi inebrianti, alberi maestosi e decorazioni sontuose e poi, ancora, installazioni luminose, mercatini e presepi: è il miracolo del Natale che prende vita attraverso le tradizioni più autentiche dell’Avvento.

Organizzare un viaggio in queste settimane, dicevamo, è sempre un’ottima idea, soprattutto per chi desidera perdersi e immergersi in tutte quelle atmosfere che sembrano uscite da una favola natalizia. Capitali europee, città d’arte, metropoli popolose e piccoli borghi: i luoghi da raggiungere sono davvero tantissimi e tutti sono destinati a incantare.

Tuttavia non c’è bisogno di andare dall’altra parte del mondo per toccare con mano la magia perché anche l’Italia si è appropriata dello spirito natalizio. E lo ha fatto anche Sutrio, l’antico borgo montano del Friuli, che grazie alla presenza di oltre 100 presepi si è trasformato in un museo a cielo aperto ed è bellissimo.

Bentornati a Sutrio, dove la magia del Natale prende vita

Il nostro viaggio di oggi ci porta tra le bellezza del Friuli-Venezia Giulia, al cospetto di un piccolo gioiello incastonato nel cuore della Carnia. Ci troviamo a Sutrio, un antico borgo montano abitato da poco più di 1.000 anime che hanno il compito di preservare e tramandare le storie e le antiche tradizioni del territorio. Molte di queste possono essere scoperte proprio lì, tra le viuzze del centro storico dove sorgono botteghe artigiane.

Organizzare un viaggio a Sutrio, in ogni periodo dell’anno e in ogni stagione, è davvero un’esperienza irrinunciabile, soprattutto per gli amanti della natura e per tutti coloro che desiderano vivere avventure a ritmo slow circondati da paesaggi mozzafiato. Ma raggiungere il borgo adesso permetterà a chiunque di perdersi e immergersi nelle atmosfere più autentiche del Natale.

Dall’8 dicembre, infatti, il piccolo paese ospiterà una delle manifestazioni più suggestive dello Stivale, stiamo parlando di Borghi e Presepi a Sutrio, una rassegna natalizia che prenderà vita tra i monti della Carnia che trasformerà l’intero territorio in un museo natalizio a cielo aperto.

Borghi e Presepi

Fonte: Ufficio Stampa

Borghi e Presepi a Sutrio, la rassegna più suggestiva d’Italia

Presepi nel borgo: un museo natalizio a cielo aperto

A partire dall’8 dicembre, e fino al 7 gennaio, presepi di diverse dimensioni e forme popoleranno le strade e le vie dell’antico borgo di Sutrio alle pendici del monte Zoncolan per dare il via a una delle rassegne più magiche del Bel Paese.

Saranno oltre 100 le creazioni artigianali a tema natività, realizzate in legno e altri materiali, che verranno collocate nei cortili, nelle piazze, lungo le stradine lastricate e sotto i portici, e che trasformeranno il borgo in un museo a cielo aperto. A fare da cornice ai presepi, poi, ci saranno addobbi e decorazioni sontuose, grandi alberi di Natale in legno creati dagli artigiani del paese, e luci e installazioni luminose.

Cuore della manifestazione è il grande Presepe che lo scorso anno è stato esposto in Piazza San Pietro a Roma e che adesso è tornato a Sutrio. Situato nel centro storico del borgo, questo segnerà il punto di partenza della rassegna e di una passeggiata delle meraviglie che condurrà alla scoperta degli altri 100 presepi.

Insieme a lui anche il Presepe di Teno, una delle attrazioni più celebri del borgo, che porta la firma del maestro artigiano Gaudenzio Straulino che ha lavorato per 30 anni alla sua realizzazione. Questo presepe riproduce in miniatura gli usi e i costumi tradizionali del paese che vengono animati grazie ad una serie di perfetti ingranaggi meccanici.

La rassegna Borghi e Presepi a Sutrio, inoltre, sarà affiancata da tutta una serie di appuntamenti che porteranno in scena tradizione e folklore che consentiranno di scoprire le usanze del paese tramandate da generazioni.

grande Presepe che lo scorso anno è stato esposto in Piazza San Pietro a Roma

Fonte: Ufficio Stampa

Il grande Presepe che lo scorso anno è stato esposto in Piazza San Pietro a Roma è tornato a Sutrio
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Esiste un altro Louvre nel mondo e si trova a due passi dal deserto

In un mondo in cui le notizie di conflitti e tensioni internazionali sembrano essere all’ordine del giorno, la necessità di pace e tolleranza tra popoli e culture diverse risulta oggi più urgente che mai.

Eppure, esistono esempi virtuosi, testimonianze viventi di come sia possibile costruire ponti di dialogo e comprensione tra popolazioni differenti.

Uno di questi luoghi si trova ad Abu Dhabi, sulla meravigliosa isola di Saadiyat. Qui, tra architetture mozzafiato e panorami spettacolari, si erge un simbolo potente di ciò che è possibile realizzare quando le persone si uniscono in un progetto comune.

La nostra meta è il museo del Louvre, una sorta di succursale del famoso museo di Parigi, frutto di una collaborazione trentennale tra Abu Dhabi e il governo francese. Questo luogo unico rappresenta una fusione perfetta tra l’arte occidentale e la cultura araba, offrendo ai visitatori un’esperienza imperdibile e coinvolgente, alla scoperta di opere straordinarie.

Il “Louvre del deserto”

Louvre Abu Dhabi

Fonte: iStock

Louvre di Abu Dhabi, Emirati Arabi Uniti

Il Louvre di Abu Dhabi, inaugurato nel 2017, è stato soprannominato dai francesi “Louvre del deserto” e rappresenta una straordinaria fusione tra architettura moderna e tradizione araba.

Progettato dal rinomato architetto Jean Nouvel, si distingue per la sua visione audace e la sua profonda sensibilità verso il contesto culturale e ambientale in cui si trova. L’elemento più distintivo dell’edificio è la sua gigantesca cupola, un reticolo di acciaio e alluminio che filtra la luce solare, creando un effetto simile a un’oasi di palme. Questa struttura, che sembra sospesa tra cielo e terra, crea un gioco di luci e ombre in continua evoluzione durante il giorno.

Il museo si estende tra una serie di edifici bianchi ispirati all’architettura tradizionale araba. Queste strutture sono collegate da passaggi coperti e circondate da canali d’acqua, creando un intricato labirinto di spazi espositivi che invitano alla scoperta e alla riflessione.

Al suo interno ci sono 23 gallerie permanenti dedicate all’arte moderna e contemporanea, testimoniando l’incessante progresso e l’evoluzione continua del linguaggio artistico. Tuttavia, la sua grandezza risiede nel suo vasto percorso storico che abbraccia le antiche culture dell’Egitto, della Grecia e dell’Impero Romano.

Va sottolineato che, in questa regione, le temperature possono raggiungere facilmente i 40 gradi, mettendo a rischio le opere d’arte. Per tale motivo, sono state predisposte misure speciali al fine di garantirne la corretta conservazione.

Il tesoro artistico del Louvre di Abu Dhabi

Il Louvre di Abu Dhabi custodisce splendidi capolavori che includono dipinti, sculture e altre meravigliose opere d’arte.

La collezione permanente del museo comprende più di 600 manufatti provenienti da diverse epoche storiche e civiltà. Inoltre, ospita 300 opere che illustrano come culture diverse abbiano coesistito nello stesso spazio, sottolineando le somiglianze e gli scambi reciproci.

Tra le più importanti spiccano capolavori come “La Belle Ferronnière” di Leonardo da Vinci, “Ritratto di una dama” di Rogier van der Weyden e la “Madonna con Bambino” di Giovanni Bellini. Ma il Louvre di Abu Dhabi non si limita alle opere classiche. Qui troverete anche opere di grandi maestri contemporanei come Marcel Duchamp e Andy Warhol.

Le opere sono esposte in ordine cronologico, consentendo ai visitatori di seguire l’evoluzione delle diverse civiltà, dalla Preistoria ai giorni nostri. Ogni opera rappresenta un tassello di un puzzle più ampio che narra la storia del nostro mondo.

Oltre alle collezioni permanenti, il museo ospita regolarmente mostre temporanee e dispone anche di un museo per bambini. Inoltre, offre una varietà di servizi, tra cui caffè e ristoranti, dove i visitatori possono rilassarsi e contemplare le opere appena ammirate.

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Louvre di Abu Dhabi, Emirati Arabi Uniti