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Viaggio in Egitto alla scoperta delle mastabe, le tombe che hanno dato origine alle piramidi

Tutti conoscono le piramidi per la loro misteriosa storia e monumentalità, ma in Egitto esiste qualcosa di ancora più antico e particolare: le mastabe. Queste tombe, riservate inizialmente a faraoni minori (anche se raramente) e alti funzionari tra la III e la VI dinastia (circa 2700-2300 a.C.), hanno forma rettangolare, tetti piatti e pareti inclinate. Costruite con mattoni di fango o blocchi di pietra calcarea, rappresentano il primo tentativo concreto di garantire una sepoltura duratura ai defunti e ai loro tesori.

Nel deserto si presentano come blocchi geometrici isolati sulla sabbia, con aperture basse e strette che conducono alle camere funerarie interne. Le pareti conservano ancora i segni degli attrezzi dei costruttori, testimonianza della fatica e della precisione necessarie per edifici pensati per durare millenni. Osservandole, si percepisce chiaramente come dalle prime strutture semplici sia nata l’idea che, secoli dopo, avrebbe portato alle piramidi.

Qual è la differenza tra una mastaba e una piramide?

Nel vasto deserto d’Egitto, due tipi di tombe raccontano due epoche e due ambizioni diverse. Le mastabe, edifici bassi e compatti, nacquero all’inizio dell’Antico Regno e il loro scopo era quello di proteggere il corpo del defunto e gli oggetti per l’aldilà, mentre le incisioni sulle pareti indicavano il nome, il ruolo e la posizione sociale del sepolto. La loro presenza nel paesaggio era discreta, segnalando concretamente il posto della memoria senza dominare l’orizzonte.

Le piramidi, comparse qualche secolo dopo (ad eccezione della piramide a gradoni di Djoser), trasformarono quell’idea in una costruzione monumentale. Altezza, precisione geometrica e complessità interna le rendevano visibili a chilometri di distanza. Oltre a custodire il defunto, simboleggiavano il potere assoluto del faraone. Dove la mastaba era sobria e funzionale, la piramide divenne spettacolare e simbolica, con corridoi, camere multiple e materiali pensati per durare millenni.

In sintesi, la mastaba è la forma concreta e pratica della sepoltura, mentre la piramide ne rappresenta l’evoluzione monumentale e visibile, concepita per imprimere l’immortalità del potere reale.

A cosa serviva la falsa porta nelle mastaba?

All’interno delle mastabe si trovava una struttura molto particolare: la falsa porta. Nonostante il nome, non era una porta ma un elemento scolpito nella pietra o nei mattoni della tomba e inserito nella parete che generalmente dava verso l’esterno della camera funeraria. La sua funzione, infatti, era rituale in quanto attraverso di essa lo spirito del defunto, il ka, poteva uscire per ricevere le offerte portate dai vivi e poi ritornare all’interno della tomba.

La superficie era spesso decorata con incisioni che riportavano nomi, titoli e scene della vita del defunto, così che lo spirito fosse sempre riconosciuto e nutrito. Osservarla oggi significa percepire la precisione del lavoro artigianale, ma anche la concretezza di un’idea millenaria: trasformare la pietra in un canale tra mondo dei vivi e mondo dei morti.

Dove vedere le mastabe più belle d’Egitto

Le mastabe più belle d’Egitto si trovano principalmente nella zona di Saqqara, un cimitero che è stato testimone dei primi esperimenti degli Egizi nell’arte della sepoltura monumentale. Queste tombe riflettono la gerarchia sociale, le credenze religiose e le tecniche costruttive dell’epoca, ma rigorosamente raccontando ognuna una storia diversa, dai funzionari di corte ai nobili che supervisionavano il lavoro agricolo e religioso.

Mastaba di Ti

Edificata durante la V dinastia, la Mastaba di Ti presenta rilievi che mostrano attività quotidiane come la pesca nel Nilo, la lavorazione del pane e la raccolta dei campi. Le incisioni conservano dettagli dei vestiti, degli strumenti e degli animali, offrendo informazioni precise sulle pratiche economiche e sociali di quel tempo. La falsa porta è decorata con il nome e i titoli di Ti, consentendo al suo ka di ricevere le offerte. L’uso di blocchi di pietra calcarea dura garantì una stabilità che ha permesso di conservare le iscrizioni fino ai giorni nostri.

Mastaba di Mereruka

La Mastaba di Mereruka è stata costruita alla fine della VI dinastia e apparteneva a uno dei più potenti visir del faraone Teti. Le camere interne e i corridoi si articolano in modo complesso, con sale decorate con scene di rituali religiosi, banchetti e processioni di servitori. L’attenzione al dettaglio nella rappresentazione di strumenti, mobili e animali fornisce un quadro chiaro della vita aristocratica e del funzionamento della corte. I mattoni di fango originari sono ancora visibili in alcune sezioni, con segni degli strumenti dei costruttori.

Mastaba di Kagemni

Kagemni, visir della VI dinastia, scelse una costruzione più sobria rispetto a Mereruka, ma la qualità delle incisioni rimane elevata. Scene scolpite illustrano il bestiame, le offerte e i rituali religiosi, insieme a iscrizioni dei titoli ufficiali. La struttura è più compatta e lineare, ma la scelta dei rilievi e delle decorazioni rivela l’importanza del defunto e l’attenzione alle pratiche funerarie che garantivano la sopravvivenza del suo spirito.

Mastaba di Ptahhotep

Costruita durante la V dinastia, la Mastaba di Ptahhotep apparteneva a un visir di grande prestigio e influenza. La struttura rettangolare, con tetto piatto e pareti leggermente inclinate, ospita camere interne riccamente decorate con rilievi che raffigurano scene della vita quotidiana. Non manca la falsa porta, scolpita con grande cura, che riporta il nome e i titoli di Ptahhotep.

Mastaba della regina Meresankh III

La Mastaba di Meresankh III, moglie del faraone Khafre (Chefren), si trova a Giza, vicino alle famose piramidi. Essa si distingue per le sue dimensioni imponenti e per la raffinatezza dei rilievi interni, che celebrano la vita e il rango della regina. Le pareti delle camere funerarie sono decorate con scene di cerimonie religiose, offerte rituali e rappresentazioni di servitori e animali.

Mastaba della regina Meresankh III, Egitto

Getty Images

La meravigliosa Mastaba della regina Meresankh III

Perché visitarle

Osservare le mastabe di Saqqara consente di poter toccare davvero con mano la storia. Ogni blocco di pietra, ogni incisione e ogni spazio interno racconta la vita dei defunti, dei costruttori e dei sacerdoti che li custodivano. Anche senza l’imponenza delle piramidi, queste tombe mantengono un fascino concreto e tangibile: mostrano l’ingegno degli Egizi e la loro ossessione per l’immortalità.

Guardandole nel deserto, tra sabbia e vento, si comprende la continuità tra le prime sepolture monumentali e i simboli eterni del potere che seguirono. Le mastabe, sobrie e precise, restano una testimonianza diretta di un mondo antico che ha lasciato tracce visibili ancora oggi.

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Guachimontones, alla scoperta delle misteriose piramidi circolari del Messico

Nel cuore dello stato di Jalisco, non lontano da Guadalajara, si trova uno dei siti archeologici più misteriosi del Messico: Guachimontones, un luogo che sembra sfidare tutte le leggi dell’architettura precolombiana. La sua unicità? Le piramidi non sono come quelle di Teotihuacán o Chichén Itzá, ma perfettamente circolari.

Un complesso unico al mondo, che racconta la storia di una civiltà misteriosa, quella dei Teuchitlán, che tra il 300 a.C. e il 900 d.C. sviluppò una delle culture più affascinanti e meno conosciute di sempre. Tra cerchi concentrici, altari e piattaforme ricoperte dal verde, il sito dei Guachimontones, Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, è un viaggio nel tempo che merita di essere vissuto.

Un sito archeologico unico al mondo

Per secoli, le piramidi circolari uniche al mondo del sito dei Guachimontones sono rimaste sepolte dalla vegetazione, protette dal silenzio e dal tempo. Sono state riportate alla luce solo di recente, negli Anni ’90 (ed erano state scoperte ufficialmente negli Anni ’70), ma resta da scoprire molto altro, vista la grande estensione dell’area archeologica: su 90 ettari ne è stato esplorato solo l’1,3%.

La grande differenza rispetto ai classici templi a gradoni che tutti noi conosciamo? Le piramidi sono concentriche e circondate da piattaforme, templi e campi cerimoniali disposti in perfette geometrie.

Piramidi circolari tra mistero e cerimonie

Al centro del sito spicca quello che è stato chiamato El Gran Guachi, la più grande piramide con un diametro di 27 metri e 52 gradini concentrici. Salire quassù è un’esperienza meravigliosa.

Tutt’attorno si dispongono 12 piattaforme che simboleggiavano il legame fra uomo, cielo e terra. Infatti, sebbene la cultura Teuchitlán rimanga avvolta nel mistero, poiché non lasciò testi scritti, queste costruzioni sanno testimoniare un alto livello di conoscenza astronomica e urbanistica: gli archeologi ipotizzano che le piramidi servissero per riti religiosi e cerimonie comunitarie, ma anche come luoghi di osservazione del cielo e delle stagioni.

Qui si svolgevano cerimonie in onore del dio del vento Ehécatl e si pensa che tali riti prevedessero anche la cerimonia dei Voladores (tradotto in “volanti”): un sacerdote saliva su un palo, posto sulla cima delle piramidi, per rendere omaggio alla divinità. Quello di Guachimontones è uno dei siti più antichi in cui si è rilevata questa tradizione, che si credeva fosse più profondamente radicata tra gli Aztechi e i Totonac del Messico centrale e orientale.

A completare il misterioso sito di Guachimontones finora conosciuto sono anche un anfiteatro e alcune terrazze ed edifici più piccoli.

Oggi, passeggiando tra le sue rovine, si percepisce un’atmosfera sospesa: il vento che soffia sulle piramidi di pietra perfettamente concentriche sembra raccontare storie di antichi sacerdoti, danze rituali e offerte agli dei venerati dalle antiche civiltà. È un luogo che affascina archeologi e viaggiatori, che hanno la possibilità di visitarlo (grazie al Centro Interpretativo di Guachimontones) per immergersi in un paesaggio sospeso nel tempo dove si respira l’equilibrio perfetto tra armonia e mistero.

Dove si trova il sito archeologico

Le piramidi circolari del sito di Guachimontones si trovano nel comune di Teuchitlán, nello stato di Jalisco, vicino al lago di Teuchitlán. Si può raggiungere l’area in circa un’ora d’auto da Guadalajara (65 km), la seconda città più grande del Messico. Ci sono anche diversi tour organizzati che partono ogni giorno dal centro della città.

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Scoperte piramidi in Polonia: un viaggio magico tra i segreti di 5.500 anni fa

Nel cuore della Polonia, una scoperta archeologica di grande rilievo ha recentemente catturato l’attenzione di studiosi e appassionati di storia antica. Sono state rinvenute due imponenti strutture megalitiche, comunemente denominate “piramidi polacche”, risalenti a oltre 5.500 anni fa.

Questi monumenti funerari neolitici sono stati scoperti nel Parco Paesaggistico General Dezydery Chlapowski, situato nel villaggio di Wyskoc, nella regione di Wielkopolska.

Questo straordinario ritrovamento fornisce nuove e preziose informazioni sulla complessità sociale, religiosa e architettonica dell’Europa del IV millennio a.C., arricchendo il bagaglio di conoscenze sulle antiche civiltà del continente.

La scoperta è di particolare interesse anche perché queste strutture sono contemporanee a siti famosi come Stonehenge e addirittura precedono le piramidi egizie, sfidando alcune delle idee tradizionali sulle origini delle grandi costruzioni preistoriche.

La scoperta delle piramidi polacche: un salto nel passato di 5.500 anni

Gli archeologi dell’Università Adam Mickiewicz, impegnati negli scavi, hanno portato alla luce due gigantesche tombe megalitiche nel cuore della regione di Wielkopolska in Polonia.

Questi monumenti furono costruiti dalla cultura del bicchiere imbutiforme, una società neolitica caratterizzata da avanzate pratiche agricole e da un’architettura funeraria monumentale.

Le strutture, soprannominate “piramidi polacche” per la loro imponenza, hanno una forma trapezoidale allungata e misurano fino a 200 metri di lunghezza, con un’altezza che raggiunge i 4 metri.

Per la loro costruzione sono state utilizzate enormi pietre megalitiche, alcune con un peso fino a 10 tonnellate, trasportate e posizionate con tecniche sofisticate, che testimoniano una notevole capacità organizzativa e ingegneristica degli antichi costruttori.

Un aspetto particolarmente affascinante di queste strutture è l’accurato allineamento delle tombe, che rivela una profonda conoscenza dell’astronomia. Questo dettaglio indica l’esistenza di figure chiave all’interno della comunità, come capi tribù, sacerdoti o sciamani, che godevano di uno status elevato e che venivano sepolti in queste imponenti tombe.

Ogni generazione della comunità ha contribuito alla costruzione di nuovi megaliti, creando così un patrimonio collettivo che testimonia la continuità culturale e il rispetto per i propri antenati.

I resti archeologici e il loro significato culturale

All’interno delle piramidi polacche sono stati rinvenuti resti scheletrici, probabilmente di singoli individui sepolti in posizione supina, con le gambe rivolte verso est. Questi corredi funerari includono oggetti preziosi come ceramiche finemente lavorate, asce di pietra e recipienti di argilla, alcuni utilizzati per contenere oppio, sostanza probabilmente impiegata in rituali o cerimonie.

Questi reperti rappresentano una fonte importante di informazioni sulle pratiche religiose e sociali di questa antica cultura, confermando l’importanza rituale delle tombe e la complessità delle loro credenze.

La scoperta, annunciata dal Complesso dei Parchi Paesaggistici del Voivodato di Wielkopolska, contribuisce a riscrivere la storia delle prime civiltà europee. Molte strutture simili, infatti, sono andate perdute o sono state danneggiate nel corso dei millenni. Solo quelle situate in zone boschive più isolate sono giunte intatte fino all’era moderna.

Grazie a questa scoperta, gli archeologi hanno ora l’opportunità di approfondire la conoscenza della società neolitica europea, mettendo in luce un livello di sofisticazione sociale, religiosa e architettonica finora poco conosciuto.

Le piramidi polacche rappresentano dunque un ponte tra passato e presente, aprendo nuove prospettive di ricerca e valorizzazione culturale per la storia antica dell’Europa.

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Meroe, la città delle piramidi dimenticate nel cuore del deserto sudanese

Nel cuore del deserto nubiano, a circa 150/200 km a nord di Khartoum, si trova uno dei tesori archeologici più affascinanti e meno conosciuti del continente africano: la necropoli reale di Meroe.

Un tempo capitale del potente Regno di Kush, questa antica città custodisce decine di piramidi che punteggiano il paesaggio desertico, testimoni silenziosi di una civiltà raffinata e misteriosa.

Meroe, immersa in un’atmosfera quasi surreale che si accende di magia al tramonto, e i siti archeologici che la circondano, sono testimonianza di una civiltà avanzata, raffinata e ancora oggi in parte avvolta dal mistero.

Il fascino delle sue piramidi, il mix di influenze culturali e l’atmosfera incontaminata che si respira tra le dune sudanesi, rendono questo luogo un’esperienza unica per chi desidera scoprire un lato meno noto ma altrettanto affascinante dell’Africa antica. Un viaggio a Meroe non è solo un tuffo nella storia, ma anche un ritorno al senso più autentico dell’esplorazione.

Musawwarat es-Sufra: spiritualità, mistero e arte rupestre

Prima di raggiungere Meroe, vale la pena fermarsi a Musawwarat es-Sufra, un enigmatico complesso archeologico incastonato tra le colline rocciose. Il sito, ancora oggi avvolto nel mistero, sembra essere stato un importante centro spirituale durante il periodo meroitico.

Probabilmente commissionato da un re della regione, Musawwarat venne utilizzato anche per l’allevamento degli elefanti, come testimoniato dai numerosi graffiti e bassorilievi presenti in loco.

Tra le sue rovine si distinguono i resti di un tempio dedicato ad Amon, divinità egizia, riconoscibile nelle sculture granitiche a forma di ariete che marcano il viale di accesso, e un tempio dedicato al dio Leone, divinità autoctona, detta Apademak. decorato con motivi zoomorfi e antropomorfi.

Le mura del sito sono inoltre coperte da incisioni, iscrizioni e disegni di ogni tipo, da scene erotiche a rappresentazioni profane, e rendono il complesso una sorta di gigantesco archivio a cielo aperto della vita quotidiana e spirituale dell’epoca.

Naqa: un sorprendente intreccio di culture

Non lontano da Musawwarat si trova Naqa, un altro straordinario esempio della ricchezza culturale del Regno di Kush. Qui, in un contesto paesaggistico particolarmente suggestivo, si erge un tempio ben conservato dedicato ad Amon – I secolo.

Tuttavia, ciò che rende Naqa davvero speciale è la mescolanza di stili architettonici e influenze culturali: accanto al tempio egizio si trova infatti un santuario dedicato ad Apademak e un chiosco con colonne che richiamano l’arte greco-romana.

La statua del dio Apademak, rappresentato con tre teste e quattro braccia, sembra quasi evocare una divinità indiana, suggerendo un sorprendente dialogo tra civiltà lontane.

Naqa è il simbolo perfetto della capacità del regno meroitico di assimilare e reinterpretare elementi culturali diversi, creando un’identità artistica e religiosa profondamente originale.

Meroe: il fascino senza tempo delle piramidi nubiane

Il culmine del viaggio nel Sudan archeologico è Meroe, antica capitale del regno e sede delle celebri piramidi del Sudan. Un tempo se ne contavano circa 200, oggi ne restano decine, più piccole e appuntite rispetto a quelle egiziane, ma non meno imponenti. Queste piramidi erano le tombe dei re e delle regine madri di Meroe, le celebri “Candace“, e risalgono fino al III o IV secolo a.C..

Ciò che rende Meroe unica è l’atmosfera che vi si respira: nessun biglietto d’ingresso, nessun venditore ambulante, solo il silenzio del deserto e la maestosità delle strutture, molte delle quali restaurate con antiche tecniche tradizionali.

Meroe, antica città del Sudan, e le sue piramidi

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Piramidi di Meroe

Le piramidi, con anticamere simili a cappelle orientate a est, sono il simbolo di un rituale funebre sofisticato. Al tramonto, il complesso si tinge di colori caldi e intensi, regalando uno spettacolo indimenticabile.

È proprio in questo sito che venne scoperto il tesoro della regina Amanishakheto, il più prezioso lascito della civiltà meroitica, sebbene il ritrovamento abbia comportato la profanazione della sua tomba.

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Piramidi di Giza: il mistero eterno scolpito nella pietra

Le Piramidi di Giza sono enigmi scolpiti nella pietra, capolavori dell’ingegno umano e simboli dell’eternità. Risalenti a oltre 4.500 anni fa, nacquero come tombe monumentali per i faraoni dell’Antico Regno e, a distanza di millenni, non hanno mai smesso di incantare: hanno resistito al tempo, alle sabbie, alle invasioni e hanno continuato a interrogare, a stupire, a ispirare.

Tra tutte le meraviglie costruite dall’uomo, sono sopravvissute fino a noi tra le Sette Meraviglie del Mondo Antico. E ancora oggi, guardandole da lontano, si ha la sensazione che possano svelare, da un momento all’altro, qualche verità dimenticata.

Dove si trovano le Piramidi di Giza

Contrariamente a quanto si possa credere, le Piramidi non sorgono al Cairo ma si trovano nella città di Giza, capoluogo dell’omonimo governatorato egiziano, a circa venti chilometri dal centro della capitale. Percorrendo Al Haram Street, l’orizzonte muta all’improvviso: il caos lascia spazio al deserto, e dal nulla si ergono, maestose e silenziose, le sentinelle dell’antichità.

La distanza dal centro del Cairo è breve, ma il viaggio ha qualcosa di epico, quasi fosse un pellegrinaggio. Basta mezz’ora (o poco più, a seconda del traffico) per passare dalla modernità rumorosa delle metropoli al silenzio millenario del deserto.

Cosa vedere: tra piramidi, templi e la Sfinge

La misteriosa Sfinge di Giza

Fonte: iStock

L’enigmatica Sfinge di Giza

Al centro del complesso di Giza spiccano le tre grandi piramidi: Cheope, Chefren e Micerino.

La Piramide di Cheope, conosciuta anche come la Grande Piramide, è la più alta e la più antica. Un tempo superava i 147 metri d’altezza, anche se oggi, a causa dell’erosione, ne misura circa 137. Ogni lato della base si estende per quasi 230 metri e l’intero monumento fu costruito con oltre due milioni di blocchi di pietra. Davanti a tanta perfezione, ancora oggi si resta senza parole e viene spontaneo domandarsi: “Com’è stato possibile? Chi erano davvero gli artefici di una simile opera?

Accanto, la Piramide di Chefren sembra leggermente più alta, ma è solo un’illusione ottica dovuta alla diversa posizione del terreno. È l’unica a conservare ancora sulla cima una parte del rivestimento originario in calcare bianco di Tura, che un tempo ricopriva tutte le piramidi, facendole brillare al sole come immense lanterne di pietra.

La Piramide di Micerino, la più piccola delle tre, non ha nulla da invidiare alle sorelle maggiori in quanto a fascino. Alta 66 metri, presenta una base quadrata di circa cento metri per lato. È come una gemma discreta incastonata tra giganti, ma la sua raffinatezza architettonica e le proporzioni armoniose la rendono una presenza inconfondibile.

Tutt’attorno, la necropoli si estende si fanno ammirare le piramidi delle regine, destinate alle mogli e figlie dei faraoni, molto più piccole ma altrettanto significative. Racchiudono dipinti, iscrizioni, simboli religiosi che parlano della vita ultraterrena, del passaggio dall’esistenza terrena a quella divina. Si susseguono, poi, tombe di dignitari, sacerdoti e nobili, ciascuna con la propria storia incisa nella pietra.

E poi ecco la Sfinge. Impossibile non sentirne l’aura enigmatica ancora prima di avvistarla. Nei pressi della piramide di Chefren, tale scultura colossale scolpita in un unico blocco di pietra rappresenta un leone con volto umano. È l’essenza stessa del mistero egizio. Qual era il suo vero scopo? Era davvero un guardiano della necropoli o un’immagine del faraone divinizzato? Nessuno ha ancora saputo rispondere con certezza. Forse, è proprio questo che la rende immortale.

Curiosità e misteri: tra mito, ingegno e uomini

Le Piramidi di Giza sono uno dei simboli più esplorati e studiati della Storia, ma proprio per questo, anche uno dei più carichi di leggende. Nonostante la loro fama, molti dettagli sulla loro costruzione rimangono oscuri, e alimentano un fitto sottobosco di teorie, spesso bizzarre, a volte affascinanti.

Ciò che pare certo, però, è che non furono costruite da schiavi, come per lungo tempo si è creduto. Le recenti scoperte archeologiche hanno ribaltato la narrazione. Gli operai che lavorarono alle piramidi erano artigiani altamente qualificati, organizzati in squadre e ben nutriti. Nei pressi della necropoli sono stati trovati resti di interi villaggi a loro destinati: abitazioni, panetterie, birrifici e perfino rudimentali ambulatori medici. Un vero e proprio sistema produttivo, moderno nella sua organizzazione, che parla di una civiltà davvero avanzata.

Un’altra curiosità riguarda Talete di Mileto, filosofo e scienziato greco, che secondo la tradizione fu il primo a misurare l’altezza della Grande Piramide. Non usò strumenti sofisticati, ma osservò le ombre proiettate dal sole, servendosi di una corda per calcolare proporzioni e lunghezze. Un gesto semplice, eppure rivoluzionario, che univa osservazione della natura e logica matematica in un tempo in cui la scienza era un sogno nascente.

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Anche l’Italia ha le sue piramidi: si trovano in Trentino

Sono pinnacoli che si innalzano verso il cielo, alti fino a 20 metri, impressionanti e bellissimi, sembrano il frutto del lavoro di un artista molto creativo, ma – come spesso accade nel mondo – a dare vita a queste piramidi di terra è stata la natura, che ne ha cesellato la forma nel corso dei secoli.

Sono davvero rare e sono uno spettacolo in cui ci si può imbattere anche in Italia, in Trentino dove le Piramidi di Segonzano sono una delle attrazioni che si possono ammirare nell’omonimo comune che si trova nella Valle di Cembra.

Tutto quello che c’è da sapere su questa meraviglia a cui ha dato vita la natura, con migliaia di anni di lavoro e che oggi rappresentano un sito dall’importante valore didattico, storico e culturale.

Piramidi di Segonzano, le sculture che si possono ammirare in Trentino

C’è un posto nel nord dell’Italia dove la natura ha creato uno dei suoi innumerevoli capolavori. Siamo in Trentino e, più precisamente, a Segonzano in provincia di Trento.

Un luogo non solo di grande bellezza, ma anche dalla storia antica: si presume, infatti, che questa zona fosse abitata già dal Neolitico. Non mancano resti di diverse epoche, location sorprendenti e queste bellissime “sculture” che sono state plasmate dalla natura, ovvero le Piramidi di Segonzano. Pare che la loro formazione possa essere fatta risalire a circa 50mila anni fa e che si siano create a causa dell’erosione dei ghiacciai dell’Alviso. L’acqua, poi, ha fatto la sua parte erodendo il deposito morenico e plasmando queste piramidi di terra che tanto affascinano. Sopra la loro punta in genere vi è un sasso di porfido e hanno un colore che tende all’oro.

Per la loro peculiare forma sono state paragonate a giganti con cappelli, tanto che vengono chiamate anche omeni da tera, dal momento che sembrano ricordare una forma umana. Un’altra particolarità deriva da fatto che non sono tutte simili: ci sono quelle a punta, ma anche quelle a cresta.

Il risultato è uno spettacolo che lascia senza fiato, che si può visitare grazie a dei sentieri di diversa lunghezza: il più breve copre una distanza di 1,7 chilometri, diversamente si può optare per un altro percorso che si snoda per 3,9 chilometri, altri invece sono più lunghi

Per visitare l’area si deve pagare un biglietto in genere nel periodo che va dal mese di aprile a quello di settembre, mentre negli altri mesi la visita è libera e gratuita. Le tariffe sono di 3 euro per il biglietto intero, cifra che scende in caso di ridotto, di giovani e di scolaresche.

Piramidi di terra in Trentino

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Alla scoperta delle Piramidi di terra in Trentino

La leggenda delle Piramidi di Segonzano: un luogo intriso di magia

Come ogni posto che trasuda bellezza – e ce ne sono davvero tanti sia in Europa che nel mondo – anche le Piramidi di Segonzano hanno la loro leggenda, affascinante e capace di lasciare un insegnamento.

Si dice che nel passato, infatti, in una foresta della Val di Cembra ci fossero dei folletti e che questi non fossero rispettosi nei confronti della natura, infatti il loro obiettivo sarebbe stato solamente quello di divertirsi. Per questa ragione sarebbero stati pietrificati e trasformati in queste suggestive colonne di terra che sembrano uomini.

Una leggenda affascinante, per un luogo dalla bellezza che lascia senza fiato: uno di quei posti nel mondo che vale la pena scoprire per vedere quanto straordinaria possa essere la creatività della natura.

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Zamalek, cosa fare nel quartiere cosmopolita del Cairo

Conosci il quartiere cosmopolita de Il Cairo, Zamalek? La Capitale dell’Egitto è magnifica sotto molti punti di vista: una città caotica, dove passato e presente si incontrano per raccontare la storia, con uno sguardo rivolto al futuro. Qua il Nilo scorre placido, ed è persino possibile fermarsi a osservare l’unica Meraviglia del Mondo Antico in condizioni perfette ovvero la Necropoli di Giza). Tra una visita alle piramidi e un tuffo nella cultura egiziana, non puoi perderti Zamalek, il quartiere cosmopolita: ecco cosa fare.

Zamalek a Il Cairo, le attività da fare

Zamalek è una zona indubbiamente privilegiata de Il Cairo, con numerose attrazioni nei dintorni, ideale per fare una passeggiata, o semplicemente per vedere le aree verdi, prenotare persino dei percorsi benessere. Un susseguirsi di case, di boutique, di parchi, di giardini e anche musei.

Giardino della grotta sommersa

Un parco tranquillo con grotte sotterranee che è stato fondato nel 1867: un punto di ritrovo per le coppie, usato persino come set cinematografico, il cui design è ispirato ai giardini italiani. Questa oasi verde è un punto di ritrovo per allontanarsi dalla città frenetica. Durante il weekend, è piuttosto trafficato.

Cairo Tower

Salire sulla Torre del Cairo è una di quelle esperienze imperdibili che non possiamo non suggerirti di fare. Una icona moderna della Capitale dell’Egitto, che si trova esattamente nel quartiere di Zamalek: è alta 187 metri e per 10 anni è stata la torre più alta in Africa. La piattaforma di osservazione circolare a 360 gradi permette di godere di una vista privilegiata della città.

Teatro dell’Opera del Cairo

Immancabile una visita al Teatro dell’Opera del Cairo, struttura polifunzionale che fa parte del Cairo’s National Cultural Centre. Si trova esattamente nella parte meridionale dell’Isola di Gezira nel fiume Nilo, nel quartiere di Zamalek. La Sala Piccola, in particolar modo, è un’alternativa ai balletti e all’opera: i biglietti non sono molto costosi e l’ambiente è intimo e suggestivo.

Aperitivo con vista panoramica sul Nilo

Chi di noi, leggendo la storia dell’Antico Egitto, non ha mai sognato di visitare questo luogo meraviglioso? Possiamo addirittura sorseggiare un cocktail e ascoltare musica in un punto privilegiato, ovvero con vista sul Nilo.

Palazzo Aisha Fahmy

Il Palazzo Aisha Fahmy de Il Cairo è nel quartiere di Zamalek ed è stato riaperto di recente dopo anni di ristrutturazione (dal 2005 al 2015). Comprende ben 30 stanze, due sale, ed è impossibile non lasciarsi conquistare dalle decorazioni e dagli affreschi, così come dalle iscrizioni giapponesi.

Shopping di antiquariato

Zamalek è un quartiere cosmopolita, vivo, in cui è davvero difficile non soffermarsi nelle boutique e nei negozi di antiquariato. Il consiglio che ti diamo è di perderti tra le vie di Zamalek, di prenderti i tuoi tempi, di fermarti nei vari negozietti di antiquariato, dove puoi persino trovare souvenir da riuscire a mettere in valigia, come vecchie stampe, ninnoli, giornali d’epoca. Tra tutti, da segnare Noubi e Nostalgia Art Gallery. E alla fine, dopo un po’ di shopping… ti suggeriamo di fermarti in uno dei vecchi cafè del luogo, tra divani con cuscini ricamati e specialità egiziane.

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Scoperto il più grande osservatorio astronomico dell’antico Egitto

Se è vero che il popolo Egizio veniva da un altro pianeta, la nuova scoperta non fa altro che confutare sempre più questa teoria. La loro conoscenza sovrannaturale, il loro forte legame con astrologia e l’universo, dimostrata nella realizzazione delle piramidi ma anche di tutto ciò che hanno costruito nei secoli del loro antico regno, oggi ha una prova in più.

È di pochi giorni fa il ritrovamento di un sito incredibile che altro non è se non un osservatorio astronomico. A dire del ministero del Turismo e delle antichità egiziano sarebbe addirittura il più grande mai rinvenuto in Egitto. Secondo gli archeologi serva per misurare i movimenti del Sole e delle stelle. Il direttore generale del consiglio superiore delle antichità dell’Egitto, Mohammad Ismail, ha sottolineato che ciò che è stato scoperto “conferma l’ingegno e le capacità degli antichi Egizi nel campo dell’astronomia fin dai tempi più remoti”.

Il più grande osservatorio astronomico dell’antico Egitto

Risalente al VI secolo a.C., il grande osservatorio astronomico si troverebbe all’interno del perimetro del Tempio dei Faraoni a Kafr el-Sheikh, nel Nord del Paese, dove erano in corso alcuni scavi. Comprenderebbe una decina di ambienti, con cinque grandi stanze, quattro più piccole e un corridoio con pareti dipinte di giallo e i resti di una decorazione blu, dove sono stati rinvenuti anche degli oggetti impiegati per la misurazione, come un particolare tipo di meridiana che serviva per misurare lo spostamento del Sole, e una torre di osservazione. L’area comprendeva una superficie di ben 850 metri quadrati.

L’ingresso dell’osservatorio, di cui resta ancora parecchio fatto di mattoni e fango, si trova in direzione Est, dove sorge il Sole, e si apre su un edificio a forma di “L” dove si osservano ancora alcuni pilastri di sostegno. Di fonte si trova una enorme parete di mattoni pendente verso l’interno. Secondo gli archeologi qui venivano osservate e trascritte tutte le informazioni relative ai movimenti del Sole, inclusa l’inclinazione ora dopo ora e la sua ombra.

“Gli Egizi erano tra i più esperti astronomi dell’antichità”, hanno osservato gli esperti in seguito alla nuova scoperta. “È proprio nell’antico Egitto che è nato il calendario di 365 giorni che usiamo ancora oggi. Questo popolo riuscì a mappare la volta cleste, aveva le proprie costellazioni e l’oroscopo”. La scoperta dell’osservatorio rappresenta un contributo significativo alla comprensione odierna dell’astronomia e della scienza degli antichi Egizi. Secondo il ministereo del Turismo e delle anticihtà si tratta di “uno dei più precisi strumenti di misurazione del tempo dei tempi antichi”.

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Siwa, una delle oasi più straordinarie d’Egitto

L’Egitto è una delle destinazioni più popolari del Nord dell’Africa: ha tante attrazioni e paesaggi variegati, che spaziano dalle spiagge dorate lambite dal mare azzurrissimo alle dune di sabbia del deserto dove scoprire le antiche e mistiche Piramidi. Alcuni degli angoli più sorprendenti del paesaggio di questa nazione, però, sono le oasi.

L’Oasi di Siwa, è una vera gemma nascosta nel cuore del deserto occidentale dell’Egitto, un luogo incantevole che ammalia i viaggiatori con la sua bellezza naturale e la sua ricca storia. Situata a circa 50 chilometri dal confine con la Libia, Siwa è un’oasi remota e un po’ difficile da raggiungere, ma che vale la pena di vedere per l’esperienza unica e autentica che offre ai viaggiatori.

Dove si trova l’Oasi di Siwa e come raggiungerla

L’Oasi di Siwa si trova nel Governatorato di Matrouh, nel nord-ovest dell’Egitto, a circa 560 chilometri dal Cairo. Circondata da palmeti lussureggianti e sorgenti d’acqua termale, Siwa è famosa per la sua atmosfera paradisiaca e la sua autenticità.

Il periodo migliore per visitare l’Oasi di Siwa è durante l’autunno e la primavera, quando le temperature sono più miti, poiché durante l’estate il caldo nel deserto egiziano può risultare davvero eccessivo.

Lago salato, Oasi di Siwa

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Il lago salato nell’Oasi di Siwa

Ma come raggiungere questa splendida oasi? Il modo ideale per arrivare a Siwa, è prendere un autobus da Il Cairo o Alessandria, oppure optare per un viaggio in auto, in pieno stile on the road. Siwa è anche accessibile tramite voli da Il Cairo all’aeroporto di Marsa Matrouh, da cui è poi possibile prendere un taxi o un autobus diretto all’oasi.

Cosa fare a Siwa e nei dintorni

Posta tra la depressione di Qattara e il Grande Mare di Sabbia, l’oasi di Siwa dista circa 600 km dalla capitale egizia, motivo per cui dirigersi lì in auto richiederà almeno 8-9 ore di guida. Eppure, come già accennato, Siwa è una delle oasi più particolari in Egitto: qui è possibile immergersi nell’atmosfera più autentica del luogo, andando alla scoperta di villaggi beduini e non solo.

La prima tappa è sicuramente quella alla Fortezza di Shali, centro nevralgico dell’antica storia di Siwa: oggi ancora domina il paesaggio, con le sue costruzioni in argilla e sale.

Ma non solo. In questa zona, infatti, è possibile anche fare un’escursione a due grandi laghi salati, il Siwan e il lago El-Zeitoun. Questa zona, inoltre, è particolarmente nota per la presenza del Tempio di Alessandro Magno, anche conosciuto con il nome di Tempio dell’Oracolo.

Fortezza di Shali

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La maestosa Fortezza di Shali

L’area che comprende l’oasi è vasta, ha una lunghezza di 80 km e una larghezza di circa 20 km e conta pressappoco 7.000 abitanti: tra questi, vi sono tribù originarie della Libia e della Tunisia, che parlano una lingua locale nota come Amazighi. La vita nell’oasi scorre lenta: la popolazione principalmente si occupa di attività agricole, come la coltura dei datteri e delle olive.

Gli amanti del relax saranno felici di sapere che nell’oasi di Siwa è possibile anche scoprire sorgenti di acqua calda rigenerative: ad esempio, la sorgente di Cleopatra, Bir Wahed e quelle che hanno origine dal monte Dakrour.

Tra le attività più belle da fare nei dintorni dell’oasi c’è quella di andare alla scoperta di Fitnas Island: ammirare il tramonto e i fenicotteri rosa sorseggiando un tè Siwan tradizionale, aromatizzato da foglie di limone, è un’esperienza da non perdere.

Per i più adrenalinici, invece, da non mancare è l’esperienza al Siwa Oasis Desert Safari: salite a bordo di una jeep 4×4 e avventuratevi nel Grande Mare di Sabbia per un po’ di sandboarding sulle dune.

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Egitto, una nuova scoperta fa luce sulla costruzione delle piramidi

L’Egitto è una terra affascinante e gran parte del suo charme lo deve alle magnifiche, possenti e misteriosi piramidi. Infatti, le piramidi sono da sempre un mistero per via della loro forma geometrica perfetta, della loro immensità e delle curiosità circa la loro costruzione. Tantissimi sono gli studi e le ricerche al riguardo: come è possibile che in un’epoca in cui la manovalanza non disponeva degli aiuti degli strumenti più tecnologici e avanzati, si siano potute costruire delle strutture così possenti e perfette?

Ecco perché ancora oggi si producono ricerche, documentari e saggi sulle piramidi egizie. Non a caso, infatti, gli studi sulla origine e sul modo in cui le piramidi siano state costruite continuano ancora ed è così che possiamo parlare di una nuova scoperta al riguardo: l’ultimo studio pubblicato il 5 agosto 2024 sulla rivista Plos One di Xavier Landreau ha rivelato ulteriori dettagli sul modo in cui sia stato possibile far fluire l’acqua nei pozzi posti dentro la Piramide di Djoser, acqua che è servita al trasporto dei blocchi di costruzione della stessa piramide.

La Piramide di Djoser e la scoperta francese

Xavier Landreau, ricercatore dell’Istituto CEA Paleotechnic in Francia e il suo team hanno raccontato al mondo sulla rivista Plos One la loro nuova scoperta: uno studio ben accurato, infatti, sembrerebbe fare chiarezza, finalmente, sul modo in cui l’acqua sia stata fatta fluire all’interno dei due imponenti pozzi posti nella Piramide di Djoser.

Piramide di Djoser, Saqqara

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Vista sulla Piramide di Djoser a Saqqara

Secondo questo studio, infatti, questi due pozzi di acqua servivano a far sì che questa potesse far alzare e poi abbassare un galleggiante utile al trasporto dei blocchi per la costruzione della piramide.

Alla base della loro teoria, dunque, ci sarebbe l’utilizzo di un sistema idraulico realizzato sapientemente all’interno della piramide stessa. I ricercatori hanno individuato ben due pozzi verticali all’interno della struttura piramidale, che potrebbero essere stati sfruttati per far fluire l’acqua: a supporto di questa ipotesi, comunque plausibile, il team di studiosi ha anche esaminato una struttura proprio adiacente alla Piramide di Djoser, la recinzione di Gisr el-Mudir. Il cosiddetto “Grande Recinto” è una costruzione, in passato misteriosa e poco compresa dalla scienza, che forse è servita nei lavori di costruzione della Piramide di Djoser come una sorta di diga. In questo modo, la diga avrebbe contenuto l’acqua e i sedimenti provenienti dalle fonti idriche più vicine per far poi confluire l’acqua, una volta purificata dai vari detriti, all’interno dei pozzi nella piramide.

Inoltre, i ricercatori hanno anche portato alla luce molteplici scomparti scavati all’interno del terreno esterno alla piramide, che forse all’epoca potrebbero essere stati costruiti come impianto di trattamento dell’acqua. Qui, i sedimenti si sarebbero depositati man mano che l’acqua fluiva lungo i diversi comparti, prima di essere convogliata priva di impurità all’interno dei pozzi della struttura.

Questa scoperta fa nuova luce sui metodi ingegneristici di cui si sono serviti gli antichi egizi per costruire una delle più stupefacenti meraviglie del mondo, nonché dimostra che gli egizi erano già in grado di utilizzare nell’antichità alcune tecnologie idrauliche che anche oggi sembrano più che avanzate.

Qual è la Piramide di Djoser

La Piramide di Djoser è ritenuta la più antica e la più maestosa dell’area della necropoli di Saqqara: questa imponente piramide rappresenta infatti un’importante pietra miliare nell’evoluzione dell’architettura funeraria egizia. Costruita durante la III dinastia per il faraone Djoser, la monumentale struttura è stata progettata dall’architetto Imhotep, che l’ha resa famosa per la sua innovazione e la grandiosità.

La piramide si distingue per essere la prima in pietra a gradoni della storia egizia e la sua struttura ha infatti posto le basi per le future piramidi che hanno poi caratterizzato il paesaggio delle necropoli egizie. La sua forma a gradoni, simboleggiante la scala che il faraone doveva salire per raggiungere il cielo e unirsi agli dei, riflette le credenze spirituali dell’antico Egitto. Imhotep, inoltre, introdusse anche gallerie sotterranee e corridoi nel complesso funerario, aprendo la strada a nuove tecniche architettoniche che si sarebbero evolute nelle piramidi successive.