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La Spagna al TTG di Rimini 2024, le novità

Blanca Pérez-Sauquillo López è stata nominata direttrice dell’Ente Spagnolo del Turismo e Console aggiunto presso il Consolato Generale di Spagna a Milano ed è tra i nuovi responsabili di Turespaña che, dal 1° settembre 2024 dirigono nove delegazioni estere. Sono tutti funzionari esperti nel settore turistico chiamati, secondo i principali obiettivi di Turespaña, a incrementare la domanda internazionale di qualità in Spagna e a identificare e attrarre un turismo che contribuisca alla sostenibilità della destinazione.

La road map generale stabilisce le seguenti linee strategiche: sostenibilità sociale, intesa come miglioramento della coesione territoriale agendo sulla distribuzione dei flussi turistici, sostenibilità ambientale come attributo del marchio turistico Spagna e sostenibilità economica, cioè promozione dell’offerta di maggior valore aggiunto e attrazione di turisti con elevata spesa media. SiViaggia l’ha intervistata alla vigilia del TTG di Rimini dove si presenta per la prima volta al mercato turistico italiano.

Gli italiani amano molto la Spagna, da sempre: come se lo spiega?

La Spagna è un Paese che si è sempre contraddistinto per essere una meta ospitale e accogliente. Inoltre, l’industria turistica ha un peso molto importante nell’economia e, per il suo carattere trasversale, penetra in modo indiretto praticamente in tutti i sottosettori di attività, rendendosi così molto presente ed essendo un’attività altamente professionale. D’altra parte, la Spagna è una delle mete più sicure al mondo, un aspetto fondamentale per qualsiasi viaggiatore. A questi fattori si aggiunge uno stile di vita in cui condividiamo molte cose con gli italiani, dalla dieta mediterranea alla nostra cultura di vivere all’aria aperta, grazie al bel tempo, o al nostro carattere allegro e appassionato.

Park Güell Barcellona

Fonte: iStock

Il famoso Park Güell a Barcellona

Com’è cambiato il turismo in Spagna nel corso degli anni?

Il turismo in Spagna ha subìto un importante cambiamento dal suo sviluppo iniziale negli Anni ’60 fino ad oggi. All’epoca, la Spagna si presentava al mondo come una meta “esotica” per trascorrere le vacanze estive, stiamo parlando del periodo del “Spain is different”, in cui venivano valorizzati luoghi comuni e stereotipi che attraevano soprattutto viaggiatori europei, attratti da un clima eccellente e da prezzi molto competitivi. Oggi, la Spagna continua a essere una meta leader per le vacanze, ma la nostra proposta di valore si è evoluta. Competiamo in qualità, non in prezzo, con altre destinazioni mediterranee e offriamo molto di più rispetto a mare e sole. Siamo una meta per vivere esperienze memorabili tutto l’anno, in cui l’offerta di svago culturale ha un peso specifico, integrata da proposte di enoturismo e gastronomia di primo livello e da opportunità per godere della natura in un Paese con uno dei maggiori patrimoni protetti d’Europa. Non solo ci visitano europei, ma anche persone provenienti da tutto il mondo; quindi, la nostra offerta si è adattata ai gusti e alle preferenze di quei viaggiatori provenienti dai Paesi asiatici. Perché, anche se molte cose si sono trasformate, la nostra professionalità e la cultura del dettaglio non sono cambiate.

Ora si rischia di avere fin troppi turisti e l’overtourism sta diventando un vero problema, cosa ne pensa?

Credo che il discorso non debba concentrarsi su quanti siano i turisti, ma se i turisti stiano contribuendo o meno a raggiungere gli obiettivi che vogliamo raggiungere. Il turismo è un’attività economica e, in ultima istanza, deve produrre un beneficio per le società in cui si sviluppa. Se le comunità locali non traggono vantaggio, bisogna pensare a modelli alternativi. In questo senso, sia dalle amministrazioni pubbliche sia dal settore privato, dobbiamo cercare di attrarre quei turisti che ci generano maggior valore, non solo in termini economici, ma anche perché il loro comportamento e il loro modo di viaggiare favoriscono una migliore convivenza con i residenti. Si tratta di viaggiatori che cercano destinazioni meno conosciute, che viaggiano fuori stagione e che desiderano vivere esperienze autentiche, partecipando insieme alla popolazione locale, con rispetto. È più un problema di gestione dei flussi che di volume, ma non c’è dubbio che sia una questione complessa che molte destinazioni devono affrontare.

Lanzarote

Fonte: iStock

Lanzarote, bellissimo gioiello delle Canarie

La Spagna ha appena adottato una nuova politica per chi desidera venire anche solo per un giorno, perché?

Immagino si riferisca alla nuova normativa che stabilisce la registrazione dei dati al momento della prenotazione dei servizi in strutture ricettive o noleggio auto che sono state annunciate dal ministero dell’Interno per ragioni di sicurezza e lotta alla criminalità. In ogni caso, al momento l’entrata in vigore di questa normativa è stata rinviata al 2 dicembre e dovremo aspettare per vedere come verrà applicata per poterla valutare meglio.

Qual è la vostra strategia di sostenibilità del turismo?

Come è ben noto, quando parliamo di sostenibilità, tendiamo a differenziare tre fattori diversi: la sostenibilità ambientale (affinché l’attività turistica non disturbi l’ambiente naturale in cui si sviluppa), la sostenibilità economica (fondamentale affinché l’attività imprenditoriale sia redditizia e possa sopravvivere) e la sostenibilità socioculturale (affinché l’attività turistica non trasformi la cultura, le usanze e le tradizioni della società in cui si svolge). Dal ministero del Turismo si sta lavorando a diversi progetti per contribuire a rendere il modello turistico spagnolo più sostenibile in tutti i sensi. A tal fine, la gestione dei fondi europei Next Generation si è sviluppata attorno a un piano basato su due assi fondamentali: la digitalizzazione e la sostenibilità. Questo aspetto si canalizza in progetti orientati sia ai modelli di governance delle destinazioni turistiche sia a progetti destinati alle imprese, per promuovere, per esempio, l’efficienza energetica delle attività turistiche o lo sviluppo di proposte ed esperienze turistiche che contribuiscano alla destagionalizzazione o allo sviluppo di un tessuto economico in destinazioni e territori in fase di riconversione.

Marbella

Fonte: iStock

Vista aerea di Marbella

D’altra parte, da Turespaña stiamo lavorando sulla conoscenza e sui dati. Ciò che non può essere misurato non può essere migliorato. Così, dal nostro dipartimento di intelligenza turistica abbiamo avviato due nuove indagini per conoscere sia la percezione di sostenibilità dei turisti internazionali che ci visitano sia quella dei residenti, per capire in quali destinazioni e in quali periodi dell’anno la popolazione locale ha una percezione più sfavorevole. Da lì, partirà poi un lavoro congiunto fra amministratori pubblici e l’imprese per trovare una soluzione a questi temi.

Ci sono dei luoghi insoliti della Spagna, fuori dalle solite rotte, che consiglia agli italiani di vedere?

Certamente, le regioni dell’interno della Spagna sono ancora molto sconosciute per il turista italiano. Sto pensando a Castilla e León, Castiglia-La Mancia, l’Estremadura, la Rioja, l’Aragona o la Navarra. Sono territori in cui la ricchezza patrimoniale e culturale è impressionante, la gastronomia è singolare e diversificata e i paesaggi e gli spazi naturali sono incredibili. Penso a luoghi come il territorio di El Matarraña, in Aragona, che viene chiamata la “Toscana spagnola”, alle ciclabili in paesaggi spettacolari come il Deserto delle Bardenas Reales, in Navarra, alla “dehesa” dell’Estremadura dove si alleva il maiale iberico, o alla Valle del Jerte, con i suoi ciliegi in fiore che evocano paesaggi di altre terre.

estremadura-castello-medellin

Fonte: @SiViaggia – Ilaria Santi

Il paesaggio dell’Estremadura con il castello di Medellín

Cosa annunciate di nuovo al TTG di Rimini quest’anno e cosa vi aspettate da questa fiera?

In questa fiera speriamo di avvicinare il pubblico e i professionisti a quella Spagna più sconosciuta, a quei territori inesplorati o a proposte fuori stagione alta e singolari in regioni più popolari come le nostre Isole Canarie o Baleari, destinazioni con un’offerta squisita oltre al sole e al mare, con eccellenti esperienze per godere dell’aria aperta e della natura, della gastronomia, dell’enoturismo. Chi non vorrebbe assaporare un vino vulcanico o imparare a fare un formaggio tradizionale dell’Isole Baleari? Vi aspettiamo!

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Asia Interviste Viaggi

Da Milano all’Himalaya, lascia tutto per “ritrovarsi” in Asia. La storia di Martina

Ha lasciato tutto in Italia, una carriera da marketing manager, un lavoro fisso, un marito e una famiglia per regalarsi un “gap year”, un anno sabbatico, durante il quale cercare la propria dimensione. L’Asia è il continente della sua anima ed è quello che ha scelto per il suo viaggio interiore, dal Kerala all’Himalaya. Una scelta sicuramente non facile, ma che spesso tutti quanti noi sogniamo di fare. basta avere coraggio e Martina D’Aguanno l’ha avuto. Ecco la sua storia.

Martina, puoi raccontarci qualcosa di te e perché hai scelto questo curioso nickname?

Proviamo a partire da cosa ho fatto fino al 2023 e come è cambiata la mia vita nel 2024. Per 20 anni ho vissuto a Milano e sono stata una esperta di comunicazione e marketing nel turismo e, grazie al mio lavoro, ho viaggiato molto. Sono però laureata in Scienze Politiche Internazionali e nella comunicazione ci sono finita per caso, spinta dalla voglia di cominciare a lavorare e rendere concreta la mia indipendenza. Prima dell’arrivo dei social media, per un certo periodo della mia vita il mio soprannome è stato “Nina”. Quando ho dovuto scegliere un nickname, ho cominciato a giocare con le parole perché Nina era ovviamente già stato preso in tutte le sue declinazioni. Da Nina a Night e poi Ninight il passo è stato breve. Non ci ho pensato molto, mi calzava, mi corrispondeva. Un nickname, come un alter ego, deve essere intimo, come la notte.

Hai mollato tutto per prenderti un periodo sabbatico, perché?

Ho maturato la decisione a gennaio 2024, durante un ritiro di meditazione e yoga in silenzio. Quando metti a tacere il rumore intorno a te, risuona quello interiore. Ecco, per me è stato così. Abbiamo l’illusione di avere a disposizione la scatola del tempo futuro, quella in cui custodiamo i desideri che non abbiamo il coraggio di mettere in atto oggi. Quella scatola non esiste, abbiamo solo il tempo presente e quando me ne sono resa conto, è stato un risveglio. Era finito l’amore con la mia vita precedente, e quando finisce un amore, è definitivo. Era vitale ristabilire la congiunzione tra vita vissuta e vita desiderata. Così ho dato le dimissioni, lasciato una carriera da marketing manager e a metà aprile sono partita per il mio anno sabbatico in Asia.

Come hanno reagito le persone intorno a te a questa decisione?

Mio marito ha vissuto con me tutto il processo decisionale e, come me, lo riteneva necessario per il mio benessere. Stiamo insieme da 17 anni, al confronto otto mesi sono poca cosa se un rapporto è solido. Mi ha sostenuta e incoraggiata; in questi mesi non è stato sempre facile, è stato necessario impostare la relazione in una dimensione di lontananza. Il mio antidoto è stato quello di condividere tutto, il più possibile. Le altre persone importanti della mia vita – i miei pilastri in questi mesi – hanno capito. Anche con loro il rapporto è inevitabilmente cambiato, con alcuni ha raggiunto un tale livello di profondità che mi ha stupito.

Perché hai scelto l’Asia?

Praticando yoga e meditazione, non ho mai avuto dubbi che l’Asia fosse il continente della mia anima, così come mi era chiaro che il viaggio fosse la mia dimensione della ricerca della mia felicità. L’Asia per me è magnetismo puro e qui mi sono sempre sentita a mio agio, soprattutto quando ho detto sì e accolto tutte le esperienze in cui mi sono imbattuta. Qui ho capito che il Caso non esiste, non esiste la Fortuna, esiste solo il Karma. La mia decisione, l’azione di partire intendo, è stata karmica.

Puoi raccontarci qualche tua esperienza insolita durante questo periodo?

Mi vengono in mente almeno due episodi bizzarri e surreali, entrambi legati in qualche modo ai monsoni. Il primo ad Hanoi, in Vietnam: una sera mi sono riparata da una improvvisa pioggia torrenziale in un ristorante di street food molto locale. Il menu era solo in vietnamita e nessuno parlava inglese; ho ordinato tre piatti in base ai miei numeri preferiti riportati accanto. Mi sono ritrovata a mangiare pesce essiccato, tofu fritto e lumache di mare. Il locale era pieno di vietnamiti che avevano finito di lavorare e io ero evidentemente la strana attrazione della serata con cui tutti volevano parlare pur senza capirci.

Il secondo è legato al mio primo incontro con le sanguisughe. Facendo trekking al campo base dell’Annapurna (Nepal, ndr) se ne incontrano molte lungo il cammino alla fine della stagione dei monsoni. Sembrano piccoli filamenti marroni attaccati alle piante con una parte protesa verso il sentiero. Basta passare accanto ed è fatta, te le ritrovi ovunque. Il primo giorno sei in preda al disgusto e a un accenno di disperazione, dal secondo in poi impari a togliertele da sola dal collo, dalle braccia, dalle gambe con l’aiuto di una foglia.

Un po’ viaggio itinerante, un po’ smart working, un po’ relax e meditazione: è questo il segreto della felicità?

Sono un’anima nomade, forse irrequieta, senza dubbio questa è la formula della mia felicità. Questa profonda consapevolezza è arrivata in questi mesi, soprattutto facendo trekking sul versante nepalese dell’Himalaya. Camminare in montagna per me è sempre stata meditazione in movimento; farlo tra le vette più alte del mondo ha sbloccato un nuovo livello di autocoscienza. A ogni passo andavo più in profondità.

Himachal-Pradesh_India

Fonte: @Martina D’Aguanno

Himachal Pradesh, nell’India settentrionale sull’Himalaya

Consiglieresti di fare questa scelta così coraggiosa?

Consiglierei a tutti di fermarsi e chiedersi se la vita che stanno vivendo è davvero quella desiderata. Abbiamo solo il momento presente e solo la vita che decidiamo di vivere. C’è troppo in ballo per non porsi questa domanda, poi ognuno trova la sua personale risposta. Essere felici è un dovere che abbiamo verso noi stessi, ma prima è necessario interrogarsi e conoscersi. Vivere una vita tranquilla non basta, dobbiamo fare di tutto per essere felici.

Hai avuto qualche ripensamento?

Letteralmente mai. Ho capito che questa è la mia dimensione; in Asia, in viaggio, mi sento completamente connessa con me stessa, io all’ennesima potenza, la miglior versione di me. Molti hanno definito la mia scelta coraggiosa, in realtà è stato un atto di intelligenza emotiva: per la prima volta mi sono davvero ascoltata e ho agito di conseguenza. Il coraggio è stato necessario dopo, non tanto perché sto viaggiando da sola, ma per sostenere i momenti di solitudine e per rimanere fedele al mantra che sta dettando tutte le scelte di questo viaggio e di vita: scegliere persone, luoghi, esperienze che aggiungono tempo o energia positiva, le altre le lascio andare.

Quando torni (se torni) in Italia?

Tornare in Italia in tempo per Natale è sempre stato nei miei piani. Confesso però che acquistare il biglietto di ritorno è stato difficile. Ho rimandato quel momento per tanto tempo; le ragioni che mi hanno spinta a partire sono ancora valide, ma adesso è come se mi vedessi nella mia completezza, adesso vita vissuta e vita desiderata cominciano a coincidere. L’ultima parte del mio viaggio sarà in India; dopo tanti mesi vagabondi, adesso sento il bisogno di approfondire. Ho scelto lo Stato del Rishikesh, culla dello yoga e della scuola di meditazione himalayana. Vorrei tornare e condividere quello che ho imparato; adesso vedo le tracce del nuovo futuro che sto costruendo.

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Curiosità Interviste Viaggi

Unexpected Italy, l’app contro l’overtourism che promuove l’Italia più autentica

Passione, valori, curiosità, una forte identità e anche l’amore: questi sono gli ingredienti della storia che vi stiamo per raccontare. Non una favola, s’intende, ma un racconto che sa essere ancora più bello perché inaspettato e reale. E perché in fondo, un po’, ci riguarda tutti.

È la storia di Unexpected Italy, che potremmo presentarvi come un’app, unica nel suo genere, che combatte contro l’overtourism e che promuove l’Italia più autentica e vera. Eppure questa applicazione, che nasce da un progetto più ampio e dall’incontro di due anime affini, è molto di più.

È figlia di due esploratori, Elisabetta Faggiana e  Savio Losito, che una volta incontratosi hanno deciso di unire mente e cuore e di riscrivere la loro storia e quella del nostro Paese. È una mappa, e una guida, destinata a cambiare il nostro modo di viaggiare, un faro che illumina e valorizza il nostro straordinario patrimonio. È questo e molto altro, e a raccontarcelo è proprio Elisabetta.

Ciao Elisabetta, ci parli un po’ di te?
Sono nata e cresciuta ad Arzignano, in provincia di Vicenza, e ho un papà italiano e una mamma inglese. Per questo ho sempre avuto una doppia influenza. Negli anni di Università ho studiato in Galles grazie al progetto Erasmus, e dopo la laurea ho conseguito un master in economia e management del turismo a Milano. Sono entrata così nel settore turistico, ma ho iniziato a lavorare anche in area musicale, e questo mi ha portato a Dubai. Sentivo molto la mancanza dell’Europa, così mi sono trasferita prima a Milano e poi a Londra. Proprio nella capitale dell’Inghilterra e del Regno Unito ho incontrato Savio, che oggi è mio marito (e co-founder di Unexpected Italy n.d.r). Di lui mi ha colpito subito quell’instancabile voglia di esplorare e di mappare i territori. È grazie a lui che ho scoperto una Londra completamente diversa.

Ed è in quel momento che avete dato vita al vostro progetto?
Il progetto è nato a Londra nel 2021 col nome Unexpected London, un termine suggeritoci dalle prime recensioni ricevute. I clienti che usavano le nostre mappe, infatti, raccontavano di esperienze ed emozioni inaspettate, appunto. Così con un’idea di business ben solida, alla quale avevamo lavorato per mesi, abbiamo lanciato il nostro progetto. La più grande soddisfazione è stata quella di vedere il grande interesse da parte dei londinesi che volevano scoprire la loro città da un punto di vista diverso, esplorare gli aspetti culturali, storici e musicali. Conoscere Londra a suon di musica. Poi, però, è arrivato il Covid e con lo stato di emergenza sanitaria siamo rimasti a casa per più di un anno. Così sono iniziati i nostri ragionamenti: abbiamo convenuto che il progetto avesse un grande potenziale anche per il territorio italiano, e non ci sbagliavamo.

Così è nato Unexpected Italy
Durante il primo anno di pandemia abbiamo creato un business plan e una strategia diversa da quella attuata a Londra. Il modello è cambiato: non più Savio che accompagnava viaggiatori, come appunto succedeva a Londra, ma un’app che facesse da guida. L’idea è nata raccogliendo anche i diversi feedback: quando i turisti lo contattavano per chiedere consigli su dove mangiare o alloggiare, per esempio, lui invia le sue mappe che evitavano le trappole turistiche, e loro ne erano entusiasti. Così abbiamo deciso di creare uno strumento per consentire ai viaggiatori di avere a portata di mano il “sapere locale” del territorio.

maurizio carletti, un restauratore roma presente nell'app di unexpected italy

Fonte: Savio Losito

Maurizio Carletti, restauratore di Roma. Uno degli artigiani selezionati da Unexpected Italy

Un sito e anche un’applicazione per smartphone. Ci racconti come funziona Unexpected Italy e cosa i viaggiatori possono trovare in questo spazio?
Potrei definire il progetto come un contenitore di Made in Italy a 360 gradi, perché è qui che è possibile trovare tutto ciò che riguarda il territorio italiano, anche se è tutto in continua evoluzione. Sito e app sono complementari, il primo è pensato per chi vuole organizzare un viaggio e vuole un consiglio su strutture o locali di una certa qualità che, appunto, sono stati selezionati da noi. Il cuore dell’attività, invece, è l’app che al momento è gratuita. Lo sarà anche in futuro, ma verranno aggiunte delle opzioni a pagamento. Una volta connesso il viaggiatore potrà entrare idealmente dentro alle province e trovare le nostre mappe. Queste indicano tutte le attività personalmente selezionate da noi come hotel e strutture ricettive, ristoranti e artigiani.

Come vengono selezionate le attività suggerite?
La selezione segue dei criteri ben precisi. La territorialità, per esempio, non solo nella scelta delle materie prime, nel caso dei ristoranti, ma anche per l’arredamento di un hotel. Guardiamo poi alla sostenibilità ambientale e sociale, dall’efficientamento energetico al riciclo, passando per l’uso della plastica, e alla gestione della struttura in sé. Non inseriamo, infatti, catene o franchising perché l’obiettivo è quello di sostenere le piccole imprese italiane che sono presentate nell’app con la loro storia. Un altro criterio è l’identità: cerchiamo un valore umano importante, locali e attività che abbiamo persone e professionalità. All’interno dell’app c’è la nostra ricerca volta a creare un passaporto urbano, una guida dettagliata, e inaspettata, per conoscere il territorio. Ovviamente non mancano le info utili come quelle relative al come muoversi, dove andare e cosa fare. Il nostro core business è la personalizzazione: il viaggiatore può filtrare le cose da fare in ogni momento. Per esempio dove andare se piove, cosa mangiare per stagionalità e territorio e quale mezzo di trasporto conviene. Non manca, ovviamente, anche una guida culinaria per ogni provincia d’Italia, anche questa stagionale e territoriale.

Quanto è stato difficile mappare città estremamente turistiche come Roma e Venezia?
Non molto, devo essere sincera. Venendo da Londra eravamo abituati alle grandi sfide. Certo, trovare l’autenticità è sempre complicato, ma abbiamo trovato la nostra chiave di accesso nelle città ed è il passaparola. Gli artigiani, così come i piccoli imprenditori, hanno avuto fiducia in noi facendoci entrare nel sottosuolo della città per raccontarla. I risultati sono ottimi. Inoltre abbiamo introdotto le raccomandazioni da parte dei professionisti, le cantine per esempio sono raccomandate da enologi e sommelier.

Unexpected Italy si definisce un’app anti-overtourism: è questa la vostra missione?
In realtà ti confesso che è così che ci hanno definito i media, magari bastasse un’app per sconfiggere il turismo di massa. Certo che ne siamo felici, ma il nostro obiettivo è quello di fornire uno strumento per evitare il turismo di massa e andare al di là di quello che si conosce. Inoltre l’app, e il progetto in generale, permette di disperdere il flusso turistico, anche per stagioni e territori, e di targetizzare. Noi ci muoviamo verso un turismo più sostenibile, ma per combattere l’overtourism ci vuole l’impegno di tutti.

Chi il viaggiatore “tipo” al quale si rivolge l’app?
Direi al viaggiatore indipendente, quello che si muove in solitaria, in coppia o con la famiglia. Una persona che ha già viaggiato, ma che vuole andare oltre ai monumenti iconici. Certo che quelli devono essere visti, ma c’è ben altro, e quell’altro è il nostro obiettivo: connettere persone e valorizzarle.

E tu che tipo di viaggiatrice sei?
Io ho avuto la fortuna di avere una famiglia che ha sempre amato viaggiare, lo faccio da quando sono bambina. Mio padre era un viaggiatore incallito: salivamo in auto e andavamo alla scoperta dell’Europa in maniera avventurosa evitando sempre luoghi affollati. L’incontro con Savio, poi, mi ha permesso di diventare una viaggiatrice molto più attenta: oggi valorizzo cose che prima non notavo. Ma non solo un’esploratrice incallita come lui (Savio n.d.r), mi piace unire la scoperta, ma anche rilassarmi ogni tanto. Lui, invece, non si stanca mai. Sono curiosa, quello sì. Se sono all’esterno non vado in certa della cucina italiana, e amo le sagre e i mercatini: quelli sono i luoghi in cui puoi scoprire l’essenza della comunità.

Progetti per il futuro?
Il futuro lo stiamo già vivendo. Nel breve termine l’obiettivo è quello di mappare tutta l’Italia per fornire una guida digitale e completa.

Resterete in Italia o partirete per mappare altri territori?
Devo dire che non rientra tra i nostri desideri al momento. La priorità è la nostra app, che noi definiamo la nostra creatura, che stiamo crescendo con tutta la passione che abbiamo. Poi chissà, magari viaggiaremo intorno al mondo per diventare ambasciatori del nostro territorio bellissimo. Questo è un sogno ma è tutto in divenire, del resto la vita è “Unexpected”.

unexpected italy

Fonte: Savio Losito

Savio ed Elisabetta di Unexpected Italy insieme a un artigiano
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Interviste vacanze avventura Viaggi

Da Roma all’Amazzonia: lascia tutto e va a vivere nella foresta. La storia di Sara

“Lascio tutto e cambio vita”, quante volte l’abbiamo pensato e ripetuto sotto voce per assecondare in qualche modo lo spirito d’avventura scritto nel DNA di ogni viaggiatore? Un sogno, questo, che è appartenuto a tutti almeno una volta. Un fuoco fatuo per alcuni, un obiettivo da raggiungere per altri.

E poi c’è chi lo ha fatto per davvero, lasciare tutto intendo. Non solo per seguire l’istinto, ma la più nobile delle cause: l’amore. Lo ha fatto Sara Pangione, una giovane ragazza di 25 anni che ha scelto di stravolgere la sua vita, di salire su un aereo da Roma, diretto in Amazzonia, e trasferirsi definitivamente nel cuore della foresta.

Lo ha raccontato lei, in un video condiviso su TikTok, e poi su Instagram, che ha fatto il pieno di visualizzazioni e like, e che non ci ha certo lasciati indifferenti. Con in braccio una dolcissima scimmia, che lei definisce la sua nuova compagna di viaggio, ha voluto condividere quella che si appresta a essere l’avventura più bella della sua vita: “Sono grata di essere qui e sono felice di potervi far conoscere questa meravigliosa realtà così diversa da quella da cui provengo”.

Ma com’è, davvero, vivere nella foresta amazzonica? Come si svolge la quotidianità e quali sfide l’attendono ogni giorno? E poi, ancora, quali sono state le difficoltà di un cambiamento così radicale? Lo abbiamo chiesto direttamente a lei.

Ciao Sara, puoi parlarci un po’ di te?
Prima di tutto voglio ringraziarvi per questa opportunità. Sono entusiasta di condividere la mia storia e la mia esperienza con voi. Mi chiamo Sara Pangione, ho 25 anni e vengo dai Castelli Romani, una zona situata in provincia di Roma. Anche se sono nata e cresciuta vicino alla capitale, la mia famiglia è originaria del sud Italia: mia madre è di Caserta e mio padre di Benevento. Vengo da una famiglia numerosa e molto semplice e credo che questo mi abbia sicuramente aiutata a sviluppare un grande spirito di adattamento e di condivisione!

Ti abbiamo conosciuta attraverso i tuoi racconti sui social network. Sappiamo che vivi nel mezzo della foresta amazzonica: da quando? E come mai hai fatto questa scelta?
Sì, in realtà non è la mia prima volta in Ecuador! Sono arrivata qui circa due anni fa grazie a un progetto di cooperazione internazionale promosso dal Dipartimento per le Politiche Giovanili chiamato Servizio Civile Universale. I progetti sono caratterizzati da temi fondamentali come l’educazione, l’inclusione sociale, la solidarietà, e la promozione della pace e dei diritti umani. Nel mio caso ho trascorso un anno in un centro educativo nella periferia del sud di Quito, la capitale dell’Ecuador, offrendo supporto a bambini che vivevano in condizioni molto difficili come violenza, abbandono e povertà estrema.
Ma perché sono tornata e ho deciso di vivere qui definitivamente? La risposta è semplice: per amore! Durante il mio anno in Ecuador ho incontrato il mio attuale fidanzato, che è di una nazionalità indigena dell’Ecuador, i Waorani, e vive in una comunità nel cuore della foresta amazzonica. Sono tornata a giugno e questa volta ho deciso di condividere la mia esperienza sui social per far conoscere questa realtà unica e così diversa dalla nostra.

La vita di Sara Pangione nella foresta

Fonte: Sara Pangione

Momenti di convivialità e condivisione nella comunità

Cosa facevi prima di trasferirti e cosa fai oggi?
Prima di trasferirmi studiavo Cooperazione Internazionale e Sviluppo all’Università La Sapienza di Roma. Durante gli anni universitari, ho fatto vari lavori per sostenere i miei studi: cameriera, baby-sitter, commessa, e così via. Ho sempre avuto il desiderio di mettere in pratica ciò che stavo studiando e di vivere un’esperienza immersiva sul campo e per questo motivo, poco prima di laurearmi, ho partecipato al bando per il Servizio Civile Universale. La selezione è coincisa con il periodo in cui stavo scrivendo la mia tesi, e così ho deciso di approfondire il tema e il contesto in cui stavo per andare a vivere.
Quando il mio progetto in Ecuador è giunto al termine, ho avuto l’opportunità di partecipare a un’altra iniziativa internazionale di grande valore: i Corpi Civili di Pace. Questo programma mi ha portato in Guatemala, dove ho lavorato a stretto contatto con le comunità indigene Kaqchiquel e ho prestato supporto in un centro per donne vittime di violenza. Nonostante l’esperienza in Guatemala sia stata incredibilmente arricchente e significativa ho deciso di interrompere il mio anno di volontariato dopo circa sette mesi, spinta dal forte desiderio di tornare in Ecuador e seguire il mio cuore! Oggi, qui in Ecuador, collaboro con la fondazione di mio fidanzato, la Fundación Waorani Waponi Amazon, che si occupa di turismo comunitario, promozione dei diritti delle popolazioni indigene e recupero di animali selvatici, in particolare scimmie. Per chi fosse interessato, vi invito a seguire il progetto! Inoltre, impartisco lezioni di italiano online, un’attività che mi rende una sorta di nomade digitale. Questa libertà mi consente di lavorare direttamente dalla foresta, senza la necessità di vivere e lavorare in città.

Come hai vissuto questo cambiamento?
All’inizio, il cambiamento è stato sicuramente difficile. L’Ecuador è molto diverso dall’Italia e ci sono stati molti aspetti ai quali ho dovuto adattarmi, come le questioni legate alla sicurezza. Attualmente, l’Ecuador è considerato uno dei Paesi più pericolosi dell’America Latina, quindi è fondamentale essere prudenti e non sottovalutare i rischi. Tuttavia, vivere nella foresta amazzonica ha i suoi vantaggi in termini di sicurezza: l’unico “pericolo” è la scimmia Kao, che ama rubare tutto ciò che trova (ride, ndr)!
Scherzi a parte, nella selva ci sono comunque delle sfide da affrontare, come la presenza di animali selvatici e altre minacce ambientali, che richiedono sempre attenzione e preparazione. A livello personale, questa esperienza è stata e continua ad essere profondamente arricchente. Vivere a stretto contatto con una cultura così diversa dalla mia mi ha offerto nuove prospettive e insegnamenti. Credo fermamente che la differenza sia un’opportunità. Le diversità ci spingono a metterci in discussione, a rompere vecchi schemi e credenze, e ci offrono una visione più ampia e profonda della realtà che ci circonda.

Hai mai avuto qualche ripensamento?
In realtà no, non nego che sia difficile a volte vivere così lontano dai propri affetti ma allo stesso tempo sono felice di poter inseguire i miei sogni e di esplorare ambienti e stili di vita così distinti dal mio. È un’esperienza di profondo cambiamento, un cammino di crescita personale, e anche professionale nel mio caso, di cui mi sento profondamente grata e di cui non mi pento assolutamente, anzi, ogni giorno apprezzo sempre di più le opportunità che mi sono state offerte.

Come hanno reagito le persone intorno a te quando hai deciso di trasferirti?
Sarò sincera nel dire che la mia mamma è sicuramente la persona che, naturalmente, più si preoccupa per me. Ho tre fratelli e sono la prima che va a vivere così lontano dalla famiglia. Comunque ci chiamiamo tutti i giorni e la domanda che più mi fa spesso oltre a ‘’Hai mangiato?’’ è ‘’Sì, ma quando torni?’’. Quando vede che in realtà sto bene e sono felice si tranquillizza ed è felice per me. Mi ha sempre supportata nelle mie decisioni, così come lo hanno fatto la mia famiglia e i miei amici.

Qual è stata la difficoltà più grande che hai affrontato da quando vivi nella foresta?

Mi piacerebbe rispondere a questa domanda cambiando il soggetto, mi spiego meglio. Personalmente non ho vissuto nessuna grande difficoltà ma credo sia importante sensibilizzare invece sulle enormi difficoltà che le popolazioni indigene che abitano l’Amazzonia vivono ogni giorno. Recentemente l’Assemblea Nazionale ecuadoriana ha approvato una risoluzione dichiarando lo stato di emergenza nell’Amazzonia ecuadoriana a causa dell’estrazione mineraria illegale e di altre gravi minacce, come la deforestazione su larga scala, gli incendi e lo sfruttamento non regolamentato delle risorse. Inoltre, le persone che abitano questa regione non hanno accesso garantito a diritti fondamentali come l’educazione e la sanità, e il loro territorio è costantemente minacciato e distrutto. Credo sia importante mettere in evidenza queste problematiche perché anche se a volte l’Amazzonia può sembrare qualcosa di lontano da noi in realtà non lo è ed è una parte fondamentale del nostro pianeta. Sostenere e aiutare le comunità locali in questa lotta è una responsabilità che tutti noi condividiamo. Essere consapevoli di queste difficoltà e fare la nostra parte per supportare le popolazioni indigene è essenziale per proteggere l’ambiente e i diritti umani.

Qual è stato, invece, il momento più emozionante che hai vissuto? Quello che ti ha fatto dire: ok mi trovo esattamente dove voglio essere?
Ogni giorno è un momento emozionante che conferma che mi trovo esattamente dove voglio essere. Sono profondamente grata di essere qui, circondata dall’amore e immersa nella natura. Il continuo scambio con le persone locali e l’opportunità di vivere esperienze uniche mi riempiono di gratitudine. Ogni nuovo incontro, ogni piccola scoperta mi ricorda quanto io sia fortunata ad essere parte di questa realtà.

Quanto è cambiata la percezione del mondo che avevi prima da quando vivi nella foresta e quanto sei cambiata tu?
Questa esperienza ha avuto un impatto profondo su di me. Vivere nella foresta mi ha permesso di stabilire una connessione più autentica sia con me stessa che con il mondo naturale che mi circonda. Ho imparato a vivere con maggiore consapevolezza e a dare valore ai dettagli più semplici della quotidianità. Un aspetto particolarmente significativo per me è stato sicuramente il contatto diretto con le popolazioni locali. Questo mi ha offerto uno sguardo più chiaro sulle sfide quotidiane che affrontano, permettendomi di comprendere a fondo le loro difficoltà. Questa connessione profonda mi ha aiutata a riflettere sulle problematiche reali e ad apprezzare la mia esperienza di vita con una nuova prospettiva, arricchendo così il mio percorso di crescita personale e sociale in modi che non avrei mai immaginato.

La foresta amazzonica in Ecuador

Fonte: Sara Pangione

La foresta vergine che circonda la comunità in cui vive Sara Pangione

Come trascorri le tue giornate?
Normalmente mi sveglio molto presto, seguendo il ritmo naturale della foresta. Qui le giornate iniziano quando sorge il sole e si concludono al tramonto quindi anche il mio riposo segue lo stesso ritmo! La mattina facciamo lunghe camminate nella foresta oppure andiamo al fiume a fare il bagno e nuotare. Spesso aiuto il mio fidanzato nell’organizzazione della fondazione e insieme ci prendiamo cura degli animali che vivono qui con noi, attualmente quattro scimmiette (una scimmia ragno, due scimmie urlatrici e una scimmia lanosa) e due cani. Nel pomeriggio, mi dedico al mio lavoro di professoressa di italiano online per ecuadoriani. Lavoro solo per due ore al giorno, quindi ho un sacco di tempo libero da sfruttare. A volte, ad esempio, mi unisco alle donne della comunità per lavorare all’artigianato. Le donne Waorani creano splendidi prodotti come collane, orecchini e borse, utilizzando esclusivamente materiali naturali della selva. Per realizzare questi pezzi unici, utilizzano la fibra di palma chiamata chambira e la decorano con semi e piume. Devo anche ringraziare mia madre, che fin da piccola mi ha insegnato e fatto praticare l’uncinetto. Chi avrebbe mai pensato che quelle lezioni di artigianato si sarebbero rivelate così utili nella foresta amazzonica?
C’è però un giorno speciale e diverso qui nella comunità: la domenica! Tutti, dai più piccoli ai più grandi, si riuniscono per trascorrere la giornata insieme, dedicandosi a diverse attività. Si gioca a calcio e a volley, e ci si ritrova nella parte centrale della comunità per socializzare e divertirsi. Inoltre, le famiglie approfittano di questa occasione per vendere prodotti locali, che hanno coltivato o cacciato, come gli spiedini di larve (che ho mostrato in un video su TikTok) accompagnati dalla yuca, un tubero tipico della regione. È quindi un momento prezioso anche per sostenere l’economia locale e rafforzare i legami comunitari.

Oggetti realizzati dalla comunità Waorani

Fonte: Sara Pangione

Prodotti realizzati interamente a mano dalle donne della comunità Waorani con materiali naturali

Hai iniziato da poco a condividere la tua avventura di vita sui social ma hai già tantissimi sostenitori. Quali sono le domande più strane e curiose che ti arrivano?
Sì, devo ammettere che non mi aspettavo di ricevere così tanti messaggi e di raggiungere così tante persone! È stato davvero sorprendente e sono molto grata per il sostegno che ricevo. Tra le domande più curiose che mi arrivano, quella che viene ripetuta più spesso riguarda il motivo della mia scelta di trasferirmi in Ecuador. Un’altra domanda frequente è su come riesco ad avere elettricità e a usare internet qui nella foresta. La nostra casa è dotata di pannelli solari, quindi utilizziamo l’energia solare e per quanto riguarda la connessione, abbiamo un internet satellitare! Il mio fidanzato gestisce una fondazione che accoglie turisti e volontari internazionali da circa quattro anni. Grazie a questo, ha potuto investire molto nella casa in cui viviamo per poter lavorare e restare connessi anche in questo angolo remoto del mondo, ma è importante sottolineare che questa è un’eccezione! Nella comunità nessun’altra famiglia dispone di questi servizi, che sono piuttosto costosi e considerati un vero e proprio lusso.

Che consigli ti senti di dare a chi vorrebbe cambiare la sua vita, e magari trasferirsi dall’altra parte del mondo proprio come hai fatto tu?
È importante seguire la propria curiosità e il desiderio di sperimentare. Nel mio caso, tutto è iniziato con il desiderio di vivere esperienze che avevo osservato da lontano e di poter far pratica nel mio ambito professionale. L’arrivo in Amazzonia è stato in un certo senso una coincidenza: mi sono innamorata non solo di un luogo, ma anche di una persona!
Un consiglio che mi sento di dare, sia a chi sta pensando di partire per un’esperienza di volontariato sia a chi sta valutando di trasferirsi in una nuova parte del mondo, specialmente in contesti del Sud globale, è di fare molta attenzione e riflessione prima di intraprendere questo tipo di avventura. È fondamentale essere consapevoli e rispettosi, evitando di cadere nel modello del “salvatore bianco” che può essere involontariamente imposto. Piuttosto, cerchiamo sempre di avvicinarci con un’autentica volontà di ascoltare e supportare le comunità locali. Ogni esperienza dovrebbe essere un’opportunità per imparare e contribuire in modo significativo, senza pregiudizi e con un profondo rispetto per la cultura e le sfide del luogo in cui ci troviamo.

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In viaggio dal Brennero alla Sicilia con i treni regionali

Scrittore di viaggi e già autore di un altro libro dedicato agli itinerari ferroviari turistici italiani, “Binari. Racconti di viaggi e di treni sulle ferrovie minori italiane”, Fabio Bertino ha da poco pubblicato tramite piattaforma di selfpublishing “Italia ad altra velocità. In viaggio dal Brennero alla Sicilia con i treni regionali”. Una passione, la sua, per i treni e per quelle tratte lente e poco conosciute che permettono non soltanto un’esperienza di viaggio alla portata di tutti, ma di scoprire il nostro territorio nei minimi dettagli e nelle migliaia di sue sfaccettature.

Il suo ultimo libro, una guida ricca di racconti, di esperienze, di consigli autobiografici, descrive un’Italia autentica, lontana dalle rotte turistiche più battute, tra borghi, paesaggi e tanti tesori nascosti, perfetta per chi è sempre alla ricerca di nuove esperienze e di itinerari fuori rotta.

Perché hai sentito il bisogno di scrivere questo libro?

I viaggi in treno sono una mia passione da sempre. Ho avuto la fortuna di percorrere le “grandi” linee, dalla Transiberiana alla Transmongolica, dalla Tazara in Africa al Ghan in Australia, ma vivendo in uno dei Paesi con la rete ferroviaria più estesa al mondo (pensa che siamo il quarto Stato per densità ferroviaria per chilometro quadrato, prima di Stati Uniti, Russia, India e così via) non potevo non approfittarne! In particolare, ho deciso di dedicarmi alle linee regionali perché le trovo il modo più affascinante per andare alla scoperta dell’infinita varietà delle bellezze della provincia italiana, condividendo questa esperienza con le migliaia di persone che ogni giorno, per un motivo o per un altro, salgono su un vagone.

Tre anni fa, in un mio libro precedente, ho raccontato una serie di itinerari sulle ferrovie “minori” più conosciute ed amate (dalla Cuneo-Ventimiglia alla Circumetnea), percorrendo quindi l’Italia un po’ a macchia di leopardo. E, proprio in quell’occasione, è nata la voglia di un viaggio più ampio ed ambizioso, che mi portasse ad attraversare tutta la penisola, dalla stazione più a Nord a quella più a Sud, dalle Alpi allo Ionio, dall’Adriatico al Tirreno, dalle città ai piccoli paesi. E così… ecco “Italia ad altra velocità”.

“Preparatevi ad un viaggio straordinario. Non un viaggio qualunque, ma un’avventura che vi porterà a scoprire l’anima autentica dell’Italia” (Fabio Bertino)

Dei tanti itinerari che hai descritto, quale metteresti al primo posto e perché?

Domanda difficilissima, proprio perché attraversando l’Italia intera ciò che più mi ha colpito è la sua favolosa ricchezza. Lasciamene indicare due, non perché più belli ma perché sono uno a Nord e l’altro a Sud e quindi ricomprendono idealmente nel mezzo anche gli altri. Il primo è il Rovigo-Chioggia, perché porta alla scoperta di quella meravigliosa “terra d’acqua”, la terra dei gradi fiumi che nel libro ho definito la “Mesopotamia d’Italia”; e perché Chioggia esprime bene quel che ti accennavo sulle bellezze della provincia italiana.

Un luogo splendido, che ovunque sarebbe fra le attrattive principali dell’intero Paese, ma in Italia abbiamo tali capolavori assoluti (in questo caso Venezia) che in un certo senso mettono un po’ in ombra qualunque altra località. Il secondo è, invece, la linea che lungo la costa orientale della Sicilia porta fino a Pozzallo. In particolare, la tratta Catania-Siracusa-Pozzallo, semplicemente perché lungo l’intero tragitto tutto ciò che si incontra è pura meraviglia, dal mondo di lava di Catania e delle Aci a quello di luce del barocco siciliano delle province di Siracusa e di Ragusa.

Quale itinerario consiglieresti per chi ha un solo giorno?

Per un giorno suggerirei la Napoli-Portici, anche perché è stata la prima ferrovia d’Italia e in assoluto una delle prime al mondo. Perché si parte dalla favolosa densità di umanità, storia, architettura, cibo ecc. del Capoluogo campano e, sempre accompagnati dal Golfo di Napoli, si arriva in pochi minuti a Pietrarsa, dove si può dedicare parte della mattinata al Museo Nazionale Ferroviario, talmente bello e talmente ben organizzato da riuscire ad affascinare anche chi non è particolarmente appassionato di treni e viaggi in treno, per trascorrere poi il resto della giornata agli scavi archeologici di Ercolano, che non hanno bisogno di presentazioni. Davvero una giornata densa di emozioni e scoperte.

Per chi può dedicargli un weekend, invece?

Per un weekend, per uscire un po’ dagli itinerari più battuti, penso invece ad un breve tratto della ferrovia Adriatica. Di nuovo accompagnati dall’azzurro del mare, si può trascorrere una mezza giornata a Termoli, un piccolo gioiello che si è rivelata una delle scoperte più piacevoli di tutto il mio viaggio, dedicare poi un paio d’ore al paese di Campomarino (l’unica altra fermata in territorio molisano), uno dei quattro paesi molisani di tradizione arbereshe (gli italo-albanesi stabilitisi qui nel XV secolo) con la sua storia e i suoi bellissimi murales che raccontano, appunto, le tradizioni di questa comunità, per finire a Foggia, forse meno nota come meta turistica rispetto ad altre località pugliesi, ma che merita assolutamente una visita.

E per chi ha più tempo a disposizione?

Con più tempo c’è, invece, l’imbarazzo della scelta. Da Bolzano a Trento si godono tutte le bellezze e i paesaggi dell’Alto Adige e del Trentino, da Bolzano a Vipiteno, da Bressanone a Salorno a Trento; con la Terontola-Foligno si attraversa il cuore d’Italia, dal Trasimeno a Perugia, ad Assisi, a Spello fino a Foligno dove (il perché lo racconto nel libro) ci si trova letteralmente “al centro del mondo“; percorrere la costa tirrenica della Calabria in treno, dove ancora una volta i binari corrono di fianco al mare, significa rimanere senza parole per la bellezza continua di quel che scorre dal finestrino; della Catania-Siracusa-Pozzallo ti ho già detto, e così via.

treno-alto-adige

Fonte: IDM Südtirol Alto Adige – @Manuel Ferrigato

Viaggio in treno in Alto Adige

Il tuo non è solo un viaggio in treno, ma anche l’esplorazione del territorio che attraversi.
Quali consigli ti senti di dare a chi legge il tuo libro?

Il consiglio è quello di approfittare in pieno del fatto di muoversi su un mezzo “lento” e, anzi, di fare di questo aspetto il punto di forza del proprio viaggio. C’è così tanto da vedere e da scoprire, e troppo spesso muovendoci solo fra le località più famose e frequentate sfioriamo meraviglie assolute, località affascinanti, piccole perle, e non ce ne accorgiamo neppure.

Oltre ai pregi, quali sono i difetti di viaggiare sui treni di cui hai scritto?

Riguardo ai pregi, credo che quel che penso al riguardo traspaia già da quanto ti ho raccontato finora. I difetti sono quelli noti: i ritardi, a volte l’affollamento e così via (lo so bene perché sono stato anche pendolare per quindici anni). Purtroppo, le linee regionali non sono valorizzate quanto si dovrebbe, e risentono quindi di questa scarsa attenzione. Però per me il viaggio in treno mantiene il suo fascino unico. Non solo quello romantico dei velluti dell’Orient Express o delle foreste senza fine della Transiberiana. Ma anche un fascino più concreto e reale, quello delle esperienze più vere ed autentiche di un viaggio.

Come lo stesso autore ricorda nella prfazione, questo libro non è solo un diario di viaggio, ma un invito a guardare con occhi nuovi il nostro Paese. Se siete viaggitori curiosi, non potete non farvi intrigare da questa lettura.

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Chioggia-Singapore in bici: la storia di Stefano e Alessia, cercatori di lucciole

Ma davvero c’è chi attraverserebbe il mondo per cercare le lucciole? È la domanda che mi sono posta quando, scorrendo il feed di Instagram, sono capitata per caso sul profilo di Stefano e Alessia, conosciuti appunto come cercatori di lucciole. Un nome sicuramente evocativo, che affascina e suggestiona, ma che lascia anche qualche punto interrogativo sulla missione di questi due ragazzi italiani, poco più che trentenni, che hanno lasciato il lavoro e la loro vita in quel di Chioggia, per affrontare un viaggio straordinario.

Ho parlato con loro, non solo per soddisfare la mia curiosità personale, ma anche e soprattutto per raccontare la loro storia. Una favola moderna – tutti ne abbiamo una – che non ha nulla a che vedere con principesse da salvare, draghi e streghe malvagie, ma che parla di bellezza, semplicità, gentilezza e umanità. Che parla di fame di vivere.  Ma lasciate che ve li presenti, prima di svelarvi il motivo di quel nome che tanto incuriosisce (saranno loro a farlo in realtà nella nostra intervista).

32 anni lui, 30 lei e una passione condivisa: quella per i viaggi. In realtà Stefano e Alessia sono accomunati da tante cose, la provenienza, per esempio. Lui viene da Chioggia, lei da Venezia. Hanno condiviso anche il luogo di lavoro, entrambi erano dipendenti dell’ACTV, azienda Veneziana di trasporti. Prima colleghi, poi conoscenti e fidanzati. Adesso, i due, sono compagni di vita, la stessa che hanno stravolto con questa impresa “folle”, come qualcuno l’ha definita: raggiungere Singapore in bicicletta.

Ciao ragazzi, ci raccontate un po’ di voi?
Stefano: Io e Alessia ci siamo conosciuti nel 2016, ma siamo diventati una coppia tre anni fa. Lavoravamo entrambi nell’azienda del trasporto pubblico e di Venezia e, tra le tante cose, ci accomunava anche la passione per i viaggi. Io ne avevo fatti già tanti, ero stato in India e avevo vissuto a Londra, ma non bastava mai. Con Alessia abbiamo iniziato a viaggiare sempre più spesso, ovviamente dovendo tenere conto degli impegni lavorativi e personali.
Alessia: Io amo viaggiare, ma amo ancora di più il fatto di vivere fuori da una routine prestabilita. A 22 anni ho comprato la mia prima barca e sono andata a vivere su quella. Poi nel 2020 ho deciso di licenziarmi e ho vissuto diverse avventure in barca prima di lanciarmi in questo progetto di vita insieme a Stefano.

Alessia e Stefano

Fonte: Cercatori di lucciole

Alessia e Stefano in viaggio verso Singapore in bicicletta

Perché “cercatori di lucciole”?
Stefano: Inizialmente quando viaggiavamo condividevamo le nostre avventure sui rispettivi profili, come fanno tutti del resto. Poi, anche un po’ consigliati dai nostri amici, abbiamo pensato che potesse essere comodo aprire un profilo condiviso su Instagram. Intanto nella nostra testa prendeva forma l’idea di raggiungere Singapore in bicicletta, anche se quasi nessuno lo sapeva. Abbiamo creato questo profilo e abbiamo avuto diverse perplessità sul nome. Volevamo qualcosa di riconoscibile ma non potevamo ridurre tutto solo al nostro viaggio in bicicletta, perché non siamo ciclisti. Siamo piuttosto viaggiatori che si muovono in bici. Alla fine ci siamo posti questa domanda: come facciamo a far capire alle persone perché stiamo viaggiando e, soprattutto, cosa stiamo cercando?
Alessia: Noi cercavamo, e cerchiamo ancora, la felicità semplice, quella che appartiene ai bambini. Mi è venuto in mente così un ricordo: l’emozione che provai da bambina la prima volta che vidi una lucciola. Alla fine si tratta di un insetto ma che visto con gli occhi di un bambino appare magico. Così è nato il nostro nome.

Chioggia – Singapore in bicicletta: un sogno o un progetto di vita?
Era un sogno sicuramente, che cambiava e ricambiava. Abbiamo pensato anche di non partire, a volte, ma alla fine lo abbiamo fatto. E più andiamo avanti, più ci rendiamo conto che sta diventando un progetto di vita. Siamo a contatto con tantissimi nuovi input: incontriamo persone, facciamo esperienze, abbiamo anche qualche disavventura, ma è tutto bellissimo. È proprio uno stile di vita che stiamo abbracciando giorno per giorno, dopo non sappiamo cosa succederà, anche se abbiamo tante idee a riguardo.

Ci raccontate come è nata l’idea e a che punto siete della vostra avventura?
Tre anni fa siamo andati in Georgia che è un Paese molto economico, se non che abbiamo speso più soldi per noleggiare l’auto e per viaggiare on the road che per tutto il resto. Allora abbiamo pensato che doveva esserci per forza un modo più economico per muoversi, e anche più sostenibile. Abbiamo comprato un piccolo tandem e siamo andati in Corsica, lì abbiamo scoperto che è davvero bello viaggiare su ruote, sicuramente più economico, ma anche più lento e consapevole. Abbiamo poi comprato delle biciclette nuove e abbiamo iniziato a pianificare la nostra avventura. Volevamo fare un viaggio lungo, che non durasse solo un mese, e che si trasformasse in uno stile di vita e Singapore era la meta più distante raggiungibile in bicicletta. Siamo partiti il 15 febbraio e attualmente ci troviamo in Kirghizistan.

Come hanno reagito le persone intorno a voi quando avete deciso di cambiare vita?
Stefano
: Mia madre era disperata. I miei colleghi un po’ perplessi. Mi dicevano: ma davvero lasci il posto fisso per viaggiare intorno al mondo?
Alessia: Mia madre è ormai rassegnata, ma oserei dire che era quasi sollevata dalla partenza con Stefano, viste le mie avventure precedenti in barca. I nostri amici, invece, sono stati entusiasti e ci hanno supportato dal primo momento.

La difficoltà più grande che avete affrontato durante il percorso?
Stefano: Per me è stato il deserto. Affrontare strade chilometriche desertiche in bicicletta con il vento caldissimo contro è stato difficile. La fatica fisica ma anche la mancanza di acqua fresca: la nostra era diventata bollente dopo ore di pedalata.
Alessia: Pedalare nel deserto è stato sicuramente difficile, ma essendo uno dei miei tanti sogni, l’entusiasmo di averlo realizzato ha mitigato la stanchezza. Forse il mio momento più difficile è stato proprio qui, nel Kirghizistan. I paesaggi sono mozzafiato, ma anche estremamente selvaggi e la mancanza di cibo, quello che piace a me, non mi ha aiutata.

Alessia e Stefano

Fonte: Cercatori di lucciole

Alessia e Stefano stanno raggiungendo Singapore in bicicletta

E il momento più bello ed emozionante?
Stefano: Io l’ho vissuto proprio qualche giorno fa, quando con la bicicletta abbiamo attraversato un passo di 4.000 metri d’altezza: non ero mai arrivato così in alto. Ma devo dire che siamo circondati da momenti bellissimi ed emozionanti: i paesaggi sicuramente, ma anche le relazioni. Abbiamo conosciuto tante persone, estranei che ci hanno invitato a casa loro e che ci hanno ospitato. In questo viaggio stiamo conoscendo la parte bella dell’umanità.
Alessia: Per me il momento più significativo è stato il passaggio dalla Grecia alla Turchia. Quando abbiamo lasciato i confini europei in bicicletta ho detto: “Ok, adesso si fa sul serio”.

Quali sono le prossime tappe?
Stiamo per rimetterci in viaggio per raggiungere la Cina. Poi andremo in Pakistan e in India, dove contiamo di restare un po’ di più. Poi raggiungeremo la Malesia e il Vietnam fino alla meta finale, Singapore. L’idea iniziale era quella di viaggiare per un anno, ma le cose cambiano continuamente quindi chissà.

Le domande più strane che vi hanno rivolto?
Alessia: Sicuramente si sono chiesti che lavoro facciamo, alludendo al fatto che siamo ricchi o mantenuti da mamma e papà. In realtà abbiamo utilizzato i nostri risparmi ipotizzando un budget totale di 15.000 euro. Quando finiremo i soldi decideremo cosa fare. Per riuscirci dormiamo in tenda, cuciniamo quasi sempre noi, ma devo dire che il costo della vita in questi luoghi è molto basso. E poi possiamo contare sull’ospitalità delle persone: il mondo è davvero un posto gentile.
Ci hanno chiesto anche se siamo dimagriti da quando siamo partiti. La risposta è sì. Stefano più di me.

Progetti per il futuro?
Ormai sono sei mesi che viaggiamo e ci rendiamo conto che più lo facciamo più i nostri progetti cambiano. Nel breve termine c’è l’idea di restare in India, ma vorremmo anche andare a Capo Nord in sella a un asino. In futuro ci piacerebbe acquistare un van e vivere viaggiando. Insomma, lasciamo la nostra mente aperta. Sicuramente ci piacerebbe raccontare la nostra avventura in un libro, anzi in tre libri.

Dove possiamo seguire il vostro viaggio?
Lo raccontiamo nel quotidiano sui nostri profili Instagram e su TikTok. Ci trovate come @cercatoridilucciole.

Alessia e Stefano in viaggio

Fonte: Cercatori di lucciole

Alessia e Stefano in viaggio
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Attraverso la grande bellezza d’Italia in compagnia dei Pooh

“La prima volta che siamo venuti a Venezia era il 1976 e abbiamo realizzato uno shooting fotografico proprio in Piazza San Marco per festeggiare i primi 10 anni della nostra carriera”, ricordano con un po’ di nostalgia i POOH. “Siamo rimasti incantati dalla bellezza e dall’unicità di questo capolavoro a cielo aperto che è Venezia. Non avremmo mai pensato allora che 50 anni dopo ci saremmo ritrovati a suonare in questo luogo magico, abbiamo avuto la fortuna di esibirci in tutto il mondo nei nostri 60 anni di carriera ma crediamo che l’emozione di suonare a San Marco per la prima volta sarà davvero incredibile”.

Un legame – quello con la Grande Bellezza d’Italia – che i Pooh hanno deciso di celebrare con un tour che toccherà tutti i luoghi più iconici del nostro Paese: da Pompei alle Terme di Caracalla, passando per Piazza San Marco e molti altri. Una serie di concerti imperdibili, che i Pooh raccontano in esclusiva a SiViaggia, per rivivere ancora una volta la storia della band attraverso i loro più grandi successi, da “Amici per sempre” a “Tanta voglia di lei”, da “Parsifal” (capolavoro della band uscito nel 2023 in una speciale versione per il 50° anniversario) a “Dammi solo un minuto”, solo per citarne alcuni.

In oltre 50 anni di carriera i POOH hanno superato i 100 milioni di dischi venduti, hanno ottenuto un elenco spropositato di premi e riconoscimenti e si sono dimostrati dei veri “pionieri” per le rivoluzioni introdotte nei loro live, i temi trattati nei brani e l’uso della tecnologia moderna.

Un viaggio nella grande bellezza d’Italia, da Pompei alle Terme di Caracalla, passando per Piazza San Marco e molti altri luoghi iconici del nostro Paese: siete emozionati di intraprendere questo “cammino” unico?
Roby: L’emozione è davvero enorme perché nella maggior parte di queste piazze non ci siamo mai esibiti. Abbiamo accettato anche in virtù di questo, con il piacere e l’emozione di toccare dei posti nuovi e diversi, che sono i luoghi più belli d’Italia e anche del mondo. Piazza San Marco, le Terme di Caracalla, Pompei, sono tutti luoghi unici al mondo e gli artisti come noi hanno sempre bisogno di nuovi stimoli, che è sempre stata la benzina del nostro motore. Non vediamo l’ora di salire su questi palchi, la nostra Grande Bellezza: sarà un’emozione per noi ma ancor di più per il pubblico perché vedrà nello stesso momento i Pooh e anche tutto il resto.

Un tour che questa volta tocca soltanto location d’eccezione, che si uniscono alla vostra musica lungo ormai sessant’anni della nostra Italia: come le avete scelte e in che modo possono valorizzare la vostra arte?
Dodi: Fanno parte della proposta iniziale che ci è stata fatta dal nostro manager, il quale per convincerci a tornare sul palcoscenico dopo lo scorso anno, ha pensato bene di mettere un’altra ciliegina sulla nostra torta. “Ci sono da fare ancora delle cose bellissime”, ha detto. E alla nostra domanda su quali fossero queste cose bellissime, ci ha risposto con questi concerti nei luoghi più belli del nostro Paese. Da quel momento, abbiamo cominciato anche noi a gasarci a quest’idea e a pensare ad un repertorio particolare per questo tour che andasse oltre al tour di “Amici per sempre”, abbiamo voluto infatti aggiungere altri quattro brani che non facevano parte dell’ultima scaletta. Sono sicuro che proprio in virtù delle location che andremo ad attraversare sarà un tour memorabile, come lo sono stati i primi in cui abbiamo deciso di fare gli stadi e i teatri, ovvero spazi diversi dalle balere dove suonavamo fin da ragazzini.

Qual è secondo voi il legame più profondo tra la musica e il viaggio?
Riccardo: Se sei un musicista, sei sempre in viaggio. A volte ti svegli in hotel e ti chiedi: “Dove sono?”. E questo lo dici sia quando sei in una città italiana che nel resto del mondo. Ma a volte lo dici anche a casa tua, svegliandoti, prima ti aprire gli occhi. Ci sono giorni che la mia bambina si chiede se papà ha dormito in casa o se è ancora in tournée. Questo vuol dire essere musicisti in viaggio e i Pooh sono sempre stati dei musicisti in viaggio. In prospettiva, pensavamo che una volta arrivati i capelli bianchi saremmo stati di più a casa e invece ci siamo resi conto che la nostra grande passione è proprio questa: viaggiare e suonare dal vivo.

Qual è stato il viaggio più incredibile della vostra vita come Pooh?
Red: Ci sono stati due viaggi davvero emozionanti e belli, che coincidono con la registrazione degli album “Tropico del nord” e “Aloha”. Il primo lo abbiamo registrato negli AIR Studio di Montserrat, che erano gli studi di George Martin, produttore dei Beatles e nello studio a fianco c’era Sting che stava lavorando al suo primo album da solista. Quello è stato un bellissimo viaggio di lavoro durante il quale abbiamo scoperto e imparato tante cose, ci siamo confrontati con operatori e tecnici che hanno lavorato con McCartney, Sting e artisti di questo calibro. Durante quei giorni lo stesso George Martin ci faceva dormire a casa sua, dove c’erano queste due donne nere che si arrabbiavano se non mangiavamo 36 uova ogni mattina. “Aloha” invece lo abbiamo registrato alle Hawaii, eravamo in riva all’Oceano, siamo stati lì due mesi nello studio di George Benson. Anche in questo caso, una esperienza memorabile. Sono stati entrambi viaggi in cui abbiamo scoperto aspetti nuovi della vita e allo stesso tempo ci siamo confrontati con tecniche innovative nel nostro lavoro, lavorando a contatto con gente che non era qui in Italia.

 

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Le Seychelles sono il vero paradiso terrestre moderno

Quello delle Seychelles è uno degli arcipelaghi più belli al mondo e se non ci siete ancora stati vi convinceremo che è il momento giusto per organizzare un viaggio in una delle splendide isole.

Le Seychelles sono isole che vivono di turismo e i loro punti di forza sono l’ambiente incontaminato e le meravigliose spiagge. Gli italiani le amano, tanto che quest’anno sono aumentati del 5 per cento i nostri connazionali che ci sono andati.

Sostenibili Seychelles

E, proprio per mantenere intatto il paesaggio, di recente è stato avviato un progetto intitolato “Sustainable Seychelles” che ha l’obiettivo di garantire che le Seychelles rimangano una destinazione incontaminata ed ecologicamente consapevole, promuovendo la cooperazione e il coinvolgimento attivo di tutti, al fine di preservare questo paradiso per le generazioni future.

La Digue, l’isola car free

Uno dei più importanti esempi di sostenibilità delle Seychelles è l’isola di La Digue, da anni ormai car free e dove ci si muove solo in bicicletta. Un piccolo paradiso in Terra, dove non esiste inquinamento e “dove trascorrere una vacanza rigenerante”, ha spiegato Bernadette Willemin, Direttrice Generale Marketing di Tourism Seychelles in occasione della fiera TTG del turismo che si è tenuta a Rimini lo scorso ottobre.

L’esempio di Denis Island

Altro esempio virtuoso è Denis Island, che incarna la straordinaria fusione tra la natura incontaminata e un impegno verso la sostenibilità. Situata a 90 chilometri a Nord-Est di Mahé, questa gemma delle Seychelles è un paradiso terrestre di bellezze naturali senza pari. E per mantenere il suo aspetto, da qualche mese ha completato l’espansione fotovoltaica, che ha visto il parco solare dell’isola più che triplicato in dimensioni e capacità.

L’isola oggi è in grado di generare circa 720.000 KWh di elettricità all’anno e funziona quasi esclusivamente con energia verde. Questa iniziativa non solo ha notevolmente ridotto l’impronta di carbonio dell’isola, ma l’ha anche trasformata in un modello per il turismo sostenibile.

È spuntata una nuova isola

E un altro segnale che il governo delle Seychelles sta andando nella direzione giusta è arrivato da una notizia che ha fatto il giro del mondo a proposito della scoperta di una nuova isola che sarebbe emersa dopo un ciclone tropicale avvenuto nel 2016 nell’atollo di Farquhar e che starebbe continuando a crescere. A comunicarlo è stata la Island Conservation Society (ICS) mentre la Islands Development Company (IDC) ha chiamato questa nuova formazione Derrick’s Sandbank, prendendo spunto dal nome di una gru da carico proveniente da una nave naufragata nelle vicinanze.

Isole fuori rotta

Bernadette Willemin ha voluto ricordare però che, oltre alle isole più famose, come La Digue, Mahé, Praslin, ce ne sono molte altre che dovrebbero essere visitate perché non sono tutte uguali, ma ognuna con le proprie caratteristiche e particolarità. “Ci sono molti scorci poco conosciuti che meritano di essere scoperti”, ha raccontato “io consiglio vivamente di fare una crociera tra le isole interne e andare all’avventura.

Alcune isole sono paradisi dell’ornitologia, come Île St. Pierre, per esempio, una delle tante piccole isole al largo della baia di Côte d’Or e che fa parte dell’Area Marina Protetta del Curieuse Marine National Park. Le rocce di granito che emergono dal mare con la loro piccola corona di palme incarnano bene l’essenza di una tipica isola delle Seychelles”.

Gli atolli delle Seychelles

Ma non tutte le isole dell’arcipelago hanno lo stesso aspetto. “Meritano di essere scoperti anche gli atolli piatti, completamente diversi dall’immagine che si ha delle Seychelles, come Aldabra, Providence, Cosmoledo e altri ancora. Qui si ha proprio la sensazione di essere un moderno Robinson Crusoe. E non è necessario soggiornare in hotel di lusso, che certamente non mancano, anzi, ci sono molti cinque stelle, ma esistono alloggi per tutte le tasche, immersi nella natura e molto semplici”.

Non solo isole

Sostenibilità e autenticità sono quindi i mantra in questo splendido Paese circondato dall’Oceano Indiano, e in un viaggio alle Seychelles non deve mancare un’altra componente molto importante: “Consiglio vivamente di venire in contatto con la popolazione locale, con la sua cultura, visitando per esempio i mercati per scoprire spezie e manufatti, e di provare la gastronomia, di conoscere le ricette delle nonne che sono le più autentiche, specie nella Capitale Mahé”.

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I viaggi pazzeschi di Victoria Cabello

Anche nei viaggi più comuni si può sempre trovare qualche esperienza insolita – se non addirittura pazzesca – da fare. Oltre ai musei, alle visite guidate e alle classiche attrazioni turistiche ci sono esperienze inusuali che meritano un viaggio. Magari su consiglio di chi ci vive.

È quanto racconta Victoria Cabello nel programma Tv “Viaggi pazzeschi“, di cui è anche co-autrice, che va in onda in prima serata ogni martedì su TV8, dove, insieme al suo fidato compagno di disavventure Paride Vitale (con cui ha condiviso la vittoria dell’edizione di Pechino Express dello scorso anno), mostra le attività più adrenaliniche e da brivido che si possono fare in città come Helsinki, Parigi, Berlino, Madrid, Marrakech e Liverpool.

In ogni tappa, tre italiani trasferiti da tempo nella città protagonista di ogni puntata – ribattezzati “local” – propongono a Victoria e a Paride delle esperienze insolite, lontane dai convenzionali tour turistici.

victoria-cabello-finlandia

Fonte: Ufficio stampa

Victoria Cabello nella fredda Finlandia

Da brivido vero è, per esempio, immergersi tra le acque ghiacciate di un lago in Finlandia, cosa che i due protagonisti del programma hanno provato davvero, ma anche fare sci nautico sulla Senna a Parigi. Sono solo alcune delle attività bizzarre e decisamente inaspettate che Victoria e Paride hanno voluto provare. Esperienze che chiunque viaggi in questi luoghi può fare. Il bagno nel ghiaccio è un’usanza non soltanto finlandese ma di molti Paesi del Nord Europa. È una pratica salutare per il corpo e, solitamente, ci si immerge dopo aver fatto una sauna perché il contrasto tra caldo e freddo è alla base degli effetti benefici di questo tipo di trattamento.

Quanto alle attività nautiche sulla Senna, non sono poi così folli. Il Comune di Parigi sta facendo un grosso lavoro di depurazione delle acque della Senna in vista delle Olimpiadi del 2024, in quanto, oltre a ospitare la cerimonia di apertura olimpica, alcune gare, come quelle di nuoto, si svolgeranno proprio sul fiume.

SiViaggia ha intervistato Victoria Cabello per scoprire se anche lei è una da “viaggi pazzeschi” e carpirne qualche indicibile segreto.

Cos’è per te un “viaggio pazzesco”? La location, le esperienze adrenaliniche o altro…

“Combinerei tutto, location con esperienza adrenalinica, un mix micidiale. Sogno di andare a vedere “The Lightning Field” di Walter de Maria (nello Stato americano del New Mexico, n.d.r.). È un posto ad altissima concentrazione di temporali e l’artista ha piazzato in una rada dei pali che attirano i fulmini. Durante un temporale lo spettacolo è pazzesco, si può dormire anche li. Ecco è un’esperienza che vivrei magari con Dario Argento”.

Farsi consigliare dai local o dagli expat: è questa la chiave vincente per un viaggio autentico? C’è differenza tra local ed expat secondo te?

“Non c’è in realtà una differenza tra l’uno e l’altro, secondo me è la chiave vincente. È come chiedere ad un amico quali sono le cose belle da vedere, i consigli degli insider sono il meglio perché sono aggiornati sugli ultimi trend e poi sono consigli dati da persone che vivono il Paese veramente tutti i giorni”.

Tra le mete che hai avuto modo di scoprire durante il programma “Viaggi pazzeschi” quale hai preferito?

Helsinki mi è piaciuta molto, la trovo in linea con me, piena di stranezze e di hobby. Ho scoperto che la Finlandia è il mio Paese per le stranezze che offre. Poi direi Liverpool che mi ha colpito positivamente, fuori dagli schemi ed è anche una destinazione facile da raggiungere a cui nessuno pensa”.

C’è stata un’esperienza tra quelle che hai fatto per “Viaggi pazzeschi” che ti ha cambiata?

“Il rapporto con il freddo ad Helsinki mi ha fatto andare oltre i miei limiti e scoprire i benefici di qualcosa che sulla carta pensi possa “ucciderti”: se pensi di buttarti nell’acqua a -27 gradi…. Mi piace l’idea di un popolo che convive con una natura ostile ed è riuscita a trovare dei benefici. Dopo Helsinki affronterò sicuramente il prossimo inverno in maniera differente”.

Qual è il viaggio più bello della tua vita?

“Il Giappone, senz’ombra di dubbio”.

Qual è l’oggetto indispensabile che metti sempre in valigia?

“Il phon per la frangetta, indispensabile davvero per me!”.

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Fonte: Ufficio stampa

Victoria Cabello e Paride Vitale a Berlino
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101 luoghi d’Italia che valgono un viaggio

Che l’Italia sia il Paese delle bellezze artistiche, architettoniche, storiche e naturalistiche non è una novità. Non per niente è la nazione con il maggior numero di Patrimoni riconosciuti dall’Unesco. Ma non sono molti a sapere che, oltre ai luoghi e ai monumenti più noti, ce ne sono tantissimi altri poco conosciuti che vale la pena scoprire.

La guida appena uscita “Vale un viaggio – Altre 101 meraviglie d’Italia da scoprire” della giornalista e critica d’arte Beba Marsano, edita da CinqueSensi Editore, raccoglie più di cento tra chiese, musei, siti e luoghi naturalistici poco noti e che, proprio come invita a fare il libro, valgono un viaggio.

L’autrice, che ha percorso in lungo e largo l’Italia, ci svela (ancora) 101 luoghi d’arte e bellezza fuori dai tradizionali percorsi proposti a “un turismo ormai assuefatto soltanto ai grandi miti italiani”. Ancora, perché questi 101 luoghi inediti vanno ad aggiungersi ad altri 202 riportati nei primi due volumi della guida “Vale un viaggio“, pubblicati rispettivamente nel 2016 e nel 2018. Tutti luoghi che l’autrice ha visitato in prima persona, tutti aperti al pubblico, magari in giorni e orari specifici, e che consiglia spassionatamente di vistare.

Siti artistici, luoghi naturalistici, borghi abbandonati, parchi, chiese e case-musei, ville, cappelle e collezioni private. Tra i 101 luoghi si trova davvero ogni sorta di bellezza nostrana, unica nel suo genere. Noi ne abbiamo scelti tre che ci siamo fatti raccontare dall’autrice e che ci hanno convinti ad andare a visitarli.

La misteriosa “Incompiuta”

Tra i luoghi di grande fascino che valgono un viaggio in Italia c’è sicuramente la cosiddetta “Incompiuta” che si trova in Basilicata. La sua storia è un intrecciarsi di vicende che vedono i monaci benedettini contendersi la realizzazione di un edificio religioso con un condottiero normanno, insieme al terribile Papa Bonifacio VIII – quello odiato da Dante – e ai Cavalieri di Malta.

Il risultato è un luogo incredibile, un’opera incompiuta ma dal grande fascino.  Così la descrive l’autrice: “Fuori Venosa, patria del poeta latino Orazio, uno scheletro di pietra appare – quasi irreale – nello splendido isolamento della campagna.

Segnala uno dei più singolari complessi monumentali dell’Italia medievale, quello della Santissima Trinità: monastero, chiesa, tracce del battistero paleocristiano e una colossale architettura a cielo aperto, fantasma di un grande edificio ecclesiastico, l’Incompiuta”.

Il gioiello del Castello di Aymavilles

Altro luogo che vale un viaggio è il Castello di Aymavilles, riaperto dopo anni di lavori di ristrutturazione solo lo scorso anno, è un piccolo gioiello valdostano che sembra uscito a un libro di fiabe.

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Fonte: 123rf

Il Castello di Aymavilles in Valle d’Aosta

Ma, a parere dell’autrice, merita di essere visitato soprattutto per un oggetto meraviglioso contenuto nelle sale del castello: “la scultura di alabastro bianco avorio di Santa Caterina d’Alessandria, la vera “dama” del castello, una delle opere d’arte sacra più incantevoli di tutto il Medioevo valligiano”, spiega Marsano.

Ma naturalmente merita anche il castello “Negli ambienti minuziosamente restaurati”, spiega l’autrice “dove ammirare vezzose porte dipinte, bizzarri decori (come il Cacherano evacuante sulla volta del piccolo bagno privato) e impressionanti dettagli architettonici (il sottotetto, vero gioiello della carpenteria lignea medievale)”.

La scalinata che sfida la gravità

“E’ un cameo emozionante da fare il trekking sulla Scala grande di Monesteroli, che consente di scoprire una porzione di Liguria ignorata da guide e viaggiatori”, esordisce Marsano raccontando il perché questo luogo valga un viaggio.

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Fonte: 123rf

La scalinata del borgo di Monesteroli, in Liguria

“Questo territorio estremo, che non digrada, ma precipita a mare, è il lembo terminale del Parco nazionale delle Cinque Terre dove, per albergare la vite tra macigni e burroni, il paesaggio è stato modellato nei secoli con un’impresa colossale: quei vigneti terrazzati sorretti da muri a secco, degni delle epiche fatiche di Ercole.

A collegarli nessuna strada, ma ripide mulattiere e ardite gradinate lastricate con la grigia pietra di Biassa, un’arenaria locale utilizzata anche per quella sfida alla gravità che è l’impressionante Scala grande di Monesteroli”.

Per conoscere le altre meraviglie d’Italia da scoprire raccolte nella guida non resta che leggerle.

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La copertina di “Vale un viaggio – Altre 101 meraviglie d’Italia da scoprire”