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Lago di Sorapis, un angolo di paradiso blu turchese tra le Dolomiti

Nel cuore delle Dolomiti Bellunesi, incastonato tra vette monumentali e boschi silenziosi, il Lago di Sorapis si rivela come un vero e proprio capolavoro della natura: il suo colore, un turchese così intenso da apparire surreale, rapisce lo sguardo e l’immaginazione. A circa 1.925 metri di altitudine, è una delle mete più affascinanti delle Dolomiti e un’esperienza irrinunciabile per chiunque ami la montagna.

A pochi chilometri da Cortina d’Ampezzo, a sud-est del Passo Tre Croci, si raggiunge solo a piedi: due ore di cammino al cospetto di un ambiente di straordinaria bellezza, lungo sentieri che invitano all’avventura e alla scoperta.

Il fascino del colore turchese: un miracolo glaciale

Non è solo la posizione a rendere speciale il Lago di Sorapis, ma anche (e forse soprattutto) il colore delle acque, un azzurro cangiante, acceso da venature lattiginose che variano con la luce del giorno. Tale spettacolo è il risultato di un fenomeno geologico senza pari: il lago è alimentato dal ghiacciaio sovrastante, che durante lo scioglimento rilascia minuscole particelle di roccia le quali si depositano sul fondale e riflettono la luce in modo unico, creando la celebre sfumatura turchese che lo ha reso famoso in tutto il mondo.

Ogni estate, mentre le acque si alzano grazie allo scioglimento, si può godere appieno della sua magia. Ma quando arrivano l’autunno e il freddo, il bacino comincia lentamente a prosciugarsi: non è un segnale d’allarme, ma un ciclo naturale che accompagna da secoli cotanto angolo di paradiso.

L’escursione classica: il sentiero n° 215 da Passo Tre Croci

Per raggiungere il Lago di Sorapis, il percorso più noto e frequentato parte dal Passo Tre Croci. Da qui ha inizio il sentiero CAI n° 215, un itinerario che in circa due ore di cammino conduce al lago in un susseguirsi di emozioni: si entra in un bosco incantato, si scorgono in lontananza le maestose cime del Cristallo, dei Cadini di Misurina e persino le leggendarie Tre Cime di Lavaredo.

Dopo una parte iniziale piuttosto agevole, il percorso inizia a diventare più impegnativo e si affrontano scalette metalliche e cenge esposte, attrezzate con cavi di sicurezza. In cima, quasi come una ricompensa, si apre lo scenario incantevole del Rifugio Vandelli.

Il rifugio, costruito nel 1890 in un anfiteatro naturale sotto le pendici del Monte Sorapis, gode di una vista eccezionale: il “Dito di Dio”, pinnacolo che svetta fino a 2.603 metri, si staglia sopra il lago come un monumento alla bellezza selvaggia delle Dolomiti. Poco distante, la cascata del Piss scende fragorosa dalla roccia, chiudendo il cerchio dell’incanto.

L’anello panoramico: Forcella Marcoira e il sentiero n° 213

Il lago turchese di Sorapis nel Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi

Fonte: iStock

Il lago turchese di Sorapis

Per chi desidera una variante meno battuta e più panoramica, l’escursione attraverso la Forcella Marcoira è la scelta ideale: si tratta di un percorso più lungo e impegnativo (circa cinque ore complessive) che regala però emozioni che non si potranno dimenticare.

Il cammino comincia sempre dal Passo Tre Croci, ma si imbocca il sentiero n° 213, che si inoltra tra i boschi del Ciampo Marzo. Salendo di quota, il sentiero 216 guida verso la Forcella Marcoira, un valico spettacolare con affacci sulle Tofane, sul Monte Cristallo e sul piccolo altopiano del Ciadin del Loudo. Da qui lo sguardo si allarga fino alle Dolomiti di Sesto e a cime leggendarie come la Croda dei Rondoi e il Lastron dei Scarperi.

Superato questo passo, si scende verso il Lago di Sorapis, completando un anello che riporta al punto di partenza lungo il sentiero 215. È un itinerario perfetto per chi cerca un’escursione più avventurosa e desidera vivere il lago lontano dalla folla estiva.

Il Lago di Sorapis in inverno: silenzio, ghiaccio e magia

L’inverno trasforma il Lago di Sorapis in un regno silenzioso, dove la neve ovatta ogni rumore e la natura riposa sotto una coperta di ghiaccio. Il sentiero 215 può ancora essere percorso, ma solo da escursionisti esperti e ben attrezzati. Le ciaspole sono indispensabili, così come la prudenza: alcuni tratti possono diventare insidiosi per la presenza di ghiaccio e la maggiore esposizione.

Il Rifugio Vandelli resta chiuso durante la stagione fredda, ma questo non impedisce agli appassionati di ice climbing di avventurarsi verso la cascata del Piss, che in inverno si ghiaccia diventando una spettacolare parete di cristallo.

In questo periodo dell’anno il lago assume un aspetto più austero ma non meno suggestivo: i colori si attenuano, ma l’atmosfera diventa ancora più irreale, quasi fuori dal tempo.

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Rota Vicentina: le tappe del trekking imperdibile in Portogallo

Tra scogliere a picco sull’oceano, sentieri di sabbia battuti dal vento e villaggi fuori dal tempo, la Rota Vicentina è uno degli itinerari a piedi più spettacolari d’Europa. Un cammino che attraversa il cuore più autentico del Portogallo, dove la natura domina incontrastata e ogni passo rivela un volto diverso di questa terra: selvaggia, agricola, silenziosa.

Un viaggio lento, perfetto per chi cerca una riconnessione con il sé più profondo e con il paesaggio. Ma anche un’esperienza accessibile e ben organizzata, nata nel 2013 su iniziativa della Associação Rota Vicentina, e oggi percorribile tutto l’anno grazie a una segnaletica efficace, una rete capillare di alloggi e oltre 400 km di sentieri.

Dove si trova e origini del cammino

La Rota Vicentina si sviluppa nella parte sud-occidentale del Portogallo, tra le Regioni dell’Alentejo e dell’Algarve, lungo la costa compresa tra Santiago do Cacém e Lagos. Il nome deriva dalla Costa Vicentina, tratto costiero che da Odeceixe arriva fino a Burgau, area protetta dal Parco Naturale del Sud-Ovest Alentejano e Costa Vicentina.

Si tratta di un cammino relativamente giovane: nato nel 2013, è frutto di un lavoro accurato di recupero dei sentieri tradizionali – quelli dei pescatori, dei contadini, dei mercanti – e oggi è un esempio virtuoso di turismo sostenibile. Dal 2019, alla rete escursionistica si è affiancata anche una serie di percorsi dedicati alle mountain bike, per percorrerla sia a piedi che pedalando.

Lunghezza e difficoltà: due cammini in uno

Un lato curioso della Rota Vicentina è che si compone di due cammini principali, per un totale di circa 430 km suddivisi in 24 tappe. Il percorso è lineare, non ad anello, ma è modulabile: si può percorrere interamente, solo in parte scegliendo uno dei due percorsi oppure alternare le due direttrici, che spesso si intersecano, e “inventare” le proprie tappe. Le due componenti principali sono:

  • Trilho dos Pescadores: circa 222 km, da Sines a Lagos, un sentiero costiero, più fisico e impegnativo per la presenza di sabbia e saliscendi;
  • Caminho Histórico: circa 208 km, da Santiago do Cacém a Cabo de São Vicente, un percorso più piatto e rurale, adatto anche alla MTB.

Il dislivello è generalmente contenuto: l’altitudine massima tocca appena i 293 metri, rendendo il cammino accessibile anche a chi non ha grande esperienza di trekking in quota. Naturalmente, la difficoltà può aumentare in alcuni tratti costieri dove la sabbia, il vento o i saliscendi lungo le scogliere richiedono un po’ più di energia.

Per percorrere l’intero itinerario, consigliamo di prendersi almeno tre o quattro settimane, per avere il tempo di camminare con calma e fermarsi nei borghi storici, nei punti panoramici più belli e nelle incantevoli spiagge che punteggiano il percorso.

Il Sentiero dei Pescatori (Trilho dos Pescadores)

Il primo tratto dell’itinerario complessivo della Rota Vicentina + un percorso prevalentemente costiero, tra scogliere, spiagge e villaggi di pescatori. Si può suddividere in 13 tappe ed è identificato da segnaletica generalmente verde e azzurra.

  • Tappa 1 – da Sines a Porto Covo (16 km, 150 D+, 4h): si inizia il cammino lungo scogliere spettacolari e spiagge selvagge, in un tratto panoramico dal grande fascino. Sines, punto di partenza, è anche la città natale dell’esploratore Vasco da Gama.
  • Tappa 2 – da Porto Covo a Vila Nova de Milfontes (18,6 km, 230 D+, 5h30): il sentiero si snoda tra dune costiere, tratti sabbiosi e calette rocciose. Il passaggio sul ponte o in barca segna l’arrivo alla foce del fiume Mira, che regala un bel contrasto tra acqua dolce e salata.
  • Tappa 3 – da Vila Nova de Milfontes ad Almograve (11,3 km, 90 D+, 3h): tappa breve ma scenografica, perfetta per chi vuole prendersela comoda. Si attraversa il fiume Mira in barca e si cammina lungo spiagge deserte e zone ombreggiate.
  • Tappa 4 – da Almograve a Zambujeira do Mar (21,7 km, 220 D+, 6h): uno dei tratti più iconici della costa vicentina, con scogliere imponenti abitate da cicogne e panorami mozzafiato sull’oceano. Ideale per chi ama la fotografia.
  • Tappa 5 – da Zambujeira do Mar a Odeceixe (19,2 km, 300 D+, 6h): il paesaggio si fa più selvaggio e roccioso. L’arrivo a Odeceixe regala una delle spiagge più scenografiche del percorso, situata alla foce di un fiume che si insinua tra le colline.
  • Tappa 6 – da Odeceixe ad Aljezur (22,5 km, 380 D+, 6h30): si lascia la costa per un itinerario nell’entroterra, tra colline coltivate, boschetti e villaggi rurali. Aljezur, con le sue rovine moresche, merita una visita approfondita.
  • Tappa 7 – da Aljezur ad Arrifana (16,9 km, 250 D+, 5h): percorso vario che alterna campagna e scorci costieri. Arrifana è un piccolo borgo marinaro celebre tra i surfisti, con una baia incantevole e una piacevole atmosfera rilassata.
  • Tappa 8 – da Arrifana a Carrapateira (20 km, 350 D+, 6h): tratto solitario e immerso nella natura, tra dune mobili, scogliere e tratti di vegetazione spontanea. Poche strutture lungo il cammino, quindi è bene portare con sé acqua e snack.
  • Tappa 9 – da Carrapateira a Vila do Bispo (15,4 km, 210 D+, 4h30): si attraversano zone agricole, boschetti di querce da sughero e macchia mediterranea. Un tratto più interno e tranquillo, perfetto per rallentare il ritmo.
  • Tappa 10 – da Vila do Bispo a Sagres (20,5 km, 180 D+, 5h30): l’oceano torna a dominare il paesaggio con scogliere a picco e un vento costante. Sagres, meta leggendaria delle esplorazioni portoghesi, accoglie i camminatori con il suo faro e la fortezza sul promontorio.
  • Tappa 11 – da Sagres a Salema (19,5 km, 270 D+, 5h30): tappa prevalentemente costiera, su antichi cammini di pescatori, con ampie vedute sull’Atlantico. Lungo il percorso si trovano piccoli belvedere ideali per una sosta panoramica.
  • Tappa 12 – da Salema a Luz (11,5 km, 170 D+, 3h): breve ma suggestiva, questa tappa segue promontori rocciosi e insenature tranquille, con spiagge nascoste raggiungibili a piedi. Perfetta per un tuffo ristoratore.
  • Tappa 13 – da Luz a Lagos (9,2 km, 260 D+, 2h30): ultimo tratto del cammino, con scorci sulla costa e arrivo a Lagos, città storica ricca di fascino, mura antiche, mercatini e locali vivaci per festeggiare la fine del percorso.

Il Caminho Histórico (Cammino Storico)

Il secondo percorso, che si può dividere in 11 tappe, è più interno e meno costiero, attraverso colline, boschi di sugheri, campi coltivati e piccoli villaggi rurali. La segnaletica è generalmente bianca e rossa.

  • Tappa 1 – da Santiago do Cacém a Vale Seco (17,9 km, 250 D+, 5h): si parte dall’antica cittadina di Santiago, dominata dal suo castello medievale, e si attraversano le dolci colline dell’Alentejo, tra campi coltivati e panorami aperti.
  • Tappa 2 – da Vale Seco a Cercal do Alentejo (22,9 km, 310 D+, 6h): il paesaggio diventa più agricolo e variegato, con sentieri tra sugherete, muretti a secco e campi di cereali. Cercal è un tranquillo borgo dove si respira autenticità.
  • Tappa 3 – da Cercal do Alentejo a São Luís (17,4 km, 200 D+, 4h30): itinerario facile e rilassante, con tratti ombreggiati e attraversamenti di zone rurali ben conservate. Ideale per godersi la quiete dell’entroterra portoghese.
  • Tappa 4 – da São Luís a Odemira (23,9 km, 320 D+, 6h30): lunga tappa collinare, con viste ampie su valli verdi, boschetti e piccoli corsi d’acqua. Odemira accoglie i camminatori con le sue case bianche affacciate sul fiume Mira.
  • Tappa 5 – da Odemira a São Teotónio (19,0 km, 270 D+, 5h): uno dei tratti più tranquilli dell’intero cammino, su antichi sentieri tra poderi, orti, muretti e piccoli ponti. Un buon tratto per rallentare e osservare la vita rurale.
  • Tappa 6 – da São Teotónio a Odeceixe (16,7 km, 220 D+, 4h30): il cammino torna progressivamente verso la costa, tra colline coperte di macchia mediterranea e pini marittimi. Odeceixe è il punto di congiunzione con il Sentiero dei Pescatori.
  • Tappa 7 – da Odeceixe ad Aljezur (19,8 km, 350 D+, 5h30): tappa dinamica e ricca di contrasti, con continui saliscendi su strade sterrate. Il paesaggio alterna vegetazione spontanea e vedute aperte verso il mare e l’interno.
  • Tappa 8 – da Aljezur ad Arrifana (11,7 km, 200 D+, 3h): tappa breve ma suggestiva, che attraversa vallate verdi e si conclude lungo la costa atlantica, in uno dei tratti più scenografici del percorso.
  • Tappa 9 – da Arrifana a Carrapateira (23,9 km, 370 D+, 6h30): lunga e impegnativa, questa tappa passa attraverso ambienti molto diversi: falesie a picco, distese di campi e zone quasi desertiche. Da affrontare con buon allenamento e scorte.
  • Tappa 10 – da Carrapateira a Vila do Bispo (21,6 km, 300 D+, 6h): si rientra nell’entroterra tra vaste colline e praterie ventose. I panorami si aprono in ampie vedute e il silenzio domina il paesaggio.
  • Tappa 11 – da Vila do Bispo a Cabo de São Vicente (13,4 km, 150 D+, 3h30): ultima tappa del cammino, che culmina nello spettacolare promontorio di Cabo de São Vicente, il punto più sud-occidentale d’Europa, affacciato sull’oceano infinito.

Come prepararsi al cammino

La Rota Vicentina non richiede competenze tecniche avanzate, ma un buon livello di allenamento alla camminata su distanze medio-lunghe è consigliato, soprattutto se si intende percorrere l’intero itinerario. Alcuni tratti, in particolare lungo il Sentiero dei Pescatori, possono essere impegnativi per via della sabbia, del vento o dei dislivelli frequenti, anche se modesti. È consigliabile allenarsi con escursioni progressive nei mesi precedenti, privilegiando percorsi su terreni misti.

A livello di documenti, non è necessaria alcuna credenziale ufficiale per percorrere la Rota Vicentina, come accade in altri cammini storici come quello di Santiago. Tuttavia, è possibile richiedere una credencial simbolica presso l’associazione Rota Vicentina o in alcune strutture locali, utile come ricordo e talvolta per ottenere agevolazioni e sconti sui pernottamenti.

Orientarsi lungo la Rota Vicentina

Uno degli aspetti più rassicuranti della Rota Vicentina è la segnaletica chiara ed efficiente. I due cammini principali sono facilmente distinguibili grazie alle marcature:

  • bianco-rosso per il Caminho Histórico
  • verde-azzurro per il Sentiero dei Pescatori
  • giallo-rosso per i percorsi circolari

Le indicazioni si trovano su paletti in legno, rocce, alberi o recinzioni e vengono costantemente manutenute. Nonostante ciò, può essere utile avere con sé le tracce GPX da caricare su app di navigazione e una mappa cartacea in caso di emergenza.

I punti acqua sono presenti con buona frequenza nei centri abitati e nei bar, ma nelle tratte più isolate conviene riempire la borraccia o la “camel bag” ogni volta che se ne ha occasione. Nelle stagioni più calde, è consigliabile mettersi in marcia solo avendo almeno 1,5–2 litri di scorta!

Zaino ed equipaggiamento

Per affrontare la Rota Vicentina in modo confortevole, è importante viaggiare leggeri: uno zaino da 30–40 litri è sufficiente, con un peso complessivo che idealmente non superi i 7–9 kg, anche a seconda della propria corporatura.

L’abbigliamento deve essere tecnico e modulabile a strati, adatto a un clima variabile, con particolare attenzione alla protezione dal sole e al vento. Una giacca impermeabile, un pile leggero e qualche ricambio essenziale sono più che sufficienti. Le scarpe devono essere comode, già rodate, adatte a terreni misti: perfette quelle da trekking leggero o trail running, meglio se impermeabili. Non dimenticare una torcia frontale, una borraccia capiente, un piccolo kit di pronto soccorso e un power bank per i dispositivi. I bastoncini da trekking non sono indispensabili, ma possono rivelarsi utili, soprattutto nei tratti sabbiosi o collinari.

Dove dormire e cosa mangiare lungo il percorso

Lungo la Rota Vicentina si trovano numerose strutture ricettive: ostelli, guesthouse, agriturismi, piccoli alberghi e B&B. Nelle località principali come Milfontes, Odeceixe, Aljezur e Sagres l’offerta è ampia, mentre in alcuni villaggi è consigliabile prenotare in anticipo, soprattutto in alta stagione, perché la disponibilità di posti è davvero limitata. Alcuni alloggi offrono tariffe agevolate per i camminatori o servizi specifici (lavanderia, trasporto zaino, colazione anticipata).

Per chi preferisce il campeggio, esistono campeggi attrezzati in punti strategici, ma il bivacco libero è vietato in molte aree protette.

A tavola, il viaggio diventa scoperta: l’Alentejo e l’Algarve offrono una cucina autentica e saporita. I piatti da non perdere sono la cataplana de marisco, zuppa di pesce e crostacei in casseruola, polvo à lagareiro (polpo grigliato con olio d’oliva e aglio), porco preto (carne di maiale nero, razza autoctona dell’Alentejo), sopa de cação (zuppa di palombo con coriandolo), pane rustico, formaggi locali e dolci a base di mandorle o fichi completano l’esperienza.

Perché dovresti scegliere questo itinerario?

La Rota Vicentina è più di un cammino: è un’immersione lenta e profonda nel volto più autentico del Portogallo. Qui la natura è protagonista, il turismo è sostenibile, il passo è lento: lo stile portoghese è proprio questo, una sorta di mindfulness continua, che permea ogni momento della giornata. Camminando lungo scogliere mozzafiato, tra querce da sughero secolari e spiagge deserte, si ha la sensazione di toccare un’Europa fuori dal tempo, dove la modernità deve ancora arrivare e la bellezza si rivela solo a chi sa rallentare.

È un percorso adatto a chi cerca silenzio, mare, natura e autenticità, ma anche a chi vuole incontrare una comunità accogliente, gustare ottimo cibo e vivere la soddisfazione di un viaggio a piedi lungo il limite Occidentale del Continente.

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Italia da cartolina: i 10 panorami più belli che sembrano dipinti

L’Italia è una terra straordinaria dove arte, storia e natura si fondono per creare paesaggi indimenticabili. Dalle vette alpine alle coste del sud, ogni regione offre scorci mozzafiato che attirano viaggiatori provenienti da tutto il mondo. Il Bel Paese vanta una varietà di panorami che vanno dai laghi alpini cristallini ai paesaggi rurali della campagna toscana, dalle coste frastagliate del Mediterraneo ai borghi arroccati su colline e scogliere.

Ogni angolo nasconde una vista spettacolare che racconta storia, cultura e anima del territorio. Questi meravigliosi panorami non solo emozionano, ma rappresentano anche una grande attrazione per il turismo lento, fotografico e naturalistico. Ecco perciò una selezione di 10 luoghi italiani con panorami spettacolari, ognuno situato in una regione diversa, meta perfetta per gli amanti della fotografia, del trekking o semplicemente per i viaggiatori che cercano bellezza e meraviglia.

Cinque Terre in Liguria

Le Cinque Terre sono una delle meraviglie paesaggistiche più iconiche d’Italia. I cinque borghi – Monterosso, Vernazza, Corniglia, Manarola e Riomaggiore – si affacciano sul Mar Ligure da ripide scogliere, offrendo viste spettacolari. I sentieri panoramici che collegano i paesi tra loco, come la celebre Via dell’Amore, regalano scorci unici su terrazze coltivate e mare cristallino. Il contrasto che si crea tra le case color pastello e l’azzurro intenso del mare è uno spettacolo per gli occhi. Le Cinque Terre sono perfette per escursionisti, romantici e fotografi.

Val d’Orcia in Toscana

Situata nel cuore della Toscana, la Val d’Orcia è il simbolo del paesaggio rurale italiano. Qui le dolci colline che sembrano dipinte si alternano a campi di grano, vigneti e filari di cipressi che disegnano geometrie perfette. I panorami sembrano usciti da un quadro rinascimentale, tanto da essere stati location di tantissimi film e spot pubblicitari. Borghi come Pienza, Montalcino e San Quirico d’Orcia completano questo viaggio italiano dedicato alla bellezza visiva con architetture eleganti e viste senza spazio. Una meta imperdibile per chi cerca armonia e bellezza.

Lago di Braies in Trentino-Alto Adige

cosa fare al lago di braies

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Bellissimo lago delle Alpi italiane, Lago di Braies

Il Lago di Braies è uno dei laghi più affascinanti delle Dolomiti, noto per il suo colore smeraldo e per la quiete che lo abbraccia. Le montagne che si riflettono sulle acque calme creano una cartolina bellissima in ogni stagione. Qui è possibile percorrere un sentiero che gira intorno a tutto il lago. Scorci panoramici ideali per fare fotografie di montagna e godersi momenti di relax. In estate si può noleggiare anche una barchetta in legno per ammirare il paesaggio dal centro del lago. Il Lago di Braies è un luogo magico, incastonato tra le vette alpine.

Civita di Bagnoregio in Lazio

Civita di Bagnoregiola città che muore – è un borgo sospeso nel tempo, arroccato su una collina di tufo e raggiungibile solo attraverso un ponte pedonale. La vista dalla passerella e dall’interno del borgo spazia sulla suggestiva Valle dei Calanchi, un paesaggio quasi lunare, scolpito dal vento e dall’erosione. Questo scenario unico e sognante fa di Civita una delle mete panoramiche più particolari del Lazio. Il contrasto tra l’antichità delle costruzioni in pietra e l’asprezza del paesaggio naturale circostante è superlativo.

Amalfi in Campania

Amalfi è il cuore della celebre Costiera Amalfitana, un tratto di litorale che regala uno dei panorami più belli del Mediterraneo. Le case colorate che si inerpicano sulla roccia, le terrazze piene di gialli limoni e il mare blu profondo regalano un insieme visivo di rara bellezza. Dal Belvedere di Positano o dalla scalinata del Duomo di Amalfi si possono ammirare scorci romantici e affascinanti. Ideale per chi vuole fare un viaggio al mare senza però tralasciare cultura e paesaggi indimenticabili.

Alberobello in Puglia

il panorama di alberobello

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Alberobello con le sue tradizionali case a trulli

Nel cuore della Puglia si trova Alberobello, famoso per i suoi trulli: costruzioni in pietra a secco con tetti conici che rendono il panorama del borgo unico al mondo. Passeggiare tra le sue viuzze bianche regala l’impressione di essere dentro una favola. Dai punti panoramici più elevati del borgo, si può osservare l’intera distesa di trulli che si perde via via tra gli ulivi. Questo angolo autentico di Puglia rappresenta perfettamente il mix perfetto tra architettura tradizionale e paesaggio rurale.

Erice in Sicilia

Erice, arroccato su un monte a picco sul mare, domina la costa occidentale della Sicilia e regala ai viaggiatori una vista spettacolare sulle Isole Egadi e la città di Trapani. Il borgo medievale, con le sue stradine lastricate e le antiche mura, offre una cornice storica al panorama naturale. Dalla cima del Castello di Venere o dalla funivia si può godere di vedute indimenticabili, soprattutto al tramonto. Un luogo dove storia e natura si abbracciano in una danza meravigliosa.

Alpe di Siusi – Alto Adige

L’Alpe di Siusi è il più grande altopiano d’Europa e offre una delle viste più spettacolari sulle Dolomiti. In ogni stagione, il paesaggio cambia volto. Qui si possono ammirare prati fioriti in primavera, pascoli verdi in estate, colori caldi e avvolgenti in autunno e pure distese di neve durante l’inverno. L’aria pura e i panorami infiniti rendono questo luogo un paradiso perfetto per escursionisti, sciatori e amanti della natura. L’Alpe di Siusi è meta ideale per rigenerarsi e ammirare l’incontaminata bellezza alpina.

Gran Sasso – Abruzzo

Il Gran Sasso d’Italia è la vetta più alta dell’Appennino e offre paesaggi spettacolari e multipli. Da Campo Imperatore, chiamato anche il “Piccolo Tibet”, si gode una vista magnifica su altopiani, vallate e cime innevate. Qui la natura è protagonista assoluta, con panorami vasti e incontaminati. Il Gran Sasso è meta ideale per escursioni, trekking e fotografia di paesaggio.

Castelsardo – Sardegna

scopri castelsardo

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Castelsardo in Sardegna

Castelsardo si affaccia sul Golfo dell’Asinara e combina storia, mare e panorami da sogno. Questo borgo medievale arroccato su una roccia vulcanica offre viste incredibili sulla costa e sul mare blu. Dai bastioni del castello si osservano tramonti unici, spesso accompagnati da una piacevole brezza marina. Le viuzze strette, le case colorate e il profilo della rocca creano un colpo d’occhio che rimarrà nel cuore. Un luogo perfetto per scoprire la Sardegna più autentica e affascinante.

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Il lago di Pilato dagli occhi blu, il bacino con gli “occhiali” sta rinascendo e incanta tutti

L’unico lago delle Marche è una perla nascosta: si tratta del lago di Pilato ed è racchiuso tra le vette dei monti Sibillini. Tra realtà e leggenda, lo specchio d’acqua glaciale è una meraviglia paesaggistica che sta però fortemente risentendo dei cambiamenti climatici. Un tempo i due bacini che ricordano due occhi azzurri si univano, dando vita ad una forma che veniva soprannominata “a occhiale” dai visitatori. Per raggiungerlo serve un trekking impegnativo ideale solo per persone allenate ma c’è da dire che i panorami mozzafiato e i silenzi ripagano di ogni passo faticoso.

Il lago di Pilato, l’unico naturale delle Marche

È uno dei pochi laghi montani e glaciali dell’Appennino e guadagna l’esclusiva di lago naturale per le Marche: quello di Pilato è un gioiello naturalistico da preservare che si trova tra le vette dei monti Sibillini. Oltre ad essere raggiungibile con trekking e sentieri, è caratterizzato da una leggenda che forse influenza proprio il suo nome: secondo alcuni racconti, sarebbe finito qui il corpo di Ponzio Pilato condannato e trasportato da bufali fin sulle montagne, per poi essere inghiottito nelle sue acque.

L’alone di mistero è nato nel Medioevo attirando poi tantissimi curiosi nel tempo. I soprannomi si sono sprecati: gola dell’infernaccio, pizzo del diavolo sono alcuni dei più noti ma a rendere tanto unico e speciale questo posto è un abitante insolito e prezioso.

Abita qui il Chirocefalo del Marchesoni, un crostaceo preistorico rosso che ha scelto questo come unico habitat al mondo: per proteggere il fragile esemplare è vietato avvicinarsi alle rive e chi percorre sentieri ed escursioni deve farlo con massimo rispetto. Il lago cambia forma durante i mesi, a volte si divide in due occhi azzurri, in altri periodi quando la siccità dà tregua i due bacini si uniscono facendolo riconoscere da tutti con lo pseudonimo simpatico di lago con gli occhiali.

Il lago di Pilato nelle Marche

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Il lago di Pilato con gli occhi blu sta rinascendo

Il lago di Pilato sta rinascendo

A quasi duemila metri d’altitudine l’unico lago della regione Marche torna a farsi notare, seppur in forma ridotta. Dopo un silenzioso inverno, il bacino simbolo dei monti Sibillini sta riaffiorando in primavera nonostante le nevicate siano state scarse e l’oggettiva emergenza meteo causi siccità nell’Appennino centrale. A raccontare la storia riportata da ANSA è Sara Marcelli, escursionista socia del CAI di Ascoli Piceno che ha raggiunto il luogo durante un trekking per scoprire che aspetto ha ora il luogo.

Nonostante la primavera ormai inoltrata, il bacino non ha ancora ritrovato il suo aspetto tipico: i due bacini non si sono uniti nella forma a occhiale e mostrano una sofferenza, cioè un apporto d’acqua non ancora sufficiente. A quasi duemila metri d’altitudine, incastonato tra le pareti del Monte Vettore, il lago simbolo dei Monti Sibillini sta lentamente riaffiorando, nonostante le scarse nevicate e la siccità che affligge l’Appennino centrale.

Dove si trova e come arrivare al lago di Pilato

Tra le località da sogno delle Marche il lago di Pilato sa distinguersi. Si trova a oltre 1900 metri d’altezza sul monte Vettore all’interno del parco nazionale dei Monti Sibillini all’interno della competenza comunale di Montemonaco. Il gioiello tra i pochi laghi glaciali alpini nell’Appennino è anche l’unico lago naturale della regione e per questo attira l’attenzione di molti turisti.

Non esistono veri e propri sentieri ufficiali per raggiungere il lago di Pilato, il parco vuole tutelare l’area così delicata ma non esistono divieti ufficiali. Dunque, ci si può arrivare seguendo i percorsi più storici che partono da foce di Montemonaco o da Forca Viola prediligendo il periodo dalla tarda primavera all’estate evitando il periodo prima di maggio poiché la presenza di neve e ghiaccio lo rende pericoloso. È importante ricordare sempre di mantenere una condotta sicura e rispettosa dell’ambiente.

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Anche la Francia ha il suo fiordo, si trova nel cuore della Provenza

C’è un luogo in Francia dove il mare si fa strada tra sinuose scogliere e dove, nascoste tra le braccia rocciose che spuntano dalla terra, si nascondono delle meraviglie naturali dalle acque turchesi. È il Parco Nazionale delle Calanques, situato nella regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra, dove i viaggiatori amanti della natura trovano un parco giochi all’aria aperta dove fare trekking o dedicarsi a innumerevoli attività subacquee.

Una delle calanques in particolare conquista per la sua tranquillità, garantita dal fatto che arrivarci non è così semplice per tutti. Stiamo parlando della Calanque d’En Vau, un’insenatura isolata protetta da scogliere alte 700 metri, ricoperte di pini verdi e con una spiaggia da sogno, dove le acque dalle sfumature blu e verdi invitano a esplorare il suo ricco mondo sottomarino.

Perché visitare la Calanque d’En Vau

Il Parco Nazionale delle Calanques è una delle mete più visitate in Provenza e, seppur alcune insenature possano risultare un tantino affollate, altre non lo sono affatto. Una di queste, considerata la difficoltà per arrivarci, è la Calanque d’En Vau. Lunga all’incirca 700 metri, condivide la sua bellezza mozzafiato con la vicina cala chiamata Calanque de Port Pin e offre uno scenario unico, circondata da alte falesie ricoperte di macchia mediterranea. Potete fare una pausa rinfrescante in questa caletta prima di procedere verso la Calanque d’En Vau.

L’insenatura, parte di un’area protetta, è sottoposta a una rigida regolamentazione che modera l’accesso e le attività consentite all’interno delle sue acque. Alle barche superiori ai 20 metri, per esempio, è proibito l’ingresso, mentre quelle di grandezza inferiore possono invece transitare nella calanca, anche se a quelle a motore è proibito avvicinarsi a più di 50 metri dalla riva con i motori accesi.

Grazie a queste regolamentazioni, la Calanque d’En Vau resta un piccolo paradiso da guadagnarsi indossando scarpe comode e godendo appieno della sua calma suggestiva. Ai più audaci, inoltre, le formazioni rocciose offrono numerose vie ferrate che permettono di ammirarla dall’alto. Se invece volete godervi la spiaggia, consigliamo di raggiungerla la mattina perché la luce scompare velocemente a causa dell’altezza delle falesie.

La spiaggia alla Calanque d'En Vau

Fonte: iStock

La spiaggia con le acque verdi-turchesi alla Calanque d’En Vau

Dove si trova la Calanque d’En Vau

La Calanque d’En Vau, situata a sud di Marsiglia, è considerata una delle insenature più spettacolari del tratto di costa che si estende da Cassis fino al capoluogo della Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Per raggiungerla è necessario indossare scarpe comode e percorrere un apposito sentiero.

Il sentiero è lungo 3,5 chilometri e costeggia il litorale, snodandosi in un ambiente roccioso avvolto da pini e vegetazione selvatica, che impregna l’aria di un profumo mediterraneo. Il sentiero si percorre in circa 1 ora e 15 minuti.

È possibile percorrere anche un altro sentiero partendo da un’altra delle calanques chiamata Port Miou: in questo caso, arriverete a En Vau in circa 45 minuti seguendo l’apposita segnaletica bianca e rossa.

Se vi trovate a Marsiglia, il modo ideale per raggiungere Cassis, se non avete l’auto, è il treno o gli autobus. Da Cassis potete proseguire tranquillamente a piedi.

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Wedi Ireng, la spiaggia bianca dell’Indonesia che nasconde un segreto

Si chiama Wedi Ireng e a vederla l’effetto wow è garantito: la spiaggia rigogliosa, nascosta e segreta dell’Indonesia è una vera chicca da non perdere. Si trova nel distretto di Pesanggaran all’interno della zona orientale di Giava ed è una delle meraviglie naturali più autentiche. Assolutamente lontana dal turismo di massa, si raggiunge a piedi dopo un trekking mediamente impegnativo, oppure via barca. L’incanto si cela dopo aver attraversato piantagioni tropicali e la giungla ma lo stupore ripaga tutta la fatica.

Caratteristiche della spiaggia di Wedi Ireng

La spiaggia bianca di Wedi Ireng cattura subito lo sguardo ma una delle sue peculiarità è proprio legata a questo colore. Il nome stesso, tradotto, significa “sabbia nera” e ti assicuriamo che un motivo c’è. Infatti, nonostante la superficie sia chiarissima, al di sotto custodisce un segreto: sabbia scura che è possibile osservare senza dover neppure scavare troppo. Il contrasto cromatico con le acque turchesi crea un colpo d’occhio unico e a renderlo ancora più speciale ci pensano le colline ricche di vegetazione che fanno da cornice.

Si divide in due sezioni: nella zona occidentale il mare è più calmo tanto da essere un angolo di relax, mentre nell’area orientale si trovano onde più vivaci e paesaggi più rocciosi. Le formazioni rocciose lungo la costa sono poi un punto panoramico di osservazione da non trascurare: salendoci in cima si possono scattare foto davvero incantevoli, perfette da stampare come ricordo o da condividere sui social.

Non meno rilevante il fondale marino, capace di regalare emozioni: la barriera corallina, i pesci e l’acqua limpida rendono Wedi Ireng un’attrazione imperdibile per gli amanti del nuoto, della natura e dello snorkeling. Il paesaggio marino è talmente speciale che spesso viene paragonato a quello di Raja Ampat, sia per la ricchezza dei colori sia per la bellezza naturale rimasta intatta. C’è chi ha erroneamente soprannominato la baia privata; in realtà è solo l’assenza di folle e l’isolamento (oltre alla difficoltà per raggiungerla) che la fa percepire come un rifugio segreto.

Wedi Ireng fondale mare Indonesia

Fonte: iStock

L’acqua di Wedi Ireng è limpidissima

Dove si trova Wedi Ireng e come raggiungerla

La spiaggia di Wedi Ireng è una gemma nascosta apprezzatissima in Indonesia. Si trova all’interno del villaggio di Sumberagung, nel distretto di Pesanggaran. Dista circa 65 chilometri da Banyuwangi ed è quindi una delle spiagge della zona orientale di Giava. Il nome tradotto significa “sabbia nera”, come abbiamo già sottolineato, ma è un nome così bizzarro che vale la pena ribadirlo, visto che in superficie la sabbia è bianchissima. Eppure, scavando, si scopre uno strato scuro sottostante.

Per raggiungerla ci sono diverse opzioni. La modalità più comoda è via mare, direttamente dal villaggio di Pancer noleggiando una barca con un costo davvero irrisorio. Oppure via terra: gli amanti dell’avventura potranno intraprendere un sentiero escursionistico ben segnalato di circa quattro chilometri; attenzione perché bisognerà attraversare piantagioni e giungla, servirà almeno un’ora e mezzo di cammino ed è importante avere la giusta attrezzatura.

La spiaggia, in qualsiasi modo si raggiunga, ha una vegetazione lussureggiante, una sabbia unica e acque cristalline. La consigliamo poiché è meno affollata di altre spiagge dell’Indonesia e per questo sa essere più tranquilla e autentica.

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La Via Francigena come non l’hai mai vista: un viaggio imperdibile

Ci sono cammini che raccontano una terra meglio di qualsiasi guida turistica, e la Via Francigena è uno di questi. Percorrerla a piedi significa lasciarsi avvolgere da secoli di storia, immergersi in paesaggi che cambiano lentamente a ogni passo, attraversare borghi intatti e città d’arte, e vivere un’esperienza che è tanto fisica quanto interiore.

Nata come itinerario di pellegrinaggio verso Roma, oggi la Via Francigena è diventata una delle mete di trekking più amate in Europa. Il suo fascino sta nella varietà dei percorsi, che si snodano tra l’Inghilterra e l’Italia attraversando quattro Paesi e offrendo un’incredibile diversità di ambienti: dalle pianure della Champagne francese alle colline della Toscana, dai passi alpini svizzeri fino ai borghi medievali del Lazio.

Le origini e la storia della Via Francigena

La Via Francigena nasce come itinerario di pellegrinaggio in epoca medievale, ma affonda le sue radici in un tempo ancora più remoto, quando i Romani costruivano strade per collegare le province dell’Impero. Con la decadenza di Roma e l’avvento del Medioevo, molte di queste antiche vie furono riutilizzate per altri scopi, diventando rotte commerciali, militari e spirituali.

Il nome “Francigena” significa letteralmente “che viene dalla terra dei Franchi”, ed è proprio da quelle regioni – l’odierna Francia – che provenivano molti pellegrini diretti verso Roma, cuore della cristianità. La tappa che ha dato forma storica al percorso è contenuta in un documento fondamentale: il diario di viaggio dell’arcivescovo Sigerico di Canterbury, che nel 990 d.C. annotò le 79 tappe del suo ritorno da Roma all’Inghilterra dopo aver ricevuto il pallio dal Papa.

Il tracciato di Sigerico, da Roma a Canterbury, è considerato il nucleo originario della Via Francigena, ma già all’epoca esistevano varianti e diramazioni che si adattavano alle condizioni del terreno, alla sicurezza delle aree attraversate e alla disponibilità di ospitalità. A differenza del celebre Cammino di Santiago, che punta a un’unica meta finale, la Via Francigena era una via di andata verso Roma e successivamente, per alcuni, una via di ritorno verso casa, magari proseguendo fino al porto di Brindisi per imbarcarsi verso la Terra Santa.

Con l’età moderna e l’avvento di nuove vie di comunicazione, la Francigena perse progressivamente importanza. Solo negli ultimi decenni è stata riscoperta, mappata e valorizzata, grazie all’impegno di enti locali, associazioni e istituzioni europee. Oggi rappresenta non solo un cammino storico e religioso, ma anche un itinerario culturale europeo ufficialmente riconosciuto dal Consiglio d’Europa, simbolo dell’identità e della connessione tra i popoli del continente.

La Via Francigena in Italia

Il tratto italiano è quello più battuto e sviluppato dal punto di vista escursionistico, con una segnaletica ben curata, una fitta rete di accoglienza e un patrimonio paesaggistico e culturale straordinario. Oltre 1.000 chilometri di cammino attraversano sette regioniValle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana e infine il Lazio – fino a concludersi a Roma, presso la Basilica di San Pietro.

In Italia, la Francigena tocca alcune delle città più affascinanti del Paese: San Gimignano, Siena, Lucca, Viterbo, e tanti piccoli borghi in cui il tempo sembra essersi fermato. Il cammino alterna tratti collinari a pianure agricole, salite appenniniche e antiche vie lastricate, con un susseguirsi di paesaggi che offre varietà e bellezza a ogni tappa.

Le tappe italiane più belle

La Via Francigena, con i suoi oltre 2.000 chilometri, può sembrare un’impresa titanica. In realtà, è un cammino estremamente flessibile, che si può vivere anche in piccoli segmenti, a seconda del tempo e dell’esperienza disponibili. Ecco alcune delle tappe più belle in Italia:

  • San Quirico d’Orcia – Radicofani (32 km, 900 D+, 700 D-, 8h 30’): questa tappa attraversa i paesaggi spettacolari della Val d’Orcia, tra colline dorate e borghi incantati. Dopo il passaggio a Bagno Vignoni, celebre per la sua vasca termale centrale, si sale verso Radicofani, con il profilo imponente della sua rocca medievale che domina l’orizzonte.
  • Lucca – San Miniato (42 km, dislivello moderato, 2 tappe da circa 5h 30’ ciascuna): un percorso tra colline toscane, pievi e borghi storici. La partenza dalla città murata di Lucca è emozionante, e l’arrivo a San Miniato regala viste mozzafiato e un centro storico ricco di fascino.
  • Gran San Bernardo – Aosta (45 km, 200 D+, 1.800 D-, 2 tappe da 6h 30’): tappa spettacolare, in discesa lungo la Valle d’Aosta. Dalle atmosfere alpine del passo si scende tra vallate strette e panorami maestosi, attraversando piccoli villaggi e tratti di sentiero solitari.
  • Montefiascone – Viterbo (18 km, 250 D+, 500 D-, 4h 30’): tappa semplice ma suggestiva nel cuore della Tuscia. Si cammina tra strade antiche, fonti termali e panorami aperti, con arrivo nella bella Viterbo, dove le pietre raccontano secoli di storia medievale.
  • Pontremoli – Aulla (33 km, 950 D+, 1.100 D-, 2 tappe da circa 6h 30’): si attraversa la Lunigiana, regione ricca di boschi, castelli e borghi in pietra. Il cammino è vario e immerso nella natura, con continui saliscendi che mettono alla prova ma ripagano con la bellezza dei luoghi.

Queste sono solo alcune delle tappe più apprezzate dagli escursionisti. La Via Francigena offre anche la possibilità di percorrere interi tratti regionali, come quello toscano (da Lucca a Siena) o quello laziale (da Acquapendente a Roma), con una durata media di 7-10 giorni.

Le tappe europee della Via Francigena

Sebbene il tratto italiano sia il più noto e frequentato, la Via Francigena è, a tutti gli effetti, un grande cammino europeo che attraversa territori straordinari anche fuori dai confini italiani. Dall’Inghilterra alla Svizzera, passando per la campagna francese, ogni Paese regala al camminatore paesaggi unici, atmosfere diverse e un patrimonio culturale di grande valore.

Ecco alcune delle tappe più significative al di fuori dell’Italia, perfette per chi vuole vivere l’esperienza francigena in una dimensione più internazionale o semplicemente esplorare tratti meno battuti ma altrettanto affascinanti:

  • Canterbury – Dover (31 km, 400 D+, 450 D-, 7h): questa tappa segna l’inizio simbolico della Via Francigena, dalla Cattedrale di Canterbury fino alle scogliere bianche che si affacciano sulla Manica. Il cammino si snoda tra campagna inglese, villaggi tranquilli e dolci colline, con un’atmosfera bucolica. L’arrivo a Dover, con vista sul mare, apre lo sguardo verso l’Europa continentale.
  • Calais – Guînes (19 km, 60 D+, 40 D-, 4h): una delle prime tappe francesi, dopo l’approdo via traghetto. Si cammina tra canali, campi coltivati e silenzi rurali, in una regione di passaggio storicamente importante. È una sezione pianeggiante, perfetta per entrare gradualmente nel ritmo del cammino.
  • Reims – Châlons-en-Champagne (47 km, 220 D+, 210 D-, 2 tappe da 5h 30’): tratto suggestivo nella regione della Champagne, tra distese di vigneti e paesaggi ordinati. Reims, città delle incoronazioni reali, offre un patrimonio gotico straordinario. Le due tappe successive permettono di immergersi in una Francia lenta, tra villaggi e strade rurali.
  • Lausanne – Orbe (33 km, 520 D+, 450 D-, 7h 15’): in Svizzera il cammino si fa più movimentato, con saliscendi che attraversano colline, boschi e corsi d’acqua. Si parte da Lausanne, affacciata sul Lago di Ginevra, e si raggiunge Orbe, cittadina medievale dalla forte identità locale. Una tappa dal grande fascino naturalistico e storico.
  • Martigny – Gran San Bernardo (33 km, 1.850 D+, 450 D-, 9h 30’): una delle tappe regine dell’intera Francigena. La salita verso il Colle del Gran San Bernardo è lunga e impegnativa, ma regala emozioni uniche: dalle gole scavate dai ghiacci alle viste sui ghiacciai alpini. L’arrivo al celebre ospizio, a 2.473 m, è carico di storia e spiritualità.

Come organizzare il cammino

Una delle grandi qualità della Via Francigena è la sua accessibilità logistica. Che tu voglia camminare per una settimana o solo per un weekend, puoi contare su un’organizzazione sempre più capillare, specialmente nel tratto italiano. Sapere come muoversi, dove dormire e quali strumenti utilizzare può fare la differenza tra un’esperienza faticosa e una pienamente godibile.

Dove dormire

Nel corso degli anni è nata una rete di ospitalità diffusa pensata per i pellegrini e i camminatori. Lungo il percorso si trovano:

  • Ostelli del pellegrino, spesso gestiti da associazioni o enti locali, con prezzi accessibili e spirito di condivisione;
  • B&B e agriturismi convenzionati, che offrono camere semplici ma accoglienti e spesso includono cena e colazione;
  • Monasteri, parrocchie o case canoniche, disponibili in alcune località per chi desidera un’accoglienza spirituale;
  • Strutture ricettive classiche (hotel, affittacamere) presenti soprattutto nelle città più grandi o nelle tratte turistiche come la Toscana.

La disponibilità può variare a seconda del periodo, perciò è consigliato prenotare in anticipo, specialmente nei mesi di maggiore affluenza (maggio-giugno e settembre).

La segnaletica

Il tratto italiano della Via Francigena è ben segnalato, con:

  • segnaletica bianca e rossa (standard CAI) o con il logo ufficiale della Via Francigena;
  • freccette adesive su pali e muri, soprattutto nei centri abitati;
  • bacheche informative nelle principali località di partenza o arrivo di tappa.

Per una navigazione più sicura e personalizzata, è utile dotarsi di:

  • tracce GPS scaricabili gratuitamente dal sito ufficiale viefrancigene.org;
  • app per cammini (come “Via Francigena”, “Sloways”, “Outdooractive”, “Komoot”);
  • guide cartacee aggiornate, ideali per chi preferisce avere una visione d’insieme e informazioni culturali.

Trasporti e accessibilità

Uno dei vantaggi della Francigena è che molti tratti sono facilmente raggiungibili in treno o autobus, permettendo di:

  • iniziare o terminare il cammino in qualsiasi punto;
  • tornare al punto di partenza se si viaggia in auto;
  • abbreviare tappe o saltare sezioni in caso di maltempo, stanchezza o necessità.

Le stazioni ferroviarie si trovano spesso nei pressi dei punti tappa (es. Lucca, Siena, Viterbo, Pavia), mentre gli autobus locali coprono anche tratte più periferiche.

La credenziale e il testimonium

Come per gli altri cammini storici, anche la Francigena prevede:

  • una credenziale del pellegrino, che serve come “passaporto” del cammino: ti permette di accedere alle strutture convenzionate e raccogliere timbri lungo la via;
  • il testimonium, un attestato ufficiale che si ottiene all’arrivo a Roma dopo aver percorso almeno gli ultimi 100 km a piedi o 200 km in bici.

Entrambi possono essere richiesti online o presso associazioni locali, centri di accoglienza e diocesi lungo il percorso.

Quando partire per la Via Francigena

Scegliere il momento giusto per mettersi in cammino è essenziale per vivere al meglio l’esperienza della Via Francigena. Essendo un itinerario molto lungo e variegato – dalle Alpi al Lazio passando per la campagna francese – le condizioni climatiche e ambientali cambiano sensibilmente da una regione all’altra. Tuttavia, ci sono due stagioni che emergono come le più adatte in assoluto: la primavera e l’inizio dell’autunno.

Durante la primavera i paesaggi sono rigogliosi, fioriti e ancora verdi, soprattutto in Toscana e nel Lazio. Le temperature sono miti e le giornate sempre più lunghe, ideali per coprire tappe anche di 6–7 ore senza soffrire il caldo. Attenzione, però, alle zone alpine o di alta collina (come il Passo del Gran San Bernardo o la Val d’Orcia nei primi mesi), dove potrebbe esserci ancora neve residua o fango.

L’autunno è un altro momento perfetto per mettersi in cammino: i colori del paesaggio iniziano a virare verso il giallo e il rosso, regalando panorami splendidi, specialmente nei tratti collinari. Il clima resta stabile e gradevole, ma meno torrido rispetto ad agosto. È anche il periodo della vendemmia e delle sagre locali, perfetto per assaporare la gastronomia del territorio lungo il cammino.

Il percorso è percorribile anche in estate e in inverno, ma queste stagioni potrebbero essere più difficili da gestire. In estate, è importante partire al mattino presto, scegliere tappe brevi e idratarsi spesso. In inverno, possono essere percorse solo le zone pianeggianti, in quanto quelle di montagna potrebbero essere impraticabili a causa della neve e del fango.

Cosa mettere nello zaino

Preparare lo zaino per il trekking sulla Via Francigena richiede equilibrio tra funzionalità e leggerezza. Uno zaino da 30–40 litri, ergonomico, con schienale traspirante e copertura antipioggia, è l’ideale per affrontare il cammino in autonomia. Le scarpe da trekking leggere o trail running sono l’elemento più importante: devono avere una buona suola, essere ben rodate e garantire comfort per lunghe distanze.

L’abbigliamento va scelto secondo il principio dei tre strati: magliette tecniche (almeno due), un pile, una giacca impermeabile antivento, pantaloni da trekking (meglio se convertibili), intimo traspirante e calze tecniche (almeno tre paia). Non devono mancare un cappello per il sole e, nelle stagioni fredde, uno scaldacollo o berretto.

Per l’igiene personale bastano sapone solido, un asciugamano in microfibra, salviette umidificate e una piccola selezione di farmaci e cerotti per vesciche, disinfettante e ago con filo. Tra gli accessori utili: bastoncini da trekking, borraccia o sacca idrica, torcia frontale, power bank, coltellino multiuso e sacchetti impermeabili. A livello tecnologico, è utile avere lo smartphone con app GPS o una guida cartacea affidabile.

Ricorda di portare con te documenti personali, tessera sanitaria, credenziale del pellegrino e una piccola quantità di contanti, poiché non tutti i borghi dispongono di sportelli bancomat. Infine, una regola fondamentale: non superare il 10% del tuo peso corporeo con lo zaino pieno. Cammin facendo, capirai che viaggiare leggeri è più di una necessità: è un modo di pensare.

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Il Sentiero dei Ducati: a spasso per la Lunigiana

Il Sentiero dei Ducati è un lungo trekking ideato da due grandi conoscitori dell’Appennino Tosco Emiliano. Tocca praticamente ogni tipo di ambiente nel Nord Italia: colline e montagne, pianure e costa, per un cammino davvero vario e sorprendente.

Le origini del sentiero

Il Sentiero dei Ducati è un cammino escursionistico che rievoca gli antichi collegamenti tra le corti signorili dell’Italia centro-settentrionale, in particolare tra i territori dell’antico Ducato di Parma e Piacenza, del Ducato di Modena e Reggio e della Lunigiana storica. Il nome del cammino si ispira proprio a queste entità politiche che, tra il Medioevo e l’età moderna, governarono questi territori, tracciando vie di comunicazione tra l’Emilia, l’Appennino e la costa ligure.

Storicamente, le genti locali percorrevano questi itinerari per motivi economici, religiosi e militari: pastori e contadini li usavano per la transumanza e il commercio, viandanti e pellegrini per raggiungere i santuari e le abbazie dell’Appennino, mentre le autorità feudali li sfruttavano per spostare truppe e mantenere i contatti tra roccaforti e castelli. Il tracciato moderno riprende e valorizza questi antichi sentieri, adattandoli all’escursionismo contemporaneo, ma mantenendone intatto lo spirito originario: un cammino di crinale e di confine, che collega territori diversi per cultura, paesaggio e storia.

Le tappe principali a piedi

Il Cammino si compone di 12 tappe, per un totale di circa 200 km e un dislivello positivo di oltre 7.400 metri, con circa altrettanto di discesa: 7 tappe si trovano in territorio emiliano (da Reggio Emilia a Rigoso, in provincia di Parma) e 5 in territorio toscano e ligure (da Rigoso a Sarzana, in provincia di La Spezia).

  • Tappa 1, Reggio Emilia – Quattro Castella (20 km, 200 m D+, 5h): il cammino inizia nella pianura reggiana e si dirige verso le prime dolci colline, attraversando paesaggi agricoli ordinati e filari di vigneti. L’arrivo è a Quattro Castella, dominata dalla suggestiva Rupe di Bianello, sede di uno dei castelli matildici.
  • Tappa 2, Quattro Castella – Canossa (15 km, 500 m D+, 4h30): questa tappa, breve ma significativa, conduce fino al celebre Castello di Canossa, teatro dello storico incontro tra Enrico IV e Papa Gregorio VII.
  • Tappa 3, Canossa – Monte Staffola (16.5 km, 1110 m D+, 7h54): una delle tappe più impegnative del cammino, caratterizzata da salite costanti e dislivelli importanti. Il sentiero attraversa borghi isolati e boschi rigogliosi, regalando panorami spettacolari fino alla vetta del Monte Staffola.
  • Tappa 4, Monte Staffola – Vetto (14 km, 600 m D+, 5h): il percorso scende gradualmente verso il borgo di Vetto, seguendo crinali erbosi, boschi e radure. Vetto, affacciato sulla Val d’Enza, accoglie il camminatore con la sua atmosfera semplice e silenziosa.
  • Tappa 5, Vetto – Castagneto (13 km, 400 m D+, 4h): tappa di transizione che si snoda in ambienti rurali e boschivi, tra piccoli ruscelli e castagneti.
  • Tappa 6, Castagneto – Succiso Nuovo (12 km, 700 m D+, 4h30): si entra nel cuore dell’Appennino reggiano, dove i boschi si alternano a pascoli aperti e silenziosi. Succiso Nuovo è noto per la sua cooperativa di comunità e per l’ospitalità autentica che offre ai pellegrini.
  • Tappa 7, Succiso Nuovo – Rigoso (10 km, 500 m D+, 3h30): una tappa breve ma dal carattere montano, con sentieri che attraversano boschi di conifere, radure panoramiche e tratti più isolati. Rigoso, inoltre, è uno degli ultimi insediamenti emiliani prima del crinale appenninico.
  • Tappa 8, Rigoso – Sassalbo (15 km, 600 m D+, 5h): l’itinerario supera il crinale appenninico con un alternarsi di salite e discese, offrendo vedute ampie e paesaggi selvaggi. Sassalbo, borgo in pietra nel cuore del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano, segna l’ingresso in Toscana.
  • Tappa 9, Sassalbo – Càsola in Lunigiana (14 km, 400 m D+, 4h30): la discesa verso la Lunigiana si snoda tra mulattiere storiche, piccoli santuari e antichi ponti in pietra. Càsola è un borgo medievale ben conservato, con mura, torri e suggestive viuzze in lastricato.
  • Tappa 10, Càsola in Lunigiana – Ponte Monzone (13 km, 300 m D+, 4h): il percorso prosegue in ambienti naturali vari, alternando tratti boscosi a paesaggi rurali aperti. Si costeggiano castelli e torrenti prima di arrivare a Ponte Monzone, punto strategico per l’esplorazione della zona.
  • Tappa 11, Ponte Monzone – Sarzana (18 km, 500 m D+, 5h30): tappa più lunga e impegnativa che guida il camminatore verso la costa ligure. Si attraversano borghi collinari e aree boscose, fino a giungere a Sarzana, elegante cittadina fortificata con un centro storico ricco di vita e cultura.
  • Tappa 12, Sarzana – Luni (10 km, 100 m D+, 2h30): l’ultima tappa, breve e pianeggiante, accompagna il pellegrino attraverso vigneti e uliveti fino all’antica città romana di Luni, il punto d’arrivo simbolico del cammino, affacciato sul mare e ricco di fascino archeologico.

Le tappe in mountain bike

Il Sentiero dei Ducati in MTB (SD-MTB) è la variante cicloescursionistica del cammino a piedi, pensata per chi ama affrontare l’Appennino su due ruote, in modalità bikepacking. Il percorso si sviluppa in sei tappe, mantenendosi il più possibile vicino al tracciato pedonale e attraversando territori di straordinaria bellezza tra l’Emilia-Romagna, la Toscana e la Liguria.

Le tappe presentano dislivelli significativi e tratti tecnici, adatti a ciclisti con una buona preparazione fisica e padronanza del mezzo. È consigliato l’uso di una mountain bike o e-MTB ben equipaggiata e la consultazione delle tracce GPS ufficiali per affrontare in sicurezza anche i passaggi più impegnativi.

Le tappe in MTB sono:

  • Tappa 1, Quattro Castella – Castello di Canossa (20 km, 500 m D+, 3h30): il tracciato iniziale si sviluppa su strade bianche e sterrati scorrevoli, con salite ben distribuite e panorami aperti sulle colline reggiane. L’arrivo al Castello di Canossa è anticipato da qualche tratto più sconnesso, da affrontare con attenzione ma senza difficoltà eccessive.
  • Tappa 2, Castello di Canossa – Vetto d’Enza (25 km, 800 m D+, 4h30): si entra in ambienti più montani, con carrarecce irregolari e salite che richiedono una buona gestione del passo. Il fondo alterna tratti compatti a passaggi più tecnici, soprattutto in discesa.
  • Tappa 3, Vetto d’Enza – Succiso Nuovo (30 km, 1000 m D+, 5h30): una tappa lunga e fisicamente impegnativa, che attraversa antichi sentieri e boschi d’altura. Le salite, spesso su fondo smosso, si affrontano con rapporti agili e ritmo costante; le discese, mai troppo esposte, richiedono però buona padronanza del mezzo.
  • Tappa 4, Succiso Nuovo – Fivizzano (40.8 km, 1370 m D+, 6h30): è la tappa più lunga e complessa del percorso. Il fondo è vario, con sentieri stretti, guadi e passaggi isolati dove la traccia può essere meno evidente.
  • Tappa 5, Fivizzano – Fosdinovo (35 km, 1200 m D+, 5h30): una tappa dinamica, con salite a strappi e discese tecniche che attraversano borghi storici e paesaggi lunigianesi. Il tracciato è vario e divertente, adatto a chi ama cambiare ritmo e affrontare fondi diversi, tra sterrato compatto e tratti più rocciosi.
  • Tappa 6, Fosdinovo – Luni (30 km, 600 m D+, 4h30): l’ultima tappa scende verso il mare, con pendenze dolci e tratti pedalabili immersi in un paesaggio collinare aperto. L’ingresso nel sito archeologico di Luni, tra ulivi e vestigia romane, offre una chiusura suggestiva e simbolica al viaggio.

I luoghi da non perdere

Il Sentiero dei Ducati è molto più di un itinerario escursionistico: è un viaggio immersivo nella storia e nelle tradizioni dell’Appennino tosco-emiliano e lunigianese. Lungo il cammino si incontrano castelli, borghi medievali, pievi romaniche e testimonianze archeologiche che raccontano secoli di cultura e di passaggi umani. Tra i luoghi più iconici spicca il Castello di Canossa, fortezza simbolo del potere di Matilde di Canossa e teatro dell’umiliazione dell’imperatore Enrico IV nel 1077. Poco dopo, si attraversano borghi come Vetto, Castagneto e Succiso Nuovo, autentici presìdi di montagna, ancora oggi custodi di un’identità profonda legata alla terra e alla comunità.

Salendo verso l’alto Appennino si toccano ambienti naturali intatti, con crinali panoramici, boschi vetusti e antiche mulattiere, fino a raggiungere la Toscana. Qui si entra nella Lunigiana, terra di confine disseminata di torri, pievi e castelli come quelli di Fivizzano e Fosdinovo, con i loro centri storici affacciati sulle Alpi Apuane. Il cammino si conclude a Luni, antica città romana un tempo affacciata direttamente sul mare, oggi sito archeologico tra i più importanti dell’Italia settentrionale, dove templi, anfiteatri e mosaici chiudono idealmente un itinerario che intreccia natura, spiritualità e memoria storica.

Regolamento e permessi

Il nuovo Passaporto Ducale è la credenziale del cammino, che prevede uno spazio per raccogliere i timbri o le firme delle strutture ospitanti.

Per ottenerla basta andare sul sito ufficiale del Sentiero, scaricarla e stamparla in formato A4: averla sempre con sé è fondamentale per accedere alle strutture convenzionate e per ottenere i timbri alla fine di ogni tappa.

Non c’è un vero regolamento ufficiale, se non le buone norme di comportamento necessarie su ogni cammino: in particolare, si chiede attenzione da parte di chi percorre l’itinerario in bicicletta o accompagnato dai propri cani, così da evitare incidenti sui sentieri.

Cosa mangiare lungo il sentiero

Percorrendo il Sentiero dei Ducati, che si snoda tra Lunigiana, Appennino emiliano, Toscana e scorci di Liguria, si ha la fortuna di attraversare territori ricchi di tradizioni gastronomiche antiche e genuine.

In Lunigiana si possono gustare i testaroli, una sorta di antichi antesignani della pasta, da condire con pesto o olio e formaggio, e i panigacci, cotti nei testi di terracotta e serviti con salumi o formaggi locali. Sull’Appennino Emiliano dominano i sapori forti come quelli del parmigiano reggiano, dei tortelli d’erbetta o delle tagliatelle ai funghi porcini.

In Toscana il cammino attraversa zone dove si trovano zuppe contadine come la ribollita, salumi toscani, crostini con fegatini, ma anche secondi di carne come il cinghiale in umido. Non mancano il pane cotto a legna, l’olio extravergine e i dolci rustici, come la spongata e le torte di castagne, frutto abbondante in questi boschi. Ogni tappa del cammino è anche un viaggio nei sapori, diversi ma complementari, tra mare e monti, tra Liguria, Emilia e Toscana.

La segnaletica e le fonti d’acqua

Il Sentiero dei Ducati è in gran parte segnalato con segnavia CAI bianco-rossi, accompagnati dal logo del cammino e dal codice identificativo del tracciato. In molti tratti, soprattutto nei punti più frequentati o in prossimità dei borghi, la segnaletica è chiara e ben mantenuta. Tuttavia, in alcuni settori più isolati o boschivi – in particolare nel tratto appenninico tra Succiso Nuovo e Fivizzano – la segnaletica può risultare meno evidente o interrotta. Per questo motivo è fortemente consigliato l’uso di una traccia GPS aggiornata e, dove possibile, di una mappa topografica da consultare in autonomia.

Per quanto riguarda le fonti d’acqua, lungo il percorso si trovano numerose fontane nei paesi attraversati e, in alcuni casi, anche lungo i sentieri, soprattutto nei tratti collinari e montani. Tuttavia, non tutte le fonti sono segnalate né garantiscono acqua potabile tutto l’anno. Occorre quindi partire con una buona scorta d’acqua, soprattutto in estate, e approfittare delle fontane nei centri abitati per riempire borracce e serbatoi.

Il periodo migliore per partire

Il periodo migliore per percorrere il Sentiero dei Ducati è tra la fine della primavera e l’inizio dell’autunno, in particolare nei mesi di maggio, giugno, settembre e inizio ottobre. In queste stagioni il clima è più stabile e le temperature gradevoli, ideali per affrontare le salite appenniniche senza il disagio del caldo eccessivo o del freddo. La primavera offre paesaggi rigogliosi e fioriture spettacolari, mentre l’autunno regala boschi dorati, profumi intensi e un’atmosfera raccolta, perfetta per camminare o pedalare con calma.

Durante i mesi estivi, come luglio e agosto, il cammino resta percorribile ma richiede una maggiore attenzione: le alte temperature, soprattutto nelle prime tappe collinari e nella Lunigiana, possono rendere faticose le giornate, e l’esposizione prolungata al sole richiede un’adeguata idratazione e protezione. In inverno, invece, le tappe appenniniche possono essere innevate o ghiacciate, con rischio di maltempo e scarsa accessibilità: si sconsiglia quindi di affrontare l’intero percorso nei mesi più freddi, a meno di non percorrere solo brevi tratti più bassi e sicuri.

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La Via Peuceta del Cammino Materano: tappe e indicazioni

Il Cammino Materano, e in particolare la Via Peuceta, rappresenta uno straordinario viaggio a piedi. Contrariamente a quanto si possa pensare dal nome, non è un percorso storico tradizionale come il Cammino di Santiago o la Via Francigena, ma piuttosto una rete di percorsi di nuova concezione.

È stato tracciato con l’intento di guidare i camminatori alla scoperta lenta di zone del Sud Italia ancora poco esplorate.

Dove si trova e come raggiungerla

La Via Peuceta è uno dei cammini che compongono il Cammino Materano, e si snoda tra la Puglia e la Basilicata, collegando la città di Bari alla meravigliosa Matera, lungo un percorso di circa 170 km attraverso l’altopiano delle Murge. Si tratta di una direttrice antica che ricalca antichi tratturi e sentieri rurali, attraversando borghi storici come Bitetto, Cassano delle Murge, Altamura e Gravina in Puglia.

Il punto di partenza ufficiale è la Basilica di San Nicola nel centro storico di Bari, facilmente raggiungibile in treno da tutte le principali città italiane grazie ai collegamenti dell’Alta Velocità, regionali e intercity. La stazione centrale di Bari si trova a circa 15 minuti a piedi dal punto di partenza del cammino. Chi arriva in aereo può atterrare all’Aeroporto Internazionale di Bari-Karol Wojtyła, collegato al centro tramite treno metropolitano, autobus o taxi. Per chi viaggia in auto, sono disponibili parcheggi a pagamento nei pressi della zona centrale, ma è consigliabile arrivare con mezzi pubblici per facilitare il rientro una volta concluso il cammino a Matera.

Anche Matera è ben collegata: una volta concluso il cammino, è possibile tornare a Bari in autobus (con corse frequenti giornaliere) oppure prendere un treno delle Ferrovie Appulo Lucane per rientrare in Puglia. Questo rende la Via Peuceta un cammino logisticamente comodo e accessibile, adatto anche a chi ha pochi giorni a disposizione.

Matera

Fonte: Envato

Matera, ultima tappa della via Peuceta

Le tappe

Il Cammino della Via Peuceta si compone di 7 tappe, per un totale di circa 170 km e un dislivello totale di circa 3800m. Le tappe sono generalmente considerate semplici e obbligate, nel senso che i paesi con servizi si trovano al termine di ogni tappa.

Tappa 1, Bari – Bitetto

(17 km, 200 D+, 5h)

Il cammino inizia dalla splendida Basilica di San Nicola di Bari, uno dei principali luoghi di pellegrinaggio del sud Italia. Lasciata la città, si attraversano quartieri periferici fino a giungere a paesaggi rurali punteggiati da uliveti secolari, masserie e muretti a secco. Lungo il percorso si incontra il suggestivo Casale di Balsignano, antico insediamento medievale fortificato, abbandonato ma ancora ricco di fascino. L’arrivo è a Bitetto, piccolo borgo noto per la Cattedrale romanica di San Michele Arcangelo e le sue strette strade in pietra.

Tappa 2, Bitetto – Cassano delle Murge

(25 km, 240 D+, 6h)

Dalla cattedrale di Bitetto si percorre un lungo tratto immerso nella campagna pugliese, dominata dagli ulivi e dalla macchia mediterranea. Il cammino si addentra nella Foresta di Mercadante, un polmone verde della Murgia, ideale per una pausa tra pini e lecci. La tappa termina nel centro storico di Cassano delle Murge, con le sue piazzette, chiese barocche e scorci panoramici sull’altopiano.

Tappa 3, Cassano delle Murge – Santeramo in Colle

(22 km, 300 D+, 5h30)

Dal centro di Cassano si entra nel cuore del paesaggio murgiano, camminando tra boschi di roverelle e pini, doline e pietraie. Il sentiero si snoda lungo tratturi antichi, offrendo un’immersione profonda nella natura. L’arrivo è a Santeramo in Colle, cittadina agricola adagiata sul margine occidentale dell’altopiano, con un centro ricco di storia e tradizione rurale.

Tappa 4, Santeramo in Colle – Altamura

(23 km, 250 D+, 5h30)

Una tappa che attraversa contrade rurali e vasti spazi aperti della Murgia. Si incontra la Cava Pontrelli, celebre per le impronte fossili di dinosauri, testimonianza paleontologica unica in Europa. L’arrivo è nella magnifica Altamura, famosa per il suo pane DOP e per la Cattedrale federiciana. Il centro storico è un labirinto di vicoli e “claustri”, cortili tipici della città.

Tappa 5, Altamura – Gravina in Puglia

(20 km, 145 D+, 5h)

Da Altamura si scende dolcemente lungo tratturi e strade secondarie che collegano antiche masserie. Il paesaggio è dominato da colline erbose e affioramenti rocciosi. L’arrivo a Gravina in Puglia è uno dei più scenografici: si attraversa un ponte sul canyon naturale della gravina, per poi scendere nel centro rupestre, tra chiese scavate nella roccia e case grotta.

Tappa 6, Gravina in Puglia – Picciano

(30 km, 545 D+, 7h30)

Tappa lunga e impegnativa, sia per distanza che dislivello. Il percorso lascia Gravina e si inoltra in un’area più selvaggia, al confine tra Puglia e Basilicata. Si attraversano zone collinari, campi coltivati, radure boscose e antichi tratturi poco battuti. L’arrivo è al Santuario di Picciano, luogo panoramico immerso nel silenzio, ideale per il raccoglimento.

Tappa 7, Picciano – Matera

(29.5 km, 450 D+, 7h30)

L’ultima tappa è una delle più belle ma anche più faticose. Si inizia con una lunga discesa verso la piana tufacea, per poi salire dolcemente tra calanchi e canyon, passando per antichi poderi e zone brulle che annunciano l’ingresso in Basilicata. Il traguardo è Matera, città dei Sassi, Patrimonio UNESCO, che accoglie i pellegrini con un panorama mozzafiato e un’atmosfera senza tempo.

Origini e significato del nome

La Via Peuceta prende il nome dall’antico popolo dei Peuceti, una delle principali popolazioni indigene dell’Apulia preromana, che abitava l’area compresa tra l’attuale Bari e Matera. I Peuceti erano parte della più ampia famiglia degli Iapigi, e occupavano un territorio ricco di insediamenti, vie di comunicazione e scambi culturali già in epoca antica. Il cammino ricalca idealmente alcuni dei percorsi che collegavano i villaggi peuceti, sviluppandosi attraverso zone che ancora oggi portano tracce di quella civiltà: muretti a secco, doline, necropoli, masserie fortificate.

Il Cammino Materano nasce in tempi recenti grazie all’iniziativa di un gruppo di appassionati camminatori, con l’obiettivo di riscoprire antichi itinerari di collegamento tra la costa adriatica e l’entroterra lucano, e di valorizzare i borghi, la cultura e la spiritualità del Sud Italia. La Via Peuceta è stata la prima direttrice tracciata e segnalata all’interno del progetto, nonché la più frequentata.

Cosa mangiare lungo il cammino

La Via Peuceta è anche un viaggio nel cuore della tradizione gastronomica pugliese e lucana, ricca di sapori autentici e ingredienti semplici ma genuini. Lungo il percorso si possono gustare specialità locali in ogni tappa: a partire da Bari, con le celebri sgagliozze (polenta fritta), le popizze (pasta cresciuta fritta) e, naturalmente, le immancabili orecchiette con le cime di rapa. A Bitetto e Cassano delle Murge, troverai focacce rustiche, salumi artigianali e formaggi locali, come il canestrato pugliese. Proseguendo verso l’entroterra, la cucina diventa più “murgiana”, con piatti a base di legumi, cereali antichi e verdure di stagione, spesso serviti con pane di grano duro cotto a legna.

Arrivando ad Altamura, è d’obbligo assaggiare il pane DOP, croccante e profumato, spesso accompagnato da olio extravergine d’oliva e pomodori locali. A Gravina in Puglia, invece, la cucina rupestre propone piatti come la gravinella (zuppa di verdure e legumi) e i cavatelli con sugo di carne. Infine, a Matera, oltre al famoso pane materano, troverai una cucina che unisce influenze pugliesi e lucane: da provare i peperoni cruschi, le fave e cicoria, la salsiccia lucana e i dolci tradizionali come le cartellate e i calzoncelli.

Mangiare lungo il cammino significa immergersi in una cultura contadina autentica, dove ogni pasto è un’occasione per riscoprire i sapori della terra e il calore dell’ospitalità locale.

Bari

Fonte: Envato

Bari, prima tappa della Via Peuceta

Credenziale e Testimonium

Come ogni cammino spirituale e culturale che si rispetti, anche la Via Peuceta prevede l’utilizzo della credenziale, un documento personale che accompagna il pellegrino lungo tutto il percorso. La credenziale funge da “passaporto del camminatore”: viene timbrata in ogni tappa presso chiese, strutture ricettive, bar o punti convenzionati, e rappresenta non solo un ricordo concreto dell’esperienza, ma anche la testimonianza dell’avvenuto cammino. Può essere richiesta in anticipo online dal sito ufficiale del Cammino Materano oppure ritirata fisicamente in alcuni punti di partenza, come la Basilica di San Nicola a Bari.

Occorre specificare che, se si decide di riceverla per posta, è fondamentale richiederla almeno 20 giorni prima della partenza.

Al termine del percorso, una volta giunti a Matera, chi ha completato tutte le tappe può richiedere il testimonium, una pergamena che attesta l’avvenuto pellegrinaggio lungo la Via Peuceta. Per ottenerlo, è necessario mostrare la credenziale con i timbri raccolti lungo il cammino. Il testimonium può essere ritirato presso punti convenzionati della città, come l’ufficio di accoglienza del Cammino Materano, indicato nel sito ufficiale. Ricevere il testimonium rappresenta il suggello simbolico di un’esperienza di cammino lenta, consapevole e profondamente radicata nel territorio.

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Mare turchese, spiagge bianche e rosa: la laguna di Balos è un paradiso dipinto

Le isole greche custodiscono piccoli tesori da scoprire, uno di questi è la laguna di Balos. Con sfumature di acqua turchese e azzurre da ricordare i Caraibi e una sabbia che vira dal bianco al rosa, il gioiello di Creta è tutto da scoprire. Dallo snorkeling al trekking, tante le attività da fare in zona per poter scoprire quest’area naturalistica incontaminata.

Dove si trova la laguna di Balos

La laguna di Balos si trova sull’isola di Creta ed è considerata una delle zone balneari più preziose da visitare. Si sviluppa nella parte occidentale in prossimità della penisola di Gramvousa. Molti la conoscono come una lingua di sabbia separata dalla baia tra capo Tigani e capo Gramvousa.

Per arrivarci il modo più semplice è utilizzare le navi che partono dal porto di Kissamos. C’è anche l’opportunità di raggiungerla in auto noleggiandone una per poter essere il più autonomi possibile. Basterà percorrere circa 10 chilometri di strada sterrata lungo capo Gramvousa per raggiungere questo angolo di paradiso.

Cosa vedere nella laguna di Balos

A vedere le foto sembra uscita da un quadro: la laguna di Balos ha una tavolozza di colori così intensa da non sembrare reale. Allo stesso tempo rivela un’anima selvaggia e assolutamente autentica, come altre zone della Grecia. A renderla così famosa ci pensa la spiaggia che mixa sabbia bianca e rosa, senza mai dimenticare le acque cristalline e poco profonde. La laguna prende forma tra il mare aperto e una stretta lingua di terra che la separa dall’isola di Gramvousa.

La prima cosa da fare in zona è salire sul promontorio: il trekking dura circa 15-20 minuti attraverso un sentiero non eccessivamente complicato, dunque adatto anche ai principianti. Una volta raggiunta la cima la vista effetto wow è incredibile.

Cosa visitare a Creta: laguna di Balos

Fonte: iStock

Cosa visitare a Balos a Creta

Altra attività da fare è visitare l’isola di Gramvousa, situata poco al largo. Proprio qui sono custoditi i resti di una fortezza veneziana del XVII secolo, costruita a 137 metri di altezza con una vista spettacolare sul mare. Soprannominata “l’isola dei pirati” ha ospitato alcuni cretesi durante la liberazione dai turchi.

Chi visita Balos lo fa per potersi godere il mare tra relax, tintarella e snorkeling. La zona appartiene alla rete ecologica Natura 2000 e per questo tutela al massimo flora e fauna: basti pensare che sul territorio esistono 98 diverse specie di uccelli e che nelle acque limitrofe nuotano esemplari di foca monaca e tartarughe caretta caretta.

Le spiagge più belle della laguna di Balos  

Tra le spiagge più belle della Grecia e tra le baie più belle di Creta si fa strada la laguna di Balos. Il mare acquisisce dei colori che ricordano la palette dei Caraibi e il fondale che resta basso per diversi metri conquista tutti, bimbi inclusi. In alcuni tratti la sabbia diventa rosa, proprio come sull’isola di Chrissi. Il motivo? Conchiglie e coralli sgretolati che regalano questa sfumatura.

Le spiagge di Balos a Creta

Fonte: iStock

La spiaggia più bella della laguna di Balos

Seppur sia selvaggia e remota non mancano stabilimenti che offrono alcuni servizi per i visitatori ma il consiglio è di provare ad esplorarla nella sua parte più autentica.