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La necropoli di Himera torna alla luce: la scoperta grazie ai lavori ferroviari

Ci sono numerose regioni in Italia dove, scavando, si ha quasi sempre la certezza di trovare qualcosa del nostro passato. È il caso della Sicilia dove il suo patrimonio storico, tra vestigia greche e siti archeologici, è considerato uno dei più preziosi del nostro Paese. E infatti, proprio durante i lavori di raddoppio della tratta Fiumetorto-Ogliastrillo, parte del potenziamento della linea ferroviaria Palermo-Messina, la società del Gruppo FS, Rete Ferroviaria Italiana, con il supporto di Italferr, ha riportato alla luce la necropoli greca di Himera, la più grande sul suolo siciliano.

Un tesoro nascosto che, finalmente, verrà restituito al pubblico il quale potrà ammirarlo visitando una mostra aperta dal 10 giugno al 10 novembre intitolata “Himera dagli alti dirupi. Un viaggio nella necropoli svelata dal raddoppio ferroviario”.

Il ritrovamento della necropoli greca di Himera

Non stupisce che, durante le operazioni di scavo affidate dal Gruppo FS a Rete Ferroviaria Italiana, con il supporto tecnico-scientifico di Italferr, sia stata fatta una scoperta unica per la Sicilia. Stiamo parlando della necropoli appartenuta alla città greca di Himera, fondata nel 648 a.C. dai coloni greci sulla piana costiera di Buonfornello.

La sua posizione privilegiata le permetteva di fare scambi commerciali facili e veloci, divenendo ben presto un’importante via di collegamento della Sicilia centrale. Dopo anni di prosperità e relativa pace, Himera fu attaccata dai cartaginesi nel 480 a.C. e poi definitivamente distrutta nel 408 a.C. da Annibale.

Si tratta di un sito noto agli archeologi, anche se finora non aveva ancora restituito un patrimonio così esteso, ma soprattutto ben conservato. Durante i lavori di raddoppio della tratta Fiumetorto-Ogliastrillo, infatti, sono state ritrovate oltre 10.000 sepolture. Un’équipe multidisciplinare, composta da archeologi, antropologi, disegnatori, restauratori e tecnici, ha lavorato sul campo per oltre due anni, documentando, restaurando e catalogando ogni singolo reperto.

Il risultato di questo minuzioso lavoro ha dato vita a un enorme archivio digitale fatto di immagini, rilievi, dati e disegni e, finalmente, a una mostra accessibile al pubblico.

La mostra dedicata alla necropoli di Himera

Durante le attività di archeologia preventiva svolte durante i lavori per il raddoppio ferroviario tra il 2008 e il 2011 è stato riportato alla luce un eccezionale patrimonio legato all’antica città greca di Himera. Dal 10 giugno al 10 novembre 2025, potrete ammirarlo presso la stazione di Palermo grazie alla mostra “Himera dagli alti dirupi. Un viaggio nella necropoli svelata dal raddoppio ferroviario”. L’esposizione è stata allestita nella Sala Reale e nella sala adiacente ed è accessibile gratuitamente.

Oltre 9.500 tombe e più di 20.000 reperti restituiti alla collettività testimoniano l’importanza scientifica e culturale dell’intervento. Qui potrete ammirare urne, gioielli, armi, oggetti di uso quotidiano, resti umani e animali.

Tra questi, anche le tombe dei soldati e dei cittadini caduti nella sanguinosa distruzione della colonia da parte dei Cartaginesi nel 409 a.C., ossia l’evento che segnò la fine della città. Gli archeologi, durante gli scavi, hanno trovato anche i resti dei cavalli utilizzati in battaglia e numerose armi.

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Un team di archeologi ha scoperto un sarcofago rarissimo, unico nel suo genere

Quando gli archeologi Nohar Shahar e Shani Amit hanno cominciato gli scavi ad aprile, sapevano che avrebbero trovato qualcosa, ma non si aspettavano una scoperta così incredibile. Nel corso di uno scavo diretto dall’Autorità Israeliana per le Antichità, insieme alla Caesarea Development Corporation presso Cesarea, una città famosa per il suo porto antico e l’anfiteatro romano, è stato rivelato un raro sarcofago.

Il team, come ha dichiarato durante un’intervista, si è sentito come in un film: “Stavamo iniziando a rimuovere la sabbia soffice e leggera della duna quando improvvisamente è spuntata la punta di un oggetto in marmo. L’intera squadra di scavo si è radunata eccitata e, man mano che toglievamo altra sabbia, non potevamo credere a ciò che stavamo vedendo: parti di un sarcofago, sul quale erano scolpite figure, divinità, animali e alberi. Ogni frammento scoperto era più impressionante del precedente.”

La scoperta del raro sarcofago a Cesarea

In una calda giornata di aprile, il team di archeologici diretto da Nohar Shahar e Shani Amit stava rimuovendo con cautela la sabbia da un’area di scavo quando, improvvisamente, proprio al termine dell’intervento, vedono spuntare un oggetto in marmo. Era la prima sezione di un raro sarcofago raffigurante una scena mitologica: Ercole sdraiato su una pelle di leone, con un calice in mano, chiaramente ubriaco di vino. Un dettaglio che suggerisce la vittoria di Dioniso.

Siamo a Cesarea, sulla costa mediterranea di Israele, in quella che fu un’importante città portuale costruita da Erode il Grande nel primo secolo a.C. e così chiamata in onore dell’imperatore romano Augusto. Essendo un centro culturale ed economico dei periodi romano e bizantino, la città è ricca di tesori archeologici, da acquedotti e anfiteatri a elaborati mosaici e statue di marmo.

Dopo aver trovato il sarcofago, i ricercatori hanno svolto minuziosi lavori di restauro svelando un dinamico tableau incentrato su Dioniso, circondato da un corteo di figure mitologiche come menadi, satiri, Hermes, Pan, leoni e tigri, tutti raffigurati in celebrazione, forse a simboleggiare il viaggio del defunto nell’aldilà.

Sarcofago trovato a Israele con raffigurazioni mitologiche

Fonte: Israel Antiquities Authority

Il corteo di figure mitologiche rappresentato sul sarcofago

Perché si tratta di una scoperta incredibile

In base alle dichiarazioni del team di archeologici, il sarcofago risalirebbe al II o III secolo d.C. e rappresenterebbe una rarità perché mostra una raffigurazione unica di una gara di bevute tra Dioniso, il dio del vino, ed Ercole. Come hanno dichiarato i ricercatori: “Sebbene le processioni dionisiache siano un motivo comune sui sarcofagi del II e III secolo d.C., questa particolare ‘gara di bevute’ è tipicamente conosciuta dai mosaici, come quelli di Zippori e Antiochia. Qui, le figure sembrano accompagnare il defunto nel suo ultimo viaggio, una celebrazione del trapasso, dove bere e danzare simboleggiano la liberazione e il passaggio alla vita successiva. È una prospettiva rara e che fa riflettere sulla morte, non come una fine, ma come l’inizio di un nuovo viaggio.”

Si tratta di una scoperta straordinaria perché ci offre uno sguardo su come la vita e la fede fossero percepite nel mondo romano. La storia del sarcofago verrà condivisa nel dettaglio durante la conferenza “The Feast” (Il Banchetto) il 12 giugno, presso l’Eretz Israel Museum di Tel Aviv.

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Cosa vedere in Sicilia occidentale tra templi, borghi e mare favoloso

La Sicilia occidentale è un invito a rallentare, un viaggio che si snoda tra borghi antichi e templi imponenti, tra spiagge lambite da un mare trasparente e sentieri immersi nella natura mediterranea, tra sapori intensi e leggende che sembrano non essersi mai interrotte. Non basta passarci, occorre viverla poiché la sua anima si rivela a chi ha il tempo di fermarsi, di ascoltare il vento tra gli ulivi, di perdersi tra le rovine e i colori del paesaggio.

È una meta perfetta per chi ama l’archeologia e la storia classica, ma anche per chi cerca il silenzio delle riserve naturali, l’energia della street art e la gioia di un piatto condiviso in una piazza assolata. Scopriamo insieme cosa vedere in Sicilia occidentale, dove ogni tappa è un salto tra epoche e orizzonti differenti.

Selinunte, dove il tempo si misura in colonne

Pochi luoghi sanno raccontare la grandezza della civiltà greca come Selinunte, antica città fondata nel VII secolo a.C. e oggi tra i più importanti siti archeologici d’Europa. Il parco si estende su una superficie vastissima, affacciata sul mare, dove templi, acropoli e necropoli convivono in un equilibrio silenzioso, quasi sacrale.

Il Tempio di Hera, con le colonne che sfidano il tempo, sembra vegliare su tutto il sito. Camminare le rovine significa conoscere una narrazione antica, che prende vita tra la pietra chiara e il profumo del mare, ed entrare in dialogo con la storia e la potenza architettonica di un’epoca che ha saputo costruire l’eternità.

Erice, nebbia, pietra e leggenda

Arroccata su un monte, il borgo di Erice si svela poco a poco, spesso avvolta in una nebbia leggera che le conferisce un fascino misterioso. Le sue origini si perdono tra i Fenici e gli Elimi, e ogni scorcio rivela una storia antica, incisa nei vicoli acciottolati, nei portali medievali, nei cortili ombrosi.

Dalla cima del monte, lo sguardo abbraccia Trapani, le saline, le Egadi e, durante le giornate più limpide, perfino l’orizzonte africano. Il punto più suggestivo è il Castello di Venere, un tempo santuario dedicato alla dea dell’amore, oggi luogo perfetto per perdersi in panorami che lasciano senza fiato.

Riserva dello Zingaro, la natura che incanta

Tra Scopello e San Vito Lo Capo, si apre un tratto di costa che sembra rimasto intatto, immune al passare del tempo: è la Riserva dello Zingaro, un paradiso naturale dove la terra si tuffa nel mare tra profumi di mirto e fichi d’India. I sentieri che punteggiano la riserva donano vedute spettacolari e conducono a calette nascoste dove l’acqua ha sfumature irreali.

Qui si può camminare per ore, in silenzio, ascoltando solo il canto delle cicale e il fruscio del vento tra la vegetazione. Gli appassionati di snorkeling e immersioni trovano in queste acque trasparenti un vero tesoro: grotte marine, pesci variopinti, fondali che sembrano dipinti.

Marsala, il profumo del vino, il sapore del mare

Passeggiata e spiaggia a Marsala

Fonte: iStock

Meravigliosa passeggiata e spiaggia a Marsala

Affacciata sul Mar Mediterraneo, Marsala è una città elegante e solare, celebre in tutto il mondo per il suo vino omonimo. Ma dietro ogni bicchiere di Marsala si nasconde molto più di una tradizione enologica: infatti, vi è una storia millenaria che parte dai Fenici e attraversa secoli di dominazioni, scambi e contaminazioni culturali.

Le cantine storiche aprono le porte ai visitatori con percorsi tra botti di rovere, profumi intensi e racconti che sanno di terra, vendemmia e pazienza. Il centro storico, con le vie lastricate e i palazzi nobiliari, è un piccolo gioiello architettonico. E poi c’è la cucina: cous cous di pesce, cannoli, cassate e tutti i sapori che soltanto la Sicilia sa offrire.

Palermo, capoluogo dai mille volti

Capoluogo vivo, stratificato, caotico e meraviglioso, Palermo è una città che non si finisce mai di esplorare. Qui si cammina tra epoche e culture diverse: il Palazzo dei Normanni, la Cattedrale, la Martorana svelano il passaggio di bizantini, arabi, normanni, catalani. Ogni chiesa e ogni mosaico sono frammenti di un’identità complessa e affascinante.

Il barocco esplode nei Quattro Canti e nel fasto del Teatro Massimo, mentre la vita più autentica si respira nei mercati storici come Ballarò, dove i profumi dello street food si mescolano alle voci, ai colori, al ritmo palermitano. Per chi ama il lato più insolito, imperdibili le Catacombe dei Cappuccini, con oltre duemila corpi mummificati. E per chi sogna un tuffo rinfrescante, la Spiaggia di Mondello vanta sabbia dorata e acque limpide a pochi minuti dal centro città.

Favignana, il blu più intenso delle Egadi

Favignana è quel tipo di isola che si sogna durante i mesi invernali: acque trasparenti, scogli levigati, profumo di mare e silenzio. Appartiene all’arcipelago delle Egadi ed è una tappa da vivere con lentezza, senza l’assillo dell’auto (che, infatti, qui non è ammessa) e lasciando che siano le due ruote a guidare l’avventura. Una bicicletta e un po’ di tempo sono sufficienti per sentirsi parte di questo piccolo paradiso terrestre.

Chi desidera abbracciare l’isola da una prospettiva inedita può affidarsi a un’escursione in barca: ci si immerge tra grotte marine, baie nascoste e calette raggiungibili soltanto via mare. Per gli spiriti liberi, invece, la giornata comincia con un aliscafo da Trapani, prosegue con il noleggio di una bici e si apre alla scoperta.

La tappa irrinunciabile è Cala Rossa, un anfiteatro naturale di roccia e acqua turchese che toglie il fiato. Ma sono tante le soste che meritano: Cala Azzurra, Lido Burrone, Marasolo, Cala Monaci, e poi quelle calette senza nome, che si svelano solo a chi è disposto a perdersi un po’.

Scala dei Turchi, dove il bianco incontra l’azzurro

La spettacolare Scala dei Turchi in Sicilia

Fonte: iStock

La favolosa Scala dei Turchi

Scolpita dal vento e dalle onde, la Scala dei Turchi si erge come un’enorme scalinata naturale sul mare, nella costa agrigentina. Il suo bianco abbagliante, dovuto alla marna (una roccia calcarea e argillosa) contrasta in modo spettacolare con l’azzurro intenso del Mediterraneo, e crea un paesaggio che sembra appartenere a un’altra realtà.

Le forme ondulate, morbide, quasi disegnate a mano libera, invitano alla contemplazione più che alla conquista. Non è solo una meta balneare, ma un luogo incredibile, reso celebre da film, romanzi e fotografie. Fermarsi qui, al tramonto, vuol dire assistere a un gioco di luci e riflessi che cambia ogni giorno.

Salemi, la storia in ogni pietra

Incastonato nell’entroterra, Salemi è uno di quei borghi che sorprendono per autenticità e ricchezza culturale. Il nome stesso (“salām”, pace) rivela un’eredità araba che ancora oggi si respira nei vicoli e nei sapori. Non tutti sanno che fu proprio qui, nel 1860, che Garibaldi proclamò Salemi prima capitale d’Italia.

Il centro storico conserva il fascino di un passato stratificato: il castello normanno-svevo, la Chiesa Madre dai dettagli barocchi, ma anche tradizioni vive e partecipate. Una delle più suggestive è quella dei “Pani di San Giuseppe”, celebrati il 19 marzo: altari domestici, chiamati “Cene”, vengono allestiti con pani artistici dalle forme simboliche, tributo collettivo al santo e alla cultura contadina.

E poi c’è la gastronomia, con un prodotto che racconta il territorio più di ogni parola: la vastedda del Belice DOP, formaggio di pecora morbido, fresco, dalla forma unica. Insomma, si tratta di un viaggio nella storia, nella spiritualità e nel gusto.

Trapani, eleganza discreta sul mare

Spesso trascurata o considerata mera tappa di passaggio verso mete più note, Trapani merita invece uno sguardo più attento. La sua atmosfera raffinata, le chiese barocche, i palazzi eleganti e il suo affaccio suggestivo sul mare la rendono una città che sorprende chi ha voglia di conoscerla con calma.

Per respirarne il fascino, basta perdersi nel reticolo di viuzze del centro storico, lasciandosi guidare dalla luce che filtra tra i balconi in ferro battuto, dai profumi che arrivano dalle cucine di casa, dai richiami delle piccole botteghe.

E poi dirigersi verso il lungomare, dove il vento accarezza i bastioni e il mare si colora di sfumature rosa al tramonto. Trapani è una città gentile, silenziosa, ricca di scorci romantici e angoli dove fermarsi a guardare la vita che scorre a un ritmo più umano.

Come arrivare e come muoversi in Sicilia occidentale

Raggiungere la Sicilia occidentale non è complicato, e vi sono varie opzioni a seconda del tipo di viaggio che si desidera vivere. Il modo più veloce è l’aereo: gli aeroporti di Palermo Falcone-Borsellino e Trapani Birgi sono collegati con voli diretti da molte città italiane, soprattutto nella stagione estiva.

Per chi preferisce viaggiare con la propria auto, il traghetto è un’ottima soluzione. Si può partire dai porti di Genova, Napoli, Civitavecchia, viaggiando di notte e sbarcando comodamente al mattino nei porti di Palermo o Trapani.

Il treno è un’alternativa romantica, ideale per chi ama godersi il paesaggio. Grazie al servizio di traghetto ferroviario tra Villa San Giovanni e Messina, è possibile arrivare fino a Palermo anche senza dover salire su un aereo. I tempi sono più lunghi, certo, ma il viaggio diventa parte dell’esperienza.

Una volta sull’isola, l’auto resta il mezzo migliore per esplorare la Sicilia occidentale e permette di raggiungere anche i borghi più remoti, di fermarsi quando si vuole, di cambiare itinerario all’improvviso.

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Alla scoperta di Hvar, l’isola tra yacht, mojito e tramonti mozzafiato

Tra tutte le isole della Croazia, probabilmente Hvar è quella che si fa notare di più. Non solo per il mare che sembra finto o per i campi di lavanda che profumano l’aria d’estate, ma perché qui il Mediterraneo si mostra in versione patinata, quasi impertinente. Da queste parti, infatti, l’atmosfera ha qualcosa di molto più internazionale: yacht ormeggiati al porto, beach club che sembrano usciti da Ibiza, e un centro storico di pietra chiara che al tramonto si trasforma in una passerella.

Non vi sorprenderà quindi sapere che Hvar, nel corso degli anni, si è trasformata nella meta prediletta di chi cerca il mix perfetto tra natura e lusso, tra aperitivi in terrazza e calette raggiungibili solo via mare.

Dove si trova e come arrivare a Hvar

La particolarissima Hvar sorge nel cuore della Dalmazia centrale, in Croazia. Affacciata sul mar Adriatico, a sud di Spalato, è una delle isole più famose e soleggiate del Paese. Qui non c’è alcun aeroporto, per questo l’unico modo per arrivarci è via mare. La rotta più comune è: volo fino a Spalato (Split), che ha uno scalo internazionale ben collegato con le principali città italiane ed europee. Da lì occorre prendere un bus o un taxi che in circa 30-40 minuti conduce al porto, da dove poi salire su un traghetto o catamarano per Hvar.

In alta stagione, le corse sono frequenti e i biglietti si esauriscono in fretta, quindi meglio prenotare con anticipo. In alternativa, ci sono anche collegamenti marittimi da Dubrovnik, Makarska e da altre isole vicine come Korčula e Brač.

Cosa fare e vedere a Hvar

Hvar è un’isola quasi magnetica, in grado di ammaliare con la sua acqua trasparente, i tramonti infuocati e una vita notturna che poche isole del Mediterraneo possono permettersi. Contemporaneamente, basta uscire dai soliti giri per scoprire un lato più autentico, fatto di borghi in pietra, strade di lavanda e vecchie taverne nascoste.

Hvar Town, Croazia

Fonte: iStock

Veduta di Hvar Town

Perdersi tra le vie di Hvar Town

Il punto di partenza, e in un certo senso anche quello d’arrivo, è sempre lei: Hvar Town. È il cuore elegante dell’isola, dove tutto è curato, lucido, un po’ teatrale ma ancora vero. Ricca di vie in pietra chiara che riflettono la luce in modo quasi abbagliante, è puntellata di palazzi che ricordano che i veneziani qui hanno messo radici secoli fa.

La piazza principale, Santo Stefano, è maestosa e aperta verso il mare, piena di bar e ristoranti con prezzi non proprio amichevoli, ma sedersi lì anche solo per un espresso è un piccolo rito. La città è la classica località in cui vale la pena infilarsi nei vicoli in salita, sbucare nei cortili nascosti e cercare botteghe che vendono ancora lavanda vera, olio di oliva fatto in casa, o ceramiche fatte a mano.

Quando il sole comincia a calare, è il momento migliore per salire sulla Fortezza Spagnola (Tvrdava Španjola), da dove ammirare il porto, la città vecchia e le isolette di fronte che sembrano un dipinto. Poi arriva la notte, e Hvar Town cambia pelle. I bar si riempiono, la musica si alza, le terrazze si accendono di luci e cocktail e le barche in porto si trasformano in palcoscenici galleggianti.

Esplorare le Pakleni Islands

Proprio di fronte a Hvar Town c’è un piccolo arcipelago che conquista tutti: le Pakleni otoci. Dal nome impronunciabile e che in croato significa “isole infernali”, sono una manciata di isolette selvagge, coperte da pini profumati, senza strade né auto, con calette nascoste e un mare che più limpido non si può.

Il modo più semplice per arrivarci è con un taxi boat: 5-10 euro a tratta, partono spesso dal porto di Hvar Town. Le tappe da non perdere, invece, sono:

  • Palmizana: la spiaggia più famosa, con bar, ristoranti e qualche beach club chic. In alta stagione è presa d’assalto da turisti e yacht;
  • Mlini: la caletta più indicata per chi cerca pace e silenzio. Più spartana, nessun locale elegante, solo il rumore del mare e l’ombra dei pini;
  • Ždrilca e Vlaka: due calette nascoste che pochi conoscono. Qui il tempo sembra fermarsi, e si è circondati solo dal verde e dal mare.

Meglio portare con sé sempre acqua fresca, un po’ di frutta e qualcosa da sgranocchiare. I ristoranti ci sono, ma sono pochi e i prezzi lievitano.

Borghi, lavanda e silenzi

Appena lasciata alle spalle la frenesia e il glamour di Hvar Town, l’isola è in grado di mostrare il suo volto più autentico e tranquillo. Le strade si fanno strette, si arrampicano tra colline aride e si perdono in campi infiniti di lavanda — che in giugno e luglio esplodono in un profumo e un colore difficili da dimenticare. Qui il ritmo rallenta, e i borghi diventano piccoli rifugi di pietra, dove il tempo sembra essersi fermato.

Brusje è uno di questi. Minuscolo, quasi nascosto, con una vista sul mare che toglie il fiato e un silenzio irreale. Poi c’è Velo Grablje, famoso soprattutto per il festival della lavanda che si tiene a luglio, ma affascinante in ogni stagione. Da queste parti si può camminare tra i campi viola e respirare un’atmosfera di festa contadina.

Infine Stari Grad, il porto più datato di tutta l’isola e uno dei più antichi d’Europa. Da queste parti l’atmosfera è più rilassata, meno turistica. Il lungomare è perfetto per una passeggiata al tramonto, e i ristorantini che si susseguono tra i profili della costa offrono pesce fresco senza i prezzi esagerati di Hvar Town.

La grotta di Grapčeva

Diverse soddisfazioni le possono avere anche gli amanti dell’archeologia presso la grotta di Grapčeva, che in qualche modo offre un lato meno “da cartolina” di Hvar. Situata nell’entroterra, un po’ nascosta tra le colline, è uno dei siti preistorici più importanti dell’isola. In questa zona sono stati trovati resti di antichi insediamenti risalenti a migliaia di anni fa, e arrivarci è come rivivere un pezzo di storia che fa sentire piccoli di fronte al tempo.

Tendenzialmente non ci sono folle di turisti e nemmeno grandi infrastrutture. Anzi, la grotta è piuttosto spartana e un po’ selvaggia, proprio come piace a chi desidera l’autenticità. Necessarie sono delle scarpe comode e magari una torcia se si sceglie di esplorare bene gli angoli più nascosti.

Le spiagge più belle di Hvar

Fino a questo momento, vi abbiamo parlato soprattutto del lato festaiolo di Hvar, con i suoi locali glamour e gli yacht da sogno. Ma la verità è che dietro l’immagine da star dell’Adriatico c’è un’isola che sa regalare angoli di pura natura, dove il mare è limpido come uno specchio e la tranquillità è quasi tangibile. Le sue spiagge, spesso nascoste e raggiungibili solo con un po’ di fatica, sono veri paradisi per chi ama l’acqua cristallina, i ciottoli bianchi e i panorami che tolgono il fiato.

Dubovica Beach

Dubovica Beach è una sorta di posto imperdibile per chi visita Hvar. Situata a pochi chilometri da Hvar Town, è raggiungibile con una breve passeggiata o in macchina, anche se l’ultimo tratto è un po’ ripido e richiede attenzione. Si presenta come una baia piccola, raccolta e protetta da scogli e colline ricoperte di pini. Il fondo è di ciottoli bianchi, e l’acqua è di quelle che fa venire voglia di tuffarti all’istante.

Dubovica Beach, Croazia

Fonte: iStock

Veduta di Dubovica Beach

È consigliato arrivare presto, soprattutto in alta stagione, per godersi la spiaggia e il mare ancora calmo. I servizi sono limitati, ma se si desidera fare una pausa c’è un piccolo bar-ristorante che prepara piatti semplici ma gustosi.

Baia di Milna

La Baia di Milna è l’ideale per coloro che hanno bisogno di staccare la spina. Si presenta come un’insenatura di ciottoli bianchi, circondata da pini profumati e rocce che scendono dolcemente verso un mare trasparente. Facile da raggiungere in auto con una breve strada panoramica, oppure in barca, non presenta locali alla moda né folla di turisti.

Anche in questo caso, consigliamo di avere tutto il necessario per la giornata, perché Milna è più spartana e i servizi sono pochi o assenti.

Zaraće

Per Zaraće si intendono due piccole insenature che sembrano un segreto ben custodito dell’isola. Si raggiungono con una breve camminata da una strada poco frequentata o, ancora meglio, in barca, così da godersi il panorama e arrivare direttamente al mare.

Dall’acqua cristallina come in poche altre zone dell’isola, è un vero paradiso per chi ama lo snorkeling. Niente sabbia, ma rocce levigate e piccoli ciottoli, perfetti per tuffarsi e scoprire la vita sottomarina. Anche qui si può fuggire dalla folla e in cambio immergersi in una natura ancora intatta, lontano da bar e rumori. Maschera e boccaglio sono un must, magari pure qualche snack e acqua perché i servizi sono praticamente inesistenti.

Baia Pokonji Dol

C’è poi la Baia Pokonji Dol, con la sua spiaggia di ciottoli a due passi da Hvar Town. L’atmosfera è tranquilla e autentica, ed è anche uno di quegli angoli del Paese molto amati dai locali, che la raggiungono quando vogliono un posto in cui rilassarsi senza la ressa dei turisti.

Qui c’è qualche bar dove prendere una birra fresca o un caffè, e soprattutto un accesso diretto al mare grazie a cui tuffarsi subito senza dover camminare. L’acqua è trasparente mentre l’aria ha quel profumo di pini e salsedine che fa sentire subito in vacanza.

Baia di Lučišća

La Baia di Lučišća è la spiaggia di Sveta Nedjelja, sulla costa sud dell’isola, e si presenta come uno di quei posti che conquista al primo sguardo. Composta da un mix di sassi e piccoli tratti di sabbia, vanta un mare limpido che invita subito a fare un bagno. Ma non solo: è il punto di partenza ideale per esplorare le calette vicine in barca, scoprendo angoli nascosti e baie incantevoli lontane dalla folla.

Dopo una giornata in acqua, vale la pena fermarsi in uno dei ristorantini locali che servono pesce freschissimo, con prezzi decisamente più abbordabili rispetto a quelli del centro di Hvar. Lučišća è quella località che permette di unire mare cristallino, natura e buona cucina senza la frenesia del turismo di massa.

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La giungla del Guatemala sorprende ancora: scoperta un’antica città Maya

Nel cuore del dipartimento di Petén, nel nord del selvaggio Guatemala, gli archeologi hanno riportato alla luce un’antica città Maya risalente a quasi 3.000 anni fa. 

Il sito, chiamato Los Abuelos  (“i nonni” in spagnolo) sorge a poca distanza da Uaxactun, in un’area finora poco esplorata della giungla tropicale. Con le sue piramidi, i monumenti scolpiti e un sistema idraulico praticamente unico al mondo, questa scoperta non solo riscrive parte della storia della civiltà Maya, ma accende nuovi riflettori ancora oggi su una destinazione che affascina da sempre gli amanti dell’archeologia e dell’avventura. 

Un’occasione imperdibile, dunque, per i viaggiatori che sono costantemente alla ricerca di emozioni autentiche e di un passato ancora vivo nella pietra, secolo dopo secolo.

Una nuova spinta per il turismo in Guatemala

Los Abuelos, risalente al periodo Preclassico Medio (circa 800-500 a.C.), si estende per oltre 16 chilometri quadrati nel cuore verde del Petén, in realtà anche a breve distanza dal celebre sito di Tikal. Il ministero della cultura guatemalteco descrive la città come “uno dei più antichi e importanti centri cerimoniali” dell’intera civiltà Maya. L’architettura del sito in effetti impressiona al primo sguardo per la sua pianificazione, le sculture uniche e la presenza di una piramide alta ben 33 metri, decorata con murales del periodo Preclassico.

Per gli appassionati di viaggi culturali, questa scoperta rappresenta dunque la nascita di una nuova tappa obbligata. Visitare Los Abuelos, magari abbinandolo a un itinerario che include Uaxactun e Tikal, permette di vivere un viaggio immersivo nel passato, lontano dai circuiti turistici più battuti del Paese. È un’opportunità rara di ammirare i resti di un’antica metropoli cerimoniale ancora avvolta dal mistero della fitta giungla.

Los Abuelos e il “triangolo urbano perduto”

La scoperta di Los Abuelos, insieme ad altri due siti limitrofi, forma quello che gli studiosi hanno definito un triangolo urbano finora sconosciuto. 

Una configurazione che obbliga a riconsiderare l’organizzazione cerimoniale e politica del Petén preispanico. Al centro della città spiccano due enigmatiche sculture antropomorfe, un “vecchio” e una “vecchia”, che hanno dato il nome al sito e che, secondo gli esperti, potrebbero essere legate a culti ancestrali dedicati al culto dei defunti e degli spiriti guida.

Chi viaggia alla ricerca di significato e di cultura, oltre che di bellezza, troverà in questi ritrovamenti un invito irresistibile a esplorare non solo la geografia fisica del Guatemala, ma anche quella spirituale dei Maya. Un viaggio tra pietre millenarie, volti scolpiti e racconti dimenticati, in una terra dove ogni radice affonda nel mito. Un’avventura archeologica, certo, ma anche umana: fatta di memoria, di legami invisibili e di tracce lasciate da un popolo che continua a parlare (e a far parlare di sé, anche nel mondo cinematografico, ad esempio), silenziosamente, a chi sa ascoltare.

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Le spiagge di Zara, il viaggio estivo in Croazia che il cuore non dimentica

La si raggiunge con voli low cost stracciati anche in alta stagione e nel weekend: Zara è una delle località di mare della Croazia più apprezzate e con un centro storico di tutto rispetto sa lasciare il segno. Ma quali sono le spiagge più belle di Zara da scoprire? In città sono poche, eppure spostandosi di pochi chilometri si trovano veri e propri gioielli, alcuni raggiungibili in auto o bus altre in barca.

Dal relax sotto le pinete al divertimento tra beach bar e sport acquatici, ogni viaggiatore trova facilmente il suo angolo di paradiso. Se l’estate per te è sinonimo di libertà, luce e mare infinito, preparati a innamorarti di queste perle sulla costa.

Kolovare Beach

Cominciamo dalla più iconica, Kolovare beach. È la spiaggia di Zara che anche i local utilizzano per un tuffo ed è una delle più antiche. Si tratta di una distesa lunga di ciottoli con aree pavimentate e zone d’ombra tra pinete e parchi.

Ombreggiata ma anche soleggiata, dà accesso alla baia tramite scalette. L’acqua è davvero pulita e non mancano bar e ristoranti dove godersi un aperitivo. È l’opzione migliore per chi vuole fare un tuffo in città nelle ore più calde facendo una pausa dai monumenti. Un motivo in più per sceglierla? È gratuita.

Spiagge di Zara: Kolovare Beach

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Tra le spiagge in città a Zara spicca Kolovare Beach

Borik Beach

A circa 4 km dal centro, nella zona nord di Zara, Borik conquista tutti per il suo carattere vivace e dinamico. Fa parte di un complesso alberghiero ma è accessibile al pubblico con un piccolo contributo. Mixa ciottoli, una baia sabbiosa e piattaforme in cemento per stendersi al sole. È assolutamente top per chi ama l’azione poiché propone sport acquatici, un parco acquatico e cocktail bar affacciati sul mare.

Vitrenjak Beach

Conosciuta anche come Uskok, Vitrenjak è un piccolo gioiello poco distante da Borik. Si posiziona a due passi dal club nautico locale, ha una distesa di ciottoli e acqua pulitissima. Viene scelta soprattutto dalle famiglie con bambini e dagli amanti della vela. Non mancano zone ombreggiate, bar e c’è persino un parco giochi. L’atmosfera è raccolta, intima ed è ideale per chi vuole allontanarsi dalla confusione.

Puntamika Beach

Un’altra perla della zona è Puntamika, molti l’hanno già vista immortalata in prossimità del faro. Anche qui ci sono i ciottoli ma è proprio grazie a loro che l’acqua è così calma e pulita. L’accesso al mare degrada dolcemente, risultando una scelta top per anziani e famiglie con bambini. in più è presente un beach bar decorato con bamboo che porta subito verso i tropici con la mente. Sono presenti diverse aree di gioco per bambini.

Punta Bajlo Beach

Punta Bajlo Beach sorge in una meravigliosa pineta a sud della città, e non possiamo che testimoniare il suo fascino rustico e autentico. Il parcheggio è gratuito e ombreggiato, ideale per chi arriva in auto. È rocciosa e perfetta per chi cerca pace e una connessione più intensa con la natura; il profumo dei pini si mescolano con la brezza marina per un’esperienza multisensoriale.

Queen’s Beach

Se hai sempre sognato le Maldive ma non vuoi volare lontano, Queen’s Beach a Nin fa al caso tuo. Otto chilometri di sabbia finissima, vista sulle montagne di Pag e acque basse e calde la rendono ideale per famiglie. Non solo: questa spiaggia ospita le famose terme naturali di fango curativo, note sin dall’epoca romana.

Zaton Beach

A pochi minuti dalla Queen’s beach, Zaton è una delle spiagge più amate della Croazia a due passi dal centro di Zara. La sua combinazione di sabbia, ciottoli e ombra naturale la rende perfetta per i bambini ma anche per chi vuole un po’ di riparo dai raggi diretti del sole. I servizi sono eccellenti: giochi d’acqua, noleggio attrezzature, bar e docce. Un piccolo paradiso che sa essere comodo e autentico al tempo stesso.

Pine Beach

Un mix irresistibile di natura selvaggia e charme rilassato: Pine Beach è un angolo da sogno con un chilometro di costa dorata, scogliere segrete e pontili in legno sospesi sul blu. Perfetta per chi ama l’avventura con stile. La vegetazione lussureggiante avvolge tutto, regalando l’atmosfera di un rifugio magico.

Punta Bajlo Beach

Alle porte di Bibinje, a due passi dalla Marina Dalmatia, Punta Bajlo è sinonimo di energia! Spiaggia di ciottoli, ristorantini, bar e campi da beach volley che diventano il cuore pulsante dell’estate. Ideale per chi vuole rilassarsi… ma anche divertirsi.

Sakarun Beach

Sull’incantevole isola di Dugi Otok, Sakarun è un sogno a occhi aperti: sabbia candida, mare cristallino e fondali bassi perfetti per lunghe nuotate. Lunga solo 800 metri, ma carica di meraviglia. Due hotel nei dintorni completano il quadro da cartolina. 

Veli Žal Beach

A nord di Dugi Otok, vicino al villaggio di Dragove, Veli Žal offre uno scenario che sembra dipinto: spiaggia di ciottoli con vista sull’isolotto Mežanj e un mare trasparente che invita allo snorkeling. Un angolo silenzioso e intatto, lontano dal mondo.

Velika Sabuša Beach

Sulla costa ovest di Ugljan, Velika Sabuša è il paradiso delle famiglie: fondali bassi e sabbiosi, pavimentazione comoda per passeggiare a piedi nudi e tanto sole. Un luogo rilassante e sicuro, anche per i meno esperti del nuoto.

Južna Luka Beach

Vicino alla località di Muline, sempre su Ugljan, Južna Luka offre una spiaggia sabbiosa davvero unica. Le rocce che emergono dal mare aggiungono un tocco scenografico e creano piscine naturali da esplorare. Un luogo fuori dal tempo, dove la natura detta il ritmo.

Mostir Beach

Nel cuore di Ugljan, Mostir è una baia sabbiosa dal fascino semplice. Tranquilla, accessibile e con tutti i servizi essenziali, è il posto giusto per chi cerca autenticità. Poca ombra, tanta pace: una perla per chi ama la quiete.

Chi organizza vacanze in Croazia a Zara deve sapere che le spiagge in città sono limitate ma nei dintorni si trovano autentiche meraviglie; il consiglio è di noleggiare un’auto o una moto per potersi muovere in autonomia agevolmente oppure di contattare i numerosi operatori che offrono tour in barca alla scoperta di isole nei dintorni di Zara e altre meraviglie naturalistiche via mare.

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Gran Pajatén riemerge dalla giungla: oltre 100 strutture archeologiche svelano i misteri dei Chachapoya

Nel cuore del Parco Nazionale Río Abiseo, avvolto dalle nebbie perenni delle Ande nord-orientali, un segreto millenario è tornato alla luce. A Gran Pajatén, antico e misterioso sito della civiltà Chachapoya, sono state recentemente individuate più di 100 nuove strutture archeologiche. Questa scoperta epocale, la più significativa nella regione dagli anni ’80, sta rivoluzionando la comprensione di una delle culture precolombiane più affascinanti del Perù.

Immerso in una foresta tropicale dove l’accesso è ancora oggi rigidamente limitato per proteggere un ecosistema fragile e unico al mondo, Gran Pajatén è rimasto per secoli nascosto sotto una vegetazione fittissima, come sospeso nel tempo. Questo luogo leggendario, spesso definito “la città nella nebbia“, offre ora nuove risposte – e ancora più domande – sull’organizzazione sociale, l’architettura e la visione del mondo dei Chachapoya, il misterioso popolo che sfidò l’Impero Inca.

La scoperta: un tesoro invisibile nella foresta

Tra il 2022 e il 2024, un team del World Monuments Fund (WMF) ha condotto un’approfondita campagna di esplorazione e conservazione a Gran Pajatén, servendosi delle più moderne tecnologie di rilevamento. Grazie a strumenti avanzati come il LiDAR (laser scanner aereo e terrestre), fotogrammetria e analisi morfologiche del terreno, i ricercatori hanno mappato oltre 100 nuove strutture precedentemente nascoste dalla fitta vegetazione.

nuove strutture scoperte a Gran Pajatén

Fonte: ufficio stampa

Lavori di conservazione del basamento nord dell’Edificio 1 a Pajatén, Perù

Si tratta di un salto straordinario rispetto alle sole 26 strutture documentate negli anni ’80. Il sito, oggi Patrimonio dell’Umanità Unesco per la sua importanza culturale e ambientale, si rivela non più come un complesso isolato, ma come parte di una rete articolata e gerarchica di insediamenti preispanici. Gran Pajatén, scoperto originariamente negli anni ’60, è sempre stato un simbolo enigmatico della civiltà Chachapoya del Perù, con i suoi edifici circolari in pietra decorati da fregi geometrici e figure umane in rilievo. Ma questa nuova indagine ha ampliato drasticamente la sua portata, rivelando connessioni con altri siti della regione come La Playa, Papayas e Los Pinchudos, attraverso un’antica rete viaria in parte ancora visibile.

Perché questa scoperta è importante

Questa rivelazione ha implicazioni storiche, culturali e tecnologiche di grande rilievo. Innanzitutto, ridefinisce il ruolo di Gran Pajatén all’interno del mondo Chachapoya: non più un singolo centro cerimoniale, ma parte di un sistema più complesso, connesso e gerarchizzato. Le nuove strutture indicano una presenza umana che potrebbe risalire anche a prima del XIV secolo, suggerendo un utilizzo del territorio molto più esteso e articolato.

In secondo luogo, la scoperta è un esempio virtuoso di archeologia sostenibile. L’impiego di tecnologie non invasive ha permesso di esplorare e documentare il sito senza danneggiare l’ecosistema delicatissimo del parco. Gran parte del sito resta infatti inaccessibile ai turisti proprio per preservarne la biodiversità unica.
Infine, il progetto ha incluso anche importanti interventi di conservazione fisica, come il rinforzo delle strutture e il restauro parziale di alcuni muri perimetrali, utilizzando tecniche compatibili con i materiali originari.

Questo lavoro servirà da modello per futuri progetti di tutela in aree simili. Per i viaggiatori interessati al tema, è consigliato visitare una mostra gratuita al Museo de Arte de Lima (MALI) aperta fino al 18 giugno dove sono presentate le nuove scoperte attraverso ricostruzioni digitali immersive e materiali inediti sul popolo della “foresta nebulare“.

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Un viaggio nel tempo: la straordinaria scoperta dei rotoli del Mar Morto

Negli aridi deserti del Medio Oriente, dove il tempo sembra essersi fermato e la sabbia conserva i segreti delle civiltà antiche, una nuova luce si è accesa sull’enigmatico universo dei rotoli del Mar Morto. Questi manoscritti, tra i più importanti ritrovamenti archeologici del XX secolo, tornano oggi al centro dell’attenzione mondiale grazie a una scoperta che promette di rivoluzionare ciò che si sapeva finora.

Una combinazione inedita di archeologia, scienza dei materiali e intelligenza artificiale ha permesso di analizzare e datare in modo più preciso questi testi millenari, svelando che alcuni potrebbero essere più antichi di quanto si fosse mai immaginato. La scoperta dei rotoli del Mar Morto non è solo una questione di storia, ma un affascinante viaggio nel tempo, una finestra aperta sul mondo di duemila anni fa. E oggi, grazie a strumenti digitali sempre più sofisticati, si possono osservare quei testi con occhi nuovi, penetrando i segreti della loro origine con una precisione mai raggiunta prima.

La scoperta: quando l’IA incontra la storia

A guidare questa importante ricerca è stato il professor Mladen Popović, insieme a un team internazionale di studiosi dell’Università di Groningen, nei Paesi Bassi. Il cuore della scoperta è un programma di intelligenza artificiale chiamato Enoch, progettato per analizzare e interpretare gli stili di scrittura dei manoscritti antichi. Addestrato con documenti datati tramite radiocarbonio, il sistema è stato in grado di costruire un modello affidabile per stimare l’età dei testi che non riportano indicazioni cronologiche esplicite.

Quello che rende questa tecnologia così rivoluzionaria è la sua capacità di individuare minime variazioni nella forma delle lettere, invisibili anche all’occhio più esperto. Ogni tratto, ogni curva della penna, diventa un indizio prezioso per ricostruire la cronologia degli scritti. L’intelligenza artificiale, dunque, non si limita a imitare l’intuizione umana, ma la potenzia in modo straordinario.

Attraverso l’analisi di 135 rotoli, Enoch ha fornito risultati che in circa l’80% dei casi sono stati ritenuti coerenti dagli esperti di paleografia. In molti casi, le date suggerite dall’intelligenza artificiale si sono rivelate più antiche rispetto alle stime ottenute con i metodi tradizionali, aprendo nuove prospettive sulla storia e la trasmissione dei testi sacri.

rotoli del mar morto

Fonte: Popović et al., 2025, PLOS One

Rotoli del Mar Morto che cambiano la datazione

Perché questa scoperta è importante

Questa innovazione ha implicazioni enormi. Per la prima volta, due frammenti di rotoli biblici sono stati attribuiti a un’epoca compatibile con quella dei loro presunti autori. Un risultato storico, che ci avvicina alla genesi delle Scritture e arricchisce la comprensione delle culture che le hanno prodotte. Ma il valore della scoperta va oltre i rotoli stessi.

Il metodo sviluppato con Enoch potrebbe essere applicato a molte altre collezioni di manoscritti antichi non datati, aprendo così una nuova era nello studio dei testi storici. È un esempio virtuoso di collaborazione tra discipline diverse — archeologia, scienza dei dati, linguistica — che uniscono le forze per rispondere alle grandi domande del passato.

Come affermano gli studiosi, con Enoch, è come se avessimo costruito una macchina del tempo, capace di riportarci indietro e farci osservare, quasi da vicino, le mani che hanno scritto le parole che ancora oggi influenzano la nostra cultura.

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La Cueva de los Dones svela un tesoro nascosto: trovate oltre cento strutture preistoriche

La storia non smette di stupire e grazie al lavoro minuzioso di team di archeologi abbiamo l’opportunità di scoprire di più su quello che è stato il passato. Nella provincia di Valencia presso la Cueva de los Dones è emerso un tesoro nascosto incredibile: oltre cento le strutture preistoriche che hanno rivelato un messaggio dimenticato e inciso non sull’argilla o sulla pietra ma nella forma stessa del paesaggio sotterraneo. Molto più di un dato storico, un vero e proprio viaggio nella mente simbolica dell’umanità tra stalagmiti spezzate e raggruppate intenzionalmente che raccontano molto su quelle che erano le abitudini di chi abitava queste terre.

La scoperta di oltre cento costruzioni preistoriche a la Cueva de los Dones

La campagna di scavi guidata dagli archeologi dell’Università di Alicante e di Saragozza a la Cueva de los Dones ha dato modo di scoprire un tesoro: sono stati rinvenute oltre cento strutture formate da stalagmiti intenzionalmente modificate da mani umane in epoca preistorica.

Prima fratturate, poi spostate e dunque riorganizzate con uno scopo preciso: le formazioni rappresentano una delle prove più concrete e affascinanti dell’occupazione pianificata del mondo sotterraneo. Secondo i ricercatori la presenza di calcite ricristallizzata su alcune fratture dà modo di datare le creazioni al Paleolitico ma serviranno indagini più profonde per confermarlo.

Si tratta di una scoperta importantissima, seconda solo alla caverna francese di Saint-Marcel. Insomma la Cueva de los Dones vicino a Valencia è diventata un tempio archeologico del mondo ipogeo. Non si tratta della prima scoperta simile nel mondo, basti pensare appunto alla grotta di Bruniquel, in Francia che aveva sorpreso per le creazioni realizzate dai Neandertal oltre 176.000 anni fa. Ora, anche la Spagna entra in questa mappa che racconta le origini umane.

Scoperta archeologica a la Cueva de los Dones

Fonte: Università di Alicante

La scoperta archeologica di Cueva de los Dones che cambia la storia

Perché la scoperta è così importante

Perché il ritrovamento di alcune stalagmiti rotte nel buio di una grotta risulta così importante? Quelle pietre hanno molto da raccontare, è quasi come se parlassero e quello che hanno da dire rappresenta una testimonianza spirituale e culturale di una coscienza antica.  L’uomo preistorico non si limitava a rifugiarsi in grotta: la trasformava, la abitava con ritualità, la riempiva di significato.

Le strutture ritrovate sono il segno che, anche nel buio delle grotte c’era un progetto chiaro che andava oltre il semplice trovare rifugio. Al momento gli studi sono ancora in corso ma sembrerebbe che il simbolismo o forse il legame religioso o sociale abbiano portato gli antichi popoli verso queste realizzazioni.

La Cueva de los Dones è un luogo incredibile dal punto di vista archeologico e questo è solo l’ultimo dei ritrovamenti. Nel 2023, infatti, erano stati ritrovati importanti esempi di arte rupestre paleolitica tanto da definire il luogo come il più grande complesso di tutta la costa mediterranea orientale della penisola iberica. Un vero e proprio “santuario antico” nascosto con strati su strati di cultura, fede, bellezza e mistero. La scoperta è pronta a riscrivere pezzi della nostra storia, spinge la scienza a continuare a cercare più in profondità e invita tutti a voler riscoprire il passato, l’evoluzione e non dare mai nulla per scontato.

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Colombia, alle origini del Sud America: scoperta una civiltà perduta nel cuore dell’altopiano andino

La storia del Sud America è molto più complessa e affascinante di quanto si sia pensato finora. Recenti ricerche archeologiche e genetiche condotte nel cuore della Colombia hanno portato alla luce una scoperta straordinaria: l’esistenza di un’antica civiltà, finora sconosciuta, che popolava l’altopiano andino migliaia di anni fa. Questo ritrovamento suggerisce che nel tempo intere popolazioni siano scomparse senza lasciare traccia tra i loro discendenti moderni. Il DNA ha permesso agli scienziati di viaggiare nel passato e ricostruire un capitolo dimenticato della preistoria sudamericana. La Colombia si conferma così un punto fondamentale per comprendere le origini delle civiltà americane. Un viaggio sorprendente che intreccia genetica, archeologia e storia. E che ci ricorda quanto ancora ci sia da scoprire sotto la superficie del nostro passato.

Un passato misterioso riaffiora dall’Altiplano colombiano

Nel cuore dell’altopiano andino, nel territorio centrale della Colombia, i ricercatori hanno portato alla luce le tracce di un’antica popolazione umana fino ad ora sconosciuta. Questo affascinante ritrovamento non solo riscrive parte della storia del continente sudamericano, ma conferma anche il ruolo cruciale della Colombia come via di passaggio per le prime migrazioni dell’Homo sapiens da nord a sud, avvenute oltre 14.500 anni fa.

Sei millenni di storia ricostruiti attraverso il DNA

Uno studio condotto da un team internazionale ha analizzato il DNA di 21 resti umani rinvenuti in cinque siti archeologici situati sull’altiplano colombiano. Attraverso tecniche genetiche avanzate, gli scienziati sono riusciti a ricostruire una cronologia che copre ben 6.000 anni di storia. I risultati hanno rivelato l’esistenza di un’antica popolazione con un patrimonio genetico completamente distinto da quello dei moderni abitanti della regione.

Una popolazione senza discendenti

Secondo l’antropologa Kim-Louise Krettek dell’Università di Tubinga, non è stato possibile rintracciare alcun legame genetico tra questi antichi abitanti e le attuali popolazioni colombiane. Questo suggerisce che la popolazione originaria scomparve del tutto, probabilmente a causa di conflitti, migrazioni o epidemie, lasciando spazio a nuovi gruppi umani. L’area attorno all’attuale Bogotá sembra dunque essere stata teatro di un completo ricambio demografico.

Nuove migrazioni e cambiamenti culturali

Circa 2.000 anni fa, una nuova popolazione, geneticamente diversa e con legami con i gruppi dell’America Centrale meridionale, si stabilì sull’altiplano. È probabile che parlassero lingue appartenenti alla famiglia chibchana e che portassero con sé tecnologie più avanzate come la ceramica e l’agricoltura. A differenza del gruppo precedente, questi nuovi arrivati rimasero nella regione fino all’arrivo degli europei nel XVI secolo.

scoperta fatta in colombia

Fonte: science

Affinità demografiche degli antichi colombiani con i vecchi sudamericani

L’importanza genetica e storica della Colombia

Il DNA, che custodisce la memoria genetica delle generazioni passate, ha permesso di ricostruire questi straordinari capitoli della preistoria sudamericana. La genetista Andrea Casas-Vargas dell’Università Nazionale della Colombia sottolinea quanto sia raro che le tracce genetiche di un’intera popolazione scompaiano completamente, specialmente in un continente come il Sud America. Questo rende il caso colombiano ancora più unico e interessante da indagare.

Uno snodo fondamentale per le migrazioni antiche

La Colombia, situata sul ponte geografico che collega il Centro e il Sud America, si conferma un luogo strategico per lo studio delle migrazioni umane. Secondo l’antropologo Cosimo Posth, anche lui dell’Università di Tubinga, si tratta dei primi genomi antichi pubblicati provenienti dal territorio colombiano, aprendo la strada a nuove scoperte che potrebbero far luce su collegamenti genetici persino con regioni lontane come l’Australia.

Nuove domande e futuri sviluppi

Le cause della scomparsa della prima popolazione rimangono un mistero, ma questa scoperta solleva interrogativi fondamentali sulla storia umana nelle Americhe. È possibile che future ricerche riescano a svelare ulteriori dettagli su questi primi abitanti dimenticati, offrendo una visione ancora più profonda della complessa evoluzione delle popolazioni indigene del continente.