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Musei e parchi statali gratuiti in Italia per due giorni: dove andare

Un viaggio nella cultura e nella storia, alla scoperta del prezioso patrimonio italiano: torna anche quest’anno la #domenicalmuseo, un appuntamento imperdibile per visitare musei e parchi archeologici statali in maniera gratuita. L’iniziativa, organizzata dal Ministero della Cultura, prevede l’apertura per 12 domeniche l’anno, alle quali si aggiungono due ulteriori giornate in occasione dei ponti di primavera. Stiamo parlando del 25 aprile e del 2 giugno 2024, quando molteplici istituzioni apriranno i battenti gratuitamente al pubblico. Scopriamo qualcosa in più.

I musei aperti gratuitamente

“Anche quest’anno rinnoviamo l’iniziativa, per associare ricorrenze altamente simboliche per la nazione alla visita nei luoghi della cultura” – ha affermato il ministro Gennaro Sangiuliano, ricordando l’apertura gratuita di musei e parchi archeologici statali in occasione di due date speciali. Ma quali sono i luoghi da non lasciarsi sfuggire assolutamente? Partiamo proprio dai musei: il primo è Casa D’Annunzio, l’abitazione dove nacque il grande scrittore Gabriele D’Annunzio. Situata a Pescara, nel cuore dell’antica città all’epoca racchiusa tra mura militari, è stata dichiarata monumento nazionale e in seguito trasformata in un museo, che raccoglie cimeli del letterato italiano.

È invece a Ferrara che si trova il Museo di Casa Romei, situato all’interno di un’antica dimora nobiliare realizzata nel XV secolo: l’istituzione raccoglie opere artistiche provenienti da altri palazzi ferraresi e da chiese e conventi sconsacrati. Vi si possono ammirare anche alcuni preziosi dipinti di Donatello. Tra i tanti siti da visitare a Roma, spicca invece il Museo delle Civiltà, istituito nel 2016 per raccogliere quattro diversi musei: il Museo nazionale preistorico etnografico, il Museo nazionale delle arti e tradizioni popolari, il Museo nazionale dell’alto medioevo e il Museo nazionale d’arte orientale. Oggi ospita anche le collezioni appartenute al Museo africano e al Museo geologico nazionale.

A Milano, la Pinacoteca di Brera apre gratuitamente al pubblico: è una delle gallerie nazionali d’arte antica e moderna più importanti d’Italia, con tantissime opere appartenenti alla pittura veneta e lombarda, oltre ad una ricca collezione che spazia dall’arte preistorica a quella contemporanea. Il Museo Nazionale del Bargello, situato a Firenze, è invece dedicata alla scultura rinascimentali: ospita capolavori di Michelangelo, Donatello, Cellini e molteplici altri artisti, ma anche una grande raccolta di arti applicate.

I parchi archeologici aperti gratuitamente

Per quanto riguarda invece i parchi archeologici statali che aprono gratis al pubblico, annoveriamo sicuramente quello di Metaponto: si trova in provincia di Matera e ospita i resti di un’antica colonia greca fondata attorno al VII secolo a.C., da navigatori provenienti dal Peloponneso. A poca distanza si trova anche il Museo archeologico nazionale di Metaponto, che accoglie numerosi reperti trovati presso il sito. Spostiamoci poi verso il Parco archeologico di Sibari, in provincia di Cosenza: è anch’esso una splendida testimonianza di una delle più importanti città della Magna Grecia.

A Monasterace Marina (prov. di Reggio Calabria), si può visitare il Parco archeologico dell’Antica Kaulon, con i resti della colonia greca fondata nella seconda metà del VII secolo a.C. e i numerosi reperti qui rinvenuti. Infine, questa è l’occasione giusta per esplorare i Parchi archeologici di Ercolano e Pompei, le due città romane che vennero seppellite da cenere e lava bollente durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.: sono un’importante testimonianza di un periodo storico cristallizzato da strati di lapilli ormai raffreddati da secoli.

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A Tuscania riaprono alcune straordinarie necropoli

Se avete il desiderio di una gita fuori porta, che vi porti alla scoperta di tesori archeologici unici, la meta ideale di questi mesi è Tuscania. Da oggi, i visitatori avranno l’occasione di ammirare la necropoli della Madonna dell’Ulivo, con la famosa Grotta della Regina e le Tombe della famiglia Curunas, Pian di Mola e Peschiera, grazie a una bellissima iniziativa che punta a valorizzare un imperdibile patrimonio UNESCO.

Necropoli di Tuscania: alla scoperta dei tesori degli etruschi

Gioiello della provincia di Viterbo, Tuscania è uno splendido borgo medievale circondato da rocce di tufo e campi di lavanda. Per valorizzare il suo inestimabile patrimonio storico e artistico, Promo Tuscia ha inaugurato un importante progetto che prevede due visite guidate al mese alla scoperta delle sue meraviglie archeologiche, fino al 22 dicembre.

Si potranno così scoprire le bellezze della Necropoli di Madonna dell’Ulivo, non lontana dal centro storico medievale del paese, che si affaccia a levante su uno splendido pendio tufaceo, da cui si può godere di un magnifico panorama sulla valle del fiume Marta. La necropoli si sviluppa su tre gradoni lungo il pendio. Al primo livello si trova la famosa Grotta della Regina,  subito al di sotto spunta un gruppo di tombe a camera di epoca arcaica, mentre all’ultimo livello si trovano le Tombe della Famiglia Curunas e la Tomba del Sarcofago delle Amazzoni di epoca ellenistica. E ancora, si potranno scoprire i tesori unici delle Necropoli di Pian di Mola e della Peschiera, dove sono presenti caratteristiche tombe a dado, semi-dado e a casa con portico, risalenti al VI secolo avanti Cristo. Intanto, vediamo questi gioielli archeologici più da vicino.

Grotta della Regina

La Grotta della Regina prende il nome dalla leggenda narrata dall’archeologo Secondiano Campanari di Tuscania, secondo il quale, al momento della scoperta, su una parete della tomba venne vista l’immagine dipinta di una fanciulla, forse una giovane regina, dissoltasi poco dopo. A rendere famosa la Grotta furono soprattutto i racconti di viaggio dello scrittore inglese G. Dennis del 1842.

L’ipogeo, scoperto scavando una galleria a destra dell’ingresso principale, risale all’epoca ellenistica (IV-II secolo a. C.) e deve la sua notorietà soprattutto alla sua particolare e complessa planimetria e per la suggestione conferita alla tomba dalla presenza di numerosi cunicoli, che si dipartono in più direzioni e si sviluppano su tre livelli, il cui significato è ancora avvolto nel mistero. Nel tempo sono state avanzate molti ipotesi al riguardo, ma la particolare struttura, completamente differente dalle altre tombe, ne fa supporre l’utilizzo come luogo di culto. Purtroppo, i numerosi sarcofagi e le suppellettili rinvenuti all’interno, al momento della scoperta, sono andati dispersi.

La Grotta della Regina a Tuscania

Fonte: Getty Images – Ph: Universal Images Group Editorial

La suggestiva Grotta della Regina

Tombe Curunas

Queste tre tombe sono state scoperte durante i lavori di consolidamento del complesso monumentale principale, condotti dalla Soprintendenza tra il 1967 e il 1970. Sono situate nel terzo gradone della necropoli e avevano la funzione di accogliere le sepolture della famiglia aristocratica etrusca Curunas, dalla metà del IV secolo alla fine del II secolo. Gli ipogei avevano un impianto monumentale ben visibile dalla valle in quanto l’intento era quello di testimoniare l’importanza sociale ed economica della famiglia. Anche gli oggetti rinvenuti rappresentano un raro e prezioso esempio di corredo funerario etrusco, come i bronzi che costituiscono un sontuoso servizio da mensa e la pregevole serie di ceramiche a figure rosse, oggi conservati al Museo Archeologico di Tuscania.

Tomba del Sarcofago delle Amazzoni

Nel terzo gradone della necropoli si trova anche la Tomba del Sarcofago delle Amazzoni, composta da due camere disposte sullo stesso asse, parzialmente crollate a causa della particolare friabilità del tufo in cui fu scavata. Deve il nome a un particolare sarcofago, risalente alla seconda metà del IV secolo a.C. e oggi conservato al Museo Archeologico di Tuscania, riportante scene di Amazzonomachia realizzate sui lati della cassa.

Necropoli di Pian di Mola e della Peschiera

In uso fin dal VII secolo a.C. la Necropoli etrusca di Pian di Mola prende il nome dall’altura dove è situata nei pressi di Tuscania. È composta da tombe allineate, risalenti al VII-I secolo a.C., scavate per lo più nelle rocce circostanti. Si possono trovare tombe di epoca tardo-ellenistica, che hanno conservato una serie di sarcofagi fittili di produzione locale, e tombe rupestri a dado. Tra le più note, la tomba a casa con portico, incastonata nella roccia, è caratterizzata da tre camere sepolcrali. In origine, presentava un portico d’ingresso e statue di sfingi e leoni a ornare il tetto.

Vicino alla Necropoli di Pian di Mola troviamo la Necropoli della Peschiera, composta da tombe di varia tipologia, prevalentemente di tipo a camera, realizzate tra il VII ed il II sec. a.C.. Comprende tombe risalenti tra il VII – II sec. a.C., ma è famosa soprattutto per la caratteristica Tomba a Dado, un esempio eccezionale di tomba rupestre arcaica a forma di casa etrusca scavata nella roccia.

Museo Archeologico Nazionale di Tuscania

Gli interessanti reperti delle necropoli sono custoditi nel Museo Archeologico Nazionale di Tuscania, che ha sede nella suggestiva cornice dell’ex convento fondato nel 1247, adiacente alla Chiesa di Santa Maria del Riposo. La prima sezione del Museo venne inaugurata nel 1988, a piano terra, mentre nel 1997 e nel 2007 furono allestite le due ali espositive al piano superiore, che ospitano le testimonianze archeologiche provenienti dal territorio della provincia di Viterbo e ripercorrono la storia della famiglia Campanari, legata a quella degli scavi e ai tesori dell’etruscologia.

Particolare importanza rivestono i complessi funerari provenienti dalle tre tombe rupestri della famiglia Curunas, come i sarcofagi in nenfro, con coperchi che restituiscono a tutto tondo la figura del defunto, le pregevoli ceramiche e i materiali in bronzo connessi al banchetto o al mondo femminile.

Un sarcofago della famiglia Curunas a Tuscania

Fonte: Getty Images – Ph: Hulton Fine Art Collection

Un sarcofago della famiglia Curunas al Museo Archeologico di Tuscania

Visita alle necropoli di Tuscania: le date

Le visite guidate alle importanti Necropoli di Tuscania si terranno da aprile a dicembre, nelle seguenti date:

  • 28 aprile
  • 12 e 26 maggio
  • 9 e 23 giugno
  • 14 e 28 luglio
  • 11 e 25 agosto
  • 8 e 29 settembre
  • 13 e 27 ottobre
  • 10 e 24 novembre
  • 8 e 22 dicembre
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In treno alla scoperta dei più bei parchi archeologici d’Italia

La Campania vanta uno dei patrimoni archeologici più ricchi d’Italia, ma i collegamenti pubblici non sono sempre così efficienti nel consentire ai visitatori di raggiungere i vari parchi – molti dei quali hanno persino risonanza internazionale. Torna così il servizio di Trenitalia che ha già riscosso molto successo nelle precedenti stagioni: si tratta di Parchi Line, gli itinerari che conducono alla scoperta dei principali siti archeologici regionali, a bordo di treni e altri mezzi pubblici facilmente prenotabili anche online. Ecco di cosa si tratta.

Parchi Line, l’iniziativa di Trenitalia

Raggiungere la città di Napoli in treno è certo molto comodo, ma poi da qui come si può arrivare, ad esempio, al Parco Archeologico di Pompei? E che dire di tutti gli altri siti, a volte meno conosciuti, che però meritano assolutamente una visita? Nasce così Parchi Line, l’iniziativa di Trenitalia che ha già ottenuto grandi consensi in passato: il servizio torna, a partire da sabato 6 aprile 2024, per tutti i weekend e i giorni festivi fino al prossimo 7 ottobre 2024. Ci saranno oltre 3mila posti in più per i tanti turisti che, soprattutto durante la stagione primaverile e quella estiva, affollano i principali siti archeologici della regione.

Regionale di Trenitalia, società capofila del Polo Passeggeri del Gruppo FS Italiane, organizza un nuovo collegamento dalla stazione di Napoli Centrale a quella di Sapri, con numerose fermate intermedie da cui partono altri servizi intermodali (treno+bus) diretti verso le più importanti attrazioni storiche e archeologiche della Campania. Sono previsti, in particolare, due nuovi treni: quello da Napoli Centrale parte alle ore 9:15 e arriva a Sapri alle ore 12:15, mentre il viaggio di ritorno parte da Sapri alle ore 16:40 e arriva a Napoli Centrale alle ore 19:37.

Tutti i viaggi a bordo di Parchi Line, inclusi i collegamenti link (ovvero quelli che prevedono l’uso di treno+bus per raggiungere alcune speciali destinazioni), sono acquistabili sul sito ufficiale di Trenitalia. Si tratta di un modo intelligente di viaggiare, che consente di scoprire diversi luoghi meravigliosi della Campania anche nella stessa giornata, sfruttando i mezzi pubblici presenti sul territorio. Non ci resta ora che vedere nel dettaglio quali sono le tappe effettuate dal treno, per visitare le più belle attrazioni regionali.

Gli itinerari di Parchi Line

Il viaggio parte da Napoli Centrale, e dopo poche fermate è già possibile raggiungere il primo sito di interesse storico: si tratta del Museo Ferroviario di Pietrarsa, allestito all’interno delle ex Officine che si trovano proprio davanti alla spiaggia. Vi sono custoditi numerosi materiali rotabili, ricostruzioni di antichi mezzi storici e tante altre curiosità sul mondo ferroviario del passato. La seconda tappa è invece ad Ercolano, dove si possono visitare le famose rovine della città romana travolta, quasi 2mila anni fa, dall’eruzione del Vesuvio.

C’è poi la possibilità di fare tappa presso gli Scavi di Oplontis e la Villa di Poppea a Torre Annunziata. L’itinerario principale prosegue fino a Pompei, dove parte il primo collegamento link: si tratta di un bus che consente di raggiungere il Parco Archeologico di Pompei, con le rovine sepolte sotto strati di cenere e lapilli. E ancora, ci sono Vesuvio link e Certosa link, rispettivamente per andare a visitare il Parco del Vesuvio e la Certosa di Padula. Un’altra ottima opportunità consiste nello sfruttare il Cilento link, per scoprire il Parco Archeologico di Velia. Infine, con Paestum link si va verso il Parco Archeologico di Paestum e la Riserva Naturale Foce Sele-Tanagro.

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È questo il miglior sito archeologico del mondo

Anche noto come l’antica Antiochia sul Fiume d’Oro, quello che possiamo definire come il miglior sito archeologico del mondo era in passato una roccaforte romana e un nodo geopolitico di particolare rilevanza, in grado di catalizzare l’attenzione militare delle potenze economiche confinanti.

Jerash, il “miglior sito archeologico estero”

Siamo a Jerash, antica Gerasa e Capitale dell’omonima regione giordana, nel Nord del Paese, a circa trenta chilometri dalla città di Amman. Un sito dall’importanza storica davvero unica e che ha da poco ricevuto il titolo di “miglior sito archeologico estero”. O meglio, a riceverlo è stato il Jordan Tourism Board che ha ampiamente meritato il premio ACTA – Archaeological Cultural Tourism Award del GIST, Gruppo Italiano Stampa Turistica, un riconoscimento ideato dalla giornalista Clara Svanera.

A tal proposito Marco Biazzetti, country manager Jordan Tourism Board Italia, ha dichiarato: “Ricevere un riconoscimento così prestigioso ci ripaga del nostro lavoro per far conoscere le numerose e importanti testimonianze del passato che la Giordania conserva con cura e orgoglio”.

Jerash, la “Pompei d’Oriente”

Sì, avete letto bene: per la sua importanza e bellezza Jerash è definita la “Pompei d’Oriente”, tanto da essere uno dei siti archeologici di epoca romana meglio conservati al mondo. Inizialmente conosciuta come Gerasa, si caratterizza per essere un vasto complesso di 800 ettari  dove sono gelosamente custodite maestose rovine che testimoniano l’organizzazione urbana del I e II secolo.

Ci sono un vasto foro ellittico di circa 90 metri x 80 racchiuso da 56 colonne ioniche, un imponente ninfeo, eleganti propilei del santuario dedicato ad Artemide, un vasto ippodromo, due teatri, il teatro nord e quello sud, due tetrapili, terme, e molto altro ancora.

Ma non è finita qui perché, nel corso degli anni, gli scavi hanno portato alla luce anche un eccezionale complesso monumentale di epoca cristiana risalente ai secoli IV-VII con numerose chiese di notevole rilevanza. Jerash fu anche colpita da un devastante terremoto nel 749 e per questo venne abbandonata. Tuttavia, la città cominciò a rinascere verso l’inizio del XII secolo, mentre la zona moderna al principio del XIX secolo.

Cosa vedere

Come accennato in precedenza, Jerash conserva ancora tantissimi resti archeologici in grado di raccontare perfettamente il loro passato. Tra le attrazioni da non perdere segnaliamo l’Arco di Adriano, costruito nel 129 d.C. per commemorare la visita dell’imperatore romano. Di particolare rilievo sono le quattro colonne decorate con foglie d’acanto e ornati di capitelli di ordine corinzio

Di assoluto e particolare valore è anche l’Ippodromo, che rappresenta appieno la cultura coloniale romana. Costruito su un’area di 13.000 metri quadrati, riusciva ad ospitare più di 15.000 spettatori che qui assistevano a corse di cavalli, di bighe o rievocazioni di grandi battaglie.

Poi ancora il Foro di forma ellittica che collegava il Tempio di Zeus al Cardus Maximus, tramite una fila di 56 colonne di ordine Ionico. Sono presenti anche due altari e una fontana risalente al VII secolo d.C. e purtroppo non si ha ancora la completa certezza su quale fosse la sua reale funzione.

Molto belli sono anche il Teatro del Nord, che si compone di una ampia gradinata su cui potevano assistere agli spettacoli ben 1.600 persone, e il Teatro Sud, più ampio del precedente e che in passato ospitava un palcoscenico costituito da due piani sovrapposti.

Davvero impressionante è anche il Tempio di Zeus che risale all’età del ferro e che si compone di una scalinata in pietra che conduce ad un’ampia terrazza panoramica, così come lo è il Tempio di Artedime che ancora conserva 11 affascinanti colonne bizantine.

Di notevole coinvolgimento sono anche le tre Chiese di origine Bizantina e il Cardo Massimo, una strada colonnata lunga circa 800 metri che attraversa la città. A colpire il visitatore sono anche la Porta Meridionale, che sfoggia possenti arcate, il Ninfeo, costruito nel 191 d.C. e un tempo composto da due piani sovrapposti sormontati da una semicupola a forma di conchiglia, e il Macellum, l’antico mercato del pesce e della carne.

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In Irlanda come veri archeologi per scoprire i segreti dell’isola verde

Oltre ai suoi suggestivi panorami naturali, l’Irlanda è famosa anche per l’importante patrimonio archeologico che custodisce sul suo territorio. E se un semplice tour guidato alla scoperta di queste bellezze non vi basta più, potete approfittare dell’occasione per diventare dei provetti Indiana Jones e contribuire ai lavori archeologici sull’Isola di Smeraldo. In che modo? Ecco alcune delle esperienze più affascinanti da provare.

Irlanda, i tour di Ancient Odysseys

Avete mai sentito parlare della Wild Atlantic Way? Si tratta di uno degli itinerari panoramici più suggestivi al mondo, ben 2.500 km che si dipanano in nove contee e tre province, offrendo una grandissima varietà di paesaggi naturali e di incantevoli villaggi dove il tempo sembra essersi fermato. Quest’anno ricorre il decimo anniversario dalla sua inaugurazione: alcune delle sue tappe affascinanti consistono in preziosissimi siti archeologici che meritano sicuramente una visita. Con Ancient Odysseys potete vivere un’esperienza davvero unica e sentirvi dei veri archeologi.

La prima proposta è una vacanza presso la desolata distesa calcarea del Burren, dove nei prossimi mesi si lavorerà per riportare alla luce un importante complesso fortificato. I più avventurosi avranno la possibilità di partecipare agli scavi, diventando così testimoni diretti delle scoperte che potrebbero avvenire in questo antichissimo sito archeologico. Il viaggio verrà organizzato nel mese di luglio 2024 e avrà una durata di 5 giorni: prevede l’opportunità di fare esperienza delle metodologie di lavoro in ambito archeologico, durante le operazioni che contribuiranno a far riemergere l’insediamento di Caherconnel e gli antichi reperti rimasti sotto terra per millenni.

Un’altra proposta interessante, sempre offerta da Ancient Odysseys, consiste in un viaggio di 5 giorni alla scoperta dei più suggestivi siti archeologici della Wild Atlantic Way. Spicca, in particolar modo, il misterioso Dun Aonghasa: si tratta di una fortificazione in pietra risalente all’età del ferro, costruita su una scogliera a picco sull’oceano sulla più grande delle tre isole Aran. Ci sarà anche la possibilità di visitare l’abbazia di Kylemore e di fare un tour della città di Galway, per immergersi nelle sue meraviglie.

L’esperienza su Achill Island

Se queste incredibili avventure non bastano a soddisfare la vostra voglia di esplorare l’Irlanda, c’è ancora un’altra proposta che potreste trovare davvero interessante. Si tratta del viaggio promosso dall’Achill Archaeological Field School, che nel mese di agosto 2024 organizzerà una settimana di vacanza dedicata al mondo dell’archeologia irlandese. I partecipanti potranno così assaporare quelli che sono i metodi di lavoro sul campo e, ovviamente, apprendere tante curiosità anche sull’antropologia e sulla storia locale.

L’esperienza avrà luogo sempre lungo il percorso della Wild Atlantic Way, in una location d’eccezione: si tratta di Achill Island, suggestiva isola situata al largo della costa della contea di Mayo. Collegata alla terraferma da un ponte girevole, è spesso meta di turisti durante l’estate per via delle sue spiagge da sogno e delle onde che fanno la gioia di tutti gli amanti del surf. Inoltre, da un po’ di tempo a questa parte è finita nel mirino di tutti quei viaggiatori che organizzano le loro vacanze sulla base dei loro film preferiti: Achill Island ha infatti avuto un ruolo chiave nelle riprese de Gli spiriti dell’isola, il capolavoro con Colin Farrell.

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La “Pompei della Puglia”, un sito archeologico (ancora) tutto da scoprire

Per quarant’anni hanno scavato riuscendo a fare emergere solamente il 20% dell’area archeologica. La maggior parte dell’antica civiltà che abitava questo luogo e della storia che potrebbe raccontare resta ancora un mistero.

Per l’importanza che ha, però, è stata soprannominata la “Pompei della Puglia”. Stiamo parlando del sito di Herdonia, oggi conosciuta con il nome di Ordona, che si trova in provincia di Foggia.

Si tratta di un’antica città di epoca romana, che fu scoperta per puro caso su una collina nel lontano 1962 dall’archeologo belga Joseph Mertens, il quale avviò le proprie ricerche in un’area mai indagata prima. Nel ’93, all’équipe belga si è aggiunta un’équipe italiana, guidata da Giuliano Volpe, archeologo e rettore emerito dell’Università di Foggia.

Gli scavi hanno riportato alla luce il percorso delle antiche mura cittadine, i resti di due templi, di una basilica, del foro, del mercato, delle terme e di un piccolo anfiteatro e poi l’area residenziale delle domus. Il tutto risulta essere ancora ben conservato. All’esterno delle mura è stata trovata anche una vasta necropoli.

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Fonte: @Getty Images

I resti della basilica a Herdonia, la “Pompei della Puglia”

Herdonia, la “Pompei della Puglia”

Dagli elementi che sono stati rinvenuti, pare proprio che Herdonia ricoprisse un ruolo molto importante all’epoca del suo splendore. Nell’età imperiale, era infatti attraversata da una delle vie più importanti dell’antica Roma, la via Minucia, poi rinominata via Traiana, che collegava Benevento a Brindisi, e quindi alla Grecia, rimasta in uso fino al Medioevo e, ancora oggi, utilizzata nel tratto appenninico.

Fu teatro di due importanti battaglie durante la seconda guerra punica, poi, fece l’errore di passare dalla parte di Annibale e di schierarsi, quindi, come altri Comuni della Daunia, contro Roma e ciò non le fu mai perdonato, tanto che alla fine della guerra la popolazione fu deportata.

Nel Duecento, vi sorse una delle residenze di caccia di Federico II di Svevia. In età tardomedievale, subì un progressivo spopolamento e fu abbandonata definitivamente attorno al XIV-XV secolo. Solo un paio di secoli dopo iniziò a ripopolarsi grazie al volere di re Ferdinando IV di Borbone che si prefissò di riqualificare tutta l’area agricola del tavoliere meridionale.

Un sito troppo poco conosciuto

Per far sì che questo sito non cada nell’oblio, un’associazione locale si occupa di organizzare rievocazioni storiche in costume ed eventi teatrali che riscuotono sempre un grande successo, ma ciò non è sufficiente a far conoscere ai turisti che visitano la zona la “Pompei della Puglia”.

L’incuria e l’abbandono stanno gravemente danneggiando quanto era stato portato alla luce negli Anni Sessanta. La vegetazione si è riappropriata del luogo e gli affreschi che erano stati restaurati hanno già bisogno di nuovi interventi, tanto che, per riuscire ad attirare l’attenzione, gli scavi archeologici di Ordona sono stati candidati dalla popolazione locale tra i Luoghi del cuore del FAI.

Parte del sito, una decina di anni fa, è stato acquisito dal proprietario dei terreni dal ministero dei Beni Culturali e la speranza è quella di farlo diventare, un giorno, il Parco archeologico dell’antica città di Herdonia, un luoog unico per tutta la Daunia, ma anche per tutta l’Italia. Ma c’è ancora molto da fare e tanto da scavare.

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Uno dei siti archeologici meno noti d’Italia è la scoperta del secolo

C’è chi lo ha soprannominato “l’anfiteatro che non c’era”, per il suo ritrovamento del tutto casuale e inaspettato, e chi grida già alla scoperta del secolo. Gli scavi che sono in corso a Volterra, in quello che era l’antico anfiteatro romano, sono quasi al termine.

Le ultime rivelazioni mostrano sempre più dettagli di un’antica struttura emersa già nel 2015, grazie ad alcuni lavori di bonifica per il ripristino di un canale che hanno rivelato parti di muratura che nessuno immaginava di trovare proprio in quel luogo.

L’anfiteatro che non c’era

Si tratta di una struttura ovale, di dimensioni imponenti (82 x 64 metri), che poteva ospitare dalle otto alle diecimila persone. Secondo gli archeologi, dovrebbe risalire al I secolo d.C., ma con tutta probabilità fu utilizzato anche nel Medioevo, forse come abitazione privata, visto che sono stati rinvenuti resti di pasti, focolari e persino antiche monete.

Al contrario del teatro accanto al quale è stato trovato (anch’esso datato I secolo), dell’anfiteatro non si sapeva assolutamente nulla, in quanto nessuna fonte storica ne aveva mai accennato. Si pensa, invece, che avesse una grandissima rilevanza perché proprio questo era il luogo in cui venivano ospitati i gladiatori, che si esibivano in combattimenti tra uomini, ma anche con le belve.

Gli scavi dell’anfiteatro di Volterra rientrano nei 38 Grandi progetti Beni Culturali della programmazione strategica 2021 – 2023. A fine 2023 è partita l’ultima campagna di scavi che, nel giro di 24 mesi, secondo alcuni addetti ai lavori, dovrà completare i lavori e portare così alla luce l’edificio nel suo complesso.

Attualmente, la parte estratta dalla terra sotto cui si celava da secoli corrisponde a circa un quarto dell’intero sito. Sono stati già liberati i corridoi di accesso alle gradinate da cui il pubblico poteva assistere agli spettacoli e il “cuniculo circumpodiale” che girava tutt’intorno all’anfiteatro e che serviva ai gladiatori o alle belve per entrare nell’arena. Rimane ancora interrata l’arena vera e propria. Ed è ciò che su cui si concentreranno gli scavi dei prossimi mesi.

La scoperta consente di riscrivere la storia della Volterra romana, che molto probabilmente aveva un’importanza molto più rilevante rispetto a ciò che si era sempre pensato.

Volterra, città etrusca

Infatti, la città toscana è molto più nota per le sue origini etrusche. Volterra è tra le principali città-Stato dell’antica Etruria ed è ricca di testimonianze artistiche e archeologiche di quell’epoca lontana. In città ci sono, per esempio, il Museo Etrusco Guarnacci, che ospita oltre 600 urne, e le rovine della meravigliosa Acropoli Etrusca di Piano di Castello, con un’interessante sovrapposizione di strutture di età etrusca, romana e medievale.

Anche il centro storico è di origine etrusca. Di quell’epoca restano ancora la Porta Diana, la maggior parte della cinta muraria, l’Acropoli, svariati ipogei, la Porta all’Arco e poi ci sono diversi edifici d’epoca medievale, come il Palazzo dei Priori, la Fortezza Medicea e la Cattedrale.

Turismo a Volterra, tra storia e fiction

Infatti, sono pochi i turisti che, anche quando visitano la splendida città toscana, sono a conoscenza del nuovo sito archeologico di epoca romana. Un paio di anni fa, d’estate, l’anfiteatro romano di Volterra è stato parzialmente aperto alle visite, organizzate con il patrocinio della Regione Toscana, del Comune di Volterra, della Soprintendenza di Pisa e Livorno, dei Musei di Volterra e della Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra.

Per quattro giorni, le prenotazioni andate subito sold out, portando nella struttura qualche centinaia di visitatori. Forse bisognerebbe organizzarne più spesso, senza, naturalmente, intralciare i lavori degli archeologi.

Certo, molti visitatori, specie i giovani, sono attirati da Volterra per un’altra ragione, molto più “commerciale”: la città ha, infatti, ospitato il secondo romanzo della saga “Twilight, New Moon“. La scelta non è stata casuale: Volterra, infatti, è famosa per essere anche la città delle streghe e dei vampiri.

Una leggenda vuole che, proprio a Volterra, tanto tempo fa, ci fosse una strega chiamata Aradia che si pensava fosse figlia della Dea Diana. La donna, che praticava l’occulto e lo insegnava agli esseri umani, fu condannata a morte nel 1300, tuttavia riuscì a sfuggire all’esecuzione e il suo corpo non fu mai ritrovato.

Ma Aradia non era l’unica strega in città. La sua presenza pare avesse attirato molte altre streghe provenienti da ogni parte d’Italia che, ogni notte, si riunivano a danzare sotto la Luna appena al di fuori delle mura cittadine dove ora si trova il masso della Mandringa, una roccia con una crepa che, nei secoli, ha ispirato poeti, artisti e scrittori, tra i quali anche Gabriele D’Annunzio. I più suggestionabili giurano di sentire ancora le loro voci quando cala la notte.

Il nome di Volterra è legato anche a un’altra presenza inquietante, quella dei vampiri. Prima ancora di Aradia, pare che qui si fosse rifugiato un potentissimo clan di vampiri, lo stesso che poi ha ispirato il secondo capitolo della fortunata saga “Twilight”. È proprio grazie al film che la città è divenuta celebre in tutto il mondo e si è trasformata in una delle mete predilette del Dark Tourism.

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Roma, scoperti i resti di un’antica domus con mosaici rarissimi

Individuati già nel 2018, alcuni preziosi resti di un’antica domus romana sono ora riemersi nei pressi del Parco Archeologico del Colosseo, durante una campagna di scavi condotta all’interno di un progetto di studio e ricerca. Si tratta di un ritrovamento sensazionale, soprattutto per via di ciò che è stato scoperto tra gli ambienti riportati alla luce nel corso dei lavori: gli esperti hanno rinvenuto dei mosaici rarissimi, che non trovano confronto con altro di simile appartenente all’epoca in questione.

Trovati i resti di una domus romana

Considerato uno dei siti archeologici più importanti d’Italia, quello del Colosseo è una vera miniera di tesori incredibili: solo poco tempo fa è stata riaperta al pubblico la domus Tiberiana, e ora gli esperti hanno riportato alla luce un altro gioiello di inestimabile valore. Stiamo parlando dei resti murari di un’antica domus d’età tardo-repubblicana, situata alle pendici del colle Palatino, esattamente dietro l’area in cui si trovano gli Horrea Agrippiana (i magazzini costruiti lungo la strada commerciale che collegava il porto sul Tevere e il Foro Romano).

Gli scavi compiuti nel 2018 avevano permesso di individuare alcune strutture murarie, ma solo adesso emergono i lussuosi ambienti che caratterizzavano questa domus. L’abitazione si sviluppava probabilmente su più piani, con numerose terrazze: la sua costruzione sembrerebbe aver attraversato tre diverse fasi, comprese in un periodo che va dalla seconda metà del II secolo a.C. e la fine del I secolo a.C. In base ai primi studi, appare chiara la sua disposizione attorno ad un giardino che doveva fungere anche da atrio.

“Dopo la riapertura della domus Tiberiana e il miglioramento dell’accessibilità dell’Anfiteatro Flavio, il cuore della romanità ha disvelato un autentico tesoro, che sarà nostra cura salvaguardare e rendere fruibile al pubblico. Si tratta di un importante risultato, che ripaga un lungo lavoro di studio e di ricerca e che rientra in uno degli obiettivi prioritari del Parco, quello della conoscenza e della sua diffusione. Lo scavo archeologico si concluderà nei primi mesi del 2024 e successivamente lavoreremo intensamente per rendere al più presto accessibile al pubblico questo luogo, tra i più suggestivi di Roma antica” – ha affermato Gennaro Sangiuliano, Ministro della Cultura.

I preziosi mosaici

La scoperta più interessante è avvenuta in uno degli ambienti principali della domus, chiamato specus aestivus: si tratta di una sala per banchetti costruita su immagine di una grotta naturale. Veniva usata durante i mesi estivi, perché molto più fresca di altre stanze, e i suoi ospiti dovevano essere intrattenuti da affascinanti giochi d’acqua. Sono infatti stati trovati dei tubi in piombo, incastonati tra le pareti decorate, che permettevano il passaggio dell’acqua e la realizzazione di veri e propri spettacoli. Ma le sorprese non sono finite qui.

All’interno dello specus aestivus, gli archeologi hanno trovato un meraviglioso rivestimento parietale in mosaico, che non è possibile confrontare con niente di simile. È un mosaico “rustico”, realizzato con materiali di diverso tipo: conchiglie, scaglie di marmo bianco, tessere di blu egizio, frammenti di travertino spugnoso, vetri preziosi e cretoni di pozzolana, il tutto legato con la malta. Complesse e variegate sono anche le scene rappresentate, una vera e propria sequenza di figure. Secondo gli esperti, il mosaico risalirebbe agli ultimi decenni del II secolo a.C.

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Micene: il sito archeologico da visitare assolutamente

La Grecia è ricca di storia antica e in molti suoi territori spiccano siti archeologici che raccontano le nostre origini e dal valore inestimabile. Uno di questi è Micene, uno scrigno di bellezza che sorge tra le brulle colline dell’Argolide, una regione che si sviluppa nella parte nord-orientale della penisola del Peloponneso.

Un posto da vedere assolutamente almeno una volta nella vita, perché i suoi resti costituiscono una delle città-stato più ricche e più influenti del mondo antico, un tesoro preziosissimo della Grecia e di tutto il mondo intero.

Cosa aspettarsi

Probabilmente non tutti sanno che l’antica città di Micene è stata la più grande potenza militare e commerciale di tutta la Grecia durante l’epoca micenea. Il suo nome, infatti, è dedicato alla civiltà che dominò la Grecia continentale e le isole dell’Egeo tra il 1600 e il 1200 a.C. circa.

Ma non solo, perché la denominazione Micene è legata anche al suo re più famoso: Agamennone, capo supremo di tutti i greci durante le ben nota Guerra di Troia, e le cui gesta vennero rese immortali da Omero nell’Iliade. Non abbiamo citato a caso il nome di questo poema, perché si deve proprio a queste scritture la scoperta delle rovine di Micene a fine Ottocento.

È stato l’archeologo tedesco Heinrich Schliemann, già noto per la scoperta della città di Troia, che pagina dopo pagina ottenne le giuste informazioni per mettersi alla ricerca di questa antica città dall’estrema importanza, dove vivevano i nobili guerrieri, il sovrano nel suo palazzo, la popolazione che si dedicava all’agricoltura, all’allevamento e ai lavori artigianali e gli schiavi, lo strato più basso della società.  Ma cosa è rimasto oggi di quest’epoca così importante per la storia di tutti noi?

Micene oggi

Micene accoglie il visitatore con un’imponente ingresso, chiamato Porta dei Leoni, che sin da subito riempie di emozioni: si varca la soglia di una delle città che hanno fatto la storia dell’umanità. Ma non solo, perché visitare l’antica città di Micene significa anche entrare nel cuore della mitologia greca.

Porta dei Leoni, Micene

Fonte: iStock

La maestosa Porta dei Leoni

Proprio qui, infatti, nacque il mito di Perseo, colui che viene considerato il fondatore di Micene. C’è poi la storia di Agamennone che, come vi accennavamo precedentemente, è noto come re di Micene, fratello del re di Sparta ed eroe della Guerra di Troia.

Grazie agli scavi archeologici effettuati nel corso degli anni, Micene oggi ci racconta la vita quotidiana delle persone dell’epoca, ma anche le pratiche funerarie degli antichi greci, insieme alla loro mentalità militare e guerriera.

Vi basti pensare che sono stati riportati alla luce corredi funerari maschili pieni di armi, molte delle quali in bronzo. Parliamo di spade di diverse lunghezze particolarmente decorate, daghe, archi, frecce e lance con punte di silicio o di ossidiana.

Non mancano le pitture che sono arrivate fino ai giorni nostri, e che ci raccontano che i guerrieri micenei si proteggevano con grandi scudi rettangolari o a forma di otto.

Cosa vedere

Simbolo e prima attrazione di Micene è, senza ombra di dubbio, la Porta dei Leoni. Si tratta di un maestoso ingresso, alto più di tre metri, nella cui cima riposa un monolite decorato con due leoni che si fronteggiano ai lati di una colonna. Da lì inizia il complesso murario che proteggeva l’antica città, ovvero le Mura Ciclopiche, così chiamate per le loro enormi dimensioni – secondo la leggenda, la costruzione di mura così imponenti poteva solo avvenire grazie all’aiuto di un Ciclope.

Subito dopo ci si avventura in stretti sentieri e scalinate per arrivare al cospetto del Palazzo reale di Agamennone, di cui oggi sono ancora presenti  i resti delle stanze private che, molto probabilmente, sono le stesse in cui venne assassinato.

Molto interessante è anche la cosiddetta Cisterna Segreta, costruita intorno 1225 a.C., che conservava scorte d’acqua per i residenti durante gli assedi alla città. A stupire particolarmente è lo sviluppo tecnologico raggiunto dalla civiltà micenea: c’era una fessura nella roccia che permetteva di trasportare l’acqua anche al di fuori delle mura.

Da non sottovalutare sono anche i resti che sono ben protetti dal di fuori delle Mura Ciclopiche perché solo l’elite cittadina poteva vivere all’interno di esse. Dalle Case dei Mercanti, infatti, sono emerse tavolette con incisioni arcaiche, persino precedenti al greco classico.

Visitare l'acropoli di Micene

Fonte: iStock

Veduta dell’acropoli di Micene

Le tombe

Una visita a Micene permette anche di scoprire alcune interessanti tombe, e a partire da quelle Reali. La Tomba Circolare A fu la prima necropoli scoperta da Schliemann, e qui sono stati ritrovati i resti di 19 corpi di personaggi reali, insieme al loro prezioso corredo funebre.

Ci sono poi le rovine della Tomba Circolare B che conteneva un numero superiore di sepolture e corpi. Stando a quanto si è potuto scoprire dai reperti rinvenuti al suo interno, molto probabilmente qui riposavano famiglie dei funzionari reali, e per questo sono stati sepolti al di fuori dalla cinta muraria.

Poi ancora le Tombe a Thòlos, dalla forma circolare e ricoperte da un tumulo di pietre. La prima, che è persino la più imponente di tutto il sito archeologico, è ancora accessibile, mentre la seconda è purtroppo stata distrutta.

E poi il thòlos più emozionante e sorprendente dell’intero sito archeologico: il Tesoro di Atreo , anche noto come Tomba di Agamennone. Si tratta di una struttura molto grande che quasi sicuramente fungeva da tomba reale. Vi basti pensare che è presente un corridoio di 15 metri attraverso cui arrivare alla camera sepolcrale, a cui si accede tramite una grande architrave fatto da due giganti lastre di pietra di ben nove metri.

Tesoro di Atreo, Micene

Fonte: iStock

Il gigantesco Tesoro di Atreo

Il museo archeologico

Infine, da non perdere a Micene è il suo prezioso e bellissimo museo archeologico che è stato creato ai piedi della cittadella antica. Visitarlo vuol dire poter capire più a fondo l’importanza di questa città nel mondo antico e la raffinatezza della civiltà micenea.

A disposizione dei viaggiatori c’è un’interessante mostra fotografica che ripercorre la storia degli scavi, una collezione di oltre 2500 reperti, opere d’arte e d’artigianato e molto altro ancora.

Insomma, gli appassionati di storia, cultura e archeologia devono assolutamente inserire nella loro lista dei desideri una visita al sito archeologico di Micene.

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Aquileia: scoperte nuove tracce di un passato importante

Non smette mai di stupire la vasta area archeologica dell’antica città di Aquileia, fondata dai Romani nel 181 a.C. e oggi custode del più ampio mosaico paleocristiano dell’Occidente all’interno della splendida Basilica Patriarcale.

La scoperta più recente, a seguito della nuova campagna di scavo condotta da un’equipe dell’Università di Verona – Dipartimento Culture e Civiltà, sotto la direzione di Patrizia Basso in collaborazione con Diana Dobreva, ha infatti riportato alla luce un monumentale mercato di epoca romana nell’area del Fondo ex Pasqualis, a sud della città.

Nuove tracce di un passato importante

La campagna di scavo appena conclusa si è protratta per oltre due mesi e ha aperto interessanti pagine su cui indagare nel prosieguo delle ricerche: è emerso un quarto lastricato, che va ad aggiungersi ai tre rinvenuti negli Anni Cinquanta, a est degli altri e a una quota più alta.

Si tratta di una scoperta che indirizza verso l’ipotesi di un grande complesso commerciale, composto da minimo quattro edifici paralleli affiancati, ognuno contraddistinto da un’area scoperta delimitata da portici e botteghe.

I quattro edifici dovevano apparire disposti a due a due e separati da una strada di ciottoli (anch’essa individuata grazie agli scavi di quest’anno) che dal decumano post a nord del mercato (quindi dall’area della Basilica) conduceva all’imponente centro commerciale consentendo il transito di innumerevoli avventori e dei carri che trasportavano le merci, come dimostrato dalle tracce rimaste sul piano del calpestio.

Un mercato di tale portata e ampiezza non fa che confermare quanto Aquileia sia stata un vivace centro di scambi e commerci nel periodo Tardoantico.

Ma non è tutto.

Gli scavi eseguiti durante questi anni indicano che al mercato si accedeva anche dal fiume attraversando una serie di ingressi aperti sul più esterno dei due muri di cinta (rinvenuti a sud delle stesse piazze) e correlati a rampe per il passaggio delle merci. A supporto di questa tesi, il ritrovamento di un scalinata acquea con quattro gradini in arenaria che era funzionale alla discesa verso il fiume, all’epoca in cui esisteva una banchina fluviale e altre aree tornate alla luce ancora parzialmente poiché ricoperte per buona parte dalle piazze.

Infine, la campagna 2023 ha permesso di scoprire una decina di anfore in posizione verticale, mancanti dell’orlo e del collo in quanto segate all’altezza della spalla: la loro funzione resta da chiarire, anche se appare già chiaro che risalgano a una fase precedente la realizzazione del mercato.

Un esempio unico nell’Impero

Come anticipato dagli esperti, quello che sta tornando alla luce ad Aquileia si rivela come un “mercato davvero straordinario“, un esempio unico nell’Impero Romano, che racconta come la città tardoantica fosse fulcro e crocevia di scambi commerciali.

L’importante campagna di scavo ha visto come parte integrante al lavoro sul campo quello svolto presso gli archivi del Museo Archeologico di Nazionale di Aquileia dove i ricercatori hanno avuto la possibilità di consultare tutta la documentazione prodotta dagli archeologi che hanno indagato il sito negli anni passati e confrontare, così, le nuove intuizioni con le scoperte già avvenute.

I risultati delle ricerche hanno già trovato il loro spazio in un volume di prossima uscita che andrà a ripercorrere oltre un secolo di scoperte archeologiche.