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Ryanair riparte verso Israele: la data e i nuovi voli

È un timido accenno di riapertura verso un Paese che ospita luoghi meravigliosi, ma attualmente coinvolto in un pesante conflitto: Ryanair, dopo il recente passo indietro, ha deciso di riprendere le proprie operazioni da/per Israele, con alcuni nuovi collegamenti che verranno presto ripristinati. Si parla naturalmente dei voli che riguardano l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv, che unisce la capitale israeliana ad una fitta rete di città in tutto il mondo. Scopriamo qualcosa in più.

Ryanair, la decisione su Israele

Il conflitto israelo-palestinese, scoppiato lo scorso autunno, ha messo in grande difficoltà il settore turistico. Molte compagnie aeree hanno infatti deciso di sospendere i propri voli da/per l’aeroporto internazionale Ben Gurion, che serve la capitale Tel Aviv. Tra queste, anche Ryanair: il vettore low cost irlandese ha interrotto le operazioni sin dal 7 ottobre 2023, data in cui è scoppiata la crisi di Gaza. Ora però la situazione potrebbe cambiare, anche se il clima internazionale è ancora abbastanza rovente. La compagnia aerea vuole riprendere i propri collegamenti con Israele, incentivata dalla decisione dello scalo di riaprire il Terminal 1.

Ryanair, dunque, ricomincerà a volare da/per Tel Aviv a partire da lunedì 3 giugno 2024: le prenotazioni sono già aperte sul sito ufficiale del vettore. “È una grande notizia che l’aeroporto Ben Gurion stia riaprendo il Terminal 1: ciò ha permesso a Ryanair di riprendere le operazioni su Tel Aviv da lunedì 3 giugno” – ha affermato un portavoce della compagnia, in una nota diramata proprio da Ryanair. Al momento, sono previsti 40 voli settimanali da/per Atene, Bari, Berlino, Budapest, Malta, Milano e Paphos (Cipro).

Le recenti vicissitudini dell’aeroporto Ben Gurion

La decisione di riprendere i collegamenti con Tel Aviv ha alle spalle una lunga storia piuttosto complessa. Lo scorso 7 ottobre, come abbiamo visto, l’inizio del conflitto aveva spinto molte compagnie aeree a sospendere i voli verso la capitale israeliana. Ai passeggeri diretti da/verso il Paese non è rimasta che pochissima scelta, grazie soprattutto ai vettori nazionali El Al, Arkia e Israir, che hanno continuato ad operare dall’aeroporto internazionale Ben Gurion accanto ad una manciata di altre compagnie straniere.

La situazione è leggermente migliorata lo scorso 8 gennaio 2024, quando Lufthansa (assieme alle compagnie da essa controllate) ha ripreso i suoi voli con 20 collegamenti settimanali. Una scelta importante, come ha spiegato il Globes: “È la quarta compagnia aerea al mondo e il secondo vettore più grande in Europa, comprendente Austrian e Swiss Airlines”. Il 1° febbraio anche Ryanair ha dato nuovamente il via alle operazioni presso il Ben Gurion. Tuttavia, l’aeroporto ha deciso di tenere aperto solamente il Terminal 3, quello destinato alle compagnie ad alto costo, rinunciando momentaneamente al Terminal 1, più economico.

Il vettore irlandese ha provato a tenere duro, ma le spese sono diventate insostenibili. Usufruire infatti del più caro Terminal 3 ha fatto sì che i costi per la compagnia siano aumentati, e con essi anche le tariffe proposte ai passeggeri. Il 27 febbraio, dunque, Ryanair ha interrotto nuovamente i voli da/per Tel Aviv – soprattutto dopo il rifiuto dell’aeroporto israeliano di applicare provvisoriamente i prezzi concordati per i passeggeri del Terminal 1. Ora che quest’ultimo ha però annunciato la riapertura, anche la compagnia low cost ha intenzione di riprendere i suoi voli.

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Trovati i resti di un’antica base legionaria romana: la scoperta

Recenti scavi in Israele hanno permesso di riportare alla luce i resti architettonici di un’antica base militare della VI Legione Romana “Ferrata”, i quali dovrebbero risalire a ben 1.800 anni fa. Secondo gli esperti, l’insediamento sarebbe stato abitato per quasi due secoli, e purtroppo ciò che ne rimane non è molto, perché i materiali con cui era stato costruito sono stati riutilizzati in epoca bizantina e, in seguito, durante il primo periodo islamico.

Nuova scoperta in Israele

È nel sito di Tel Megiddo, non molto distante dall’antico villaggio di Kfar Othnay, che gli archeologi hanno rinvenuto qualcosa di eccezionale durante i lavori per un importante progetto di infrastruttura stradale. Siamo nella regione settentrionale di Israele, dove sono appena riemerse delle antichissime testimonianze di un insediamento romano di circa 1.800 anni fa. Gli scavi, diretti dagli archeologi Yotam Tepper e Barak Tzin, hanno permesso di riportare alla luce alcuni resti architettonici della Via Pretoria, la strada principale dell’accampamento.

Sono inoltre stati scoperti un podio di forma semicircolare e alcune aree pavimentate in pietra, che dovevano far parte di un edificio pubblico monumentale. Il ritrovamento non è del tutto casuale, dal momento che negli ultimi dieci anni la zona è stata oggetto di numerose campagne di scavo per un progetto di ricerca storico-geografica, condotto per conto dell’Albright Institute of Archaeology di Gerusalemme. “Nel corso delle prime stagioni, la parte superiore del cortile dei comandanti è stata rinvenuta a sud-ovest della Road n.66, e nello scavo attuale (condotto per conto dell’Autorità Israeliana per le Antichità) stiamo scoprendo la parte nord-orientale” – ha affermato Tepper.

L’antica base militare romana

Quella che è riemersa nei pressi di Tel Megiddo non è certo l’unica base militare romana ritrovata negli ultimi decenni in Israele, ma è di gran lunga quella di più vaste dimensioni, nonché quella abitata per un periodo di tempo maggiore. Finora, infatti, erano stati riportati alla luce solo insediamenti temporanei o piccoli accampamenti appartenenti a divisioni ausiliare. La base scoperta adesso appartiene invece alla VI Legione Romana “Ferrata”, ed è senza dubbio una delle più preziose testimonianze archeologiche di quel periodo.

“L’accampamento della legione romana è stata la base militare permanente di oltre 5.000 soldati romani per più di 180 anni, dal 117-120 al 300 d.C. circa. Due strade principali si intersecavano al centro dell’accampamento, e il suo quartiere generale fu eretto qui. Da questo punto di base venivano misurate e segnate con pietre miliari tutte le distanze lungo le strade imperiali romane verso le principali città del nord del Paese. I resti dell’antico edificio non si sono conservati in altezza, poiché la maggior parte delle pietre da costruzione sono state rimosse nel corso degli anni per essere riutilizzate in progetti edilizi durante il periodo bizantino e il primo periodo islamico” – ha spiegato Tepper.

Nel corso degli scavi, oltre ai resti degli edifici, sono stati rinvenuti numerosi reperti. Tra questi, diverse monete, parti di armi, cocci di ceramica e frammenti di vetro. La scoperta più importante riguarda però alcune tegole che riportano i timbri della VI Legione, le quali venivano impiegate per vari scopi: dalla copertura di edifici alla pavimentazione e al rivestimento dei muri.

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Una scoperta sensazionale riscrive la storia

Ha ben 2.550 anni il tesoro antico che è appena stato rinvenuto, un oggetto non di grandi dimensioni ma che in qualche maniera ci racconta molto delle nostre origini, di come facevamo cose che adesso diamo per scontato.

La scoperta avvenuta in Israele

Ci troviamo in Israele e più precisamente in un sito situato sulle colline della Giudea. Proprio qui è stata recentemente scoperta, grazie a uno scavo condotto dall’Autorità israeliana per le antichità, una moneta d’argento estremamente rara e che risale al periodo persiano (VI-V secolo a.C.).

Potrebbe sembrare una banalità, ma nei fatti questo oggetto è una rara prova del primo utilizzo di monete nel Paese. In più, sono emerse anche altre ricchezze: lo scavo, effettuato nel corso dei lavori infrastrutturali intrapresi dalla Netivei, la Israel National Transport Infrastructure Company, ha messo in luce anche un edificio del periodo del Primo Tempio, con prove ancora più antiche di commercio nella forma del valore di uno shekel.

La rara moneta è stata riportata alla luce da Semyon Gendler, archeologo ad interim del distretto della Giudea dell’Autorità israeliana per le antichità. La moneta, che è stata trovata volutamente rotta, era coniata con timbro quadrato incastonato su una faccia; successivamente, tecniche più sofisticate produssero monete con stampe sporgenti anziché infossati.

L’importanza di questa scoperta

Robert Kool, capo del dipartimento numismatico dell’Autorità israeliana per le antichità, ha fatto sapere che “La moneta è estremamente rara e si unisce solo a una mezza dozzina di monete dello stesso tipo che sono state trovate negli scavi archeologici nel Paese. La moneta venne coniata in un periodo in cui l’uso della moneta era appena iniziato. Il raro ritrovamento fornisce informazioni sul modo in cui veniva svolto il commercio e sul processo attraverso il quale il commercio globale passò dal pagamento mediante pesatura di pezzi d’argento all’uso di monete. La moneta appartiene ad un gruppo di monete molto antiche coniate al di fuori di Israele, nelle regioni dell’antica Grecia, Cipro e Turchia. Nel VI-V secolo BCE tali monete iniziarono ad apparire in siti nella Terra d’Israele“.

Un ulteriore indizio del processo graduale è il fatto che la moneta sia stata ritrovata tagliata intenzionalmente in due: è il simbolo che nel IV secolo a.C. veniva utilizzata come pezzo d’argento pesato, piuttosto che come moneta, anche se le monete erano già usate in questo periodo.

Secondo Michal Mermelstein e Danny Benayoun, direttori degli scavi per conto della Israel Antiquities Authority, “Il sito era situato nella zona rurale del Regno di Giuda, la cui capitale era Gerusalemme. Fu colonizzato per la prima volta nel periodo del Primo Tempio, nel VII secolo BCE. (2.700 anni fa), durante i regni dei re di Giuda, Ezechia, Manasse, Amon e Giosia, un periodo di insediamento di punta nel regno di Giuda. Di questo periodo è stata scoperta una caratteristica “casa di quattro stanze” e il peso dello sheqel, trovato sul pavimento di una delle stanze della casa, fornisce le prime prove del commercio”.

Il peso di pietra a forma di cupola sarebbe stato utilizzato per pesare metalli, spezie e altri prodotti costosi. Il segno sul peso era un’abbreviazione (ieratica) dell’antico Egitto per la parola sheqel, e il singolo tratto inciso rappresenta uno sheqel. Il peso era di 11,07 g. “Questo era in effetti un peso standard nella regione del regno di Giuda, a dimostrazione che le merci venivano attentamente pesate sui mercati”, hanno sottolineato gli archeologi.

Secondo Eli Escusido, direttore dell’Autorità israeliana per le antichità, “È sempre sorprendente quanto importanti reperti vengano scoperti in luoghi inaspettati. Le minuscole monete sono una fonte cruciale di informazioni in archeologia. Ci forniscono dettagli visivi, iscrizioni e date. Attraverso un oggetto minuscolo come una moneta diventa possibile tracciare i processi del pensiero umano e osservare che le nostre abitudini economiche sono rimaste sostanzialmente immutate per migliaia di anni, è cambiata solo la tecnologia. In questo contesto è interessante considerare le future ricerche archeologiche in un mondo che ha adottato il commercio elettronico”.

Rara moneta in Israele

Fonte: Emil Aladjem, Israel Antiquities Authority

La moneta rinvenuta in Israele
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Sta per nascere una nuova compagnia aerea low cost

Si chiama Air Haifa, e tra qualche mese debutterà nel panorama delle compagnie aeree low cost per servire, con voli prevalentemente a corto raggio, l’Israele del nord. L’annuncio arriva dal ministro dei trasporti israeliano, e ora c’è grande curiosità per il vettore che potrebbe rivoluzionare il modo di viaggiare – soprattutto a livello economico – in una regione che non offre ancora molte opportunità a basso prezzo.

Air Haifa, il nuovo vettore low cost

Quando si parla di volare, un’ampia fetta di popolazione mondiale sceglie il settore low cost: l’aereo viene visto come un semplice mezzo di trasporto, e non come un’esperienza di cui godere. Perché, dunque, spendere tanto per dover solamente raggiungere la meta delle prossime vacanze? Non sorprende che i vettori a basso prezzo continuino a proliferare in ogni angolo del globo. Solo qualche mese fa è stato annunciato l’arrivo di una nuova compagnia aerea low cost in Italia, e nel resto del mondo la situazione non è differente.

A discapito degli sforzi compiuti da alcuni Paesi per ridurre i voli a basso prezzo, considerati troppo inquinanti per l’ambiente, anche Israele si dota di un altro vettore che dovrebbe praticare tariffe stracciate per i suoi passeggeri. Si tratta di Air Haifa, che servirà la regione settentrionale dello Stato, dove effettivamente i collegamenti economici spesso non si rivelano tali. Basti pensare che, come ha rivelato il ministro dei trasporti israeliano Miri Regev a Channel 12, annunciando la nascita della compagnia aerea, attualmente un volo da Haifa a Cipro costa il doppio di quello operato da Tel Aviv verso la stessa destinazione.

Il nord di Israele sta ancora adottando tariffe sproporzionate, ma Air Haifa dovrebbe ridurre le disparità e rendere molto più accessibili i propri voli ad una più vasta fetta di viaggiatori. Che cosa sappiamo su questa nuova compagnia aerea low cost? Stando alle previsioni, dovrebbe debuttare all’inizio del 2024. Avrà come sede l’aeroporto internazionale di Haifa, situato a pochi chilometri dalla città israeliana. Lo scalo opera prevalentemente voli commerciali, ma serve anche per diverse operazioni militari e come scuola per aerei ed elicotteri.

Dove volerà Air Haifa

Per quanto riguarda l’offerta di Air Haifa, al momento la compagnia aerea ha rilasciato solo qualche indicazione. Sul suo sito ufficiale si legge che il vettore opererà servizi diretti a basso costo verso un’ampia varietà di destinazioni regionali, “offrendo allo stesso tempo un’esperienza di viaggio comoda e sicura da e per l’aeroporto di Haifa, che ti farà risparmiare tempo e costi significativi”. Sarà dunque su voli a corto raggio che si specializzerà, trasportando i passeggeri con una flotta di aerei medio-piccoli su mete a breve distanza.

Le prime rotte che verranno proposte ai turisti sono Eilat, città israeliana affacciata sul Golfo di Aqaba, e l’isola di Cipro: entrambe sono destinazioni di villeggiatura molto frequentate, soprattutto per le loro splendide spiagge. La compagnia ha comunque già annunciato di voler estendere il proprio network nel prossimo futuro, aggiungendo tra le sue mete alcuni dei principali scali turistici di prossimità, tra cui la Grecia, la Turchia e Bucarest.

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Ritrovato quello che un tempo era un “portale per gli inferi”

Il mondo è un luogo ancora pieno di segreti che sembrano aspettare di essere rivelati, ma alle volte accadono delle scoperte che sorprendono non solo per la loro bellezza, ma anche per la portata e il loro significato. Come quella che vi stiamo per raccontare e che è stata identificata come un qualcosa che un tempo veniva utilizzato come un “portale per gli inferi“.

La scoperta avvenuta in Israele

In Israele molti anni fa è stata rinvenuta una grande grotta vicino a Beit Shemesh che probabilmente in passato veniva utilizzata come un “portale per gli inferi” limitatamente alla magia rituale di circa 1.700 anno orsono. A sostenere quanto appena detto è un articolo pubblicato recentemente sulla Harvard Theological Review.

Si tratta della Grotta di Teomim, una grande caverna carsica situata sulle colline di Gerusalemme, che è stata mappata per la prima volta nel lontano 1873. Tuttavia, è stato solo nell’ultimo decennio, quando archeologi ed esperti hanno iniziato a esplorare altre camere interne, che sono ritornati alla luce diversi oggetti curiosi, tra cui alcuni pezzi di tre teschi umani, 120 lampade a olio, antiche ceramiche e armi dell’età del bronzo risalenti a circa 2000 anni prima delle lampade disposte accuratamente e nascoste in profondità tra le fessure delle rocce.

Gli archeologi che hanno studiato la grotta e gli oggetti in essa contenuti ritengono che tale caverna potrebbe corrispondere a un luogo in cui veniva praticata la negromanzia, ovvero la pratica di comunicare con i morti, durante il periodo tardo romano, intorno al 300 d.C.

Le dichiarazione degli addetti ai lavori

Come dichiarato da il professor Boaz Zissu, archeologo dell’Università di Bar Ilan che studia la grotta dal 2009: “L’intera area ha subito una trasformazione radicale in seguito allo schianto della rivolta di Bar Kokhba”. Ha poi continuato affermando che: “In precedenza, questa era un’area ebraica, poi a seguito al vuoto creato in questa regione, sono entrati elementi pagani romani, e questi potrebbero essere nuovi rituali eseguiti da nuovi coloni pagani romani”.

Nel 2009 la grotta è stata esaminata da un team combinato di ricercatori del Dipartimento di studi e archeologia della Terra di Israele di Martin (Szusz) presso la Bar-Ilan University, l’Israel Cave Research Center, l’Università Ebraica, l’Autorità Israeliana per le Antichità e l’Autorità per la Natura e i Parchi, guidata da Zissu e dal Prof. Amos Frumkin.

E all’epoca, quando Zissu e altri studiosi fecero ingresso in alcune delle camere interne, ritrovarono cumuli di monete d’argento e d’oro che erano state lasciate dai profughi in fuga dalla rivolta di Bar Kokhba e costituirono alcune delle più grandi scoperte di depositi di monete.

“Ad un certo punto, abbiamo capito la logica degli antichi e dove mettevano le lampade e abbiamo iniziato a “pescare” le lampade ad olio. Stavano solo aspettando lì di essere raccolte”, ha detto Zissu. “Le persone che hanno nascosto queste lampade a olio hanno anche aggiunto alcuni altri manufatti che sono molto precedenti, come armi dell’età del bronzo, teste d’ascia e punte di lancia”.

È sembrato abbastanza evidente, dal modo in cui gli oggetti sono stati trovati, che fossero stati collocati con cura, probabilmente circa 1.700 anni fa, sulla base della datazione delle lampade a olio. Quasi 120 lucerne ben conservate risalenti al periodo tardo romano e primo bizantino (dalla fine del II al IV secolo d.C.) sono state raccolte da cavità e fessure della grotta.

I credenti, inoltre, pensavano che questo pozzo conducesse agli inferi e che i morti potessero usarlo per risalire in superficie e comunicare. Secondo alcune fonti, vicino a quasi tutte le città del mondo greco-romano esisteva un oracolo locale dei morti.

“La documentazione archeologica dell’Impero Romano di teschi umani depositati in possibili portali per gli inferi – grotte, pozzi e fonti d’acqua – non è ampia”, hanno osservato gli autori. Tuttavia, affermano che “la grotta di Te’omim sulle colline di Gerusalemme ha tutti gli elementi cultuali e fisici necessari per fungere da possibile “portale per gli inferi”.

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Anche Israele ha il suo Pantheon. A crearlo è stata Madre Natura

Sappiamo benissimo che gli esseri umani hanno creato, nel corso della loro storia, moltissime suggestive strutture d’incredibile bellezza. Ancora oggi rimaniamo incantati dalle misteriose piramidi, dalla magnificenza del Taj Mahal e dall’imponenza della Muraglia Cinese. Ma se vi dicessimo che i monumenti più belli sono, invece, quelli a opera di Madre Natura? Se non ci credete, pensate al Parco Nazionale di Beit Guvrin-Maresha, dove è possibile rimanere a bocca aperta di fronte a un Pantheon totalmente naturale.

Non è un caso che questo sito, che si trova in Israele,  sia stato riconosciuto dall’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità: comprende, infatti, una fitta di rete di grotte, per lo più a forma di campana, che sembrano anche essere tutte collegate tra loro per mezzo di svariati cunicoli sotterranei.

La storia di Beit Guvrin

Per capire meglio la storia di questo luogo incantevole, bisogna fare un piccolo passo indietro. Beit Guvrin, come abbiamo detto, si trova in Israele, precisamente a 13 chilometri da Kiryat Gat. Il parco nazionale è di immensa importanza perché comprende anche i resti di due città antiche, ossia Maresha e Bayt Jibrin, la prima risalente al X secolo a.C. e la seconda all’epoca romana. Le due città non sono strettamente legate alle grotte, ma la loro presenza ha portato sul luogo diversi archeologi che le hanno scoperte.

Le grotte di Bet Guvrin

Si è così potuto scoprire che le grotte, che si trovano precisamente nella parte est del parco, si sono formate per una naturale erosione sin dagli inizi della preistoria. Proprio alla preistoria, per altro, risalgono le prime tracce di abitazioni e insediamenti. Con la nascita delle città, le grotte sono state usate come siti funerari. Ciò è evidente da alcuni dipinti presenti all’ingresso di una delle grotte più grandi, proprio quella che è stata paragonata al nostro Pantheon Romano: Cerbero, che custodisce l’ingresso agli inferi, e una fenice, che simboleggia la rinascita.

Il Pantheon naturale e le altre grotte

In generale, l’enorme grotta paragonata al Pantheon e molte altre grotte che si trovano all’interno del parco sono opera di Madre Natura. Alcune, però, sono state a lungo utilizzate come vere e proprie abitazioni rupestri e al loro interno è possibile notare l’impronta umana, con scavi più o meno abbozzati che servivano a rendere più comodi gli ambienti. Molto più interessanti e chiaramente antropici sono invece i cunicoli, che sono stati realizzati per collegare le grotte e non solo.

Le grotte di Bet Guvrin

Sono state realizzate delle scale (molto primitive, ovviamente) che scendono in profondità, che conducono a delle specie di magazzini e dei pozzi dove, probabilmente, venivano conservati cibi e dove si estraeva l’acqua. Nei secoli a venire, altre grotte sono state modificate dagli esseri umani. Come mai? Perché molti blocchi di pietra venivano estratti per lavori di costruzione. Le grotte sono infatti costituite da pietre calcaree, per altro morbide e di colore beige, che erano perfette per edificare.

Visitare Beit Guvrin

Oggi, tutte le grotte sono facilmente accessibili e anche le città antiche sono facilmente visitabili. Ammirare sia le caverne che i resti degli insediamenti umani è davvero un’esperienza unica e caldamente raccomandata. Com’è intuibile dal nostro racconto, in particolare le grotte hanno un fascino incantevole: sono pacifiche, silenziose e, in qualche modo, anche fortemente spirituali.

Bet Guvrin, interno delle grotte

Per accedervi basta seguire tutte le indicazioni presenti all’ingresso del Parco Nazionale e, nei mesi estivi, è anche possibile usufruire di alcune navette che accorciano i tempi di percorrenza del parco. Non serve nemmeno prenotare: basta semplicemente andare sul posto per accedere alla vasta aerea, che non è mai particolarmente affollata.

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Puoi camminare sulle acque: succede nel Mar Morto una volta l’anno

Ci mettiamo in viaggio per tantissimi motivi, e anche se sono diversi tra loro, per esigenze e preferenze, tutti sono accomunati dal medesimo desiderio di vivere e condividere esperienze uniche e straordinarie.

Pernottare in alloggi stravaganti, per esempio, o intraprendere missioni adrenaliniche. E poi, ancora, raggiungere destinazioni remote e solitarie, visitare borghi fantasma e dormire sotto i cieli stellati sfavillanti. Queste sono solo alcune delle esperienze che ci invitano ogni giorno ad attraversare il globo il lungo e in largo.

Ma se è un’avventura unica e irripetibile che volete vivere, allora c’è solo un luogo da raggiungere, un posto dove una volta all’anno uomini, donne e persone di ogni età possono camminare, o meglio correre, sulle acque del Mar Morto. L’esperienza è davvero unica.

Cos’è la Dead Sea Marathon e perché dovresti partecipare almeno una volta nella vita

Per vivere quella che è una delle esperienze più sensazionali e suggestive di una vita intera, dobbiamo recarci a Israele in un preciso periodo dell’anno. È qui, tra le sponde del Mar Morto, che le persone possono compiere il loro personale miracolo, quello di camminare o correre sulle acque e attraversare uno dei paesaggi più mozzafiato del globo.

L’esperienza, che vanta una fama mondiale, è legata alla Dead Sea Marathon, la corsa più bassa del mondo. La maratona, infatti, permette alle persone di correre su un lembo di terra situato a 420 metri sotto il livello del mare, questo vuol dire che c’è la possibilità di attraversare, letteralmente, il Mar Morto e lo scenario unico che lo caratterizza.

Da una parte il deserto, dall’altra le oasi in lontananza. Tutto intorno, invece, il mare più salato del mondo che si allunga verso il cielo e in quello sembra sparire: la corsa è un sogno a occhi aperti che si avvera chilometro dopo chilometro.

Non si tratta di un’esperienza riservata ai soli runner esperti. Ogni anno, la prima settimana di febbraio, corridori, sportivi, famiglie e ragazzi si riuniscono qui per attraversare il mare e per vivere un’esperienza surreale, unica e irripetibile.

Correre sulle acque: l’esperienza da sogno

Non è un miracolo, ma una vera e propria opportunità che viene concessa a persone di tutto il mondo una volta l’anno. La Dead Sea Marathon si tiene, solitamente, nei primi giorni di febbraio e questa è l’unica possibilità che si ha per attraversare il mare, camminando su una superficie pianeggiante che lo attraversa. Questo lembo di terra, infatti, è di proprietà della Dead Sea Works che permette l’accesso solo in occasione della maratona sportiva.

L’appuntamento, dicevamo, è annuale ed è previsto solitamente durante la prima settimana del mese di febbraio. Il punto di partenza è Ein Bokek, la celebre località israeliana situata sulle rive del Mar Morto, nonché punto di riferimento di tutti i vacanzieri che giungono fin qui.

Come abbiamo anticipato, questo appuntamento sportivo non è destinato solo ai più esperti. Insieme ai runner, infatti, ci sono anche le famiglie, i giovanissimi e i viaggiatori che desiderano attraversare lo straordinario palcoscenico che attraversa l’acqua cristallina e turchese. Non una semplice corsa, la Dead Sea Marathon è una vera e propria esperienza straordinaria.

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In Israele verrà aperta al pubblico una tomba importantissima

Solo pochi giorni fa sono stati annunciati nuovi scavi in quello che è ritenuto essere il luogo di sepoltura di Salomè, la levatrice che assistette alla nascita di Gesù (e non solo). Fino a questo momento, è stata riportata alla luce un’importante tomba ebraica risalente a ben duemila anni fa e l’obiettivo di Israele è aprirla a breve al pubblico.

Come è fatta la tomba di Maria Salomè

La tomba si trova in un’ampia area situata a circa 35 km a sud-ovest di Gerusalemme. Sono state le lastre di pietra e i pavimenti a mosaico a far capire che si tratta di una sepoltura di una personalità importante.

Secondo la tradizione cristiana, la tomba custodirebbe i resti di Maria Salomè, una delle donne che seguirono Gesù fin sotto la croce e che, secondo i Vangeli apocrifi, sarebbe stata anche una delle due levatrici che aiutarono la Vergine Maria a partorire lo stesso Gesù a Betlemme.

Più nel dettaglio: la Grotta di Salomè si trova nella città di Lakish, a metà strada tra Gaza e Gerusalemme e, stando a quanto riportato dalla fonti locali, rientrerà nell’itinerario “Sentiero dei Re di Giudea”, un progetto guidato dal governo israeliano che riunisce importanti siti archeologici del territorio che si estendono per circa 80 chilometri.

Un’impresa che però al momento risulta controversa in quanto tali resti si trovano al di fuori dei territori occupati da Israele. Per questo motivo, l’Autorità israeliana per le antichità è stata criticata per aver continuato il suo lavoro senza consultare i palestinesi locali.

Non solo la tomba, gli altri ritrovamenti

Nei fatti questo sito archeologico era stato svelato 40 anni fa da alcuni ladri di antichità, ma l’ente governativo di Israele ha deciso di ampliare gli scavi per concentrarsi sul complesso tombale collegato che sembrerebbe appartenere a una famiglia benestante.

Accanto al cortile, l’ingresso della grotta è particolarmente decorato con intagli simbolici di rosette, melograni e vasi d’acanto. Gli scavi effettuati da queste parti hanno riportato alla luce anche una fila di bancarelle che vendevano, o affittavano, lampade di terracotta.

Le dichiarazioni degli addetti ai lavori

Come sottolineato dai direttori dello scavo Nir Shimshon-Paran e Zvi Firer: “Nel negozio abbiamo trovato centinaia di lampade complete e rotte risalenti all’VIII-IX secolo d.C”.

Ma non solo: “Con un cortile di oltre 3.700 metri quadrati, pavimenti a mosaico e ingressi della grotta riccamente scolpiti con rosette e melograni, si ritiene che la camera funeraria risalga al periodo romano prima di essere sostituita da una cappella cristiana”, ha affermato in una nota l’Autorità israeliana per le antichità, tanto da descriverlo come uno dei più incredibili siti di sepoltura privata scoperti nel Paese. “La tomba attesta che i suoi proprietari erano di alto rango nella Giudea centro-meridionale nel periodo del secondo tempio”.

“Il culto di Salomè, santificato nel cristianesimo, appartiene a un fenomeno più ampio, in cui i pellegrini cristiani del V secolo incontravano e santificavano i siti ebraici”. Un processo di santificazione che è stato chiarito nel sito attraverso la scoperta di un piccolo mercato all’esterno della grotta che vendeva ai visitatori le lampade di argilla di cui vi parlavamo sopra. All’interno, una cappella dedicata a Salomè è costellata di croci e iscrizioni in greco, siriaco e arabo, che sarebbero testimoni dell’importanza del sito dall’epoca bizantina fino al periodo islamico.

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L’importante scoperta avvenuta per puro caso

Alle volte si organizzano campagne di scavo perché gli archeologi sono consapevoli che la terra, in quell’area, nasconde tesori millenari. Altre, invece, le scoperte avvengono per puro caso, come è successo a un gruppo di alunni di terza media che a seguito di un’escursione hanno riportato alla luce una meraviglia antichissima.

Israele, la scoperta fatta da un gruppo di ragazzi di terza media

Ciò che è stato appena rinvenuto è un antico scarabeo di 3000 anni fa. Un gruppo di ragazzi era in gita scolastica ad Azor, vicino a Tel Aviv in Israele e, mentre stavano girovagando, hanno visto qualcosa che sembrava un piccolo giocattolo per terra. Una volta raccolto, come ha raccontato Gilad Stern dell’Israel Antiquity Authority Educational Center, che guidava la gita: “Sono rimasto stupito perché era uno scarabeo con una scena chiaramente incisa, il sogno di ogni archeologo dilettante. Gli alunni erano davvero entusiasti!“.

Questo piccolo – ma solo di dimensioni – tesoro ritrovato per puro caso è stato progettato con la forma del comune scarabeo stercorario. Gli antichi egizi, infatti, vedevano nel gesto dell’insetto che rotola una palla di sterco due volte più grande di lui dove ripone la sua futura prole, l’incarnazione della creazione e della rigenerazione.

Le dichiarazioni degli addetti al lavori

Secondo il dottor Amir Golani, specialista dell’Autorità israeliana per le antichità nel periodo dell’Età del Bronzo, “Lo scarabeo veniva usato come sigillo ed era un simbolo di potere e di status. Poteva essere inserito in una collana o in un anello. È fatto di terracotta silicata ricoperta da uno smalto verde-bluastro. Potrebbe essere caduta dalle mani di un personaggio importante e autorevole che passava da quelle parti, oppure potrebbe essere stata deliberatamente sepolta nel terreno insieme ad altri oggetti e dopo migliaia di anni è tornata in superficie. È difficile determinare l’esatto contesto originario”.

Nella parte inferiore dello scarabeo – per intenderci quella piatta – è possibile scorgere una figura seduta su una sedia e di fronte a essa una figura in piedi, il cui braccio è sollevato rispetto a quello della persona seduta. La figura in piedi presenta una testa allungata, che sembra rappresentare la corona di un faraone egiziano, ed è possibile che qui si veda un’istantanea di una scena in cui il faraone egiziano conferisce l’autorità a un suddito cananeo locale.

E a tal proposito Golani ha affermato: “Questa scena riflette fondamentalmente la realtà geopolitica che prevaleva nella terra di Canaan durante la tarda età del bronzo (ca. 1500-1000 a.C.), quando i governanti cananei locali vivevano (e talvolta si ribellavano) sotto l’egemonia politica e culturale egiziana“. Ha poi continuato: “È quindi molto probabile che il sigillo risalga alla tarda età del bronzo, quando i cananei locali erano governati dall’Impero egizio”.

I sigilli di scarabeo sono infatti egiziani, ma la loro ampia diffusione si estendeva anche al di fuori dei confini dell’Egitto. Non a caso, centinaia di scarabei sono stati scoperti in Terra d’Israele, soprattutto in tombe, ma anche in strati di insediamento. Alcuni di essi sono stati importati dall’Egitto, mentre altrettanti sono stati imitati in Israele da artigiani locali sotto l’influenza egiziana. Il livello di lavorazione del particolare scarabeo appena rinvenuto da questi ragazzi, infatti, non è tipico dell’Egitto. Per questo motivo potrebbe rappresentare un prodotto di artigiani locali.

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Fonte: Gilad Stern, Israel Antiquity Authority

Gli artefici della scoperta
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La scoperta che ci riporta indietro di 1.200 anni

La scoperta appena avvenuta ci riporta indietro nel tempo di oltre 1.200 anni. Degli scavi subacquei, infatti, hanno riportato alla luce una nave antichissima, la più grande nel suo genere, e circa 200 anfore che contenevano ingredienti per la dieta mediterranea.

Israele, la scoperta che riscrive la storia

Siamo in Israele, più precisamente al largo di quella che oggi è Maagan Michael, una comunità costiera tra Haifa e Hadera, nel Nord del Paese. Proprio qui, grazie a uno scavo sostenuto dalla Israel Science Foundation, dalla Honor Frost Foundation e dall’Institute of Nautical Archaeology della Texas A&M University, è stato rinvenuto un relitto risalente a oltre 1.200 anni fa con al suo interno circa 200 anfore che contenevano ancora ingredienti della dieta mediterranea, come la salsa di pesce, e una varietà di olive, datteri e fichi. Prodotti davvero particolari poiché erano delizie di zone lontane.

Non ci è ancora dato sapere come sia affondata. Il periodo, infatti, era molto turbolento e l’impero bizantino cedeva territori alla nascente potenza islamica. Tuttavia, l’esistenza stessa della nave testimonierebbe la persistenza del commercio in un Mediterraneo sempre più diviso.

Le dichiarazioni degli addetti ai lavori

A spiegare quanto appena detto, e come riportato da Rai News, è stata Deborah Cvikel, archeologa nautica dell’Università di Haifa e direttrice dello scavo. In particolare ha dichiarato: “I libri di storia ci dicono che in quell’epoca non esistevano commerci internazionali nel Mediterraneo. E lo testimoniavano la scoperta soprattutto di navi di piccole dimensioni, in grado di navigare lungo la costa facendo cabotaggio“.

Ha poi aggiunto: “In questo caso, invece, abbiamo scoperto un grande relitto, che crediamo fosse una nave originariamente lunga circa 25 metri con un carico di merci provenienti da tutto il Mediterraneo”.

Una scoperta importantissima

I manufatti ritrovati sul ponte del relitto dimostrerebbero che la nave aveva attraccato a Cipro, in Egitto, forse in Turchia e che probabilmente si era spinta fino alla costa nordafricana.

La costa di Israele è ricca di scheletri di navi affondate nel corso dei millenni. I relitti, da queste parti, sono più accessibili allo studio che in altre zone del Mediterraneo. Questo si verifica perché il mare qui è poco profondo e il fondale sabbioso, condizioni ottimali per conservare reperti.

Infatti, come è successo con la nuova scoperta al largo di Maagan Michael, in queste acque è sufficiente una tempesta per riportare alla luce una nuova reliquia. In questo caso specifico, sono stati due subacquei dilettanti a individuare un pezzo di legno che sporgeva dal fondo. Una parte che si è rivelata essere di una nave mercantile, datata tra il VII e l’VIII secolo d.C, fatta di abeti e noci.

Gli scavi eseguiti dal team di Cvikel hanno mappato gran parte dello scheletro di legno, lungo ben 20 metri e largo cinque. Dopodiché degli aspiratori subacquei hanno ripulito 1,5 metri di sabbia e scoperto le oltre 200 anfore contenenti ancora ingredienti della dieta mediterranea. Ma non solo. Erano presenti persino strumenti per la navigazione come corde e oggetti personali tra cui pettini di legno, oltre ad animali, inclusi i resti di scarafaggi e sei topi.

Insomma, quella appena avvenuta è una scoperta che potrebbe persino riscrivere la storia del Mediterraneo.