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Sulle orme di San Benedetto: un cammino tra silenzio, fede e Appennino

Il Cammino di San Benedetto è un itinerario a piedi di circa 300 km, che collega Norcia (luogo di nascita di San Benedetto) a Montecassino (dove si trova la sua tomba), attraversando l’Umbria e il Lazio. Si tratta di un percorso spirituale e naturalistico che si sviluppa lungo 20 tappe, prevalentemente su sentieri collinari, strade sterrate e tratti di montagna, toccando borghi medievali, monasteri, eremi e paesaggi straordinari.

Questo cammino, sebbene meno noto di altri percorsi italiani, è perfettamente segnalato, molto curato e capace di offrire un’esperienza intensa, che coniuga ritmo lento, natura e silenzio. È adatto a camminatori con un livello medio di allenamento: non ci sono tratti tecnici, ma la lunghezza e i dislivelli di alcune tappe richiedono preparazione.

Storia del Cammino di San Benedetto

Il cammino ripercorre i luoghi legati alla vita di San Benedetto da Norcia, fondatore dell’Ordine Benedettino e figura fondamentale del monachesimo occidentale. Nato a Norcia nel 480 d.C., visse tra l’Umbria e il Lazio, fondando numerosi monasteri e diffondendo la regola “Ora et Labora”, che ha plasmato la cultura spirituale e sociale dell’Europa medievale.

Tra i luoghi più significativi ci sono Subiaco, dove visse da eremita per anni e fondò dodici monasteri, e Montecassino, dove scrisse la Regola di San Benedetto e fondò l’abbazia madre del suo ordine. Il cammino tocca anche luoghi simbolici come Cascia, Rieti, Rocca Sinibalda, Tivoli, in un viaggio che attraversa secoli di spiritualità, architettura e paesaggi ancora incontaminati.

Le 16 tappe del Cammino di San Benedetto

Il Cammino di San Benedetto si articola in 16 tappe e attraversa l’Appennino centrale da Norcia a Montecassino, seguendo le orme del Santo in un itinerario lineare e coerente, che tocca i luoghi più significativi della sua vita e della spiritualità benedettina.

Tappa 1: Norcia – Cascia (17,4 km, 648 m D+, 5h30m)

Il cammino comincia nel cuore di Norcia, la città dove nacque San Benedetto. L’emozione della partenza si mescola al silenzio delle vie antiche e al paesaggio che già si apre davanti. Dopo i primi chilometri, la strada comincia a salire con decisione: si attraversano colline coperte di boschi, prati aperti e piccoli borghi.

La salita è continua ma mai troppo dura, e regala scorci splendidi sulla Valnerina. Arrivati a Cascia, si viene accolti dalla presenza forte del Santuario di Santa Rita, meta di pellegrinaggi da tutto il mondo. È una tappa che mette alla prova le gambe, ma che offre fin da subito il senso del cammino: lentezza, silenzio, e spiritualità diffusa.

Tappa 2: Cascia – Monteleone di Spoleto (15,8 km, 530 m D+, 5h)

Si lascia Cascia percorrendo strade secondarie e sentieri che attraversano una campagna ampia e silenziosa. La salita iniziale è dolce e progressiva, mentre il percorso si snoda tra colline e altopiani, con pochi centri abitati. Il cammino qui ha un ritmo tranquillo, perfetto per chi vuole rallentare e iniziare a trovare un passo più meditativo.

Monteleone di Spoleto appare all’improvviso su un crinale, con le sue mura antiche e le viuzze in pietra. È uno dei borghi più alti dell’Umbria e conserva un’atmosfera autentica, quasi fuori dal tempo. Conviene arrivare con un po’ di margine per esplorarla.

Tappa 3: Monteleone – Leonessa (13,9 km, 234 m D+, 4h30m)

Dopo due giornate intense, questa tappa più breve permette di rifiatare. Si parte in discesa, lungo una valle che apre lo sguardo verso il Lazio. Il paesaggio è vario: boschi, campi coltivati, e tratti di strada bianca. Non ci sono difficoltà tecniche, ed è una buona occasione per ascoltare il silenzio e osservare i dettagli.

Leonessa è un borgo accogliente, con un centro storico ben conservato e tutto ciò che serve per un pellegrino: bar, farmacia, negozi. Qui si respira già un’aria diversa, più montana, e si inizia a percepire l’isolamento di alcune tappe che verranno.

Tappa 4: Leonessa – Poggio Bustone (18,7 km, 697 m D+, 6h)

La quarta tappa è una delle prime vere sfide fisiche del cammino. Si comincia in piano, poi si affrontano tratti in salita alternati a discese più ripide. Si attraversano boschi densi e si cammina su sentieri poco battuti, con un senso di solitudine che in certi momenti può diventare potente.

Ma proprio in questo isolamento si comprende lo spirito del cammino. L’arrivo a Poggio Bustone, in alto sulla valle, è particolarmente suggestivo. Il paese è legato anche a San Francesco, e ospita un eremo affacciato sulla pianura reatina. La salita finale è ripagata da un senso di pace e da un panorama ampio e luminoso.

Tappa 5: Poggio Bustone – Rieti (20,4 km, 405 m D+, 5h)

La tappa comincia con una lunga discesa, tra boschi e sentieri che si fanno via via più aperti. Si entra nella Valle Santa di Rieti, uno dei luoghi più ricchi di spiritualità del centro Italia. Il percorso non presenta particolari difficoltà, ma è piuttosto lungo, quindi conviene partire con un buon ritmo.

L’arrivo a Rieti segna il passaggio a una dimensione più urbana: la città è viva, con un bel centro storico e tutti i servizi necessari per rifornirsi. È un buon punto per riposarsi, organizzare le tappe successive e, se serve, fare una piccola manutenzione allo zaino o all’equipaggiamento.

Tappa 6: Rieti – Rocca Sinibalda (21,6 km, 588 m D+, 6h)

Una tappa dal profilo collinare, molto varia, che alterna sentieri boscosi a tratti di campagna aperta. I primi chilometri sono facili, poi la salita si fa più costante man mano che ci si avvicina a Rocca Sinibalda, borgo raccolto e dominato da un castello che sembra uscito da una fiaba.

Il colpo d’occhio è notevole, soprattutto quando si arriva nel tardo pomeriggio, con la luce bassa sui tetti in pietra. Non ci sono molti servizi lungo la tappa, quindi è importante portare acqua e qualcosa da mangiare. In compenso, la quiete è totale.

Tappa 7: Rocca Sinibalda – Castel di Tora (18 km, 620 m D+, 6h)

Il cammino prosegue tra saliscendi regolari e boschi che si aprono all’improvviso su vedute spettacolari del Lago del Turano. È una delle tappe più belle dal punto di vista paesaggistico: i riflessi sull’acqua, i profili delle montagne, i borghi in pietra che si affacciano sul lago rendono il percorso memorabile.

Castel di Tora è un piccolo gioiello, arroccato sul lago, con poche strutture ma molto accoglienti. In estate può essere affollato nei weekend, in bassa stagione invece si gode di un silenzio perfetto. L’ultimo tratto in salita può essere faticoso se fatto nel caldo: meglio partire presto.

Tappa 8: Castel di Tora – Orvinio (22,6 km, 1.078 m D+, 7h)

Una tappa lunga, con un dislivello impegnativo e lunghi tratti immersi nel bosco. È una di quelle giornate in cui si cammina tanto e si parla poco: le salite sono numerose e i punti di ristoro assenti. Il sentiero è ben segnato ma isolato, e nei mesi più caldi è importante portare molta acqua.

Quando si arriva a Orvinio, uno dei borghi più belli del Lazio, il senso di fatica si mescola alla soddisfazione. L’atmosfera qui è autentica e tranquilla, con strutture semplici e persone abituate ad accogliere chi arriva a piedi. È una tappa che richiede costanza, ma regala una sensazione profonda di avanzamento.

Tappa 9: Orvinio – Mandela (22,1 km, 726 m D+, 7h)

Si parte da Orvinio lasciandosi alle spalle i crinali silenziosi del Parco dei Monti Lucretili, per scendere progressivamente verso territori più dolci e aperti. Il paesaggio cambia: dalle faggete si passa a colline punteggiate di uliveti e casali isolati. È una tappa lunga, ma con un dislivello ben distribuito e poche vere difficoltà tecniche.

Attenzione però ai tratti assolati, specie in estate: è bene partire presto e avere con sé una buona scorta d’acqua. L’arrivo a Mandela, borgo discreto e raccolto, segna l’ingresso in un’area più densamente abitata. Gli alloggi sono pochi: conviene prenotare.

Tappa 10: Mandela – Subiaco (21,2 km, 662 m D+, 6h)

Questa tappa ha un valore simbolico importante: porta a Subiaco, uno dei luoghi più legati alla figura di San Benedetto. Il percorso si snoda tra colline, tratti boscosi e strade secondarie, con salite e discese mai troppo impegnative ma costanti.

L’arrivo è spettacolare: ci si avvicina alla cittadina dominata dai Monasteri di San Benedetto e di Santa Scolastica, incastonati nella roccia, in una gola scavata dal fiume Aniene. Vale la pena fermarsi un giorno in più per visitarli con calma: il Sacro Speco, in particolare, è uno dei luoghi spirituali più intensi del cammino.

Tappa 11: Subiaco – Trevi nel Lazio (15,2 km, 1.107 m D+, 5h30m)

Nonostante la distanza contenuta, questa tappa è una delle più impegnative in salita dell’intero cammino. Il dislivello si fa sentire, ma la bellezza dei boschi dei Monti Simbruini e la qualità dei sentieri aiutano a mantenere il ritmo.

Dopo ore di salita in mezzo al verde, si sbuca tra le case di Trevi nel Lazio, borgo di montagna autentico e poco turistico, adagiato su un crinale. I servizi sono pochi ma sufficienti. È una giornata che mette alla prova le gambe, ma rafforza il senso di progressione del cammino.

Tappa 12: Trevi nel Lazio – Guarcino (17,4 km, 776 m D+, 5h30m)

Si parte con una discesa tra i boschi, che lascia spazio a tratti più collinari e aperti. Questa tappa offre un bel mix di ambienti: tratti ombrosi alternati a panorami ampi sulla valle. Guarcino è un paese vivo, con negozi e bar, ottimo per una sosta ristoratrice.

Il percorso è ben segnalato, ma in caso di pioggia alcuni tratti nel bosco possono essere scivolosi. Vale la pena fare scorte qui: le tappe successive sono più solitarie e servite da meno strutture.

Tappa 13: Guarcino – Vico nel Lazio (17,7 km, 725 m D+, 5h)

Una giornata tranquilla, con un percorso ondulato tra boschi di querce e ulivi, piccoli campi e crinali erbosi. È una tappa di respiro e contemplazione, senza particolari difficoltà, ma che invita a rallentare e godersi l’ambiente.

L’arrivo a Vico nel Lazio, borgo cinto da mura medievali perfettamente conservate, è suggestivo. Il paese è piccolo e molto accogliente, e in serata il silenzio domina. Una tappa che ricarica lo spirito senza affaticare troppo il corpo.

Tappa 14: Vico nel Lazio – Collepardo (13,2 km, 716 m D+, 4h30m)

Tappa breve ma ricca di salite, da non sottovalutare. Dopo un tratto iniziale panoramico, si entra in una zona più selvaggia, dove i sentieri salgono tra boschi e rocce. In prossimità di Collepardo, il paesaggio diventa sempre più spettacolare.

Il paese è posto su un’altura e regala ampie vedute sulla valle. Da qui si può deviare per visitare la vicina Certosa di Trisulti, un luogo che merita assolutamente. Il consiglio è di arrivare presto e prendersi il tempo per l’escursione pomeridiana.

Tappa 15: Collepardo – Casamari (14,8 km, 331 m D+, 4h30m)

Tappa più tranquilla e meno impegnativa, perfetta per recuperare energie. Si scende dolcemente tra colline e paesaggi agricoli, su un percorso sempre ben tracciato.

L’arrivo a Casamari è emozionante per chi ama l’architettura sacra: l’Abbazia di Casamari, in stile gotico-cistercense, è tra le più belle d’Italia. È possibile visitarla e, in alcuni periodi, pernottare nelle foresterie adiacenti. Una tappa che invita alla calma, alla riflessione e al raccoglimento.

Tappa 16: Casamari – Montecassino (29,1 km, 1.112 m D+, 8h)

L’ultima tappa è la più lunga e impegnativa: quasi trenta chilometri e oltre mille metri di dislivello per raggiungere la meta finale. Si attraversano borghi, colline e lunghi tratti su sentieri di crinale, fino all’imponente Abbazia di Montecassino, visibile da lontano, in cima al monte.

L’emozione cresce passo dopo passo, fino a diventare travolgente negli ultimi chilometri di salita. Arrivati in cima, si può accedere alla tomba di San Benedetto, concludendo il cammino nel luogo dove visse gli ultimi anni della sua vita. È una giornata da affrontare con rispetto, buon passo e orari ben calcolati: l’arrivo a Montecassino segna il compimento di un percorso che è insieme fisico e interiore.

Il Cammino di San Benedetto: sulle tracce del padre del monachesimo occidentale

Il Cammino di San Benedetto è un itinerario spirituale e paesaggistico che collega i tre luoghi chiave della vita del Santo: Norcia, dove nacque; Subiaco, dove visse da eremita e fondò dodici monasteri; e Montecassino, dove scrisse la celebre Regola e fondò il monastero destinato a diventare simbolo del monachesimo occidentale. Il cammino si snoda per circa 300 km, in 16 tappe attraverso l’Appennino centrale, tra Umbria e Lazio, toccando borghi medievali, abbazie millenarie e paesaggi silenziosi, in un equilibrio profondo tra spiritualità, natura e cultura.

A differenza di altri cammini religiosi, questo itinerario non è costruito attorno a un pellegrinaggio devozionale verso una singola meta, ma rappresenta un percorso lineare nella vita e nel pensiero di Benedetto da Norcia. È un cammino di disciplina e riflessione, in cui l’esperienza spirituale si vive nella sobrietà delle foresterie monastiche, nel silenzio dei boschi, nella verticalità delle abbazie arroccate sui crinali.

Quando partire per il cammino benedettino

Il Cammino di San Benedetto si sviluppa tra l’Appennino umbro-laziale e la Ciociaria, zone caratterizzate da dislivelli importanti, boschi fitti e panorami aperti sulle valli. Il periodo migliore per intraprenderlo va da maggio a ottobre, quando le giornate sono lunghe e i sentieri più praticabili. In primavera, i prati si riempiono di fioriture spontanee e le foreste si risvegliano in una varietà di toni verdi che accompagnano il camminatore tra Norcia, Cascia e Monteleone di Spoleto. In autunno, i colori caldi dei boschi della Valle dell’Aniene o del Parco dei Monti Simbruini restituiscono al cammino un’atmosfera raccolta e meditativa.

L’inverno non è consigliato: l’altitudine di alcuni tratti (come tra Leonessa e Poggio Bustone) può comportare neve e fango, rendendo le tappe difficoltose. D’estate, invece, è meglio partire presto al mattino, soprattutto nelle tappe che attraversano zone più esposte, come quelle tra Rocca di Corno, Collepardo e Arpino, per evitare le ore più calde.

Dove dormire lungo il Cammino di San Benedetto

Una delle esperienze più autentiche del Cammino di San Benedetto è l’incontro con la cultura dell’ospitalità benedettina. In diversi tratti è possibile pernottare in monasteri, conventi e strutture religiose, dove l’accoglienza si basa sul principio “ora et hospita“: preghiera e ospitalità. A Subiaco, è possibile alloggiare nei pressi del Sacro Speco, uno dei santuari più suggestivi d’Italia, incastonato nella roccia, dove il tempo sembra essersi fermato.

Quando non si trova ospitalità religiosa, si può contare su B&B, case private e piccoli alberghi gestiti da persone del luogo, spesso sensibili alla spiritualità del cammino. A Trevi nel Lazio, Casamari o San Pietro Infine, è facile essere accolti con semplicità, magari con un pasto preparato in casa e racconti del posto. La prenotazione è consigliata, specie nelle zone più isolate, dove le alternative sono poche. In alcune tappe (come a Filettino o Roccasecca), si sta sviluppando una rete di ospitalità a donativo dedicata ai pellegrini del cammino, in espansione grazie al lavoro di associazioni locali.

Credenziale del cammino benedettino

La Credenziale del Cammino di San Benedetto è molto più di un semplice taccuino di timbri: è un simbolo di appartenenza, una traccia concreta del viaggio intrapreso sulle orme del Santo. Ogni pellegrino può richiederla compilando un modulo online, che consente di riceverla comodamente per posta o di scegliere un punto di ritiro sul percorso. In caso di gruppi o coppie, è sufficiente compilare un solo modulo, indicando nel campo apposito i nomi di tutti i partecipanti: le credenziali verranno spedite insieme all’indirizzo indicato.

Per chi preferisce ritirarla all’inizio del cammino, sono numerosi i punti di distribuzione a Norcia, tra cui l’Ostello Capisterium, il Bar d’Angelisa in Piazza San Benedetto (aperto dalle 6 alle 23), l’Edicola del Corso, l’Hotel Benito e l’Emporio della Sibilla. A Subiaco, invece, la credenziale si può trovare presso il negozio di souvenir dell’Abbazia di Santa Scolastica, punto di riferimento storico e spirituale del tratto centrale del cammino.

Perché scegliere il Cammino di San Benedetto

Il Cammino di San Benedetto è diverso dagli altri cammini italiani. È meno affollato, più silenzioso, spesso più isolato, ma proprio per questo regala un’esperienza profonda, lontana dalla frenesia e dal rumore. È un percorso che alterna spiritualità, natura e autenticità, senza forzature. Non c’è bisogno di essere religiosi per percorrerlo: basta avere il desiderio di camminare in modo vero, continuo, per giorni, attraversando paesaggi che cambiano, borghi dimenticati e luoghi pieni di memoria.

È un cammino che non ti prende per mano, ma ti lascia spazio: spazio per pensare, per ascoltare il tuo passo, per accettare la fatica e scoprire quanto può fare bene una giornata passata tra cielo, alberi e silenzio. Dà tanto, ma non subito: è un cammino che va vissuto con pazienza, giorno dopo giorno, lasciandosi guidare dalla regola benedettina che lo ispira — ora et labora, prega e lavora, ma soprattutto cammina.

Chi lo sceglie spesso non cerca la meta, ma una trasformazione lenta. E il Cammino di San Benedetto, con la sua austerità gentile, la offre a chi sa guardare con occhi semplici.

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Il Cammino di San Francesco: un viaggio tra fede, paesaggi e memorie

Il Cammino di San Francesco, o Via di Francesco, è un pellegrinaggio spirituale e naturalistico che collega i luoghi chiave della vita di San Francesco d’Assisi, attraversando territori di straordinaria bellezza e significato.

Questo cammino non è un unico tracciato, ma un insieme di percorsi convergenti su Assisi, cuore del francescanesimo, con estensioni che proseguono fino a Roma o che partono dalle montagne della Romagna e della Toscana. Lungo il tragitto si incontrano eremi, monasteri, santuari, borghi medievali e paesaggi incontaminati, che rendono il viaggio un’esperienza intensa e trasformativa, anche per chi lo affronta in chiave laica.

Si tratta di un cammino ben segnato, in buona parte su sentieri CAI o percorsi escursionistici consolidati, con tappe di varia lunghezza e dislivello. È percorribile da marzo a novembre, ed è adatto a chi ha un minimo di allenamento.

Origine e significato della Via di Francesco

Il Cammino ripercorre idealmente le orme di San Francesco d’Assisi, vissuto tra il XII e il XIII secolo, visitando i luoghi in cui ha predicato, pregato e compiuto opere significative. Lungo questo itinerario si incontrano siti storici come il Santuario della Verna, dove ricevette le stimmate, il Sacro Speco di Greccio, dove inventò il primo presepe, e ovviamente Assisi, dove nacque, visse e morì.

Questo non è solo un cammino devozionale, ma anche un’opportunità per riscoprire una parte d’Italia fatta di natura, spiritualità e silenzio, con un ritmo lento, sulle tracce di uno dei santi più amati al mondo.

Itinerari principali del Cammino  di San Francesco

Il Cammino di San Francesco non è un unico sentiero, ma un insieme di quattro itinerari principali, tutti legati ai luoghi significativi della vita del Santo. Ogni percorso ha una sua logica geografica, spirituale e paesaggistica, e può essere affrontato in modo autonomo o come parte di un cammino più lungo. Tutti convergono su Assisi:

  • La Via del Nord, da La Verna ad Assisi, è l’itinerario più spirituale e montano.
  • La Via del Sud, da Roma ad Assisi, ripercorre le tappe del ritorno simbolico del pellegrino verso le radici francescane. È un itinerario più collinare e agricolo, ricco di storia e spiritualità, e con molte opportunità di sosta e riflessione.
  • La Via di Roma, che collega La Verna, Assisi e Roma, è il tracciato completo per chi desidera un’esperienza lunga, profonda e continuativa. Unisce la Via del Nord e la Via del Sud in un unico percorso di oltre 500 km. È ideale per chi ha tempo e desidera vivere l’intero arco della vita di Francesco, dalle montagne dell’isolamento alla città simbolo della cristianità.
  • Il Cammino di Assisi, da Dovadola ad Assisi, è un percorso alternativo che parte dalla Romagna e attraversa la dorsale appenninica passando per luoghi mistici come Camaldoli, La Verna e Gubbio. È un itinerario più selvaggio e silenzioso, molto immerso nella natura, adatto a chi cerca isolamento, boschi e la dimensione più contemplativa del cammino.

La Via del Nord (La Verna – Assisi)

La Via del Nord è l’itinerario più spirituale e silenzioso, immerso nella natura appenninica tra Toscana e Umbria. Si parte dal Santuario de La Verna, luogo chiave della vita di San Francesco, dove ricevette le stimmate nel 1224, e si prosegue per circa 190 km in direzione di Assisi.

Le tappe attraversano luoghi ricchi di significato francescano come Sansepolcro, Città di Castello, Pietralunga e Gubbio, dove si svolse il celebre episodio del lupo. Il percorso è mediamente impegnativo: si sviluppa su sentieri montani e collinari, con dislivelli frequenti ma gestibili, alternando tratti boscosi a zone coltivate e borghi storici.

I luoghi da vedere sono molti: il centro rinascimentale di Sansepolcro, le mura di Citerna, la spiritualità di Gubbio, le pievi umbre immerse nei boschi, e naturalmente la Basilica di San Francesco ad Assisi, punto d’arrivo e simbolo del cammino.

La Via del Sud (Roma – Assisi)

La Via del Sud parte da Roma, precisamente dalla Basilica di San Pietro, e risale verso Assisi attraversando circa 250 km di paesaggi vari e carichi di spiritualità. È il percorso che ripercorre il cammino “a ritroso” del pellegrino moderno verso le origini della fede francescana.

Dopo l’uscita da Roma, si cammina tra campagne e colline fino a raggiungere la Valle Santa di Rieti, luogo fondamentale per San Francesco, dove si trovano i quattro santuari francescani: Greccio (dove inventò il presepe), Fontecolombo, La Foresta e Poggio Bustone. Si prosegue poi attraverso borghi medievali come Spoleto, Trevi, Foligno e Spello, tra uliveti, colline umbre e sentieri poco frequentati.

La difficoltà è media: le tappe sono più lunghe ma con dislivelli più contenuti rispetto alla Via del Nord. I paesaggi sono più aperti e collinari, e l’esperienza è arricchita da numerose chiese, abbazie e testimonianze storiche legate alla vita del Santo.

La Via di Roma (La Verna – Assisi – Roma)

La Via di Roma è il cammino più lungo e completo, unendo in un unico itinerario le due vie principali: si parte dal Santuario de La Verna, si attraversa Assisi e si prosegue fino a Roma, per un totale di circa 500 km suddivisibili in 24 tappe.

È un cammino adatto a chi ha tempo a disposizione e desidera un’esperienza profonda, che racchiuda tutti i luoghi più significativi della vita di San Francesco: dalla montagna della contemplazione (La Verna), passando per i luoghi della predicazione (Gubbio, Città di Castello, Foligno), fino alla meta universale della cristianità. Le tappe sono mediamente impegnative, con una varietà di terreni che alternano tratti montani, sentieri collinari, strade sterrate e vie urbane.

I luoghi di interesse sono tantissimi: l’eremo di Montecasale, il centro storico di Spoleto, la Valle Santa, la Basilica di San Francesco ad Assisi e quella di San Pietro a Roma. È un itinerario completo e profondo, perfetto per un viaggio trasformativo.

Il Cammino di Assisi (Dovadola – Assisi)

Meno conosciuto ma estremamente affascinante, il Cammino di Assisi parte dall’eremo di Montepaolo vicino a Dovadola, in provincia di Forlì, e raggiunge Assisi in circa 13 tappe e 300 km.

È un itinerario molto immerso nella natura, che attraversa le Foreste Casentinesi, l’eremo di Camaldoli, il Santuario della Verna e poi si innesta nella Via del Nord. È un percorso ideale per chi cerca solitudine, boschi e contemplazione, con dislivelli importanti soprattutto nella prima metà.

La difficoltà complessiva è medio-alta, ma è ripagata da paesaggi straordinari: faggete, ruscelli, crinali panoramici e borghi nascosti. I luoghi da visitare sono meno turistici ma densi di significato: l’eremo di Camaldoli, il monastero di Corniolo, il santuario della Verna e, più avanti, Gubbio e Assisi. È il cammino ideale per chi desidera un’esperienza profonda, meno battuta, all’insegna della connessione con la natura e la spiritualità francescana.

Credenziale e Testimonium: i segni concreti del pellegrinaggio francescano

Nel Cammino di San Francesco, la Credenziale non è solo un documento funzionale: è un segno tangibile dell’ingresso nel pellegrinaggio. Viene rilasciata in numerosi punti del percorso – tra cui La Verna, Gubbio, Rieti, Greccio, Spoleto, Roma e Assisi – e permette di raccogliere i timbri delle tappe, custodendo simbolicamente le orme del proprio cammino verso la città del Santo. Ogni timbro rappresenta un passaggio fisico ma anche spirituale, che diventa parte di un racconto personale fatto di strade, incontri, silenzi.

Al termine del cammino, giungendo ad Assisi, il pellegrino che ha percorso almeno gli ultimi 100 km a piedi (o 200 km in bicicletta) può presentare la credenziale presso l’Ufficio del Pellegrino del Sacro Convento di San Francesco (Porta San Francesco, ingresso basilica inferiore) per ricevere il Testimonium Viae Francisci, l’attestato ufficiale del pellegrinaggio francescano. È una pergamena rilasciata gratuitamente come segno di compimento del percorso, legata alla spiritualità dell’accoglienza francescana. Il cammino stesso, timbro dopo timbro, diventa un pellegrinaggio vissuto anche nei gesti.

Quando partire per la Via di Francesco

Il Cammino di San Francesco si snoda tra zone montane, collinari e appenniniche, e attraversa territori come il Casentino, l’Appennino umbro, la Valle Santa reatina e l’Umbria centrale. Le stagioni più adatte per percorrerlo sono la primavera (aprile–giugno) e l’inizio autunno (settembre–ottobre), quando i sentieri sono percorribili e la luce valorizza i paesaggi francescani: i boschi della Verna, i campi tra Spello e Assisi, le querce di Greccio, i colli di Spoleto.

In estate, l’esposizione di molti tratti collinari (come nella zona tra Foligno, Trevi e Spello) rende il cammino più faticoso per via del caldo. In inverno, invece, la neve può rendere inaccessibili tappe alte come La Verna – Pieve Santo Stefano o Citerna – Gubbio. Ogni stagione, però, ha una valenza simbolica: la fioritura primaverile ricorda la gioia di Francesco, mentre l’autunno evoca il tempo del ritorno e della contemplazione. Prima di partire, è bene informarsi sulle condizioni meteorologiche e sulla disponibilità delle strutture religiose, alcune delle quali chiudono nei mesi più freddi.

Dove dormire: ospitalità francescana e accoglienza autentica

Lungo il Cammino di San Francesco si trova una rete di ospitalità spirituale e rurale che riflette la filosofia del Santo: semplicità, condivisione, essenzialità. I pellegrini possono alloggiare in conventi francescani, parrocchie, monasteri, ostelli e case di accoglienza che spesso offrono donativo o contributi simbolici. Tra i più significativi vi sono la foresteria della Verna, le accoglienze parrocchiali a Pietralunga, i conventi di Fontecolombo e Poggio Bustone nella Valle Santa.

Accanto a queste, esistono numerose strutture laiche (B&B, agriturismi, locande) che hanno aderito al progetto Via di Francesco, offrendo accoglienza con spirito collaborativo e attento al pellegrino. Il consiglio è di prenotare sempre con qualche giorno di anticipo, soprattutto nei mesi centrali o nei tratti meno battuti come la Via del Sud tra Poggio San Lorenzo e Narni.

Cosa portare nello zaino per un cammino francescano

Il Cammino di San Francesco richiede uno zaino leggero ma ben pensato, adatto a terreni variabili tra boschi, colline e centri abitati, spesso alternando strade bianche, sentieri CAI e tratti asfaltati secondari. Uno zaino da 35-40 litri è sufficiente per chi viaggia in autonomia con soste in strutture. L’essenziale include scarponcini da trekking impermeabili, bastoncini, cappello, giacca antivento e antipioggia, oltre a uno o due cambi tecnici a strati.

Chi percorre la Via del Nord attraversa ambienti montani: La Verna, Montecasale, i crinali tra Umbria e Toscana, dove il clima può cambiare rapidamente. Serve quindi una giacca calda, una coperta termica, e in primavera/inverno anche guanti e berretto. Sulla Via del Sud, invece, prevalgono tratti agricoli e collinari, dove sono utili protezioni solari, boraccia da almeno 1,5 L e un coprizaino impermeabile. Non deve mancare una credenziale plastificata, una torcia frontale, una carta dei sentieri o app GPS (con le tracce della Via scaricate da siti ufficiali), oltre a uno spazio per il diario di viaggio.

Camminare lungo le vie di Francesco non è un’impresa tecnica, ma serve cura: non tanto per superare ostacoli, quanto per rimanere fedeli a una scelta di sobrietà, ascolto e rispetto dei luoghi. Ogni oggetto portato dovrebbe rispondere al principio: “mi serve davvero?” — come avrebbe chiesto il Poverello d’Assisi.

Perché scegliere il Cammino di San Francesco

Il Cammino di San Francesco non è solo un percorso fisico: è un viaggio interiore, un invito a rallentare, osservare, ascoltare. È un cammino che unisce natura, silenzio e spiritualità, adatto a chi vuole vivere giorni di semplicità e autenticità. Lungo la strada, ogni bosco diventa un luogo di riflessione, ogni borgo un’opportunità di incontro. Sia che tu parta da La Verna, da Roma, da Dovadola o da Assisi, troverai un cammino che ti cambia.

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La Linea di San Michele, il mistero di un cammino immaginario che attraversa storia e leggenda

Uno dei santi più venerati al mondo? San Michele: proprio per questo esistono tantissimi luoghi di culto dedicate proprio a questa figura. Una curiosità però riguarda la creazione di 7 santuari che sono collegati tra loro da quella che viene chiamata “Linea Sacra di San Michele”. Di cosa si tratta? Una sorta di riga immaginaria che si sviluppa per più di 2000 chilometri e collega tra loro sette monasteri dedicati proprio all’arcangelo. Ma quali sono? E di cosa si tratta? Approfondiamolo insieme.

Cos’è la linea di San Michele

Esiste una linea invisibile che collega l’Europa al Medio Oriente, una sorta di filo sottile che unisce luoghi carichi di storia e fede che molti chiamano linea di San Michele. Una leggenda racconta che sarebbe nata da un colpo di spada dell’arcangelo stesso durante una lotta epica contro il male. Un gesto potente che avrebbe inciso una traccia perfetta attraverso i secoli e i continenti. In realtà, più che una prova storica o scientifica, siamo di fronte a una suggestione, un insieme di santuari e monasteri dedicati all’arcangelo che, osservati su una mappa, sembrano disporsi lungo una traiettoria sorprendentemente lineare.

Si parte dall’Irlanda, da un isolotto battuto dal vento dove sorge l’antichissimo monastero di Skellig Michael. La linea prosegue per la Cornovaglia e la Normandia, attraversa l’Italia e prosegue fino alla Grecia per arrivare alla Terra Santa.

Dal punto di vista storico, non esiste alcuna prova che questi luoghi siano stati pensati per allinearsi. In effetti, se si osservano i dati con occhio critico, si scopre che alcuni di questi santuari si discostano dalla linea retta di diversi chilometri. Ma forse non è importante che tutto sia matematicamente perfetto. Il fascino della Linea di San Michele sta proprio nella sua capacità di evocare una connessione antica, spirituale e immaginifica, che resiste al tempo e alla razionalità.

E poi c’è un dettaglio che rende tutto ancora più intrigante: questa linea sacra si allinea con il tramonto del solstizio d’estate, quasi a voler sottolineare, ancora una volta, un legame segreto tra cielo e terra. Oggi la si percorre idealmente o fisicamente con un pellegrinaggio che accoglie ogni anno devoti al santo. Vediamo nel dettaglio quali sono i 7 santuari disposti sulla linea di San Michele.

Skellig Michael in Irlanda

Il viaggio inizia tra le onde impetuose dell’oceano Atlantico, su un isolotto roccioso al largo delle coste irlandesi. Qui si trova Skellig Michael, un monastero fondato dai monaci irlandesi intorno al VI secolo. Isolati dal resto del mondo, questi uomini vivevano tra capanne di pietra a secco, sfidando la furia degli elementi. Dedicato a San Michele solo più tardi, tra il X e l’XI secolo, questo luogo oggi è conosciuto anche per aver prestato la sua bellezza selvaggia a celebri riprese cinematografiche, ma il suo spirito resta profondamente legato alla ricerca della solitudine e della contemplazione.

Skellig Michael in Irlanda

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Sulla linea di San Michele il primo monastero è quello di Skellig Michael in Irlanda

St Michael’s Mount nel Regno Unito

Proseguendo verso sud, si incontra il St Michael’s Mount, in Cornovaglia. Anche questo è un isolotto, raggiungibile a piedi solo durante la bassa marea, come se il cammino stesso richiedesse rispetto e attesa. Il culto della figura è arrivato sul territorio anglosassone nell’VIII secolo e l’abbazia ne mostra le prove creando un legame forte con Mont Saint Michel in Francia tanto nell’architettura quanto nello spirito.

Mont Saint Michel in Francia

Ed eccoci al Mont Saint Michel, in Normandia, forse il più famoso santuario della linea. Un vero e proprio capolavoro dal punto di vista architettonico che ha come plus la posizione privilegiata su una penisola che diventa una vera e propria isola quando il mare non si ritira. Il complesso nasce come struttura in stile gotico creando un equilibrio tra cielo e terra e offrendo ai visitatori l’invito profondo di guardare oltre l’orizzonte.

Linea di San Michele in Francia con Mont Saint Michel

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Lungo la linea di San Michele c’è anche Mont Saint Michel in Francia

Sacra di San Michele in Italia

E nel Belpaese? In Piemonte si trova la prima struttura religiosa dedicata all’arcangelo: si tratta della sacra di San Michele. Domina la Val di Susa con una posizione privilegiata e veste i panni di una sentinella silenziosa. A portare la venerazione del santo ci hanno pensato i longobardi che vedevano nella figura un protettore potente e che aveva in comune il desiderio di lottare contro il male. Il complesso così come lo vediamo oggi risale all’XI e al XII secolo e pare abbia persino ispirato Umberto Eco nella scrittura del romanzo Il nome della rosa, libro in cui l’edificio religioso diventa teatro di intrighi e rivelazioni.

Santuario di San Michele Arcangelo in Italia

Scendendo lungo l’Italia, si raggiunge il Gargano, in Puglia, dove si trova il Santuario di San Michele Arcangelo. Costruito intorno a una grotta, meta di pellegrinaggi già in epoca altomedievale, questo luogo è legato a varie apparizioni dell’arcangelo, raccontate con devozione da secoli. I Longobardi, dopo la loro conversione al cristianesimo, fecero del culto di San Michele un vero pilastro della loro identità, trasferendo su di lui le virtù guerriere un tempo attribuite agli antichi dei germanici. Oggi il santuario, protetto dall’UNESCO, conserva intatta la sua anima antica, accogliendo chiunque sia in cerca di protezione e spiritualità.

Monastero di San Michele Arcangelo di Panormitis in Grecia

Attraversato il mare, si approda sull’isola di Simi, nel Dodecaneso greco. Qui si trova il Monastero di San Michele Arcangelo di Panormitis. La storia di questo luogo? Si perde nel tempo ma il design che conosciamo oggi risale al XVIII secolo. Tuttora è un luogo di devozione profonda e il popolo ne è profondamente legato considerando l’arcangelo il protettore dei marinai e dei viandanti.

Monastero di Stella Maris in Israele

L’ultima tappa di questo lungo percorso si trova in Israele, sul Monte Carmelo. È qui che sorge il Monastero di Stella Maris, ad Haifa. Oggi il santuario è dedicato alla Madonna ma resta un luogo di culto di San Michele. Basti pensare che fin dal medioevo monaci e pellegrini cercavano rifugio proprio nelle grotte di questo monte sperando che l’arcangelo guerriero facesse da faro spirituale. Insomma, ad oggi questo luogo carico di spiritualità unisce 7 abbazie dedicate proprio a San Michele lungo una linea immaginaria da scoprire.

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Camaldoli, il borgo più spirituale d’Italia dove rallentare e ritrovare il piacere del tempo

L’ospitalità vera ha origini antiche ed è una qualità che va coltivata attraverso il tempo. Visitando il borgo di Camaldoli e incontrando i monaci che l’abitano, l’ospitalità si respira nell’aria, insieme a un senso di pace e spiritualità.

È nell’anno Mille, infatti, che il monaco benedettino San Romualdo, originario di Ravenna, fondò il primo nucleo dell’Eremo di Camaldoli, cinque celle e un piccolo oratorio dedicato a San Salvatore Trasfigurato. Sempre in quel periodo vennero gettate le fondamenta dell’attuale Monastero e di un ospizio nato per accogliere i pellegrini e viandanti.

Oggi, questa piccola oasi di pace e silenzio circondata da una foresta, è ancora abitata da un gruppo di monaci che si dedica alla preghiera, al lavoro, ma anche all’accoglienza. Negli spazi del Monastero e in quelli della Foresteria, infatti, è possibile soggiornare in autonomia, per ritrovare il tempo da dedicare a se stessi, o condividendo la vita monastica partecipando alle iniziative organizzate dai monaci.

Dove si trova il borgo di Camaldoli

Il borgo di Camaldoli, immerso nello splendido contesto naturale offerto dalle foreste casentinesi, fa parte del comune di Poppi, in provincia di Arezzo. Essendo in una posizione isolata, per raggiungerlo dovete possedere un’auto e guidare per un’ora se partite dal capoluogo, Arezzo, un’ora e mezzo da Firenze e oltre due ore da Pisa e Livorno.

Cosa vedere nel borgo di Camaldoli

Camaldoli è sicuramente uno dei borghi da vedere nel casentino toscano. Seppur di piccole dimensioni, le cose da visitare sono molto interessanti e si sposano alla perfezione con questo luogo, intriso di spiritualità.

Eremo di Camaldoli

Il Sacro Eremo di Camaldoli è sicuramente il luogo più suggestivo da scoprire durante la vostra visita. La scelta di chiamarlo ‘Eremo’ non è casuale: in greco significa deserto e rimanda alla spiritualità dei padri del deserto, monaci che si ritirarono fin dai primi secoli del cristianesimo nei deserti della Siria, della Palestina e dell’Egitto per vivere una quotidianità intessuta di preghiera, silenzio, solitudine e lavoro.

Situato a oltre mille metri di altezza, è abitato dai monaci ed è costituito da una serie di edifici che si affacciano su un cortile interno. Qui si trova la piccola chiesa dedicata a San Salvatore Trasfigurato e la cella di San Romualdo, dove il santo trascorreva le sue giornate, l’unica visitabile perché le altre sono adibite ad abitazioni private dei monaci.

Monastero Camaldoli

Fonte: Getty Images

Il cortile interno nel Monastero di Camaldoli

Il Monastero

A circa tre chilometri dall’Eremo si trova il Monastero di origine medievale, ingrandito e ristrutturato nel corso dei secoli. Il Monastero, chiamato anche Cenobio, è il luogo dove i monaci, pur vivendo anche la solitudine, fanno esperienza di vita fraterna e di comunione. L’accoglienza, qui, si respira negli spazi del Monastero e in quelli della Foresteria, dove possono soggiornare i pellegrini.

Il monastero si sviluppa attorno al chiostro centrale, decorato con archi e colonne. Qui si trova un refettorio con soffitto a cassettoni arredato con stalli in noce e, su una parete, è possibile ammirare una tela del Pomarancio, rappresentante Cristo servito dagli angeli.

L’Antica Farmacia

Un altro luogo particolarmente affascinante è l’Antica Farmacia o Spezieria di Camaldoli. Risalente al 1046, rappresenta il laboratorio galenico dove i monaci lavoravano le erbe per preparare i medicinali. Qui ci sono ancora i mobili del ‘600, sovrastati da un soffitto in legno a cassettoni, dove potrete ammirare numerosi libri e ricettari originali risalenti al XV secolo e molti strumenti antichi come alambicchi, mortai, distillatori di rame, torchi in legno, orci oleari e una macina a caldo.

L’ingresso all’Antica Farmacia di Camaldoli è gratuito ed è presente un negozio dove acquistare i prodotti farmaceutici naturali realizzati dai monaci.

La Foresteria

Infine c’è la Foresteria, il luogo dedicato all’ospitalità che, nella seconda metà del Quattrocento, accolse anche Lorenzo il Magnifico con la sua corte di uomini di cultura, come Marsilio Ficino e Leon Battista Alberti. Qui, nel rispetto dei monaci e della loro vita quotidiana, possono dormire fino a 150 persone. Al suo interno dispone anche di spazi per incontri, sale per conferenze e luoghi per il silenzio e la preghiera.

Celle monaci Camaldoli

Fonte: Getty Images

Le celle dei monaci a Camaldoli

Cosa fare a Camaldoli

Dopo aver visitato gli ambienti dei monaci e se avete a disposizione scarpe comode, consigliamo di fare qualche trekking nei dintorni. Inoltre, potete arrivare all’Eremo e al Monastero direttamente a piedi perché Camaldoli si trova proprio sulla via di diversi cammini spirituali, uno su tutti il Cammino di San Romualdo. Il percorso, conosciuto anche come ‘Viae Sancti Romualdi’ comincia da Ravenna, dove il Santo nacque e fu ordinato abate, e in 30 tappe giunge a Fabriano, luogo che conserva le sue spoglie, attraversando Romagna, Toscana, Umbria e Marche.

Essendo un cammino particolarmente lungo e suddiviso in più tappe, potreste decidere di farne solo una parte nei dintorni di Camaldoli per completare quest’esperienza di viaggio in armonia con lo stile di vita di chi ha gettato le basi di questo borgo unico.

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Weekend di ottobre tra i monasteri e i luoghi sacri dell’Emilia Romagna

Ottobre è un mese pieno di eventi, perché entriamo nel vivo della stagione autunnale, un periodo meraviglioso dell’anno in cui il paesaggio si tinge dei colori del foliage e le tavole si arricchiscono di prodotti eccezionali, come la zucca, i funghi e le castagne.

In Emilia-Romagna, la regione italiana con il maggior numero di prodotti Dop e Igp (ben 44), il mese di ottobre è carico di eventi, come quelli proposti ogni fine settimana dall’iniziativa chiamata Monasteri Aperti. In questo caso, infatti, il progetto mira a valorizzare il territorio della regione tramite un percorso di riscoperta dei più antichi e bei monasteri locali, attraverso itinerari che percorrono i luoghi sacri più iconici.
Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta e quali sono le oltre 80 manifestazioni in programma.

L’Emilia-Romagna e gli eventi sui luoghi sacri

Sono più di 80 gli eventi che l’iniziativa Monasteri Aperti promuove in Emilia-Romagna nei weekend del mese di ottobre: saranno previste tantissime attività outdoor, come escursioni a passo di trekking lungo i cammini religiosi, visite guidate a santuari e luoghi sacri, esibizioni musicali a tema sacro e scoperte gastronomiche di ricette monastiche della tradizione locale.
L’iniziativa, promossa da Apt Servizi Emilia-Romagna in collaborazione con la Conferenza Episcopale della Regione Emilia-Romagna e il circuito dei Cammini dell’Emilia-Romagna, ha lo scopo di promuovere il territorio e i suoi luoghi sacri più simbolici anche grazie ad attività peculiari come le lezioni di scrittura carolina, le escursioni nel Circuito dei 21 Cammini e Vie di Pellegrinaggio dell’Emilia-Romagna e molto altro, da Piacenza a Rimini, attraversando anche le città di Ferrara e Ravenna.

Tutti gli eventi di Monasteri Aperti nei weekend di ottobre

Piacenza

Il Monastero di Bobbio, nei pressi di Piacenza, vi aspetta sabato 5 ottobre per assistere al concerto di cornamuse “Rosa sine spina”, dove verranno suonati da abili musicisti alcuni interessanti manoscritti di epoca medievale.

Parma

A Parma, i primi 3 sabati del mese di ottobre la Diocesi propone una visita allo splendido Battistero, mentre nelle quattro domeniche del mese il Centro Studi e Archivio della Comunicazione – CSAC dell’Università di Parma aprirà al pubblico la trecentesca Abbazia di Valserena. Sabato 5 e domenica 6 ottobre, invece, i visitatori saranno accolti nella Chiesa di San Francesco del Prato, per l’evento guidato sopra i ponteggi, che permetterà di ammirare più da vicino l’abside e gli affreschi dell’edificio religioso.
Abbazia di Valserena, Parma

Fonte: iStock

La monumentale Abbazia di Valserena
Sempre nel parmense, lungo la Via dei Linari, ogni domenica del mese è aperto al pubblico il Monastero di Lagrimone, dove incontrare persino le suore Clarisse di clausura, oppure passeggiare nella Valle dei Cavalieri, alla Pieve di Zibana e lungo il Ponte di Lugagnano.
A Langhirano, sempre in provincia di Parma, i monasteri aperti saranno due, nelle domeniche del 13, 20 e 27 ottobre: il Monastero di Lagrimone e la Badia Benedettina di Torrechiara. Alla fine dell’escursione è anche previsto un pranzo al Refettorio della Badia di Torrechiara.
A Busseto, invece, sabato 5 ottobre ci si potrà dare al trekking in città sulle tracce di bellissimi luoghi di culto e in direzione del Monastero di Santa Maria degli Angeli, sulla Via Francigena. Domenica 20 ottobre, invece, la Cappella Ducale di San Liborio della Reggia di Colorno permetterà una visita guidata che spiega la vita monastica del Convento dei Frati Domenicani, mentre a Fidenza nel venerdì del 18 ottobre si potrà visitare il Convento dei Frati Minori Cappuccini.

Reggio Emilia

A Campagnola Emilia, nella provincia di Reggio Emilia, si trova la chiesa di Sant’Andrea al Castellazzo, conosciuta come la “chiesa matildica dimenticata”. Matilde di Canossa vi soggiornò nel 1108 e sarà possibile visitarla nel weekend del 5 e 6 ottobre. Il 12 ottobre, invece, si terrà l’iniziativa “Casina e le sue Pievi”, un viaggio tra le antiche Pievi reggiane dell’XI/XII secolo, con tappa alla Pieve di Santa Maria Assunta in Pianzo. 

Domenica 6 ottobre a Rubiera si potrà scoprire un antico ospitale e il Santuario che ospita la più grande collezione di Ex voto d’Italia, lungo la Via Romea Germanica Imperiale. Sempre il 5 ottobre, ci sarà una visita guidata alla Pieve di Toano, con vista sul Castello di Carpineti e sulla Pietra di Bismantova. Nella stessa Pieve si svolgeranno diversi eventi nelle date del 5, 12, 13, 19 e 27 ottobre. 

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Il Castello di Carpineti in provincia di Reggio Emila

Inoltre, il 5 ottobre apriranno le porte l’Abbazia e il Monastero Benedettino di Marola, mentre il 12 ottobre si potrà accedere all’Eremo benedettino ai piedi della Pietra di Bismantova, recentemente ristrutturato.

Modena

A Serramazzoni, in provincia di Modena, domenica 5 e 19 ottobre i visitatori potranno esplorare la seicentesca Chiesa di San Geminiano accompagnati da una guida. Nell’Abbazia di Nonantola, invece, si terranno diverse attività: sabato 12 ottobre ci sarà un laboratorio per bambini nel giardino abbaziale, dove un tempo sorgeva l’antico chiostro. Per gli adulti, nelle domeniche 6 e 27 ottobre, sono previste visite guidate all’Abbazia e al museo, oltre a un laboratorio di scrittura carolina e miniatura del capolettera.

Bologna

A Bologna, il Convento di San Martino Maggiore organizza sabato 5 ottobre un pellegrinaggio pensato per i più piccoli. Lo stesso luogo, sabato 26 ottobre, offre una visita guidata alla Basilica, al chiostro e alla sacrestia, con il supporto di una guida esperta. 

Domenica 13 ottobre, si potrà partecipare a un cammino che attraversa alcuni dei luoghi di fede più suggestivi dei Colli Bolognesi, partendo dalla Basilica di San Martino Maggiore e passando per la Chiesa di San Martino a Casalecchio di Reno, con una tappa al Santuario della Madonna di San Luca. 

Inoltre, domenica 6 ottobre, nel Complesso conventuale di San Martino Maggiore si terrà la XXVIII Edizione della Rassegna Internazionale dei Vespri d’organo.

Ferrara

“La via dello spirito” è un percorso che ripercorre le antiche rotte dei pellegrini medievali, partendo dall’Abbazia di Pomposa a Codigoro (FE) e arrivando fino al Lido delle Nazioni nel Delta del Po. Questo suggestivo itinerario sarà al centro di un’escursione organizzata per sabato 5 ottobre. 

Abbazia di Pomposa a Codigoro, Ferrara

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La bellissima Abbazia di Pomposa a Codigoro, in provincia di Ferrara

Domenica 6 ottobre, lo stesso tema ispirerà una gita che parte dalle Valli di Comacchio per arrivare al Santuario della Madonna del Bosco. Sempre il 6 ottobre, ad Argenta (FE), sarà possibile visitare il Santuario della Celletta e assistere a una conferenza che ne ripercorre la storia.

Forlì-Cesena

In Alto Savio, provincia di Forlì-Cesena, ci sono diverse proposte. Ogni weekend, dal venerdì alla domenica, è possibile prenotare due giorni di escursioni lungo la Via Romea Germanica, seguendo il percorso descritto dal Monaco Alberto di Stade nel 1236. Il programma prevede due tappe che attraversano l’Appennino: una con partenza da Santa Sofia e arrivo a Bagno di Romagna, o seguendo la via storica da Civitella, e l’altra da Bagno di Romagna a La Verna. Lungo il cammino si visitano l’Eremo di Corzano e la Basilica di Santa Maria Assunta di Bagno di Romagna. Inoltre, il 4 ottobre a Bagno di Romagna si terrà una conferenza sulla Via Romea Germanica con video e letture tratte dagli Annales Stadenses del 1250.

Domenica 6 ottobre sarà organizzato un trekking di 20 km lungo il Cammino di San Francesco, in occasione degli 800 anni della imposizione delle Sacre Stimmate, partendo da Bagno di Romagna fino al “Sacro Monte”. Sempre il 5 ottobre, un’escursione porterà i partecipanti dal Cippo delle vittime dell’eccidio del Carnaio fino al Santuario di Corzano e alla chiesa parrocchiale di San Pietro.

Domenica 27 ottobre, è prevista una passeggiata lungo una mulattiera con visita guidata al Santuario e alla Rocca di Corzano, concludendo con la Sagra dello Zambudello, una salsiccia tradizionale. Il 5 ottobre si potrà anche visitare il Museo d’Arte Sacra della Basilica di Santa Maria Assunta. Il 5 e 6 ottobre, a Mercato Saraceno, saranno aperte pievi e chiese ricche di opere d’arte, e lo stesso weekend vedrà anche l’apertura del Santuario della Madonna del Cantone e dell’Eremo di Montepaolo.

Inoltre, il 13 ottobre a Castrocaro Terme è prevista un’apertura straordinaria della Fortezza che custodisce la Chiesa di Santa Barbara.

Ravenna

Domenica 13 ottobre, nel pittoresco borgo di Brisighella (RA), sarà possibile partecipare a una visita guidata che esplora il Convento dell’Osservanza, inclusi la chiesa, le celle e il chiostro. A Rimini, nei weekend del 12-13 e 26-27 ottobre, apriranno le porte la Chiesa di San Bernardino e l’antica sagrestia con il Crocifisso del XVIII secolo di Innocenzo da Petralia. Durante la visita, sarà possibile incontrare le suore clarisse che risiedono nel Convento e condividere momenti con le monache di clausura.

Il 12 ottobre, a Sant’Agata Feltria (RN), si terrà un incontro dedicato al monachesimo femminile. Nello stesso mese, tutte le domeniche, a Santarcangelo di Romagna sarà accessibile il Monastero delle Sante Caterina e Barbara, parte del Cammino di San Francesco. Qui si potrà visitare la grotta circolare sotto il complesso monastico e camminare lungo l’antica via medievale che attraversa l’orto del Convento.

Infine, a Pennabilli (RN), domenica 27 ottobre, si terrà una visita guidata al Monastero Servi del Paraclito e al Museo del Montefeltro.

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Ribeira Sacra, regione incontaminata e ricca storia

Nel cuore della Galizia, lontano dalle rotte turistiche più battute, si cela la Ribeira Sacra, una fiabesca regione che incanta grazie alla bellezza naturale, alla storia millenaria e alla preziosa tradizione vinicola. Si tratta davvero di una terra affascinante, che si estende lungo le rive dei fiumi Miño e Sil, e dona a chi la raggiunge un’esperienza unica, al cospetto di canyon spettacolari, antichi monasteri e vigneti terrazzati: insomma, un viaggio dai ricordi indelebili.

Il nome “Ribeira Sacra” significa “riva sacra” e deriva dalla straordinaria presenza di monasteri, costruiti in posizioni spesso inaccessibili e suggestive, luoghi destinati alla contemplazione e alla preghiera che ancora oggi rievocano un’atmosfera intrisa di silenzio e pace. La loro presenza ha, inoltre, lasciato un’impronta profonda nella cultura e nella storia della regione, rendendola meta di pellegrinaggio e riflessione.

Ribeira Sacra, un patrimonio artistico e culturale d’eccellenza

La Ribeira Sacra è una di quelle località per cui dire che “il tempo sembra essersi fermato” non è un’esagerazione. Le sue radici, infatti, affondano nell’epoca romana (come dimostrano le numerose vestigia archeologiche del periodo) ed è durante il Medioevo che assume il suo carattere distintivo, diventando un centro spirituale di primaria importanza.

I monasteri e le chiese romaniche sono vive testimonianze di un passato in cui la vita monastica giocava un ruolo importante e rappresentano il principale esempio di architettura romanica rurale in Europa, un patrimonio culturale e artistico di assoluto valore.

A questo proposito, seguendo il corso del fiume Sil, si possono visitare svariati monasteri benedettini di notevole interesse culturale, come Santo Estevo de Ribas de Sil, edificato tra il XII e il XVIII secolo e oggi trasformato in un lussuoso hotel, di cui sono ancora accessibili i chiostri e la chiesa, Santa Cristina de Ribas de Sil, Santa María de Montederramo e San Pedro de Rocas, un monastero scavato nella roccia che, secondo le iscrizioni rinvenute, ospitò una delle prime comunità monastiche della zona.

Proseguendo il cammino nel territorio vegliato dai pendii affacciati sul Miño, si incontrano altri importanti monasteri come Santo Estevo de Ribas de Miño e San Paio de Diomondi, oltre a chiese di spicco quali San Miguel de Eiré, San Martiño da Cova e San Fiz de Cangas.

Le attrazioni naturalistiche da non perdere

Uno dei tesori naturali più spettacolari della Ribeira Sacra è il Canyon del Sil. Le sue pareti rocciose, che si innalzano in maniera vertiginosa sopra il fiume, creano un panorama di rara bellezza. Non manca l’occasione di esplorare il canyon a bordo di piccole imbarcazioni che solcano le placide acque del fiume e offrono una prospettiva inedita sulle scogliere e sui vigneti terrazzati che si arrampicano lungo i pendii. Per chi invece preferisce “rimanere con i piedi per terra”, i numerosi punti panoramici, come il Mirador de Cabezoás, regalano a loro volta viste che lasciano senza fiato.

Una menzione a parte la merita poi la viticoltura che qui è un’arte antica, risalente ai tempi dei Romani: non a caso, i già citati vigneti terrazzati sono il risultato di secoli di lavoro e dedizione. Oggi, i viticoltori coltivano uve autoctone come il Mencía e il Godello da cui si ottengono vini di grande qualità e carattere, e le cantine locali propongono tour e degustazioni per scoprire i segreti di una tradizione millenaria e assaporare il nettare di Bacco in un contesto senza eguali.

Un paradiso per le escursioni e i tour enogastronomici

Ma non è tutto. La Ribeira Sacra è un autentico paradiso per gli amanti della natura, delle escursioni, del trekking, delle passeggiate a cavallo e della mountain bike.

I percorsi escursionistici, come il Ruta de los Monasterios e il Sendero del Cañón del Río Mao, attraversano paesaggi indimenticabili e permettono di immergersi nella storia e nella natura incontaminata: camminare lungo questi sentieri significa ammirare monasteri nascosti, lussureggianti boschi incantati e vedute panoramiche sui fiumi che scorrono a valle.

Infine, chi desidera unire una vacanza attiva all’aria aperta con le bontà della gastronomia tipica, oltre alle degustazioni dei vini pregiati, deve provare la cucina galiziana che, con i suoi sapori autentici e i piatti della tradizione, è un viaggio nel viaggio. Tra le specialità da assaggiare ci sono il pulpo a la gallega, antipasto servito con paprica e olio d’oliva, e la tarta de Santiago, un dolce a base di mandorle che delizia il palato.

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Torremaggiore, il borgo la cui storia è legata a un monastero

Nel cuore dell’Alto Tavoliere delle Puglie, in provincia di Foggia a soli sei chilometri da San Severo, ecco Torremaggiore, uno dei comuni più popolosi nonché importante centro agricolo di interesse storico e culturale, sorto attorno al Monastero Terra Maioris, complesso benedettino del XI secolo.

Si tratta di uno degli innumerevoli borghi affascinanti della Puglia, passato sotto il dominio dei Templari per poi divenire feudo della potente famiglia del Sangro.

Nonostante i due violenti terremoti che colpirono il colle sui cui svetta, rispettivamente nel 1627 e 1688, Torremaggiore conserva ancora l’impronta medievale e le vestigia più significative del suo passato.

Cosa vedere a Torremaggiore nell’atmosfera di un tempo che fu

scorcio torremaggiore puglia

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Vicolo di Torremaggiore

Come appena accennato, il borgo pugliese accoglie i visitatori in un’atmosfera ricca di sensazioni di un tempo passato, a partire dal suggestivo Castello ducale de Sangro con due torri circolari e quattro quadrate, la maestosa dimora settecentesca dell’omonima nobile famiglia, “monumento nazionale” dal 22 agosto 1902 e oggi sede del Museo Civico “Giacomo Negri” che conserva una notevole collezione di sculture dell’artista contemporaneo originario di qui e scomparso nel 1973.

Passeggiando per le vie del centro storico, lo sguardo viene catturato anche dagli svettanti campanili delle numerose chiese che si ergono tra le abitazioni, quali la Chiesa Matrice di San Nicola di Bari, risalente ai primi anni del XVII, con tre ingressi, la Chiesa della Madonna del Carmine o della Madonna Addolorata edificata nel 1730, dalla facciata barocca, la Chiesa conventuale di Santa Maria degli Angeli e il Santuario di Maria Santissima della Fontana, che trae origine dalla chiesa realizzata su volere dei benedettini nel X secolo laddove sorgeva una fontana pubblica, meta di pellegrinaggio e fede.

Sulla piazza adiacente alla chiesa, Piazza della Fontana, spicca il monumento alla Madonna della Fontana, realizzato al posto della Fontana monumentale: il 23 ottobre 1983, la statua di Maria Santissima venne incoronata Regina e la piazza, dopo la solenne cerimonia, ha preso il nome di “Piazza Incoronazione”.

Il sito archeologico di Castel Fiorentino, l’ultimo respiro di Federico II

A una decina di chilometri dall’abitato, da visitare assolutamente è il sito archeologico di Castel Fiorentino, o Torre Fiorentina, dove leggenda vuole che abbia trascorso gli ultimi giorni Federico II di Svevia nel 1250, provato dalle molteplici sconfitte in battaglia nel nord Italia e in Germania e dalla prigionia del figlio Enzo, ed esalato l’ultimo respiro, avverando la profezia dello scrivano di corte che gli predisse la fine in un luogo dal nome “legato a un fiore”.

Aldilà dell’aura leggendaria, il sito, ora sotto l’intendenza dei Beni Culturali, era una vera e propria cittadella, contraddistinta dalla zona urbana, dal Palazzo dell’Imperatore e dalla Cattedrale: punto di riferimento per la storia medievale e la figura dell’imperatore svevo, è aperto a visite guidate e ha conquistato, nel corso degli anni, l’interesse di archeologi e studiosi.

Tra natura e sapori

Immersi nella natura incontaminata, tra estesi campi di grano, questi sono luoghi che trasudano storia e bellezza, ideali per piacevoli passeggiate o tour in bicicletta.

Inoltre, sono molteplici le iniziative pensate per far conoscere il territorio di Torremaggiore con itinerari guidati sulle vie dei mercanti, dei pellegrini e dei briganti per riscoprire un passato che ha segnato in maniera profonda la Puglia.

Trovandosi in zona, non rimane poi che gustare i sapori tipici del territorio grazie a una cucina “povera” ma ricca di bontà.

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Da questa roccia è nato un monastero: è il più bello dell’isola

Situato ad appena un chilometro dal villaggio di Tala, e a circa venti minuti di auto da Paphos, esiste un monastero che non solo è il più famoso dell’isola, ma è anche uno dei luoghi più suggestivi e affascinanti di tutta Cipro e forse del mondo intero.

Stiamo parlando del Monastero di Agios Neophytos, un luogo di isolamento incastonato tra le lussureggianti colline interne della parte occidentale dell’isola, che comprende un piccolo ambiente realizzato in una grotta naturale nel XII secolo dal monaco Neophytos dal quale è nato l’attuale Monastero.

Raggiungere questo posto, in occasione di un viaggio a Cipro, permette alle persone di scoprire un luogo sacro e di vivere un’esperienza all’insegna della pace, del relax e della bellezza. Pronti a partire?

Cipro: il Monastero di Agios Neophytos

Situata nel Mediterraneo orientale, Cipro non ha bisogno di presentazioni. Si tratta di un’isola straordinaria che preserva e conserva un patrimonio culturale, storico e naturalistico di immenso valore e che da anni è diventata meta prediletta delle vacanze dei viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo.

Raggiunta soprattutto in primavera e in estate, per via delle spiagge dorate che brillano al sole e che sono bagnate da un mare azzurro e cristallino, Cipro non è solo la meta perfetta per una vacanza spensierata, ma è anche una destinazione culturale ricca di siti archeologici e di luoghi di culto. Ed è proprio alla scoperta di un posto sacro e straordinario che oggi vogliamo portarvi.

Partendo da Paphos, la città situata sulla costa più frequentata dai viaggiatori in estate, è possibile raggiungere il Monastero di Agios Neophytos, l’edificio religioso più sorprendente di Cipro. Le sue origini, tanto antiche quanto affascinanti, risalgono al 1159 e sono collegate al santo cipriota Neophytos.

Il monaco, costretto a rifugiarsi tra le colline di Cipro per fuggire alla persecuzione, trovò in questa zona dell’isola una piccola grotta naturale dove scelse di stabilirsi. Scavò ulteriormente l’ambiente per creare una cella, una cappella e una tomba per il futuro. Con gli anni altri monaci si unirono a Neophytos, creando così una piccola comunità monastica che ancora oggi vive in questa parte dell’isola.

Agios Neophytos oggi comprende il monastero originario nato dalla grotta scavata dal monaco che prende il nome di Egkleistra, il Monastero e la sua chiesa, che conserva icone post-bizantine del XVI secolo, e un museo ricco di manoscritti religiosi e altri manufatti che raccontano la storia del luogo e non solo.

Monastero di Agios Neophytos

Fonte: 123rf

Monastero di Agios Neophytos

Un paradiso sacro

Raggiungendo questo paradiso sacro è possibile entrare nel luogo di isolamento che il monaco scavò nella roccia, la Egkleistra. Non solo per ripercorrere un pezzo di storia della vita del santo, ma anche perché all’interno della grotta sono conservati resti di affreschi bizantini risalenti al XII e al XV secolo.

Un’esperienza, questa, resa ancora più straordinaria dalla posizione privilegiata del monastero. Agios Neophytos, che è raggiungibile in circa venti minuti in auto da Paphos, è infatti incastonato nella natura rigogliose dell’isola ed è situato a un’altezza di oltre 500 metri dal livello del mare. Dal complesso monastico è possibile godere di una vista mozzafiato sulla città di Paphos e trascorrere del tempo immersi in un luogo fatto di pace, silenzio e bellezza.

Monastero di Agios Neophytos

Fonte: 123rf

Monastero di Agios Neophytos, Cipro
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Il meraviglioso Monastero Reale di Nuestra Señora de Guadalupe

È uno dei capolavori architettonici medievali della Spagna, in Estremadura in provincia di Caceres: si tratta del magnifico Monastero Reale di Nuestra Señora de Guadalupe, Patrimonio UNESCO, dalle dimensioni imponenti che lo fanno assomigliare a una fortezza.

Sorge, in stile gotico-mudéjar affiancato da otto torri, nel luogo in cui la Madonna apparve a un pastore ed è composto da quattro parti: il tempio-basilica, il chiostro mudéjar, il chiostro gotico e l’edificio dell’auditorium.

Offre davvero moltissimo da ammirare con una visita guidata di circa 45 minuti-un’ora e lascia senza fiato grazie allo spettacolare chiostro e alle magnifiche opere dei più grandi artisti di sempre quali Goya, El Greco e Zurbarán.

Il chiostro, gioiello del Monastero di Guadalupe

Vero e proprio gioiello del Monastero è il chiostro di stile mudéjar, realizzato nel XIV secolo e chiamato anche “quello dei miracoli”: camminando all’ombra dei suoi archi, infatti, lo sguardo si posa su una serie di pregevoli dipinti che raccontano i vari passaggi dei miracoli della Madonna.

Sul pavimento al di sotto delle arcate, ecco invece le tombe dei priori del complesso monastico, come segno di umiltà.

Altro elemento di spicco del magnifico chiostro è il grande tempio collocato al centro del cortile.

La Sagrestia, “Cappella Sistina dell’Estremadura”

Altra perla del Monastero Reale di Nuestra Señora de Guadalupe è la Sagrestia definita, per la meraviglia dei suoi affreschi, come la “Cappella Sistina dell’Estremadura“: i pregevoli affreschi, a opera dei discepoli di Zurbarán, narrano la vita di San Girolamo, cui la sala è dedicata.

Gli altrettanto preziosi dipinti della sagrestia sono, invece, nati dalla maestria dello stesso Zurbarán, originario del piccolo paese dell’Estremadura “Fuente de Cantos”: rappresentano scene della vita quotidiana dei monaci e si fanno notare per il tipico “chiaroscuro” del loro autore.

Due opere di Zurbarán incentrate su San Girolamo trovano posto nella piccola cappella sul retro: “L’Apoteosi di San Girolamo“, tra le opere principali del pittore spagnolo, è anche una delle più importanti da ammirare visitando il Monastero di Guadalupe.

Il Reliquario e il Tesoro della Madonna di Guadalupe

Ancora, presso la Cappella di San Giuseppe risalente al XVI secolo, sono numerose le reliquie di santi importate principalmente da Roma e non mancano incantevoli gioielli, mantelli e corone di pietre preziose, un vero e proprio Tesoro: gli ornamenti più preziosi vengono riservati per l’8 e il 9 settembre, i giorni dedicati al Santo Patrono, e per il 12 ottobre, festa spagnola, uno dei momenti migliori dell’anno per scoprire Guadalupe e il suo meraviglioso Monastero.

Tutto il fascino degli incredibili Musei del Monastero

Il Monastero di Guadalupe affascina anche con i suoi impareggiabili musei, a partire dal Museo delle Belle Arti, dai soffitti intagliati in legno policromo: qui spiccano opere di sicuro impatto quali, ad esempio, tre opere di El Greco (San Pedro, Sant’Andrea, Incoronazione della Vergine), otto tele di Zurbarán, alcuni capolavori di Rubens e la “Confessione in prigione” di Goya.

Passiamo poi al Museo dei libri sacri, nell’antica sala capitolare, custode di 107 copie di libri di preghiera e dei canti dei monaci: i testi sono scritti in latino e accompagnati da colorate incisioni, i fogli in pelle di agnello e alcuni tomi pesano addirittura 50 chili!

Infine, spicca il Museo degli ornamenti e tuniche, con una vasta gamma di tuniche per tutte le occasioni, cucite dagli stessi monaci con fili d’oro.

La chicca finale

Il momento più atteso della visita al Monastero è trovarsi dinanzi all’altare della Madonna nera di Guadalupe: con la caratteristica pelle nera, è una delle incisioni più rappresentative di tutta la Spagna.

Vederla così da vicino e apprezzarne i singoli dettagli è un’emozione unica.

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Valle dell’Orfento, nel cuore selvaggio della Majella

In Abruzzo c’è un luogo davvero unico per chi desidera fare escursioni nella natura, tra boschi e canyon, eremi e corsi d’acqua. È la splendida Valle dell’Orfento, situata sul versante nord-occidentale della Majella, e la si raggiunge dai numerosi sentieri che partono da Caramanico Terme, in provincia di Pescara. Lo scenario ideale dove trascorrere tranquille giornate immersi nel verde e ammirare paesaggi incantevoli.

Nella natura della Valle dell’Orfento

Agli inizi degli anni ’70, la Valle dell’Orfento è diventata Riserva Naturale dello Stato e attualmente ricopre una superficie complessiva di 2606 ettari. Qui troverete l’unico canyon della Majella, cuore verde d’Abruzzo, ad avere un corso d’acqua perenne, che dà vita a uno dei più affascinanti habitat di questo massiccio.

Lo scenario che si svela allo sguardo cambia a ogni passo. A bassa quota ci si imbatte in querce e faggi, mentre oltre i 1800-1900 metri di altezza c’è un’eccezionale presenza di pino mugo. Ad altitudini maggiori, le avversità climatiche diventano estreme e la copertura vegetale rada e sparsa. Il paesaggio qui assume un aspetto lunare, le specie vegetali che sono riuscite ad insediarsi sono tra le più rare, come la Stella alpina appenninica o la Soldanella minima sannitica che fioriscono tra le rocce. Tra le specie animali, nella Riserva è possibile incontrare cinghiali, tassi, volpi, faine, caprioli, cervi, l’aquila reale e il camoscio appenninico.

Le testimonianze storiche, tra eremi e capanne in pietra

Nel corso di centinaia di migliaia di anni, i fenomeni erosivi generati dalle acque del fiume sulle pareti calcaree hanno prodotto una serie di sgrottamenti e ripari sotto roccia che fin dalla preistoria hanno fatto da rifugio per le popolazioni. Ma le testimonianze più importanti, ancora evidenti, sono quelle risalenti al periodo medievale, quando eremiti in cerca di solitudine e silenzio raggiunsero la valle, edificando proprio nelle sue grotte eremi e piccoli romitori.

Se ne conoscono nove nella sola Valle dell’Orfento: alcuni non più accessibili e di cui non rimangono evidenze, altri particolarmente importanti e significativo. Attraversando i pascoli delle zone più basse, si incontrano le capanne in pietra a secco dalla caratteristica forma a “trullo” (tholos), punti di sosta e di stazzo dei pastori che hanno lasciato testimonianze peculiari del paesaggio agro-pastorale della Majella.

I percorsi più belli della Valle dell’Orfento

La Valle dell’Orfento è ricca di percorsi di diversa lunghezza e difficoltà che permettono di fare trekking ed escursioni nella splendida natura della Riserva. Le visite possono essere fatte in autonomia, seguendo la segnaletica presente, o con l’accompagnamento di guide locali.

Tra gli itinerari più suggestivi, c’è Il Sentiero delle Scalelle, una passeggiata piacevole ed emozionante che parte dalla frazione di Santa Croce e conduce fino al Ponte di Caramanico, seguendo il corso del fiume Orfento poco prima che questi si getti nell’Orta. Si cammina quasi sempre immersi in mezzo alla foresta e spesso circondati anche da felci.

Dalla frazione di Santa Croce di Caramanico Terme s’imbocca anche un suggestivo percorso ad anello che attraversa diversi campi coltivati, immettendosi poi dentro un fitto bosco di conifere. La parte terminale della passeggiata è sicuramente la più suggestiva, poiché permette di raggiungere una spettacolare gola scavata dal fiume. Un altro percorso ad anello conduce, invece, all’Eremo di Sant’Onofrio all’Orfento, di cui oggi resta solo parte del portale affrescato, la cornice del tetto ancora incastonata nella roccia e tracce di un piccolo campanile a vela.

Partendo, invece, dalla caratteristica frazione di Decontra, si raggiunge l’Eremo di San Giovanni, considerato uno dei più suggestivi d’Abruzzo dato che è stato completamente ricavato dalla roccia. È famoso anche per essere stato frequentato dall’eremita Pietro da Morrone, divenuto poi famoso come Papa Celestino V.  Un lavoro meticoloso ha fatto affiorare dalla pietra vani, altare e scale, ma anche un ingegnoso sistema di canali e vasche per la raccolta dell’acqua piovana. Questa escursione presenta circa 700 metri di dislivello e si presenta più impegnativa rispetto alle precedenti, per questo è raccomandata agli escursionisti più allenati. Fatica e vertigini valgono però la pena, perché questo splendido itinerario regala un’esperienza davvero unica e imperdibile, e panorami di paesaggi straordinari. Ma sono davvero tante e tutte imperdibili le meraviglie da scoprire qui, nella incontaminata Valle dell’Orfento.