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Riapre il bellissimo Giardino dell’Iris di Firenze

Lo spettacolo più bello della primavera? La rinascita della natura, con i suoi splendidi colori e i profumi inebrianti: non c’è niente di meglio che godersi una giornata all’aria aperta ammirando un’incantevole fioritura. E a Firenze si può vivere l’esperienza perfetta, grazie alla riapertura del Giardino dell’Iris. Il parco, che ospita migliaia di esemplari da cui prende il nome, torna ad accogliere i visitatori per un mese di tour gratuiti. Ecco che cosa sappiamo.

Firenze, riapre il Giardino dell’Iris

La data tanto attesa si sta rapidamente avvicinando: giovedì 25 aprile 2024 il Giardino dell’Iris di Firenze tornerà a riaprire i battenti per la stagione primaverile. È un appuntamento molto sentito tra i fiorentini (e non solo), che ogni anno attira migliaia di visitatori alla ricerca di bellissime fioriture e di una giornata da trascorrere nella natura. Il parco rimarrà accessibile gratuitamente al pubblico fino a lunedì 20 maggio 2024, tutti i giorni (festivi compresi) dalle ore 10:00 alle ore 18:00 – l’ultimo ingresso è previsto per le ore 17:30.

Il Giardino dell’Iris ospiterà, come già accaduto nelle stagioni precedenti, un evento molto interessante: si tratta del workshop di disegno e acquerello botanico organizzato dalla Società Italiana dell’Iris, che ha in gestione il parco. Gli incontri si terranno dal 24 al 28 aprile 2024 e saranno tenuti dall’artista botanica Maria Rita Stirpe, proprio quando gli iris ricominceranno a fiorire in mezzo al verde. Sarà un’ottima occasione per imparare i segreti dell’acquerello e delle magnifiche sfumature di colore dei fiori, ma anche per apprendere curiosità botaniche e fare una visita guidata all’interno del Giardino.

Lo splendido Giardino dell’Iris di Firenze

Il Giardino dell’Iris è una delle bellezze di Firenze: si trova sotto Piazzale Michelangelo, considerato tra i luoghi più noti della città per via della splendida visuale di cui godono i suoi visitatori. Dal parco stesso, d’altra parte, si può ammirare un panorama mozzafiato sul capoluogo toscano. Ampio ben due ettari e mezzo, è facilmente accessibile attraverso una lunga serie di vialetti, selciati e scalinate: ha così origine un percorso molto suggestivo, che attraversa l’intero giardino alla scoperta delle oltre 1.500 varietà di iris che vi crescono.

L’iris è il fiore simbolo di Firenze, impresso anche nello stemma della città. In natura se ne conoscono solamente varietà viola e bianche, e fu proprio quest’ultimo ad essere preso come ispirazione per rappresentare il capoluogo toscano. Il suo colore venne ribaltato, dando vita ad uno stemma con un iris rosso su sfondo bianco: nella speranza di riuscire a ricreare questa sfumatura quasi impossibile, ogni anno il giardino ospita una competizione internazionale che ha come obiettivo la presentazione di nuove varietà di iris.

Incroci e combinazioni di floricoltura hanno già consentito la nascita di esemplari dai colori meravigliosi, i quali sono tutti esposti all’interno del parco. Molti di essi sono stati premiati, ma nessuno ha mai ottenuto un iris scarlatto come quello dello stemma fiorentino. Resta comunque uno spettacolo affascinante, quello che il giardino offre ai suoi visitatori: in primavera si risveglia con la sua fioritura dalle infinite sfumature meravigliose che incantano i più curiosi. È un’esperienza assolutamente da vivere, almeno una volta nella vita.

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Al via la nuova stagione estiva sui treni turistici italiani

È partita la stagione estiva di FS Treni Turistici Italiani, società del Polo Passeggeri del Gruppo FS dedicata alla promozione del turismo di qualità, attento alla valorizzazione delle eccellenze del territorio italiano grazie a treni appositamente allestiti, con interior di qualità, e collegamenti diurni e notturni.

Online il nuovo sito Fstrenituristici.it dove sarà possibile conoscere e acquistare gli itinerari verso Liguria, Toscana e Veneto nonché scoprire qualche curiosità tecnica sui treni “Espresso Cadore”, “Espresso Riviera” ed “Espresso Versilia”, oltre a tutti gli altri servizi offerti dalla compagnia.

Le nuove esperienze di viaggio

L’offerta commerciale avrà collegamenti sia diurni che notturni. I treni che viaggiano di giorno saranno l’Espresso Versilia e l’Espresso Riviera.

Il primo, con partenza da Milano, condurrà verso alcune tra le più belle località delle Cinque Terre, per poi proseguire verso Pisa e le splendide spiagge della Versilia, in un mondo di arte, cultura, attività all’aria aperta quali surfing e biking e la deliziosa enogastronomia toscana.

L’Espresso Riviera, invece, viaggerà da Milano a Ventimiglia e attraverserà le incantevoli spiagge della Riviera dei Fiori, fino a lambire la Costa Azzurra. Si tratta di uno degli itinerari più celebri del Mediterraneo, tra spiagge accarezzate dal sole, pittoreschi borghi, specialità culinarie e innumerevoli opportunità per entusiasmanti escursioni, sia via mare che via terra.

Infine, dopo la stagione invernale torna sui binari anche l’Espresso Cadore che viaggerà durante la notte. L’edizione estiva prevede collegamenti diretti da Roma verso la montagna, con una programmazione delle partenze rimodulata per vivere la bellezza non solo di Cortina d’Ampezzo ma di tutte le montagne del Cadore, sia durante il weekend sia con una formula “vacanza settimanale”.
Sarà un collegamento notturno e diretto da Roma Termini a Calalzo – Pieve di Cadore – Cortina d’Ampezzo per lasciarsi incantare da panorami idilliaci e cogliere l’occasione di praticare trekking, escursioni a piedi e in bicicletta e molte altre attività. Per un riposo sereno e un viaggio di assoluta qualità vi sarà personale disponibile in ogni carrozza, silenzio nelle aree sonno e una marcia di viaggio dolce lungo l’intero percorso. Le carrozze letti sono a compartimenti singoli, doppi o da quattro posti.

Treni turistici italiani: informazioni utili

A bordo di tutti i treni diurni di FS Treni Turistici Italiani è garantita al turista la massima comodità e privacy grazie alle ampie poltrone in compartimenti a salottino di prima e seconda classe che da quattro ospitano fino a sei persone, prenotabili anche a uso esclusivo per chi vuole godere di un ambiente ferroviario tutto per sé.

Su tutti i treni, diurni e notturni, sarà presente l’esclusiva carrozza ristorante con menù e piatti che seguono la stagionalità e la tipicità della cucina made in Italy. Anche per la stagione estiva il bar di bordo sarà sempre a disposizione dei viaggiatori.

I biglietti per viaggiare a bordo dell’Espresso Cadore, Espresso Versilia ed Espresso Riviera saranno presto disponibili su tutti i canali di vendita di Trenitalia e, in occasione del lancio dei servizi estivi, FS Treni Turistici Italiani offrirà ai passeggeri la possibilità di acquistare i biglietti a una tariffa promozionale.

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Borghi Suvereto Toscana Viaggi

Suvereto, il borgo del buon vivere

I borghi che costellano il nostro Paese sono pieni di tesori preziosi. Molti di essi, infatti, conservano un patrimonio storico, artistico e naturale che alcune delle più grandi città del mondo gli invidiano. Ma non è solo questo, perché in diversi paesini è anche possibile vivere bene, come succede nel borgo di Suvereto, vera perla della Toscana.

Suvereto, informazioni utili

Suvereto è uno straordinario borgo di origine medievale che sorge tra le poetiche colline toscane, ma a poca distanza dal mare. Immerso nella verde Val di Cornia, offre imponenti mura al cui interno sono custoditi tesori di inestimabile valore, incorniciati da sterminati boschi di castagne, querce e sugheri da cui questa località prede il suo particolare nome.

Per la sua importanza e innegabile bellezza, su questo borgo del Centro Italia sventola fiera la “Bandiera arancione” del Touring Club Italiano, ed è anche parte del circuito de “I Borghi più belli d’Italia”. Ma non è finita qui, perché Suvereto è anche Città dell’Olio e del Vino, come anche il borgo del buon vivere.

Cosa vuol dire borgo del buon vivere

Quando si decide di visitare Suvereto si deve essere consapevoli di una cosa importantissima: qui si può e si deve rallentare, dedicarsi al turismo lento per riscoprire l’artigianato e le tradizioni: Suvereto è parte della rete Cittaslow, ovvero quei comuni in cui vengono spesso attivati progetti virtuosi che migliorano la vita degli abitanti e quella del pianeta.

Suvereto, Toscana

Fonte: iStock

Tra i vicoli di Suvereto

Nel corso degli anni, infatti, il borgo è stato oggetto (e continuerà ad esserlo) di diversi lavori di riqualificazione urbana e del recupero del patrimonio edilizio esistente, ma anche di interventi volti ai risparmi energetici e molto altro ancora. In sostanza, da queste parti l’essere umano rispetta il lento e benefico succedersi delle stagioni e si presta particolare attenzione alla salute dei cittadini, alla genuinità dei prodotti e alla buona cucina. In più, c’è un patrimonio artistico-storico incredibile ma anche molto spazio per i luoghi dello spirito e i paesaggi incontaminati.

Cosa vedere a Suvereto

La verità è che c’è l’imbarazzo della scelta, perché Suvereto è un vero e proprio un gioiello medievale avvolto nella macchia mediterranea che impreziosisce l’affascinante Costa degli Etruschi.

Un borgo di pietra incorniciato dalla colline, dove però è costantemente presente il mare con i suoi colori intensi: Suvereto regala panorami da sogno, che comprendono la distesa infinita di colli toscani e il mar Tirreno, in particolare il Golfo di Follonica, il promontorio di Piombino, l’Isola d’Elba e altre isole e isolotti dell’Arcipelago Toscano.

E poi la storia, perché qui tutto il territorio ha un ricco passato da raccontare. Del resto si trova in quella che tantissimo tempo fa era una terra etrusca, nell’entroterra della mestosa Populonia.

Il centro storico

Iniziamo questo viaggio a Suvereto dal suo prezioso centro storico, che regala tantissimi monumenti di pregio e interesse. Ne è un esempio il Palazzo Comunale, che si distingue per essere uno dei più significativi esempi di architettura civile medievale della Maremma.

Sormontato da un’antica torre, è stato costruito nel 1200 e vi si può accedere salendo una breve e ripida scalinata coperta da un loggiato.

Palazzo Comunale, Suvereto

Fonte: iStock

Una suggestiva veduta del Palazzo Comunale

Particolarmente interessante è anche il Chiostro di San Francesco, o meglio, quel che resta di un antico complesso che si erge fiero su un colle. Fondato nel 1286, anche adesso protegge elementi decorativi ed iscrizioni che ci ne narrano la sua interessante storia.

Poi ancora la Rocca Aldobrandesca, per cui è stato recentemente approvato un progetto per il rifacimento della strada di accesso. Si tratta di un antico complesso, la cui costruzione risale a un periodo di tempo che va dalla seconda metà del XII secolo al 1.300 circa, e che può essere considerato il luogo simbolo di questo suggestivo borgo.

Poi ci sono le chiese, come quella intitolata a San Giusto che vanta una pianta a croce latina, monoabsidato e una navata unica e che conserva un fonte battesimale ottagonale, monolitico e scalpellato; la chiesa di San Michele Arcangelo, fino a poco tempo fa sede del Museo di Arte Sacra e con due splendide statue lignee raffiguranti l’angelo annunciante e la Madonna annunciata; la chiesa della Madonna di Sopra La Porta, che è la culla di un coro ligneo e di affreschi che raffigurano la Sacra Famiglia, l’Assunzione di Maria, La vergine immacolata ed alcune virtù teologali; la chiesa del Santissimo Crocefisso, addossata al convento di San Francesco e che protegge il simulacro del Santo Patrono, un crocifisso di legno intagliato e tradizionalmente portato in processione in occasione delle feste patronali, il 3 di maggio e il 14 settembre.

Rocca Aldobrandesca, Suvereto

Fonte: iStock

L’interessante Rocca Aldobrandesca di Suvereto

Le frazioni del borgo

Il comune di Suvereto si compone di diverse frazioni di notevole interesse. Una di queste è Belvedere, che si distingue per essere un gioiello rurale posto su una collina che si staglia nel cielo a circa 260 metri sul livello del mare. Edificato nel XVI secolo, in principio era la residenza estiva per le famiglie benestanti di Suvereto che qui si proteggevano dai grandi calori stagionali che potevano essere motivo di malaria.

Oggi regala una vista emozionante sulla Val di Cornia, la costa e parte dell‘Arcipelago Toscano, ed è anche il posto ideale per scoprire i sapori più tipici di questa magica zona d’Italia.

C’è poi San Lorenzo, che è invece la frazione più ricca di abitanti di Suvereto e in cui hanno sede diverse cantine prestigiose, frantoi che producono olio d’oliva di eccelsa qualità e agriturismi che promettono soggiorni davvero indimenticabili.

Voliamo ora a Prata, una minuta realtà totalmente incorniciata da boschi di lecci e di sughere. Il paesaggio è di una bellezza sconvolgente, ed è anche il posto ideale per tutti coloro che vogliono dedicarsi a spettacolari passeggiate immerse nella natura.

Infine Forni, il cui nome così curioso deriva dalla sua antica attività fusoria. Oggi è un grazioso borgo che si sviluppa attorno ad una piazzetta rustica e in cui il tempo pare non essere passato mai.

Suvereto è un vero e proprio paese di pietra immerso nei poetici paesaggi toscani, e dove la qualità della vita è assolutamente una cosa seria.

Suvereto, il paesaggio

Fonte: iStock

Il paesaggio che circonda Suvereto
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Toscana Tuscia Vacanze Con Bambini Viaggi

È la Tuscia la regione perfetta per una vacanza con i bambini

La Tuscia viterbese è una zona bellissima del Centro Italia che, come dice il nome, ricopre la provincia di Viterbo. Un’area ideale da visitare con i più piccoli, grazie alla presenza di parchi misteriosi, ville che sembrano uscite da un libro di fiabe, palazzi suggestivi e borghi dove il tempo pare non essere passato mai. Poi ci sono le spiagge di sabbia morbida perfettamente attrezzate, laghi balneabili e persino piscine termali dai numerosi benefici. Sì, la Tuscia può considerarsi una delle zone più belle d’Italia, e ora scopriremo insieme cosa fare con i più piccoli.

Viterbo con i bambini

La Tuscia è una terra antica e che ancora oggi porta segni perfettamente conservati della sua storia etrusca, che ben si mescolano con le tracce del suo passato medievale. Per questo motivo, il viaggio in questa zona non può che iniziare dal suo cuore vero e proprio, che possiamo trovare nella bellissima città di Viterbo: una volta attraversata una delle varie (e maestose) porte che insieme all’imponente cinta muraria proteggono la città, sarà come fare un vero e proprio viaggio nel tempo.

Con i più piccoli dovreste subito raggiungere il suggestivo quartiere medievale di San Pellegrino, fulcro del centro storico e anche uno dei rioni meglio conservati in tutto il nostro Paese. Una serie di vicoletti silenziosi introducono in un mondo dove il tempo pare non esistere, e di cui è praticamente impossibile non rimanere incantati (a qualsiasi età).

Merito certamente delle peculiari caratteristiche architettoniche: ci sono i profferli, scale senza balaustre utilizzate per accedere alle case dall’esterno; poi le case-torri, minute fortezze private, case a ponte, simboli misteriosi (come la “T” dei Templari e la croce patriarcale) che testimoniano la presenza dei cavalieri Templari in città.

San Pellegrino, Viterbo

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Una bellissima piazza del quartiere di San Pellegrino

Da non perdere è anche la zona del Duomo cittadino, raccontando la sua curiosa storia: Viterbo, tra il Medioevo e il Rinascimento, ospitò oltre 40 papi e la loro corte, e per questo è conosciuta anche come la  Città dei Papi”. Era un periodo di incertezze e i cardinali non si decidevano ad eleggere il nuovo papa. Fu così che i viterbesi, nel 1270, si stufarono e decisero di chiuderli a chiave nella sala grande del Palazzo Papale, scoperchiandone parte del tetto ed esponendo tutto e tutti alle intemperie.

Oggi il Palazzo dei Papi è il monumento più importante della città, di cui è possibile visitare la bellissima Loggia delle benedizioni (più nota come Loggia dei Papi) piena di archi ogivali trilobati; la maestosa Aula del Conclave – dove si è tenuto il primo e il più lungo conclave della storia della durata di ben 33 mesi -; la Sala Gualterio, interamente affrescata; il Museo Colle del Duomo, particolarmente ricco e interessante; la maestosa Cattedrale di San Lorenzo con la sua monumentale sagrestia nascosta, che corrisponde al Duomo cittadino.

Infine – ma in realtà non è tutto – il consiglio è di organizzare un viaggio con i bambini a Viterbo il 3 settembre, quando la sera la città indossa il suo vestito più bello: è il giorno de trasporto della Macchina di Santa Rosa, una delle feste patronali più belle ed emozionanti del nostro Paese – e non solo -, tanto da essere stata inclusa nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità nell’ambito della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco.

I borghi della Tuscia con i bambini

I borghi della Tuscia da visitare con i bambini sono tantissimi e sono davvero uno più straordinario dell’altro: come detto in precedenza, parliamo di una delle zone italiane più belle e interessanti dal punto di vista paesaggistico, archeologico e culturale. Ne abbiamo selezionati alcuni da non perdere, soprattuto se si decide di esplorare questo territorio con i più piccoli,

Sant’Angelo, il “paese delle fiabe”

Sì, avete letto bene: il borgo di Sant’Angelo è anche il “paese delle fiabe”. Il motivo è molto semplice: le facciate di ogni via del centro storico sono impreziosite da coloratissimi murales che raccontano fiabe, leggende e tutto ciò che riguarda il mondo del fantastico. Parliamo quindi di un vero e proprio museo a cielo aperto che narra la storia di Alice nel paese delle meraviglie, ma anche della Piccola Fiammiferaia, Il gatto con gli Stivali, Pocahontas, Mary Poppins e molto altro ancora.

Graffiti che sono davvero uno più bello dell’altro: tra le mura del borgo c’è persino un’opera di Vera Bugatti dedicata a Cappuccetto Rosso, che è stata classificata nel 2021 fra le 25 opere più belle del mondo.

Civita di Bagnoregio, la “città che muore”

Un altro borgo della Tuscia da visitare con i bambini è senza ombra di dubbio Civita di Bagnoregio, conosciuto anche come la “città che muore”. Per quale motivo? Il centro storico è posto sulla cima di una rupe costantemente sottoposta all’erosione da parte dell’acqua, tanto da essere a rischio sfaldamento.

Civita di Bagnoregio, Tuscia

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La straordinaria Civita di Bagnoregio

Non si hanno certezze su quanto tempo ancora possa rimanere in piedi, e per questo Civita di Bagnoregio è oggi un paesino fantasma ma dalla bellezza senza eguali. Per raggiungerlo occorre attraversare un lungo ponte che piacerà tantissimo ai bambini, per poi entrare in un luogo dove il tempo pare non essere passato mai e pieno di monumenti da scoprire, come il Palazzo Vescovile, la Chiesa di San Donato e il mulino risalente al XVI secolo.

Calcata, il “borgo delle streghe” e degli artisti

Abbiamo visto il “paese delle fiabe”, la “città che muore” e ora è il turno del “borgo delle streghe”, che risiede nella bellissima Calcata. Costruita anch’essa su una rupe tufacea a rischio crollo, secondo la tradizione, nei giorni e nelle notti in cui c’è forte vento tra i vicoli del borgo è possibile udire il canto delle streghe. Ma non è finita qui, perché si narra che in passato sia stato anche luogo di riti magici.

Calcata permette di vivere una vera esperienza “fuori dal mondo”, anche grazie al fatto che a partire dagli anni Settanta è stato ripopolato da una serie di artisti provenienti da tutto il globo, che hanno reso questo bellissimo borgo della Tuscia il proprio ‘buen retiro’ e la propria fonte di ispirazione.

I parchi della Tuscia da visitare con i bambini

La Tuscia si distingue per essere un territorio ancora piuttosto incontaminato e ricco di numerosi ecosistemi che si alternano dal mare all’entroterra. Per questo motivo, qui sono istituite molte aree protette, in cui vengono tutelati molti animali selvatici, orchidee spontanee, arbusti rari e secolari esemplari di querce e faggi. Ma non solo, perché in molti di questi territori c’è anche la storia a fare da padrona, tanto che anche i parchi sono davvero imperdibili se si viaggia nella Tuscia con i bambini.

Il Parco dei Mostri di Bomarzo

Bomarzo è un altro bellissimo borgo della Tuscia dove prende vita un’area davvero speciale: è qui che sorge il Parco dei Mostri, chiamato anche Sacro Bosco. Si tratta di un giardino pieno di “spaventose” creature, realizzato nel 1547 da Pirro Ligorio, cariche di simbolismi, con continui riferimenti alla mitologia e al mondo del fantastico: cosa c’è di meglio per i bambini?

Parco dei Mostri, Tuscia

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Una delle “spaventose” opere del Parco dei Mostri

Visitarlo vuol dire scoprire un percorso fatto di grandi statue in basalto, edifici surreali (persino storti), iscrizioni e indovinelli che sorprendono e disorientano. Ci sono sirene, mostri marini, tartarughe giganti, satiri, sfingi, draghi, giochi illusionistici e tutto quello che un bambino potrebbe desiderare.

Il Parco Cinque Sensi, esperienza speciale

A Vitorchiano, un altro splendido borgo medievale dove svetta nei cieli persino un Moai costruito in peperino dalle mani di 19 persone provenienti da Rapa Nui, c’è il bellissimo Parco Cinque Sensi, che permette di vivere esperienze davvero speciali: si può camminare a piedi nudi lungo un sentiero sensoriale fatto di fango e altri materiali naturali, dormire in tende sospese tra gli alberi, e fare attività a tema orienteering o Harry Potter, per esempio.

Un posto perfetto per far sperimentare i bambini, per farli crescere e per lascirgli scoprire la natura in tutte le sue molteplici (ed affascinanti) sfaccettature.

Il Bosco del Sasseto, definito il “Bosco di Biancaneve”

Voliamo ora a Torre Alfina, un altro meraviglioso borgo dominato da un fiabesco castello: solo questo è sufficiente per venire con i bambini da queste parti. Ma non è tutto, perché questo spettacolare luogo è circondato da un Bosco misterioso, chiamato Bosco del Sasseto, che per la sua bellezza e unicità è stato definito dal National Geographic come il “Bosco di Biancaneve”.

Si tratta di un’area ricca di latifoglie secolari che superano anche i 25 metri di altezza, e che a loro volta proteggono particolari massi, rocce e opere incredibili: ci sono ghiacciaie un tempo deputate alla conservazione dei cibi, e persino un fiabesco Mausoleo che conserva le spoglie di uno degli antichi proprietari del Castello di Torre Alfina.

Bosco del Sasseto, Tuscia

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Il suggestivo Mausoleo nel bel mezzo del Bosco del Sasseto

Le spiagge della Tuscia con i bambini

Il mare della Tuscia non è certamente il più limpido d’Italia, ma quando le condizioni climatiche sono ottimali le acque sono davvero trasparenti e cristalline. La zona è caratterizzata da spiagge enormi, come quelle di Montalto di Castro – anche se in realtà siamo già nel bel mezzo della Maremma Laziale -, fatte di sabbie morbide e perfettamente attrezzate per i più piccoli che qui trovano il loro paradiso personale (anche gli adolescenti, che hanno molto con cui divertirsi).

Non sono da meno le spiagge di Tarquinia, dove vale la pena visitare anche il centro storico e soprattutto il più grande allevamento di alpaca d’Italia, in cui poter accarezzare, coccolare, passeggiare a dare da mangiare a questi simpaticissimi animali.

Poi ci sono i laghi balneabili, come il magnifico Lago di Bolsena, dove si affacciano borghi da sogno e con due misteriose isole al largo da poter raggiungere e scoprire, e il Lago di Vico, immerso in un contesto naturale di puro pregio e con tante aree a dedicate ai più piccoli.

Lago di Bolsena, Tuscia

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Capodimonte, meraviglioso borgo affacciato sul Lago di Bolsena

Le terme della Tuscia con i bambini

La Tuscia è anche una zona termale e, anzi, recentemente la città di Viterbo è entrata a far parte ufficialmente delle grandi città termali d’Europa. Qui c’è davvero l’imbarazzo della scelta, perché sono molte le sorgenti che sgorgano in città e nei suoi dintorni.

È possibile rilassarsi in bellissimi stabilimenti forniti di ogni comfort ma anche in piscine ad accesso libero. Tra i centri termali più interessanti ci sono le Terme dei Papi, con una piscina monumentale esterna e una grotta naturale che funge da bagno turco.

Da non perdere per nessuna ragione al mondo sono anche le Terme di Vulci, da abbinare con una visita al sorprendente parco Parco naturalistico Archeologico che corrisponde a una delle più importanti città-stato dell’Etruria di cui rimangono imponenti ruderi, la cinta muraria, le porte urbane, l’acqedotto romano, l’area del foto, il tempio grande, le terme, la Domus e le necropoli.

Ma non solo, perché a Vulci svettano anche un fiabesco castello e un Ponte del Diavolo che sovrasta un canyon meraviglioso e che lascia senza fiato. Sì, la Tuscia è assolutamente una zona da scoprire da cima a fondo, anche insieme ai nostri bambini.

Vulci, provincia di Viterbo

Fonte: iStock – Ph: ValerioMei

Veduta straordinaria di Vulci
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Borghi colline Notizie Peccioli Toscana Viaggi

Questo gioiello è il vincitore del Borgo dei Borghi 2024

Come ogni anno, è tradizione eleggere il vincitore del Borgo dei Borghi in occasione della sera di Pasqua: la celebre trasmissione di Rai3, che ci conduce alla scoperta dei più suggestivi paesi d’Italia, questa volta ha incoronato Peccioli. Il piccolo centro abitato, immerso tra le colline toscane, è divenuto famoso ormai qualche anno fa per il suo modello virtuoso di riciclaggio. Basti pensare, infatti, che la sua discarica è diventata un vero e proprio museo a cielo aperto, con numerose opere d’arte e una sala per eventi.

Peccioli, un borgo meraviglioso

Può una discarica valorizzare il paesaggio di un piccolo borgo che conta poco più di 4mila abitanti? Ebbene, la risposta è assolutamente positiva: Peccioli, paesino situato in provincia di Pisa, ha saputo sfruttare in maniera innovativa quello che è a tutti gli effetti un ampio spazio destinato alla raccolta dei rifiuti. Qui confluisce immondizia proveniente da diverse località nei dintorni, e con gli introiti così ottenuti il comune ha finanziati progetti sociali e sostenibili. Non solo: parte del materiale di scarto arrivato in discarica è servito alla realizzazione di splendide opere d’arte che oggi i visitatori ammirano con grande curiosità.

Naturalmente, Peccioli è molto di più che una discarica-museo: il borgo vanta numerosi monumenti storici come la bellissima Pieve di San Verano, edificio trecentesco situato in Piazza del Popolo, il quale custodisce alcune preziose opere del pittore fiorentino Jacopo Vignali. Non meno affascinante è il vicino Palazzo Pretorio, struttura di chiaro stampo medievale. Rimaneggiato tra il XVIII e il XIX secolo, fu dapprima sede della Prefettura e oggi ospita un interessante museo, dove sono accolte suggestive icone russe.

La classifica del Borgo dei Borghi 2024

Peccioli è dunque il paese eletto Borgo dei Borghi 2024, aggiudicandosi così un riconoscimento molto ambito. “Grande gioia e soddisfazione per la vittoria di Peccioli come Borgo dei Borghi. Un riconoscimento meritato per questo luogo straordinario della nostra Toscana. Grazie a tutti coloro che hanno reso possibile questo successo e che continuano a valorizzare la nostra cultura e storia. È un momento indimenticabile che celebra la bellezza e l’autenticità della nostra regione” – ha affermato il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, come si legge su La Nazione.

L’annuale concorso, che va in onda la sera di Pasqua su Rai3 con la conduzione di Camila Raznovich, ha visto la partecipazione di alcuni dei luoghi più belli (e spesso meno conosciuti) d’Italia. Ogni regione partecipa con un borgo, ciascuno dei quali presenta caratteristiche speciali come un centro storico particolarmente bello o monumenti architettonici di gran valore. La trasmissione ci ha dunque portati in un meraviglioso viaggio alla scoperta di 20 paesi italiani, piccole gemme segrete di rara bellezza. Scopriamo la classifica completa.

  1. Peccioli (Toscana, prov. di Pisa)
  2. Badolato (Calabria, prov. di Catanzaro)
  3. Grazie (Lombardia, prov. di Mantova)
  4. Isola del Liri (Lazio, prov. di Frosinone)
  5. Montesano sulla Marcellana (Campania, prov. di Salerno)
  6. Leporano (Puglia, prov. di Taranto)
  7. Maratea (Basilicata, prov. di Potenza)
  8. Arbatax (Sardegna, prov. di Nuoro)
  9. Castelvetro di Modena (Emilia Romagna, prov. di Modena)
  10. Naro (Sicilia, prov. di Agrigento)
  11. Muggia (Friuli Venezia Giulia, prov. di Trieste)
  12. Guarene (Piemonte, prov. di Cuneo)
  13. Celle Ligure (Liguria, prov. di Savona)
  14. Petacciato (Molise, prov. di Campobasso)
  15. Torreglia (Veneto, prov. di Padova)
  16. Genga (Marche, prov. di Ancona)
  17. Crecchio (Abruzzo, prov. di Chieti)
  18. Stroncone (Umbria, prov. di Terni)
  19. Fontainemore (Valle d’Aosta)
  20. Caldes (Trentino Alto Adige, prov. di Trento)
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Toscana: 5 piccoli borghi da scoprire all’ombra del monte Amiata

Con le temperature che si alzano, le giornate che si allungano e i fiori che sbocciano sui rami, la primavera è la stagione ideale per l’esplorazione di nuove mete.

Se vi piace spaziare con lo sguardo fra morbide colline coperte di ulivi e punteggiate dai vividi colori delle fioriture, con un campanile che si erge su ogni vetta a segnalare la presenza di un piccolo borgo in attesa di essere esplorato, il sud della Toscana potrebbe essere il luogo adatto a voi.

Nella zona del monte Amiata, gruppo montuoso di origine vulcanica che si erge nell’entroterra, potrete trovare tanti piccoli borghi immersi in un’atmosfera davvero senza tempo, dimenticati dai circuiti del turismo mainstream e come addormentati in un limbo sonnacchioso.

Il visitatore può entrarvi in punta dei piedi, da un punto di vista privilegiato, senza filtri.

L’Amiata, la cui vetta raggiunge i 1738 metri, domina un’ampia zona di territorio fra la Val d’Orcia, la Val di Paglia e la parte più interna della Maremma grossetana. Quest’ultima zona, punteggiata di piccoli borghi, nasconde panorami naturali favolosi, per via delle sua conformazione e di una mano dell’uomo che ha modellato elegantemente il territorio. Storie e arte si abbracciano nel cuore dei paesi oggi scarsamente popolati, ma il cui retaggio è evidente camminando per i loro vicoli secolari.

Fonte: Lorenzo Calamai

Le pendici del Monte Amiata viste da Montegiovi

Castel del Piano, bellezza immutabile

L’area del monte Amiata, vetusto vulcano ormai spento da più di duecentomila anni, è poco densamente abitata, formata perlopiù da piccoli centri disposti lungo le valli del monte.

Uno dei centri principali, punto di riferimento per tutti i servizi sia per gli abitanti delle vallate che per i turisti, è Castel del Piano.

Scriveva Enea Silvio Piccolomini, poi Papa Pio II, nella seconda metà del Quattrocento: “Ad occidente l’Amiata digrada fino alla Maremma e guarda Casteldelpiano (che è un paese situato alle radici del monte) e che per la bellezza del luogo, per la comodità della posizione e per l’amenità del paese, senza dubbio è il primo tra quanti sorgono su quel versante. È irrigato da fonti limpidissime e, fino a mezzo giro di mura, circondato da un fiumicello di acqua perenne. Quel nome gli fu dato perché sito su un ubertoso piano che si estende per circa un miglio, verdeggiante di alberi e ridente di prati e campi lavorati.”

Fonte: Lorenzo Calamai

Nel territorio di Castel del Piano si trova buona parte del massiccio del Monte Amiata

Parole ancora oggi autentiche, a testimonianza dell’immutabile bellezza che da questa cittadina si può ammirare.

Non è solo la bellezza del territorio circostante, però, a caratterizzare Castel del Piano: il centro storico raccolto tra le mura è, infatti, punteggiato di palazzi gentilizi ed edifici religiosi che spuntano dall’intricato reticolo di vicoli a nord di Corso Nasini, la via principale del centro che pullula di enoteche, ristoranti ed altri esercizi commerciali.

Montegiovi, una terrazza sull’Amiata

A poca distanza da Castel del Piano, e difatti sotto la giurisdizione municipale di quest’ultimo comune, ecco Montegiovi, un piccolissimo borgo arroccato sulla cima di un colle che domina le ondulate colline circostanti.

Fonte: ph. Zyance con licenza CC BY-SA 3.0

Il borgo di Montegiovi, nella sua posizione panoramica

Il panorama è la ragione principale per recarsi a Montegiovi. La strada termina in Piazza della Vittoria, un largo balcone con una spettacolare vista sulle pendici dell’Amiata.

Il borgo è piccolissimo, ma si possono riconoscere le antiche mura e la trecentesca chiesa di San Martino, che domina la parte centrale del paese.

Scorrendo con lo sguardo il panorama in direzione del Monte Amiata si possono indovinare i contorni dei corsi dei fiumi Ente e Vivo, due dei numerosi corsi d’acqua che sgorgano dalle pendici dell’antico vulcano.

Alla confluenza tra loro, danno vita a uno spettacolare susseguirsi di piscine naturali, riparate dall’ombra dei boschi, meta dei giovani del luogo durante le calde estati della Toscana meridionale

Rocchette di Fazio, vestigia di un passato nobile

Frazione del comune di Semproniano, Rocchette di Fazio è un tipico e scenografico borgo medievale, arroccato su una rupe calcarea, alle porte della Riserva naturale Bosco dei Rocconi, in cima alla quale svettano i ruderi dell’imponente Rocca aldobrandesca un tempo simbolo dell’abitato.

In epoca medievale centro di rilevanza militare e strategica, Rocchette di Fazio ha perso sempre di più d’importanza nel corso del tempo e oggi è una località sostanzialmente disabitata, ma ben tenuta da chi possiede appartamenti usati a fini turistici o come seconda casa.

Fonte: Lorenzo Calamai

Il borgo di Rocchette di Fazio, con le sue facciate in pietra

Il paese si snoda in pochi vicoli acciottolati, nella piazza principale si trova un ristorante con orari di apertura intermittenti e il silenzio avvolge le pietre della Rocca e della Pieve di Santa Cristina, i due edifici monumentali del borgo.

Intorno, fitti boschi si snodano in precipitosa discesa verso la sottostante valle dell’Albegna, il terzo fiume più lungo di Toscana. Un sentiero collega il paese alle cosiddette Strette dell’Albegna, un canyon scavato dal fiume in un tratto dove ampie pareti di roccia bianchissima lo circondano. Un luogo naturale magico e ideale per un picnic.

Santa Fiora, il centro turistico dell’Amiata

Uno de I Borghi più belli d’Italia, Santa Fiora ha buona fama e sorge a sud-ovest del Monte Amiata, a metà strada tra Castel del Piano e Roccalbegna.

Ha un delizioso centro storico di chiaro stampo medievale, fatto di vicoli e stradine pavimentate, archi e porte che ne muovono il panorama urbano e una composizione su più livelli, ovvero i terzieri di Castello, Borgo e Montecatino.

Il terziere del Castello è quello che coincide con il centro storico, dove visitare la Pieve delle sante Flora e Lucilla decorata delle opere dei Della Robbia, il palazzo Sforza e il suo Museo delle Miniere di Mercurio, eredità di un passato cruciale per la regione: nella non lontana Abbadia San Salvatore, tra i primi del Novecento e gli Anni Settanta, è stata aperta una delle più grandi miniere di mercurio al mondo.

Fonte: Lorenzo Calamai

Santa Fiora, terziere Castello

Perdersi a passeggio nelle antiche vie del borgo è una delle attività più attraenti del terziere principale.

Il terziere di Borgo si trova a sud del centro, leggermente più in basso rispetto alla sommità della collina su cui sorge la cittadina. Qui si trovava il ghetto ebraico di Santa Fiora, dal XVI al XVIII secolo. La piazza del Ghetto è una delle poche in città con un unico ingresso da cui si entra e si esce, ornata dalla Chiesa di Santa Chiara.

Infine, ancora più in basso ecco il terziere Montecatino con la grande Peschiera del XVI secolo, costruita attorno alle sorgenti del fiume Fiora per raccogliere e convogliarne le acque. L’adiacente Chiesa della Madonna della Neve ha un pavimento a vetrate che consente di vedere le acque del fiume sgorgare proprio sotto i propri piedi.

Roccalbegna, uscito da una fiaba

Percorrendo la statale 323 del monte Amiata in direzione sud non è subito facile realizzare la straordinarietà del luogo verso il quale ci si sta dirigendo, Roccalbegna.

Sarà solo una volta attraversata e lasciata la cittadina che, guardandosi indietro, si rimarrà a bocca aperta, osservando la rocca che sorge sulla vetta della rupe che domina, anzi incombe, sull’abitato: un borgo medievale che neanche il miglior autore avrebbe potuto immaginare.

Fonte: Lorenzo Calamai

Roccalbegna, la chiesa dei Santi Pietro e Paolo

Oltre ad una panoramica passeggiata per ammirare la vista dalla Rocca aldobrandesca che domina il paese dalla vetta della rupe, Roccalbegna merita una passeggiata per ammirare la Chiesa dei Santi Pietro e Paolo, nella piazza centrale dove si affaccia la Torre Civica con il suo orologio. All’interno della Chiesa si trova una prestigiosa pala d’altare, che raffigura una Madonna col bambino, attribuita ad Ambrogio Lorenzetti (1340 ca.).

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Il Cammino dei Setteponti, il percorso più bello della Toscana

Un percorso storico attraversa paesaggi di grande bellezza, punteggiati di vigneti e uliveti e di incredibili formazioni morfologiche. Si trova in Toscana ed è il Cammino dei Setteponti che parte da Pieve di Cascia, in provincia di Firenze, attraversa Reggello al Ponte, il bellissimo borgo di Castelfranco di Sopra, Montemarciano, San Giustino Valdarno e percorre 60 chilometri fino a Buriano di Castiglion Fibocchi, già in provincia di Arezzo.

L’itinerario del Cammino dei Setteponti

L’itinerario si sviluppa prevalentemente su strade secondarie asfaltate, che si possono percorrere anche in bicicletta. Il paesaggio che si attraversa è di un’incredibile bellezza, con colline caratterizzate da coltivazioni di vino e olio e formazioni rocciose uniche come le Balze del Valdarno.

La via dei Setteponti è una strada di origine etrusca che, nel Medioevo, conobbe una particolare fortuna non solo per i collegamenti tra Firenze e i dintorni, ma anche come itinerario per raggiungere Roma, per la possibilità che offriva di utilizzare, a partire da Arezzo, la via dell’Alpe di Serra, un’importante alternativa alla già ben nota Via Francigena.

Il nome Setteponti (o Sette Ponti) deriva dai numerosi passaggi sopra i torrenti che scendevano dal Pratomagno nel Valdarno. In realtà, i ponti erano molti di più, ma questo numero nel Medioevo aveva un forte significato religioso. Il numero sette, infatti, per molte culture rappresenta il numero perfetto, per la religione cristiana, che lo associa ai giorni della creazione, significa completezza.

I ponti erano di pietra a schiena d’asino, con una sola arcata, come il ponte romano di Loro Ciuffenna. Tuttavia, ce n’era uno che aveva sette arcate – lo attraversò anche da Leonardo da Vinci nei suoi viaggi da Firenze in Val di Chiana -, il Ponte a Buriano, che ancora oggi conserva inalterata la sua bellezza. Qualcuno sostiene che il nome Setteponti derivi proprio dalle sette arcate di questo ponte.

La strada è punteggiata da antiche pievi romaniche, borghi medievali e chiese millenarie, luoghi che sono stati fonte di ispirazione per artisti come Masaccio, Piero della Francesca e Leonardo stesso, che riprese le famose Balze per dipingere lo sfondo della Gioconda.

Le tappe del percorso

Prima tappa

Il punto di partenza del Cammino dei Setteponti è dalla pieve di Cascia di Reggello per raggiungere, dopo circa 15 km di cammino, Castelfranco di Sopra. Lungo il tragitto, si passa per un sentiero che conduce al ponte romanico di Pian di Scò e si risale per una vecchia strada romanica verso la pieve di Pian di Scò. Fino a Castelfranco, la strada è percorribile solo a piedi e conserva ancora un antico selciato di pietra.

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Fonte: 123RF

Il borgo di Loro Ciufenna in Valdarno

Seconda tappa

Da qui inizia il percorso più scenografico del cammino, quello che passa dalla Balze del Valdarno, delle formazioni fatte di sabbia, argilla e ghiaia stratificata che assumono i colori dell’ocra e che possono essere alte fino a un centinaio di metri. Modellate da aria e acqua nel corso dei secoli, formando uno scenario bizzarro e ricco di gole e canyon. Una sorta di “Monument Valley” italiana, insomma.

Il sentiero passa attraverso i boschi e risale verso il magnifico borgo di Pantravigne prima di giungere a Montemarciano, un altro bellissimo borgo medievale, e poi a quello di Loro Ciuffenna. Proseguendo, si arriva a Gropina, dove si trova una bella Pieve che è stata inserita tra i simboli del cammino, e la tappa si conclude dopo circa 30 km da Castelfranco a San Giustino Valdarno.

Terza tappa

L’ultima parte del cammino è lunga circa 17 km e fa tappa prima di tutto al Borro, un borgo medievale trasformato in un albergo diffuso da mille e una notte. Il percorso qui è molto bello fino a giungere al Ponte di Buriano con le sue sette arcate, uno dei gioielli più preziosi della strada dei Setteponti, situato nell’omonima Riserva naturale, un’area di circa 7 km lungo il letto dell’Arno che arriva fino alla diga della Penna, amata anche da Leonardo da Vinci che venne qui a studiare il territorio dell’Arno tra il 1502 e 1503 per bonificare la Val di Chiana. Il Genio fu colpito dal paesaggio delle Balze e le riprodusse in molti suoi dipinti.

Info utili sul Cammino dei Setteponti

Per percorrere interamente il cammino dei Setteponti ci vogliono circa tre giorni, con pernottamenti in tenda oppure nei paesi che s’incontrano lungo la strada, dove si trovano diversi agriturismi. Tuttavia, è anche possibile fare un breve percorso in giornata seguendo anche solo una delle tappe. Il cammino è adatto a tutti e non ci sono dislivelli particolarmente impegnativi. Il Cammino dei Setteponti è una vera cartolina.

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Fonte: Ufficio stampa

Il Borro, un borgo medievale trasformato in albergo diffuso
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Poggio Scali, un’escursione di primavera nel Parco nazionale delle Foreste Casentinesi

Il confine fra Toscana ed Emilia Romagna corre lungo la dorsale dell’Appennino, eppure quelle montagne non conoscono linee tracciate sulle carte geografiche, tant’è che è possibile ammirare splendidi panorami naturali su ognuno dei due versanti.

Si prenda ad esempio Poggio Scali, una vera e propria terrazza immersa nel Parco delle Foreste Casentinesi, posta esattamente sul confine tra le due regioni. La vista dei boschi e dei colli che lo contornano da una parte e dell’altra del confine regionale lo rendono un luogo speciale, senza la necessità che nessuna linea di demarcazione artificiale gli doni particolarità.

Poggio Scali è infatti una splendida radura che si apre tra i boschi che coprono questa porzione di Appennino Tosco-romagnolo, con ampi prati sui quali stendersi ad ammirare la natura circostante. Ci si arriva percorrendo un tranquillo sentiero escursionistico che non richiede particolare preparazione fisica e tecnica, costeggiando una riserva naturale integrale.

Si tratta di un percorso di trekking ideale per una giornata primaverile, quando il verde tenue dei faggi denota l’avviarsi della natura verso la bella stagione, e tutt’intorno ci si accorge della rinascita dopo il letargo invernale.

Come arrivare a Poggio Scali

Vari sentieri conducono a Poggio Scali e al suo prato a 1520 metri di altitudine, una delle vette più alte dell’Appennino Tosco-romagnolo, secondo solo al Monte Falco e al Monte Falterona. Per una escursione di bassa difficoltà, con una lunghezza di circa 12 chilometri fra andata e ritorno e una durata stimata di percorrenza intorno alle 4 ore, partite dall’Eremo di Camaldoli, un monastero nelle vicinanze di Poppi (AR) risalente all’XI secolo.

Per raggiungerlo recatevi a Ponte a Poppi, la zona bassa della succitata e caratteristica cittadina che sorge in cima a un colle ed è uno dei borghi più belli del Casentino, una delle vallate che separa Firenze da Arezzo. Da qui l’evidente cartellonistica vi aiuterà a salire, in circa 25 minuti di auto, all’Eremo.

Secondo la tradizione l’Eremo di Camaldoli sarebbe stato fondato da San Romualdo intorno al 1012, e la regola che regge il monachesimo ivi praticato è tratta proprio dagli insegnamenti del fondatore, monaco benedettino che dette origine alla Congregazione camaldolese. Oggi l’Eremo è diviso fra una parte dove alcuni monaci praticano ancora l’eremitismo e una parte visitabile, tra cui l’antica cella di San Romualdo, una chiesa con opere d’arte di stile barocco e un emporio con i prodotti del monastero, come profumi e liquori.

Fonte: Lorenzo Calamai

Una splendida escursione con il verde della primavera che torna a colorare i fusti degli alberi

Il sentiero che collega Camaldoli a Poggio Scali è peraltro parte della Viae Sancti Romualdi, un cammino da Sant’Apollinare in Classe, in provincia di Ravenna, fino a Fabriano in 30 tappe sulle orme del santo.

Una volta giunti di fronte all’edificio religioso basterà lasciare l’auto in uno dei tanti posteggi allestiti all’esterno. Il luogo è molto conosciuto, facilmente raggiungibile e particolarmente prediletto dalle famiglie per una gita domenicale, per cui, se possibile, preferite giorni feriali e arrivi in mattinata per trovare comodamente il vostro posto auto.

Nei pressi del cimitero dell’Eremo si trovano le indicazioni per Poggio Scali, manutenute dal CAI.

L’escursione

Le difficoltà principali di questa escursione si trovano subito all’inizio del percorso. Poggio Scali, come detto, si trova sul crinale che divide la Toscana dall’Emilia Romagna, e il sentiero 00 è il Sentiero di spartiacque appenninico, per definizione quel sentiero che percorre appunto il crinale della catena montuosa.

Per raggiungerlo si deve affrontare un tratto iniziale con discreta pendenza in salita che potrebbe tagliarvi immediatamente le gambe. Prendetela con filosofia, mettete le marce ridotte e andate su del vostro passo: la parte più dura è lunga poco più di un chilometro ed è totalmente immersa in uno splendido bosco di larici, che vi delizieranno le narici con il loro profumo balsamico.

Dopo l’attacco del sentiero, il resto dell’escursione è molto tranquillo: si attraversa una lunga parte di brevi saliscendi, mentre i larici lasciano il posto ai faggi e alle betulle, con occasionali radure di splendidi prati dal colore verde acceso.

Camminando lungo il crinale, però, sono quasi nulle le opportunità di affacciarsi oltre la coltre alberata che circonda il sentiero. Diventa poi impossibile nell’ultima parte del sentiero, quando questo è costeggiato dal territorio della Riserva naturale integrale di Sasso Fratino, la prima in Italia, istituita nel 1959.

Fonte: Lorenzo Calamai

Una delle poche radure sul percorso che permettono di affacciarsi verso la Romagna

Una riserva naturale integrale è un’area nella quale non sono ammesse attività dell’uomo che non siano  la ricerca scientifica, quindi nemmeno l’attraversamento della medesima. Quella di Sasso Fratino è particolarmente importante perché conserva uno dei pochi tratti di foresta ancora intatti, con la presenza di aspri pendii rocciosi e nessun accesso che l’hanno così riparata dall’intervento della mano umana. Dal 2007 la Riserva di Sasso Fratino fa parte del Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO come parte del sito seriale “Foreste primordiali dei faggi dei Carpazi e di altre regioni d’Europa“.

Niente paura, però: la vostra fame di panorama sarà esaudita poco dopo. Una bacheca in legno con informazioni sulla affascinante fioritura del botton d’oro è il segnale per svoltare a destra e salire la breve rampa in salita che porta sulla vetta di Poggio Scali, a 1520 metri sul livello del mare.

Da qui lo sguardo può spaziare dai monti sopra Firenze in lontananza, verso sinistra, alla strada che sale al Passo della Calla, frontiera fra Toscana ed Emilia Romagna, fino alle colline del forlivese, al Lago di Ridracoli e alle valli che declinano verso Cesena.

Fonte: Lorenzo Calamai

Poggio Scali è la terza vetta dell’Appennino Tosco-romagnolo

Il prato che si stende tutto intorno il cocuzzolo della collina è l’ideale per apprezzare un bel picnic e riposare le gambe prima di rimettersi in cammino, ma attenzione: è qui che tra la fine di aprile e i primi di maggio si può assistere alla splendida fioritura del botton d’oro, nome scientifico Trollius Europaeus, un fiore tipico degli ambienti montani ma non particolarmente diffuso, specie in Italia. Nel Parco delle Foreste Casentinesi è presente solo a Poggio Scali. La sua forma particolarmente elegante rende la sua fioritura affascinante.

Ritorno all’Eremo di Camaldoli e dintorni

Per il ritorno ci sono alcune opzioni alternative al compiere lo stesso percorso dell’andata, ma prevedono tutte almeno un paio di chilometri di strada asfaltata prima di tornare presso l’Eremo di Camaldoli, per cui il suggerimento è di rimanere nella natura e tornare per la stessa via dell’andata.

Dopo la discesa, una fermata ideale prima di riprendere l’auto è al piccolo emporio dell’Eremo, dove potrete trovare una ampia selezione di prodotti dei monaci camaldolesi.

Scendendo di nuovo a valle verso il Casentino, non dimenticate di effettuare una visita ai tanti bei borghi che punteggiano la vallata, a cominciare da Poppi, uno dei più caratteristici del territorio.

Cittadina che fa parte del club de I Borghi più belli d’Italia, Poppi ha un retaggio medievale che si intuisce a prima vista grazie alla slanciata torre del castello che rappresenta il simbolo e il centro del paese.

Fonte: Lorenzo Calamai

Il castello dei Conti Guidi a Poppi

Si tratta del Castello dei Conti Guidi, la famiglia nobile che per tre secoli comandò su Poppi e dintorni. Nella piana di fronte a queste mura si combatté nel 1289 la Battaglia di Campaldino, una delle decisive battaglie del Medioevo con cui Firenze divenne egemone sulle altre città toscane. Vi partecipò notoriamente Dante Alighieri, nelle fila dei guelfi fiorentini che risultarono vittorioso, come avrebbe poi raccontato nel canto V del Purgatorio.

La somiglianza con il Palazzo Vecchio di Firenze ha portato a supporre che anche questa costruzione sia attribuibile ad Arnolfo di Cambio, mentre altre attribuzioni ne hanno conferito la paternità a Lapo di Cambio, suo padre. Oggi il castello è visitabile ed ospita una cappella notevolmente affrescata, una sala museale dedicata alla Battaglia di Campaldino con un minuzioso plastico che ricostruisce lo scontro armato e una prestigiosa biblioteca.

Fuori dal castello un’ampia piazza alberata offre una splendida visuale a 360 gradi sulla vallata casentinese, che si tinge di diversi colori a seconda delle stagioni. Il chiosco adiacente al castello è il luogo ideale per chiudere con un degno finale una memorabile giornata di primavera.

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Orsanmichele, come visitare il gioiello monumentale di Firenze

È la culla del Rinascimento italiano, uno scrigno prezioso ricco di storia, arti e cultura e dalla bellezza mozzafiato. Stiamo parlando di Firenze, il capoluogo toscano che non smette mai di stupire per la ricchezza del suo patrimonio artistico, culturale e umano.

Ogni angolo della città è una meraviglia da scoprire, dal celebre Duomo con la cupola di Brunelleschi, passando per il Campanile di Giotto, le opere di infinito valore di Michelangelo, Botticelli, Leonardo da Vinci e la Galleria degli Uffizi, fino ai luoghi meno conosciuti, ma altrettanto significativi e ricchi di storia.

Nel cuore del centro storico di Firenze, lungo la via dell’Arte della Lana, a metà strada tra il Palazzo della Signoria e la Cattedrale di Santa Maria del Fiore, spicca un edificio particolare e dal fascino unico, diverso da tutti gli altri. Stiamo parlando di Orsanmichele, la Chiesa-museo finemente restaurata, dalla struttura inconsueta e che mantiene tutt’oggi una funzione sia religiosa che civica, proprio come nel passato. Sì, perché Orsanmichele ora è una chiesa di grande pregio (che ospita anche uno splendido museo), ma in passato era un granaio. La sua storia è unica e curiosa e una tappa qui è d’obbligo in un viaggio alla scoperta delle bellezze di Firenze.

Le origini della chiesa di Orsanmichele

Ciò che rende atipica la chiesa di Orsanmichele è la particolarità della sua architettura. Infatti il suo stile non è quello classico delle strutture ecclesiastiche, a partire dal fatto che si sviluppa su tre piani e le sue pareti sono costruite con semplice pietra che però si alterna ad archi e finestre in stile gotico.

Le prime tracce documentate di questa costruzione risalgono al lontano 895. Inizialmente era un oratorio affiancato ad un orto ed é proprio da qui che deriva il suo nome: inizialmente era San Michele in Orto e con il passare degli anni si è trasformato nell’appellativo attuale, Orsanmichele.

Distrutto e ricostruito per ben due volte tra il 1239 e il 1336, l’edificio è diventato un mercato in cui venivano conservati e venduti i cereali, la paglia e il grano. La testimonianza dell’impiego che ne veniva fatto è visibile ancora oggi: due delle colonne, infatti, sono vuote e presentano delle fessure tramite le quali venivano trasportate le granaglie tra i vari piani dell’immobile.

Era un mercato a tutti gli effetti: all’ultimo piano, il terzo, venivano stivate le varie scorte di prodotti utili in caso di assedio o carestia. Al secondo piano erano ospitati gli uffici, mentre esternamente c’erano ampie arcate a formare la loggia.

La trasformazione: dal mercato alla chiesa

Come è possibile che una struttura dedicata alla conservazione e vendita di granaglie sia diventata una chiesa di pregio? Sembra incredibile, ma fu un dipinto a dare inizio alla trasformazione.

Tutto ha origine dall’immagine della Madonna che venne appesa a una delle colonne del mercato. Non ci sarebbe nulla di particolare, se non fosse per il fatto che questa Madonna era considerata miracolosa. Distrutto da un incendio e poi ricreato dall’artista Bernardo Daddi (nel 1347), questo dipinto divenne un punto di riferimento per la popolazione che si recava numerosa sotto la loggia per pregare la “Madonna delle Grazie”.

Quello che era il mercato, visto l’ingente flusso di fedeli che vi si recava per pregare, iniziò ad essere visto come luogo sacro e per questo si prese la decisione di trasformarlo in una chiesa, nella seconda metà del Trecento.

Era il 1339 quando venne stabilito che le Arti (le corporazioni di arti e mestieri fiorentine) avrebbero contribuito alla trasformazione di Orsanmichele fornendo ciascuna una statua del loro santo patrono, che vennero posizionate nelle 14 nicchie esterne, lungo i quattro lati della struttura. Le opere vennero concretamente realizzate e terminate solo moltissimi anni dopo, videro la mano e il genio di alcuni dei massimi esponenti del Rinascimento: Donatello, Luca della Robbia, Brunelleschi, Verrocchio e Ghiberti.

Cosa vedere nella chiesa e nel museo

La chiesa e il museo di Orsanmichele (ospitato nei due piani superiori dell’edificio che un tempo ospitavano le granaglie e gli uffici del mercato) sono uno scrigno ricco di opere realizzate dai massimi esponenti del Rinascimento fiorentino.

Oggi 11 delle statue originali che si trovavano nei tabernacoli esterni sono state trasferite all’interno ed esposte nel museo di Orsanmichele. Queste importanti sculture rinascimentali si trovano esposte nella stessa direzione in cui erano rivolte quando si trovavano nelle nicchie esterne, guardando i passanti e lasciandosi ammirare allo stesso tempo. Visitando la sala delle statue sembrerà un po’ come tornare a passeggiare lungo le stradine attorno alle mura della chiesa, ma con scorci suggestivi e mozzafiato sulla città di Firenze attraverso le ampie finestre ad arco dell’edificio.

All’interno della Chiesa di Orsanmichele, al piano terra, spicca il prezioso tabernacolo dell’Orcagna, la monumentale struttura in marmo dallo stile gotico molto ricercata nei dettagli, realizzata nel 1359 da Andrea di Cione (chiamato anche “l’Orcagna“) al cui interno si trova la pala a fondo oro della Madonna delle Grazie di Bernardo Daddi.

Merita una menzione speciale anche l’altro altare della chiesa in cui si può ammirare la scultura della Vergine con Bambino e Sant’Anna, un’opera cinquecentesca di Francesco da Sangallo.

Come visitare Orsanmichele

Dopo la chiusura prolungata dovuta a importanti lavori di restauro e riallestimento, durata ben 400 giorni, Orsanmichele ha riaperto le porte ai fedeli e ai visitatori dal mese di gennaio 2024. La visita a questo edificio ricco di storia e arte pregiata è una tappa obbligata nell’esplorazione di Firenze, una delle città più belle del mondo.

È possibile visitare l’intero edificio di Orsanmichele in tutto il suo splendore ogni giorno fino al 12 marzo 2024 (mentre dal 13 marzo viene introdotto il giorno di chiusura il martedì), pagando un biglietto dal costo di 8 euro a persona. L’edificio rimane aperto dal lunedì al sabato dalle 8.30 alle 18.30, e la domenica dalle 8.30 alle 13.30.

Ogni prima domenica del mese, grazie all’iniziativa del Ministero della Cultura “Domenica al museo“, l’ingresso è gratuito per tutti coloro che vogliono visitare questo splendido gioiello monumentale. Inoltre, l’8 marzo 2024 l’ingresso nella Chiesa e nel museo di Orsanmichele è gratuito per tutte le donne, in occasione della festa a loro dedicata.

Chiesa di Orsanmichele dall'esterno

Fonte: iStock

Chiesa di Orsanmichele, dettaglio esterno
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Questo borgo è un’isola di Toscana in Lombardia

Un borgo dalla storia affascinante e antichissima, collocato a metà tra il Lago di Como e il Lago di Varese. Castiglione Olona è conosciuto come ‘un’isola di Toscana in Lombardia’. Un luogo di arte, cultura e tradizioni, di rievocazioni storiche, di tesori da scoprire passo dopo passo, con la netta sensazione di addentrarsi in un’epoca lontana.

Un viaggio nella storia e nell’arte di Castiglione Olona

L’origine di Castiglione Olona è collocata intorno al V secolo d.C. quando, secondo la leggenda, sui resti dell’accampamento delle truppe del generale Stilicone nacque il Borgo di Castiglione, adagiato nella valle del fiume Olona. Attorno all’anno Mille, il territorio risulta essere possedimento della nobile famiglia Castiglioni, originaria di Milano, più volte coinvolta in giochi di alleanze politiche parteggiando ora per i Torriani ora per i Visconti. A questo periodo risalgono le costruzioni delle mura di cinta del borgo che si conservano solo nella parte più alta del colle, dove fu eretta la rocca nel XII secolo, una costruzione minacciosa e inespugnabile che fu al centro di numerose vicende belliche a difesa dal corso del fiume.

L’epoca rinascimentale fu il periodo di massimo splendore di questo luogo, grazie alla presenza e alle iniziative del Cardinale Branda Castiglioni. Si deve invece alla laboriosità e all’ingegno della famiglia Mazzucchelli, nella metà del 1800, la trasformazione di Castiglione Olona nel primo polo industriale della provincia di Varese.

La visita del borgo può cominciare dalla piazza, su cui si affacciano la Chiesa del SS. Corpo di Cristo, detta “di Villa”, edificio di ispirazione brunelleschiana, il Palazzo Branda Castiglioni, il Pio Luogo dei Poveri di Cristo e, sulla salita alla Collegiata, la Scuola di Canto e Grammatica, la Scolastica, oggi sede del Municipio.

Il Palazzo Branda Castiglioni è l’antica dimora del cardinale. L’edificio è composto da due corpi di fabbrica, uno del XIV e l’altro del XV secolo con ampliamenti successivi, che al suo interno ospita sale con pregevoli affreschi del 1400 di scuola lombarda e toscana. I suoi principali ambienti sono la Cappella Cardinalizia di “S. Martino”, la Quadreria, la camera e lo studio del cardinale.

In cima alla breve salita della via Cardinale Branda si elevano i ruderi della porta che immetteva nell’antico castello: qui si trova il complesso della Collegiata, costituito principalmente dalla chiesa e dal battistero. La chiesa in stile gotico-lombardo a croce latina fu dedicata nel 1425 alla Vergine e ai Santi Stefano e Lorenzo, raffigurati insieme a S.Ambrogio e S.Clemente nella lunetta del portale. Sulla facciata si può ammirare anche il rosone marmoreo. Ospita al suo interno gli affreschi di Masolino da Panicale (“Storie della Vergine”) e dei suoi due allievi, Lorenzo di Pietro detto “il Vecchietta” e Paolo Schiavo. Sempre al maestro toscano appartengono le “Storie di San Giovanni” nell’adiacente battistero.

Da non perdere anche il piccolo Museo della Collegiata, che ospita preziosi oggetti sacri e alcune interessanti opere artistiche. La passeggiata esplorativa del borgo porterà, poi, alla scoperta di ulteriori particolari e testimonianze legate al suo periodo di fioritura artistica.

L’attrazione più recente risale al giugno 2004, quando nelle sale affrescate del trecentesco Palazzo dei Castiglioni di Monteruzzo è stato inaugurato il [MAP] Museo Arte Plastica, che raccoglie una originale collezione di più di cinquanta opere degli anni Settanta. Il grande successo delle materie plastiche spinsero il conte Lodovico Castiglioni e suo cugino Franco Mazzucchelli a dar vita, tra il 1969 ed il 1973, al “Polimero Arte”, un centro di ricerche estetiche e un laboratorio dotato di tecnologie e personale qualificato della Mazzucchelli Celluloide, la fabbrica più importante d’Italia nella produzione e lavorazione di materiale plastico. Noti artisti dell’epoca vi parteciparono e molte delle loro opere furono esposte in occasione di prestigiose mostre nazionali ed internazionali. Oggi ai visitatori è offerta una straordinaria galleria d’arte contemporanea inserita in un antico e prezioso edificio, quasi una continuità artistica tra passato, presente e futuro.

Gli eventi da non perdere a Castiglione Olona

Ogni prima domenica del mese, si svolge nel centro storico di Castiglione Olona la Fiera del Cardinale, il tradizionale Mercatino dell’artigianato locale e dell’antiquariato, dove gli espositori propongono manufatti artigianali, mobili antichi e molto altro. La particolarità e il fascino di questo mercatino attraggono migliaia di visitatori da ogni parte della Lombardia, del Piemonte e della Svizzera.

L’amore per le tradizioni locali entra ancora di più nel vivo in estate, quando ha luogo la manifestazione annuale del Palio dei Castelli, con l’avvincente Corsa delle Botti, tra i diversi rioni della cittadina. Funziona in questo modo: ogni rione schiera una squadra di cinque “bottari” nei loro costumi d’epoca, i quali, per vincere il Palio – che consiste in un prezioso stendardo dipinto ogni anno da un artista diverso – devono raggiungere per primi il Castello Monteruzzo, facendo rotolare una botte per il percorso che attraversa le vie del centro storico. Allo scopo di preparare i giovani del paese alla gara, è stata istituita anche una scuola all’interno del Gruppo Bottari del Palio.

Cosa vedere nei dintorni

A poca distanza da Castiglione Olona ci si imbatte nell’affascinante Parco archeologico di Castelseprio,  l’antico Castrum Sibrium situato tra un altopiano e la valle del Fiume Olona, che fu roccaforte militare sin dal tempo dei Romani. Nel 1287, per ordine di Ottone Visconti, signore di Milano, Castelseprio fu distrutta ad eccezione degli edifici religiosi, tra i quali la chiesa di Santa Maria foris portas, risalente probabilmente al IX secolo. L’edificio, ora sconsacrato, è un autentico gioiello d’arte longobardo-bizantina e cela al suo interno un originalissimo e straordinariamente conservato ciclo di affreschi che decora il vano dell’abside, tra le testimonianze più importanti della pittura muraria europea nell’Alto Medioevo. La posizione dell’edificio, situato su un’altura a pochi metri oltre l’antica cinta muraria, è il motivo della sua denominazione.

Il Monastero benedettino di Santa Maria Assunta è stato, invece, fondato nel 737, e costituisce uno dei primi insediamenti monastici nel territorio dell’attuale Lombardia, legato alla vicina presenza del Castrum di Castelseprio e del Monastero di Torba. Quest’ultimo è stato eletto Patrimonio UNESCO, immerso nei verdi boschi del Varesotto, ai piedi del parco archeologico. Il primo e il secondo piano, un tempo adibiti rispettivamente a sepolcreto e oratorio, ospitano rari e importanti affreschi dell’VIII secolo. Visitare questi luoghi è come viaggiare nel tempo.