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Masada, la drammatica storia dell’antica fortezza d’Israele

Masada è una meta turistica molto amata dagli stranieri ed è quasi un culto per gli israeliani: il motivo sta nella sua storia, che sfiora la leggenda. È un’antica fortezza costruita a picco su una rocca a 400 metri di altitudine nel bel mezzo del deserto da cui si scorge il Mar Morto, una delle tappe obbligate in Israele oltre a Tel Aviv e Gerusalemme quando si fa un viaggio per la prima volta.

La storia di Masada, l’antica fortezza di Israele

Masada era circondata da mura alte cinque metri lungo un perimetro di un chilometro e mezzo, con una quarantina di torri alte più di 20 metri. Era considerata una fortezza inespugnabile. A rendere ancor più difficile un eventuale assedio contribuiva la particolare conformazione del territorio. L’unico punto d’accesso a Masada era l’impervio Sentiero del serpente, così chiamato per via dei numerosi tornanti che lo rendevano un difficile ostacolo. Oggi, Masada è nella lista dei Patrimoni dell’Unesco e a questa antica città è legato un tragico evento.

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Fonte: 123RF

Il Sentiero del serprente (con vista sul Mar Morto) che conduce a Masada

L’assedio di Masada è stato l’evento che ha trasformato questa florida città in un luogo abbandonato in una sola notte. Nel 66 a.C., Masada era stata conquistata da un migliaio di Sicarii che vi si insediarono con donne e bambini. L’esercito Romano, guidato da Lucio Flavio Silva, assediò la città dei ribelli che si erano arroccati nella fortezza, considerata inespugnabile. Pur di non farsi catturare, gli abitanti decisero di suicidarsi in massa. Quando i Romani entrarono nella cittadella trovarono solo i cadaveri. Oggi, Masada, oltre a un bellissimo sito archeologico, è un simbolo: tutt’oggi le reclute dell’esercito israeliano vengono condotte sul questo luogo simbolico per pronunciare il giuramento di fedeltà al grido di: “Mai più Masada cadrà”.

Masada, tappa imperdibile in Israele

L’altopiano su cui sorge Masada, immerso nella depressione del Mar Morto, offre uno scenario naturale a dir poco mozzafiato. La montagna all’interno del Deserto di Giuda su cui sorge l’antica fortezza domina il mare. Si tratta di un luogo unico al mondo, che riunisce meraviglie incredibili, bellezze naturali e che ha una storia millenaria. Poco lontano dal sito archeologico ci sono il punto più basso del pianeta a -425 metri sul livello del mare e l’oasi di Ein Gedi, dove è possibile fare il bagno nelle acque salate del mare e restare a galla.

Masada, il sito che riserva ancora sorprese

Il sito di Masada è ancora oggi oggetto di studi da parte di esperti storici e archeologici, tanto che una nuova ipotesi ha ribaltato alcune teorie sostenute finora. Le prime scoperte archeologiche della fortezza risalgono all’inizio del 1800, ma solo alcuni scavi effettuati negli Anni ’60 riportarono alla luce gli edifici che ora si possono ammirare a Masada. Nel I secolo a.C., la fortezza ospitava il palazzo di Erode il Grande che lo fece fortificare. Le mura sono in parte ancora lì. La sua villa era arroccata su tre diversi livelli a picco sullo strapiombo e aveva le terme con la caldaia centrale, alcuni magazzini sotterranei e ampie cisterne per la raccolta dell’acqua.

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Fonte: 123RF

Le mura dell’antica città di Masada

Tre zone abitative con un unico cortile ospitavano gli abitanti di Masada. Ci sono anche i resti di una chiesa bizantina del V secolo con una sala principale e tre stanze secondarie. Sul livello inferiore della cittadella si trovano alcuni alloggi destinati agli ospiti di Erode. Ma l’edificio più imponente è il Palazzo occidentale che ha un’estensione di 3.700 metri quadrati.

Uno studio pubblicato di recente sul Journal of Roman Archaeology ha portato alla luce maggiori dettagli su come siano state realizzate le opere d’assedio costruite dai Romani e su quali fossero le loro esatte funzioni originarie, una teoria sostenuta da alcuni archeologi israeliani. Secondo gli esperti che hanno condotto lo studio, per costruire le fortificazioni ci volle la manodopera e il sudore di più di 5.000 soldati. Inoltre, alcune sezioni delle mura non furono realizzate a scopo esclusivamente difensivo, ma per poter suscitare nel nemico un effetto psicologico, dando l’impressione di essere troppo imponenti e grandi per essere oltrepassate.

Come arrivare a Masada

Il Sentiero del serpente è il percorso che, tutt’oggi, permette l’accesso alla fortezza di Masada. Lungo oltre cinque chilometri, è piuttosto difficoltoso perché, oltre a essere in salita, lo si percorre sotto il sole cocente del deserto. L’alternativa è più veloce e meno faticosa, ma non è adatta a chi soffre di vertigini: una funicolare sfreccia nel vuoto con un dislivello di 290 metri e conduce i visitatori fino in cima. Molti dei turisti che frequentano il sito iniziano la scalata al Sentiero del serpente prima dello spuntare delle prime luci dell’aurora, nel buio della notte rischiarato unicamente dalla luna e dalle stelle, per riuscire a vedere l’alba dall’interno delle rovine dell’antica fortezza. Il sole sembra sorgere da una parete rocciosa per riversare la sua luce su tutto l’avvallamento circostante. Uno spettacolo unico che merita un viaggio.

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Fonte: 123RF

La funivia che porta alle rovine di Masada
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Israele, scoperta una delle fortificazioni che proteggevano Gerusalemme

La città più antica del mondo non smette mai di riservare sorprese. Migliaia di anni, di storia, di popoli hanno lasciato quantità infinite di testimonianze che spuntano come funghi non appena si fa un buco nel terreno. L’ultima scoperta, fatta proprio per caso durante i lavori in un parcheggio, ha del sensazionale e riscrive una parte di storia di questa terra crocevia di culture.

Nel Parco nazionale delle mura di Gerusalemme, gli archeologi dell’Autorità israeliana per le antichità e dell’Università di Tel Aviv hanno appena scoperto un enorme fossato, profondo almeno nove metri e largo almeno 30 metri. La scoperta è stata presentata in occasione della conferenza “Jerusalem Studies Experience” che si è svolta a Gerusalemme.

La nuova scoperta in Israele

Un tempo Gerualemme era divisa in due da un fossato. Nessuno, però, era mai riuscito a trovarlo. Nel corso degli ultimi 150 anni sono stati fatti molti tentativi di scavi per riuscire a trovare questo fossato, e ora finalmente è stato rivelato per la prima volta. Il fossato serviva probabilmente a separare la città alta, dove si trovavano il tempio e il palazzo, dalla città bassa e a proteggerla. Creato mediante estese attività estrattive, il fossato formava un enorme canale che separava la città di Davide dal Monte del Tempio e dall’area dell’Ofel. Le scogliere perpendicolari su entrambi i lati del fossato lo rendevano impraticabile.

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Fonte: @Eric Marmur, Città di David

La fortificazione settentrionale di Gerusalemme

Inizialmente, lo scopo dell’incisione rupestre che era stata rinvenuta non era chiaro, ma ulteriori scavi e il collegamento con alcune scoperte avvenute in passato hanno aiutato a rivelare che si trattava di una linea di fortificazione a Nord della città bassa.

Secondo i direttori dello scavo, il professor Yuval Gadot del Dipartimento di archeologia e culture del vicino Oriente antico dell’Università di Tel Aviv e il Dottor Yiftah Shalev dell’Autorità israeliana per le antichità “non si sa quando il fossato fu originariamente tagliato, ma le prove suggeriscono che fu utilizzato durante i secoli in cui Gerusalemme era la Capitale del Regno di Giuda, quasi 3.000 anni fa, a cominciare dal re Josiah. In quegli anni, il fossato separava la parte residenziale meridionale della città dall’acropoli dominante nella parte superiore città dove si trovavano il palazzo e il tempio”.ocper

Questa scoperta ribalta completamente la teoria secondo cui il fossato si sarebbe trovato in un altro punto della città. Gadot ha infatti dichiarato: “Abbiamo riesaminato i rapporti degli scavi precedenti scritti dall’archeologa britannica Kathleen Kenyon, che ha scavato nella città di David negli Anni ’60, in una zona situata leggermente ad Est dell’odierna Givati. Ci è apparso chiaro che la Kenyon aveva notato che la roccia naturale degrada verso Nord, in un luogo dove avrebbe dovuto naturalmente sollevarsi. Pensava che fosse una valle naturale, ma ora si scopre che aveva scoperto la continuazione del fossato, scavato a Ovest. Il collegamento dei due tratti scoperti crea un fossato profondo e ampio che si estende per almeno 70 metri, da Ovest a Est”. E aggiunge che “si tratta di una scoperta eccezionale che apre una rinnovata discussione sui termini della letteratura biblica che si riferiscono alla topografia di Gerusalemme, come l’Ofel e il Millo”.

Il dottor Shalev sottolinea che “la data in cui fu tagliato il fossato è sconosciuta. Tali importanti piani di costruzione e di estrazione a Gerusalemme sono solitamente datati all’età del bronzo medio – circa 3.800 anni fa (all’inizio del II millennio a.C.). Se il fossato fu tagliato durante questo periodo, allora aveva lo scopo di proteggere la città da Nord, l’unico punto debole del pendio della Città di Davide. In ogni caso, siamo sicuri che fosse utilizzato all’epoca del Primo Tempio e del Regno di Giuda (IX secolo a.C.), creando così un chiaro cuscinetto tra la città residenziale a Sud e la città alta a Nord”.

L’antica Gerusalemme era costruita in cima a un crinale stretto e ripido, espandendosi su colline e valli che la dividevano in parti distinte, rendendo difficile lo spostamento da un’unità all’altra. Pertanto, non sorprende che molte delle imprese edili di Gerusalemme fossero legate alla necessità di rimodellare la topografia.

Secondo Eli Escusido, direttore dell’Autorità israeliana per le antichità “Gli scavi nella Città di Davide non smettono mai di stupire; ancora una volta vengono rivelate scoperte che gettano una luce nuova e vivida sulla letteratura biblica. Quando ti trovi in fondo a questo gigantesco scavo, circondato da enormi mura sbozzate, è impossibile non essere pieni di meraviglia e di apprezzamento per quegli antichi popoli che, circa 3.800 anni fa, spostarono letteralmente montagne e colline”.

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Israele, una nuova scoperta fa luce su un pezzo di storia

Un recente scavo archeologico effettuato nei pressi di Gerusalemme ha portato alla luce una scoperta sensazionale. Lo scavo, infatti, offre uno sguardo sul passato della Città Santa quando era al suo apice, poco prima dell’assedio da parte dei Romani del 70 d.C.. Si tratta di una enorme cava dove sono stati scoperti due vasi di pietra immuni, secondo la legge ebraica, alle profanazioni rituali, reperti che segnalano la presenza di una popolazione ebraica. I vasi saranno esposti al pubblico presso il Jay and Jeanie Schottenstein National Campus for the Archaeology of Israel di Gerusalemme, che è stato aperto alle visite proprio quest’estate.

Perché la scoperta è molto importante

La cava rinvenuta è una delle più grandi mai scoperte in Israele. Risalente alla fine del periodo del Secondo Tempio, è stata portata alla luce da uno scavo dell’Autorità israeliana per le antichità, nell’area industriale di Har Hotzvim, a Gerusalemme. Finanziata da una società di sviluppo immobiliare in quanto la vaca si trova sui suoi terreni, l’area scavata si estende per circa 3.500 metri quadrati ed è solo una sezione di un’enorme cava.

Cos’è stato portato alla luce

Durante lo scavo, gli archeologi hanno portato alla luce decine di pietre da costruzione di varie dimensioni, oltre a trincee di estrazione e taglio i cui contorni indicano le dimensioni dei blocchi estratti. “La maggior parte delle pietre da costruzione estratte qui erano enormi lastre di roccia, la cui lunghezza raggiungeva circa 2,5 metri, la larghezza 1,2 metri e lo spessore 40 centimetri”, affermano Michael Chernin e Lara Shilov, direttori degli scavi per conto dell’Autorità israeliana per le antichità. “Ogni blocco estratto pesava due tonnellate e mezzo. Le dimensioni impressionanti delle pietre prodotte da questa cava testimoniano probabilmente il loro utilizzo in uno dei numerosi progetti reali di costruzione di Gerusalemme alla fine del Secondo Tempio, a partire dal regno di Erode il Grande (37 e il 4 a.C.).

Le fonti storiche indicano che i progetti di costruzione di Erode a Gerusalemme includevano, innanzitutto, l’espansione dell’area del Monte del Tempio e del Tempio stesso. Inoltre, durante il suo regno, furono costruiti in tutta la città una serie di imponenti edifici pubblici – palazzi e fortificazioni – che richiedevano un’enorme quantità di pietre da costruzione di alta qualità. I progetti di costruzione monumentale continuarono anche sotto i suoi successori: il più importante di questi progetti fu la costruzione del Terzo Muro della città da parte del nipote di Erode, il re Agrippa I, che regnò tra il 37 e il 44 d.C.

“È ragionevole supporre, con la dovuta cautela, che almeno alcune delle pietre da costruzione qui estratte fossero destinate a essere utilizzate come lastre per le strade di Gerusalemme in quel periodo”, affermano Chernin e Shilov. “In un altro scavo in corso da qualche anno nella Città di Davide, gli archeologi hanno scoperto una strada pavimentata (la “strada a gradini” – la “strada dei pellegrini”), anch’essa datata al tardo periodo del Secondo Tempio, sotto il dominio dei successivi procuratori romani. Si scopre, infatti, che le pietre della pavimentazione di questa strada hanno esattamente le stesse dimensioni, lo stesso spessore, nonché l’identica firma geologica delle lastre di pietra che sono state estratte dalla cava ora esposta a Har Hotzvim.

In un angolo della cava, gli archeologi sono stati sorpresi anche dalla scoperta di un vaso di pietra: il recipiente intatto, nascosto in quell’angolo da duemila anni, è stato scoperto quasi per caso dall’archeologo Alex Pechuro. “Si tratta di un vaso di purificazione in pietra che serviva alla comunità ebraica durante il periodo del Secondo Tempio”, spiega Lara Shilov. “È possibile che sia stato prodotto sul posto, nella cava stessa o che sia stato portato appositamente sul sito a beneficio dei lavoratori”.

I vasi di pietra scoperti saranno presentati al Campus Archeologico Nazionale Jay e Jeannie Schottenstein di Gerusalemme, che ha aperto quest’estate per la prima volta al pubblico.

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Israele, scoperta archeologica senza precedenti nei fondali marini

In Israele, cercavano fonti di gas, invece hanno fatto una scoperta archeologica sensazionale. Una compagnia energetica, la Energean, scandagliando i fondali del mare ha infatti scoperto per puro caso un antico relitto. Sarebbe il più antico mai trovato in fondo al mare. Si tratta di un mercantile che risale all’epoca Canaanita affondato tra i 3400 e i 3300 anni fa, ha spiegato l’autorità delle antichità di Israele. Al suo interno sono state rinvenute decine di anfore di terracotta.

La nave preistorica deve essere affondata subito, ha spiegato Jacob Sharvit, a capo della IAA Marine Unit. È crollata a picco fino a toccare il fondale ed è rimasta lì intatta, nascosta per millenni e dimenticata finché il sonar della Energean-E&P non ha scandagliato il fondo alla ricerca di fonti di gas e ha scoperto un’anomalia.

L’identificazione della nave e delle sue origini storiche si sono basate sulle immagini scattate dal robot. Poi, solo alcune settimane fa, dopo aver pianificato le operazioni per mesi, la Energean ha inviato un ROV (Remotely operated vehicle), un sottomarino a comando remoto, che ha recuperato due delle antiche anfore conservate nel vascello.

 

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Ryanair riparte verso Israele: la data e i nuovi voli

È un timido accenno di riapertura verso un Paese che ospita luoghi meravigliosi, ma attualmente coinvolto in un pesante conflitto: Ryanair, dopo il recente passo indietro, ha deciso di riprendere le proprie operazioni da/per Israele, con alcuni nuovi collegamenti che verranno presto ripristinati. Si parla naturalmente dei voli che riguardano l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv, che unisce la capitale israeliana ad una fitta rete di città in tutto il mondo. Scopriamo qualcosa in più.

Ryanair, la decisione su Israele

Il conflitto israelo-palestinese, scoppiato lo scorso autunno, ha messo in grande difficoltà il settore turistico. Molte compagnie aeree hanno infatti deciso di sospendere i propri voli da/per l’aeroporto internazionale Ben Gurion, che serve la capitale Tel Aviv. Tra queste, anche Ryanair: il vettore low cost irlandese ha interrotto le operazioni sin dal 7 ottobre 2023, data in cui è scoppiata la crisi di Gaza. Ora però la situazione potrebbe cambiare, anche se il clima internazionale è ancora abbastanza rovente. La compagnia aerea vuole riprendere i propri collegamenti con Israele, incentivata dalla decisione dello scalo di riaprire il Terminal 1.

Ryanair, dunque, ricomincerà a volare da/per Tel Aviv a partire da lunedì 3 giugno 2024: le prenotazioni sono già aperte sul sito ufficiale del vettore. “È una grande notizia che l’aeroporto Ben Gurion stia riaprendo il Terminal 1: ciò ha permesso a Ryanair di riprendere le operazioni su Tel Aviv da lunedì 3 giugno” – ha affermato un portavoce della compagnia, in una nota diramata proprio da Ryanair. Al momento, sono previsti 40 voli settimanali da/per Atene, Bari, Berlino, Budapest, Malta, Milano e Paphos (Cipro).

Le recenti vicissitudini dell’aeroporto Ben Gurion

La decisione di riprendere i collegamenti con Tel Aviv ha alle spalle una lunga storia piuttosto complessa. Lo scorso 7 ottobre, come abbiamo visto, l’inizio del conflitto aveva spinto molte compagnie aeree a sospendere i voli verso la capitale israeliana. Ai passeggeri diretti da/verso il Paese non è rimasta che pochissima scelta, grazie soprattutto ai vettori nazionali El Al, Arkia e Israir, che hanno continuato ad operare dall’aeroporto internazionale Ben Gurion accanto ad una manciata di altre compagnie straniere.

La situazione è leggermente migliorata lo scorso 8 gennaio 2024, quando Lufthansa (assieme alle compagnie da essa controllate) ha ripreso i suoi voli con 20 collegamenti settimanali. Una scelta importante, come ha spiegato il Globes: “È la quarta compagnia aerea al mondo e il secondo vettore più grande in Europa, comprendente Austrian e Swiss Airlines”. Il 1° febbraio anche Ryanair ha dato nuovamente il via alle operazioni presso il Ben Gurion. Tuttavia, l’aeroporto ha deciso di tenere aperto solamente il Terminal 3, quello destinato alle compagnie ad alto costo, rinunciando momentaneamente al Terminal 1, più economico.

Il vettore irlandese ha provato a tenere duro, ma le spese sono diventate insostenibili. Usufruire infatti del più caro Terminal 3 ha fatto sì che i costi per la compagnia siano aumentati, e con essi anche le tariffe proposte ai passeggeri. Il 27 febbraio, dunque, Ryanair ha interrotto nuovamente i voli da/per Tel Aviv – soprattutto dopo il rifiuto dell’aeroporto israeliano di applicare provvisoriamente i prezzi concordati per i passeggeri del Terminal 1. Ora che quest’ultimo ha però annunciato la riapertura, anche la compagnia low cost ha intenzione di riprendere i suoi voli.

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Trovati i resti di un’antica base legionaria romana: la scoperta

Recenti scavi in Israele hanno permesso di riportare alla luce i resti architettonici di un’antica base militare della VI Legione Romana “Ferrata”, i quali dovrebbero risalire a ben 1.800 anni fa. Secondo gli esperti, l’insediamento sarebbe stato abitato per quasi due secoli, e purtroppo ciò che ne rimane non è molto, perché i materiali con cui era stato costruito sono stati riutilizzati in epoca bizantina e, in seguito, durante il primo periodo islamico.

Nuova scoperta in Israele

È nel sito di Tel Megiddo, non molto distante dall’antico villaggio di Kfar Othnay, che gli archeologi hanno rinvenuto qualcosa di eccezionale durante i lavori per un importante progetto di infrastruttura stradale. Siamo nella regione settentrionale di Israele, dove sono appena riemerse delle antichissime testimonianze di un insediamento romano di circa 1.800 anni fa. Gli scavi, diretti dagli archeologi Yotam Tepper e Barak Tzin, hanno permesso di riportare alla luce alcuni resti architettonici della Via Pretoria, la strada principale dell’accampamento.

Sono inoltre stati scoperti un podio di forma semicircolare e alcune aree pavimentate in pietra, che dovevano far parte di un edificio pubblico monumentale. Il ritrovamento non è del tutto casuale, dal momento che negli ultimi dieci anni la zona è stata oggetto di numerose campagne di scavo per un progetto di ricerca storico-geografica, condotto per conto dell’Albright Institute of Archaeology di Gerusalemme. “Nel corso delle prime stagioni, la parte superiore del cortile dei comandanti è stata rinvenuta a sud-ovest della Road n.66, e nello scavo attuale (condotto per conto dell’Autorità Israeliana per le Antichità) stiamo scoprendo la parte nord-orientale” – ha affermato Tepper.

L’antica base militare romana

Quella che è riemersa nei pressi di Tel Megiddo non è certo l’unica base militare romana ritrovata negli ultimi decenni in Israele, ma è di gran lunga quella di più vaste dimensioni, nonché quella abitata per un periodo di tempo maggiore. Finora, infatti, erano stati riportati alla luce solo insediamenti temporanei o piccoli accampamenti appartenenti a divisioni ausiliare. La base scoperta adesso appartiene invece alla VI Legione Romana “Ferrata”, ed è senza dubbio una delle più preziose testimonianze archeologiche di quel periodo.

“L’accampamento della legione romana è stata la base militare permanente di oltre 5.000 soldati romani per più di 180 anni, dal 117-120 al 300 d.C. circa. Due strade principali si intersecavano al centro dell’accampamento, e il suo quartiere generale fu eretto qui. Da questo punto di base venivano misurate e segnate con pietre miliari tutte le distanze lungo le strade imperiali romane verso le principali città del nord del Paese. I resti dell’antico edificio non si sono conservati in altezza, poiché la maggior parte delle pietre da costruzione sono state rimosse nel corso degli anni per essere riutilizzate in progetti edilizi durante il periodo bizantino e il primo periodo islamico” – ha spiegato Tepper.

Nel corso degli scavi, oltre ai resti degli edifici, sono stati rinvenuti numerosi reperti. Tra questi, diverse monete, parti di armi, cocci di ceramica e frammenti di vetro. La scoperta più importante riguarda però alcune tegole che riportano i timbri della VI Legione, le quali venivano impiegate per vari scopi: dalla copertura di edifici alla pavimentazione e al rivestimento dei muri.

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Una scoperta sensazionale riscrive la storia

Ha ben 2.550 anni il tesoro antico che è appena stato rinvenuto, un oggetto non di grandi dimensioni ma che in qualche maniera ci racconta molto delle nostre origini, di come facevamo cose che adesso diamo per scontato.

La scoperta avvenuta in Israele

Ci troviamo in Israele e più precisamente in un sito situato sulle colline della Giudea. Proprio qui è stata recentemente scoperta, grazie a uno scavo condotto dall’Autorità israeliana per le antichità, una moneta d’argento estremamente rara e che risale al periodo persiano (VI-V secolo a.C.).

Potrebbe sembrare una banalità, ma nei fatti questo oggetto è una rara prova del primo utilizzo di monete nel Paese. In più, sono emerse anche altre ricchezze: lo scavo, effettuato nel corso dei lavori infrastrutturali intrapresi dalla Netivei, la Israel National Transport Infrastructure Company, ha messo in luce anche un edificio del periodo del Primo Tempio, con prove ancora più antiche di commercio nella forma del valore di uno shekel.

La rara moneta è stata riportata alla luce da Semyon Gendler, archeologo ad interim del distretto della Giudea dell’Autorità israeliana per le antichità. La moneta, che è stata trovata volutamente rotta, era coniata con timbro quadrato incastonato su una faccia; successivamente, tecniche più sofisticate produssero monete con stampe sporgenti anziché infossati.

L’importanza di questa scoperta

Robert Kool, capo del dipartimento numismatico dell’Autorità israeliana per le antichità, ha fatto sapere che “La moneta è estremamente rara e si unisce solo a una mezza dozzina di monete dello stesso tipo che sono state trovate negli scavi archeologici nel Paese. La moneta venne coniata in un periodo in cui l’uso della moneta era appena iniziato. Il raro ritrovamento fornisce informazioni sul modo in cui veniva svolto il commercio e sul processo attraverso il quale il commercio globale passò dal pagamento mediante pesatura di pezzi d’argento all’uso di monete. La moneta appartiene ad un gruppo di monete molto antiche coniate al di fuori di Israele, nelle regioni dell’antica Grecia, Cipro e Turchia. Nel VI-V secolo BCE tali monete iniziarono ad apparire in siti nella Terra d’Israele“.

Un ulteriore indizio del processo graduale è il fatto che la moneta sia stata ritrovata tagliata intenzionalmente in due: è il simbolo che nel IV secolo a.C. veniva utilizzata come pezzo d’argento pesato, piuttosto che come moneta, anche se le monete erano già usate in questo periodo.

Secondo Michal Mermelstein e Danny Benayoun, direttori degli scavi per conto della Israel Antiquities Authority, “Il sito era situato nella zona rurale del Regno di Giuda, la cui capitale era Gerusalemme. Fu colonizzato per la prima volta nel periodo del Primo Tempio, nel VII secolo BCE. (2.700 anni fa), durante i regni dei re di Giuda, Ezechia, Manasse, Amon e Giosia, un periodo di insediamento di punta nel regno di Giuda. Di questo periodo è stata scoperta una caratteristica “casa di quattro stanze” e il peso dello sheqel, trovato sul pavimento di una delle stanze della casa, fornisce le prime prove del commercio”.

Il peso di pietra a forma di cupola sarebbe stato utilizzato per pesare metalli, spezie e altri prodotti costosi. Il segno sul peso era un’abbreviazione (ieratica) dell’antico Egitto per la parola sheqel, e il singolo tratto inciso rappresenta uno sheqel. Il peso era di 11,07 g. “Questo era in effetti un peso standard nella regione del regno di Giuda, a dimostrazione che le merci venivano attentamente pesate sui mercati”, hanno sottolineato gli archeologi.

Secondo Eli Escusido, direttore dell’Autorità israeliana per le antichità, “È sempre sorprendente quanto importanti reperti vengano scoperti in luoghi inaspettati. Le minuscole monete sono una fonte cruciale di informazioni in archeologia. Ci forniscono dettagli visivi, iscrizioni e date. Attraverso un oggetto minuscolo come una moneta diventa possibile tracciare i processi del pensiero umano e osservare che le nostre abitudini economiche sono rimaste sostanzialmente immutate per migliaia di anni, è cambiata solo la tecnologia. In questo contesto è interessante considerare le future ricerche archeologiche in un mondo che ha adottato il commercio elettronico”.

Rara moneta in Israele

Fonte: Emil Aladjem, Israel Antiquities Authority

La moneta rinvenuta in Israele
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Sta per nascere una nuova compagnia aerea low cost

Si chiama Air Haifa, e tra qualche mese debutterà nel panorama delle compagnie aeree low cost per servire, con voli prevalentemente a corto raggio, l’Israele del nord. L’annuncio arriva dal ministro dei trasporti israeliano, e ora c’è grande curiosità per il vettore che potrebbe rivoluzionare il modo di viaggiare – soprattutto a livello economico – in una regione che non offre ancora molte opportunità a basso prezzo.

Air Haifa, il nuovo vettore low cost

Quando si parla di volare, un’ampia fetta di popolazione mondiale sceglie il settore low cost: l’aereo viene visto come un semplice mezzo di trasporto, e non come un’esperienza di cui godere. Perché, dunque, spendere tanto per dover solamente raggiungere la meta delle prossime vacanze? Non sorprende che i vettori a basso prezzo continuino a proliferare in ogni angolo del globo. Solo qualche mese fa è stato annunciato l’arrivo di una nuova compagnia aerea low cost in Italia, e nel resto del mondo la situazione non è differente.

A discapito degli sforzi compiuti da alcuni Paesi per ridurre i voli a basso prezzo, considerati troppo inquinanti per l’ambiente, anche Israele si dota di un altro vettore che dovrebbe praticare tariffe stracciate per i suoi passeggeri. Si tratta di Air Haifa, che servirà la regione settentrionale dello Stato, dove effettivamente i collegamenti economici spesso non si rivelano tali. Basti pensare che, come ha rivelato il ministro dei trasporti israeliano Miri Regev a Channel 12, annunciando la nascita della compagnia aerea, attualmente un volo da Haifa a Cipro costa il doppio di quello operato da Tel Aviv verso la stessa destinazione.

Il nord di Israele sta ancora adottando tariffe sproporzionate, ma Air Haifa dovrebbe ridurre le disparità e rendere molto più accessibili i propri voli ad una più vasta fetta di viaggiatori. Che cosa sappiamo su questa nuova compagnia aerea low cost? Stando alle previsioni, dovrebbe debuttare all’inizio del 2024. Avrà come sede l’aeroporto internazionale di Haifa, situato a pochi chilometri dalla città israeliana. Lo scalo opera prevalentemente voli commerciali, ma serve anche per diverse operazioni militari e come scuola per aerei ed elicotteri.

Dove volerà Air Haifa

Per quanto riguarda l’offerta di Air Haifa, al momento la compagnia aerea ha rilasciato solo qualche indicazione. Sul suo sito ufficiale si legge che il vettore opererà servizi diretti a basso costo verso un’ampia varietà di destinazioni regionali, “offrendo allo stesso tempo un’esperienza di viaggio comoda e sicura da e per l’aeroporto di Haifa, che ti farà risparmiare tempo e costi significativi”. Sarà dunque su voli a corto raggio che si specializzerà, trasportando i passeggeri con una flotta di aerei medio-piccoli su mete a breve distanza.

Le prime rotte che verranno proposte ai turisti sono Eilat, città israeliana affacciata sul Golfo di Aqaba, e l’isola di Cipro: entrambe sono destinazioni di villeggiatura molto frequentate, soprattutto per le loro splendide spiagge. La compagnia ha comunque già annunciato di voler estendere il proprio network nel prossimo futuro, aggiungendo tra le sue mete alcuni dei principali scali turistici di prossimità, tra cui la Grecia, la Turchia e Bucarest.

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Ritrovato quello che un tempo era un “portale per gli inferi”

Il mondo è un luogo ancora pieno di segreti che sembrano aspettare di essere rivelati, ma alle volte accadono delle scoperte che sorprendono non solo per la loro bellezza, ma anche per la portata e il loro significato. Come quella che vi stiamo per raccontare e che è stata identificata come un qualcosa che un tempo veniva utilizzato come un “portale per gli inferi“.

La scoperta avvenuta in Israele

In Israele molti anni fa è stata rinvenuta una grande grotta vicino a Beit Shemesh che probabilmente in passato veniva utilizzata come un “portale per gli inferi” limitatamente alla magia rituale di circa 1.700 anno orsono. A sostenere quanto appena detto è un articolo pubblicato recentemente sulla Harvard Theological Review.

Si tratta della Grotta di Teomim, una grande caverna carsica situata sulle colline di Gerusalemme, che è stata mappata per la prima volta nel lontano 1873. Tuttavia, è stato solo nell’ultimo decennio, quando archeologi ed esperti hanno iniziato a esplorare altre camere interne, che sono ritornati alla luce diversi oggetti curiosi, tra cui alcuni pezzi di tre teschi umani, 120 lampade a olio, antiche ceramiche e armi dell’età del bronzo risalenti a circa 2000 anni prima delle lampade disposte accuratamente e nascoste in profondità tra le fessure delle rocce.

Gli archeologi che hanno studiato la grotta e gli oggetti in essa contenuti ritengono che tale caverna potrebbe corrispondere a un luogo in cui veniva praticata la negromanzia, ovvero la pratica di comunicare con i morti, durante il periodo tardo romano, intorno al 300 d.C.

Le dichiarazione degli addetti ai lavori

Come dichiarato da il professor Boaz Zissu, archeologo dell’Università di Bar Ilan che studia la grotta dal 2009: “L’intera area ha subito una trasformazione radicale in seguito allo schianto della rivolta di Bar Kokhba”. Ha poi continuato affermando che: “In precedenza, questa era un’area ebraica, poi a seguito al vuoto creato in questa regione, sono entrati elementi pagani romani, e questi potrebbero essere nuovi rituali eseguiti da nuovi coloni pagani romani”.

Nel 2009 la grotta è stata esaminata da un team combinato di ricercatori del Dipartimento di studi e archeologia della Terra di Israele di Martin (Szusz) presso la Bar-Ilan University, l’Israel Cave Research Center, l’Università Ebraica, l’Autorità Israeliana per le Antichità e l’Autorità per la Natura e i Parchi, guidata da Zissu e dal Prof. Amos Frumkin.

E all’epoca, quando Zissu e altri studiosi fecero ingresso in alcune delle camere interne, ritrovarono cumuli di monete d’argento e d’oro che erano state lasciate dai profughi in fuga dalla rivolta di Bar Kokhba e costituirono alcune delle più grandi scoperte di depositi di monete.

“Ad un certo punto, abbiamo capito la logica degli antichi e dove mettevano le lampade e abbiamo iniziato a “pescare” le lampade ad olio. Stavano solo aspettando lì di essere raccolte”, ha detto Zissu. “Le persone che hanno nascosto queste lampade a olio hanno anche aggiunto alcuni altri manufatti che sono molto precedenti, come armi dell’età del bronzo, teste d’ascia e punte di lancia”.

È sembrato abbastanza evidente, dal modo in cui gli oggetti sono stati trovati, che fossero stati collocati con cura, probabilmente circa 1.700 anni fa, sulla base della datazione delle lampade a olio. Quasi 120 lucerne ben conservate risalenti al periodo tardo romano e primo bizantino (dalla fine del II al IV secolo d.C.) sono state raccolte da cavità e fessure della grotta.

I credenti, inoltre, pensavano che questo pozzo conducesse agli inferi e che i morti potessero usarlo per risalire in superficie e comunicare. Secondo alcune fonti, vicino a quasi tutte le città del mondo greco-romano esisteva un oracolo locale dei morti.

“La documentazione archeologica dell’Impero Romano di teschi umani depositati in possibili portali per gli inferi – grotte, pozzi e fonti d’acqua – non è ampia”, hanno osservato gli autori. Tuttavia, affermano che “la grotta di Te’omim sulle colline di Gerusalemme ha tutti gli elementi cultuali e fisici necessari per fungere da possibile “portale per gli inferi”.

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Anche Israele ha il suo Pantheon. A crearlo è stata Madre Natura

Sappiamo benissimo che gli esseri umani hanno creato, nel corso della loro storia, moltissime suggestive strutture d’incredibile bellezza. Ancora oggi rimaniamo incantati dalle misteriose piramidi, dalla magnificenza del Taj Mahal e dall’imponenza della Muraglia Cinese. Ma se vi dicessimo che i monumenti più belli sono, invece, quelli a opera di Madre Natura? Se non ci credete, pensate al Parco Nazionale di Beit Guvrin-Maresha, dove è possibile rimanere a bocca aperta di fronte a un Pantheon totalmente naturale.

Non è un caso che questo sito, che si trova in Israele,  sia stato riconosciuto dall’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità: comprende, infatti, una fitta di rete di grotte, per lo più a forma di campana, che sembrano anche essere tutte collegate tra loro per mezzo di svariati cunicoli sotterranei.

La storia di Beit Guvrin

Per capire meglio la storia di questo luogo incantevole, bisogna fare un piccolo passo indietro. Beit Guvrin, come abbiamo detto, si trova in Israele, precisamente a 13 chilometri da Kiryat Gat. Il parco nazionale è di immensa importanza perché comprende anche i resti di due città antiche, ossia Maresha e Bayt Jibrin, la prima risalente al X secolo a.C. e la seconda all’epoca romana. Le due città non sono strettamente legate alle grotte, ma la loro presenza ha portato sul luogo diversi archeologi che le hanno scoperte.

Le grotte di Bet Guvrin

Si è così potuto scoprire che le grotte, che si trovano precisamente nella parte est del parco, si sono formate per una naturale erosione sin dagli inizi della preistoria. Proprio alla preistoria, per altro, risalgono le prime tracce di abitazioni e insediamenti. Con la nascita delle città, le grotte sono state usate come siti funerari. Ciò è evidente da alcuni dipinti presenti all’ingresso di una delle grotte più grandi, proprio quella che è stata paragonata al nostro Pantheon Romano: Cerbero, che custodisce l’ingresso agli inferi, e una fenice, che simboleggia la rinascita.

Il Pantheon naturale e le altre grotte

In generale, l’enorme grotta paragonata al Pantheon e molte altre grotte che si trovano all’interno del parco sono opera di Madre Natura. Alcune, però, sono state a lungo utilizzate come vere e proprie abitazioni rupestri e al loro interno è possibile notare l’impronta umana, con scavi più o meno abbozzati che servivano a rendere più comodi gli ambienti. Molto più interessanti e chiaramente antropici sono invece i cunicoli, che sono stati realizzati per collegare le grotte e non solo.

Le grotte di Bet Guvrin

Sono state realizzate delle scale (molto primitive, ovviamente) che scendono in profondità, che conducono a delle specie di magazzini e dei pozzi dove, probabilmente, venivano conservati cibi e dove si estraeva l’acqua. Nei secoli a venire, altre grotte sono state modificate dagli esseri umani. Come mai? Perché molti blocchi di pietra venivano estratti per lavori di costruzione. Le grotte sono infatti costituite da pietre calcaree, per altro morbide e di colore beige, che erano perfette per edificare.

Visitare Beit Guvrin

Oggi, tutte le grotte sono facilmente accessibili e anche le città antiche sono facilmente visitabili. Ammirare sia le caverne che i resti degli insediamenti umani è davvero un’esperienza unica e caldamente raccomandata. Com’è intuibile dal nostro racconto, in particolare le grotte hanno un fascino incantevole: sono pacifiche, silenziose e, in qualche modo, anche fortemente spirituali.

Bet Guvrin, interno delle grotte

Per accedervi basta seguire tutte le indicazioni presenti all’ingresso del Parco Nazionale e, nei mesi estivi, è anche possibile usufruire di alcune navette che accorciano i tempi di percorrenza del parco. Non serve nemmeno prenotare: basta semplicemente andare sul posto per accedere alla vasta aerea, che non è mai particolarmente affollata.