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Quando la roccia diventa preghiera: il mistero delle Grotte di Longmen

Ci sono luoghi che fanno battere il cuore anche a distanza di secoli dalla loro creazione. Tra questi ci sono le Grotte di Longmen, un sito archeologico speciale diventato un luogo di culto e preghiera. Qui silenzio e fede vanno a braccetto unendosi alla natura che rende la porta del drago ancora più unica. La roccia smette di essere solo materia e diventa messaggera.

Scoprire le Grotte di Longmen

In Cina esistono luoghi ricchi di mistero e spiritualità ma uno brilla tra tutti: si tratta delle Grotte di Longmen, conosciute anche con il soprannome di “porta del drago”. Questo luogo, fatto di pietra e poesia, si trova a dodici chilometri da Louyang nella provincia di Henan e fa schiudere davanti agli occhi un paesaggio che sembra sospeso e lascia tutti a bocca aperta. Il varco naturale ha affascinato letterati, pellegrini e sognatori fin dai tempi antichi e ancora oggi ha un grande appeal.

Annoverate tra le meraviglie scolpite della Cina, insieme ai complessi Mogao e Yungan, hanno la capacità di lasciare sopraffatto chiunque le visiti. Reverenza e stupore sono le emozioni più comuni nell’osservare il chilometro di pareti rocciose in cui si snodano oltre 2345 tra grotte e nicchie in cui sono custodite 10.000 statue di Buddha e dei suoi discepoli. A tutto ciò si aggiungono migliaia di iscrizioni che narrano di fede, arte e scienza.

Il sito ha richiesto oltre quattro secoli di lavoro per poter essere realizzato e ha coinvolto sei dinastie, oltre ad infinite generazioni di artisti e devoti. Un vero e proprio capolavoro che ha reso le Grotte di Longmen un muse o a cielo aperto in cui maestria scultorea e spiritualità vanno a braccetto. I viaggiatori hanno l’opportunità di viaggiare tra le diverse epoche più floride della cultura cinese.

Non possiamo definirlo semplicemente un sito archeologico, è un luogo in cui natura e opera umana danzano all’unisono. La bellezza di queste grotte è universale e senza tempo tanto che dal 2000 sono state riconosciute come Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.

Scoprire il sito Unesco delle Grotte di Longmen in Cina

Fonte: iStock

Statue di Buddha scolpite nelle grotte di Longmen

Grotta centrale di Binyang

Tra le prime attrattive da non perdere c’è la Grotta centrale di Binyang, un gioiello appartenente alla dinastia Wei settentrionale. La figura centrale è dedicata a Buddha Sakyamuni, raffigurato con tratti solenni e uno sguardo che sembra custodire il segreto della compassione universale. Accompagnano la statua due leoni di pietra che vegliano fieramente ai suoi piedi mentre la presenza di discepoli e Bodhisattva si dispongono ai lati. A questo punto non resta che alzare gli occhi: sul soffitto le figure di apsaras fluttuano in un eterno volo di grazia e mistero.

Tempio di Fengxian

Proseguendo la passeggiata si incrocia il tempio di Fengxian. La grotta più grande del sito è stata realizzata durante la dinastia Tang. Possiamo dire con certezza che qui la grandezza dell’arte scultorea ha raggiunto il suo apice con il Buddha Losana alto oltre 17 metri. La statua lo mostra seduto sereno su un trono di loto, con un sorriso delicato e rassicurante sul volto. Il luogo ha attirato tantissimi visitatori tra cui l’imperatrice Wu Zetian che ha preso parte a cerimonie solenni quali la presentazione della luce, un rito che celebrava la compassione di Buddha.

Grotta di Guyang

Non la più grande ma la più antica e densamente ricca di significato: la grotta di Guyang è uno scrigno di arte e custodisce al suo interno centinaia di statue con nomi di devoti incisi dagli artigiani.

Dove si trovano e come raggiungere le Grotte di Longmen

Le Grotte di Longmen si trovano poco distanti dalla città di Luoyang, circa 12 chilometri di tragitto. Il luogo simbolo della regione di Henan in Cina sorge lungo le scogliere calcaree che costeggiano il fiume Yi e rappresentano uno dei siti di arte buddhista più rilevanti in Cina. Per raggiungerle dall’Italia servirà volare verso Pechino, Shanghai o Xi’an, e da lì prendere un volo interno o un treno ad alta velocità per Luoyang. A quel punto tramite treno in breve distanza si raggiungerà il sito, oppure è possibile utilizzare un autobus. Esistono anche tour di gruppo che conducono sul posto e raccontano il luogo con maggiori dettagli.

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Cammino di San Jacopo: tappe, consigli e quando percorrerlo

Il Cammino di San Jacopo è un itinerario suggestivo che attraversa da est a ovest la regione Toscana, collegando Firenze a Livorno lungo un percorso di circa 170 km. È molto più di un cammino: rappresenta un’occasione per esplorare con lentezza alcune delle città e dei borghi più affascinanti della Toscana, immersi in un paesaggio che alterna colline, pianure, borghi medievali e città d’arte. Questo cammino si ispira all’antica tradizione del pellegrinaggio medievale verso Santiago di Compostela, offrendo una versione italiana e profondamente radicata nella cultura locale di quel lungo viaggio di fede, scoperta e trasformazione interiore.

Lungo il tracciato, i pellegrini moderni possono riscoprire il valore della connessione tra spiritualità e territorio, attraversando luoghi che uniscono il patrimonio artistico alla bellezza della natura. È un cammino accessibile a molti, che si sviluppa su tappe ben organizzate e segnalate, e che riesce a coniugare l’esperienza spirituale con il piacere della scoperta culturale, gastronomica e paesaggistica.

La storia del Cammino di San Jacopo

Il Cammino di San Jacopo affonda le sue radici nel Medioevo, in un tempo in cui l’Europa era attraversata da migliaia di pellegrini diretti verso i grandi santuari della cristianità. Uno dei più importanti era quello dedicato a San Giacomo il Maggiore a Santiago di Compostela, in Galizia. Ma non tutti si spingevano fino in Spagna: alcuni si fermavano a Pistoia, città che nel XII secolo ricevette una reliquia del santo proprio da Santiago. Questo evento sancì l’importanza di Pistoia come centro di culto giacobeo, trasformandola in una “Compostela minore” e rendendola una tappa prestigiosa lungo i percorsi devozionali dell’epoca.

Il cammino moderno riprende questa antica funzione spirituale, ma la arricchisce di significati contemporanei. Oggi rappresenta una via che consente di riscoprire tracciati millenari, ma anche la storia e l’identità culturale dei territori attraversati. È un viaggio nel tempo e nello spazio, che unisce devozione, storia e bellezza, attraverso una Toscana meno conosciuta, e per questo ancora più autentica.

Le tappe del Cammino di San Jacopo

Il Cammino di San Jacopo è strutturato in sei tappe principali, che collegano Firenze a Livorno attraversando Prato, Pistoia, Pescia, Lucca e Pisa. Si tratta di un percorso accessibile ma vario, che alterna tratti urbani, collinari e pianeggianti, accompagnando il pellegrino in un viaggio immerso nella storia, nell’arte e nella spiritualità toscana.

Tappa 1: Firenze – Prato

(27,1 km, 190 D+, 6h)

Il cammino parte da Firenze, città d’arte per eccellenza, e si sviluppa inizialmente in zone collinari a bassa quota, tra ville storiche e paesaggi rurali. Superata l’area metropolitana, si entra in Calenzano e poi in Prato, dove si possono ammirare la Cattedrale di Santo Stefano, il Castello dell’Imperatore e il centro storico ben conservato. Il percorso è semplice, ben segnalato e adatto anche a chi è alle prime esperienze.

Ponte Vecchio, Firenze

Fonte: 123RF

Ponte Vecchio, Firenze

Tappa 2: Prato – Pistoia

(27,1 km, 350 D+, 7h)

Questa tappa presenta un dislivello più significativo e una difficoltà media. Si attraversano ambienti collinari e aree boschive fino a raggiungere la città di Pistoia, uno dei centri spirituali del cammino grazie alla reliquia di San Giacomo custodita nella Cattedrale di San Zeno. Il tracciato passa da borghi e pievi medievali, offrendo scorci panoramici e momenti di quiete nella natura.

Tappa 3: Pistoia – Pescia

(29,6 km, 300 D+, 7h 30’)

È la tappa più lunga del cammino, con difficoltà media. Si sale attraverso le dolci colline della Valdinievole, tra uliveti e piccoli centri come Collodi, celebre per il Parco di Pinocchio e Villa Garzoni. L’arrivo a Pescia regala una visione più autentica della Toscana, tra storia, floricoltura e antiche tradizioni artigiane. È consigliato partire presto per affrontare con calma la lunghezza dell’itinerario.

Tappa 4: Pescia – Lucca

(26,3 km, 190 D+, 6h)

Tappa prevalentemente pianeggiante, che consente di attraversare la campagna lucchese e borghi storici come San Gennaro e Segromigno in Monte. L’arrivo a Lucca è tra i più suggestivi del cammino: si entra nella città attraverso le sue celebri mura rinascimentali, visitando la Cattedrale di San Martino, la Chiesa di San Michele in Foro e la Chiesa di San Jacopo in Fossa, meta simbolica per i pellegrini.

Tappa 5: Lucca – Pisa

(28,6 km, pianeggiante, 6h 30’)

Un itinerario pianeggiante che attraversa campagne, sentieri lungo corsi d’acqua e piccoli centri rurali. Il cammino segue in parte il tracciato della Via Francigena, fino a giungere a Pisa, città simbolo del Medioevo europeo. L’arrivo alla Piazza dei Miracoli, con la Torre Pendente, il Battistero e il Duomo di Santa Maria Assunta, rappresenta un momento di grande emozione.

Torre di Pisa

Fonte: 123RF

Torre di Pisa

Tappa 6: Pisa – Livorno

(35,9 km, pianeggiante, 9h)

Tappa conclusiva lunga e variegata, da suddividere eventualmente in due giorni. Dopo aver lasciato Pisa, si attraversano zone costiere, aree protette e ambienti naturali tipici della Maremma settentrionale. L’arrivo a Livorno, presso la Chiesa di San Jacopo in Acquaviva, rappresenta il completamento simbolico del cammino: un incontro tra terra e mare, tra storia e spiritualità.

Indicazioni pratiche per affrontare il Cammino

Il Cammino di San Jacopo si distingue per la sua buona accessibilità e per la presenza di infrastrutture ricettive ben distribuite. La segnaletica, curata e continua, rende il percorso percorribile anche senza GPS, ma è sempre utile avere con sé una mappa dettagliata o un’app con il tracciato aggiornato. È un cammino che si può percorrere in autonomia, senza necessità di appoggi logistici particolari, anche grazie alla vicinanza con numerose stazioni ferroviarie lungo il tragitto.

Essendo un cammino prevalentemente su strade asfaltate o ben battute, sono consigliate scarpe da trekking leggere o scarponcini da cammino urbano. I bastoncini possono essere utili nei tratti collinari, in particolare tra Pistoia e Pescia. La credenziale per i timbri si può ottenere presso enti religiosi o turistici nelle città di partenza, ed è necessaria per accedere ad alcune ospitalità convenzionate per pellegrini.

Va tenuto conto che alcune tappe attraversano aree molto calde d’estate, per cui è consigliabile partire presto al mattino e portare con sé almeno 1,5 litri d’acqua, oltre a cibo energetico per le pause. Il cammino si presta anche a essere modulato: è possibile fare solo una parte, approfittando dei frequenti collegamenti ferroviari tra le tappe.

Quando partire e a chi è consigliato

Il periodo ideale per affrontare il Cammino di San Jacopo va da aprile a giugno e da settembre a ottobre. In questi mesi, il clima è mite e le giornate sono abbastanza lunghe da permettere una camminata senza stress. In estate, le alte temperature e l’esposizione al sole in alcuni tratti rendono il cammino più faticoso, mentre in inverno alcune zone collinari possono essere meno agevoli a causa della pioggia o del fango, sebbene il percorso sia percorribile tutto l’anno.

Il cammino è adatto a chi cerca un’esperienza meditativa ma accessibile, a chi desidera unire cultura, natura e spiritualità in un contesto ben organizzato. È perfetto per chi non vuole affrontare grandi dislivelli montani ma desidera comunque vivere l’avventura del cammino. Può essere affrontato anche in gruppo o da camminatori solitari, ed è un’ottima scelta per un primo pellegrinaggio, o per chi vuole riscoprire la Toscana in modo autentico.

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Alla scoperta dei gargoyle, le inquietanti sentinelle delle cattedrali

Girovagando per il mondo, può capitare di imbattersi in maestose cattedrali, imponenti costruzioni e incredibili monumenti. Ognuna di queste strutture ha sue caratteristiche distintive, mentre molte altre hanno in comune la presenza di statue particolari, per alcuni aspetti persino anche grottesche e/o spaventose. Parliamo dei gargoyle, figure di mostri, demoni e creature fantastiche con occhi di pietra e bocche spalancate. Sembrano appartenere a un mondo lontano, quasi uscito da un sogno, ma nonostante ciò sono messe a decorare alcune antiche meraviglie con uno scopo ben preciso: proteggere, scacciare il male e raccontare storie antiche.

Oltre a essere delle sculture di pietra, infatti, sono creature magiche, al punto che nelle fiabe, nei cartoni animati e nei racconti popolari, sono spesso protagonisti di storie misteriose e avventurose. Ma dove è possibile avvistarli?

La storia dei gargoyle e cosa sono

Bisogna fare un salto indietro nel tempo, e più precisamente nel Medioevo, per scoprire le vere origini dei gargoyle: risalgono a più o meno il XII secolo, quando i maestri d’opera delle cattedrali gotiche cercavano soluzioni per proteggere gli edifici dalle intemperie. Il motivo di questa ricerca era molto semplice: le alte torri e i tetti inclinati delle cattedrali erano facilmente vulnerabili alle infiltrazioni d’acqua. Fu così che si scelse di “dar vita” ai gargoyle, dei veri e propri canali di drenaggio in quanto l’acqua piovana scorreva attraverso le loro bocche spalancate, per poi essere scaricata lontano dalla base degli strutture.

Ma perché fu scelta proprio questa bizzarra forma? La verità è che i gargoyle racchiudono un simbolismo religioso poiché, in quel periodo storico, la paura del male e dei demoni era molto radicata. Queste statue, con le loro sembianze mostruose, fungevano quindi da guardiani spirituali che tenevano lontani gli spiriti maligni e proteggevano i fedeli all’interno delle chiese e cattedrali.

Nel Rinascimento e nel Barocco (pur con un allontanamento netto dall’architettura gotica), i gargoyle continuarono a decorare le chiese e le cattedrali, anche se la loro funzione pratica iniziò a essere meno necessaria grazie agli sviluppi nelle tecniche di costruzione e drenaggio. Tuttavia, la loro presenza divenne ancora più accentuata come elemento ornamentale e simbolico. Nei secoli successivi, finirono per rappresentare un aspetto più artistico e decorativo nell’architettura gotica, contribuendo a dare un fascino misterioso e sinistro a chiese e castelli.

Fu a partire dal XX secolo che trovarono persino una nuova vita nell’immaginario collettivo, soprattutto grazie ai cartoni animati e alle fiabe. Film, serie Tv e storie per bambini hanno spesso rappresentato i gargoyle come esseri che si animano durante la notte, diventando protettori della città o partecipando a storie di avventura e mistero. Vi basti pensare al film Disney “Il Gobbo di Notre Dame” (1996), dove i  gargoyle non sono solo elementi decorativi, ma anche personaggi veri e propri, amici immaginari (o forse reali?) del protagonista Quasimodo.

Gargoyle, Parigi

Fonte: iStock

Alcuni dei gargoyle di Parigi

A cosa servono

Come abbiamo accennato poco sopra, i gargoyle non sono solo bizzarre sculture che si affacciano dalle cattedrali di diverse città del mondo, sono anche guardiani silenziosi di un tempo antico, nati per proteggere e stupire.

Sbucano anche oggi tra i tetti con le fauci spalancate e lo sguardo fisso sull’orizzonte, pure se in passato servivano per convogliare l’acqua piovana lontano dalle pareti, evitando danni alle strutture. Contemporaneamente, incarnavano anche una missione simbolica: tenere lontani gli spiriti maligni, ammonire i peccatori, e rendere viva – quasi teatrale – l’esperienza di chi alzava lo sguardo verso il cielo.

Oggi la loro funzione primaria (scaricare l’acqua) non esiste praticamente più grazie al progresso ingegneristico, eppure questi mostriciattoli sono ancora lì, aggrappati ai tetti delle grandi chiese, ai bordi dei castelli o incastonati in facciate maestose.

Attualmente sono solo testimoni silenziosi del passato, richiami visivi di un tempo in cui arte, religione e funzionalità si fondevano in un’unica forma scolpita. Meraviglie da ammirare e da cui carpire tutto il fascino e il simbolismo che per secoli hanno incarnato.

Dove si trovano

Queste figure intagliate (che in italiano si chiamano gargolle o garguglie) si trovano in tutto il mondo anche se, nella realtà dei fatti, la loro massima concentrazione è in Europa, ovvero dove l’architettura gotica è nata e si è sviluppata.

I gargoyle nel mondo

L’architettura neogotica ha portato i gargoyle anche in America, Australia e molte altre realtà al di fuori del Vecchio Continente:

  • Stati Uniti: la Washington National Cathedral ha decine di gargoyle moderni, mentre università come Yale, Princeton e Chicago li usano come simboli accademici, ma con ironia. Ci sono poi alcuni grattacieli storici di New York, come il Woolworth Building, che li mostrano reinterpretati in chiave moderna.
  • Australia: alcune chiese anglicane ed edifici pubblici neogotici (soprattutto a Melbourne e Sydney) hanno gargoyle in stile britannico.
  • Canada: presenti nelle università storiche e sulle cattedrali di Toronto e Montreal.
  • Giappone: alcuni architetti neogotici del XX secolo hanno usato gargoyle nelle loro opere, a volte mescolandoli con demoni dello shintoismo.
  • Argentina (Buenos Aires): molti edifici in stile europeo, soprattutto nel quartiere di Recoleta, presentano elementi gotici.
  • Messico: chiese coloniali e università hanno a volte adattamenti locali di gargoyle, con influenze azteche e barocche.
  • India: durante il periodo coloniale britannico sono stati costruiti edifici neogotici, come la Chhatrapati Shivaji Terminus (ex Victoria Terminus) a Mumbai, che hanno gargoyle ispirati al gotico europeo ma con tratti locali.
  • Filippine: nelle vecchie chiese coloniali si trovano forme simili, spesso miste a motivi ispanici e locali.
  • Sudafrica: in città come Cape Town o Pretoria, l’influenza coloniale britannica ha portato chiese e università neogotiche con gargoyle.
  • Egitto e Nord Africa: meno comuni, ma presenti in edifici costruiti dagli europei nel XIX secolo (in particolare francesi).
Gargoyle, New York

Fonte: iStock@AlexandreFagundes

Alcuni gargoyle tra i grattacieli di New York

I gargoyle in Europa

Il nostro continente è praticamente la culla di queste curiose creature, in quanto è qui che sono nate come statue (principalmente) di pietra:

  • Francia: Notre-Dame de Paris, la cattedrale con i gargoyle più famosi al mondo (anche grazie al film Disney), Cattedrale di Chartres, Rouen, Amiens, Reims, veri musei a cielo aperto di creature scolpite. Anche diversi castelli e abbazie medievali li possiedono.
  • Regno Unito: York Minster e Durham Cathedral sono esempi gotici e neogotici pieni di gargoyle, spesso molto grotteschi o caricaturali. Poi le università di Oxford e Cambridge, con mostriciattoli satirici o umanizzati.
  • Germania: presso la Cattedrale di Colonia, una delle più alte del mondo, chiese a Ulma, Friburgo, Monaco e diversi castelli.
  • Spagna: nelle cattedrali di Burgos, Toledo, Siviglia, Barcellona (intendiamo la mestosa la cattedrale gotica, non la Sagrada Família).
  • Belgio: in più cattedrali, ovvero quelle di Bruxelles, Anversa, Gent e Bruges che sono caratterizzate da architettura gotica fiamminga con gargoyle decorativi e funzionali.
  • Paesi Bassi: in chiese gotiche come la Domkerk di Utrecht, spesso meno spaventosi ma artisticamente notevoli.
  • Repubblica Ceca: Cattedrale di San Vito a Praga, una delle più ricche di figure grottesche e animali fantastici, in edifici religiosi e castelli medievali di alcune città minori
  • Austria: a Vienna presso Stephansdom, la cattedrale principale della città.
  • Ungheria: si trovano nella Matthias Church di Budapest.

I gargoyle in Italia

Nel nostro Paese i gargoyle non sono così numerosi come in altre parti d’Europa, ma nonostante questo non mancano esempi affascinanti, legati di frequente a chiese, cattedrali e castelli medievali o gotici:

  • Duomo di Milano: le guglie gotiche della cattedrale sono ricche di gargoyle scolpiti che, oltre alla funzione decorativa, in passato avevano anche il compito di scaricare l’acqua piovana.
  • Cattedrale di Santa Maria del Fiore, Firenze: nella facciata e nelle torri si possono trovare alcuni (anche se pochi) gargoyle che rappresentano figure mostruose, fantastiche o mitologiche.
  • Cattedrale di Orvieto: sono posti lungo il tetto, mescolandosi con le altre sculture e dettagli architettonici che decorano la facciata.
  • Castello di Fenis, Valle d’Aosta: con una serie di gargoyle intagliati nelle pareti esterne.
  • Cattedrale di San Lorenzo, Genova: ce ne sono alcuni che spuntano sopra le guglie e le torri.
  • Cattedrale di Ferrara: alcune creature “mostruose” decorano la sua facciata e le sue guglie.
  • Duomo di Vercelli, Piemonte: anche in questo caso sono sulle guglie e sulle strutture esterne.
Gargoyle, Milano

Fonte: iStock@brunocoelhopt

Uno dei gargoyle del Duomo di Milano
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Parte il Costa Verde Express, il treno che da Santiago de Compostela attraversa la Spagna

Quando il viaggio non è solo una questione di destinazione, ma un’esperienza da vivere con tutti i sensi, ecco che nasce qualcosa di straordinario. Renfe, la compagnia ferroviaria spagnola, dà ufficialmente il via alla stagione 2025 dei suoi treni turistici di lusso. E tra questi gioielli su rotaia spicca il Costa Verde Express, un elegante hotel viaggiante che il 17 maggio salperà, sì, su rotaie, da Santiago de Compostela, pronto a condurre i passeggeri attraverso paesaggi mozzafiato, tradizioni culinarie e città leggendarie del nord della Spagna.

Un viaggio lento, raffinato e intensamente emozionante, pensato per chi desidera perdersi, o ritrovarsi, tra storia, natura e sapori autentici, a bordo di uno dei convogli più famosi d’Europa.

Costa Verde Express: lusso su binari tra Santiago e Bilbao

C’è qualcosa di magico nel partire da Santiago de Compostela, città mistica e meta di pellegrinaggi secolari. Ma sul Costa Verde Express il pellegrinaggio diventa un’avventura d’élite: sei giorni e cinque notti in carrozze d’epoca restaurate con classe, dove ogni dettaglio è curato per regalare un viaggio sensoriale senza pari.

Questo treno storico, ex Transcantábrico Clásico, ora rinato sotto il nome di Costa Verde Express, percorre la verde costa atlantica della Spagna da Galizia ai Paesi Baschi, passando per Asturie e Cantabria, in un itinerario che è un vero inno alla Spagna più autentica.

Costa Verde Express, interno ristorante

Fonte: Renfe

Il vagone ristorazione del Costa Verde Express

Le eleganti cabine, dotate di bagno privato e ogni comfort, sono piccoli rifugi su rotaie dove il tempo sembra dilatarsi. I pasti sono curati da chef che trasformano ogni fermata in un viaggio gastronomico: fabada asturiana, quesos gallegos, sidra naturale e pesce freschissimo del Cantabrico sono solo alcune delle delizie che si possono gustare a bordo o nei ristoranti selezionati lungo il percorso.

Ogni tappa è un’occasione per esplorare: dai villaggi marinari di Ribadesella e Santillana del Mar, al patrimonio artistico di Oviedo, dalle vertiginose scogliere atlantiche ai paesaggi rurali costellati da pazos galiziani e monasteri medievali. Non mancano, naturalmente, anche le escursioni guidate con esperti multilingue, per scoprire davvero l’anima dei luoghi visitati.

Date, offerte e partenze: il calendario 2025

Il debutto ufficiale del Costa Verde Express da Santiago de Compostela è previsto per il 17 maggio 2025, ma chi vuole salire a bordo ha a disposizione una ricca programmazione fino a ottobre. Le partenze si alternano tra Santiago e Bilbao, con una frequenza di 2-4 viaggi al mese, rigorosamente di sabato, per sfruttare le temperature miti e la luce dorata che accarezza il nord della Spagna in primavera, estate e inizio autunno.

Ecco alcune delle date confermate con l’8% di sconto:

  • 17 maggio: da Santiago a Bilbao
  • 24 maggio: da Bilbao a Santiago
  • 31 maggio: da Santiago a Bilbao
  • 7 giugno: da Bilbao a Santiago
  • 14 giugno: da Santiago a Bilbao
  • Fino al 25 ottobre, con l’ultima corsa da Bilbao a Santiago

Le date del 10 ottobre e del 18 ottobre sono già sold out, segno del crescente interesse per questo treno da sogno. Chi vuole cogliere l’occasione può prenotare fin da ora, approfittando delle offerte speciali e lasciandosi conquistare da un viaggio che è molto più di una vacanza.

Perché scegliere il Costa Verde Express? Perché non è un treno qualsiasi, ma un salotto su binari dove il tempo si piega al piacere, alla scoperta, alla bellezza. È un modo diverso di viaggiare: più consapevole, più esclusivo, più sensoriale.

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In Lituania c’è una collina piena di croci, che raccontano storie di fede e speranza

Nel nord della Lituania, alle porte della cittadina di Šiauliai, si trova un luogo dove mistero e fede si incontrano creando un’atmosfera dal fascino suggestivo. Un fascino che aumenta se pensiamo che della Collina delle Croci (Kryžių Kalnas), come viene comunemente chiamata, non si conoscono ancora le origini esatte. Il motivo del nome è facile da indovinare: su questa collina ci sono oltre 400.000 croci di metallo e di legno, collocate qui da quasi due secoli.

Gli unici suoni che si sentono sono quelli del vento e dei rosari pendenti che tintinnano a ogni folata, ondeggiando sulle icone di santi e sulle fotografie di patrioti locali. Sono stati molti i tentativi del governo per distruggerlo, ma questo insolito sito di pellegrinaggio continua a resistere e ad attrarre devoti e curiosi.

La storia della Collina delle Croci

In luoghi affascinanti e particolari come la Collina delle Croci, la storia si intreccia con le leggende e i racconti popolari. La prima testimonianza scritta risale al 1850, seppur molti credano che le prime croci furono lasciate molto prima dai parenti in lutto delle vittime cadute durante le rivolte contro il regime russo nel 1831.  Altri ancora, invece, credono che le croci siano spuntate alla fine del XIX secolo, dopo l’apparizione della Vergine Maria con in braccio Gesù bambino che chiese ai fedeli di coprire il luogo sacro con queste icone.

La collina fu protagonista anche di soppressioni e tentativi di distruzione. Dallo zar, che limitò l’espressione religiosa proibendo alle famiglie di onorare i defunti con una degna sepoltura nei cimiteri, alla dittatura sovietica, quando il sito fu più volte raso al suolo e bruciato dalle autorità.

Nonostante la Collina delle Croci venisse distrutta, ogni volta la gente del posto rischiò la propria vita per ricostruirla. Alla caduta del regime sovietico, le croci sulla collina erano già in numero superiore alle 90.000.

L’importanza della Collina delle Croci

In Lituania, la tradizione di intagliare icone religiose si tramanda di generazione in generazione. Rappresenta un aspetto importante per l’identità nazionale del Paese tanto che l’UNESCO riconosce la creazione delle croci come patrimonio culturale immateriale della Lituania, un simbolo che unisce la comunità di fronte alle avversità, come è stato dimostrato anche dagli eventi storici.

L’importanza di questo luogo non è passato inosservato, tanto che, nel 1993, nel corso della sua visita in Lituania, Papa Giovanni Paolo II si recò in pellegrinaggio alla Collina delle Croci per rendere omaggio al luogo e celebrare la Santa Messa, lasciando come ricordo e ringraziamento una grande croce in legno e granito.

La Collina delle Croci in Lituania

Fonte: Getty Images

La Collina delle Croci

Come raggiungere la Collina delle Croci

L’entrata alla Collina delle Croci è gratuita e può essere raggiunta sia in autonomia, noleggiando un’auto o con i mezzi pubblici, che partecipando a un tour organizzato. La città di Šiauliai, dove si trova il sito religioso, è situata a circa metà strada tra Riga e Vilnius: la prima dista due ore e mezza, mentre la seconda due ore. Da Vilnius partono ogni giorno anche dei treni.

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Grazie, il borgo lombardo che ospita uno splendido santuario

C’è un luogo bellissimo in Lombardia, vicino a quella città ricca di tracce del passato e di tesori che è Mantova.

Si chiama Grazie ed è una frazione del comune di Curtatone, una cittadina di oltre 14mila abitanti. Ed è qui che ci dirigiamo, in questo suggestivo borgo lombardo che custodisce un meraviglioso santuario, ma non solo.

Tappa perfetta per chi è in visita alla zona, dista circa sette chilometri dal centro di Mantova ed è un piccolo luogo dalla storia antica, che si mescola con la fede e con il fascino del territorio circostante: e adesso andiamo proprio lì, per poter scoprire i tanti tesori che si celano a Grazie.

Grazie, il santuario: una meraviglia da scoprire

Per sapere quando è nato il Santuario della Beata Vergine Maria delle Grazie bisogna fare un salto indietro nel tempo e tornare al passato più remoto. Infatti, anche se non è nota la datazione della sua più antica fondazione, si racconta che sulla riva delle valli del Mincio ci fosse già prima una santella con un’immagine sacra e che poi, demolita quella, sia stato realizzato un edificio di culto.

Secondo i documenti, come scritto sul sito ufficiale, già intorno al Mille vi era già un luogo di culto con il nome di Santa Maria di Reverso. Il suo interno è in stile gotico, infatti è alla fine del Trecento che viene sottoposto a intensi lavori, con la consacrazione della chiesa nel 1406 e interventi poi successivi con aggiunte e poi, ancora, ipere di modifica volute da Napoleone che – ad esempio – ha voluto la soppressione del convento.

Gli orari di apertura per visitarlo sono i seguenti: dalle 7,30 alle 12 e dalle 15 alle 18.30. Un momento per raggiungere questo luogo nel nord Italia? Particolarmente importante è la festa del 14 e 15 di agosto quando si tiene anche l’antica fiera. Se questo non bastasse i madonnari in qui giorni trasformano l’asfalto in meravigliose opere d’arte.

il santuario di Grazie vicino Mantova

Fonte: iStock

Un dettaglio del santuario di Grazie vicino Mantova

Perché è celebre il santuario

Il santuario di Grazie non è celebre solamente dal punto di vista religioso, ma anche perché è stato scelto come set di un film famoso: viene infatti inquadrato in uno dei capolavori della Settima arte italiana e, più precisamente, in Novecento di Bernardo Bertolucci, dove si può ammirare sia dall’interno che dall’esterno.

Ma non è solo lì che i più attenti possono averlo visto, infatti, a quanto pare, compare anche in celebre sceneggiato televisivo datato 1982, ovvero La Certosa di Parma in cui si vede in una prospettiva interna.

Cosa altro vedere a Grazie

La frazione di Grazie nel comune di Curtatone è un luogo di grande bellezza non solo perché si possono vedere i resti dell’impianto di strutture presenti in precedenza come tracce del porticato antico, ma edifici interessanti come Palazzo Sarto (che si trova proprio nella piazza del santuario).

Non si può dimenticare la bellezza paesaggistica, qui infatti il fiume si allarga e diviene Lago Superiore, e siamo nel territorio del Parco regionale del Mincio con le sue specie animali e vegetali, i paesaggi da sogno e tante località da esplorare.

E poi per finire c’è Mantova, che si trova davvero vicinissima e che è un concentrato di meraviglia per gli occhi, oltre a essere meta ideale per chi cerca storia e cultura incastonati in un ambienta da favola.

Grazie è perfetta per essere raggiunta in una giornata, per fare il pieno di meraviglia.

Vista sulla piazza di Grazie vicino a Mantova

Fonte: iStock

Vista sulla piazza di Grazie, borgo vicino a Mantova
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Siviglia, dove il flamenco profuma di aranci in fiore

Solare, sensuale, magnetica, Siviglia è una città che cattura il cuore e riscalda l’anima. Con la sua luce dorata, i colori intensi, le antiche tradizioni e l’energia che pulsa tra vicoli, piazze e palazzi moreschi, la capitale andalusa è un mix di storia e passione, dove il passato arabo convive con l’eredità cristiana e l’anima gitana. Tra profumi d’arancio, architetture da Mille e una notte e ritmi che battono al suono del flamenco, è una città da vivere, ascoltare, assaporare.

In quest’articolo scopriamo insieme cosa vedere a Siviglia, dalle meraviglie architettoniche – come la Cattedrale e l’Alcázar –  ai tramonti sul Guadlquivir fino alle tapas nei quartieri più autentici: non una semplice checklist, ma un invito a perderti tra i meandri di una delle città più affascinanti d’Europa.

Siviglia: 13 cose da vedere

Situata nel sud della Spagna, nell’assolata regione dell’Andalusia, Siviglia è una città da scoprire a passo lento, passeggiando tra i suoi vicoli soleggiati alla scoperta di edifici plasmati da secoli di arte e di storia che, intrecciandosi, hanno lasciato tracce indelebili. Tra atmosfere moresche, giardini segreti e scorci che sembrano usciti da un film, ecco una selezione dei luoghi da non perdere per lasciarsi conquistare dalla magia andalusa.

Cattedrale di Siviglia e Giralda

Edificati su un’antica moschea almohade e su un minareto, la Cattedrale di Siviglia e l’inseparabile Giralda simboleggiano il trionfo del cristianesimo in città.

Dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1987, la Catedral Metropolitana de Santa María de la Sede de Sevilla è una delle chiese gotiche più grandi al mondo: oltre che per l’imponenza e la straordinarietà architettonica, colpisce per il mix di stili che riflettono le stratificazioni storiche della città. All’interno ospita la tomba di Cristoforo Colombo morto a Vallodolid, in Spagna, nel 1506.

La Giralda, visibile da molti punti della città, regala viste mozzafiato sui tetti rossi di Siviglia.

cattedrale gotica

Fonte: iStock

Catedral Metropolitana de Santa María de la Sede de Sevilla

Real Alcázar

Tra le cose da vedere a Siviglia, il Real Alcázar si aggiudica uno dei primi posti nella nostra top 15.

Edificato con funzioni difensive dai governanti mussulmani, è oggi una delle residenze reali in uso più antiche d’Europa: un capolavoro architettonico che testimonia la fusione tra arte islamica, gotica, rinascimentale e barocca. Con i suoi giardini profumati, i cortili decorati da azulejos, gli archi arabeggianti e gli interni dai soffitti scolpiti, il Real Alcázar catapulta in un universo sospeso nel tempo, tra suggestioni e visioni che sembrano tratte da una pagina delle Mille e una notte.

patio del Real Alcázar con forme arabeggianti

Fonte: iStock

Patio de las doncellas, Real Alcázar

Plaza de España

A poche centinaia di metri dal Real Alcázar si trova Plaza de España, uno degli spazi più scenografici di tutta l’Andalusia, se non del Paese intero.

Situata all’interno del Parco de María Luisa, Plaza de España è un complesso monumentale di mattoni, ceramiche e ponticelli che attraversano un canale navigabile: realizzata nel 1929 in occasione dell’Esposizione Iberoamericana, presenta una forma semiellittica che simboleggia l’abbraccio tra l’antica città spagnola e le sue colonie. Lungo le pareti della piazza, rappresentate da scene storiche e mappe in ceramica decorata, trovano posto le 48 province spagnolo. L’acqua, i giochi di luce e le maioliche creano un’atmosfera quasi fiabesca.

Plaza de España è il luogo perfetto per una passeggiata rilassante o una gita in barca sulle acque del canale, ma anche per lasciarsi coinvolgere da gruppi di musicisti e ballerini di flamenco che si esibiscono sotto i portici.

Torre dell’Oro

Siamo di fronte a un altro dei simboli di Siviglia, Torre dell’Oro, che si affaccia elegante sulle rive del Guadalquivir e regala una bella vista panoramica sul fiume, sulla città e sul vicino ponte di Triana.

Edificata nei primi anni del XIII secolo dagli Almohadi come parte delle mura che proteggevano l’accesso fluviale alla città, Torre dell’Oro ospita al suo interno un piccolo museo navale che racconta la storia marittima di Siviglia e le spedizioni verso il Nuovo Mondo.

Quartiere di Santa Cruz

Con il suo labirinto intricato di vicoli acciottolati, piazzette silenziose e cortili che profumano di gelsomino, Santa Cruz rappresenta il cuore storico e romantico della città, dove Siviglia rivela il suo volto più intimo e struggente.

Un tempo abitato dalla comunità ebraica, Santa Cruz è oggi uno dei quartieri più visitati della città, ideale per una passeggiata a piedi tra storia, gastronomia e scorci dalla bellezza inenarrabile.

Strada con alberi e case

Fonte: iStock

La tranquillità del quartiere Santa Cruz

Archivio General de Indias

Tra le cose da vedere a Siviglia oltre i luoghi più iconici, l’Archivo General de Indias merita sicuramente una tappa: è uno dei luoghi che meglio raccontano l’importanza storica della città andalusa all’epoca delle grandi esplorazioni.

Sito accanto alla Cattedrale e alla Giralda, l’archivio fu creato alla fine del XVIII secolo per volontà di Carlo III all’interno di un’elegante costruzione rinascimentale – l’antica Casa Lonja de Mercaderes – dove sono custoditi milioni di pagine, mappe, lettere, decreti e diari dei quattro secoli di storia dell’Impero spagnolo nelle Americhe e nelle Filippine.

Casa de Pilatos

Gli appassionati di arte e architettura non possono esimersi dal visitare la Casa de Pilatos, una delle residenze storiche di Siviglia più affascinanti per la fusione di stili, dal mudéjar al gotico e dal rinascimentale al plateresco, tipica dell’Andalusia del XVI secolo.

Un’esperienza rilassata e lontana dalla folla tra patii decorati con azulejos, scale affrescate, collezioni di sculture antiche e giardini tranquilli che regalano una pausa silenziosa impregnata di bellezza nel cuore della città antica.

Plaza de Toros de la Maestranza

Tra i luoghi più rappresentativi della tradizione andalusa, Plaza de Toros de la Real Maestranza de Caballería de Sevilla è uno dei simboli più emblematici della città: ben più di una semplice arena, è un vero e proprio monumento storico che racconta un capitolo importante dell’identità culturale di Siviglia.

Plazas de Toros de la Maestranza, una delle più antiche e prestigiose di tutta la Spagna, ha una capienza di circa 12.000 spettatori e si distingue per lo stile barocco e la forma leggermente ellittica: è in uso ancora oggi durante la stagione taurina che culmina con la Feria de Abril. Oltre all’Arena, è possibile visitare l’annesso Museo Taurino che raccoglie costumi, manifesti, dipinti e oggetti legati alla tauromachia.

Metropol Parasol

Noto a tutti come Las Setas per la peculiare struttura a forma di fungo, il Metropol Parasol è una delle opere più sorprendenti dell’architettura contemporanea andalusa.

Realizzato in legno e calcestruzzo su progetto del tedesco Jürgen Mayer, il Metropol Parasol rappresenta un esempio di riqualificazione che ha saputo unire estetica, innovazione e funzionalità: all’interno della struttura, che ha completamente trasformato lo spazio urbano in cui si colloca, trovano posto il Museo Antiquarium (con una collezione di reperti romani e moreschi rinvenuti durante gli scavi), un mercato coperto e una passerella panoramica da cui ammirare la città a 360 gradi.

istallazione a forma di fungo

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Metropol Parasol, una delle opere più sorprendenti dell’architettura contemporanea andalusa

Parco di María Luisa

Per una pausa di freschezza tra un monumento e l’altro, un imprescindibile è il Parco di María Luisa: con i suoi viali alberati, le fontane scenografiche e le panchine decorate con azulejos colorati, è uno dei luoghi più amati dai sivigliani che vi si recano per una passeggiata rilassante e per godersi l’atmosfera soleggiata della città.

Tra le aree più belle del giardino monumentale spiccano la Fontana dei Leoni, il Monte Gurugú e il Padiglione Moresco: circondati dalla vegetazione lussureggiante regalano quiete e bellezza, oltre a rappresentare un altro volto della città.

Basílica de la Macarena

Un po’ dislocata ma facilmente raggiungibile con una passeggiata di 20 minuti dal centro città, la Basilica de la Macarena è uno dei luoghi di culto più venerati di Siviglia: al suo interno custodisce la Vergine della Speranza Macarena, simbolo di devozione popolare e protagonista indiscussa della Semana Santa.

Accanto alla Basilica si trova l’Arco de la Macarena che unitamente al Postigo del Aceite e alla Porta di Cordoba è uno dei tre accessi superstiti delle antiche mura medievali.

Museo de Bellas Artes

Sito all’interno dell’antico Convento de la Merced Calzada, il Museo de Bellas Artes di Siviglia è una tappa assolutamente da non perdere per gli amanti dell’arte: dopo il Prado di Madrid è considerato la seconda pinacoteca più importante di tutta la Spagna.

Oltre alle sale dedicate ai grandi del passato – tra cui il Goya, El Greco e il maestro del barocco sivigliano Bartolomé Esteban Murillo – il museo ospita importanti esempi di arte andalusa che raccontano l’identità culturale di Siviglia.

Palacio de las Dueñas

Tra le residenze storiche più affascinanti di Siviglia merita una visita il Palacio de las Dueñas, mix armonioso di stili gotico-mudéjar e rinascimentale che si distingue per l’atmosfera elegante in cui il tempo sembra essersi fermato.

Di proprietà della ricca e potente Casa de Alba, il Palacio de las Dueñas custodisce al suo interno mobili antichi e opere d’arte raccolte dalla famiglia nel corso dei secoli, mentre all’esterno una serie di patii e giardini rigogliosi regalano un’oasi di pace nel cuore della città.

Giardino con casa nobiliare andalusa

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Palacio de las Dueñas, una delle residenze storiche più affascinanti di Siviglia

Cosa fare a Siviglia: 7 esperienze da non perdere

Siviglia è una città vivace, da vivere con tutti i sensi in allerta: oltre alle cose da vedere, ecco un elenco di esperienze imperdibili per cogliere l’anima più profonda dell’Andalusia:

  • assistere a uno spettacolo di flamenco in uno dei tablao storici della città, lasciandosi travolgere dalla forza dell’antica arte andalusa;
  • navigare sul fiume Guadalquivir per ammirare Siviglia da una prospettiva romantica e affascinante, con un viaggio tra scorci mozzafiato e monumenti emblematici che si riflettono nell’acqua;
  • fare un tuffo nella gastronomia sivigliana con un tour tra tapas bar e mercati locali per scoprire profumi intensi, sapori autentici e l’energia quotidiana della città;
  • ammirare Siviglia al tramonto da una terrazza panoramica – come quelle del Metropol Parasol o della Giralda – con il sole che cala dietro i tetti tingendo la città di rosso, oro e arancio;
  • rilassarsi nei bagni arabi del quartiere Santa Cruz è un ottimo modo per rigenerare il corpo e la mente tra vapori profumati, piscine tiepide e atmosfere moresche;
  • perdersi tra le botteghe artigiane e i vicoli storici di Triana per scoprire l’anima popolare di Siviglia, lasciandosi contagiare dalla sua energia vibrante fatta di arte, passione e quotidianità;
  • assistere alla Semana Santa o alla Feria de Abril che sono due delle esperienze più cariche di significato da vivere a Siviglia: la prima è un’esplosione di spiritualità, mentre la seconda è un tripudio di musica, danze e colori che trasforma la città in un teatro all’aperto.
Fiume con barche e torre

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La crociera sul Guadalquivir offre uno sguardo romantico sulla città

Siviglia è molto più di come si mostra a prima vista. É una città di contrasti armoniosi che vive in equilibrio tra il passato e il presente, in cui si intrecciano quiete e vitalità, antiche tradizioni e manifestazioni culturali. É una città che si svela lentamente allo sguardo attento e curioso di chi ambisce conoscerla a fondo, pronta a sorprenderlo con la ricchezza dei suoi dettagli, la varietà dei suoi quartieri e la profondità della sua storia.

Siviglia: come raggiungerla

Siviglia è facilmente raggiungibile dall’Italia grazie alla presenza dell’Aeroporto San Pablo da cui operano compagnie low cost – come Ryanair, Vueling e EasyJet – che collegano il capoluogo andaluso alle principali città italiane.

Dall’aeroporto di Siviglia al centro città ci sono due opzioni:

  1. prendere un autobus della linea EA (Especial Aeropuerto) che è attivo dalle 05.20 del mattino alle 00.50 di notte: il biglietto, acquistabile anche a bordo, costa 4€;
  2. una corsa in taxi fino al centro città dura circa 15 minuti, a seconda del traffico: per il prezzo si applica la Tarifa Única Aeropuerto definita in base agli orari (giornalieri o notturni) e ai giorni (feriali o festivi).

Siviglia conta anche su collegamenti ferroviari efficienti: con i treni ad alta velocità AVE è possibile raggiungere Madrid in circa 2 ore e mezza e Barcellona in poco più di 5 ore, regalando lungo il tragitto paesaggi molto poetici.

Muoversi a Siviglia è semplicissimo: il centro storico è piccino e si gira comodamente a piedi, ma la città dispone anche di una rete di autobus, tram e metropolitana, oltre a 170 km di piste ciclabili che la rendono piacevolmente visitabile con una bici a noleggio.

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Sulle orme di San Benedetto: un cammino tra silenzio, fede e Appennino

Il Cammino di San Benedetto è un itinerario a piedi di circa 300 km, che collega Norcia (luogo di nascita di San Benedetto) a Montecassino (dove si trova la sua tomba), attraversando l’Umbria e il Lazio. Si tratta di un percorso spirituale e naturalistico che si sviluppa lungo 20 tappe, prevalentemente su sentieri collinari, strade sterrate e tratti di montagna, toccando borghi medievali, monasteri, eremi e paesaggi straordinari.

Questo cammino, sebbene meno noto di altri percorsi italiani, è perfettamente segnalato, molto curato e capace di offrire un’esperienza intensa, che coniuga ritmo lento, natura e silenzio. È adatto a camminatori con un livello medio di allenamento: non ci sono tratti tecnici, ma la lunghezza e i dislivelli di alcune tappe richiedono preparazione.

Storia del Cammino di San Benedetto

Il cammino ripercorre i luoghi legati alla vita di San Benedetto da Norcia, fondatore dell’Ordine Benedettino e figura fondamentale del monachesimo occidentale. Nato a Norcia nel 480 d.C., visse tra l’Umbria e il Lazio, fondando numerosi monasteri e diffondendo la regola “Ora et Labora”, che ha plasmato la cultura spirituale e sociale dell’Europa medievale.

Tra i luoghi più significativi ci sono Subiaco, dove visse da eremita per anni e fondò dodici monasteri, e Montecassino, dove scrisse la Regola di San Benedetto e fondò l’abbazia madre del suo ordine. Il cammino tocca anche luoghi simbolici come Cascia, Rieti, Rocca Sinibalda, Tivoli, in un viaggio che attraversa secoli di spiritualità, architettura e paesaggi ancora incontaminati.

Le 16 tappe del Cammino di San Benedetto

Il Cammino di San Benedetto si articola in 16 tappe e attraversa l’Appennino centrale da Norcia a Montecassino, seguendo le orme del Santo in un itinerario lineare e coerente, che tocca i luoghi più significativi della sua vita e della spiritualità benedettina.

Tappa 1: Norcia – Cascia (17,4 km, 648 m D+, 5h30m)

Il cammino comincia nel cuore di Norcia, la città dove nacque San Benedetto. L’emozione della partenza si mescola al silenzio delle vie antiche e al paesaggio che già si apre davanti. Dopo i primi chilometri, la strada comincia a salire con decisione: si attraversano colline coperte di boschi, prati aperti e piccoli borghi.

La salita è continua ma mai troppo dura, e regala scorci splendidi sulla Valnerina. Arrivati a Cascia, si viene accolti dalla presenza forte del Santuario di Santa Rita, meta di pellegrinaggi da tutto il mondo. È una tappa che mette alla prova le gambe, ma che offre fin da subito il senso del cammino: lentezza, silenzio, e spiritualità diffusa.

Tappa 2: Cascia – Monteleone di Spoleto (15,8 km, 530 m D+, 5h)

Si lascia Cascia percorrendo strade secondarie e sentieri che attraversano una campagna ampia e silenziosa. La salita iniziale è dolce e progressiva, mentre il percorso si snoda tra colline e altopiani, con pochi centri abitati. Il cammino qui ha un ritmo tranquillo, perfetto per chi vuole rallentare e iniziare a trovare un passo più meditativo.

Monteleone di Spoleto appare all’improvviso su un crinale, con le sue mura antiche e le viuzze in pietra. È uno dei borghi più alti dell’Umbria e conserva un’atmosfera autentica, quasi fuori dal tempo. Conviene arrivare con un po’ di margine per esplorarla.

Tappa 3: Monteleone – Leonessa (13,9 km, 234 m D+, 4h30m)

Dopo due giornate intense, questa tappa più breve permette di rifiatare. Si parte in discesa, lungo una valle che apre lo sguardo verso il Lazio. Il paesaggio è vario: boschi, campi coltivati, e tratti di strada bianca. Non ci sono difficoltà tecniche, ed è una buona occasione per ascoltare il silenzio e osservare i dettagli.

Leonessa è un borgo accogliente, con un centro storico ben conservato e tutto ciò che serve per un pellegrino: bar, farmacia, negozi. Qui si respira già un’aria diversa, più montana, e si inizia a percepire l’isolamento di alcune tappe che verranno.

Tappa 4: Leonessa – Poggio Bustone (18,7 km, 697 m D+, 6h)

La quarta tappa è una delle prime vere sfide fisiche del cammino. Si comincia in piano, poi si affrontano tratti in salita alternati a discese più ripide. Si attraversano boschi densi e si cammina su sentieri poco battuti, con un senso di solitudine che in certi momenti può diventare potente.

Ma proprio in questo isolamento si comprende lo spirito del cammino. L’arrivo a Poggio Bustone, in alto sulla valle, è particolarmente suggestivo. Il paese è legato anche a San Francesco, e ospita un eremo affacciato sulla pianura reatina. La salita finale è ripagata da un senso di pace e da un panorama ampio e luminoso.

Tappa 5: Poggio Bustone – Rieti (20,4 km, 405 m D+, 5h)

La tappa comincia con una lunga discesa, tra boschi e sentieri che si fanno via via più aperti. Si entra nella Valle Santa di Rieti, uno dei luoghi più ricchi di spiritualità del centro Italia. Il percorso non presenta particolari difficoltà, ma è piuttosto lungo, quindi conviene partire con un buon ritmo.

L’arrivo a Rieti segna il passaggio a una dimensione più urbana: la città è viva, con un bel centro storico e tutti i servizi necessari per rifornirsi. È un buon punto per riposarsi, organizzare le tappe successive e, se serve, fare una piccola manutenzione allo zaino o all’equipaggiamento.

Tappa 6: Rieti – Rocca Sinibalda (21,6 km, 588 m D+, 6h)

Una tappa dal profilo collinare, molto varia, che alterna sentieri boscosi a tratti di campagna aperta. I primi chilometri sono facili, poi la salita si fa più costante man mano che ci si avvicina a Rocca Sinibalda, borgo raccolto e dominato da un castello che sembra uscito da una fiaba.

Il colpo d’occhio è notevole, soprattutto quando si arriva nel tardo pomeriggio, con la luce bassa sui tetti in pietra. Non ci sono molti servizi lungo la tappa, quindi è importante portare acqua e qualcosa da mangiare. In compenso, la quiete è totale.

Tappa 7: Rocca Sinibalda – Castel di Tora (18 km, 620 m D+, 6h)

Il cammino prosegue tra saliscendi regolari e boschi che si aprono all’improvviso su vedute spettacolari del Lago del Turano. È una delle tappe più belle dal punto di vista paesaggistico: i riflessi sull’acqua, i profili delle montagne, i borghi in pietra che si affacciano sul lago rendono il percorso memorabile.

Castel di Tora è un piccolo gioiello, arroccato sul lago, con poche strutture ma molto accoglienti. In estate può essere affollato nei weekend, in bassa stagione invece si gode di un silenzio perfetto. L’ultimo tratto in salita può essere faticoso se fatto nel caldo: meglio partire presto.

Tappa 8: Castel di Tora – Orvinio (22,6 km, 1.078 m D+, 7h)

Una tappa lunga, con un dislivello impegnativo e lunghi tratti immersi nel bosco. È una di quelle giornate in cui si cammina tanto e si parla poco: le salite sono numerose e i punti di ristoro assenti. Il sentiero è ben segnato ma isolato, e nei mesi più caldi è importante portare molta acqua.

Quando si arriva a Orvinio, uno dei borghi più belli del Lazio, il senso di fatica si mescola alla soddisfazione. L’atmosfera qui è autentica e tranquilla, con strutture semplici e persone abituate ad accogliere chi arriva a piedi. È una tappa che richiede costanza, ma regala una sensazione profonda di avanzamento.

Tappa 9: Orvinio – Mandela (22,1 km, 726 m D+, 7h)

Si parte da Orvinio lasciandosi alle spalle i crinali silenziosi del Parco dei Monti Lucretili, per scendere progressivamente verso territori più dolci e aperti. Il paesaggio cambia: dalle faggete si passa a colline punteggiate di uliveti e casali isolati. È una tappa lunga, ma con un dislivello ben distribuito e poche vere difficoltà tecniche.

Attenzione però ai tratti assolati, specie in estate: è bene partire presto e avere con sé una buona scorta d’acqua. L’arrivo a Mandela, borgo discreto e raccolto, segna l’ingresso in un’area più densamente abitata. Gli alloggi sono pochi: conviene prenotare.

Tappa 10: Mandela – Subiaco (21,2 km, 662 m D+, 6h)

Questa tappa ha un valore simbolico importante: porta a Subiaco, uno dei luoghi più legati alla figura di San Benedetto. Il percorso si snoda tra colline, tratti boscosi e strade secondarie, con salite e discese mai troppo impegnative ma costanti.

L’arrivo è spettacolare: ci si avvicina alla cittadina dominata dai Monasteri di San Benedetto e di Santa Scolastica, incastonati nella roccia, in una gola scavata dal fiume Aniene. Vale la pena fermarsi un giorno in più per visitarli con calma: il Sacro Speco, in particolare, è uno dei luoghi spirituali più intensi del cammino.

Tappa 11: Subiaco – Trevi nel Lazio (15,2 km, 1.107 m D+, 5h30m)

Nonostante la distanza contenuta, questa tappa è una delle più impegnative in salita dell’intero cammino. Il dislivello si fa sentire, ma la bellezza dei boschi dei Monti Simbruini e la qualità dei sentieri aiutano a mantenere il ritmo.

Dopo ore di salita in mezzo al verde, si sbuca tra le case di Trevi nel Lazio, borgo di montagna autentico e poco turistico, adagiato su un crinale. I servizi sono pochi ma sufficienti. È una giornata che mette alla prova le gambe, ma rafforza il senso di progressione del cammino.

Tappa 12: Trevi nel Lazio – Guarcino (17,4 km, 776 m D+, 5h30m)

Si parte con una discesa tra i boschi, che lascia spazio a tratti più collinari e aperti. Questa tappa offre un bel mix di ambienti: tratti ombrosi alternati a panorami ampi sulla valle. Guarcino è un paese vivo, con negozi e bar, ottimo per una sosta ristoratrice.

Il percorso è ben segnalato, ma in caso di pioggia alcuni tratti nel bosco possono essere scivolosi. Vale la pena fare scorte qui: le tappe successive sono più solitarie e servite da meno strutture.

Tappa 13: Guarcino – Vico nel Lazio (17,7 km, 725 m D+, 5h)

Una giornata tranquilla, con un percorso ondulato tra boschi di querce e ulivi, piccoli campi e crinali erbosi. È una tappa di respiro e contemplazione, senza particolari difficoltà, ma che invita a rallentare e godersi l’ambiente.

L’arrivo a Vico nel Lazio, borgo cinto da mura medievali perfettamente conservate, è suggestivo. Il paese è piccolo e molto accogliente, e in serata il silenzio domina. Una tappa che ricarica lo spirito senza affaticare troppo il corpo.

Tappa 14: Vico nel Lazio – Collepardo (13,2 km, 716 m D+, 4h30m)

Tappa breve ma ricca di salite, da non sottovalutare. Dopo un tratto iniziale panoramico, si entra in una zona più selvaggia, dove i sentieri salgono tra boschi e rocce. In prossimità di Collepardo, il paesaggio diventa sempre più spettacolare.

Il paese è posto su un’altura e regala ampie vedute sulla valle. Da qui si può deviare per visitare la vicina Certosa di Trisulti, un luogo che merita assolutamente. Il consiglio è di arrivare presto e prendersi il tempo per l’escursione pomeridiana.

Tappa 15: Collepardo – Casamari (14,8 km, 331 m D+, 4h30m)

Tappa più tranquilla e meno impegnativa, perfetta per recuperare energie. Si scende dolcemente tra colline e paesaggi agricoli, su un percorso sempre ben tracciato.

L’arrivo a Casamari è emozionante per chi ama l’architettura sacra: l’Abbazia di Casamari, in stile gotico-cistercense, è tra le più belle d’Italia. È possibile visitarla e, in alcuni periodi, pernottare nelle foresterie adiacenti. Una tappa che invita alla calma, alla riflessione e al raccoglimento.

Tappa 16: Casamari – Montecassino (29,1 km, 1.112 m D+, 8h)

L’ultima tappa è la più lunga e impegnativa: quasi trenta chilometri e oltre mille metri di dislivello per raggiungere la meta finale. Si attraversano borghi, colline e lunghi tratti su sentieri di crinale, fino all’imponente Abbazia di Montecassino, visibile da lontano, in cima al monte.

L’emozione cresce passo dopo passo, fino a diventare travolgente negli ultimi chilometri di salita. Arrivati in cima, si può accedere alla tomba di San Benedetto, concludendo il cammino nel luogo dove visse gli ultimi anni della sua vita. È una giornata da affrontare con rispetto, buon passo e orari ben calcolati: l’arrivo a Montecassino segna il compimento di un percorso che è insieme fisico e interiore.

Il Cammino di San Benedetto: sulle tracce del padre del monachesimo occidentale

Il Cammino di San Benedetto è un itinerario spirituale e paesaggistico che collega i tre luoghi chiave della vita del Santo: Norcia, dove nacque; Subiaco, dove visse da eremita e fondò dodici monasteri; e Montecassino, dove scrisse la celebre Regola e fondò il monastero destinato a diventare simbolo del monachesimo occidentale. Il cammino si snoda per circa 300 km, in 16 tappe attraverso l’Appennino centrale, tra Umbria e Lazio, toccando borghi medievali, abbazie millenarie e paesaggi silenziosi, in un equilibrio profondo tra spiritualità, natura e cultura.

A differenza di altri cammini religiosi, questo itinerario non è costruito attorno a un pellegrinaggio devozionale verso una singola meta, ma rappresenta un percorso lineare nella vita e nel pensiero di Benedetto da Norcia. È un cammino di disciplina e riflessione, in cui l’esperienza spirituale si vive nella sobrietà delle foresterie monastiche, nel silenzio dei boschi, nella verticalità delle abbazie arroccate sui crinali.

Quando partire per il cammino benedettino

Il Cammino di San Benedetto si sviluppa tra l’Appennino umbro-laziale e la Ciociaria, zone caratterizzate da dislivelli importanti, boschi fitti e panorami aperti sulle valli. Il periodo migliore per intraprenderlo va da maggio a ottobre, quando le giornate sono lunghe e i sentieri più praticabili. In primavera, i prati si riempiono di fioriture spontanee e le foreste si risvegliano in una varietà di toni verdi che accompagnano il camminatore tra Norcia, Cascia e Monteleone di Spoleto. In autunno, i colori caldi dei boschi della Valle dell’Aniene o del Parco dei Monti Simbruini restituiscono al cammino un’atmosfera raccolta e meditativa.

L’inverno non è consigliato: l’altitudine di alcuni tratti (come tra Leonessa e Poggio Bustone) può comportare neve e fango, rendendo le tappe difficoltose. D’estate, invece, è meglio partire presto al mattino, soprattutto nelle tappe che attraversano zone più esposte, come quelle tra Rocca di Corno, Collepardo e Arpino, per evitare le ore più calde.

Dove dormire lungo il Cammino di San Benedetto

Una delle esperienze più autentiche del Cammino di San Benedetto è l’incontro con la cultura dell’ospitalità benedettina. In diversi tratti è possibile pernottare in monasteri, conventi e strutture religiose, dove l’accoglienza si basa sul principio “ora et hospita“: preghiera e ospitalità. A Subiaco, è possibile alloggiare nei pressi del Sacro Speco, uno dei santuari più suggestivi d’Italia, incastonato nella roccia, dove il tempo sembra essersi fermato.

Quando non si trova ospitalità religiosa, si può contare su B&B, case private e piccoli alberghi gestiti da persone del luogo, spesso sensibili alla spiritualità del cammino. A Trevi nel Lazio, Casamari o San Pietro Infine, è facile essere accolti con semplicità, magari con un pasto preparato in casa e racconti del posto. La prenotazione è consigliata, specie nelle zone più isolate, dove le alternative sono poche. In alcune tappe (come a Filettino o Roccasecca), si sta sviluppando una rete di ospitalità a donativo dedicata ai pellegrini del cammino, in espansione grazie al lavoro di associazioni locali.

Credenziale del cammino benedettino

La Credenziale del Cammino di San Benedetto è molto più di un semplice taccuino di timbri: è un simbolo di appartenenza, una traccia concreta del viaggio intrapreso sulle orme del Santo. Ogni pellegrino può richiederla compilando un modulo online, che consente di riceverla comodamente per posta o di scegliere un punto di ritiro sul percorso. In caso di gruppi o coppie, è sufficiente compilare un solo modulo, indicando nel campo apposito i nomi di tutti i partecipanti: le credenziali verranno spedite insieme all’indirizzo indicato.

Per chi preferisce ritirarla all’inizio del cammino, sono numerosi i punti di distribuzione a Norcia, tra cui l’Ostello Capisterium, il Bar d’Angelisa in Piazza San Benedetto (aperto dalle 6 alle 23), l’Edicola del Corso, l’Hotel Benito e l’Emporio della Sibilla. A Subiaco, invece, la credenziale si può trovare presso il negozio di souvenir dell’Abbazia di Santa Scolastica, punto di riferimento storico e spirituale del tratto centrale del cammino.

Perché scegliere il Cammino di San Benedetto

Il Cammino di San Benedetto è diverso dagli altri cammini italiani. È meno affollato, più silenzioso, spesso più isolato, ma proprio per questo regala un’esperienza profonda, lontana dalla frenesia e dal rumore. È un percorso che alterna spiritualità, natura e autenticità, senza forzature. Non c’è bisogno di essere religiosi per percorrerlo: basta avere il desiderio di camminare in modo vero, continuo, per giorni, attraversando paesaggi che cambiano, borghi dimenticati e luoghi pieni di memoria.

È un cammino che non ti prende per mano, ma ti lascia spazio: spazio per pensare, per ascoltare il tuo passo, per accettare la fatica e scoprire quanto può fare bene una giornata passata tra cielo, alberi e silenzio. Dà tanto, ma non subito: è un cammino che va vissuto con pazienza, giorno dopo giorno, lasciandosi guidare dalla regola benedettina che lo ispira — ora et labora, prega e lavora, ma soprattutto cammina.

Chi lo sceglie spesso non cerca la meta, ma una trasformazione lenta. E il Cammino di San Benedetto, con la sua austerità gentile, la offre a chi sa guardare con occhi semplici.

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Il Cammino di San Francesco: un viaggio tra fede, paesaggi e memorie

Il Cammino di San Francesco, o Via di Francesco, è un pellegrinaggio spirituale e naturalistico che collega i luoghi chiave della vita di San Francesco d’Assisi, attraversando territori di straordinaria bellezza e significato.

Questo cammino non è un unico tracciato, ma un insieme di percorsi convergenti su Assisi, cuore del francescanesimo, con estensioni che proseguono fino a Roma o che partono dalle montagne della Romagna e della Toscana. Lungo il tragitto si incontrano eremi, monasteri, santuari, borghi medievali e paesaggi incontaminati, che rendono il viaggio un’esperienza intensa e trasformativa, anche per chi lo affronta in chiave laica.

Si tratta di un cammino ben segnato, in buona parte su sentieri CAI o percorsi escursionistici consolidati, con tappe di varia lunghezza e dislivello. È percorribile da marzo a novembre, ed è adatto a chi ha un minimo di allenamento.

Origine e significato della Via di Francesco

Il Cammino ripercorre idealmente le orme di San Francesco d’Assisi, vissuto tra il XII e il XIII secolo, visitando i luoghi in cui ha predicato, pregato e compiuto opere significative. Lungo questo itinerario si incontrano siti storici come il Santuario della Verna, dove ricevette le stimmate, il Sacro Speco di Greccio, dove inventò il primo presepe, e ovviamente Assisi, dove nacque, visse e morì.

Questo non è solo un cammino devozionale, ma anche un’opportunità per riscoprire una parte d’Italia fatta di natura, spiritualità e silenzio, con un ritmo lento, sulle tracce di uno dei santi più amati al mondo.

Itinerari principali del Cammino  di San Francesco

Il Cammino di San Francesco non è un unico sentiero, ma un insieme di quattro itinerari principali, tutti legati ai luoghi significativi della vita del Santo. Ogni percorso ha una sua logica geografica, spirituale e paesaggistica, e può essere affrontato in modo autonomo o come parte di un cammino più lungo. Tutti convergono su Assisi:

  • La Via del Nord, da La Verna ad Assisi, è l’itinerario più spirituale e montano.
  • La Via del Sud, da Roma ad Assisi, ripercorre le tappe del ritorno simbolico del pellegrino verso le radici francescane. È un itinerario più collinare e agricolo, ricco di storia e spiritualità, e con molte opportunità di sosta e riflessione.
  • La Via di Roma, che collega La Verna, Assisi e Roma, è il tracciato completo per chi desidera un’esperienza lunga, profonda e continuativa. Unisce la Via del Nord e la Via del Sud in un unico percorso di oltre 500 km. È ideale per chi ha tempo e desidera vivere l’intero arco della vita di Francesco, dalle montagne dell’isolamento alla città simbolo della cristianità.
  • Il Cammino di Assisi, da Dovadola ad Assisi, è un percorso alternativo che parte dalla Romagna e attraversa la dorsale appenninica passando per luoghi mistici come Camaldoli, La Verna e Gubbio. È un itinerario più selvaggio e silenzioso, molto immerso nella natura, adatto a chi cerca isolamento, boschi e la dimensione più contemplativa del cammino.

La Via del Nord (La Verna – Assisi)

La Via del Nord è l’itinerario più spirituale e silenzioso, immerso nella natura appenninica tra Toscana e Umbria. Si parte dal Santuario de La Verna, luogo chiave della vita di San Francesco, dove ricevette le stimmate nel 1224, e si prosegue per circa 190 km in direzione di Assisi.

Le tappe attraversano luoghi ricchi di significato francescano come Sansepolcro, Città di Castello, Pietralunga e Gubbio, dove si svolse il celebre episodio del lupo. Il percorso è mediamente impegnativo: si sviluppa su sentieri montani e collinari, con dislivelli frequenti ma gestibili, alternando tratti boscosi a zone coltivate e borghi storici.

I luoghi da vedere sono molti: il centro rinascimentale di Sansepolcro, le mura di Citerna, la spiritualità di Gubbio, le pievi umbre immerse nei boschi, e naturalmente la Basilica di San Francesco ad Assisi, punto d’arrivo e simbolo del cammino.

La Via del Sud (Roma – Assisi)

La Via del Sud parte da Roma, precisamente dalla Basilica di San Pietro, e risale verso Assisi attraversando circa 250 km di paesaggi vari e carichi di spiritualità. È il percorso che ripercorre il cammino “a ritroso” del pellegrino moderno verso le origini della fede francescana.

Dopo l’uscita da Roma, si cammina tra campagne e colline fino a raggiungere la Valle Santa di Rieti, luogo fondamentale per San Francesco, dove si trovano i quattro santuari francescani: Greccio (dove inventò il presepe), Fontecolombo, La Foresta e Poggio Bustone. Si prosegue poi attraverso borghi medievali come Spoleto, Trevi, Foligno e Spello, tra uliveti, colline umbre e sentieri poco frequentati.

La difficoltà è media: le tappe sono più lunghe ma con dislivelli più contenuti rispetto alla Via del Nord. I paesaggi sono più aperti e collinari, e l’esperienza è arricchita da numerose chiese, abbazie e testimonianze storiche legate alla vita del Santo.

La Via di Roma (La Verna – Assisi – Roma)

La Via di Roma è il cammino più lungo e completo, unendo in un unico itinerario le due vie principali: si parte dal Santuario de La Verna, si attraversa Assisi e si prosegue fino a Roma, per un totale di circa 500 km suddivisibili in 24 tappe.

È un cammino adatto a chi ha tempo a disposizione e desidera un’esperienza profonda, che racchiuda tutti i luoghi più significativi della vita di San Francesco: dalla montagna della contemplazione (La Verna), passando per i luoghi della predicazione (Gubbio, Città di Castello, Foligno), fino alla meta universale della cristianità. Le tappe sono mediamente impegnative, con una varietà di terreni che alternano tratti montani, sentieri collinari, strade sterrate e vie urbane.

I luoghi di interesse sono tantissimi: l’eremo di Montecasale, il centro storico di Spoleto, la Valle Santa, la Basilica di San Francesco ad Assisi e quella di San Pietro a Roma. È un itinerario completo e profondo, perfetto per un viaggio trasformativo.

Il Cammino di Assisi (Dovadola – Assisi)

Meno conosciuto ma estremamente affascinante, il Cammino di Assisi parte dall’eremo di Montepaolo vicino a Dovadola, in provincia di Forlì, e raggiunge Assisi in circa 13 tappe e 300 km.

È un itinerario molto immerso nella natura, che attraversa le Foreste Casentinesi, l’eremo di Camaldoli, il Santuario della Verna e poi si innesta nella Via del Nord. È un percorso ideale per chi cerca solitudine, boschi e contemplazione, con dislivelli importanti soprattutto nella prima metà.

La difficoltà complessiva è medio-alta, ma è ripagata da paesaggi straordinari: faggete, ruscelli, crinali panoramici e borghi nascosti. I luoghi da visitare sono meno turistici ma densi di significato: l’eremo di Camaldoli, il monastero di Corniolo, il santuario della Verna e, più avanti, Gubbio e Assisi. È il cammino ideale per chi desidera un’esperienza profonda, meno battuta, all’insegna della connessione con la natura e la spiritualità francescana.

Credenziale e Testimonium: i segni concreti del pellegrinaggio francescano

Nel Cammino di San Francesco, la Credenziale non è solo un documento funzionale: è un segno tangibile dell’ingresso nel pellegrinaggio. Viene rilasciata in numerosi punti del percorso – tra cui La Verna, Gubbio, Rieti, Greccio, Spoleto, Roma e Assisi – e permette di raccogliere i timbri delle tappe, custodendo simbolicamente le orme del proprio cammino verso la città del Santo. Ogni timbro rappresenta un passaggio fisico ma anche spirituale, che diventa parte di un racconto personale fatto di strade, incontri, silenzi.

Al termine del cammino, giungendo ad Assisi, il pellegrino che ha percorso almeno gli ultimi 100 km a piedi (o 200 km in bicicletta) può presentare la credenziale presso l’Ufficio del Pellegrino del Sacro Convento di San Francesco (Porta San Francesco, ingresso basilica inferiore) per ricevere il Testimonium Viae Francisci, l’attestato ufficiale del pellegrinaggio francescano. È una pergamena rilasciata gratuitamente come segno di compimento del percorso, legata alla spiritualità dell’accoglienza francescana. Il cammino stesso, timbro dopo timbro, diventa un pellegrinaggio vissuto anche nei gesti.

Quando partire per la Via di Francesco

Il Cammino di San Francesco si snoda tra zone montane, collinari e appenniniche, e attraversa territori come il Casentino, l’Appennino umbro, la Valle Santa reatina e l’Umbria centrale. Le stagioni più adatte per percorrerlo sono la primavera (aprile–giugno) e l’inizio autunno (settembre–ottobre), quando i sentieri sono percorribili e la luce valorizza i paesaggi francescani: i boschi della Verna, i campi tra Spello e Assisi, le querce di Greccio, i colli di Spoleto.

In estate, l’esposizione di molti tratti collinari (come nella zona tra Foligno, Trevi e Spello) rende il cammino più faticoso per via del caldo. In inverno, invece, la neve può rendere inaccessibili tappe alte come La Verna – Pieve Santo Stefano o Citerna – Gubbio. Ogni stagione, però, ha una valenza simbolica: la fioritura primaverile ricorda la gioia di Francesco, mentre l’autunno evoca il tempo del ritorno e della contemplazione. Prima di partire, è bene informarsi sulle condizioni meteorologiche e sulla disponibilità delle strutture religiose, alcune delle quali chiudono nei mesi più freddi.

Dove dormire: ospitalità francescana e accoglienza autentica

Lungo il Cammino di San Francesco si trova una rete di ospitalità spirituale e rurale che riflette la filosofia del Santo: semplicità, condivisione, essenzialità. I pellegrini possono alloggiare in conventi francescani, parrocchie, monasteri, ostelli e case di accoglienza che spesso offrono donativo o contributi simbolici. Tra i più significativi vi sono la foresteria della Verna, le accoglienze parrocchiali a Pietralunga, i conventi di Fontecolombo e Poggio Bustone nella Valle Santa.

Accanto a queste, esistono numerose strutture laiche (B&B, agriturismi, locande) che hanno aderito al progetto Via di Francesco, offrendo accoglienza con spirito collaborativo e attento al pellegrino. Il consiglio è di prenotare sempre con qualche giorno di anticipo, soprattutto nei mesi centrali o nei tratti meno battuti come la Via del Sud tra Poggio San Lorenzo e Narni.

Cosa portare nello zaino per un cammino francescano

Il Cammino di San Francesco richiede uno zaino leggero ma ben pensato, adatto a terreni variabili tra boschi, colline e centri abitati, spesso alternando strade bianche, sentieri CAI e tratti asfaltati secondari. Uno zaino da 35-40 litri è sufficiente per chi viaggia in autonomia con soste in strutture. L’essenziale include scarponcini da trekking impermeabili, bastoncini, cappello, giacca antivento e antipioggia, oltre a uno o due cambi tecnici a strati.

Chi percorre la Via del Nord attraversa ambienti montani: La Verna, Montecasale, i crinali tra Umbria e Toscana, dove il clima può cambiare rapidamente. Serve quindi una giacca calda, una coperta termica, e in primavera/inverno anche guanti e berretto. Sulla Via del Sud, invece, prevalgono tratti agricoli e collinari, dove sono utili protezioni solari, boraccia da almeno 1,5 L e un coprizaino impermeabile. Non deve mancare una credenziale plastificata, una torcia frontale, una carta dei sentieri o app GPS (con le tracce della Via scaricate da siti ufficiali), oltre a uno spazio per il diario di viaggio.

Camminare lungo le vie di Francesco non è un’impresa tecnica, ma serve cura: non tanto per superare ostacoli, quanto per rimanere fedeli a una scelta di sobrietà, ascolto e rispetto dei luoghi. Ogni oggetto portato dovrebbe rispondere al principio: “mi serve davvero?” — come avrebbe chiesto il Poverello d’Assisi.

Perché scegliere il Cammino di San Francesco

Il Cammino di San Francesco non è solo un percorso fisico: è un viaggio interiore, un invito a rallentare, osservare, ascoltare. È un cammino che unisce natura, silenzio e spiritualità, adatto a chi vuole vivere giorni di semplicità e autenticità. Lungo la strada, ogni bosco diventa un luogo di riflessione, ogni borgo un’opportunità di incontro. Sia che tu parta da La Verna, da Roma, da Dovadola o da Assisi, troverai un cammino che ti cambia.

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Omaggio a Papa Francesco: dove e quando visitare la salma

Papa Francesco è morto il 21 aprile 2025 e oggi, 23 aprile, è avvenuta la traslazione del feretro con una processione da Santa Marta alla Basilica di San Pietro. Questa ha percorso piazza Santa Marta, piazza dei Protomartiri Romani, l’Arco delle Campane, fino ad arrivare a Piazza San Pietro, entrando infine all’interno della basilica dalla porta centrale.

Qui è stata allestita la camera ardente che permetterà ai fedeli di rendere omaggio alle spoglie del Pontefice prima dei funerali. Questi sono in programma sabato 26 aprile dalle 10:00, sempre presso San Pietro, ai quali seguirà la sepoltura nella Basilica di Santa Maria Maggiore, dove Bergoglio ha espresso il desiderio di essere sepolto.

Quando visitare la salma di Papa Francesco

La salma di Papa Francesco potrà essere visitata dai fedeli a partire da oggi 23 aprile 2025 presso la Basilica di San Pietro, dopo la liturgia della Parola fatta dal cardinale camerlengo Kevin Farrell. Il feretro resterà aperto per tre giorni ed è possibile entrare per fargli visita a orari diversi: mercoledì 23 dalle 11:00 alle 24:00, giovedì 24 dalle 7:00 alle 24:00 e venerdì 25 dalle 7:00 alle 19:00.

Prima di arrivare a San Pietro, la salma del Papa si trovava a Santa Marta all’interno di una bara semplice in legno senza decorazioni: il Pontefice porta un rosario tra le mani, indossa la casula rossa, il pallio e la mitra bianca, segni della sua missione pastorale.

A rendergli omaggio sono stati i dipendenti vaticani con le famiglie, sacerdoti, suore, dirigenti di istituzioni legate al Vaticano e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella con la figlia Laura.

Come visitare la salma del Papa

Per visitare la salma di Papa Francesco a Roma è necessario rispettare alcune regole. Per entrare nella camera ardente, sia gli uomini che le donne devono indossare un abbigliamento decoroso, nel rispetto del luogo sacro in cui ci si trova, seguendo le stesse indicazioni valide per accedere a qualsiasi altro luogo religioso. Spalle e gambe vanno coperte, mentre non vanno indossate gonne corte, infradito, canottiere, top e pantaloncini.

Inoltre, all’ingresso del Colonnato di San Pietro, l’accesso avverrà, per ragioni di sicurezza, attraverso i controlli al metal detector.

Quando sono i funerali di Papa Francesco

I funerali di Papa Francesco si terranno sabato 26 aprile alle ore 10:00: a riferirlo è una nota della sala stampa della Santa Sede, nella quale si sottolinea che si svolgeranno sul sagrato della Basilica di San Pietro e che la cerimonia verrà presieduta da Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Giovanni Battista Re, Decano del Collegio Cardinalizio.

Dopo i funerali, le spoglie del Pontefice saranno portate nella Basilica di Santa Maria Maggiore per la tumulazione, come richiesto dallo stesso Bergoglio all’interno del suo testamento. Dopo ogni viaggio all’estero, si recava alla basilica per pregare davanti al dipinto in stile bizantino che raffigura un’immagine di Maria che tiene in braccio il bambino Gesù.

Nel mentre che i fedeli e leader mondiali piangono la sua morte, i porporati stanno cominciando a pianificare il conclave che, molto probabilmente, si terrà nel mese di maggio.