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Da Pisa a Prato, passando per Pistoia: la valle del cioccolato si trova in Toscana

La Toscana non è solo terra di olio e vino. Tra le sue colline, nei centri storici e perfino nelle zone industriali, si nasconde una tradizione dolciaria di grande valore: quella del cioccolato. Un’eredità artigianale che affonda le radici nel Settecento e che oggi ha dato vita a una vera e propria “valle del cioccolato”, un itinerario che si snoda tra Pisa, Pistoia e Prato. In quest’area si concentra un numero sorprendente di maestri cioccolatieri, laboratori storici, piccole aziende innovative e appuntamenti annuali dedicati al cacao di qualità.

Ma non si tratta solo di produzione, perché in Toscana il cioccolato è cultura, esperienza sensoriale e racconto del territorio. Il clima favorevole alla lavorazione, la presenza di artigiani con formazione gastronomica e artistica, la cura per la materia prima e il gusto per la sperimentazione hanno trasformato la regione in uno dei luoghi italiani del cioccolato d’eccellenza.

Pisa: il cioccolato sotto la torre

Anche a Pisa, città celebre per la sua torre e per l’atmosfera universitaria, il cioccolato ha trovato casa. Qui la tradizione si intreccia con la ricerca, in laboratori dove la qualità degli ingredienti viene prima di tutto. Non lontano dal centro, è possibile visitare piccole realtà artigiane che offrono degustazioni, visite guidate e corsi di cioccolateria.

Una delle tappe più note è De Bondt, realtà storica guidata da un cioccolatiere olandese innamorato dell’Italia, che ha scelto proprio Pisa per sviluppare un laboratorio all’avanguardia. Le sue creazioni spaziano dalle tavolette ai tartufi, con ingredienti selezionati e un’attenzione costante alla sostenibilità. Le visite su prenotazione permettono di scoprire le fasi di produzione e conoscere da vicino il processo, dalle fave di cacao fino al prodotto finito.

Spostandosi verso le colline pisane, non mancano piccole aziende che legano il cioccolato ai prodotti locali, come l’olio d’oliva o il vino, e propongono esperienze sensoriali complete. Alcune organizzano veri e propri percorsi di degustazione che abbinano il cioccolato a formaggi, liquori e frutta secca del territorio.

Pistoia: botteghe storiche e praline al gusto toscano

A Pistoia la cultura del cioccolato è legata alle botteghe di tradizione, spesso a conduzione familiare, dove la passione si tramanda di generazione in generazione. Il centro storico conserva ancora caffetterie e laboratori che lavorano il cioccolato come si faceva una volta, partendo da materie prime selezionate e seguendo ritmi lenti.

Tra i nomi da conoscere c’è Slitti, con sede a Monsummano Terme, uno dei punti di riferimento della cioccolateria italiana. Nato come torrefattore, nel tempo ha sviluppato una linea di cioccolato artigianale apprezzata in tutto il mondo. Le sue praline, le creme spalmabili e le tavolette monorigine si possono degustare in loco, grazie a un punto vendita aperto al pubblico e a un calendario di visite guidate e corsi.

Nel cuore della città, invece, piccole cioccolaterie propongono assortimenti che vanno dai tartufi alle tavolette aromatizzate con spezie o frutti locali. Alcune collaborano con ristoranti e bistrot per creare dessert su misura, ispirati alla cucina toscana.

Durante il periodo invernale e in prossimità delle festività, molte attività aprono le porte ai visitatori con laboratori per famiglie, degustazioni a tema e piccoli mercatini. È l’occasione perfetta per scoprire il volto più autentico della città, tra arte e dolcezza.

Prato: il cuore produttivo della valle del cioccolato

Se c’è una città che può essere considerata il cuore pulsante della valle del cioccolato in Toscana, questa è Prato. Qui si concentra un alto numero di laboratori e maestri artigiani, molti dei quali premiati a livello nazionale e internazionale. La tradizione dolciaria pratese, che affonda le radici nella cultura dei biscotti e delle mandorle, ha trovato nel cioccolato un’evoluzione naturale.

Uno dei nomi più rappresentativi è Cioccolateria Mannori, dove il maestro cioccolatiere Luca Mannori – campione del mondo di pasticceria – propone creazioni iconiche come la Setteveli, dolce ormai entrato nella leggenda. Il laboratorio è visitabile su prenotazione e spesso organizza eventi e degustazioni.

A Montemurlo e nei comuni limitrofi si trovano altre botteghe specializzate che lavorano il cioccolato con grande cura, spesso collaborando con produttori locali per creare praline e tavolette che raccontano il territorio. Da provare le creazioni a base di vin santo, fichi secchi o castagne.

Prato è anche una delle città più attive nell’organizzazione di eventi legati al cioccolato, coinvolgendo scuole, istituti gastronomici e associazioni locali per promuovere la cultura del cacao e il valore dell’artigianalità.

Eventi del cioccolato in Toscana

La valle del cioccolato tra Pisa, Pistoia e Prato è animata tutto l’anno da eventi, feste e manifestazioni dedicate agli amanti del cacao. Occasioni per scoprire i segreti della lavorazione artigianale, assaggiare nuove creazioni e vivere esperienze educative e divertenti per tutte le età.

Tra gli appuntamenti principali c’è Un Prato di Cioccolato, evento che si tiene ogni autunno nel centro storico della città. Per alcuni giorni, piazza Duomo si trasforma in una grande vetrina del cioccolato artigianale, con stand, degustazioni, incontri con i maestri cioccolatieri e laboratori per bambine, bambini e adulti.

In diverse località della zona arrivano anche le tappe di ChocoMoments, manifestazioni itineranti che portano nelle piazze italiane la Fabbrica del Cioccolato. Si tratta di una struttura mobile dove si può assistere dal vivo alla lavorazione delle fave di cacao, con video, pannelli informativi, macchinari e dimostrazioni. All’interno vengono organizzati laboratori per bambini, showcooking, degustazioni guidate e attività per le scuole. Ogni tappa si personalizza in base al territorio ospitante: nella valle toscana del cioccolato, spesso vengono create praline speciali con ingredienti tipici locali, come miele, vino, agrumi o spezie. L’obiettivo è valorizzare l’identità del luogo attraverso il gusto, rendendo ogni evento unico e irripetibile.

In autunno a Pistoia, il centro storico ospita il Cioccolosità Festival, con banchi di degustazione, showcooking e incontri con i maestri cioccolatieri della zona; in inverno a Pisa festival Dolcemente  è un evento che celebra la tradizione dolciaria italiana, con uno spazio dedicato al cioccolato.

Come arrivare

La valle del cioccolato si estende in una zona ben collegata della Toscana, facilmente raggiungibile sia in auto sia con i mezzi pubblici. Chi viaggia in auto può percorrere l’autostrada A11 Firenze-Mare, che collega tutte e tre le città: un itinerario perfetto per una gita di uno o più giorni alla scoperta dei maestri cioccolatieri locali. Uscendo a Prato Est, Pistoia o Pisa Nord si raggiungono in breve tempo i centri storici e le principali botteghe.

In treno, Pisa, Pistoia e Prato sono collegate da linee regionali frequenti. Da Firenze, ad esempio, si arriva a Prato in meno di 30 minuti, a Pistoia in circa 40 e a Pisa in poco più di un’ora. Anche da Lucca, Livorno e Arezzo i collegamenti sono comodi e diretti.

Per chi arriva da fuori regione, gli aeroporti di Pisa e Firenze sono i più comodi: entrambi ben serviti da voli nazionali e internazionali, con collegamenti diretti verso il centro città in treno o autobus.

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L’anima rinascimentale di Prato e del suo centro storico

Nel 1951 la città di Prato contava poco più di 77mila abitanti, gli stessi di Pisa e poco più della metà di quelli di Livorno. Dieci anni più tardi il conto dei residenti aveva superato i 110mila, in venti era sostanzialmente raddoppiato. Negli anni Novanta, mantenendo un forte tasso di crescita, era divenuta la seconda città per numero di abitanti in Toscana, pur trovandosi a meno di 20 chilometri di distanza dal capoluogo regionale, Firenze.

Oggi Prato non è solo la seconda città toscana ma anche la terza di tutto il Centro Italia, e continua a mantenere un saldo positivo nella crescita del numero di abitanti anno dopo anno. Dai 77mila cittadini di sessant’anni fa si è passati ai quasi 200mila attuali, un incremento sostenuto soprattutto da una forte industria manufatturiera, in particolare nel settore tessile.

La sua forza economica e la presenza di corpose comunità straniere, in particolare quella cinese, hanno portato Prato alla ribalta nazionale, ma quello che spesso sfugge a chi non conosce la città è il suo cuore artistico, agganciato all’antichità e al Rinascimento, sottovalutato dai circuiti del grande turismo.

Prato ha una storia un po’ diversa da quella delle altre città toscane. È partita in ritardo rispetto alle colleghe: Firenze e Pistoia, le altre due che occupano la lunga piana, erano insediamenti già con una notevole storia alle spalle quando Prato si costituisce come libero comune nel XII secolo. Con un destino che dalla metà del Trecento fu indissolubilmente legato alle sorti di Firenze, Prato ebbe una crescita e una espansione che la portò a svilupparsi urbanisticamente ed economicamente, ma anche in termini architettonici.

Proprio dagli effetti di questo sviluppo parte l’esplorazione della Prato artistica, dei suoi piccoli e grandi tesori, noti e meno noti, legati soprattutto alla sua poco conosciuta anima rinascimentale.

Cosa vedere nel centro storico di Prato: il Duomo

Nel 1141 un certo Michele Dagomari, mercante pratese, si trova a Gerusalemme ed entra in possesso di una cintura di lana di capra verdolina, intrecciata con del filo d’oro. La riceve come dote matrimoniale e la riporta in patria, consapevole della sua natura: si tratta secondo la leggenda della Sacra Cintola, cioè la cintura che Maria, ascesa al cielo, lascia nel proprio sepolcro come testimonianza, quella che serve a convincere l’incredulo San Tommaso.

Da allora la reliquia sarà oggetto di un culto importante e crescente, che porterà alla ristrutturazione del Duomo di Prato per come lo conosciamo oggi: la Cattedrale di Santo Stefano sorge in Piazza del Duomo, la sua sagoma elegante e simmetrica decorata dalla tipica bicromia romanica, realizzata tramite materiali locali: il marmo verde di Prato e l’alberese bianco.

Particolare della facciata del Duomo di Prato

Fonte: iStock

Il serpentino, conosciuto come marmo verde di Prato, e l’alberese sono le due pietre con cui sono rivestite le facciate degli edifici monumentali della città

All’esterno il Duomo è caratterizzato da uno splendido pulpito, “appeso come un nido all’angolo della facciata”, come scrive Curzio Malaparte. Realizzato da Michelozzo e Donatello, due dei nomi più eccellenti del Rinascimento toscano, è il luogo dal quale si celebra l’ostensione della Sacra Cintola, momento chiave della vita religiosa della comunità pratese, e decorato da rilievi di grande raffinatezza.

All’interno, invece, si trova il più importante ciclo di affreschi di Filippo Lippi, uno dei grandi pittori fiorentini della metà del Quattrocento (e autore anche dei celebri affreschi del Duomo di Spoleto). Nella cappella maggiore si trovano infatti le Storie di Santo Stefano e San Giovanni Battista, frutto di quattordici anni di lavoro, considerate il punto più alto della sua produzione.

Il Duomo di Prato è un tripudio per gli amanti dell’arte rinascimentale: vi si scoprono il bellissimo crocifisso ligneo e la scultura della Madonna col Bambino di Giovanni Pisano, la terracotta della Madonna col Bambino di Benedetto da Maiano, la Virtù di Paolo Uccello dipinta nella Cappella dell’Assunta, gli affreschi di Agnolo Gaddi nella Cappella del Sacro Cingolo.

Il Castello dell’Imperato e Santa Maria delle Carceri

Il centro storico di Prato, veduta aerea

Fonte: Getty Images

Veduta aerea del centro storico di Prato, con l’imponente Castello dell’Imperatore e la Basilica di Santa Maria delle Carceri in basso a sinistra

Svicolando da Piazza del Duomo tra le strette strade del centro storico in direzione sud, in pochi minuti si raggiunge l’ampia Piazza di Santa Maria delle Carceri, dove hanno dimora due dei più caratteristici edifici di Prato: l’omonima basilica, Santa Maria delle Carceri, e il Castello dell’Imperatore.

Quest’ultimo fa riferimento a Federico II di Svevia, mandante della sua costruzione, quando Prato ancora era poco più di una borgata.

Si tratta dell’unico esempio di architettura sveva in questa parte d’Italia e fu costruito nell’ottica della lotta per il controllo della Toscana fra l’Impero e lo Stato della Chiesa. Per edificarlo Federico inviò uno dei suoi più mirabili architetti, il siciliano Riccardo da Lentini, che nell’isola aveva già progettato gli imponenti manieri di Augusta e Milazzo e il mirabile Castello Maniace a Siracusa. Il Castello rimase però inizialmente incompiuto a causa della morte dell’imperatore.

Ancora oggi il Castello dell’Imperatore è uno dei simboli della città, con la sua sagoma imponente e gli squadrati merli. L’edificio è visitabile e offre, dai camminamenti di ronda a cui si accede dalle eleganti scale a chiocciola in marmo, una delle viste panoramiche più belle sul centro storico della città.

Affacciata sulla stessa piazza del castello si trova la Basilica di Santa Maria delle Carceri, un piccolo gioiello cinquecentesco frutto del genio architettonico di Giuliano da Sangallo. La facciata risulta divisa in due: la parte bassa ornata dei classici paramenti bianco-verdi in marmo, la parte alta disadorna, incompiuta. La sua particolarità è la pianta a croce greca, ovvero con tutte le braccia della croce della stessa lunghezza, ed è considerata una vera e propria gemma della prima fase del Rinascimento.

facciata basilica santa maria delle carceri prato

Fonte: Getty Images

La Basilica di Santa Maria delle Carceri, a pianta greca

All’interno si possono ammirare le vetrate opera del Ghirlandaio, le maioliche di Andrea della Robbia e l’unica scultura in bronzo conosciuta di Francesco da Sangallo, figlio di Giuliano: un San Giovanni Battista sopra l’acquasantiera in marmo.

Santa Maria delle Carceri, così chiamata perché nel seminterrato sotto la sacrestia si trovavano le antiche prigioni, è anche oggetto di due fenomeni astronomici particolari. Poiché venne eretta per proteggere un affresco della Vergine che riscuoteva venerazione e che era stata oggetto di alcune apparizioni miracolose, Giuliano da Sangallo la progettò attentamente affinché accadessero due eventi: il 15 luglio, giorno in cui fu registrata una di queste apparizioni, i raggi del sole colpiscono la lanterna della cupola e formano un disco di luce al centro dell’altare dalle 15:18 e per alcuni minuti; il 21 giugno, solstizio d’estate, i raggi del sole, penetrando sempre dalla lanterna della cupola, vanno a illuminare proprio l’immagine della Vergine.

Il Rinascimento a Prato: il Museo di Palazzo Pretorio

Per capire davvero quanto sia profonda l’anima artistica di Prato il Museo di Palazzo Pretorio diventa una tappa obbligata. In questo edificio medievale slanciato verso l’alto, che domina una piccola piazza nel cuore del centro storico, si trova una collezione di oltre 3mila opere pittoriche con un percorso che si snoda dal Trecento al Novecento, ma dove il Rinascimento rimane il cuore fondamentale dell’esposizione.

Palazzo Pretorio Prato

Fonte: iStock

L’elegante e disadorna facciata del Palazzo Pretorio di Prato

Il già citato Filippo Lippi, artista cardine del Quattrocento, è uno dei protagonisti del Museo, con una serie di opere tra le più notevoli della sua produzione. Una Crocifissione di grande impatto drammatico è l’opera visitabile più suggestiva del figlio di Filippo, Filippino.

Bernardo Daddi, Fra’ Diamante, Francesco Botticini, Luca Signorelli sono alcuni degli altri artisti le cui opere si susseguono nel percorso espositivo, fino ad arrivare a qualche opera novecentesca. Da poco, in una saletta al primo piano, è stato allestito un nuovo spazio dedicato al Risorgimento, con cimeli come fucili e uniformi dei pratesi che hanno partecipato all’impresa dell’unificazione dell’Italia.

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Prato, meta d’eccellenza per il turismo industriale in Italia

Da qualche anno a questa parte, il turismo è nettamente cambiato: non si parte più solamente per visitare città d’arte o rilassarsi tra bei paesaggi, ma anche per scoprire tradizioni, culture e sapori diversi dai nostri. E in Italia si sta diffondendo sempre più il turismo industriale, dedicato alla storia del lavoro e alle sue preziosissime arti, tramandate nel tempo. Prato è la città perfetta per iniziare, con il suo distretto tessile che è uno dei più rinomati al mondo. Scopriamola insieme.

Prato, la città della manifattura tessile

La Toscana è una regione dalle mille sfumature: conosciuta soprattutto per le sue splendide città d’arte come Firenze e Siena, ma anche per i piccoli borghi immersi tra le colline, dove degustare vini d’eccellenza, oggi si afferma anche come patria del turismo industriale. Ed è tutto merito di Prato, una splendida cittadina dell’entroterra toscano, adagiata ai piedi del Monte della Retaia e attraversata dal fiume Bisanzio. Proprio per la sua posizione favorevole e per la presenza di un importante corso d’acqua, nel corso dei secoli è diventata sede di uno dei più rinomati distretti tessili d’Italia (e del mondo intero).

La produzione tessile ha sempre rappresentato uno dei cardini dell’economia pratese, sviluppandosi già in epoca medievale. E oggi, con l’avanzare delle tecnologie, è un settore all’avanguardia che si è abilmente riconvertito al riciclo e alla riduzione dei rifiuti industriali, diventando una vera e propria eccellenza. Non è dunque un caso che Prato sia una delle mete principali per quanto riguarda il turismo industriale. Un viaggio alla scoperta delle sue aziende è una vera e propria avventura che percorre secoli di storia, un’immersione tra tecniche tradizionali e modernità.

L’intera città di Prato è costellata di luoghi che raccontano la storia della sua industria tessile, dalle vecchie fabbriche dismesse da tempo (che forniscono un esempio importante di quella che viene chiamata archeologia industriale) alle più moderne aziende che producono tessuti per brand di lusso, le quali fanno uso di tecnologie all’avanguardia e si prodigano nel diventare sempre più green. E naturalmente non possono mancare luoghi iconici come il Museo del Tessuto, che offre uno sguardo inedito sulla storia e lo sviluppo della manifattura tessile dall’antichità ai giorni nostri.

Il progetto TIPO, per scoprire Prato

È proprio per scoprire i luoghi più suggestivi della Prato industriale che, nel 2021, è stato fondato il progetto TIPO (Turismo Industriale Prato), grazie alla collaborazione del comune con alcune delle più importanti realtà del territorio. Sebbene sia in azione da pochi anni, l’iniziativa ha già coinvolto numerose aziende e attirato tantissimi visitatori, interessati alla scoperta del distretto tessile della città toscana come di una delle avanguardie più importanti del nostro intero Paese. E ci sono davvero moltissime sorprese per i turisti.

Nel corso dell’anno, un lungo calendario di eventi permette ai visitatori di conoscere la storia e l’attualità della manifattura pratese, con tour guidati alle aziende che regalano uno sguardo inedito ai processi di lavorazione, al modello di economia circolare e alla filosofia green sempre più in voga tra le aziende. Ma è stata anche sviluppata l’app TIPO, che consente ai turisti di muoversi in autonomia per scoprire la città e il suo distretto tessile senza alcun vincolo. E, annualmente, si può partecipare al festival che promuove il settore – e che attira sempre tantissimi curiosi.

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Fioriscono i prati sulla collina: si tinge di blu e si trasforma in mare

Organizzare un viaggio in primavera è sempre un’ottima idea. Lo è perché è questo il periodo in cui la natura lentamente si risveglia regalandoci quelle che sono le visioni più belle del mondo intero.

In questo periodo, il pianeta che abitiamo si trasforma nel palcoscenico degli spettacoli incredibili di Madre Natura: fioriscono i parchi, i giardini e le montagne, le colline e i viali alberati delle città di tutto il mondo. Sono diverse, infatti, le destinazioni da raggiungere in primavera, le stesse che esplodono in colori e profumi che inebriano e stordiscono i sensi e che tingono di meraviglia i paesaggi che conosciamo.

Ma se è uno spettacolo unico, emozionante e mozzafiato quello al quale volete assistere questa primavera, allora il consiglio è quello di raggiungere il Giappone proprio adesso. È qui che i prati stanno fiorendo, tingendo di blu questa collina che si è trasformata in mare.

Hitachi Seaside Park: la collina che diventa mare

Lo abbiamo già detto, organizzare un viaggio in primavera è sempre un’ottima idea perché ci permette di andare alla scoperta di tutti quei paesaggi incantati che portano la firma di Madre Natura. Ce ne sono tantissimi, in tutto il mondo, ma se è a uno show senza eguali che volete assistere, allora l’indirizzo da raggiungere è uno soltanto.

Ci troviamo a Hitachinaka City, nella prefettura di Ibaraki in Giappone. È qui, a pochi chilometri dalla spiaggia di Ajigaura, che esiste uno dei parchi più affascinanti e suggestivi del Paese e del mondo intero. L’Hitachi Seaside Park, che si si estende per 350 ettari, affaccia direttamente sull’Oceano Pacifico e, in ogni periodo dell’anno, offre spettacoli sempre diversi grazie alle sue magiche e straordinarie fioriture.

Questo è il periodo della nemophila blu, una pianta caratterizzata caratterizzata da fiorellini campanulati di colore blu che fiorisce proprio tra aprile e maggio. Questa specie floristica si estende su tutta la collina di Miharashi nell’Hitachi Seaside Park, al punto tale che durante la sua fioritura il paesaggio esplode in tripudio di colori trasformando l’intero parco in una distesa di mille sfumature di azzurro che ricordano le acque del mare. Lo scenario è idilliaco.

La fioritura più bella del mondo

Situato ad appena 100 chilometri da Tokyo, l’Hitachi Seaside Park è raggiungibile in autobus o in treno proprio dalla capitale giapponese. Prima di organizzare un viaggio qui il consiglio è quello di monitorare lo stato delle fioriture attraverso il sito web del parco.

Come abbiamo anticipato, all’interno del parco è possibile ammirare diverse fioriture durante l’anno grazie ai numerosi esemplari di specie floristiche che sono stati piantati qui. Il parco, infatti, ospita centinaia di cipressi delle paludi si che tingono di un rosso brillante nei mesi tra settembre e ottobre infiammando tutto il paesaggi. Ci sono poi altre fioriture, che si susseguono durante le stagioni, e che incantano e attirano migliaia di viaggiatori provenienti da ogni dove desiderosi di ammirare il paesaggio che muta e che si trasforma.

Eppure se è uno spettacolo etereo che volete ammirare, il consiglio è quello di raggiungere il parco durante la primavera. Tra marzo e aprile, infatti, migliaia di nemophila fioriscono improvvisamente tingendo di blu la collina e creando una distesa infinita di fiori blu che imita, per forme e colori, il mare e che sembra perdersi all’infinito e fondersi con il cielo.