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Una Venezia insolita, tra i suoi capolavori segreti che in pochi conoscono

Venezia, lo sappiamo bene, è una città unica al mondo, una delle mete più iconiche e gettonate, il cui nome porta subito alla mente la spettacolare Piazza San Marco con il Campanile e la Basilica, il Ponte di Rialto, il Ponte dei Sospiri e le caratteristiche isole di Burano, famosa per i merletti, e Murano, celebre per il vetro artistico.

Ma la città lagunare non è soltanto questo: tra calli, campi e sestieri, infatti, si celano chicche segrete, capolavori della storia dell’arte e luoghi insoliti tutti da scoprire per conoscere e apprezzare un lato inedito di rara suggestione.

Ponte del Chiodo

Lungo le fondamenta di San Felice, nel sestiere Cannaregio, ecco Ponte del Chiodo, uno dei due soli ponti veneziani (l’altro è il Ponte del Diavolo sull’isola di Torcello) rimasti intatti senza parapetti.

Si tratta di un piccolo ponte privato, lontano dai flussi turistici, che porta all’ingresso delle case sull’altra sponda e prende il nome dalla famiglia che in passato lo attraversava.

Calle Varisco

È davvero magico perdersi tra i ponti e le stradine meno frequentate di Venezia, nel silenzio rotto soltanto dai passi, e trovarsi dinanzi meraviglie impensate: una di queste è Calle Varisco, la via più stretta della città (indicata da due colonne) che misura appena 53 centimetri!

San Pantalon

Chiesa di San Pantalon

Fonte: Ph Crisfotolux – iStock

Chiesa di San Pantalon

Nelle immediate vicinanze di Campo Santa Margherita, svetta una chiesa dalla facciata incompiuta, il cui aspetto dimesso non cattura l’attenzione.

Si tratta della Chiesa di San Pantalon che, eppure, custodisce un’emozionante sorpresa. Appena varcato l’ingresso, preparatevi al capolavoro: il soffitto di 443 metri quadri è impreziosito da una maestosa tela dipinta simile a un affresco, forse la più grande del mondo.
L’opera, ricavata unendo 40 tele, sfrutta un sapiente gioco di prospettive per ampliare lo spazio della chiesa dove, all’architettura reale, si affiancano colonne e arcate dipinte.

San Zaccaria e la cripta allagata

Non lontano da Piazza San Marco, in  Campo S. Zaccaria, si staglia l’omonima chiesa, tra le più affascinanti della città, con pregevole facciata quattrocentesca e interni che pullulano di opere d’arte.

Ma non basta: raggiunta la cappella di San Tarasio, una serie di gradini conducono alla cripta, suggestivo ambiente a tre navate con colonne e volte a crociera dove venivano sepolti i primi dogi.
La presenza ormai immancabile dell’acqua l’ha resa ancora più affascinante: le volte e le colonne, come in un gioco di specchi, raddoppiano così gli spazi, creano nuove prospettive e aggiungono profondità.

Il labirinto sull’isola

Venezia vanta anche un labirinto.

Sull’isola di San Giorgio Maggiore, a breve distanza in vaporetto da Piazza San Marco, si trova un incredibile percorso tra le siepi di oltre un chilometro con tremila piante di bosso appositamente allineate.

La curiosa struttura è dedicata allo scrittore argentino Jorge Luis Borges, molto legato alla Serenissima, nei cui romanzi il labirinto è un tema ricorrente come metafora della complessità del mondo e della conseguente difficoltà dell’uomo a “trovare la propria strada”.

Scala Contarini del Bovolo

Scala Contarini del Bovolo

Fonte: Ph Paul Hayward – iStock

Scala Contarini del Bovolo

Nel sestiere di San Marco, vicino a Campo Manin, cattura lo sguardo la Scala Contarini del Bovolo, gioiello nascosto plasmato da una torre cilindrica alta 26 metri e 80 scalini dalla forma elicoidale, in stile gotico, rinascimentale e veneto-bizantino.

Dalla sua sommità, si gode di una vista superba sui tetti della città, i campanili e le inconfondibili cupole della Basilica di San Marco.

La tomba di Canova

Poco distante da Campo San Polo, la Basilica dei Frari conserva la tomba dello scultore Antonio Canova, dalla particolare forma a piramide per rappresentare il “grande architetto dell’universo”, divinità dei massoni.

Il complesso, mediante il linguaggio cifrato delle statue e degli elementi arcani, parla della sapienza e dell’ispirazione dell’artista, nonché dell’immortalità dell’anima.

Inoltre, nella tomba è custodito soltanto il cuore del Canova, le cui spoglie si trovano invece a Possano, città natale.

Teatro Italia

A pochi passi dal Ghetto Ebraico, percorrendo la via che dalla stazione ferroviaria conduce a Rialto, ci si imbatte in uno storico edificio su cui campeggia la scritta “Teatro Italia“.

Al suo interno, la sorpresa: il supermercato più elegante d’Italia, il “DESPAR Teatro Italia”, ricavato nell’ex cinema teatro di inizio Novecento, con balconata in stile liberty e volte affrescate.

Palazzo Tetta

Nel Sestiere di Castello, uno dei palazzi più particolari e fotografati di Venezia: il settecentesco Palazzo Tetta, raro esempio di edificio lagunare indipendente sui tre lati.

Salite sul Ponte dei Conzafelzi e potrete immortalarlo da una posizione privilegiata.

Lo Squero di San Trovaso e lo Squero Tramontin

Sono molti i cantieri navali a Venezia, gli squeri, dove vengono costruite le gondole.

Tra questi, meritano una visita lo Squero di San Trovaso nel sestiere Dorsoduro, uno dei più famosi e antichi della città, nonché tra i pochi ancora in attività, e lo Squero Tramontin  e Figli, un’autentica istituzione del settore: i Tramontin, infatti, esportarono la gondola nel mondo e furono i fornitori ufficiali della Questura, del Comando dei Carabinieri e della Casa Reale Savoia.

Il canale sotterraneo

L’unico canale sotterraneo di Venezia? Eccolo in Campo Sant’Angelo, lungo il fianco della Chiesa di Santo Stefano, una piccola cavità cui si accede soltanto via acqua.

È parte del Rio Santissimo e termina al di sotto del coro della chiesa.

San Lazzaro degli Armeni

san lazzaro degli armeni venezia

Tra le isole della laguna di Venezia, da vedere è anche San Lazzaro degli Armeni, dal Settecento centro spirituale di una comunità di monaci provenienti dall’Armenia.

Ottenuto il permesso di stabilirsi sull’isola abbandonata, ristrutturarono la chiesa del monastero in rovina, costruirono nuovi edifici e diedero vita a una tipografia con cui stamparono opere scientifiche, letterarie e religiose in 10 alfabeti e 36 lingue.

Visitando l’isola, raggiungibile in vaporetto da San Zaccaria lungo la Riva degli Schiavoni, ammirerete un museo con arte e oggettistica araba, una pinacoteca e oltre 4000 manoscritti armeni.

La Porta Blu

Infine, la bellezza della Venezia nascosta si rivela anche nella pittoresca Porta Blu, nei presso di Palazzo Tetta e dell’originale Libreria Acqua Alta.

Da Calle Longa Santa Maria Formosa, prendete per Calle Ruga Giuffa, svoltate in Calle de Mezo e percorretela fino in fondo: ve la ritroverete proprio dinanzi.

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Campania Curiosità luoghi misteriosi Napoli Viaggi

Hai mai provato ad attraversare questa piazza “bendato”? Dicono che è impossibile

Ogni città ha una storia fatta di misteri, avvenimenti oscuri e inspiegabili in cui i protagonisti sono persone di spicco o che hanno avuto un ruolo importante nel contesto urbano. Questi personaggi sono spesso al centro di leggende e racconti popolari che gettano un ulteriore velo di mistero sulla città. Tra quelle che hanno un fascino indiscutibile Napoli non poteva essere da meno. Uno dei luoghi simbolo del capoluogo campano è Piazza del Plebiscito. Oltre ad essere un luogo in cui la bellezza artistica si sposa alla perfezione con l’imponenza architettonica è al centro di una leggenda che ha come protagonista la Regina Margherita e le persone che tentano di attraversare la piazza bendati.

La maledizione della Regina Margherita

Maestosa e affascinante: queste sono le prime cose che vengono in mente quando si arriva a Piazza del Plebiscito. Con i suoi 2500 metri quadrati trasmette al turista un senso di imponenza confermato dalla bellezza delle sue opere. Tra queste spiccano le due statue equestri al centro della piazza realizzate da Antonio Canova, raffiguranti Carlo III di Borbone e suo figlio, Ferdinando I delle due Sicilie.

Le statue di Piazza del Plebiscito

Fonte: 123RF

Le statue equestri di Piazza del Plebiscito

Queste statue sono le protagoniste della leggenda. Si narra infatti che chiunque cerchi di attraversare bendato la piazza partendo dall’entrata di Palazzo Reale, non riuscirà mai ad arrivare al lato opposto e a passare tra le due statue. Il motivo? Secondo un mito, tutto è legato a una maledizione della Regina Margherita. La sovrana, infatti una volta al mese concedeva la libertà a quei prigionieri che riuscivano in questa impresa. Facile a dirsi, ma non a farsi, infatti nessuno ci è mai riuscito proprio perché sembra che la regina avesse lanciato una maledizione.

Una spiegazione scientifica dietro la leggenda

Una leggenda è sempre una leggenda e credere che la regina abbia potuto scagliare una maledizione è affascinante, ma in realtà c’è un motivo se nessuno riesce a passare in mezzo alle due statue equestri. La piazza è molto ampia e priva di punti di riferimento che portano chi l’attraversa a confondersi facilmente. A questo bisogna aggiungere la sua conformazione particolare e una leggera pendenza che impedisce di seguire una traiettoria dritta e quindi a deviare a destra o a sinistra. In questo modo immancabilmente non si riesce a passare tra le due statue.

Palazzo Regio a Napoli

Fonte: 123RF

La facciata del Palazzo Regio a Piazza del Plebiscito

Questa non è l’unica leggenda legata alla piazza, ci sono molte storie e aneddoti che rendono Piazza del Plebiscito ancora più intrigante e amata dai turisti e dagli abitanti del capoluogo campano. Sulla facciata del Palazzo Reale all’interno delle nicchie ci sono 8 statue che raffigurano i sovrani del Regno di Napoli, ma l’attenzione deve essere rivolta alle ultime quattro. La posizione in cui sono stati ritratti ha spinto a creare una simpatica storiella su di loro. Si dice che Carlo V D’Asburgo con l’indice verso il basso abbia indicato una pozza d’acqua esclamando “Chi ha fatto pipì per terra?”. Carlo III avrebbe risposto: “Io non ne so niente”, mentre Gioacchino Murat puntando la mano al petto si sarebbe accusato dicendo: “Sono stato io e allora?”. A questo punto Vittorio Emanuele II avrebbe cercato di risolvere il problema sguainando la spada e minacciando di evirarlo.
È innegabile che le storie e le leggende legate ai luoghi siano sempre piene di fascino, ma Piazza del Plebiscito ha il merito di conquistare i visitatori anche e soprattutto per la sua bellezza senza pari.

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Curiosità Sicilia Viaggi

Perché se vai in Sicilia dovresti vedere questo spettacolo almeno una volta

Mare cristallino, paesaggi da sogno e cibo irresistibile: sono tutti motivi più che validi per un viaggio indimenticabile in Sicilia. Non sono affatto da meno le tradizioni culturali che da secoli caratterizzano quest’isola. I monumenti barocchi dal sapore orientale sono il punto di forza della regione, ma scovando nella storia siciliana ci si può imbattere in capolavori intangibili che permettono di fare un tuffo nel passato. L’Opera dei Pupi, ovvero il teatro delle marionette, con i suoi spettacoli intensi e particolari, è una meta immancabile quando si visita l’isola. Una bellezza e una tradizione che non poteva non essere premiata, infatti nel 2008 l’Unesco ha deciso di dichiararla Patrimonio orale e immateriale dell’umanità.

L’Opera dei Pupi: storie e racconti avvincenti

Quando si pensa al teatro delle marionette la prima cosa che viene in mente è uno spettacolo dedicato ai bambini, in realtà l’Opera dei Pupi è molto di più perché fin dall’inizio si è rivolta alle classi popolari. I “pupari”, i più comuni burattinai, fin dall’inizio dell’Ottocento utilizzavano i loro spettacoli per raccontare storie ispirate alle gesta cavalleresche, alle vite dei santi o a storie di banditi. Non era solo la trama ad affascinare il pubblico, ma anche i dialoghi: il più delle volte erano improvvisati dai pupari che con le loro abilità riuscivano a rendere il racconto avvincente e coinvolgente per lo spettatore.

I pupi in primo piano

Fonte: 123RF

I dettagli artigianali dei pupi

Gli spettacoli infatti si svolgevano nel corso di più serate consecutive, un modo per socializzare, un momento di aggregazione e un modo per far passare anche messaggi importanti. Il successo dell’Opera dei Pupi, poi, sta tutto nella bellezza delle marionette realizzate artigianalmente. Assistere a uno spettacolo era come assistere a un’opera d’arte, grazie soprattutto alle espressioni intense dei volti e ad una costruzione attenta al particolare. La meccanica dei pupi, non si basa solo sui fili, ma anche su aste di ferro che rendono i movimenti più fluidi.

La tradizione dei pupi a Palermo e Catania

Spesso a conduzione familiare, le più importanti scuole di burattini si trovano a Palermo e a Catania e si distinguono soprattutto per le dimensioni dei burattini. Quelli catanesi sono più grandi e possono arrivare fino a un metro e trenta di altezza e hanno le gambe senza giunture che rimangono quindi rigide. Inoltre, i pupi che impersonano cavalieri o guerrieri, hanno la spada impugnata sempre nella mano destra. I burattini palermitani sono più piccoli e non superano gli 80 centimetri. Al contrario di quelli di Catania possono muovere le ginocchia perché dotati di giunti, oltre a sguainare la spada.

L'Opera dei pupi in Sicilia

Fonte: 123RF

Alcuni dei pupi siciliani

La tradizione dell’Opera dei Pupi, a partire dagli anni Cinquanta ha subito un graduale e costante calo dovuto al boom economico che ha messo in crisi l’essenza stessa dei pupi: quello di essere realizzati da artigiani che con le loro abilità riescono a dare vita a piccoli capolavori. Il tratto distintivo degli spettacoli e dei pupi stessi è quello di essere pezzi unici nel loro genere. Grazie al turismo questa tradizione non si è mai interrotta arrivando fino a un pubblico più ampio. Un pezzo di storia imperdibile che sicuramente porterà il visitatore ad apprezzare ancora di più le bellezze della Sicilia.

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America Centrale Cuba Curiosità Viaggi viaggiare

Se vai a Cuba, non dimenticare di viaggiare su questi taxi

Viaggiare ha il pregio di regalare delle esperienze sempre differenti e di immergersi totalmente nella cultura locale. Essere in grado di accogliere quello che incontriamo di diverso da noi è di sicuro un modo per arricchirci. Ogni aspetto del viaggio può insegnarci qualcosa di nuovo, dal monumento, alle tradizioni, fino ad arrivare ai mezzi di trasporto. Sì, perché anche salire su un taxi ci consente di entrare in contatto con un aspetto caratteristico del luogo e se siamo a Cuba, molto probabilmente ci potremo imbattere nei Coco-taxi. Cosa sono? La versione locale dei taxi che ci scarrozzeranno tra le vie più caratteristiche e di sicuro ci faranno vivere un’esperienza fuori dal comune.

Un taxi a forma di cocco

L’isola di Cuba, situata tra il Golfo del Messico, il Mare dei Caraibi e l’Oceano Atlantico è una delle più caratteristiche della zona diventata tra le mete maggiormente ambite. Questa nazione, infatti ha conosciuto un vero e proprio boom, a seguito della caduta del blocco sovietico: proprio la presenza dei visitatori e la necessità di rendere più agevoli i trasporti, ha portato alla comparsa dei Coco-taxi. Introdotti per la prima volta negli anni ’90 a L’Avana, poco alla volta si sono diffusi anche nelle città di Veradero e Trinidad. La particolarità del taxi è quella di essere molto simile a un risciò, ma si contraddistingue per una forma sferica che ricorda una noce di cocco. Proprio questa caratteristica principale ha ispirato il suo nome, infatti “coco”, in cubano significa appunto cocco.

Un Coco-taxi di Cuba

Fonte: iStock

Il Coco-taxi ricorda la forma di un cocco

Non è solo l’aspetto ad attirare l’attenzione sui Coco-taxi, ma anche il loro colore. Questi mezzi di trasporto spiccano tra le vie delle città per il telaio giallo realizzato in fibra di vetro. Mentre inizialmente erano soprattutto a pedali, nel corso del tempo sono diventati come dei veri e propri scooter con un motore a due tempi utile per affrontare le salite della città. La loro forma e le dimensioni ridotte, li rendono veloci e scattanti pronti ad affrontare in totale sicurezza le vie più affollate della zona vecchia dell’Avana o ideali per brevi gite a Malecon.

Scoprire Cuba a bordo di mezzi di trasporto particolari

Non è solo il colore, ma anche la modalità di trasporto a rendere unico il Coco-taxi. Il tre ruote, infatti, può trasportare solo due passeggeri alla volta oltre al guidatore ed è la soluzione ideale quando le temperature in città diventano più alte. Con questo mezzo di trasporto si possono scoprire i monumenti della capitale cubana rinfrescandosi con il vento tra i capelli. La praticità dei Coco-taxi è stata apprezzata talmente tanto dai cittadini del posto, che parallelamente si sono diffusi anche quelli ad uso personale che si distinguono dai modelli turistici dalla carrozzeria nera.

Un tour sul Coco-taxi

Fonte: iStock/Nikada

I Coco-taxi tra le vie de L’Avana

I Coco-taxi nati a l’Avana, non sono gli unici mezzi di trasporto pubblici da utilizzare in città. Oltre ai taxi e agli autobus, spesso pieni e scomodi, ci sono anche le coches de caballos, delle vere e proprie carrozze. Un’attrazione che permette di fare un tuffo nel passato, perché sono trainate da cavalli che accompagnano i turisti nei luoghi più caratteristici della città. È innegabile qualsiasi sia il mezzo di trasporto, l’importante quando si viaggia è riuscire a entrare in contatto con la cultura locale.

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Andalusia Borghi Curiosità Europa luoghi misteriosi Posti incredibili Spagna Viaggi

Il mistero dei volti apparsi in villaggio dell’Andalusia

C’è un piccolo borgo dell’Andalusia che attira molti curiosi e appassionati di fenomeni paranormali per un fatto straordinario accaduto negli Anni ’70. È il villaggio di Bélmez de la Moraleda, a un’ora di auto da Granada, nel Sud della Spagna.

L’apparizione dei Volti di Bélmez

Qui, una certa María Gómez Cámara, vide improvvisamente apparire sul pavimento di casa un volto. Nonostante cercasse di lavare via l’immagine, questa non si cancellava. Nonostante avesse provato a picconare il pavimento e a cementarlo di nuovo per rimuovere l’immagine questa tornava ancora.

Avvertite le autorità locali, si scoprì che sotto il pavimento, proprio nel punto in cui era apparso il volto, erano celate delle ossa umane. In effetti, dove sorgeva l’abitazione della famiglia Gómez Cámara un tempo si trovava un cimitero di epoca romana. Peccato che, secondo studi condotti in seguito, le ossa non fossero di epoca romana ma molto più recente, intorno al XIII secolo. Quando altri volti apparvero in alte stanze della casa, alcuni addirittura nella mansarda, quindi non a contatto con la terra, il caso fece il giro della Spagna, divenendo il più straordinario fenomeno paranormale di tutta la Spagna, ma anche d’Europa e poi del mondo.

Fu così che molti curiosi e soprattutto appassionati di turismo esoterico iniziarono a recarsi nel paesino andaluso apposta per vedere i visi apparsi sul pavimento e studiare il fenomeno di quelli che divennero famosi come i Volti di Bélmez. Nei fine settimana, folle di pellegrini si addensavano fuori dalla casa, arrivando a picchi di 20mila persone, un numero enorme per un paese di soli 2mila abitanti.

Il significato

Molti sono stati gli studiosi che hanno visitato e analizzato questi volti e che hanno dato diverse spiegazioni. Veri e propri “ghostbuster” in versione spagnola. Secondo alcuni si tratterebbe di una frode, ma sono in tanti a ritenere che si tratti di un fenomeno paranormale, visto che dopo decenni queste figure continuano ad apparire. Provarono addirittura a tenere chiusa una stanza per tre mesi e quando la riaprirono trovarono ben 17 nuovi volti.

Quando nel 2004 la signora maria morì, comparvero dei volti anche in un’altra casa, quella dove la donna nacque, benché continuassero a esserci anche in quella dove aveva vissuto. Questo fece sì che alcuni parapsicologi sostenessero che i volti venivano creati dal subconscio di Maria, un fenomeno chiamato “teleplastia” ovvero la capacità di materializzare involontariamente immagini. Questi volti, quindi, avevano e hanno un forte legame con la signora Maria Gómez Cámara che sarebbe stata, a sua insaputa, un medium capace di attivare il fenomeno dei volti nei luoghi dove ha vissuto.

Turismo del paranormale

Il mistero dei Volti di Bélmez che dapprima aveva creato grande scompiglio nel paese e tra le autorità locali e quelle religiose – oltre che nella vita di Maria Gómez e della sua famiglia – ha cambiato una volta per tutte anche le sorti del piccolo paese dell’Andalusia che da Bélmez de la Moraleda è diventato “il paese dei volti”, in spagnolo “Caras de Bélmez”.

Chi desidera avventurarsi nel paese dei volti trova facilmente le indicazioni per raggiungere la “Casa dei volti“, al numero 5 di calle Rodriguez Acosta, una classica casa spagnola intonacata di bianco e con gli infissi gialli, e la “Nuova casa dei volti”, al numero 2 della stessa via, visto che gli indirizzi sono due. Nella seconda casa è stato allestito un piccolo museo, il Centro de Interpretación de Las Caras de Bélmez che racconta la storia delle apparizioni.

 

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Catania Curiosità elefanti fontane luoghi misteriosi Sicilia Viaggi

La Fontana dell’elefante: perché il simbolo di Catania

La prima tappa di qualsiasi tour di Catania che si rispetti è senza dubbio piazza Duomo, al cui centro si erge l’inconfondibile Fontana dell’elefante, considerata uno dei simboli della città.

Costruita in un paio d’anni tra il 1735 e il 1737 dall’architetto Giovanni Battista Vaccarini, la statua dell’elefante che si erge sulla fontana è fatta di basalto nero (“u Liotru”, in dialetto catanese) protagonista del monumento. A questa simbolica fontana è legata una leggenda secondo la quale proteggerebbe Catania dalle eruzioni dell’Etna.

Fu costruita in seguito al terribile terremoto che colpì il Val di Noto nel 1693. Sembra una fontana piuttosto semplice, invece è ricca di elementi e soprattutto simbolici.

La leggenda

Il termine catanese “U Liotru” che viene usato per indicare la fontana sarebbe in realtà nato dalla storpiatura del nome Eliodoro, un giovane catanese che, secondo una leggenda, avrebbe tentato – senza successo – di diventare Vescovo di Catania. Quando si mise contro il Vescovo Leone II, questo lo condannò a essere bruciato vivo nel Forum Achelles.

Questo fantomatico personaggio sarebbe legato all’elefante perché una leggenda narrava che fu lui il suo scultore e che addirittura fosse solito cavalcarlo per spostarsi da Catania a Costantinopoli. Sempre secondo la leggenda, il vescovo Leone avrebbe fatto portare la statua fuori dalle mura affinché fosse dimenticata, ma il popolo le avrebbe ugualmente tributato degli onori divini.

Simbologie della Fontana dell’elefante

La base è un piedistallo di marmo bianco al centro di una vasca sempre di marmo nella quale cadono i getti d’acqua della fontana che escono dal basamento, sul quale si trovano due sculture che riproducono i due fiumi di Catania, il Simeto e l’Amenano.

Sopra la base marmorea è stato posizionato l’elefante nero con le zanne bianche fatte di pietra calcarea. L’elefante è rivolto con la proboscide verso la Cattedrale di Sant’Agata. L’elefante indossa una gualdrappa di marmo decorata con gli stemmi di Sant’Agata, patrona di Catania.

Ma perché proprio un elefante a Catania? Le ipotesi che sono state fatte sono diverse. Secondo alcuni studiosi si riferirebbe alla vittoria dei catanesi sui libici. Secondo altri, l’elefante sarebbe quello proveniente da un circo, mentre altri ancora sostengono che sia il ricordo di una religione di cui oggi si sono perse completamente le tracce.

La più accreditata, però, è l’ipotesi fatta dal geografo arabo Idrisi che face un viaggio in Sicilia nel XII secolo. Egli disse che i catanesi consideravano l’elefante una statua magica, in grado di proteggere il centro abitato dalle eruzioni dell’Etna e, sempre secondo lui, la statua sarebbe stata costruita durante la dominazione cartaginese o bizantina.

Ma le simbologie non sono finite: dal dorso dell’elefante si erge una colonna alta 3,66 metri di granito, decorata da figure di stile egizio. Sarebbe stata usata come meridiana per indicare l’ora esatta a tutti i cittadini di Catania.

In cima all’obelisco sono stati montati un globo, circondato da una corona con una foglia di palma (che rappresenta il martirio e un ramo di giglio che invece simboleggia la purezza. Sopra il globo è stata posta una tavoletta di metallo su cui è stata incisa una scritta dedicata a Sant’Agata con l’acronimo “MSSHDEPL” (“Mente sana e sincera, per l’onore di Dio e per la liberazione della sua patria»”, e sopra ancora una croce.

Solo nel XIX secolo venne protetta da un cancello di ferro con un piccolo giardino interno che oggi sono spariti. Quando decisero di spostare la fontana dalla piazza del Duomo a piazza Palestro – a circa un chilometro e mezzo di distanza – ci fu addirittura una sommossa popolare. E la fontata rimase lì dov’era.

Catania, la città dell’elefante

L’elefante è il simbolo di Catania per diversi motivi. Un’antica leggenda narra di un elefante che avrebbe cacciato degli animali feroci durante la fondazione della città. Già sotto la dominazione musulmana (avvenuta nell’827 e che durò fino al 1061 con la conquista dei Normanni), infatti, Catania era conosciuta con il nome di “Balad-el-fil” o “Medinat-el-fil” ovvero “città dell’elefante”.

Divenne il vero simbolo di Catania nel 1239. Prima di allora l’emblema cittadino era l’effigie di San Giorgio, ma i catanesi decisero di cambiarlo in seguito a una serie di rivolte per poter passare da semplice dominio di un Vescovo-conte a città demaniale. Oggi l’elefante è raffigurato nello stemma comunale, in quello dell’università e di tutte gli uffici istituzionali oltre a essere la mascotte di diverse squadre sportive.

La prossima volta che andate a Catania non mancate di fare una visita alla Fontana dell’elefante e di scoprirne tutti suoi incredibili segreti. Stanno realizzando un Lego per poterla costruire a casa. Andrà sicuramente a ruba.

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aurora boreale Curiosità Europa Notizie Viaggi

Aurora boreale: è boom di avvistamenti in tutto il Nord Europa

L’aurora boreale è un fenomeno tipico dell’inverno nel Nord Europa. C’è quasi tutti i giorni, ma non è detto che sia visibile a occhio nudo. Dipende dalle condizioni atmosferiche, dall’attività solare, dalla limpidità dell’aria e dalla forza dei venti. E anche dalla fortuna di trovarsi nel posto giusto al momento giusto.

Le condizioni di questi ultimi giorni sono state così ottimali che sono stati tantissimi ad aver potuto osservare il fenomeno nei cieli di mezza Europa al calar del sole.

Dalla Danimarca alla Finlandia, dalla Svezia all’Islanda fino giù in Gran Bretagna, in Germania e addirittura in Borgogna, Francia, non lontano da Parigi – fatto alquanto raro – l’aurora boreale ha dato spettacolo. Quasi tutto il Centro Europa con il naso all’insù, quindi, per assistere alla “danza degli dèi“. Sfumature verdi, gialle, rosa, in alcuni casi tutti questi colori messi assieme: ogni aurora boreale (o polare) era diversa dall’altra, ma sempre meravigliosa.

Il pilota di un volo decollato dall’Islanda e diretto a Manchester ha addirittura potuto regalare ai propri passeggeri un’esperienza unica: accortosi del fenomeno davanti ai propri occhi, ha deciso di fare un giro di 360 gradi attorno all’aurora boreale.

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Fonte: @Ansa

L’aurora boreale sull’isola danese di Zealand

A parte i fortunati passeggeri che hanno potuto osservare il fenomeno a occhio nudo, gli altri se ne sono accorti perché l’hanno fotografata. Infatti, spesso non è semplice individuare un’aurora boreale in modo così limpido, ma se si usa una macchina fotografica) o anche uno smartphone) impostando il giusto ISO (la sensibilità del sensore, più alto è più si aggiunge luce alla foto).

Perché così tante aurore boreali

Gli studiosi spiegano che il fenomeno, incredibilmente raro per le basse latitudini alle quali si è presentato, sia dovuto alla forte attività del Sole degli ultimi giorni. Le aurore boreali sono più intense quando sono in corso tempeste magnetiche causate da una forte attività delle macchie solari.

Si formano prevalentemente a un’altitudine di 100 chilometri sopra la superficie terrestre e, in genere, sono visibili nelle regioni vicine ai Poli, ma possono essere viste molto più lontano. Le particelle che si muovono verso la Terra colpiscono l’atmosfera attorno ai Poli formando una specie di anello, chiamato ovale aurorale. Gli ovali aurorali si trovano generalmente tra 60° e 70° di latitudine Nord e Sud. Si chiama infatti “aurora boreale” o “australe” a seconda che si verifichi nell’emisfero Nord (boreale) o Sud (australe).

Più è intensa l’attività del Sole, più visibili e luminose sono le aurore. La forma di un’aurora boreale può variare: la più nota è quella ad arco, dopo mezzanotte la scia si restringe e appaiono dei bagliori e dei lampi che durano per una decina di secondi fino all’alba.

Anche il colore dell’aurora dipende dal tipo di gas presenti nell’atmosfera: l’ossigeno atomico è responsabile del colore verde, mentre l’ossigeno molecolare del colore rosso e l’azoto del colore blu.

L’aurora boreale si può ammirare tra febbraio e marzo e tra settembre e ottobre, di solito in coincidenza con gli equinozi, tra le nove di sera e l’una di notte.

E in Italia?

In Italia, la visibilità delle aurore boreali è piuttosto rara. È stata documentata una forte attività nella notte tra il 17 e il 18 novembre del 1848. Allora, il fenomeno fu talmente intenso ed esteso da essere visibile anche alle basse latitudini.

Non disperiamo, quindi, perché, visto che i nostri cugini d’Oltralpe ne hanno appena avvistata una, non è detto che nei prossimi giorni non possa capitare anche a noi. Quindi, tutti con gli occhi puntati verso il cielo per i prossimi giorni, nella speranza di poter assistere al fenomeno dell’aurora boreale.

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Curiosità Firenze Toscana Viaggi

Puoi leggere la Divina Commedia passeggiando tra le strade della città

Monumenti, scorci incantevoli e palazzi storici: Firenze è una delle città italiane più belle e una tappa immancabile per gli amanti dell’arte. Il fascino del capoluogo toscano sta proprio nella possibilità di alzare lo sguardo e imbattersi ogni volta in qualche capolavoro o opera che lascia senza fiato. Quando si parla di Firenze, però, non si può fare a meno di pensare a Dante e al suo lavoro più importante: la Divina Commedia. L’opera letteraria che il poeta ha ambientato e in un certo modo dedicato alla sua amata città, non poteva rimanere chiusa tra le pagine di un libro, ma è riuscita ad arrivare fino alle facciate dei palazzi. Sugli edifici fiorentini ci sono lapidi in cui vengono citati alcuni versi significativi che hanno reso celebre Dante in tutto il mondo.

La Divina Commedia tra le vie di Firenze

Il legame tra Firenze e Dante, esiliato e lontano dalla sua amata città fino alla morte, è sempre stato vivo ed è rimasto intatto nel corso dei secoli. È stato un sentimento profondo, tanto che agli inizi del XX secolo, per la precisione nel 1900, il comune decise di omaggiare il poeta realizzando delle targhe con le terzine presenti nella Divina Commedia che richiamano alcuni luoghi della città.

Il compito di scegliere le frasi più significative non venne affidato al caso, al contrario il comune pensò di istituire una vera e propria commissione di esperti in materia dantesca. Tutti accettarono immediatamente e si misero all’opera nell’individuare i versi più significativi con riferimenti topografici, scegliendo i luoghi più adatti su cui posizionare le lapidi. Furono necessari solo sette anni per concludere il progetto e dal 1907 la lapidi di marmo hanno arricchito le facciate di alcuni palazzi della città.

Le iscrizioni si trovano tutte nel centro storico di Firenze tra Ponte Vecchio, Via del Corso, Via Dante Alighieri, Piazza della Signoria e strade limitrofe. Sono quasi tutte all’aperto tranne 3 che invece sono situate all’interno del cortile di Michelozzo a Palazzo Vecchio. Quest’ultime si riferiscono alla famiglia degli Uberti, appartenenti alla fazione dei ghibellini, allontanati dal capoluogo toscano nel 1266.

I versi di Dante a Firenze

Fonte: iStock/Asergieiev

Uno dei versi della Divina Commedia a Firenze

Le terzine tornano a “risplendere” con il restauro

Di sicuro il compito della commissione incaricata di scegliere i versi non è stato semplice, ma è riuscita ad estrapolare in totale 34 terzine presenti nei tre canti: nove sono state tratte dall’Inferno, cinque appartengono al Purgatorio e venti al Paradiso.

Se la bellezza della Divina Commedia è rimasta intatta nel corso dei secoli, le lapidi esposte alle intemperie e al tempo, con il trascorrere degli anni hanno perso l’antico smalto. Proprio per questo il comune recentemente ha deciso di restaurarle per far sì che il marmo torni a splendere sulle facciate e rendere ancora più preziosi i palazzi della città che ha dato i natali a Dante Alighieri. Quello che stupisce e lascia senza fiato di Firenze è la sua bellezza unica e immutata nel tempo, pronta a sorprendere turisti e residenti. Nonostante sia una meta visitata almeno una volta nella vita dalla maggior parte delle persone, quando si arriva c’è sempre qualcosa da scoprire e da cui farsi stupire.

Il poeta Dante Alighieri

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Statua di Dante Alighieri
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Ifrane, il Marocco che non ti aspetti: qui puoi sciare

Il Nordafrica vanta paesaggi davvero affascinanti e ricchi di sorprese: uno dei Paesi più visitati è sicuramente il Marocco, lambito dalle acque dell’oceano Atlantico e del mar Mediterraneo. Ma le spiagge da sogno e le città pittoresche non sono certo le sue uniche attrattive. Nell’entroterra c’è una cittadina davvero deliziosa, incastonata tra le montagne. È la meta ideale per chi ama sciare, e qui le temperature sono decisamente molto più basse di quanto non si possa pensare. Andiamo alla scoperta di Ifrane, un luogo magico.

Ifrane, la città marocchina dove si scia

Il Marocco non è solo il luogo dove concedersi una vacanza relax al mare o a frugare tra i tanti suq ricchi di artigianato e stoffe dai mille colori. Quella che vogliano scoprire oggi è una piccola città dal fascino unico al mondo, con una storia davvero particolare. Ifrane, situata a ben 1700 metri di altitudine tra i Monti del Medio Atlante, venne fondata in tempi piuttosto recenti: nacque sul finire degli anni Venti del ‘900, quando il Paese era ancora un protettorato francese. Essendo il clima marocchino decisamente troppo caldo per le famiglie europee che vi abitavano, si decise di costruire un villaggio di montagna per poter godere di estati più fresche ed inverni caratterizzati da abbondanti nevicate.

L’influenza francese si può notare ancora oggi: Ifrane è un borgo graziosissimo, che richiama in qualche modo lo stile dei classici paesi alpini. Tanto che in passato è stato soprannominato la “piccola Svizzera”, un angolo di paradiso molto lontano dall’idea del deserto e delle temperature roventi che nell’immaginario comune ricorda il Marocco. Pian piano, la cittadina si sviluppò sempre più e divenne una rinomata meta turistica interna, sia durante la stagione estiva (per chi vuole cercare un po’ di refrigerio) che durante quella invernale. Negli ultimi anni, sono nate diverse piste da sci che hanno subito attratto gli amanti dello sport sulla neve. E se pensate che in Marocco non possa poi fare così tanto freddo, sappiate che è proprio Ifrane a detenere il record: nel 1935, qui la colonnina di mercurio raggiunse i -23,9°C, la temperatura più bassa mai segnata in Africa.

Ifrane

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Ifrane

Cosa fare a Ifrane e dintorni

Il centro di Ifrane, che dista poche decine di km da Fès, è una meraviglia: tra chiese e moschee, ci sono molte architetture che vale la pena vedere. Ma il posto più bello è il Parc La Prairie, ampia zona verde nel cuore della città. Tra giardini rigogliosi e laghetti dall’aria decisamente romantica, spunta all’improvviso il profilo maestoso del Palazzo Reale. Costruito nel ‘900 per il sultano Muhammad ibn Yûsuf, è ancora oggi la residenza estiva del Re e della sua famiglia. Uno dei simboli di Ifrane è poi il Leone: si tratta di una grande scultura realizzata negli anni Trenta da un soldato tedesco, nel periodo della Seconda Guerra Mondiale. Pare che sia un omaggio all’ultimo leone del Medio Atlante, ucciso poco prima che la statua venne progettata.

Nei dintorni della città, a dominare è la natura selvaggia: le montagne offrono infinite possibilità per chi vuole concedersi un po’ di trekking, e le piste da sci sono una vera calamita per i turisti. Assolutamente da visitare è il Parco Nazionale di Ifrane, che ospita una ricca fauna selvatica. Qui è possibile ammirare alcuni esemplari di macaco barbaresco, un animale in via di estinzione, ma anche tante altre creature dei boschi e moltissimi volatili. Tra i suoi paesaggi più belli ci sono quelli d’acqua, con i ruscelli che sgorgano impetuosi e piccole cascate spumeggianti da visitare.

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Alla scoperta della Foresta Nera sulle orme delle sue particolari leggende

Con questo nome un po’ misterioso ed evocativo, la curiosità è davvero tanta: che cos’è la Foresta Nera, e quali sono le sue infinite bellezze assolutamente da scoprire? Quest’ampia regione montuosa della Germania, che si dipana al confine con la Francia e la Svizzera, è senza dubbio uno dei luoghi più affascinanti che possano esistere al mondo. Paesaggi naturali così tanto diversi tra loro si affastellano in un territorio che da secoli è popolato di leggende da brividi, che rendono tutto ancora più emozionante.

La Foresta Nera, un posto incantato

Dalle colline erbose alle imponenti montagne dal profilo inquietante, dai rigogliosi boschi di abeti neri scuri ai piccoli laghi di acque turchesi: la Foresta Nera è una regione ricca di sorprese, dove immergersi in una natura incontaminata come difficilmente si può trovare altrove. Questa ampia zona montuosa si trova lungo il confine occidentale della Germania ed è costellata di luoghi meravigliosi, di piccoli borghi fatati e di tradizioni antichissime. I turisti ne rimangono incantati, portando via con loro un ricordo memorabile di paesaggi bellissimi e di piatti tipici prelibati che hanno fatto breccia nel cuore (e nello stomaco).

Quali sono le tappe più suggestive di un viaggio alla scoperta della Foresta Nera? Sicuramente c’è Friburgo, pittoresca cittadina di confine che offre un panorama spettacolare: nel centro storico spicca il campanile della Cattedrale di Nostra Signora, capolavoro gotico di rara bellezza. A non molta distanza si può visitare il villaggio museo di Gutach, che si estende per ben 50mila metri quadri accogliendo moltissime strutture tipiche della regione. Passeggiare all’aria aperta ammirando gli edifici è come fare un tuffo indietro nel tempo, ed è un modo davvero curioso di fare la conoscenza di culture così lontane dalla nostra.

Chi ama i paesaggi naturali, non può che sorprendersi davanti allo spettacolo delle Cascate di Triberg, le più alte di tutta la Germania. Con un totale di oltre 160 metri di salto, le loro acque spumeggianti si tuffano tra le rocce ricoperte di muschio, formando una piccola piscina cristallina. Per arrivarci, si possono percorrere diversi sentieri panoramici: è l’ideale per chi vuole fare un’escursione, con la promessa di giungere in un luogo magico dove potersi concedere un po’ di relax, con il fragore dell’acqua a fare compagnia. A poca distanza, si può poi visitare un curioso museo che raccoglie centinaia di orologi a cucù.

Le misteriose leggende della Foresta Nera

Miti e leggende si rincorrono per tutta la Foresta Nera, regalando suggestioni ai turisti che le ascoltano dagli abitanti del luogo. Una delle storie più affascinanti è quella che riguarda il monastero di St. Blasien, un complesso architettonico meraviglioso: si narra che due monaci, tanti e tanti secoli fa, fossero particolarmente malvagi con i poveri paesani del villaggio di St. Blasien, e dopo la loro morte continuassero ad infestare i dintorni sotto forma di spettri. Un giovane monaco cappuccino avrebbe quindi compiuto un vero e proprio miracolo, riuscendo a catturarli e a rinchiuderli in due sacchi, per poi gettarli dalla vetta del monte Feldberg e lasciarli affondare tra le acque del lago Feldsee.

Un’altra leggenda inquietante ha invece come protagonista una giovane ragazza sottomessa alle angherie di suo fratello, soprannominato il “servo nero”. Quest’ultimo la costrinse a sposare un uomo di cui non era innamorata, e dal quale veniva trattata malissimo. In preda alla disperazione, la donna riuscì a fuggire e, perdutasi nel bosco, venne soccorsa da alcuni nani che le indicarono una grotta segreta, quella che oggi conosciamo con il nome di Grotta di Hasel (un gioiello ricco di stalattiti). Il fratello e il marito, inseguendola, rimasero vittime di alcuni massi caduti dalla cima della montagna, e la giovane fu finalmente libera.