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Scoperta in Belize, canali per la pesca utilizzati dai predecessori dei Maya

Una sorprendente scoperta archeologica ha fatto luce su una rete di canali di terra risalenti a 4.000 anni fa, trovata nella regione del Belize, che testimonia l’ingegno dei predecessori dei Maya. Grazie all’utilizzo di tecnologie moderne come i droni e le immagini di Google Earth, gli archeologi sono riusciti a rilevare una struttura che rivela un aspetto fondamentale della vita quotidiana di queste antiche popolazioni: la pesca.

I canali, utilizzati per la cattura di pesci d’acqua dolce, offrono uno spunto interessante non solo per comprendere le abitudini alimentari di quei popoli, ma anche per tracciare una continuità culturale che si estende fino ai Maya. Vediamo nel dettaglio quali nuovi legami fa emergere la scoperta tra la civiltà Maya e i popoli predecessori.

Una rete di canali antichi in Belize

La scoperta è avvenuta nella zona umida del Belize, all’interno del santuario naturale di Crooked Tree, dove gli archeologi hanno identificato una rete di canali di terra antichi, progettati per raccogliere e canalizzare l’acqua dolce. I canali, che si estendono per chilometri attraverso le zone umide, sono stati costruiti dai popoli semi-nomadi che abitavano la pianura costiera dello Yucatán circa 4.000 anni fa, un’epoca ben precedente all’ascesa della civiltà Maya.

L’importanza della scoperta risiede nel fatto che questi canali sono stati utilizzati per raccogliere e trattenere pesci, in particolare specie come il pesce gatto, grazie a una serie di vasche di contenimento. La rete idrica non solo serviva per la pesca, ma rappresentava anche una soluzione ingegnosa per diversificare la dieta e supportare una popolazione in crescita.

Le immagini aeree, ottenute tramite l’uso di droni e tecnologie avanzate, sono state determinanti per la localizzazione e lo studio di questi canali. Come sottolineato dalla coautrice dello studio, Eleanor Harrison-Buck, dell’Università del New Hampshire, le immagini aeree hanno permesso di identificare un “pattern distintivo” di canali a zig-zag che si estendevano attraverso la vegetazione, testimoniando un intervento umano sofisticato nel paesaggio naturale.

Scavi, Belize, Maya

Fonte: Eleanor Harrison-Buck et al.

Mappa che mostra i canali lineari, le vasche e i siti archeologici della scoperta

Questa rete di canali è significativa non solo per la sua funzione pratica, ma anche per il suo impatto sulla storia culturale dei Maya. Secondo gli studiosi, questi canali potrebbero aver avuto un ruolo fondamentale nel preparare il terreno per la nascita della civiltà Maya, che emerse nella stessa regione secoli dopo. Durante il periodo formativo, quando i Maya cominciarono a stabilirsi in villaggi agricoli e a sviluppare una cultura distintiva, la gestione delle risorse naturali, come l’acqua e la pesca, divenne cruciale. La scoperta dei canali, quindi, suggerisce una continuità culturale che si estende dal periodo pre-Maya fino alla costruzione delle piramidi e degli altri monumenti imponenti che caratterizzano la civiltà Maya.

L’archeologo Claire Ebert dell’Università di Pittsburgh, che non ha partecipato direttamente allo studio, ha dichiarato che la scoperta di modifiche su larga scala del paesaggio in un periodo così antico “mostra che le persone stavano già costruendo cose” e modificando l’ambiente per soddisfare i propri bisogni. Sebbene i Maya siano più noti per le loro imponenti piramidi, templi e per il loro sistema avanzato di scrittura, questa nuova ricerca offre uno spunto per riconsiderare le origini della civiltà Maya, suggerendo che la loro capacità di costruire grandi strutture potrebbe avere radici nelle tecniche e nelle pratiche quotidiane adottate dalle popolazioni precedenti.

In un contesto più pratico, i canali per la pesca hanno avuto un ruolo chiave nel sostenere una popolazione in crescita. La possibilità di accumulare risorse naturali come il pesce ha permesso ai gruppi semi-nomadi di sopravvivere e prosperare, ponendo le basi per la successiva espansione delle popolazioni e per la formazione di villaggi stabili. Gli archeologi suggeriscono che questi canali siano stati utilizzati per un periodo di circa 1.000 anni, rendendo questi antichi sistemi una parte essenziale della vita quotidiana nel periodo pre-Maya.

Inoltre, un altro importante aspetto della scoperta riguarda i sistemi di pesca utilizzati. Tra gli artefatti trovati nelle vicinanze dei canali, sono state identificate punte di lancia con bordi seghettati, che probabilmente venivano legate a bastoni per catturare i pesci. Questi strumenti suggeriscono che la pesca era un’attività non solo importante, ma anche altamente specializzata, che richiedeva tecniche e attrezzi adeguati.

Un capitolo in più nella storia dei Maya

Questa scoperta contribuisce a una comprensione più completa delle civiltà che hanno preceduto i Maya e ne getta nuova luce sulle pratiche quotidiane che hanno formato le basi della cultura Maya. Sebbene i canali per la pesca siano solo una parte di una più ampia narrazione sulla civiltà pre-Maya, offrono un importante legame con la successiva evoluzione culturale e sociale. Questa rete di canali, che segna un’incredibile capacità di ingegneria e di adattamento al territorio, ha permesso a queste antiche popolazioni di prosperare in un ambiente che altrimenti sarebbe stato difficile da sfruttare.

Il legame tra queste antiche pratiche e la grandiosa civiltà Maya ci invita a riflettere su quanto siano state fondamentali le innovazioni quotidiane per lo sviluppo di una delle culture più avanzate dell’antichità. In definitiva, questa scoperta non solo arricchisce la nostra comprensione della storia precolombiana, ma ci ricorda anche che, a volte, i grandi progressi della storia hanno radici nei gesti più semplici e quotidiani.

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Scoperta un’antica città Maya grazie a Google

La civiltà dei Maya è una delle più interessanti e misteriose al mondo. Chiunque visiti il Messico inserisce nel suo itinerario di viaggio almeno uno o più siti archeologici che ne mostrano le profonde capacità architettoniche, oltre che gli aspetti culturali e religiosi di una società che ha regnato per lungo tempo su gran parte dell’America centrale. Pensate che ci sono alcuni luoghi, come Tikal in Guatemala, dove c’è ancora tantissimo da scoprire perché la giungla che custodisce le rovine è talmente fitta che ci vorrebbero anni e anni di scavi e lavori per svelare templi e piramidi…oppure ci vorrebbe Google.

Gli Indiana Jones moderni non hanno bisogno dei classici strumenti degli archeologi, a volte basta semplicemente un computer. È successo negli Stati Uniti d’America, dove Luke Auld-Thomas, dottorando presso l’università statunitense di Tulane, ha scoperto su Google l’esistenza di una città Maya perduta che comprende più di 6.000 edifici, con templi piramidali e un ‘campo sportivo’, quello utilizzato per il classico gioco della pelota.

La scoperta della città Maya su Google

La città Maya segreta, situata nello stato messicano sudorientale di Campeche, al confine con il Guatemala, è stata scoperta puramente per caso da uno dei membri di un team di esploratori. Luke Auld-Thomas ha dichiarato alla BBC: “Ero circa alla pagina 16 dei risultati di ricerca e ho trovato un’indagine laser effettuata da un’organizzazione messicana per il monitoraggio ambientale”. Ed è proprio partendo da quest’indagine, e dopo un’attenta elaborazione e traduzione dei dati, che il ricercatore ha notato qualcosa che assomigliava a una città.

In questo modo è stata rivelata Valeriana, il nome dato a quello che si ritiene rappresenti il secondo sito Maya più grande mai scoperto. Gli archeologi, dopo aver mappato ed esplorato tre aree, la cui superficie totale è pari a quella della città di Edimburgo, sono arrivati a una prima conclusione: la città potrebbe aver ospitato fino a 50.000 persone al suo apice, tra il 750 e l’850 d.C. Una cifra, stimano i ricercatori, superiore alla popolazione che vive attualmente nella regione.

Perché è una scoperta importante

Si tratta di una scoperta molto importante, soprattutto considerando quanti misteri ancora avvolgano la società Maya. La professoressa Elizabeth Graham dell’University College di Londra, che non ha partecipato allo studio, ha evidenziato come i risultati di questa nuova scoperta contribuiscano a rafforzare l’idea che i Maya vivessero in città o paesi complessi piuttosto che in villaggi isolati.

La città scoperta dalla squadra di archeologi comprende 6.674 edifici e, dalle sue caratteristiche, appare agli occhi degli esperti come una capitale: sono stati riscontrati due centri principali con grandi edifici, collegati da fitte case e strade rialzate e con due piazze in cui si trovano dei templi piramidali, dove i Maya avrebbero praticato il loro culto, nascosto tesori e seppellito i loro morti. Come anche nel caso di Chichen Itza, una delle 7 Nuove Meraviglie del Mondo in Messico, anche qui è stato ritrovato il campo della pelota che, più che uno sport, rappresentava un vero e proprio rito cerimoniale che prevedeva, alla fine, il sacrificio di alcuni giocatori.

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Il Treno dei Maya, tra meraviglie e polemiche

Nello Yucatan meridionale, tra le zone più povere ma ricche di biodiversità del Messico, presto potrebbero arrivare circa 3 milioni di turisti l’anno: è in corso d’opera una linea ferroviaria di oltre 1500 chilometri, progetto voluto fortemente dal presidente Andres Manuel Lopez Obrador.

Sarà il Treno Maya che tuttavia, secondo molti, rischia di compromettere un favoloso territorio ancora incontaminato e custode di testimonianze del passato precolombiano.

Il Treno dei Maya, più turismo ma potenziale rischio per l’ambiente

La meravigliosa giungla di Calakmul terra di coccodrilli, tucani, scimmie urlatrici e di un’antica città precolombiana Patrimonio UNESCO, lo scorso anno ha attratto poco meno di 50mila visitatori.

Il Treno Maya ha l’obiettivo di portare benessere in una zona povera del Paese andando a colmare un deficit di infrastrutture che, finora, per il sud del Messico ha significato non poter valorizzare appieno le potenzialità in ambito turistico.

L’opera, il cui costo si aggira intorno ai 20 miliardi di euro, richiede un percorso largo 45 metri e vedrà 20 stazioni, circondate da centri commerciali e alberghi. È prevista anche una strada, destinata in particolare al trasporto pesante per permettere l’approvvigionamento di prodotti agricoli e carburante.

È chiaro che, nel suo tracciato, la nuova ferrovia si insinuerà in un ecosistema intatto e unico al mondo, caratterizzato dalle tipiche formazioni calcaree attorno alle quali spiccano i cenote, le grotte abbracciate dall’acqua dolce che sono simbolo della riviera Maya.

L’attenzione ora si è focalizzata sulla giungla di Calakmul, parte della vasta giungla Maya, la più vasta foresta tropicale d’America (Amazzonia esclusa): secondo la primatologa britannica Kathy Slater, un progetto di una simile portata richiede tempi di progettazione superiori ai 10 anni mentre tutto si sta svolgendo in maniera troppo veloce, senza un’adeguata pianificazione e la doverosa attenzione all’impatto sull’ambiente.

Il presidente vuole che la linea ferroviaria entri in funzione entro il 2023, scadenza del suo mandato, e ha descritto il progetto come “questione di sicurezza nazionale” così da accelerare i tempi.

Jesus Leon Zapata, membro del consiglio indigeno di Xpujil, ha ribadito che “hanno parlato soltanto dei benefici del megaprogetto, trascurando l’impatto o i possibili danni“.

Ancora, per il biologo marino Rodrigo Medellin che lavora presso la più grande università messicana, la Unam, la ferrovia non dovrebbe assolutamente transitare nella giungla: “Finirà per frammentare in modo irreversibile una delle più importanti roccaforti di biodiversità nel Paese“.

L’unicità della spettacolare giungla di Calakmul

La giungla di Calakmul è un bene prezioso, dimora di circa cento specie di mammiferi, di una delle più significative popolazioni di giaguari della Mesoamerica, di oltre 350 specie di uccelli e di specie a rischio come il puma, il tacchino ocellato e il tapiro.

Ma non soltanto.

Tra le peculiarità dell’area spicca la grotta di Volcan de los Murcielagos dove vivono ben 3 milioni di pipistrelli, fondamentali anche per l’agricoltura di tutto lo Yucatan del sud: ogni notte si cibano di 30 tonnellate di insetti, tenendo lontane le malattie dalle piante di peperoncino, piselli e granoturco.

La prima versione del progetto del Treno Maya prevedeva che la ferrovia passasse a 700 metri dalla grotta ma, nelle 2100 pagine di resoconto sull’impatto ambientale dell’opera, la grotta non viene nominata.
È scritto che la nascente linea ferroviaria provocherà una frammentazione dell’habitat e avrà un grave impatto sulle specie. Tuttavia, “può essere costruita” perché vi è l’idea di riforestare 74 ettari, appena il 10% dei 730 che saranno abbattuti in totale.

Un esempio simile si è concretizzato, 9 anni fa, sui terreni di Gomez Farias dove i residenti hanno realizzato un progetto di ecoturismo: gli ospiti dormono in tende ricoperte di tetti di palme intrecciate, scoprono la laguna in kayak e osservano la fauna in postazioni mimetizzate.

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L’incredibile scoperta di una civiltà Maya nascosta sotto la giungla

Un’indagine senza precedenti, condotta con un sofisticato sistema di scansione laser, ha portato alla scoperta di quasi mille insediamenti antichissimi che starebbero svelando l’esistenza di una società Maya molto più sofisticata, popolosa e unificata di quanto previsto finora.

Scoperta una civiltà Maya perduta in Guatemala

L’indagine condotta nel bacino carsico Mirador-Calakmul del Guatemala settentrionale, ha permesso di scoprire 964 antichi insediamenti Maya finora sconosciuti, nascosti sotto la fitta giungla, risalenti prevalentemente al periodo preclassico, durato dal 1.000 a.C. fino al 150 a.C. circa.

Si tratta di un ritrovamento straordinario, sia per l’estensione dei siti, che coprono un’area di circa 1.685 chilometri quadrati, che per la natura degli insediamenti. L’incredibile scoperta è opera di un team di ricerca internazionale guidato da scienziati statunitensi della Foundation for Anthropological Research and Environmental Studies (FARES) e dell’Università Statale dell’Idaho, che hanno collaborato a stretto contatto con il Dipartimento di geografia e ambiente dell’Università del Texas, la Scuola di Storia dell’Università di San Carlos – Città del Guatemala, il Progetto Bacino Mirador e altri istituti.

La nuova civiltà è stata riportata alla luce grazie alla tecnica di telerilevamento LiDAR (Laser Imaging Detection and Ranging) che utilizza un impulso laser, impiegato negli ultimi anni per scansionare dense foreste pluviali tropicali alla ricerca di segni di antiche civiltà, come è accaduto, ad esempio per il misterioso monumento nella Foresta di Dean nel Regno Unito o per la città perduta in Honduras. Questi sistemi, infatti, sono in grado di penetrare le fitte chiome vegetative, rivelando ciò che si trova sul terreno sottostante.

Quasi mille insediamenti nascosti nella fitta giungla

Gli scienziati, coordinati dal professor Richard D. Hansen, hanno sorvolato per anni il bacino con dispositivi LiDAR  per cercare tracce nascoste di antichi insediamenti. Per la loro gioia, l’indagine ha portato a una scoperta unica. Gli oltre 900 insediamenti sono stati al momento raggruppati in 417 antiche città, paesi e villaggi che, secondo lo studio, suggeriscono la presenza di una struttura politica centralizzata e complessa. Queste costruzioni includono decine di campi da gioco per la pratica degli sport mesoamericani e un complesso sistema di gestione delle acque composto da canali e serbatoi.

L’architettura monumentale, i confini specifici dei siti, i 195 bacini idrici e gli oltre 177 km di strade rialzate che mettevano in collegamento i diversi insediamenti, suggeriscono una coesione sociale ed economica superiore a quella delle comunità minori di questi periodi. Tra le strutture rilevate ci sono anche grandi piramidi a gradoni risalenti al periodo del tardo-medio preclassico. Opere che, come spiegano i ricercatori nello studio pubblicato sul forum internazionale “Ancient Mesoamerica”, “hanno richiesto enormi quantità di lavoro e risorse, concentrate da un’organizzazione e un’amministrazione presumibilmente centralizzate”.

La civiltà Maya avrebbe quindi avuto il potere di organizzare migliaia di lavoratori altamente qualificati, tecnici e specialisti, architetti, funzionari delle forze dell’ordine e capi religiosi, tutti ad operare in un’omogeneità politica e ideologica, il che suggerirebbe l’esistenza di un potente regno-stato nella regione, di cui non sapevamo nulla finora.

Il team di ricercatori ha anche esplorato i resti della piramide di Danta, nella città maya di El Mirador, un tempo centro della metropoli e una delle più grandi strutture antiche. Ben 158 operai avrebbero impiegato cinque anni solo per estrarre gli oltre 205mila blocchi di calcare che compongono questo imponente monumento, la cui costruzione ha probabilmente richiesto da sei a 10 milioni di giorni di lavoro.

 

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Il serpente piumato che appare sulla piramide Maya il giorno dell’equinozio

C’è qualcosa di incredibilmente magico che succede intorno a noi quando arriva l’autunno. C’è la natura che lentamente si addormenta, sprofondando in un lungo letargo, non prima di averci regalato la visione dello spettacolo più bello dell’anno.

E mentre ci prepariamo alla caccia alle foglie, organizzando un viaggio nei luoghi più straordinari dove va in scena il foliage, tutto il mondo celebra l’inizio della stagione con riti, tradizioni e feste pagane, spirituali e mistiche.

Ma c’è un luogo che, più di altri, durante l’equinozio d’autunno regala uno spettacolo senza eguali. Uno show misterioso e apparentemente inspiegabile che attira migliaia di visitatori e che lascia senza fiato. Sì perché qui, al cospetto della maestosa piramide Chichén Itzá, ogni anno appare l‘ombra del serpente piumato e la sua visione incanta.

Chichén Itzá e la grande piramide Maya

Organizzare un viaggio in Messico è sempre un’ottima idea, soprattutto quando l’itinerario ci conduce nello Yucatán, lì dove esiste quella che è probabilmente la più grandiosa testimonianza della civiltà Maya. È qui, infatti, che possiamo raggiungere Chichén Itzá, un complesso di fama mondiale considerato Patrimonio Mondiale dell’Umanità e annoverato tra le nuove sette meraviglie del mondo.

La grande piramide a gradoni di El Castillo occupa una superficie di oltre sei chilometri quadrati campeggiando al centro della scena. Incanta per la sua imponenza, per quelle incisioni grafiche rupestri, e per quello spettacolo di luci e suoni che si ripete ogni sera al calar del sole e che evidenzia i lineamenti e le geometrie di una struttura eccezionale.

Ma Chichén Itzá si configura come un vero e proprio complesso delle meraviglie all’interno del quale è possibile immergersi in un passato grandioso e mai dimenticato. Qui, infatti, è possibile contemplare l’osservatorio astronomico, el Caracol, e tantissimi templi tra cui quello dei guerrieri. E poi c’è lei, la piramide di Kukulkan, conosciuta anche con il nome El Castillo.

Ed è proprio al cospetto di questa che migliaia di cittadini e viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo si riuniscono durante gli equinozi, sia in primavera che in autunno, per ammirare uno spettacolo seducente e misterioso che affonda le sue origini nelle antiche tradizioni Maya.

Durante la giornata, infatti, sulla questa piramide compare un’ombra a forma di serpente: è la discesa in terra del dio Kukulkàn, identificato nel serpente piumato.

La discesa del dio Kukulkàn

Accade che, durante le giornate degli equinozi, sul lato della scalinata della piramide di Kukulcàn appare un’ombra, che dall’alto scende verso il basso percorrendo tutti i 91 gradini, fino a terminare su quella scultura di serpente che si trova alla base della struttura.

In realtà il fenomeno visivo non è altro che un gioco di luci e ombre, creato dal sole, che dà vita a quella suggestiva sagoma a forma di serpente, ma per le leggende locali non ci sono dubbi. Si tratta della discesa del dio Kukulkàn che, proprio in occasione dell’autunno e della primavera, arriva sulla terra per incontrare i suoi seguaci, per portare loro benedizioni e buon auspicio per le stagioni che verranno. Il suo arrivo coincide con le prime luci dell’alba, salvo poi sparire al tramonto per altri sei mesi.

La discesa del Kukulkàn, in occasione degli equinozi, è un evento importantissimo per la tradizione locale e per la cultura Maya, nonché uno spettacolo che incanta e che suggestiona. Proprio per celebrare questo momento, al calar del sole, viene ricreato uno spettacolo di luci e suoni che omaggia la discesa del serpente piumato.

Chichén Itzá, equinozio

Fonte: iStock

Chichén Itzá, equinozio
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La scoperta “impressionante” su una linea ferroviaria

Non è ancora stata completamente ultimata, ma questa linea ferroviaria ha già fatto parlare molto di sé. In passato perché imprenditori e albergatori della zona hanno espresso preoccupazione sul fatto che i binari avrebbero diviso in due la loro città (ma anche per questioni ecologiche), adesso perché vi è avvenuta un’interessante scoperta.

Il Treno Maya, un novo modo di esplorare il Messico

La linea ferroviaria in questione è quella del Treno Maya, una novità pensata per rilanciare il turismo in Messico. Nuovi binari ad alta velocità che attraverseranno più o meno 1500 chilometri ma che, sfortunatamente, andranno a distruggere diversi ettari di foresta per “unire” le varie attrazioni turistiche di questo territorio.

Un’imponente infrastruttura che il governo messicano vuole far diventare persino un nuovo simbolo del Paese, della sua efficienza e competenza. In sostanza, questa ferrovia attraverserà Chiapas, Tabasco, Campeche, fino alla penisola che si affaccia sul Golfo e i Caraibi. Un’opera da 7 miliardi di dollari che è stata presentata come green e sostenibile, anche se le cose non sembrerebbero così.

Secondo quanto comunicato lo scorso anno, il Treno Maya unirà il Messico del Sud con i siti archeologici, i monumenti aztechi e le famose spiagge dello Yucatán e di Quitana Roo. Il tutto entro la fine del 2023.

Un nuovo piano ferroviario criticato dalle popolazioni locali, ma anche da esperti ambientalisti, attivisti, associazioni e difensori dei diritti umani. Nonostante questo, i quasi 1.500 chilometri di ferrovia continuano ad essere costruiti, a tal punto che ci è appena avvenuta un’interessante scoperta.

La scoperta avvenuta durante i lavori per il Treno Maya

I ricercatori dell’Istituto Nazionale messicano di Antropologia e Storia (INAH) hanno scoperto un “imponente” (come definito da loro) complesso architettonico preispanico durante i lavori di recupero archeologico sulla sezione 5 a sud del Treno Maya, nello stato di Quintana Roo.

Una situazione che costringerà a modificare il percorso originale della realizzazione. A tal proposito il direttore generale della dipendenza, Diego Prieto Hernández, come riportato dai media locali ha precisato: “Sono in corso gli adeguamenti ingegneristici per poter proteggere un imponente sito archeologico che abbiamo riconosciuto come Paamul 2“. Ed eccezionale Paamul 2 lo è davvero, in quanto sono stati rinvenuti più di 300 edifici, alcuni con altezze superiori agli 8 metri. L’obiettivo è farlo diventare un corridoio archeo-ecologico per garantirne la conservazione.

Prieto Hernández ha anche fatto sapere che il lavoro di archeologia subacquea nelle grotte e nei cenote allagati nella stessa sezione stanno per iniziare. Da qua si pensa di poter recuperare molti materiali preziosi paleontologici e archeologici.

Allo stesso tempo, il direttore ha riferito anche che i tour di prospezione archeologica sono stati completati nella sezione 5 nord, dove saranno scavate poco più di 180 strutture.

Ma non è la prima volta che durante i lavori del Treno Maya e quelli di salvataggio vengono fatte scoperte. In questi anni, infatti, si dice che siano stati portati alla luce (fino a questo momento) 1385 edifici Maya di natura domestica e rituale relativamente completa, più di 300 vasi, alcuni dei quali con scritte, e persino 423 sepolture umane.

Tuttavia, anche se non c’è ancora un quadro completo di tutto quello che è stato ritrovato finora, l’Istituto Nazionale messicano di Antropologia e Storia e dai media ha fatto sapere che le scoperte dovute ai lavori del Treno Maya coprono un lungo periodo della storia di questa popolazione.