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Rota Vicentina: lungo lo spettacolare cammino dei pescatori in Portogallo

Definito come il sentiero costiero più bello del mondo, la Rota Vicentina è uno spettacolare itinerario che porta i viaggiatori alla scoperta del sud del Portogallo. Un viaggio appassionante attraverso il Parco Naturale dell’Alentejo e il versante occidentale dell’Algarve.

I sentieri corrono lungo il mare, regalando paesaggi che lasciano senza fiato, mentre alcune parti del percorso toccano l’entroterra, consentendo di scoprire le tradizioni e la cultura di questi luoghi.

Alla scoperta della Rota Vicentina fra Algarve e Alentejo

La Rota Vicentina si estende lungo due splendide regioni, quella dell’Alentejo in Portogallo e dell’Algarve. L’Alentejo confina con la Spagna ad est, mentre le sue coste ad ovest sono bagnate dalle splendide acque dell’Atlantico. Una regione selvaggia, ricca di tradizioni e di bellezza, in cui scoprire i colori, i sapori e i profumi autentici del Portogallo.

Rota Vicentina

Situata a sud dell’Alentejo, l’Algarve è bagnata completamente dall’Oceano a sud e ad ovest. Custodisce cento chilometri di spiagge dorate, falesie e acque cristalline, ma anche una cultura locale eccezionale e una natura incontaminata che lascia senza fiato.

Come fare la Rota Vicentina in Portogallo: l’itinerario

Magica ed emozionante, la Rota Vicentina è un percorso che non ha eguali al mondo. Qui, dove le scogliere a picco sul mare si alternano a distese di sabbia dorata, la natura è incontaminata e il paesaggio sembra un quadro perfetto da contemplare.

Quando partire? Il clima è mite tutto l’anno in questa zona d’Europa e anche in primavera e autunno è possibile vivere giornate soleggiate. D’estate il vento fresco che arriva dal mare rende piacevole la camminata, mentre d’inverno il sole basso rende i colori ancora più intensi e straordinari.

Rota Vicentina

Come sempre per questa tipologia di viaggio il consiglio è quello di affidarsi a professionisti del settore come SloWays, il tour operator italiano specializzato in viaggi a piedi lungo i grandi cammini sia d’Italia che d’Europa.

I viaggi sono autoguidati, ossia con una modalità senza guida, capaci di regalare grande libertà e la possibilità di scegliere non solo l’itinerario, ma anche con chi viaggiare, a che passo muoversi, come suddividere le tappe o a che ora svegliarsi al mattino. Una modalità di viaggio da tempo apprezzata in Europa ed ora esportata anche in Italia.

Fra gli itinerari proposti c’è anche quello lungo il cammino Rota Vicentina. Una settimana di cammino sulla costa Atlantica, fra dune, scogliere e calette. Un paradiso terrestre in cui l’odore pungente dell’oceano si mescola con quello dolce del timo e quello aromatico dell’eucalipto, regalando un viaggio dei sensi e dello spirito.

Il percorso proposto da SloWays è adatto a tutti e facilmente raggiungibile partendo da Lisbona. Si snoda infatti nella zona meno turistica e conosciuta della costa occidentale, evitando la costa sud, particolarmente turistica.

L’itinerario si addentra nel Parco naturale del Sudoeste Alentejano de Costa Vicentina, fra scogliere rocciose e dune di sabbia, boschi mediterranei e sentieri coperti dall’erica. I villaggi dei pescatori si alternano alla natura incontaminata, con l’occasione di scoprire lo stile di vita portoghese fatto di lunghi bagni, deliziosi piatti a base di pesce fresco e bino bianco locale da sorseggiare ammirando il paesaggio.

Come si organizza un viaggio nella Rota Vicentina

Panorami mozzafiato, colori favolosi e il profumo intenso dell’acqua salata che si mescola a quello della macchia mediterranea: la Rota Vicentina regala un bagaglio di emozioni che non si dimenticano. Un viaggio da organizzare al meglio, rivolgendosi ad esperti del settore.

SloWays è in grado di offrire la comodità di un viaggio su misura e sicuro, perfetto per godersi solo il meglio di quest’angolo di Portogallo. Camminando in questi luoghi straordinari potrai seguire le orme dei pellegrini, percorrendo la costa, fra calette rocciose in cui nidificano le cicogne e fari sul mare.

Potrai fare il bagno e stenderti sulla sabbia di Bordeira Carrapateira, ammirando le onde e i volteggi dei surfisti provenienti da tutto il globo. Ma anche assaporare i piatti tipici come le sarde alla griglia, il riso in zuppa di mare o il choco frito (una seppia con patatine). Senza dimenticare il Porco alla Alentejana (cubetti di maiale cotti con delle vongole in padella) e il Pastel de Nata, il dolce nazionale con pasta sfoglia e uova, il tutto annaffiato da ottima birra locale e da vino bianco. E tutto senza spendere tanto, poiché questa zona d’Europa ha prezzi davvero convenienti.

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Alla scoperta della via Francigena Toscana: l’itinerario più bello

Un cammino magico ed emozionante che da oltre mille anni collega città, persone, luoghi, mettendo in contatto culture diverse e portando i pellegrini alla scoperta di paesaggi unici. Stiamo parlando della via Francigena, protagonista di un viaggio in grado di creare una connessione fra epoche e culture diverse, regalando un’esperienza dal valore inestimabile.

Ma cos’è la via Francigena? Si tratta di un’antichissima via di comunicazione che collegava la Francia a Roma nell’Alto Medioevo. Il suo nome – non a caso – significa “strada originata dalla Francia”.

Nel corso del tempo quest’unica via si è sviluppata in vari itinerari provenienti da regioni e città differenti. Così tanto che oggi parlando della via Francigena facciamo riferimento ad un insieme di percorsi più che ad un unico itinerario.

Fra gli itinerari il più celebre è senza dubbio quello descritto nel 990 dall’arcivescovo Sigerico che percorse la strada da Canterbury, in Inghilterra, sino a Roma, annotando in un diario tutte le tappe del viaggio. Da allora molti pellegrini e curiosi, spinti dall’esempio dell’arcivescovo hanno percorso questa via, attraversando prima la Francia, poi l’Italia in un susseguirsi di esperienze e paesaggi.

Oggi, a distanza di secoli dal viaggio di Sigerico, la via Francigena, con i suoi numerosi itinerari, è diventata un esempio straordinario di turismo sostenibile e slow. L’ideale per chi desidera vivere un’esperienza unica, scoprendo terre meravigliose, fra borghi pittoreschi, monasteri, siti archeologici e cattedrali.

La magia della via Francigena Toscana

La zona più emozionante della via Francigena è senza dubbio quella Toscana. Il percorso infatti porta i viaggiatori alla scoperta della bellezza di questo territorio e delle sue numerose sfumature, dalle pievi ai castelli, passando per i borghi, i boschi e le torri. Toccando luoghi di inestimabile valore storico e culturale come Lucca, Siena, San Minato, San Gimignano e la Val D’Orcia.

Indicazioni via Francigena Toscana

Come organizzare un viaggio nella via Francigena Toscana

Un viaggio nella via Francigena Toscana rappresenta un’esperienza unica e indimenticabile da affrontare con il giusto spirito e con la consapevolezza che si vivranno emozioni straordinarie. Partire preparati dunque è importantissimo, conoscendo sia il percorso che le tappe, ma anche organizzando l’attrezzatura e i tempi per non farsi trovare impreparati.

Il consiglio è quello di rivolgersi ad esperti del settore come SloWays, tour operator italiano specializzato in viaggi a piedi lungo i grandi cammini sia d’Italia che d’Europa che offre un cammino facile via Francigena. In questo caso le diverse tappe del viaggio sono pensate per offrire strutture utili per pernottare e sistemazioni che consentano di vivere il percorso in completa serenità, anche accorciando gli spostamenti tramite mezzi pubblici o trasferimenti. L’ideale per godersi davvero un’esperienza che resterà impressa per sempre nella mente.

Le tappe della via Francigena in Toscana

Le tappe della via Francigena in Toscana sono in tutto 15 con diversi livelli di difficoltà. Il percorso più amato è senza dubbio quello che collega la città di Lucca a Siena, l’ideale per scoprire questa regione e le sue innumerevoli bellezze, dal cibo alla cultura sino all’arte.

Il viaggio inizia dalle torri di Lucca e dalla sua Piazza Anfiteatro, proseguendo poi in direzione della città medievale di San Minato. Immaginate poi di camminare lungo le strade circondate dai cipressi, godendovi la vita dei vigneti e delle morbide colline. Le altre tappe del percorso prevedono soste a San Gimignano e Monteriggioni, fra sentieri e paesaggi da cartolina. Sino ad arrivare a Siena, nell’iconica Piazza del Campo dove si svolge il Palio.

via francigena toscana

Fonte: iStock Photos

via francigena toscana

L’itinerario da Lucca a Siena proposto da SloWays, è facile e perfetto per chiunque, anche per chi non ha mai vissuto questa esperienza. Per affrontarlo non serve un allenamento specifico e consente di prepararsi ad affrontare itinerari più difficili.

Inoltre è possibile affrontare il cammino in qualsiasi stagione dell’anno, anche in primavera e autunno quando la temperatura è più mite. Sloways inoltre offre una grande sicurezza, in quanto è partner tecnico ufficiale dell’Associazione Europea delle Vie Francigene. L’app messa a disposizione per chi sceglie l’itinerario della via Francigena Toscana è semplice da usare e utilissima in viaggio. Si può scaricare gratuitamente e usare anche offline.

Immagina di brindare all’inizio dell’avventura nella piazza dell’Anfiteatro di Lucca, di ammirare San Gimignano lungo la strada per Colle Val d’Elsa e di lasciarti rapire dalla bellezza della Pieve di Chianni. Sino ad arrivare alle mura fortificate di Monteriggioni, dove gustare i tipici pici cacio e pepe. E poi ancora via, sino a Siena, con le sue botteghe, i palazzi e lo splendido Duomo.

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Un itinerario per scoprire le Mura Aureliane

Tra gli itinerari romani, un percorso a piedi – ovviamente gratuito – per scoprire lati inediti della città è quello che segue (e insegue) le Mura Aureliane. La cinta muraria fu costruita tra il 270 e il 275 d.C. dall’imperatore Aureliano: il suo scopo era – neanche a dirlo – quello di difendere l’allora capitale dell’Impero dai barbari.

Per secoli Roma aveva infatti vissuto un periodo di relativa tranquillità, messo in discussione dalle tribù barbare che attraversavano la frontiera germanica. All’epoca, l’urbe si teneva strette le sue Mura serviane – le prime mura di Roma, fatte costruire da Tarquinio Prisco nel VI secolo a.C. – ma la città si era ormai espansa al di là di esse, destando preoccupazione in Aureliano. Paradossalmente – ma questo l’Imperatore non poteva saperlo – erano gli stessi popoli barbari a non toccare Roma, terrorizzati con molta probabilità dalla fama feroce che la precedeva.

Quando tuttavia – nel 270 – Aureliano fermò a Piacenza l’ennesima invasione di Alemanni e Goti, si decise di accelerare il processo di costruzione della nuova cinta. La funzionalità delle Mura era esclusivamente militare e anche per questo si preferì costruirle in fretta, dando la priorità alla loro resistenza: è probabilmente uno dei motivi per cui sono ancora in piedi nonostante secoli di assalti e di restauri. Ad ogni modo, nessuno osò minarle fino al 408.

Mura Aureliane

Fonte: 123RF

Mura Aureliane

Le Mura Aureliane: curiosità

Oggi le Mura Aureliane sono ancora ben visibili – anche se in alcuni tratti sono estremamente rovinate – e si estendono per circa 19 km: sono tra le cinte murarie più lunghe e meglio conservate al mondo. Anche per questo visitarle lentamente – godendo dei panorami della città e magari in occasione del Giubileo – è la soluzione migliore per ammirarle nella loro totalità e scoprire anche qualcosa in più sulla storia di Roma.

Costruite in mattoni, le Mura Aureliane presentano – ogni 30 metri – una torre quadrata. Alte 6 metri e spesse 3,5, furono più volte restaurate e rinforzate. Gli imperatori Onorio e Arcadio – nel 401 e 402 – ne coprirono ad esempio i corridoi ed estesero la loro altezza. Recentissimo, invece, il lavoro di illuminazione svolto nel 2020 dal Comune di Roma e Acea che ha introdotto – nella cinta – 78 proiettori a incasso.

Nelle Mura Aureliane si contavano un totale di 18 porte (alcune delle quali oggi demolite), che presentavano due ingressi ad arco o archi semplici, in base anche all’importanza del varco. Un’altra curiosità riguarda infine gli inglobamenti di strutture preesistenti all’interno delle Mura: è il caso dell’accampamento dei Pretoriani, dell’anfiteatro Castrense, della Piramide Cestia e del cosiddetto Muro Torto.

Mura Aureliane: da Porta del Popolo a Porta Pinciana

Il nostro itinerario prende il via da Porta del Popolo, originariamente nota come Porta Flaminia (da qui esce tuttora, appunto, la via consolare Flaminia). Ci troviamo al confine tra Piazzale Flaminio e Piazza del Popolo, in una delle aree più trafficate e visitate di Roma. La Porta che vi trovate davanti è frutto di una ricostruzione risalente al ‘500 più che all’opera di Aureliano: per questo, in questo imponente capolavoro, ricorrono le firme di personaggi come Michelangelo e Bernini. Per correttezza, però, va sottolineato che la facciata esterna è opera di Nanni di Baccio Bigio (che si ispirò all’Arco di Tito), sui disegni dello stesso Michelangelo che gli passò l’incarico.

La facciata interna è invece opera di Gian Lorenzo Bernini: gli fu commissionata da papa Alessandro VII nel 1655, in occasione dell’arrivo a Roma di Cristina di Svezia. Le quattro colonne provengono dalla Basilica di San Pietro in Vaticano: tra loro spiccano le statue di Pietro e Paolo, opera di Francesco Mochi e rifiutate dalla Basilica di San Paolo fuori le mura.

Nei pressi della porta venne rinvenuta anche una delle pietre daziarie del 175: servivano ad individuare una sorta di confine amministrativo – dove si trovavano gli uffici di dogana – e probabilmente gli uomini di Aureliano le presero a riferimento proprio per costruirvi sopra le mura. Da qui imboccate via del Muro Torto fino a Porta Pinciana: potrete così ammirare il vecchio muro di età repubblicana inglobato nel III secolo nelle Mura Aureliane. Sono circa venti minuti di camminata, durante i quali potrete vedere anche il Pincio, la sua terrazza e i suoi busti.

Porta del Popolo

Fonte: 123RF

Porta del Popolo

Da Porta Pinciana a Piazza Fiume

Eccoci a Porta Pinciana. Ai tempi della costruzione delle Mura Aureliane, l’Imperatore optò per una posterula: fu Onorio, nel 403, a restaurarla, inserendo anche le due torri laterali. Ha un unico arco in laterizio e un’arcata in travertino, ancora esistente e visibile. Sul lato esterno della porta potete invece vedere le incisioni di una croce greca e di una croce latina: non è certo, ma si pensa siano legate a Belisario che qui – nel 537 – combatté e vinse contro Vitige. Inoltre, nella torre davanti a Via Po trovate una palla di cannone conficcata nel muro: sono i segni della battaglia del 1870 che segnò la fine del potere temporale a Roma. La Pinciana è una delle poche porte romane che si presenta nel suo aspetto originario, nonostante i restauri.

Da qui avete due opzioni: potete prenotare il percorso del camminamento nel tratto delle Mura Aureliane di via Campania, da Porta Pinciana a via Marche (è stato aperto al pubblico nel 2021) o percorrere Corso d’Italia fino a Piazza Fiume (13 minuti a piedi, meno di un chilometro).

Da Piazza Fiume a Porta Nomentana

Piazza Fiume è, di fatto, la piazza esterna all’antica Porta Salaria, demolita nel 1921 per questioni di viabilità. Aureliano la costruì all’interno delle Mura Aureliane per permettere il passaggio della via Salaria nova nella cinta muraria e far sì che si connettesse alla via Salaria vetus.

Ovviamente oggi non resta nulla di questa storica porta, che si rese protagonista nel 410 – suo malgrado – del Sacco di Roma ad opera di Alarico I: il re dei Visigoti trovò infatti la porta socchiusa, tanto che si sospetta la connivenza dell’Imperatore Onorio in tutta la vicenda.

A Piazza Fiume sono comunque visibili le Mura che – all’epoca di Aureliano – inglobarono il sepolcreto salario, venuto alla luce con la demolizione della Porta. Tra i resti ancora in essere, il cippo funebre di Quinto Sulpicio Massimo e una latrina, perfettamente incastonata nelle mura: è l’unica latrina sospesa preservata delle 260 presenti nella cinta muraria. Anche qui, infine, fu ritrovata una pietra daziaria risalente al 175. Da qui a Porta Nomentana avete appena 5 minuti di cammino attraversando piazzale di Porta Pia e Porta Pia (non aureliana, ma opera di Michelangelo nel 1565).

Da Porta Nomentana a Porta Tiburtina

Con una passeggiata di circa venti minuti, arriviamo da Porta Nomentana a Porta Tiburtina saltando un paio di porte ormai murate. Tra queste, spicca proprio Porta Nomentana, di cui non resta che un accenno. La trovate su viale del Policlinico, come recinzione dell’Ambasciata britannica: con la costruzione di Porta Pia, questa Porta divenne infatti sempre più ininfluente e Papa Pio IV decise di murarla nel 1564 (una targa ancora visibile ci ricorda questo evento). Sono ancora in piedi gli stipiti e l’arco in laterizio, oltre alla torre semicircolare di destra.

Procedendo lungo Viale del Policlinico – tra il Policlinico Umberto I e Porta Pia – potete ammirare anche i resti della Porta Pretoriana, di cui sappiamo poco o nulla: probabilmente fu la prima porta delle Mura Aureliane a essere murata. Fu chiusa da Costantino quando sciolse i pretoriani, che Aureliano aveva incluso – con il loro accampamento – nella cinta. Un altro stop è nei pressi di Via Mozambano, dove si trovano i resti di Porta Clausa o Porta Chiusa, anche questa molto presto murata e dimenticata. Come la precedente, fu frutto dell’inglobamento delle Mura dei Castra Preatoria. A noi interessa quindi arrivare a Porta Tiburtina, percorrendo Viale Pretoriano.

Da Porta Tiburtina a Porta Asinaria

Nota anche come Porta San Lorenzo, Porta Tiburtina incornicia l’uscita dalla città dell’omonima via. A causa – o per merito – dei numerosi restauri, l’aspetto architettonico della struttura è mutevole. L’arco fu invece eretto da Augusto ed è interamente in travertino. Porta Tiburtina risale di fatto a prima dell’opera di Aurelio, che inglobò una precedente cinta nelle sue imponenti mura. Anche per questo, procedendo a piedi e seguendo proprio la cinta muraria, potrete ancora ammirare accenni di vecchie abitazioni probabilmente espropriate e parte ormai dell’apparato difensivo.

In circa 15 minuti, raggiungete ora Porta Maggiore (o Porta Praenestina). Costruita nel 52 dall’Imperatore Claudio per far sì che l’acquedotto omonimo scavalcasse le vie Prenestina e Labicana, fu poi inglobata nel progetto murario di Aureliano. Onorio la fortificò nel 402 e la divise in due porte distinte: la Praenestina a destra e la Labicana a sinistra (chiusa subito dopo).

Nel 1838, anche papa Gregorio XVI mise mano alla porta, demolendo la struttura onoriana e ristabilendo l’assetto aureliano. Fu in quest’occasione che venne alla luce il sepolcro del fornaio M. Virgilio Eurisace e di sua moglie Atistia (di cui è visibile la targa).
Da qui potete seguire le Mura che inglobano l’antico Acquedotto Claudio, fino all’Anfiteatro Castrense, anch’esso inserito nelle mura. Superate Porta San Giovanni (del XVI secolo) fino alla Porta Asinaria. Inizia una nuova tappa.

Porta Asinaria

Fonte: 123RF

Porta Asinaria

Da Porta Asinaria a Porta Latina

Unica porta antica di Roma a vantare torri cilindriche e torri quadrangolari, Porta Asinaria è celebre soprattutto perché i Goti di Totila la attraversarono – trovandola aperta – e saccheggiarono la città nel 546. Fu chiusa definitivamente nel 1574 – anche per l’apertura della vicina Porta San Giovanni – e riaperta nel 1956 solo per uso pedonale. Anche qui fu rinvenuta una pietra daziaria del 175. A questo punto proseguite costeggiando la Basilica di San Giovanni in Laterano, fino a Porta Metronia. La Porta – di cui è ancora visibile l’arco in laterizio – fu chiusa nel 1122 da Papa Callisto II, che la usò per il passaggio dell’Acqua Mariana. Da qui procedete fino a Porta Latina.

Da Porta Latina a Porta Ostiense

Ammirate Porta Latina: è tra le più imponenti e meglio conservate tra le porte originali dell’intera cerchia muraria. Curioso, considerando che fu l’unica porta ad essere ristretta da Onorio (da 4,20 m di larghezza agli attuali 3,73). Tra le cose da ammirare segnaliamo il monogramma di Costantino al centro dell’arco. Proseguite per circa 7 minuti lungo Via delle Mura Latine fino a Porta Appia (oggi Porta San Sebastiano). Anche Porta Appia è ottimamente conservata e deve il suo nome – neanche a dirlo – all’attraversamento della Via Appia.

Qui ci sono iscrizioni che potete fermarvi a leggere e studiare, ma – soprattutto – sorge il Museo delle Mura, dove potrete approfondire proprio la storia delle cinte murarie di Roma. Altri sei minuti, percorrendo Viale di Porta Ardeatina, e vi trovate al cospetto di Porta Ardeatina, chiusa in realtà già nell’VIII secolo. Ne rimangono i resti, ma anche un tratto di strada lastricata segnato dai carri e le tracce di una tomba inglobata dalla fretta di Aureliano.

Da qui proseguite lungo Viale di Porta Ardeatina seguendo le mura, finché non intravedete una piramide in lontananza. È la Piramide di Caio Cestio, inglobata nelle Mura accanto alla Porta Ostiensis.

Da Porta Ostiense a Porta Flaminia

Porta Ostiensis – così chiamata perché da qui ancora parte la via Ostiense – è forse il punto più bizzarro delle Mura Aureliane. Da un lato la Piramide e dall’altro il varco voluto da Aurelio e restaurato da Onorio (che aggiunse merli e finestre). Oggi Porta Ostiense – nota storicamente per la battaglia che decretò l’occupazione di Roma da parte dei tedeschi nel 1943 – ospita il Museo della Via Ostiense. Tra reperti e iscrizioni, qui si racconta la storia dell’antica via Ostiense, che da Roma arriva a Ostia.

Proseguite su viale del Campo Boario fino al Mattatoio, attraversando Ponte Testaccio. Qui le mura sono in parte scomparse, così come Porta Portuensis, che si trovava all’inizio di via Portuense prima di essere demolita e sostituita da Porta Portese, più a nord. I resti delle Mura ormai scarseggiano, ma anche le nostre Porte da ammirare sono quasi finite: restano Porta Aurelia – oggi Porta San Pancrazio – ricostruita nel nel 1854 (e dal 2011 sede del Museo della Repubblica Romana e della memoria garibaldina) e Porta Settimiana, che si apre su via della Lungara.

Infine, Porta Cornelia – la più settentrionale delle quattro porte sulla riva destra del Tevere – probabilmente nei pressi del Ponte Elio e oggi scomparsa.

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Via degli Dei, l’unico cammino sostenibile certificato al mondo

È il primo cammino al mondo ad avere ottenuto il riconoscimento dal Global Sustainable Tourism Council (GSTC), l’organizzazione che stabilisce gli standard per lo sviluppo sostenibile del settore turistico a livello globale. È la Via degli Dei, un cammino che collega Bologna a Firenze attraverso l’Appennino Tosco-Emiliano. Un itinerario lungo 123 chilometri, tra la Toscana e l’Emilia-Romagna.

La certificazione internazionale sulla sostenibilità e responsabilità sociale in ambito turistico è nata per valorizzare le tradizioni di due territori (Emilia e Toscana) ricchi di peculiarità e di elementi identitari. La Via degli Dei, infatti, porta il turista/viandante/trekker alla scoperta della gastronomia, della storia e della cultura di due regioni italiane, con uno spiccato senso di accoglienza di residenti e strutture ricettive.

Storia della Via degli Dei

Tracciata originariamente intorno al VII-IV secolo a.C., deve la sua sistemazione definitiva all’opera dell’ingegneria Romana. Con la caduta dell’Impero Romano, la strada perse parte della pavimentazione originaria riducendosi a un semplice sentiero. Con l’avvento delle moderne vie carrabili perse definitivamente la sua funzione e la sua riscoperta fu opera di un gruppo di appassionati escursionisti che, negli Anni ’80, recuperò l’antico tracciato che deve il suo nome ai suggestivi toponimi montani attraversati: Monte Adone, Monte Venere, Monte Giunone, gli Dei.

Oggi, la Via degli Dei è uno straordinario percorso attrezzato che si snoda tra i paesaggi più suggestivi dell’Appennino Tosco-Emiliano. Un’esperienza accessibile anche ai non esperti e con una ripartizione a tappe di media difficoltà.

L’itinerario della Via degli Dei

La Via degli Dei può variare a seconda del tempo e delle capacità dei camminatori che intendono percorrerla. Non esiste un numero obbligato di tappe e quindi di giorni di percorrenza, ma il consiglio è di impiegare dai cinque ai sette giorni, in modo da avere il tempo di conoscere le peculiariatà che contraddistinguono la Via degli Dei e i luogji che attraversa, dai borghi storici ai paesaggi montani, e rilassarsi nelle strutture ricettive immerse nello splendido scenario dell’Appennino Tosco-Emiliano.

Le tappe

1. Bologna, Casalecchio di Reno, Sasso Marconi e Badolo
Dalla stazione FS di Bologna si imbocca Via Indipendenza e si arriva in Piazza Maggiore, vero punto d’inizio (o di arrivo) della Via degli Dei. Da piazza Maggiore imbocchiamo via d’Azeglio, superate la casa di Lucio Dalla e girate poi a destra in via Farini e poi a sinistra in via Collegio di Spagna, da cui proseguiremo sulla sinistra per arrivare a via Saragozza dove incontreremo gli ultimi negozi e bar per acquistare il pranzo al sacco della prima tappa. Arrivati all’arco del Meloncello iniziamo a percorrere il portico più lungo del mondo: quello che porta al Santuario della beata Vergine di San Luca.

Lunghezza: 21.30 km – Tempo: 6,50 ore.

2. Badolo, Brento, Monzuno, Madonna dei Fornelli
Percorrendo via delle Valli, il sentiero prosegue in mezzo a boschi per girare intorno a Monte del Frate. Poco dopo si arriva a un bivio e bisogna girare a destra. Proseguite sulla stradella e superato di alcune centinaia di metri l’Agriturismo Piccola Raieda si gira a sinistra per iniziare la salita di Monte Adone. La salita è corta, ma abbastanza impegnativa. La fatica verrà ripagata dal bellissimo panorama e dalla bellezza del luogo. Monte Adone è sicuramente il luogo più fotografato della Via degli Dei. Scendendo da Monte Adone si arriva in via Vallazza e di lì a pochissimo a Brento dove troverete servizi, bar e una trattoria dove vi potete riposare prima del lungo tratto che collega Brento a Monterumici e poi Monzuno. Arrivati a Monzuno, da piazza XXIV Maggio proseguite su strada asfaltata in direzione Madonna dei Fornelli, superate il bivio per Loiano e andate verso i campi sportivi dove, svoltando a destra, imboccherete una larga carrareccia in salita. Dopo circa 20 minuti si raggiunge la località “Campagne” dove è segnalato il percorso CAI 019 – VD. Si attraversa (sentiero CAI n.° 19) un cancelletto in un bosco di castagni fino ad arrivare al ripetitore Telecom già individuato il giorno precedente da Monte Adone. Da qui si segue la strada sterrata fino alle case di Le Croci. Breve salita fino al Monte Galletto e poi su sterrata si giunge a Madonna dei Fornelli (3 ore circa da Monzuno).

Lunghezza: 28 km – Tempo: 9,50 ore.

3. Madonna dei Fornelli – Passo della Futa

Da Madonna di Fornelli proseguite verso Pian di Balestra lungo il sentiero n. 019. Superato il quadrivio di Pian di Balestra, seguite la segnaletica Via degli Dei – Futa e Strada Romana, superate un piccolo cancello di legno sulla sinistra e addentratevi nel bosco. Dopo pochi metri potrete già ammirare dei tratti di Flaminia Militare, l’antico percorso Romano datato 187 a.C. che vi accompagnerà in diversi punti di questa tappa. Proseguendo sul sentiero si arriva a un cancello facilmente identificabile da un disegno e una scritta in rosso che recita “Chiudere il cancello grazie”, oltrepassato il quale si apre un ampio spazio: un grande campo con una casa in sasso sulla destra (Località “I Capannoni”). Proseguite percorrendo il viale sterrato e dopo la curva vedrete un albero con indicazioni del percorso. Continuando a camminare incontrerete un bivio a cui bisogna girare a destra.

Questo punto del tragitto non è ben segnalato, seguite però la strada come consigliato e dopo qualche metro vedrete il cartello CAI n°019 sulla destra. Il sentiero prosegue fino ad arrivare alla Piana degli Ossi, dove si possono ammirare i resti di sei antiche fornaci datati presumibilmente II secolo a.C.. Superato questo punto proseguite verso il Passeggere dove incontrerete un incrocio con indicazioni su cartelli in legno a cui bisogna girare a sinistra. Continuate il percorso e al bivio successivo girate a destra; dopo pochi metri si incontra un laghetto artificiale che dovrete costeggiare fino a che non termina la recinzione. Il sentiero prosegue verso sinistra e in salita fino a che non si esce dal bosco e non si incontrano due piane: una più piccola sulla destra e sempre dritto una più ampia denominata “radura delle Banditacce”. Andate avanti verso Sud seguendo il sentiero in leggera salita fino ad arrivare alla cima delle “Banditacce” punto di massima quota di tutto il percorso (circa 1200 m).

Dopo alcuni metri raggiungerete anche il “Poggiaccio” che determina la metà del tragitto, ovvero l’approssimativa equidistanza tra Bologna e Firenze. Il sentiero poi scende leggermente sulla sinistra e lì potrete ammirare numerosi reperti dell’antica strada romana, ben conservata e facilmente identificabile grazie alla presenza di numerose insegne. Continuate a camminare e arriverete alle falde di Poggio Castelluccio: per chi vuole c’è la possibilità di fare una piccola deviazione a destra in salita e raggiungere la cima dove sono state rinvenute testimonianze di un antichissimo Castelliere Ligure (si presume V-III sec a.C.). Proseguendo invece per il sentiero si incontrano nuovamente tratti di Flaminia Militare, di cui uno ben conservato e protetto da una sorta di recinto di legno. Continuate il percorso seguendo la segnaletica e scendete a destra fino a raggiungere l’inizio di un bosco di conifere. Andate avanti in linea retta seguendo sempre le indicazioni per la Futa fino ad arrivare dopo poco alla strada asfaltata che da Pian del Voglio porta al Passo della Futa, SS 65. Seguite la strada asfaltata fino a raggiunge l’ampio parcheggio e l’ingresso del Cimitero Germanico tra i più grandi in Italia.

Lunghezza: 17.25 km – Tempo: 5,50 ore.

4. Passo della Futa – Sant’Agata – San Piero a Sieve

Se avete alloggiato al Passo della Futa proseguite sulla SS65 fino al bivio per Cornacchiaia/Firenzuola. Svoltate a sinistra e poi subito a destra, prendendo la strada sterrata lasciandovi la cabina dell’Enel sulla sinistra. Se invece avete pernottato a Monte di Fo/Santa Lucia bisogna risalire sulla strada che avete presumibilmente fatto il giorno precedente, fino a un incrocio dove si trovano indicazione che mandano in direzione ‘Apparita’. Una volta giunti a questo piccolo gruppo di case, si attraversa la statale SS65 della Futa e proseguendo si raggiunge un incrocio che nelle giornate limpide offre un bello scorcio sul cimitero germanico: seguendo le indicazioni si prende a destra entrando nel bosco.

I due percorsi tornano a incontrarsi lungo il crinale che porta a Monte Gazzaro. Si prosegue sul sentiero CAI 00, che in questo tratto coincide con il Sentiero Italia, fino a un bivio situato poco prima della vetta. Il sentiero che prosegue dritto porta alla cima ed è consigliato solo a Escursionisti Esperti, in quanto la discesa è abbastanza impegnativa. Si continua a salire lungo il crinale della collina fino a raggiungere sulla vetta la Croce di Monte Gazzaro (1125 metri). Nell’area sono stati messi tavoli in pietra e una installazione in pietra serena che rappresenta un portale proprio al confine tra il comune di Barberino di Mugello e Scarperia San Piero. Si giunge, infine, a un nuovo bivio, dove il sentiero numero 46 si divide: a sinistra si va in direzione di Sant’Agata (CAI 46b), percorso ufficiale della Via degli Dei.

Dopo l’abitato di Montepoli si arriva all’affascinante paese di Sant’Agata, caratteristico borgo fuori dal tempo che merita una sosta, sia per rifocillarsi, sia per una visita alla Pieve, chiesa affascinante e molto antica, e ai suoi musei. Passata Sant’Agata, poi, si percorre un breve tratto di strada asfaltata fino a raggiungere il bivio per Gabbiano. Lì si prende una stradella, sterrata prima e asfaltata poi, che vi porta a San Piero a Sieve.

Lunghezza: 21.08 km – Tempo: 6,30 ore

​5. San Piero a Sieve – Bivigliano – Vetta Le Croci

Ripartendo dal centro storico di San Piero a Sieve, si segue la strada asfaltata con indicazioni per la Fortezza Medicea. Una volta saliti, prendete la strada bianca a destra e continuate a camminare seguendo la segnaletica CAI Bo-Fi. Dopo poco avrete la possibilità di fare una piccola deviazione a andare a vedere la Fortezza Medicea di San Martino (chiusa però al pubblico). La fortificazione occupa un intero colle: domina l’abitato di San Piero a Sieve e gran parte del Mugello. La sua costruzione fu fortemente voluta da Cosimo I de’ Medici per porre un baluardo a difesa dei possedimenti della famiglia e dello Stato Fiorentino oltre che per soddisfare le pressanti richieste delle popolazioni locali, stanche dei continui saccheggi perpetuate ai loro danni da eserciti e bande provenienti dal nord.

È considerata una delle più estese fortificazioni italiane di tutti i tempi. Continuando a camminare arriverete ad una strada asfaltata. Prendetela, girate a destra, proseguite pochi metri, attraversate la strada e prendete lo sterrato sulla sinistra che indica “Trebbio, Cadenzano”. Proseguite sul sentiero fino ad arrivare a un grande bivio: qui prendete la strada sulla sinistra in salita. Continuate a camminare sulla Via degli Dei e incontrerete sulla vostra destra un tabernacolo del 1664. Proseguite sulla strada che sale leggermente e godetevi la veduta del bellissimo panorama attorno a voi dove si vedono anche distese di alberi di ulivo. Andate avanti fino ad arrivare alla località Trebbio. Fate una piccola deviazione e andate a vedere da vicino il Castello del Trebbio (Top Ten 5.1). Andate avanti e seguite le indicazioni CAI 17 Bo-Fi Bivigliano.

La strada continua e si snoda nel bellissimo panorama del Mugello dove potrete sempre vedere ulivi, borghi e tabernacoli. Proseguite dritti fino ad arrivare alla strada statale per Firenze. Girate a sinistra per Tagliaferro, scendete fino ad incontrare nuovamente i segnali CAI per Bivigliano sul muretto che circonda una grande casa rossa. Proseguite e superate un cancello che vi porta sulla strada bianca. Dopo poco le indicazioni dicono di girare a sinistra lasciando così alle spalle la strada sterrata e proseguendo nel bosco. Il sentiero sale e arriva a un bivio: CAI 00 e CAI 00-60: seguite il primo girando a destra e proseguite sulla strada bianca. Arrivati ad un piccolo spiazzo con il nome di “Camporomano” il sentiero riprende a destra nel bosco. Continuate sul tracciato fino a che non arriverete ad una strada asfaltata e in lontananza, sulla vostra destra, potrete ammirare la Badia del Buonsollazzo.

Proseguite sulla strada asfaltata fino a che non incontrerete il cartello per Monte Senario sulla vostra sinistra. Il sentiero prosegue in salita fino ad incrociare un cancello che dà su una strada asfaltata: è la strada che arriva al Convento di Monte Senario. Dopo una sosta nel punto di ristoro dei frati, prendete la strada sterrata che costeggia il Convento sulla destra, scendete lungo il viale alberato e prendete il sentiero che scende nel bosco alla vostra sinistra e che alla fine arriva in una strada asfaltata. Proseguite sulla strada fino a che il sentiero riprende a Vetta le Croci dopo circa mezz’ora nel verde e alla vostra sinistra. Quest’ultimo tratto che porta ad Olmo è completamente aperto in una distesa di campi con panorami mozzafiato. Se guardate bene in lontananza infatti potrete già ammirare da lontano sia Fiesole che Firenze.

Lunghezza: 18 km – Tempo: 6 ore.

6. Vetta Le Croci – Fiesole – Firenze

Se avete pernottato a Olmo, risalite a Vetta le croci e imboccate il sentiero seguendo le indicazioni per l’Alberaccio. Attraversata la strada asfaltata continuate sul sentiero CAI n.° 2 che prosegue in salita verso Poggio Pratone da dove è possibile godere di un bellissimo panorama verso Firenze. Dal Pratone si scende su strada sterrata fino a Monte Fanna. La strada diventa poi asfaltata, una volta attraversata la frazione di Borgunto, e si giunge in breve in piazza Mino a Fiesole. Per arrivare in piazza della Signoria avete a questo punto tre possibilità:

1) prendere i mezzi pubblici in piazza Mino da Fiesole.

2) prendere la panoramica fino alle scuole medie e percorrere il sentiero CAI n.° 7 che sale a Monte Ceceri e da qui scendere alle cave di Maiano, salire verso Settignano e scendere direttamente a piedi passando per Coverciano.

3) scendere verso Firenze lungo l’asfaltata ma panoramica via Vecchia Fiesolana.

Lunghezza: 18 km – Tempo: 4 ore.

Nell’anno del Giubileo, l’ente Appennino Slow propone un ricco calendario di attività sulla Via degli Dei. Partendo da Bologna, città medievale di incredibile bellezza, a Firenze, culla del Rinascimento, si va alla scoperta del Cammino in mezzo all’Appennino Tosco-Emiliano, 130 km di storia e natura, scegliendo tra diverse proposte che vanno da tre giorni in e-bike a sette giorni a piedi.

Il passaporto del Cammino degli Dei

Come già per altri cammini – primo fra tutti il Cammino di Santiago di Compostela – anche per il Cammino degli Dei esiste un passaporto per raccogliere le credenziali. Lungo il percorso le strutture convenzionate timbrano il libretto personalizzandolo, a prova e ricordo del cammino compiuto. Una volta terminato il cammino e ottenuti almeno cinque timbri si può inviare una copia della credenziale compilata e l’Ufficio Turistico di Sasso Marconi provvederà alla spedizione omaggio del gadget ufficiale della Via degli Dei.

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L’Europa a Roma: un Cammino tra le Chiese d’Europa

Tra i Cammini giubilari proposti in occasione del Giubileo 2025, uno dei più interessanti da percorrere all’interno di Roma è quello chiamato L’Europa a Roma. È il cammino delle chiese dell’Unione Europea e prevede tappe in 28 chiese e basiliche. È un percorso nuovo che prende il nome dal latino Iter Europaeum (Cammino Europeo, appunto) e tocca chiese legate storicamente a Paesi europei per motivi di carattere culturale, artistico o per una tradizione di accoglienza dei pellegrini provenienti da un particolare Stato della comunità europea.

Un percorso che non solo attesta la bellezza e anche la ricchezza della nostra Capitale, ma che dimostra anche come Roma e il cattolicesimo si leghino strenuamente alla storia dei Paesi europei, per motivi di carattere culturale, artistico o per una tradizione di accoglienza dei pellegrini provenienti da un particolare Stato dell’Unione Europea. Vediamole nel dettaglio.

Unione Europea – Basilica di Santa Maria in Ara Coeli

Il percorso inizia da qui, da questa Basilica facilmente raggiungibile a piedi dalla fermata metro Colosseo. Siamo sul colle Campidoglio dove sorge la Basilica di Santa Maria in Ara Coeli, eretta nel XII secolo. È stata scelta a rappresentanza dell’Unione Europea in quanto – lì vicino – nella Sala degli Orazi e Curiazi del Campidoglio, il 25 marzo 1957 furono firmati i Trattati di Roma (l’atto di nascita dell’Europa unita).

Basilica di Santa Maria in Ara Coeli

Fonte: 123RF

Basilica di Santa Maria in Ara Coeli

Austria – Chiesa del Santissimo Nome di Maria al Foro Traiano

Con una passeggiata di poco più di 5 minuti, spostatevi verso la Colonna Traiana. La chiesa del Santissimo Nome di Maria fu consacrata nel 1741. È legata alle vicende del popolo austriaco perché celebra la battaglia di Vienna nel 1683. O meglio, è un atto di ringraziamento alla Vergine per la vittoria dei cristiani contro l’impero ottomano.

Belgio – Chiesa di San Giuliano dei Fiamminghi

Un’altra breve passeggiata (poco più di 10 minuti) vi condurrà alla terza tappa. Il nome parla da sé, e infatti la Chiesa di San Giuliano è la chiesa nazionale dei belgi. Fu edificata nell’XI secolo dalla comunità fiamminga di stanza a Roma per accogliere i pellegrini connazionali. Oggi la Chiesa è amministrata dalla Stichting Sint-Juliaan, una fondazione laica belga che discende dall’antica confraternita.

Lituania – Chiesa del Gesù

Altri 4 minuti a piedi e vi trovate a Piazza del Gesù, dove sorge la Chiesa del Gesù. Si tratta di una Chiesa gesuita, voluta nel 1551 da Ignazio di Loyola. Al suo interno, si trova la tomba di Jerzy Radziwiłł (1556–1600), primo cardinale della Lituania. Da qui il suo legame al paese europeo.

Chiesa del Gesù

Fonte: chiesadelgesu

Chiesa del Gesù

Polonia – Chiesa di San Stanislao

Tre minuti a piedi e siete già nella Chiesa designata alla Polonia. La Chiesa di San Stanislao risale al 1578: fu il generale polacco Stanislao Osio a volerla edificare. Una dedica al proprio paese: il patrono dei polacchi è infatti San Stanislao Szczepanowski. La struttura fu dotata anche di un ospizio e di un ospedale per i connazionali in pellegrinaggio a Roma e, tuttora, è la chiesa nazionale della comunità polacca nella Capitale.

Finlandia – Basilica di Santa Maria Sopra Minerva

Altra brevissima passeggiata (circa 7 minuti) fino alla Basilica di Santa Maria Sopra Minerva. La storia di questa Basilica è centenaria, ma a noi – in questo contesto – interessa sapere che – dalla Seconda Guerra Mondiale – fu un riferimento per la comunità finlandese a Roma. Non a caso ogni 19 gennaio, giorno della festa di sant’Enrico di Uppsala (vescovo e patrono della Finlandia), viene tenuta nella Basilica una Messa in suo onore. Nella Cappella Capranica si erge anche una statua in legno raffigurante Sant’Enrico.

Francia – Chiesa di San Luigi dei Francesi

Cinque minuti a piedi e siete di fronte alla Chiesa francese per eccellenza: la Chiesa di San Luigi dei Francesi. Del resto, fu fondata nel XVI secolo proprio dalla comunità francese a Roma, con il sostegno di Enrico II, Enrico III e Caterina de’ Medici. Al suo interno ci sono ben tre dipinti di Caravaggio che illustrano la vita di San Matteo (in onore del committente, il cardinale Matteo Contarelli).

Romania – Chiesa di San Salvatore alle Coppelle

Vi basta svoltare l’angolo e siete già a Via delle Coppelle. La Chiesa di San Salvatore alle Coppelle fu costruita nell’XI secolo su una chiesa preesistente e deve il suo nome a Celestino III (1196). Dal 1914 è chiesa nazionale romena e al suo interno la Messa viene ancora oggi officiata in rito orientale bizantino-romeno.

Bulgaria – Chiesa di San Paolo alla Regola

Le passeggiate si allungano un po’, ma vi bastano 15 minuti per raggiungere la Chiesa di San Paolo alla Regola. Il suo legame con la Bulgaria è relativamente recente: solo nel 2014, infatti, il Vicariato di Roma – tramite una concessione – ha permesso alla comunità ortodossa bulgara di celebrare la liturgia domenicale proprio all’interno di questa Chiesa.

Svezia – Chiesa di Santa Brigida

Ora percorrete Vicolo dei Venti (5 minuti) ed entrate nella Chiesa di Santa Brigida. Stiamo ovviamente parlando di Santa Brigida di Svezia che qui visse dal 1350 con la figlia Santa Caterina. Quando Santa Brigida morì (nel 1373), l’edificio fu affidato al monastero svedese di Vadstena. La sua storia vide poi la struttura passare di mano in mano, crollare e ricostruirsi ma – ancora oggi – è la chiesa nazionale degli svedesi.

Chiesa di Santa Brigida

Fonte: 123RF

Chiesa di Santa Brigida

Portogallo – Chiesa di Sant’Antonio dei Portoghesi

Proseguite a piedi per un quarto d’ora fino alla Chiesa di Sant’Antonio dei Portoghesi, in via dei Portoghesi. Forse non occorre dire altro, ma si sa che la storia di Roma non è mai banale. Sant’Antonio dei Portoghesi nacque a Lisbona e morì a Padova nel 1231 e questa Chiesa è a lui dedicata: fu fondata nel 1445 dal cardinale Antonio Martínez de Chaves sul luogo di un ospizio istituito da Guiomar di Lisbona. È la Chiesa nazionale dei portoghesi a Roma.

Germania – Chiesa di S. Maria dell’Anima

Spostatevi verso Piazza Navona e in sei minuti siete davanti alla Chiesa di Santa Maria dell’Anima. Fu fondata nel 1350 grazie a Johannes e Katharina Peters di Dordrecht, che acquistarono tre case e le adibirono a ospizio privato per accogliere i pellegrini. È sempre stata, per questo motivo, un punto di riferimento per i pellegrini tedeschi in arrivo a Roma.

Croazia – Chiesa di San Girolamo dei Croati

Nella zona del Museo dell’Ara Pacis (circa 10 minuti a piedi) vi imbatterete nella Chiesa di San Girolamo dei Croati. Anche qui il nome parla da sé, ma è bene sapere che la Chiesa è ovviamente collegata a Papa Sisto V, originario della Croazia. Fu lui a chiedere un luogo di culto dedicato al Santo (sempre croato) San Girolamo.

Cipro – Basilica di Santa Maria del Popolo

Altri 10 minuti a piedi fino a Piazza del Popolo, dove è facile scorgere Santa Maria del Popolo. È molto frequentata per l’arte che conserva, da Bernini a Raffaello, ma qui ci interessa sottolineare come la storia rinascimentale di Cipro si leghi alla Basilica. In questo luogo si trova infatti la tomba a muro del Cardinale cipriota Ludovico Podocataro (Nicosia 1429 – Roma 1504), segretario e medico di Papa Alessandro VI.

Basilica di Santa Maria del Popolo
Basilica di Santa Maria del Popolo conserva due capolavori di Caravaggio

Irlanda – Chiesa di Sant’Isidoro a Capo le Case

Iniziamo ad allontanarci, anche se non di molto. Ora la passeggiata diventa lunga circa 20 minuti, ma vale la pena se poi si arriva al Collegio di Sant’Isidoro, l’istituto irlandese più antico di Roma, fondato da Luke Wadding nel 1625. Wadding rilevò un piccolo convento spagnolo abbandonato e lo trasformò in un collegio per la formazione dei giovani francescani irlandesi. Fino ad oggi rimane un luogo di riferimento indispensabile per gli studiosi della storia francescana primitiva.

Paesi Bassi – Chiesa dei Santi Michele e Magno

Stavolta la passeggiata che vi proponiamo è di circa 39 minuti, ma passerete davanti a Castel Sant’Angelo e potrete seguire il Tevere. Del resto, la Chiesa dei Santi Michele e Magno è arroccata sul Gianicolo, ma risale addirittura al IX secolo: una visita imprescindibile. Fu costruita dai Frisoni, convertitisi al cristianesimo e desiderosi di una schola a Roma. Nel 1989, Giovanni Paolo II consacrò un altare pagano con le reliquie dei primi missionari provenienti dai Paesi Bassi, Santi Servatius e Wilibrord.

Danimarca – Chiesa di Santa Maria in Traspontina

Ora vi bastano appena 5 minuti per arrivare a piedi alla Chiesa di Santa Maria in Traspontina. Già nel 1600, un convertito danese di nome Christian Payngk convinse papa Urbano VIII a realizzare una cappella dedicata al santo nazionale danese, Knut, re di Danimarca nell’XI secolo. Dopo essere stata abbandonata, nel 1900 lo Stato danese ha preso in carico i lavori di restauro della Chiesa. Ancora oggi i cattolici danesi possono celebrarvi i funerali.

Spagna – Chiesa di San Pietro in Montorio

Circa 30 minuti a piedi, di nuovo seguendo il Tevere, fino alla Chiesa di San Pietro in Montorio. Nel 1400 i frati francescani vollero rinnovare la Chiesa (sorge nel luogo dove, secondo la tradizione, Pietro fu crocifisso) e a finanziare l’operazione ci pensarono i reali di Spagna Ferdinando V e Isabella di Castiglia. Il tempietto alla destra della chiesa è un’opera del Bramante.

Estonia – Basilica di S. Sabina all’Aventino

La nostra passeggiata si fa sempre più lunga: fino alla Basilica di Santa Sabina all’Aventino sono infatti altri 30 minuti di cammino (in alternativa potete prendere il bus 44). La Chiesa risale al 422: fu Pietro d’Illiria, un sacerdote della Dalmazia, a scegliere questo luogo. Nel 1219, la Chiesa fu poi concessa a San Domenico di Guzman: da allora è il quartier generale della comunità estone, data la storica presenza della famiglia domenicana presso Tallin, capitale dell’Estonia.

Grecia – Chiesa di San Teodoro al Palatino

Altri 12 minuti a piedi (attraversando il roseto comunale) vi condurranno presso la Chiesa di San Teodoro al Palatino. Anche la storia di questo luogo è lunghissima e ricca di suggestioni: il suo legame con la Grecia inizia tuttavia solo nel 2004, quando Papa Giovanni Paolo II concesse l’uso della chiesa al Patriarca Ecumenico di Costantinopoli e alla comunità greco-ortodossa romana.

Repubblica Ceca – Basilica di San Clemente

Ora vi aspettano 30 minuti a piedi (costeggiando il Circo Massimo) o 20 minuti in bus (le linee 51, 118, 87, 81 e 85 coprono tutte questo tratto). La Basilica di San Clemente conserva i resti di San Clemente Papa, Sant’ Ignazio di Antiochia e di San Cirillo. San Cirillo e suo fratello San Metodio nell’863 evangelizzarono la Moravia e per questo sono molti cari alla comunità della Repubblica Ceca.

Basilica di San Clemente

Fonte: 123RF

Basilica di San Clemente

Slovacchia – Basilica di Santa Prassede

Stavolta sono (solo) 15 minuti: la Basilica di Santa Prassede è relativamente vicina. Anche questo luogo è curiosamente legato ai santi Cirillo e Metodio (patroni di tutti gli slavi). Vissero qui, proprio in questa Basilica.

Slovenia – Basilica Papale di Santa Maria Maggiore

Girate l’angolo e già siete davanti alla Basilica di Santa Maria Maggiore, un luogo che non ha di certo bisogno di presentazioni. Ma cosa ha a che fare questa Basilica papale con la Slovenia? Ebbene, anche questo luogo – ormai simbolo della comunità slovena a Roma – ha a che vedere con i fratelli Cirillo e Metodio: nel Natale dell’867 furono accolti da papa Adriano II proprio in questa Chiesa.

Basilica Santa Maria Maggiore

Fonte: 123RF

Basilica di Santa Maria Maggiore

Italia – Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri

Ci siamo: dieci minuti a piedi – lungo via Torino – e ci troviamo di fronte alla Basilica legata alla nostra storia. Vi chiederete come mai proprio questa Basilica, più di altre. La Basilica è ufficialmente un luogo dedicato alle celebrazioni della Repubblica Italiana e, più nello specifico, è considerata anche fautrice dell’unità spirituale d’Italia.

Lussemburgo – Basilica del Sacro Cuore di Gesù

Fino a via Marsala sono meno di 15 minuti di cammino. La Basilica del Sacro Cuore di Gesù, nel 1863, fu dedicata da papa Pio IX al Sacro Cuore di Gesù, un movimento forte soprattutto in Francia, Lussemburgo e Italia. Questo luogo ospita la Congregazione Salesiana e la Cancelleria dell’Ambasciata del Lussemburgo presso la Santa Sede.

Lettonia – Basilica dei Santi Quattro Coronati

Altra lunga passeggiata: fino alla Basilica dei Santi Quattro Coronati sono 30 minuti a piedi (o 20, con la metro B da Termini a Colosseo). La Basilica dei Santi Quattro Coronati ha vissuto momenti di abbandono e persino un incendio la distrusse nel 1084. Ha dunque più di una vita: a trasformarla (nel 1564) in un un orfanotrofio femminile per le monache di clausura agostiniane che vi abitano ancora oggi fu Pio IV.

Ungheria – Basilica di Santo Stefano Rotondo al Celio

Dieci minuti e siete di fronte alla Basilica che, in questo cammino, rappresenta l’Ungheria. Fu Papa Nicola V ad affidare la chiesa, ormai in rovina, all’ordine paolino ungherese. L’altare maggiore, anche per questo, è dedicato ai santi ungheresi della famiglia reale degli Árpád. Qui fu anche fondato il Collegium Hungaricum.

Malta – Chiesa di San Paolo alle Tre Fontane

L’ultima Chiesa si trova all’EUR e vi consigliamo di raggiungerla con i mezzi pubblici. Potete prendere l’autobus 671 o il 714. La Chiesa di San Paolo alle Tre Fontane sorge nel luogo del martirio di San Paolo. La tradizione vuole che San Paolo naufragò a Malta durante il suo viaggio verso Roma e fu accolto più che bene dai suoi abitanti: il Santo, non a caso, è il patrono dell’isola.

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Scoprire passeggiando Rione Borgo e Castel Sant’Angelo

Nell’anno del Giubileo, gli itinerari da percorrere a Roma sono infiniti: la città – tra lavori di restauro ed eventi – torna a splendere, ma è imprescindibile un giro turistico nel Rione Borgo (Rione XIV della Capitale). Stiamo infatti parlando dell’area in cui sorge Castel Sant’Angelo, assoluto protagonista di questo rione particolarissimo, spesso chiamato i Borghi perché così son nominate le sue strade (e non con la solita denominazione di via o vicoli). Prima di iniziare, però, val la pena raccontare la storia di questo quartiere dalla forma trapezoidale nel cuore di Roma.

La storia di Rione Borgo

Sebbene il suo nome derivi da una parola sassone – burg (a indicare un villaggio circondato da mura separato dalla città) – e risalga probabilmente al periodo successivo alla caduta dell’Impero Romano, l’area già sotto i romani aveva una sua specifica funzione: era chiamato Ager Vaticanus, perché popolato dagli àuguri etruschi (sacerdoti dediti alla divinazione). Trovandosi poi al di fuori del pomerium (della città romana vera e propria) veniva usato come luogo di sepoltura: molte testimonianze attestano la presenza di importanti tombe ora demolite, tra cui la Meta Romuli, ma con il tempo la zona si riempì anche di villae e horti. Caligola vi costruì un circo, mentre Nerone edificò il ponte di pietra di Via Triumphalis (visibile nei giorni di magra del Tevere) e un teatro privato. Inutile dire che è Adriano ad aver stabilito ad imperitura memoria il paesaggio interno di Rione Borgo: il suo mausoleo è immenso e si deve al successore di Traiano anche la costruzione di Ponte Sant’Angelo.

La storia di Borgo cambia tuttavia improvvisamente nel 67, con il martirio dell’apostolo Pietro ai piedi del colle Vaticano. La tomba del Santo posta nei dintorni attrasse nell’area tantissimi pellegrini e Costantino pensò bene di costruirvi la celebre Basilica. Anche dopo la caduta dell’Impero, i pellegrinaggi erano numerosi e nella zona – il Rione Borgo è, di fatto, un’anticamera del Vaticano per posizione – sorsero ospedali e scholae (ospizi nazionali) per chi arrivava da ogni parte d’Europa. Da qui il nome di Burg: tante piccole comunità di ogni nazione sostavano qui, prima di incamminarsi verso la Basilica.

Rione Borgo

Fonte: 123RF

Rione Borgo

Castel Sant’Angelo

Il nostro itinerario parte da qui e non potrebbe essere altrimenti: Castel Sant’Angelo è simbolo di Rione Borgo ma anche di Roma stessa e la sua imponenza lo fa torreggiare dispotico sul Tevere e sul quartiere. Fu commissionato, nel 135 d.C., da Adriano all’architetto Demetriano: l’imperatore desiderava un mausoleo funebre enorme per sé e per i familiari e così è stato, almeno finché nel 403 Onorio non lo incluse nelle Mura Aureliane, trasformandolo in una fortezza.

Nel 590 divenne poi ufficialmente Castel Sant’Angelo e stavolta il merito è tutto ecclesiastico. Papa Gregorio I organizzò infatti una processione per liberare Roma da una grave pestilenza: sul Ponte Elio vide l’arcangelo Michele che rinfoderava la spada sulla Mole Adriana. Fu preso come segno della fine dell’epidemia e così fu: da qui l’attuale nome e anche la costruzione di una Chiesa dedicata appunto all’Angelo della visione.

Da allora le trasformazioni e gli usi del Mausoleo di Adriano sono stati molteplici: prigione, tesoro della Chiesa, rifugio, tribunale, archivio. E sono anche innumerevoli i lavori subìti: potrete tuttavia conoscere tutta la storia di questo edificio unico al mondo esplorandolo. Nel 1925 è stato infatti trasformato in un museo e, di fatto, oggi è sia un monumento che un’area archeologica. Vi consigliamo di scoprire tutti i suoi segreti, ma potrebbe non bastare una visita: ad esempio, sapevate che l’ultimo atto della Tosca di Giacomo Puccini è ambientato proprio nelle prigioni di Castel Sant’Angelo e la protagonista si toglie la vita lanciandosi dai suoi spalti?

Castel Sant'Angelo a Roma

Fonte: 123RF

Castel Sant’Angelo

Ponte Sant’Angelo

Ora che avete visitato Castel Sant’Angelo potete soffermarvi ad ammirare Ponte Sant’Angelo, considerato uno dei più belli di Roma. La sua storia è strettamente connessa al Mausoleo, perché fu l’imperatore Adriano a ordinarne la costruzione insieme alla sua tomba per collegarla alla riva sinistra del Tevere. È dunque opera dell’architetto Demetriano ed è noto – per questo – anche come pons Hadriani (ponte di Adriano) o pons Aelius (ponte Elio, sempre dal nome dell’imperatore).

Le due statue all’inizio del ponte rappresentano San Pietro e San Paolo e furono commissionate nel 1535 da papa Clemente VII: gli autori sono Lorenzetto (San Pietro) e Paolo Romano (San Paolo). Le altre statue presenti furono invece commissionate da Papa Clemente IX nel 1667 e realizzate dagli allievi di Gian Lorenzo Bernini (che scolpì personalmente i due angeli con il cartiglio di INRI, mai posti sul ponte in realtà perché troppo belli). Soffermatevi a guardare le statue degli angeli sul Ponte: sono a coppie e raccontano la storia della flagellazione di Gesù.

Ponte Sant'Angelo

Fonte: 123RF

Ponte Sant’Angelo

Il passetto di Borgo

La visita a Castel Sant’Angelo non può prescindere da Passetto di Borgo, riaperto proprio in occasione del Giubileo e visitabile su prenotazione. È un tratto sopraelevato delle Mura Vaticane e collega Castel Sant’Angelo al Vaticano (più precisamente, al Palazzo Apostolico Vaticano). Il suo scopo era proprio quello di offrire ai Papi una via di fuga in caso di attacchi, permettendo loro di rifugiarsi a Castel Sant’Angelo. Rispetto a quanto avete visto finora, l’origine del Passetto è relativamente recente: fu fatto costruire da papa Niccolò III nel 1277 e fu effettivamente usato nel 1494 da Papa Alessandro VI quando Carlo VIII di Francia invase Roma.

Passetto di Borgo

Fonte: Luigi di Stano

Passetto di Borgo

Santo Spirito in Sassia

Ora potete finalmente esplorare il Borgo vero e proprio. Spostatevi a piedi verso il Complesso monumentale di Santo Spirito in Sassia, risalente al 727 d.C. Romani e papi, in questo caso, c’entrano il giusto: il Complesso fu infatti costruito dai sassoni che – nel Burg – istituirono la Schola Saxonum. Si trattava di una sorta di centro d’accoglienza che forniva ospitalità ai sassoni giunti a Roma per visitare la tomba di San Pietro.

Prima della Schola Saxonum, in quest’area sorgevano gli Horti di Agrippina Maior e successivamente – intorno al 1100 – l’edificio divenne un ospedale. È tuttora l’ospedale più antico d’Europa ed è visitabile su prenotazione: è adiacente, in realtà, al più moderno Ospedale di Santo Spirito, che ne prosegue l’opera. Al suo interno potrete ammirare la fontana del XVII secolo, l’antica Spezieria, affreschi, il Museo di Storia dell’Arte Sanitaria e la Ruota degli Esposti, che si trova su una facciata laterale e fu voluta da Innocenzo III per permettere ai neonati non desiderati di essere accolti, in forma anonima, nell’Ospedale.

Santo Spirito in Sassia

Fonte: 123RF

Santo Spirito in Sassia

I palazzi rinascimentali

All’inizio del Rinascimento, con il Vaticano ormai sempre più sede della Chiesa, Borgo visse un’era di rinascita. Nobili, prelati e artisti si stabilirono dunque qui verso la fine del XVI secolo e costruirono importanti palazzi, in parte andati distrutti. Alcuni tuttavia sono ancora visibili tra le strade del quartiere: val la pena girare a piedi nel rione per ammirare le loro facciate. In Borgo Santo Spirito trovate Palazzo Alicorni e il Palazzo del Commendatore, in piazza del Sant’Uffizio trovate il palazzo omonimo, mentre Palazzo Serristori si trova in via dei Cavalieri del Santo Sepolcro. Palazzo Cesi-Armellini, il Palazzo dei Convertendi, Palazzo Giraud-Torlonia, il Palazzo dei Penitenzieri e il Palazzo Rusticucci-Accoramboni sono invece tutti in via della Conciliazione.

Palazzo Giraud-Torlonia in Rione Borgo

Fonte: Turismo Roma

Palazzo Giraud-Torlonia

Via della Conciliazione e il Museo Leonardo Da Vinci Experience

Restate ora in Via della Conciliazione, una delle strade più celebri di Roma, che collega largo Giovanni XXIII a piazza Pio XII. La sua importanza deriva però dal fatto che collega idealmente la capitale d’Italia con lo Stato Vaticano. Fu progettata da Marcello Piacentini e Attilio Spaccarelli e costruita a partire dal 1936, dopo la demolizione della famosa Spina di Borgo e dell’effetto prospettico ideato da Gian Lorenzo Bernini. Proprio per questo, negli anni, l’iniziativa di stampo fascista è stata aspramente criticata.

Su Via della Conciliazione, se avete tempo, potete poi fermarvi al Museo Leonardo Da Vinci Experience: si tratta di un museo interattivo che presenta agli avventori tutte le opere e le invenzioni di Leonardo Da Vinci. Potete provarle e, guardando i bozzetti dell’artista, capire anche da cosa nascessero le sue intuizioni.

Via della Conciliazione

Fonte: 123RF

Via della Conciliazione

La Fontana delle Tiare e la Fontana delle Palle di Cannone

Per terminare la passeggiata nel rione Borgo (che potete comunque attraversare tranquillamente a piedi, ammirando anche botteghe e locali) vi consigliamo la visita alle due fontane di Pietro Lombardi: la Fontana delle Tiare e la Fontana delle Palle di Cannone. Nel 1926, il Comune di Roma emanò un concorso per sostituire i nasoni con nuove fontanelle artistiche: il compito andò appunto a Lombardi, che ne realizzò nove in diversi rioni della città.

La Fontana delle Tiare si trova a ridosso del Passetto ed è in travertino: è dedicata al Vaticano, ma rientra geograficamente nel nostro Borgo. Sfoggia simboli del papato e lo stemma di Rione Borgo (oltre a quello di Roma). La Fontana delle Palle di Cannone si trova in Via di Porta Castello e omaggia Castel Sant’Angelo (quindi proprio il Rione).

Fontana delle Palle di Cannone

Fonte: Turismo Roma

Fontana delle Palle di Cannone
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Donne Patrone d’Europa, un cammino tra le chiese di Roma

Il Giubileo appena cominciato è un’occasione preziosa di riflessione e preghiera, di raccoglimento e meditazione ma anche di scoperta. In particolare, l’Anno Santo offre ai fedeli e ai turisti, così come agli stessi cittadini romani, di avvicinarsi alle figure dei santi approfondendone il ruolo che hanno avuto nella sfera religiosa ma anche il loro contributo alla storia della cristianità e del mondo. E non parliamo solo di uomini ma anche di grandi sante, che la Chiesa ha inserito nel novero dei Dottori della Chiesa.

Ma chi è un Dottore della Chiesa? Come spiega l’Enciclopedia Treccani alla voce dedicata, viene ufficialmente proclamato tale – per volontà papale o tramite concilio ecumenico – chi, indipendentemente dall’epoca in cui è vissuto, ha saputo affermare e difendere il credo cristiano. Diffusosi in età medievale in tutto l’Occidente, il culto dei Dottori della Chiesa si è presto esteso tra i fedeli consolidandosi nei secoli.

I primi a ricevere tale titolo a opera di papa Bonifacio VIII a fine XIII secolo, furono Sant’Ambrogio, Sant’Agostino, San Girolamo e San Gregorio Magno mentre gli ultimi, sotto il pontificato di papa Francesco, sono stati Gregorio di Narek (2015) e Ireneo di Lione (2022). Per un totale, a oggi, di 37 Dottori della Chiesa tra cui spiccano i nomi di quattro donne. Si tratta di Santa Teresa d’Avila, Santa Caterina da Siena, Santa Teresa di Lisieux e Santa Ildegarda di Bingen.

Oltre al titolo di Dottore, sono tre le sante che sono state annoverate tra le Patrone d’Europa, proclamate tali nel 1980 dall’allora papa Giovanni Paolo II. Sono Santa Brigida di Svezia, Santa Caterina da Siena (anche Dottore della Chiesa) e Santa Teresa Benedetta della Croce. Queste donne hanno lasciato un’impronta indelebile nella spiritualità europea, ispirando generazioni di fedeli e intellettuali. Attraverso le loro vite e le loro opere, infatti, hanno incarnato i valori cristiani, contribuendo alla costruzione di un’identità culturale e spirituale condivisa dal continente.

E per ciascuna di queste sei sante a Roma sorge una chiesa dedicata: ecco una proposta di itinerario per esplorare questi luoghi e il significato più profondo in occasione del Giubileo 2025.

Santa Brigida di Svezia Patrona d’Europa e la Basilica a Campo de’ Fiori

Santa Brigida di Svezia, proclamata Patrona d’Europa nel 1999, visse la sua esistenza tra misticismo e impegno sociale. A Roma, la Basilica di Santa Brigida a Campo de’ Fiori rappresenta il cuore della sua eredità spirituale. Del resto, proprio in piazza Farnese – dove sorge l’edificio religioso a lei intitolato –  visse gli ultimi anni della sua vita insieme alla figlia Caterina, dedicandosi alla preghiera e fondando l’ordine monastico, che ancora oggi porta avanti la sua missione.

Basilica di Santa Brigida a Campo dei Fiori

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Facciata della Basilica di Santa Brigida a Campo dei Fiori

Santa Brigida è nota per le sue visioni, da lei stessa raccolte in scritti che influenzarono profondamente la spiritualità medievale. La chiesa attualmente visitabile fa parte di una struttura più ampia comprendente l’abitazione in cui Santa Brigida di Svezia visse dal 1350 e che, dopo la sua morte, fu affidata al monastero svedese di Vadstena. Nei secoli successivi, il complesso subì diversi passaggi di proprietà fino a quando papa Pio XI l’assegnò definitivamente alle suore brigidine. Ancora oggi, la chiesa è considerata la chiesa nazionale degli svedesi.

Santa Caterina da Siena Patrona d’Europa e la Basilica di Santa Maria sopra Minerva

Luogo emblematico per la venerazione di Santa Caterina da Siena, la Basilica di Santa Maria sopra Minerva sorge nel cuore di Roma. Le prime attestazioni sulla presenza di un edificio sacro risalgono all’VIII secolo d.C., quando papa Zaccaria donò la struttura a una comunità di monache basiliane in fuga dall’Oriente. In età napoleonica, il convento fu utilizzato come caserma di fanteria venendo anche abbandonato per alcuni anni a causa della soppressione degli ordini religiosi.

Basilica di Santa Maria sopra Minerva

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Abside della Basilica di Santa Maria sopra Minerva a Roma

Oggi, all’interno della basilica si trovano le spoglie del Beato Angelico (proclamato patrono degli artisti da Giovanni Paolo II nel 1984) e di Santa Caterina da Siena, elevata a Dottore della Chiesa nel 1970 e oggi Patrona di Roma, Italia ed Europa. Nata nel 1347, Caterina fu mistica, filosofa e politica, ed è ricordata per la profondità del suo pensiero teologico e spirituale.

Santa Ildegarda di Bingen Dottore della Chiesa e la Basilica di Santa Cecilia a Trastevere

La Basilica di Santa Cecilia a Trastevere celebra la figura della giovane martire romana la cui storia incontra quella di Santa Ildegarda di Bingen, dal 2012 Dottore della Chiesa per volontà di papa Benedetto XVI. A unire le due sante, nell’arte come nella vita è stato, infatti, l’aver trovato nella musica la forma espressiva congeniale per lodare Dio. L’edificio che ricorda le due donne sorge sul luogo che la tradizione riconosce come abitazione di Santa Cecilia che fu martirizzata intorno al 230 d.C. per il suo impegno nel convertire al cristianesimo numerosi membri della sua famiglia.

Basilica di Santa Ildegarda di Bingen a Roma

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Esterno della Basilica di Santa Cecilia a Trastevere

Papa Urbano I, che fu testimone del suo sacrificio, provvide a darle una sepoltura onorevole e per questo decise di trasformarne la dimora in un luogo di culto, dove nel IX secolo furono traslate anche le sue reliquie individuate nelle catacombe di San Callisto. Anche Santa Ildegarda di Bingen è stata mistica, compositrice, teologa e scienziata, incarnando la capacità della Chiesa di valorizzare il sapere e l’arte come strumenti per avvicinarsi a Dio.

Santa Teresa del Bambin Gesù Dottore della Chiesa e Trinità dei Monti

Da una parte la Chiesa della Santissima Trinità dei Monti e, dall’altra, Santa Teresa di Lisieux nota anche con il nome di Santa Teresa del Bambin Gesù. Minimo comune denominatore è la Francia, il cui sostegno al convento che sorge accanto all’edificio religioso fu costante nei secoli. Santa Teresa di Lisieux è tra le sante più amate della Chiesa e con la sua “piccola via” raccontata nell’autobiografia Storia di un’anima, oltre che testimoniata con la sua vita, è simbolo di semplicità e fiducia in Dio. La chiesa della Trinità dei Monti è, in questo senso, un luogo significativo per ricordare questa santa proclamata Dottore della Chiesa nel 1997.

Trinità dei Monti Roma

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La Chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù o Trinità dei Monti

Originariamente chiamata “Trinità del Monte”, la chiesa che corona la celebre scalinata venne solennemente consacrata da Papa Sisto V che, quindi, incaricò l’architetto Domenico Fontana di progettare un percorso monumentale che la collegasse a Santa Maria Maggiore. Adiacente all’edificio, si trova ancora oggi il convento, fondato nel 1494 da Francesco di Paola destinato a ospitare i religiosi francesi dell’Ordine dei Minimi.

Santa Teresa d’Avila e la Chiesa di Santa Maria della Vittoria

Il percorso romano tra le chiese dedicate alle sante nominate Dottori della Chiesa prosegue con Santa Maria della Vittoria, che custodisce un celebre gruppo scultoreo di Gian Lorenzo Bernini. Si tratta dell’Estasi di Santa Teresa d’Avila realizzata fra il 1647 e il 1652 e considerata uno dei capolavori del Barocco romano. La magistrale opera cattura l’esperienza mistica della santa spagnola nel momento di maggiore tensione tra gioia e dolore, mentre un angelo le trafigge il cuore con una freccia dorata.

Chiesa Santa Maria della Vittoria

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L’Estasi di Santa Teresa D’Avila di Gian Lorenzo Bernini

Nata in Spagna nel 1515, Teresa d’Avila fu riformatrice dell’ordine carmelitano che si impegnò a riportare alla purezza originaria. La chiesa che ne ospita la rappresentazione deve il suo nome alla vittoria nella battaglia della Montagna Bianca (1620) che vide scontrarsi cattolici e boemi con la sconfitta dei secondi. In particolare, la tradizione vuole che, durante lo scontro, il ritratto della Vergine – ora conservano nella chiesa – si sia miracolosamente illuminò mettendo in fuga i nemici.

Santa Teresa Benedetta della Croce Patrona d’Europa e la Basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio

Santa Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein, è una figura emblematica del XX secolo, vittima dell’Olocausto e, anche per questo, simbolo di coraggio, fede e intelligenza. Filosofa di origine ebraica, trovò nel cattolicesimo una risposta alle sue domande più profonde e fu grande studiosa di Sant’Agostino. Proprio per tale ragione, la Basilica romana dedicata al Dottore di Ippona si configura come luogo ideale per ricordare la sua eredità spirituale.

Basilica di Sant'Agostino in Campo Marzio

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facciata della Basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio

Costruita nel 1483 da Jacopo da Pietrasanta su commissione del cardinale Guglielmo d’Estouteville, la basilica sorge su un antico luogo di culto dedicato a San Trifone. Al suo interno, tra i tesori artistici che custodisce vi è la Madonna dei Pellegrini di Caravaggio, nella cappella Cavalletti. Annessa alla chiesa, la prestigiosa Biblioteca Angelica, espressione della missione agostiniana alla ricerca della verità attraverso il sapere.

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Il Giro delle Sette Chiese: sulle orme di San Filippo Neri

È noto ufficialmente come il Pellegrinaggio delle Sette Chiese, ma – nei secoli – è capitato anche che venisse chiamato il Pellegrinaggio di San Filippo Neri, considerato il suo ideatore. È un percorso di 25 chilometri all’interno di Roma – alla scoperta di sette Basiliche della Capitale – fino alla campagna e alle catacombe della città: è un vero e proprio pellegrinaggio, che rientra anche tra i Cammini Giubilari ufficiali di questo Giubileo 2025. Tanto che spesso viene sottolineata la fatica del percorso più che la scoperta delle Chiese che ne compongono le tappe.

È un pellegrinaggio talmente storico che è addirittura antecedente a San Filippo Neri, praticato sin dal Medioevo. I pellegrini che arrivavano a Roma – sia in occasione del Giubileo che in visita – erano soliti visitare le Sette Chiese. Filippo Neri ha, di fatto, ridato vita a questo pellegrinaggio. Si narra che era sua abitudine percorrerlo di notte da solo, aggiungendo dunque alla passeggiata anche la penitenza della privazione del sonno. A Roma la storia vuole che Filippo Neri istituisse il Giro delle Sette Chiese nel giorno di giovedì grasso del 1552, in opposizione ai festeggiamenti pagani del Carnevale.

Il pellegrinaggio tocca le quattro Basiliche papali maggiori e le tre più importanti basiliche minori. Sono la Basilica di San Pietro in Vaticano, la Basilica di San Paolo fuori le mura, la Basilica di San Giovanni in Laterano, la Basilica di San Lorenzo, la Basilica di Santa Maria Maggiore, la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, la Basilica di San Sebastiano.

Qualche curiosità

Il Pellegrinaggio delle Sette Chiese viene praticato due volte l’anno in notturna – a settembre e maggio – ma c’è anche la tradizione di effettuare il giro durante il triduo pasquale (dalla sera del Giovedì Santo fino al Sabato Santo). Solitamente, e soprattutto nei tempi antichi, se non in notturna, era una pratica che richiedeva almeno due giorni: i pellegrini spesso dedicavano la prima giornata alla visita della prima tappa, la Basilica di San Pietro, per poi terminare il giro il giorno successivo.

A Roma, non a caso, è storica l’espressione fare il giro delle sette chiese con un’accezione non proprio ecclesiastica: si dice quando ci si vuole riferire a un giro infinito senza meta. Chiaramente, l’origine del detto sarà più popolare che cattolica. Per i fedeli, infatti, è un pellegrinaggio dall’incredibile valore spirituale.

La prima tappa: dalla Chiesa Nuova alla Basilica di San Pietro

La prima tappa del Pellegrinaggio delle Sette Chiese ci porta subito nel cuore del Giubileo: alla Basilica di San Pietro. Si parte dalla Chiesa Nuova di Santa Maria in Vallicella e, da lì, c’è una prima sosta a Castel Sant’Angelo. In passato, per arrivare alla Basilica, i pellegrini potevano infatti sfruttare solo Ponte Sant’Angelo per giungere a San Pietro, passando poi da Borgo Santo Spirito. In totale sono meno di 1,5 chilometri di cammino (una ventina di minuti), ma è ovvio che qui è necessario del tempo sia per ammirare Castel Sant’Angelo – il Mausoleo di Adriano – che per visitare la Basilica principale del Giubileo 2025. Sono due tombe, di fatto: la prima è quella dell’Imperatore Adriano, la seconda è del Principe degli Apostoli e si trova all’interno della Basilica, sotto l’altare maggiore.

Basilica di San Pietro

Fonte: 123RF

Basilica di San Pietro

Seconda tappa: dalla Basilica di San Pietro alla Basilica di San Paolo fuori le Mura

Dalla città del Vaticano – imboccando Via dei Penitenzieri, il Lungotevere Gianicolense e poi il Lungotevere Farnesina (basta seguire la banchina del Tevere) – raggiungete in 2,5 chilometri (35 minuti di cammino) San Bartolomeo all’Isola, sull’Isola Tiberina. La Chiesa di San Bartolomeo all’Isola è una basilica minore costruita nell’anno 1000 per contenere le reliquie di San Bartolomeo apostolo. Da San Bartolomeo all’Isola riprendete il Lungotevere e attraversate il fiume su Ponte Sublicio, continuando poi su Via Marmorata e Via Ostiense fino alla Basilica di San Paolo fuori le Mura. Sono altri 4 km, per circa un’ora di cammino, ma attraverserete il quartiere Testaccio e parte del quartiere Ostiense prima di arrivare alla meta. La vista sul Tevere poi è imperdibile. Per i pellegrini, ancor più incredibile è spostarsi, in poco tempo, dalla tomba di Pietro a quella di Paolo. E il pellegrinaggio continua.

Basilica di San Paolo fuori le Mura

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Basilica di San Paolo fuori le Mura

Terza tappa: dalla Basilica di San Paolo fuori le Mura alla Basilica di San Sebastiano

Dalla Basilica di San Paolo fuori le Mura, prendete Via delle Sette Chiese. La strada collega via Ostiense a via Appia Antica, presso la Basilica di San Sebastiano. È un tracciato antico, usato sin dalla fine del XVI secolo, e deve il suo nome proprio al nostro pellegrinaggio. Sono oltre 3 km di cammino – celebri anche per la presenza delle catacombe – che potete dividere con una sosta in Piazza di Sant’Eurosia, nel cuore del quartiere Garbatella. Qui troverete la Chiesa dei Santi Isidoro e Eurosia, costruita nel 1818 per opera di monsignor Nicola Maria Nicolai e oggi annessa alla parrocchia di San Filippo Neri in Eurosia.

Dalla Chiesa proseguite per Via delle Sette Chiese fino alla Basilica di San Sebastiano fuori le Mura, una basilica minore. Siamo di fronte a una Basilica incredibile, sia per storia che per rilevanza ecclesiastica e artistica. Venne infatti costruita nel IV secolo con la dedica ai Santi Pietro e Paolo: è in questo luogo, infatti, che nel 258 furono conservate le reliquie dei due apostoli per paura delle persecuzioni. Furono in seguito riportare nuovamente nelle loro sedi originarie, ma l’imperatore Costantino fece comunque costruire una Basilica dedicata alla memoria dei due apostoli e Santi. Sempre qui sono poi presenti delle catacombe, tra cui giacciono anche le spoglie di San Sebastiano: da qui il suo titolo attuale e l’attributo ad catacumbas. L’aspetto attuale della Basilica si deve invece al cardinale Scipione Caffarelli-Borghese nel XVII secolo, che si affidò prima a Flaminio Ponzio e poi a Giovanni Vasanzio (che firmò la facciata).

Questo è il centro del Pellegrinaggio: Filippo Neri arrivava qui e di notte chiedeva il dono dello Spirito Santo. Nelle catacombe c’è anche una piccola cappella dedicata al Santo, che – nella notte della Veglia di Pentecoste del 1544 – a 29 anni, ricevette il dono dello Spirito Santo in forma di globo di fuoco che gli entrò in bocca e gli dilatò il torace. O almeno così si narra.

San Sebastiano fuori le Mura

Fonte: 123RF

San Sebastiano fuori le Mura

Quarta tappa: dalla Basilica di San Sebastiano alla Basilica di San Giovanni in Laterano

Ammirata tutta la bellezza della Basilica di San Sebastiano fuori le Mura, ci si incammina verso la Basilica di San Giovanni in Laterano. Anche qui c’è una prima sosta alla Chiesa del Domine Quo Vadis (2,5 chilometri per 30 minuti di cammino), che potete raggiungere percorrendo l’Appia Antica. Questa Chiesa cela e tutela una leggenda: si narra che, di fronte alla persecuzione di Nerone, San Pietro stesse lasciando Roma. Incontrò tuttavia un viandante, in realtà Gesù, e gli chiese Domine, Quo vadis? (Signore Dove Vai?). Gesù rispose di andare a morire a Roma (Eo Romam iterum crucifigi, Vado a Roma a farmi crocifiggere di nuovo). Pietro capì dunque di dover tornare indietro e morirà, di fatto, martire. Da qui fino a San Giovanni in Laterano vi attendono altri 2,8 chilometri di cammino attraverso il quartiere Appio Latino.

San Giovanni in Laterano

Fonte: 123RF

Basilica di San Giovanni in Laterano

Quinta tappa: dalla Basilica di San Giovanni in Laterano alla Basilica di Santa Croce in Gerusalemme

La quinta tappa è una delle più semplici e meno faticose: tra le due Basiliche, infatti, c’è meno di un chilometro di cammino. Da una delle Basiliche maggiori a una Basilica minore, considerata tuttavia fondamentale perché conserva parte della croce di Gesù e altre reliquie della Passione. Non è dunque intitolata a nessun martire, ma pensata più come un vero e proprio reliquiario. È detta poi in Gerusalemme perché – nelle sue fondamenta – c’è la terra del monte Calvario trasportata a Roma: fu Sant’Elena – di ritorno dalla Terra Santa – a portare nella Capitale via nave reliquie e Terra Santa. E infatti fu costruita nel IV secolo presso il Palazzo del Sessorium, residenza proprio di Sant’Elena.

Basilica di Santa Croce in Gerusalemme

Fonte: 123RF

Basilica di Santa Croce in Gerusalemme

Sesta tappa: dalla Basilica di Santa Croce in Gerusalemme alla Basilica di San Lorenzo fuori le mura

Anche questa tappa è relativamente breve: tra le due Basiliche minori ci sono due chilometri, per circa 30 minuti di cammino. L’arrivo è la Basilica di San Lorenzo fuori le Mura, detta anche San Lorenzo al Verano: qui giace la tomba di San Lorenzo, martirizzato nel 258. Non solo però: la basilica ospita anche le tombe di Alcide De Gasperi e di cinque Papi (San Zosimo, San Sisto III, Sant’Ilario, Damaso II e beato Pio IX).

È una storia curiosa quella della Chiesa: la basilica originaria (una Basilica maior) fu infatti eretta per ordine dell’imperatore Costantino I nel IV secolo, proprio per onorare il martire Lorenzo, la cui tomba giaceva in quel luogo. Sempre nei pressi della tomba fu poi costruito un oratorio, che divenne una Chiesa sotto papa Pelagio II (579-590). Per un periodo di tempo, la Basilica maggiore costantiniana visse accanto alla basilica minore: ma fu quest’ultima – con il tempo – a prevalere e, nel 1217, fu ampliata da Papa Onorio III: oggi è la Basilica di San Lorenzo fuori le Mura.

Basilica di San Lorenzo fuori le mura

Fonte: Turismo Roma

Basilica di San Lorenzo fuori le mura

Settima tappa: dalla Basilica di San Lorenzo fuori le mura alla Basilica di Santa Maria Maggiore

Siamo all’ultima tappa, all’ultima Basilica: dobbiamo camminare dal quartiere San Lorenzo fino a Santa Maria Maggiore. Sono circa 2,5 chilometri di cammino per una mezz’oretta di passeggiata: vi porteranno davanti a una delle quattro Basiliche Papali, la cui storia risale al pontificato di Liberio (352-366). Il Pellegrinaggio finisce qui, tra fatica e preghiere: per i pellegrini è uno dei cammini più importanti da fare dentro Roma – e di fatto permette di visitare tombe di Santi e reliquiari – ma è indubbio il suo valore storico, oltre che cattolico. Tra storia e leggenda, non solo ripercorrerete i passi di San Filippo Neri, ma vedrete Roma forse da un’altra prospettiva: terra di imperatori e di Santi che ne hanno battuto le strade, chi abbagliato dalle sue ricchezze e chi dalla sua profonda spiritualità.

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I trekking più belli che hanno aperto in Europa nell’ultimo anno

L’escursionismo è un modo per vedere le parti meno visitate di un paese, e farlo in modo sostenibile. Nel 2024 questa pratica outdoor ha continuato a guadagnare popolarità come attività di viaggio, dai percorsi di pellegrinaggio a piedi al trekking più lungo su sentieri di montagna.

Per alcuni viaggiatori questo è un modo per trovare tranquillità e farsi cullare dalla solitudine. Per altri è un trattamento di benessere che promuove la consapevolezza. Di recente, in Europa, sono stati aperti diversi nuovi percorsi per gli amanti del trekking, e di seguito vi consigliamo alcuni dei più belli da provare.

I nuovi itinerari per fare trekking in Italia

L’Italia ha aperto un percorso escursionistico di sette giorni sulle Dolomiti che si snoda attraverso il paesaggio naturale selvaggio e lussureggiante della famosa catena montuosa italiana. Il Cammino Retico prende il nome dall’antico popolo dei Reti che viveva nella zona in epoca preromana.

Collega vari villaggi remoti tra le regioni del Veneto e del Trentino. Organizzato dall’associazione sociale Carpe Diem, questo percorso inizia e termina ad Aune di Sovramonte, vicino alla città di Belluno. Il percorso circolare è lungo 170 chilometri e può essere completato in genere in una settimana.

La via dell’amore in Italia ha riaperto dopo un decennio ed è uno dei percorsi escursionistici più famosi d’Italia. Spesso definito come la passeggiata più romantica del mondo, questo percorso si trova tra Riomaggiore e Manarola. Ha chiuso di nuovo nel 2012 dopo che una frana ha ferito quattro turisti e danneggiato il sentiero.

Dopo un’ampia ristrutturazione, ha accolto di nuovo i camminatori il 27 luglio 2024, si snoda per 1 km attorno a una serie di cinque villaggi che compongono le Cinque Terre, patrimonio mondiale dell’UNESCO. Il sentiero asfaltato abbraccia la costa con viste mozzafiato sul paesaggio e sul mare.

Trekking Svezia

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Fare trekking in Svezia

Walk2Spirit è un progetto molto bello che unisce l’Italia alla Slovenia con un cammino denominato Iter Goritiense lungo 82 km che collega Aquileia a Sveta Gora. Attraversando il confine italo-sloveno questo percorso pensato in occasione del Giubileo 2025 invita all’unione tra popoli e dall’8 febbraio sarà aperto a tutti coloro che vorranno provare a percorrere a piedi la strada prevista.

Per chi arriverà alla fine ci sarà il Testimonium, ovvero un documento che certifica il completamento della sfida e saranno consegnate le credenziali #borderless, una sorta di passaporto di ogni tappa compiuta. “Un messaggio di amore per un mondo migliore, dove il dialogo prevalga su ogni conflitto” lo ha definito Mattia Vecchi, project manager di Fondazione So.Co.Ba.

Questo Iter Goritiense è accessibile anche con dispositivi GPS permettendo ai viaggiatori di scaricare le tracce GPX delle varie tappe dal sito ufficiale del progetto per orientarsi meglio e contare sulla tecnologia digitale.

I nuovi itinerari per fare trekking in Portogallo

Il percorso escursionistico circolare più lungo del mondo è stato inaugurato in Portogallo. Il 2024 ha visto l’apertura della prima sezione del percorso escursionistico circolare più lungo del mondo, il Palmilhar Portugal (Walking Portugal) di 3.000 km. Ancora un progetto in corso, la sezione inaugurale del circuito è stata aperta nella piccola Alenquer, appena a nord di Lisbona, lo scorso luglio. La sezione successiva è nella costiera Alentejo nel sud del Portogallo, seguita dalla montuosa Trás-os-Montes a nord, con il percorso che dovrebbe essere completamente completato entro tre anni. Si pensa che entro la fine dell’anno verranno completati ben 15 percorsi per esplorare gli angoli più autentici del Paese.

L’idea mi è venuta mentre camminavo lungo un sentiero e mi sono chiesto: ‘E se questo facesse il giro di tutto il Paese e tornasse allo stesso punto senza interruzione?’” ha detto Ricardo Bernardes, consulente di design della comunicazione appassionato di trekking. Questo itinerario occupa solo suolo pubblico senza asfalto e anche i ciclisti possono approfittarne. Inoltre si può scaricare un’app per i dettagli su alloggi, ristoranti ed eventi culturali e sportivi in programma nei dintorni per chi è interessato.

Alentejo, Portogallo

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Bicicletta con borse sulla spiaggia di Almograve, Alentejo, Portogallo

I nuovi itinerari per fare trekking in Svezia

La Svezia ha aperto un percorso tra le isole dell’arcipelago tra i più spettacolari. Il kungsleden o “sentiero del Re” è lungo 440 km ma può essere percorso anche in sezioni più brevi, come il tratto più popolare di 270 km che collega oltre 20 isole, offrendo agli escursionisti la possibilità di attraversare i paesaggi aspri e la natura incontaminata della Svezia.

Il sentiero è ben segnalato e dispone di servizi come panchine, rifugi e caminetti. Questa sezione di 270 km collega Abisko a Kvikkjokk e si percorre in 15-20 giorni a seconda delle pause e del proprio ritmo di camminata. Alcuni tratti sono più impegnativi in base al meteo e alle condizioni del terreno, ma il periodo migliore per avventurarsi da queste parti è da giugno a settembre.

 

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Sulle orme dei samurai a Cerveteri: il Cammino di Hasekura e dei Martiri Giapponesi

Con un percorso di 107 chilometri percorribili in sei giorni, il Cammino di Hasekura rievoca un capitolo leggendario, in cui storia e spiritualità si fondono in un’esperienza di Vita di pura emozione.

Le strade e i sentieri tracciati, spesso affiancati da lungomare e argini di fiumi, invitano i viaggiatori a percorrere i passi di un’ambasciata giapponese senza precedenti, guidata dal giovane Samurai Hasekura Tsunenaga, che fu tra i primi orientali a calcare il suolo europeo con una missione che racchiudeva in sé visioni di dialogo tra culture lontane, l’incontro tra l’Oriente e la cristianità europea.

La celebrazione di un’impresa straordinaria

Il suggestivo itinerario, che unisce terra, mare e città, è molto più di una camminata: significa entrare in contatto con un mondo di bellezze e misteri antichi, una riflessione spirituale che segue le tracce di un’avventura incredibile.

Il Cammino di Hasekura celebra infatti un’impresa straordinaria per il suo tempo, compiuta nel 1615 quando il Samurai sbarcò a Civitavecchia e fu ricevuto persino da Papa Paolo V. Il racconto dell’epico viaggio si intreccia con storie di frati viaggiatori, popoli convertiti e martiri, ma anche con simboli del potere e lettere d’oro, dove la figura del Samurai si eleva a testimonianza di un ponte tra popoli e credenze.

La partenza avviene dalla statua dedicata a Hasekura Tsunenaga e dalla Chiesa dei Martiri Giapponesi a Civitavecchia, e da lì il percorso si snoda dal Castello di Santa Severa, dove Hasekura trovò riparo per una notte, a Palidoro, dove si fermò per una breve sosta, alla campagna romana, fino ad arrivare alle rive del Tevere, al Vaticano e al Quirinale a Roma.

I paesaggi, incantevoli, sono tra i più vari: si passa dagli ambienti urbanizzati dei centri abitati a quelli di pregio naturalistico della Riserva di Macchia Tonda, delle dune di Palidoro, dell’Oasi LIPU di Castel di Guido e delle terre bonificate lungo il Tevere. Il tratto costiero regala infine un interessante incontro con antichi siti archeologici e torri che ancora oggi narrano storie di difesa e potere.

Le sette tappe del Cammino di Hasekura

Come accennato, il Cammino ha inizio a Civitavecchia per arrivare, nel corso della prima tappa, a Santa Severa, per un totale di 20,4 chilometri: si tratta dell’unica frazione di Santa Marinella, nonché di un’apprezzata località balneare lungo la Via Aurelia, famosa per il suo Castello che, tra il XVI e il XVII secolo, fu luogo di soggiorno prediletto dai papi. Oggi ospita il Museo del Mare e della Navigazione Antica, l’Antiquarium di Pyrgi e il Museo del Territorio.

Santa Severa, Roma

Fonte: Ph @ValerioMei – iStock

Il suggestivo Castello di Santa Severa

Da Santa Severa, la seconda tappa raggiunge Cerveteri dopo 14,7 chilometri: a nord-ovest della Capitale, è nota per essere un luogo simbolo della cultura etrusca, custode della Necropoli della Banditaccia, Patrimonio UNESCO che si estende su una superficie di 20 ettari, e del Museo Etrusco.

Da qui, l’itinerario prosegue per la terza tappa fino a Ladispoli (16,3 chilometri), rinomata per le sue spiagge e il mare pulito ma anche per l’oasi faunistica di Palo, attraversata dalla pista ciclabile, la palude di Torre Flavia e le due necropoli etrusche di Vaccina e di Monteroni.

La quarta tappa (15,1 chilometri) raggiunge poi Fregene, centro balneare della costa tirrenica nel cuore della Riserva naturale Laziale, e la quinta il Parco Leonardo in 22 chilometri, il quartiere pedonale nel comune di Fiumicino che si sviluppa su un’area di 160 ettari.

Sesta tappa tra Parco Leonardo e il quartiere dell’Eur nella zona sud-ovest di Roma (per un totale di 17 chilometri) e, infine, dall’Eur al Quirinale per altri 14,4 chilometri.