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Egitto poco noto: tante meraviglie da scoprire

C’è un Egitto che non tutti conoscono, lontano dalle principali rotte turistiche ormai famose in tutto il mondo. È un susseguirsi di paesaggi da favola, che sembrano quasi provenire da un altro mondo. Deserti incontaminati, piccole oasi e tanta storia: andiamo alla scoperta dell’altro volto di questo Paese incredibile, ricco di sorprese che non ci aspettavamo.

Alla scoperta dell’Egitto meno conosciuto

L’Egitto è una delle mete più gettonate per chi vuole fare una vacanza relax su spiagge stupende, senza doversi allontanare troppo da casa. Da Marsa Alam a Sharm el-Sheikh, ci sono tantissime località dove divertirsi tra sole, mare e snorkeling in acque cristalline. C’è poi un incredibile patrimonio archeologico tutto da scoprire: le Piramidi di Giza, Luxor e la Valle dei Re, ma anche Il Cairo e i suoi preziosi manufatti custoditi presso il Museo Egizio più grande del mondo.

Potremmo pensare di aver visto ormai tutto di questo Paese incredibile, ma c’è una rotta che invece continua a restare lontana dal turismo, quella forse più autentica e suggestiva. L’itinerario ci porta nella zona occidentale dell’Egitto, dipanandosi dalla capitale sino a scendere verso i confini meridionali: nel suo percorso, attraversa deserti meravigliosi e panorami indimenticabili, regalandoci un tuffo indietro nel tempo di svariati milioni di anni. Ecco le sue tappe più affascinanti.

Tra deserti e oasi meravigliose

Non dista moltissimo da Il Cairo, forse appena 200 km, ma sembra di essere in un altro mondo: Wadi al-Hitan, conosciuta anche con il nome di Valle delle Balene, è un’area desertica caratterizzata da dune sabbiose, punteggiate qua e là da scheletri di antiche creature marine. Qui, infatti, 30-40 milioni di anni fa si estendeva il popoloso mare di Tetide, di cui oggi non restano che imponenti formazioni di calcare e fossili di cetacei, quasi fossimo in un museo a cielo aperto.

Scendendo ancora più a sud, dopo un lungo peregrinare letteralmente in mezzo al nulla, all’improvviso davanti ai nostri occhi si stagliano delle bizzarre colline coniche dal colore molto scuro. Si tratta del Deserto Nero, dove tutto parla di un passato ricco di attività vulcanica: pietre nere e lava indurita hanno dato origine ad un paesaggio lunare che lascia tutti a bocca aperta. Uno dei luoghi assolutamente da scoprire è l’oasi di Bahariya, una vasta depressione circondata nel deserto, dove la natura è lussureggiante.

Qui si apre un panorama da sogno, quello della Crystal Mountain: tra la sabbia dorata, infatti, spicca una serie di formazioni geologiche composte di cristalli di quarzo, che sotto i roventi raggi del sole brillano in maniera straordinaria. Ma proseguiamo nel nostro viaggio verso i confini meridionali dell’Egitto, incontrando un altro spettacolo della natura. Stiamo parlando del Deserto Bianco, caratterizzato da imponenti rocce di gesso candido che sono state scolpite da vento e sabbia, dando vita a forme spesso molto bizzarre.

Infine, non resta che dirigersi verso l’oasi di Kharga, la più meridionale del Paese: un tempo era tra le tappe fondamentali lungo l’itinerario che collegava il Nordafrica con la regione subsahariana, mentre oggi ospita un bel centro abitato e alcuni splendidi monumenti archeologici. È il caso del Tempio di Ibis, dedicato al dio Amon, o della necropoli cristiana di Bagawat, dove si possono ammirare anche pregevoli opere pittoriche.

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Il deserto dei fantasmi dove la natura ha creato un capolavoro

Esistono luoghi che sono così belli che non si possono descrivere, ma solo vivere. Posti che per forme, lineamenti e colori creano scenari e paesaggi che non sembrano veri, come quelli che abbiamo solo sognato o visto tra le pagine dei più famosi libri di fiabe, ma che invece sono reali e per questo straordinari.

Tra questi troviamo il Parco Geologico Nazionale Yadan, una vasta area desertica sconosciuta ai più, o comunque a tutti coloro che non hanno mai osato avventurarsi ai confini del mondo. Eppure proprio qui, a sud ovest del deserto del Gobi, e tra le provincie di Gansu e Xinjiang, è possibile accedere a uno dei paesaggi più suggestivi del mondo intero.

Il parco, caratterizzato dalle grandi formazioni geologiche yardang, è conosciuto anche come città dei fantasmi. Nonostante il nome tutt’altro che rassicurante non c’è nulla da temere: proprio qui, infatti, Madre Natura ha creato uno dei suoi più grandi capolavori.

Benvenuti nel Parco Geologico Nazionale Yadan

Ci vogliono circa 4 ore in auto da Dunhuang per raggiungere il Parco Geologico Nazionale Yadan, e la strada che si apre davanti ai viaggiatori è tutt’altro che confortevole. Eppure, nonostante il viaggio faticoso e a tratti ostico, quella che si apre davanti alle persone che si spingono fin qua giù è una visione che lascia senza fiato.

L’area, infatti, è caratterizzata da particolari rocce di diverse altezze e dimensioni che, plasmate dal vento, dal tempo e dagli agenti atmosferici, hanno assunto le forme di vere e proprie sculture naturali. Lo scenario è incredibile: i pilastri yardang dominano l’intero paesaggio desertico creando così un’atmosfera surreale e quasi mistica.

La sensazione, una volta arrivati fin qui, è quella di trovarsi davanti a un museo naturale a cielo aperto che stimola i sensi e la fantasia, e che permette di toccare con mano tutta la grandiosità di Madre Natura.

Il deserto dei fantasmi

Sono diverse le persone che si mettono in cammino ogni anno per ammirare questo capolavoro naturale, per guardare da vicino tutta la magia che appartiene a un luogo solitario e remoto. Contemplate, ammirate e fotografate: le rocce yardang che campeggiano nell’area desertica sono le assolute protagoniste del paesaggio, ma non sono le uniche ad attrarre i viaggiatori.

Il Parco Geologico Nazionale Yadan, infatti, è conosciuto anche con il nome di città dei fantasmi, un soprannome questo che ha destato la curiosità di tutti gli amanti del brivido e del paranormale. In realtà quest’area desertica non ha nulla di spaventoso: basta guardare le fotografie che la ritraggono per averne conferma.

Tuttavia in determinati momenti della giornata, quando il vento soffia forte colmando i silenzi che dominano l’intera zona, i più suggestivi giurano di sentire le voci e le grida di spiriti e creature invisibili. Questi suoni, uniti a una visione superlativa e solitaria, hanno alimentato storie e leggende sulla possibile presenza di fantasmi che vivono nel deserto da tempi immemori.

Come visitare il Parco

Essendo una zona di grande interesse geologico, nonché sito iscritto alla lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco, il Parco Geologico Nazionale Yadan non può essere visitato in maniera autonoma. L’area protetta, infatti, è accessibile solo mediante tour e visite guidate che partono, rispettivamente, dagli ingressi nord e sud.

La visita consente ai viaggiatori di raggiungere alcune delle sculture naturali più evocative, quelle che prendono forma grazie alla fantasia diventando ora animali, ora oggetti.

Una volta giunti davanti alle rocce yardang, prendetevi tutto il tempo per ammirare la loro grandiosità e per lasciarvi suggestionare dalle forme e dai colori. E, ancora, dagli straordinari giochi di luce offerti dai raggi del sole che sorge e che tramonta: lo spettacolo è mozzafiato.

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Il safari tra le dune rosse è un’esperienza da fare almeno una volta nella vita

Il fascino del deserto è qualcosa di impareggiabile, che lascia senza fiato. Per questo è tanto ammirato dai turisti di tutto il mondo. Proviamo a chiudere gli occhi e a immaginarci una distesa di dune, la sabbia rossastra, i raggi del sole che la fanno scintillare. Siamo vicino a Dubai e i safari tra le dune rosse fanno parte di quelle esperienze da provare almeno una volta nella vita.

Perché permettono di vivere a stretto contatto con questo luogo affascinante partecipando a diverse attività e ammirando un paesaggio mozzafiato e unico nel suo genere. Alla fine gli occhi resteranno colmi di quella meraviglia che toglie il fiato,  che è uno (dei tanti) motivi per cui vale la pena viaggiare.

L’esperienza da non perdere: il safari tra le dune rosse

Giri in cammello, attività sportive, cene e spettacoli: i safari tra le dune rosse del deserto sono tanti e offrono esperienze di ogni genere, un modo per vivere alcune ore magiche in uno territorio che, con il suo aspetto e le sue tradizioni, è tra i più affascinanti al mondo.

Il deserto, il suo silenzio, la vastità degli spazi in cui ci si trova immersi, sono qualcosa di davvero magico, che vale la pena provare almeno una volta nella vita.

Ci sono davvero tanti tour, in genere si viene prelevati dal proprio hotel a Dubai e portati nel deserto su fuoristrada. Lì si potrà fare un giro con i quad, salire in groppa a un cammello, sperimentare cene tradizionali e godersi il tramonto tra le spettacolari dune di sabbia. Un istante di impareggiabile bellezza. E per i più sportivi c’è anche la possibilità di mettersi alla prova con il sandboarding, un’attività molto simile allo snowboarding ma che viene fatta sulla sabbia invece che sulla neve. E per finire, nei campi, vengono allestiti dei veri e propri spettacoli per intrattenere i partecipanti ai tour.

Le opzioni sono davvero tantissime, prevedono ad esempio anche tour più brevi, e permettono di vivere momenti che resteranno nella mente e negli occhi per lungo tempo. Un’esperienza a stretto contatto con la natura e con le peculiarità di un territorio affascinante e davvero unico.

Cosa portare in un safari tra le dune rosse del deserto

I tour sono molto organizzati e offrono ogni comfort a chi partecipa, però è bene partire preparati, almeno nell’abbigliamento. Obiettivo essere comodi e riuscire a far fronte alle temperature del deserto che sono molto calde di giorno e più fresche nel corso della notte.

L’ideale è usare tessuti tecnici o leggeri per il giorno, fondamentale è coprire tutto il corpo (testa compresa) per proteggersi dal sole: quindi per un safari tra le dune rosse è bene indossare pantaloni lunghi e maglie a maniche lunghe. Per quanto riguarda le calzature è meglio optare per scarpe comode e chiuse. Se si dorme nel deserto, si devono portare con sé capi più pesanti per far fronte all’abbassamento delle temperature. E poi occhiali da sole e crema protettiva.

Ovviamente macchina fotografica o, in alternativa, un telefono cellulare per poter immortalare l’esperienza e riviverla anche tempo dopo.

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Il villaggio da favola alle porte del deserto dove puoi vivere il sogno hollywoodiano

Nell’incantevole terra del Marocco, la magia si mescola alla realtà in un viaggio indimenticabile. Con città millenarie che sorgono come miraggi dal deserto, montagne che si stagliano maestose sotto cieli stellati e mercati affollati di colori, suoni e profumi ammalianti, il Marocco è una destinazione che rapisce l’anima.

Lontano dal trambusto delle città, si trova un luogo di incantevole bellezza: Ait-Ben-Haddou, un piccolo villaggio di argilla che sorge come un sogno dimenticato sulle rive del fiume Ounila. Con le sue torri merlate e le strette stradine, questa cittadina sembra uscita da una favola, un ricordo di un’epoca lontana.

Un luogo affascinante che ha fatto anche da sfondo a numerosi film, catturando l’immaginazione di registi e cineasti di tutto il mondo e diventando un palcoscenico in cui si sono svolte alcune delle scene più belle della storia del cinema.

Ait-Ben-Haddou, l’Hollywood del Marocco

Ait-Ben-Haddou in Marocco

Fonte: iStock

Ait-Ben-Haddou, Marocco

Ait-Ben-Haddou è una suggestiva città fortificata, situata nella regione di Souss-Massa-Drâa in Marocco. Questo insediamento berbero risale almeno al XVII secolo e si trova lungo l’antica rotta carovaniera tra il Sahara e Marrakech.

A un primo sguardo, sembra una città persa nel tempo. C’è un silenzio quasi irreale che avvolge il villaggio, interrotto solo dai suoni della natura circostante e dai rumori occasionali dei pochi abitanti rimasti. Nonostante la presenza di qualche negozio di souvenir, è difficile credere che questo luogo sia ancora abitato.

In questo luogo, sono state girate scene memorabili di film epici come “Il Gladiatore” e “La Mummia“, e opere storiche come “Gesù di Nazareth“, “Alexander” e “Lawrence d’Arabia“. Inoltre, gli appassionati di serie televisive ricorderanno sicuramente la città di Yunkai, liberata dalla temibile Daenerys Targaryen nel Trono di Spade. Un luogo che, nella realtà, non è altro che Ait-Ben-Haddou.

Qui, tra le rovine di un tempo passato, si respira una pace senza eguali. Ait-Ben-Haddou non è semplicemente la “Hollywood del Marocco“. È una destinazione imperdibile che, una volta visitata, rimane impressa nel cuore per sempre.

Alla scoperta di Ait-Ben-Haddou

Ait Ben-Haddou sorge maestosa su una collina, dominando la vallata ai piedi delle montagne dell’Atlante, a soli 30 chilometri da Ouarzazate.

Questa cittadina, con le sue imponenti mura, si distingue come un perfetto esempio dell’architettura tradizionale del sud del Marocco, tanto da essere riconosciuta dall’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità.

Il nucleo abitativo, costituito da case di argilla rossa, rivela una visione affascinante della vita tradizionale berbera. Le strette strade serpeggianti conducono a luoghi come la piazza centrale, la moschea e il granaio, ciascuno con la sua unica storia da raccontare. Al contempo, le mura fortificate che circondano l’insediamento offrono viste panoramiche mozzafiato sulle montagne e sul deserto.

Un must-see è senza dubbio la Kasbah, situata sulla cima della collina, che regala un panorama spettacolare del ksar e del paesaggio circostante.

Nonostante il passare del tempo, Ait-Ben-Haddou ha mantenuto intatta la sua autenticità e il suo spirito unico, offrendo uno sguardo prezioso sulla cultura locale. Che siate appassionati di storia, amanti del cinema o semplici viaggiatori in cerca di luoghi autentici, questo villaggio è sicuramente una tappa da non perdere nel vostro viaggio in Marocco.

Villaggio di Ait-Ben-Haddou

Fonte: iStock

Negozio di souvenir nel villaggio di Ait-Ben-Haddou, Marocco
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Guardare l’alba da qui è un’esperienza magica da non perdere

Lunghe distese di sabbia dorata, il sole che le illumina con i suoi raggi, la struggente bellezza di uno spettacolo che solo la natura sa donare. È questa una delle esperienze da fare almeno una volta nella vita: quella di guardare l’alba dalle dune di Merzouga, che si trovano nel deserto del Sahara. Perché è uno di quei momenti magici che restano incisi a lungo nella memoria.

Quando si viaggia lo si fa armati dal desiderio di scoprire la bellezza del mondo, di cogliere l’anima dei luoghi che si visitano. Ed alcune esperienze sono profondamente mistiche, come quella di ammirare l’alba avvolti dal fascino di un luogo tra i più particolari al mondo.

Queste dune vengono chiamate Erg Chebbi e si trovano nel Marocco, nella zona sud est. Alcune sono molto alte e imponenti: vere e proprie montagne di sabbia dorata che colmano gli occhi, e lo spirito, di bellezza.

Le dune di Merzouga, uno spettacolo indimenticabile

Ci sono spettacoli indimenticabili, sono quelli che – a distanza di anni – tornano ancora alla mente come i ricordi più preziosi. Ammirare l’alba tra le dune di Merzouga è uno di quelli. Perché il deserto entra sottopelle, fa sentire tutt’uno con la natura, facendoci immergere in un’ambientazione che sembra quasi nata da un sogno.

Le infinite distese di sabbia dorata, le dune Erg Chebbi, che si stagliano in altezza riuscendo a raggiungere anche i 150 metri, sono un’ambientazione magica. Ancora di più all’alba, quando il sole che nasce all’orizzonte va a illuminare il territorio circostante. Il risultato è una di quelle cartoline che, se viste in prima persona, restituiscono allo sguardo una scenografia indimenticabile.

Per immergersi in questo luogo da sogno si può partire con un tour da Merzouga, che si trova in un’oasi nel deserto in Marocco, ve ne sono di diversi e si possono scegliere in base ai propri gusti e al tipo di esperienza che si desidera vivere. Le dune di quest’area si estendono per circa una trentina di chilometri e, in base a come è posizionato il sole, il loro colore regala spettacoli unici. Mai uguali a loro stesse, d’inverno regalano un ulteriore magia. Infatti, a quanto pare, da novembre a maggio si forma un lago, dove è possibile ammirare tante tipologie diverse di uccelli che abitano queste aree.

I tour nel deserto, per vivere un’esperienza indimenticabile

In groppa a un cammello o su auto 4X4, ma anche a piedi. E poi notti in accampamento, anche extra lusso, cene gustose e musica: il tutto per vivere un’esperienza autentica e che resta a lungo nella memoria incisa tra i ricordi più belli.

Ci sono tantissime opzioni per fare tour nel deserto e ammirare le dune di Merzouga non solo durante il giorno, ma anche nei momenti più magici di tutti, ovvero quelli che coincidono con l’alba e il tramonto. Da non dimenticare anche la notte, quando il cielo tempestato di stelle regala una delle scenografie più emozionanti di tutte. In questa zona c’è anche la possibilità di fare sandboarding, la versione su sabbia dello snowboard. Lanciarsi dalle dune più alte con le tavole è un’attività divertente, diversa dal solito e indimenticabile.

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C’è un edificio che appare e scompare nel deserto: è magia

Le nostre avventure ci hanno insegnato che i miraggi sono reali. Che quelle oasi nel deserto, che per forme, lineamenti e colori sembrano uscite da una fiaba, esistono e valgono da sole un intero viaggio. Piccoli paradisi terrestri che sono creati da Madre Natura e che ci ricordano, grazie alla loro presenza, che il mondo che abitiamo è un posto meraviglioso.

Eppure non tutti i miraggi sono naturali, non lo è quello di AlUla che è stato plasmato dall’uomo, ma che regala una delle visioni più strabilianti e suggestive del mondo intero. Molto più di un semplice edificio, Maraya – questo il suo nome – è una struttura che appare e scompare nel deserto Saudita, che si fonde con la sabbia, con il cielo terso e con il paesaggio circostante e che permette di vivere un’esperienza visiva che non conosce eguali.

Il miraggio nel deserto di AlUla

Il nostro viaggio di oggi ci porta alla scoperta di un territorio unico al mondo, un patrimonio umano e naturale dove il passato straordinario e i misteri primordiali dell’uomo si fondono e si confondono in un paesaggio mozzafiato e unico. Ci troviamo ad Alula, un museo a cielo aperto dove sono conservate, preservate e valorizzate tombe antiche, monumenti e dimore storiche, capolavori naturali e artificiali che raccontano oltre 200.000 anni di storia umana. Un regno delle meraviglie, che si snoda tra il deserto dell’Arabia Saudita, e che non smette mai di stupire.

Non lo fa perché qui è possibile entrare in contatto con la storia, con le tradizioni e con le usanze che vengono protette e tramandate dalle comunità locali, perché giungendo qui ci si può immergere in un paesaggio unico e uguale a nessun altro mentre si osservano tramonti infuocati e cieli popolati di stelle.

Alula incanta, lo fa con le sue meraviglie naturali e non solo. Nel deserto, infatti, è stata creata un’opera davvero straordinaria che rende reale e tangibili i miraggi, un edificio che durante la giornata si confonde tra la sabbia fino a svanire, per poi riapparire.

Maraya Concert Hall

Fonte: iStock/xavierarnau

Maraya Concert Hall

L’edificio che scompare tra la sabbia

Il suo nome è Maraya e in lingua araba vuol dire specchio, e in effetti quel grande e gigantesco cubo ben visibile durante determinate ore della giornata, è davvero realizzato con specchi che ricoprono interamente una struttura che misura oltre 9.000 metri quadrati. Si tratta di una concert hall, un’arena che ospita eventi, manifestazioni e spettacoli musicali dalla portata internazionale. Un edificio multifunzionale che porta in alto il nome dell’ingegno Made in Italy.

Maraya, infatti, è stata progettata dallo studio italiano Giò Forma Studio e Black Engineering con un solo obiettivo: quello di valorizzare uno dei territori più affascinanti del pianeta. Missione compiuta: la struttura è stata inserita armoniosamente nell’intero paesaggio diventando parte integrante di questo come opera d’arte, per chi la guarda all’esterno, e come teatro per chi visita i suoi interni.

Inaugurata nel 2019, Maraya ha conquistato tutti. Nello stesso hanno, inoltre, si è guadagnata un posto d’onore nei Guinness World Record come edificio a specchi più grande del mondo.

Grazie alla superficie riflettente, che ricopre ogni metro quadro della struttura, il paesaggio naturale circostante appare sullo specchio, regalando una sensazione di continuità con il panorama di AlUla. La visione che si apre davanti agli occhi di chi giunge fin qui è davvero sbalorditiva: un miraggio nel deserto destinato a lasciare senza fiato.

Un miraggio artificiale nel deserto

Fonte: iStock/xavierarnau

Un miraggio artificiale nel deserto
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Le oasi nel deserto non sono un miraggio: questo lago salato lo conferma

Potrebbe sembrare incredibile, ma le oasi del deserto esistono davvero e sono luoghi di una bellezza straordinaria. Non c’è nulla di più emozionante che scoprire questi angoli nascosti del mondo, dove la vita sembra scorrere al ritmo lento della natura.

Sì, le oasi del deserto esistono realmente e sono uno dei tesori più preziosi che la natura ci ha regalato. Uno di questi è il magnifico lago di Siwa.

Situato nella provincia di Fayoum, è senza dubbio uno dei luoghi più magici e incantevoli dell’Egitto. Noto anche come Birket Siwa, è un’oasi di bellezza e spiritualità nella vastità del deserto occidentale. Questo lago salato, con le sue acque cristalline che riflettono il cielo azzurro, è un vero e proprio gioiello nascosto tra le dune del deserto e offre uno spettacolo naturale imperdibile.

Un’esperienza indimenticabile che ti lascerà con il cuore pieno di emozioni e il ricordo indelebile della sua bellezza mozzafiato.

Il Lago salato di Siwa: una meraviglia unica al mondo

Lago salato di Siwa

Fonte: Getty Images

Il lago salato di Siwa, Egitto

Sapevi che quello di Siwa è uno dei pochi laghi salati dell’Egitto? Questo affascinante specchio d’acqua si distingue dagli altri bacini del paese per la sua salinità, che gli conferisce un fascino senza paragoni.

Da un punto di vista geologico, è un luogo unico nel suo genere, essendo uno dei pochissimi laghi salati al mondo che non si trova in prossimità del mare. La sua estensione supera i 70 km e il paesaggio circostante è dominato dal deserto e dalle montagne.

La sua superficie cristallina, con un’alta concentrazione di sali minerali, riflette i colori del cielo e delle montagne limitrofi, creando panorami incantevoli, difficili da trovare altrove.

Il lago di Siwa si trova a pochi chilometri dal confine libico ed è alimentato dalle sorgenti termali che si trovano nella zona circostante, il che lo rende diverso da tutti gli altri laghi e fiumi del territorio.

Ma non è solo la bellezza del paesaggio a renderlo un luogo così speciale. La sua storia millenaria, le leggende e le tradizioni che lo circondano ne fanno un luogo davvero emozionante.

L’acqua del lago è considerata sacra dai locali, che vi si immergono per purificarsi e per liberarsi dallo stress e dalle tensioni. Pare che le sue acque abbiano poteri curativi e che siano in grado di guarire malattie e problemi di cuore.

Ma non c’è bisogno di credere alle leggende per rimanere incantati dal lago di Siwa. Basta guardarsi intorno e lasciarsi conquistare dalla sua atmosfera surreale. Le acque del lago sono, infatti, ricche di minerali e di sali e hanno effetti benefici per la pelle e per il corpo.

Inoltre, le sorgenti termali che si trovano nelle vicinanze rendono l’acqua del lago ancora più calda e invitante, perfetta per rigenerarsi.

Oasi di Siwa, la perla del deserto del Sahara

Sebbene il lago di Siwa sia una delle mete turistiche più famose dell’oasi, ci sono molte altre attrazioni che meritano di essere visitate.

Una tra questi è il famoso Tempio dell’Oracolo dedicato al dio Amon. Questo tempio risale al VI secolo a.C. ed è uno dei monumenti più importanti dell’antica città di Siwa, passato alla storia come un luogo di culto affascinante e misterioso.

Persino il grande Alessandro Magno, noto per le sue imprese militari, si rivolse a questo luogo sacro per chiedere consigli riguardo alle sue future campagne. Ciò fece nascere l’ipotesi che l’imperatore avesse scelto di essere sepolto nella stessa oasi di Siwa invece che ad Alessandria.

Un’altra attrazione da non perdere sono le rovine della città di Shali. Costruita con un materiale noto come kershef, una miscela di rocce salate dei laghi salati della regione e argilla, Shali è stata creata con l’intento di proteggere gli abitanti dagli attacchi beduini. È affascinante notare come, dopo una sola pioggia intensa nell’anno 1936, Shali abbia iniziato a sgretolarsi, portando via con sé i ricordi di un’epoca passata.

Visitare l’oasi di Siwa è un’esperienza che non potete perdere se siete alla ricerca di un viaggio emozionante e autentico. Qui potrete scoprire un mondo antico e affascinante, fatto di tradizioni millenarie, paesaggi mozzafiato e una spiritualità che permea l’aria stessa. Ogni angolo di questa meravigliosa oasi racchiude un tesoro da scoprire, che vi regalerà ricordi ed emozioni che porterete nel vostro cuore per sempre.

Città di Shali, Egitto

Fonte: Getty Images

Rovine della città di Shali, Egitto
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Deserto di Chihuahua: da vedere almeno una volta nella vita

Con la sua superficie di circa 362.000 chilometri quadrati e il titolo di “terzo deserto più esteso dell’emisfero occidentale”, il Deserto di Chihuahua è uno di quei posti che vale assolutamente la pena vedere almeno una volta nella vita. Il paesaggio che ci si ritrova davanti per molti non ha niente di famigliare, tanto che potrebbe venire facile pensare che possa addirittura far parte di un altro pianeta.

Dove si trova il Deserto di Chihuahua

Il Deserto di Chihuahua è piuttosto distante dal nostro Paese: occupa parte del Messico e degli Stati Uniti. Per la precisione, conquista grandi zone del Texas occidentale, parti di Nuovo Messico meridionale, dell’Arizona sud-orientale, nonché la zona centrale e settentrionale dell’altopiano messicano.

Ad ovest è incorniciato dalla vasta catena della Sierra Madre Occidentale, mentre ad est a svettare è il settore settentrionale della Sierra Madre Orientale.

Oltre a essere un deserto, è anche un’ecoregione definita dal WWF, vale a dire una “unità relativamente grande di terra o acqua contenente un assemblaggio distinto di specie e comunità naturali, con confini che approssimano l’estensione originale delle comunità naturali prima di importanti cambiamenti nell’uso della terra”.

Cosa aspettarsi dalla visita

Viste le sue pressoché infinite dimensioni, è chiaro che in un posto come questo è facile scovare più ambienti e completamente diversi tra loro. Come vi abbiamo accennato in precedenza, qui svettano enormi catene montuose che incantano con i loro profili. Ne sono degli esempi la Sierra Madre, la Sierra del Carmen, la Sierra de los Órganos e molto altro ancora.

Delle imponenti cime che riescono a dare vita a vere e proprie “isole” dove il clima è più fresco e più umido, tanto che vi si sviluppano aree boschive di conifere e di latifoglie, così come folte foreste lungo il corso dei fiumi.

Da queste parti è facile notare “mazzi” di creosote (Larrea tridentata), la specie vegetale predominante nelle aree caratterizzate da suolo ghiaioso, e occasionalmente sabbioso, delle vallate.

A farsi apprezzare sono anche l’Acacia neovernicosa e la Flourensia cernua che invece sono le regine del settore settentrionale dell’ecoregione, mentre lo Psorothamnus scoparius è la specie più facile da incontrare sui suoli sabbiosi occidentali. Non mancano specie appartenenti ai generi Yucca e Opuntia, in particolare sui margini delle colline pedemontane e nella parte centrale, così come i tipici cactus Echinocereus polyacanthus e Ferocactus pilosus in prossimità del confine tra Stati Uniti e Messico.

Un pullulare di vegetazione di tutti i tipi che non si limita di certo a quello di cui vi abbiamo parlato. Tra le piante più curiose, per esempio, c’è il peyote (Lophorra Williamsii), un cactus assai famoso per i suoi effetti allucinogeni, ma che non può assolutamente essere consumato nella stragrande maggioranza degli Stati.

In fatto di fauna, il Deserto di Chihuahua permette di scovare specie che si spostano su grandi distanze, come l’antilocapra (Antilocapra americana), il cervo mulo (Odocoileus hemionus), la volpe grigia (Urocyon cinereoargenteus), il giaguaro (Panthera onca) e molto altro ancora.

Mentre a volare nei cieli ci sono uccelli come il corridore della strada (Geococcyx californianus), il mimo beccocurvo (Toxostoma curvirostre), la quaglia squamata (Callipepla squamata), l’oriolo di Scott (Icterus parisorum) e tanto altro.

Non mancano lucertole endemiche, spaventosi serpenti e una grande varietà di insetti.

Informazioni utili

È possibile visitare una parte del Deserto di Chihuahua partecipando a dei tour organizzati. Il consiglio però è di portare un grande rispetto per il territorio che si sta attraversando: secondo il WWF, quello di Chihuahua è il deserto che presenta la maggiore biodiversità sia per ricchezza di specie che per endemismi.

Sfortunatamente la regione non è più quella di una volta a causa, soprattutto, del sovrapascolo e delle interferenze umane. Vi basti sapere che molte erbe e altre specie native sono state sostituite con specie di alto fusto, come il creosote e il mesquite. Per non parlare del lupo messicano, un tempo numeroso, che al giorno d’oggi è purtroppo scomparso del tutto da questo angolo di mondo.

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Nel deserto californiano è nato un nuovo Paese: lo ha fondato un dj

Chi non ha mai sognato di vivere in un paese creato su misura per sé, dove le leggi e le tradizioni si adattano perfettamente alle proprie esigenze? Un luogo magico in cui i semafori sono sempre verdi, la pizza non fa ingrassare e i vicini di casa non danno mai fastidio. Beh, sognare è bello, ma è difficile trasformare i sogni in realtà.

Tuttavia, c’è qualcuno che ha deciso di sfidare lo status quo e creare un paese ad hoc: il DJ radiofonico Randy Williams e la sua Repubblica di Slowjamastan.

Lo aveva annunciato già da tempo, ma nessuno lo aveva preso sul serio. Invece, Randy ha acquistato ben 4,47 ettari di terreno, appena fuori dalla California State Route 78, e ha fondato una nazione completamente nuova, che prende il nome dal suo programma radiofonico.

Randy Williams, da Dj a sultano di Slowjamastan

Ma chi è Randy Williams, chiederete? È l’audace visionario che ha deciso che il deserto della California avesse bisogno di un suo personalissimo tocco.

Dopo essersi auto-insediato come Sultano di una nazione nel deserto, conta di dichiarare l’indipendenza dagli Stati Uniti.

Attualmente, sul sito web ufficiale, si contano già circa 500 cittadini registrati, mentre altri 4.500 sono “in attesa di passaporto”. Se stai pensando anche tu di chiedere la cittadinanza a Slowjamastan, è importante che tu conosca alcune delle regole particolari che caratterizzano questo Paese.

Tra le più singolari c’è il divieto assoluto di indossare le Crocs, l’obbligo di astenersi dall’ascoltare o produrre musica rap e non è permesso mettere i piedi sul cruscotto della macchina.

Inoltre, la sua riserva aurea è composta interamente da biscotti al cioccolato, un dettaglio che conferma la stravaganza di quest’iniziativa.

I Progetti Futuri di Slowjamastan

Il Sultano Randy Williams ha in mente una serie di progetti per migliorare la vita dei suoi cittadini. Perché accontentarsi della normalità quando si può puntare all’eccezionale?

Primo fra tutti un corso d’acqua ispirato ai parchi acquatici per portare allegria e refrigerio in quelle calde giornate nel deserto. Inoltre, Randy ha pensato che un allevamento di armadilli potrebbe essere un’ottima aggiunta al panorama di Slowjamastan, che contribuirebbero ad arricchire la biodiversità del Paese. E ammettiamolo, chi non vorrebbe avere un armadillo come vicino di casa?

Infine, il Sultano vorrebbe erigere una statua gigante del “Grande Leader”, ovvero di sé stesso come simbolo del fondatore di Slowjamastan e del suo ruolo nella creazione e nello sviluppo di questa nazione unica e originale.

Nel frattempo, sta cercando di creare relazioni diplomatiche con altri Stati in quanto la Convenzione di Montevideo del 1933, stabilisce alcuni criteri fondamentali affinché un Paese possa essere dichiarato come nazione ufficiale. Secondo questo trattato, un Paese deve soddisfare quattro requisiti: una popolazione permanente, un territorio definito, un governo e la capacità di negoziare e collaborare con altre nazioni su questioni di interesse comune.

Randy Williams è convinto che tutti gli aspetti siano fattibili. Tuttavia, l’ostacolo principale rimane l’ottenimento del territorio dal governo statunitense.

Al momento, però, tutti i tentativi di contattare il Presidente Biden per discutere la questione non hanno ricevuto alcuna risposta.

Dopo aver proclamato l’indipendenza di Slowjamastan e stabilito il suo ufficio principale nella sontuosa Dubai, possiamo solo immaginare quali altre sorprese ci riserverà il Sultano Randy nel futuro.

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Antichi insediamenti emergono dal deserto: la scoperta inattesa

Una scoperta sensazionale avvenuta per caso. Studiando alcune immagini satellitari provenienti da Google Earth, un ricercatore si è trovato dinanzi qualcosa di inatteso e sorprendente: tre antichi insediamenti romani, di cui nessuno era a conoscenza, celati tra le sabbie del deserto della Giordania.

Ecco cosa sappiamo finora.

La scoperta inaspettata emerge dal deserto

Michael Fradley, archeologo dell’Università di Oxford, mentre era impegnato nel progetto “Endangered Archaeology in the Middle East and North Africa” finalizzato a individuare e studiare a fondo i siti archeologici del Medio Oriente, si è imbattuto in una scoperta che non poteva aspettarsi.

Infatti, nell’esaminare le fotografie del deserto che si trova tra la Giordania e l’Arabia Saudita, il suo sguardo è caduto su una forma alquanto bizzarra: una sorta di “carta da gioco”, un “rettangolo” con gli angoli smussati dalla tipica forma degli accampamenti militari dei Romani.

Proseguendo nell’attenta analisi delle immagini, Fradley in poche ore ne ha rinvenuti altri due.

Si tratta di una scoperta unica poiché, fino a quel momento, tutti ne ignoravano l’esistenza. E, se è vero che sono molteplici le tracce di insediamenti romani disseminati in Europa, in Medio Oriente finora ne sono stati rinvenuti davvero pochi.

Collocati in una zona poco esplorata del deserto, gli accampamenti appena ritrovati non presentano tracce di altri edifici oppure mura: ciò che rimane sono soltanto i contorni dei campi militari, solcati da impronte di pneumatici a indicare il passaggio recente di persone che, tuttavia, non sono scienziati.

Infatti, nessun esperto ha finora visitato personalmente i siti custoditi dalla sabbia.

Il significato degli insediamenti della Giordania

Tale nuova scoperta, come tutte, può svelare molte informazioni utili che gli archeologi utilizzeranno per ricostruire un ulteriore tassello della storia romana in Medio Oriente.

Secondo le prime ipotesi, gli insediamenti rinvenuti risalirebbero al 160 d.C. e avrebbero un collegamento con la conquista romana del Regno dei Nabatei.

Con ogni probabilità i campi, perfettamente conservati e con ingressi opposti su ogni lato, vennero costruiti come stazioni temporanee di cui servirsi durante una campagna segreta nel deserto.

Se ciò fosse vero, andrebbe a riscrivere le attuali conoscenze su una vicenda che, finora, non presentava misteri: gli esperti hanno sempre pensato che il regno nabateo (sviluppatosi nell’attuale Giordania con capitale l’antica città di Petra) fosse passato in maniera pacifica sotto il dominio dei Romani alla morte del proprio re.

Tuttavia, il ritrovamento degli accampamenti militari fa ipotizzare che, in realtà, il passaggio non fu così “indolore”: ed è questa la teoria che Michael Fradley ha presentato nel suo studio pubblicato da Antiquity.

Ovviamente, molte domande sono tuttora senza risposta. Gli archeologi, infatti, sono rimasti stupiti dalla distanza tra i campi, compresa tra i 37 e i 44 chilometri: un tragitto troppo lungo per essere percorso dalla fanteria in un giorno soltanto.

Ciò, quindi, può suggerire che gli accampamenti siano stati ideati da un’unità di cavalleria che avrebbe potuto affrontare la distanza in poche ore grazie ai cammelli.

Per rispondere a questo e ad altri quesiti, gli archeologi hanno in programma di effettuare un sopralluogo nel deserto per ricercare ulteriori reperti che possano aiutare a fare chiarezza sull’importanza della nuova scoperta.