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Everest a pagamento (15mila dollari), 97 vette nepalesi gratis: la strategia anti-overtourism

L’overtourism ha raggiunto anche la vetta dell’Everest. Con i suoi 8.849 metri, è la montagna più alta del mondo sopra il livello del mare e non a caso in nepalese è chiamata “Sagarmatha”, ossia “fronte nel cielo”. Dal 1953, quando Edmund Hillary e Tenzing Norgay furono i primi a conquistarne la cima, alpinisti da ogni parte del mondo hanno sognato di ripetere quell’impresa. Ma oggi quel sogno ha perso parte del suo fascino.

L’Everest è ormai sovraffollato e invaso dai rifiuti, al punto da essere soprannominato “la discarica più alta del mondo”. Per questo il Nepal ha deciso di aumentare del 36% la tassa di accesso: il permesso passerà da 11.000 a 15.000 dollari, secondo quanto dichiarato da Narayan Prasad Regmi, direttore generale del Dipartimento del Turismo del Nepal.

La misura dovrebbe garantire entrate significative per un Paese che vive anche del turismo alpinistico, e allo stesso tempo incentivare gli escursionisti a scoprire altre vette.

L’aumento della tassa per scalare l’Everest

Il Sagarmatha National Park, che ospita l’Everest, riceve ogni anno circa 100.000 visitatori, un flusso che mette a dura prova l’ambiente naturale. La deforestazione colpisce la zona, con alberi abbattuti per costruire rifugi e procurare legna da ardere per i turisti. Nella stagione di punta, fino a 500 persone al giorno affrontano il trekking verso il Campo Base, e il traffico costante sta erodendo i sentieri. Ma i problemi maggiori si concentrano sulla montagna stessa.

Qui, la folla è tale che spesso gli alpinisti restano in coda per ore, al gelo, per raggiungere la vetta, dove l’aria rarefatta impone l’uso di maschere d’ossigeno. In questo periodo, ogni scalatore produce una notevole quantità di rifiuti, gran parte dei quali rimane sul posto.

Per contrastare questa situazione, il Nepal aumenterà già da settembre la quota per l’accesso all’Everest: durante la stagione di picco (aprile-maggio) salirà a 15.000 dollari, pari a quasi 13.000 euro. Anche le tariffe delle stagioni meno frequentate cresceranno del 36%, raggiungendo 7.500 dollari per settembre-novembre e 3.750 per dicembre-febbraio.

Inoltre, il parlamento nepalese sta discutendo una nuova legge che richiederà a chiunque voglia scalare l’Everest di aver prima raggiunto la vetta di una montagna superiore ai 7.000 nel Paese.

97 montagne himalayane saranno gratuite

L’obiettivo del Nepal è anche quello di diversificare il turismo. Per farlo, hanno messo in evidenza come molte montagne situate nelle province nepalesi di Karnali e Sudurpaschim, nell’estremo ovest del Paese, siano totalmente gratuite. Oscillano tra i 5.970 e i 7.132 metri di altezza e si trovano in alcune delle zone più povere del Nepal. Nonostante la bellezza incontaminata, i turisti e gli alpinisti che le raggiungono sono pochissimi, soprattutto per via dell’accesso difficile.

Resta però incerto se le autorità investiranno nel miglioramento di infrastrutture e collegamenti, o se le comunità locali saranno pronte a gestire un eventuale aumento di visitatori. Finora, l’interesse degli alpinisti è stato minimo: negli ultimi due anni solo 68 persone hanno tentato di scalarle. Un dato che impallidisce se confrontato con l’Everest, per il quale nel solo 2024 sono stati rilasciati circa 421 permessi.

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Great Himalaya Trail: un trekking da sogno nel cuore del Nepal

Il Great Himalaya Trail, noto anche con l’acronimo di GHT, è uno dei percorsi escursionistici più spettacolari al mondo, poiché attraversa la maestosa catena montuosa dell’Himalaya, il sogno degli alpinisti e dei trekker di tutto il mondo.

Con un’estensione di oltre 4.500 chilometri, questo cammino attraversa Nepal, Bhutan, India, Tibet e Pakistan, offrendo esperienze uniche di trekking ad alta quota, immersi in paesaggi mozzafiato e a contatto con una cultura antica, accogliente e unica.

Dove si trova e perché sceglierlo

Il Great Himalaya Trail si estende attraverso le regioni più remote e selvagge dell’Himalaya, principalmente in Nepal, con percorsi che raggiungono vette imponenti e attraversano valli nascoste.

Perché sceglierlo? Perché il GHT offre la possibilità di vivere un’esperienza che unisce il trekking ad alta quota con la scoperta di culture ancestrali, come quella degli Sherpa, le antiche popolazioni locali – attenzione, sherpa è il popolo, non l’attività di guida montana, come erroneamente pensiamo in Occidente – e l’incontro con una flora e fauna uniche, con l’opportunità di avvistare il leopardo delle nevi, i pacifici yak e il panda rosso.

E poi, la bellezza dei paesaggi che spaziano dalla giungla subtropicale alle fredde altitudini alpine è semplicemente impareggiabile!

Le tappe del Great Himalaya Trail

Il Great Himalaya Trail attraversa una vasta gamma di paesaggi, villaggi remoti e offre vette mozzafiato. Le tappe possono variare in base alla scelta del percorso – High Route o Low Route – ma tutte offrono esperienze uniche di trekking attraverso l’Himalaya.

Le tappe più popolari si concentrano sulla sezione nepalese, ma il percorso si estende anche in Bhutan e in altri Paesi limitrofi. Qui trovi una selezione delle principali tappe:

Il GHT è suddiviso in diverse sezioni, ognuna con caratteristiche specifiche in termini di distanza, dislivello, paesaggi, difficoltà e durata. Ecco una sintesi delle principali sezioni:​

  1. Kanchenjunga a Makalu tramite il passo Lumba Sumba: circa 28 giorni di trekking. ​
  2. Dal Makalu all’Everest Region, attraverso tre colli: circa 26 giorni di trekking. ​
  3. Everest – Tre Passi: circa 18 giorni di trekking.
  4. Rolwaling a Everest tramite il passo Tashi Labsta: circa 20 giorni di trekking. ​
  5. Dal Manaslu all’Annapurna: circa 27 giorni di trekking. ​
  6. Dal Dolpo a Jomsom: circa 26 giorni di trekking. ​

Per quanto riguarda le distanze e i dislivelli specifici per tappa, queste possono variare significativamente a seconda dell’itinerario scelto e delle condizioni del sentiero, ma sono spesso di migliaia di metri.

Ovviamente, i percorsi vanno adattati alle condizioni del terreno, a seconda della stagione, e al livello di allenamento; si possono percorrere tratti con mezzi di trasporto come autobus o piccoli voli interni, come raccordo tra le sezioni.

In generale, il completamento dell’intero GHT richiede circa 150 giorni di cammino, attraversando passi che raggiungono altitudini fino a 6.146 metri. La difficoltà del cammino è molto elevata, con dislivelli significativi e condizioni climatiche variabili, oltre che con numerosi problemi che possono derivare dall’alta quota. Pertanto, è fondamentale una preparazione accurata e una buona condizione fisica per affrontare questo trekking impegnativo.

Si può dire che il Great Himalaya Trail è una summa di tanti altri itinerari possibili nella regione, ad esempio per un tratto in Nepal si sovrappone al celebre e tanto amato Everest Base Camp Trail, tra Lukla e il campo base dell’Everest, all’interno del Sagarmatha National Park.

La storia e i luoghi simbolo del cammino

L’idea del Great Himalaya Trail è nata negli anni ‘90, con il sogno di collegare i sentieri montani già esistenti in Nepal e nelle zone circostanti. Con il tempo, diversi esploratori e trekker pionieri hanno percorso tratti dell’Himalaya, contribuendo a realizzare questa ambiziosa visione. Nel 2008-2009, Robin Boustead è stato il primo a completare l’intero percorso, segnando una tappa fondamentale nella storia del neonato GHT.

Oltre alla natura lussureggiante, si possono osservare i simboli del buddhismo tibetano, come gli “stupa”, piccoli templi presenti in punti panoramici del cammino, con le loro classiche “bandiere di preghiera” colorate che volano nel vento, e i “muri mani”, muretti presenti in ogni villaggio, su cui sono incise come iscrizioni preghiere e mantra.

I luoghi simbolo lungo il GHT sono innumerevoli. Tra i più iconici troviamo:

  • Kanchenjunga, la terza montagna più alta del mondo;
  • Makalu Barun, famosa per la sua flora unica;
  • Regione dell’Everest (Khumbu), impareggiabile, con le sue vette maestose come l’Everest e l’Ama Dablam, tagliata a metà dallo scorrere del fiume Dud Khosi, con i suoi proverbiali “ponti tibetani”, sospesi su valli profondissime;
  • Rolwaling Himal, ricca di fauna selvatica;
  • Ruby Valley e Ganesh Himal, tra paesaggi incontaminati e accoglienza locale.
Passo Larkya, Manaslu

Fonte: 123RF

Passo Larkya nel circuito di Manaslu

High Route e Low Route

La High Route e la Low Route della Great Himalaya Trail rappresentano due esperienze completamente diverse, pur seguendo entrambe l’asse della catena himalayana nepalese. La High Route è un percorso estremo, pensato per escursionisti esperti, che attraversa alcuni dei passi più alti del Nepal, spesso oltre i 5.000 metri di quota. Questa variante è immersa in ambienti selvaggi e remoti, dove l’autosufficienza, la capacità di orientamento e una buona preparazione all’alta quota sono essenziali. In compenso, regala panorami spettacolari e un’autenticità difficile da trovare altrove.

La Low Route, invece, si sviluppa a quote più basse, attraversando villaggi, colline coltivate e foreste subtropicali. È più accessibile in termini tecnici, ma altrettanto impegnativa dal punto di vista fisico per la sua lunghezza e la varietà di condizioni climatiche. È ideale per chi cerca un contatto più diretto con le comunità locali e non vuole affrontare i rischi dell’alta montagna.

Quando andare: stagioni e clima lungo il GHT

Scegliere il periodo giusto per affrontare la Great Himalaya Trail è fondamentale, soprattutto se si percorre la High Route, dove le condizioni meteorologiche possono rendere alcuni passi completamente impraticabili. Le stagioni ideali sono la primavera (marzo-maggio) e l’autunno (settembre-novembre). In primavera, le giornate si allungano, le temperature sono miti e i rododendri colorano i sentieri; tuttavia, la neve può ancora ostacolare i tratti più alti. L’autunno, invece, offre cieli limpidi e visibilità straordinaria, soprattutto dopo il monsone, ma le notti iniziano a farsi più fredde, specie sopra i 4.000 metri.

Durante il monsone (giugno-agosto) i sentieri della Low Route diventano scivolosi e soggetti a frane, mentre l’inverno (dicembre-febbraio) è adatto solo a brevi tratti a bassa quota, poiché neve e gelo bloccano gran parte della High Route. Chi sogna di completare l’intero percorso dovrà quindi pianificare attentamente, scegliendo di partire in primavera da est (Kanchenjunga) e cercando di arrivare a ovest (Humla) entro la fine dell’autunno.

Preparazione fisica per il Great Himalaya Trail

Affrontare la Great Himalaya Trail richiede una preparazione fisica accurata e costante nei mesi precedenti alla partenza. Questo trekking non è solo lungo: è fisicamente massacrante, spesso in quota, su terreni impervi e senza punti di appoggio nei tratti più isolati. È fondamentale abituarsi a camminare con uno zaino pesante (12-15 kg), su pendenze variabili e per molte ore consecutive. L’allenamento ideale combina escursioni settimanali in montagna, esercizi per rafforzare gambe, schiena e core, e sessioni cardio per migliorare resistenza e capacità polmonare.

Chi sceglie la High Route dovrà anche considerare una fase di acclimatazione progressiva, con trekking ad alta quota nei mesi precedenti, per ridurre il rischio di mal di montagna. La preparazione mentale è altrettanto cruciale: il GHT mette a dura prova non solo il corpo, ma anche la determinazione e la capacità di affrontare giorni di fatica, solitudine e condizioni meteo spesso imprevedibili.

Il Regolamento del Great Himalaya Trail

Dal 2018, il governo nepalese ha introdotto la normativa che richiede a tutti i trekker stranieri di registrarsi con un lasciapassare ad hoc, da richiedere nelle varie tappe del percorso – ad esempio, per il tratto nel Sagarmatha National Park, il lasciapassare si richiede all’ingresso del parco, nel minuscolo villaggio di Manju – ed essere accompagnati da una guida certificata per percorrere il GHT. Questa misura mira a garantire la sicurezza dei trekker e a promuovere un impatto positivo sulle comunità locali.

Inoltre, l’accesso ai sentieri potrebbe essere limitato in alcune aree remote per motivi di conservazione e di sicurezza, oltre ad essere proibiti durante la stagione dei monsoni.

Logistica e organizzazione

Organizzare un trekking lungo la Great Himalaya Trail significa prendere decisioni cruciali sul livello di autonomia, il tipo di supporto desiderato e la disponibilità di risorse lungo il cammino. Chi opta per la Low Route potrà contare su un discreto numero di teahouse (rifugi locali) nei villaggi principali, ideali per dormire e mangiare senza portare tenda e fornello. Tuttavia, anche in questo caso è importante prevedere alcuni giorni in autonomia, soprattutto nei tratti meno frequentati. Per chi sceglie la High Route, invece, l’autonomia è spesso obbligata: è necessario portare con sé tenda, sacco a pelo termico, fornello e scorte alimentari per diversi giorni.

Un’alternativa intermedia è affidarsi a guide locali e portatori, molto esperti e preziosi sia per la logistica che per l’interazione con le comunità. Alcune aree (come Manaslu, Dolpo e Kanchenjunga) richiedono obbligatoriamente la presenza di una guida autorizzata. È bene ricordare che non tutti i tratti del GHT sono segnalati, quindi una mappa topografica dettagliata e un buon sistema GPS (offline) sono strumenti imprescindibili per chi viaggia in indipendenza.

Sicurezza e salute lungo il GHT

Il Great Himalaya Trail attraversa ambienti estremi, e garantire la propria sicurezza significa essere preparati, autonomi e previdenti. Il rischio più comune lungo la High Route è il mal di montagna (AMS), che può manifestarsi già dai 3.000 metri. Per evitarlo, è essenziale salire gradualmente, prevedere giornate di acclimatazione, idratarsi molto e conoscere i sintomi più pericolosi (mal di testa, nausea, confusione mentale).

In aree isolate, l’unico mezzo rapido di soccorso è l’elicottero, quindi è indispensabile avere un’assicurazione che copra il soccorso alpino e l’evacuazione in alta quota. Dal punto di vista sanitario, è importante proteggersi da infezioni intestinali: mai bere acqua non trattata, usare pastiglie purificanti o filtri, e mantenere buone abitudini igieniche, anche nei villaggi. Infine, ogni escursionista dovrebbe avere con sé una farmacia da campo completa, comprendente antibiotici, antidolorifici, cerotti, disinfettanti, crema solare ad alta protezione e un dispositivo di geolocalizzazione satellitare (tipo Garmin InReach) per comunicare in caso di emergenza anche dove non c’è rete.

Annapurna, Himalaya

Fonte: 123RF

Circuito di trekking ad Annapurna, sull’Himalaya

Dove dormire sul Great Himalaya Trail

Lungo il GHT, ci sono diverse opzioni di alloggio, che vanno dalle tea house tradizionali alle sistemazioni in campeggio. Le tea house, dette anche lodge, sono gestite localmente dalla popolazione dei villaggi e offrono una sistemazione spartana ma accogliente, con letti di legno, servizi igienici e pasti caldi. Se scegli l’avventura, il campeggio può essere una buona alternativa, ma richiede attrezzatura adeguata e tanto spirito di adattamento.

Dove mangiare sul Great Himalaya Trail

La cucina locale lungo il GHT è semplice ma gustosa. Potrai gustare piatti tipici come il dal bhat (riso con lenticchie speziate), i momo (ravioli al vapore, simili ai gyoka), e il thukpa (zuppa di noodle). Ma si possono trovare anche cibi più “comuni”, come uova, verdure, patate – coltivate in quota, ad esempio nella zona di Portse – pancake e bibite confezionate.

È importante essere consapevoli dell’igiene alimentare, diversa dalla nostra, soprattutto nei villaggi più remoti: disinfetta sempre le mani prima di mangiare, se puoi usare le tue posate da campeggio, non bere mai l’acqua corrente ma solo da bottiglie chiuse, e porta con te integratori e fermenti lattici per supportare l’organismo nell’adattarsi alla situazione.

E non sprecare nulla: considera che ogni alimento o oggetto utile che arriva a queste altitudini è stato trasportato a mano – o sulla schiena – da un portatore, con tanta fatica e abnegazione.

Perché scegliere il Great Himalaya Trail

Il Great Himalaya Trail è una delle esperienze più affascinanti e immersive per chi cerca un’avventura fuori dal comune, dove sperimentare i propri limiti.

Non solo ti porterà vicino ad alcune delle vette più alte del mondo, ma ti farà anche entrare in contatto con culture affascinanti e con un modo di vivere del tutto diverso dal nostro. Se desideri unire sfida fisica, esplorazione e spiritualità, il GHT è la scelta perfetta!

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Viaggio zaino in spalla sulla rotta di Pechino Express 2025, tutte le emozioni dell’Asia

Ritorna uno dei programmi televisivi più attesi: stiamo parlando di Pechino Express che, quest’anno, ci porterà fino al tetto del mondo tra avventure e tanti, tantissimi imprevisti. La nuova edizione parte il 6 marzo in esclusiva su Sky e in streaming su Now e vedrà protagoniste nove coppie per un viaggio lungo 6000 chilometri. A disposizione dei viaggiatori, come da programma, ci saranno pochi elementi di base come uno zaino con una dotazione ridotta al minimo e 1 euro al giorno a persona in valuta locale.

Il reality, condotto da Costantino della Gherardesca dal 2013, ci farà scoprire luoghi incredibili tra Filippine, Thailandia e Nepal, in condizioni climatiche in continuo cambiamento che ostacoleranno e metteranno alla prova tutti i partecipanti. Ovviamente non mancherà la parte comica garantita dall’inviato speciale Fru (Gianluca Colucci).

Le coppie in gara quest’anno sono i Medagliati (Jury Chechi e Antonio Rossi), i Complici (Dolcenera e Gigi Campanile), i Cineasti (Nathalie Guetta e Vito Bucci), gli Estetici (Giulio Berruti e Nicolò Maltese), le Sorelle (Samanta e Debora Togni), i Primi Ballerini (Virna Toppi e Nicola Del Freo), gli Spettacolari (Gianluca Fubelli-Scintilla e Federica Camba), i Magici (Jey e Checco Lilloù), le Atlantiche (Ivana Mrázová e Giaele De Donà).

Quali saranno le tappe del viaggio zaino in spalla sulla rotta di Pechino Express 2025? Scopriamo i luoghi dell’Asia che vedremo in tv nelle prossime settimane.

Prima tappa: Filippine

Il viaggio di Pechino Express ci porta davvero “fino al tetto del mondo” perché si svilupperà letteralmente in altezza: la prima tappa, infatti, lunga 140 chilometri, sarà in riva all’oceano, nelle acque cristalline dell’isola di Palawan, nelle Filippine.

Qui i viaggiatori affronteranno le prime sfide della loro avventura, immergendosi nella cultura dell’isola fra pietanze particolarmente lontane dai gusti nostrani, animali e usanze locali. Sullo sfondo degli splendidi scenari oceanici e delle verdi foreste asiatiche, oltre che delle spiagge di Palawan che, ammettiamolo, non hanno paragoni, offrendo opportunità illimitate a chi desidera evadere dalla realtà anche se per un breve periodo.

Pechino Express 2025

Fonte: Ufficio Stampa

Una scena dall’ultima edizione di Pechino Express

Seconda tappa: Thailandia

Dopo le Filippine, i viaggiatori si sposteranno negli altopiani misteriosi e nelle giungle imprevedibili nel nord della Thailandia. Questa zona del Paese è famosa per i suoi templi buddisti, che si ergono maestosi tra le colline, e per i villaggi che conservano con cura le proprie tradizioni secolari. Una delle città più importanti è Chiang Mai, la più grande della regione, che offre un mix vibrante di modernità e storia, con mercati animati, templi dorati e una vivace scena artistica. Rispetto al sud e alle isole, la Thailandia del nord offre ai viaggiatori la possibilità di immergersi in un’atmosfera rilassata (non tanto per i partecipanti a Pechino Express!) e accogliente che invita a un’esperienza autentica e indimenticabile.

Terza tappa: Nepal

Infine, il viaggio di Pechino Express ci porterà in Nepal, un Paese piccolo, ma dalla storia millenaria che si snoda nella catena montuosa dell’Himalaya. Qui ci sono 8 delle 10 montagne più alte del mondo, in primis “sua maestà” l’Everest con i suoi 8848 metri di altezza.

Il Nepal è famoso per essere un vero e proprio paradiso per gli amanti del trekking, tra paesaggi mozzafiato, templi dorati e pittoreschi villaggi di montagna. Non sarà sicuramente un Paese facile per i concorrenti del reality che dovranno affrontare sfide non indifferenti per terminare l’ultima tappa e vincere la finale.

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Cosa vedere nel Terai, un Nepal altamente soprendente

La regione del Terai, nell’estremo sud del Nepal, al confine con l’India, è un’area di straordinaria biodiversità, ricca di storia e tradizioni, che merita di essere esplorata da chi vuole scoprire un volto diverso del Nepal. L’inserimento nella guida Best in Travel 2025 di Lonely Planet ha portato alla ribalta quest’angolo del paese asiatico ancora poco conosciuto, spesso oscurato dalla fama delle vertiginose vette dell’Himalaya che di solito attraggono i visitatori.

Al contrario, il Terai è caratterizzato da vaste pianure, foreste tropicali e vivaci comunità locali, che convivono in armonia con una natura rigogliosa e un patrimonio culturale millenario. La regione offre un’alternativa unica al classico itinerario di trekking nepalese, con il contrasto tra le terre basse del Terai e le montagne circostanti  che rende l’esperienza ancora più affascinante.

Avventurosi safari nel Chitwan National Park

Uno dei luoghi più incantevoli del Terai è il Chitwan National Park, primo parco nazionale del Nepal e sito Patrimonio dell’Umanità Unesco dal 1984. Con un’estensione di oltre 950 chilometri quadrati, è un vero santuario per numerose specie animali, tra cui il rinoceronte unicorno, la tigre del Bengala e il coccodrillo gaviale, una rarità locale.

Le fitte foreste e le pianure erbose di Chitwan sono lo scenario perfetto per avventurosi safari in jeep per avvistare i rinoceronti, escursioni a dorso d’elefante, e passeggiate nella natura con le guide locali. Gli appassionati di birdwatching trovano qui un paradiso naturale con oltre 500 specie di uccelli, tra cui il raro trogone dalla testa rossa e il bucero maggiore.

Le gite in canoa sul fiume Rapti, che scorre placido tra le foreste, sono l’occasione ideale per osservare da vicino gli animali che vivono lungo le sponde: con un po’ di fortuna si potranno scorgere coccodrilli gaviali che riposano al sole o uccelli acquatici che sfiorano l’acqua.

Chitwan National Park, Nepla

Fonte: iStock

Duele elefanti presso il Chitwan National Park

Il remoto Bardiya National Park

Meno conosciuto di Chitwan, ma altrettanto affascinante, è il Bardiya National Park. Con i suoi 968 chilometri quadrati, Bardiya è la più grande area protetta del Terai e offre un’esperienza immersiva in una natura incontaminata e lontana dalle principali rotte turistiche. La sua posizione remota lo rende una meta ideale per chi cerca un contatto autentico e profondo con la natura.

Il parco è attraversato dal fiume Karnali, le cui acque limpide sono perfette per il rafting e per avvistare delfini d’acqua dolce e coccodrilli. Bardiya è inoltre famoso per le maggiori probabilità di avvistamento della tigre del Bengala rispetto a Chitwan, grazie a un vegetazione più diradata e ai numerosi punti d’acqua.

Le escursioni guidate a piedi o in jeep regalano emozioni forti, soprattutto per gli appassionati di fotografia naturalistica. Le specie che abitano il parco sono simili a quelle di Chitwan, ma qui si possono anche osservare elefanti asiatici, sciacalli e rare specie di cervi. Bardiya è il luogo perfetto per chi cerca un’esperienza di safari meno turistica e più intima, in un ambiente dove la natura sembra dominare incontrastata.

Lumbini, culla del Buddha

La spiritualità è un’altra caratteristica distintiva del Terai, e nessun luogo ne è un esempio migliore di Lumbini, la città natale di Siddhartha Gautama, il Buddha. Questo importante sito di pellegrinaggio, riconosciuto Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, attira fedeli da tutto il mondo e offre ai visitatori un’atmosfera di profonda serenità e raccoglimento.

Tempio a Lumbini, Terai

Fonte: iStock

Area monastica di Lumbini, Terai

L’area monastica di Lumbini è un luogo unico, dove le comunità buddiste di diversi paesi hanno costruito templi e monasteri che riflettono le loro tradizioni culturali. Dalla pagoda giapponese della pace al tempio dorato del Myanmar, ogni edificio è un omaggio alla diversità dell’architettura buddista globale. Al centro di Lumbini sorge il Tempio di Mayadevi, che custodisce il sito esatto in cui si ritiene sia nato Buddha, vicino allo stagno sacro di Pushkarini dove, secondo la leggenda, il Buddha venne immerso dalla madre subito dopo la nascita.

Passeggiando tra i templi, immersi nel verde e circondati da stagni e prati, è facile incontrare monaci e pellegrini in meditazione, un’esperienza che tocca nel profondo, indipendentemente dalla propria fede religiosa.

Il Terai rappresenta l’altra faccia del Nepal, un invito a scoprire un paese che non è solo montagne e trekking, ma anche natura lussureggiante e spiritualità profonda. Viaggiare nel Terai significa immergersi in un paesaggio dove la tradizione si fonde con la natura, creando un equilibrio unico.

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Anche il maestoso Everest diventa a numero chiuso

La repubblica himalayana ospita otto delle dieci vette più alte del mondo e accoglie centinaia di avventurieri ogni primavera, quando le temperature sono solitamente miti e i venti deboli. Qualcosa però sta per cambiare. La Corte Suprema del Nepal ha, infatti, ordinato al governo di limitare il numero di permessi rilasciati per la scalata dell‘Everest e delle altre imponenti cime proprio mentre le spedizioni si preparano per la stagione di arrampicata primaverile.

L’Everest potrebbe diventare meno accessibile

Attualmente il Nepal concede i permessi a tutti coloro che vogliono vivere la straordinaria avventura di raggiungere la cima dell’Everest, la vetta più alta del mondo con i suoi circa 8.850 metri sul livello del mare. Nonostante il costo dell’impresa – il prezzo minimo è di circa 28 mila euro – l’anno scorso il Paese ha rilasciato 478 permessi, stabilendo un vero e proprio record, mentre dall’inizio del 2024 i permessi rilasciati agli alpinisti sono stati 945, di cui 403 per l’Everest.

Questo afflusso di avventurieri ha creato un enorme ingorgo umano sull’ambito tetto del mondo. Più volte è stato proprio l’affollamento la causa dei decessi sull’Everest, undici nella scorsa stagione, con alpinisti costretti ad aspettare ore in vetta a temperature gelide, rischiando di esaurire i livelli di ossigeno, malgrado l’ufficio del turismo nepalese abbia respinto le accuse. Anzi, i permessi rilasciati per salire sulla montagna sono continuati ad aumentare, fino ad oggi.

Il Nepal potrebbe quindi essere costretto a limitare, ora, il numero degli alpinisti. Non solo. La decisione della Corte Suprema prevede anche restrizioni sull’uso degli elicotteri solo per i salvataggi di emergenza. Negli ultimi anni, i velivoli sono stati spesso utilizzati per trasportare le squadre di alpinisti ai campi base e su terreni pericolosi. Sono state, inoltre, raccomandato misure per la gestione dei rifiuti e per preservare l’ambiente.

Il presidente della Nepal Mountaineering Association, Nima Nuru Sherpa, ha dichiarato che tali decisioni devono essere prese dopo un adeguato studio e una consultazione con le parti interessate. “Al momento non è chiaro quale sarà l’impatto sull’industria – ha detto Sherpa – Non sappiamo su quali basi verranno stabilite le limitazioni e come verranno distribuite tra gli operatori delle spedizioni”.

Trekking e alpinismo in Nepal, sulle cime più alte del mondo

La gloria suprema per gli alpinisti è raggiungere la vetta dell’Everest, ma ci sono altre cime da affrontare nel Paese compreso tra India e Tibet. L’Himalaya è la catena montuosa più formidabile del mondo, con quasi un terzo del territorio nazionale che si trova al di sopra dei 3.500 metri.

Otto delle vette più alte del mondo sono nel territorio del Nepal: Everest, Kanchenjunga, Lhotse, Makalu, Cho Oyu, Dhaulagiri, Manaslu e Annapurna, che superano tutti gli 8.000 metri di altitudine. Oltre a questi giganti, in Nepal ci sono altre 326 montagne aperte alle spedizioni alpinistiche, e di queste 103 non sono mai state scalate prima.

La storia dell’alpinismo in Nepal ha origini lontane, a partire dai primi esploratori provenienti dall’India britannica, attratti dalle alte vette e dalla sfida di scalare cime dove nessun uomo aveva mai messo piede prima. Negli anni Sessanta l’industria nepalese del trekking e dell’alpinismo era ben consolidata, con compagnie private che si occupavano di tutta la logistica, comprese le guide, per offrire una spedizione completa. Oggi l’alpinturismo continua ad essere una componente importante del PIL di un Paese che vive prettamente di turismo. Ciò spiega perché il numero di permessi per scalare l’Everest e le altre vette del Nepal non è mai stato abbassato. Almeno fino a questo momento.

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Viaggio in uno dei luoghi più sorprendenti ma pericolosi al mondo

Un Paese splendido, in grado di far innamorare chiunque vi ci metta piede, un luogo che riesce a far battere davvero il cuore e che sa conquistare l’anima con la sua bellezza e cultura: il Nepal. Una destinazione che, però, nasconde anche un lato oscuro che, se si decide di organizzare un viaggio, si deve necessariamente sapere: per alcuni aspetti è una delle mete più pericolose del mondo.

Si tratta di un piccolo Stato arroccato sulle montagne dell’Himalaya dove c’è tanta natura, ma anche storia, cultura, persone accoglienti, tradizioni molto folkloristiche e alcune cose a cui è necessario prestare attenzione.

Perché il Nepal è considerato un Paese pericoloso

Solo qualche mese fa in Nepal si è schiantato un volo con a bordo 72 persone e, purtroppo, non è una novità. Secondo i media indiani, da queste parti si sono registrati 67 incidenti aerei negli ultimi 60 anni: in proporzione ai movimenti aerei mostra un tasso di incidenti ben più alto della media mondiale

Se da un lato questo Paese vanta uno degli aeroporti più suggestivi del mondo, il Tenzing-Hillary di Lukla, che si trova a 2.845 metri sul livello del mare, dall’altra è anche uno dei più pericolosi di tutto il nostro pianeta: ha una sola pista d’asfalto dove atterrare e decollare lunga appena 527 metri, delimitata da una parete rocciosa da una parte e una sorta di strapiombo dall’altra.

Tenzing-Hillary di Lukla nepal

Fonte: iStock – Ph: Olga_Gavrilova

La pista del Tenzing-Hillary di Lukla

Ma la pericolosità dei voli in Nepal non riguarda solo il suo aeroporto. Il Paese ha una topografia ostile con montagne maestose e un clima capriccioso, condizioni che rendono un volo impegnativo. Secondo il rapporto delle autorità locali, dal 2009 al 2018 due terzi degli incidenti si sono verificati durante la fase di crociera o in atterraggio.

E a sorprendere particolarmente è che quasi metà delle vittime c’è stata durante la crociera, a conferma del fatto che quella che è nel mondo la fase con meno problemi in Nepal è la più mortale. Una volta arrivati all’aeroporto di Kathmandu con collegamenti internazionali le persone s’imbarcano su velivoli più piccoli di compagnie locali per raggiungere le varie zone tra le vette più alte del mondo. E lì, purtroppo, le norme di sicurezza non sono le stesse dei Paesi occidentali.

Infine, è importante sapere che la Commissione europea ha inserito circa 20 compagnie aeree nepalesi nella liste dei vettori che, per ragioni di sicurezza, non possono solcare i cieli comunitari. L’elenco completo lo trovate in questo pezzo.

Ma quindi è sicuro viaggiare in Nepal?

A livello generale viaggiare in Nepal, in quanto si arriva con voli internazionali, è sicuro: basta avere un atteggiamento di massima cautela ed evitare luoghi di manifestazioni e assembramenti. Anzi, i suoi tassi di criminalità non sono molto alti ed è pieno di persone amichevoli.

Tuttavia, durante la fase di organizzazione c’è da tenere a mente alcune cose. Come vi abbiamo accennato, il trasporto locale nel Paese è altamente rischioso. Ciò vuol dire che sarebbe opportuno, almeno al giorno d’oggi, evitare di raggiungere le colline o le montagne del Nepal in autobus o in aereo poiché è centinaia di volte più insidioso che viaggiare altrove.

Un problema molto comune è anche il borseggio e il furto di borse. Per questo motivo è necessario avere una soglia di attenzione più alta per quanto riguarda i propri oggetti e documenti. Da non sottovalutare, inoltre, è il rischio di catastrofi naturali in quanto purtroppo il Nepal è soggetto a molti di essi come inondazioni, smottamenti, incendi, epidemie, terremoti, valanghe, tempeste di vento e siccità. Infine, come in tutti i luoghi del mondo, anche in Nepal c’è il rischio di essere truffati.

In sostanza, quindi, il Nepal è sicuro da visitare ed è noto per i suoi abitanti estremamente amichevoli e ospitali, ma bisogna fare moltissima attenzione, soprattutto per quanto riguarda gli spostamenti interni.

Cosa vedere in Nepal

Il Nepal è un Paese dalla cultura antichissima, un posto fantastico in cui immergersi completamente e vivere esperienze indimenticabili ed uniche. Imperdibile, per esempio, è la sua vibrante e colorata Capitale: Kathmandu. Una città moderna ma anche custode di antiche tradizioni delle culture buddista e induista.

Un luogo che offre una vastissima scelta di meraviglie da scoprire, oltre che un’atmosfera capace di rapire per la sua forte spiritualità. Tappa obbligata è l’affascinante tempio di Swayambhu con i suoi oltre 300 scalini in pietra che permettono di godere di uno dei panorami più suggestivi della Capitale.

Kathmandu nepal

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Veduta di Kathmandu

Il sogno di molti è quello di scalare il monte più alto del globo che si trova proprio qui: l’Everest. Si può fare esclusivamente con una buonissima dose di preparazione e con guide del posto, ma la buona notizia è che chi non ha esperienza di scalata può comunque fare un trekking nelle zone più accessibili, un’avventura che può essere vissuta solo in Nepal.

Vale la pena fare un salto anche a Bhaktapur che consente di fare un viaggio indietro nel tempo, una vera e propria oasi di pace dove gli abitanti vivono secondo regole che si perdono in epoche passate. Definita la “città del riso”, sembra il set di un magnifico film.

Gli amanti della natura non possono perdere il Parco Nazionale Chitwan, il più antico del Nepal, dove vivono molte specie in via di estinzione come la tigre del Bengala o il rinoceronte asiatico. Da queste parti potrete fare un safari e visitare i vari villaggi tipici per immergervi completamente nella cultura locale.

Molto bella anche Pokhara, chiamata anche la “città del laghi”, da dove partono molti percorsi di trekking oltre che tour in barca per navigare i laghi che circondano la zona. Particolarmente sorprendente è l’alba sul massiccio dell’Annapurna, un evento che attira ogni giorno decine di turisti.

Infine – ma le meraviglie del Nepal non sono certo finite qui – vi consigliamo di fare un salto presso il Giardino Lumbini, il luogo che ha dato i natali a Siddhartha Gautama, Buddha. Ciò vuol dire che questo è il punto in cui la storia del buddismo ha avuto inizio. Un villaggio che nasconde molti tesori archeologici inerenti alla storica nascita del Buddha e che richiama pellegrini e visitatori da ogni angolo del nostro pianeta. Non a caso l’aria che si respira ha un qualcosa di mistico ed è profondamente spirituale.

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Il monte Everest