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In Sudafrica con i bambini: cosa bisogna sapere

Viaggiare con i bambini significa insegnargli a conoscere il mondo, trasmettergli la passione per la scoperta, per le culture, per le tradizioni. Esplorare anche le zone più distanti è fattibile basta avere qualche accortezza per rendere la vacanza più bella, oltre che sicura.

Per chi desidera viaggiare verso il Sudafrica non sussiste alcun tipo di problema, soprattutto nel reperimento dei voli, ma è bene conoscere nel dettaglio le cose da fare quando si organizza il viaggio, che cosa serve per partire e cosa fare una volta arrivati sul posto. Senza dimenticare, naturalmente, anche qualche consiglio sulle zone più belle da esplorare insieme ai bambini.

Sudafrica con i bambini: cosa serve per partire

Quando si decide di partire per una vacanza con i bambini non si deve solamente pensare a noi, ma anche a quello che può servire per loro.

A partire dai documenti. Se si decide di viaggiare con i bambini verso il Sudafrica è bene sapere che ci sono state delle modifiche, il sito Viaggiare Sicuri del Ministero degli Affari Esteri elenca quelli necessari, ricordando che la normativa è variata prima nel 2018 e poi nel 2019.

Sudafrica con i bambini: cosa sapere

Fonte: iStock Photo

Sudafrica con i bambini: i documenti e cosa serve sapere

I documenti da avere

Se si parte tutti insieme, ovvero se oltre ai bambini sono presenti entrambi i genitori, potrebbe bastare solamente il passaporto del minore, con riportati i nomi di tutti e due. Però viene suggerito di dotarsi anche di un certificato di nascita integrale plurilingue (unabridged birth certificate) dei minori. Questo, come il passaporto, va preparato con un po’ di anticipo e può essere richiesto al Comune di residenza, invece – per coloro che sono iscritti AIRE – va chiesto alla struttura consolare competente.

Se il minore viaggia con un solo genitore o tutore oltre al suo passaporto, che dovrebbe sempre bastare, potrebbe essere utile avere sempre una copia del certificato di nascita integrale plurilingue (unabridged birth certificate) del minore e una lettera di consenso dell’altro genitore scritta in inglese e accompagnata da un documento di identità.

Tra le altre cosa da fare prima di partire c’è la stipula di una polizza che copra le spese mediche in caso di bisogno. Quando la si fa è importante accertarsi che sia indicato anche l’eventuale rimpatrio o trasferimento.

Serve la vaccinazione per il Sudafrica?

Per andare in vacanza in Sudafrica con i bambini non è necessario sottoporsi a vaccinazione e neppure farla ai propri figli. Serve solo quella per la febbre gialla, a partire da un anno di età, ma solamente per coloro che arrivano da luoghi in cui la malattia è endemica.

Attenzione: basta anche uno scalo di oltre 12 ore in un paese a rischio. Quindi se si fa un viaggio che comprende anche il Sudafrica oltre ad altri stati, considerare bene dove si vuole andare.

Comunque è sempre buona regola sentire il pediatra e la Asl prima della partenza, perché ci sono alcune aree del paese (in particolare la zona dei parchi) in cui potrebbe essere suggerito un vaccino contro la malaria, non tutto il paese – infatti – è “free”.

Come organizzare un viaggio con i bambini in Sudafrica

Sono tante le cose da tenere in considerazione quando si viaggia con i bambini verso il Sudafrica, anche aspetti apparentemente banali come gli oggetti da portare affinché il viaggio sia sereno.

Il volo può durare 10 – 12 ore e in genere si fanno degli scali, quindi si deve partire attrezzati in base all’età dei bambini perché possano vivere con serenità (e anche voi) il viaggio.

Come scegliere le tappe: i più sicuri

Oltre a questo, già prima di partire si possono programmare delle attività. Ad esempio, safari malaria free che si possono svolgere insieme a loro. Si tratta di un’esperienza senza dubbio emozionante e indimenticabile che si può programmare in tutta sicurezza e durante la quale ammirare la bellezza dell’Africa, della sua natura e dei suoi animali (compresi i leoni e gli elefanti, il leopardo, il bufalo e il rinoceronte: ovvero i Big Five).

Informarsi prima di partire su qual è l’età minima ammessa perché potrebbe variare: molti non accettano minori di 12 anni, ma ci sono location da raggiungere anche per chi viaggia con bambini di sei o quattro anni.

Oppure si possono già stabilire le mete del viaggio. Il sito del Ministero elenca quali sono le aree più pericolose e anche quelle da evitare all’interno delle singole città. Prima di partire e di organizzare il proprio tour di viaggio tenere a mente dove non andare.

Perché il Sudafrica con i bambini è un’ottima idea

Visitare il Sudafrica con i bambini è davvero un’ottima idea; infatti, si tratta di un luogo ricco di servizi e di una bellezza che si porteranno per sempre nel cuore. Un punto a favore di questo luogo è il suo orario: rispetto all’Italia non cambia nulla e questo permetterà ai piccoli viaggiatori, ma anche a quelli più grandi, di non soffrire per colpa del jet lag.

Dove andare con i bambini

Tra le location da raggiungere c’è Cape Town con i suoi parchi, le attività e le spiagge da sogno. Vale la pena salire sulla Table Mountain grazie all’apposita funivia che regala una vista panoramica indimenticabile.

La  vista dalla Table Mountain in Sudafrica

Fonte: iStock Photo

La suggestiva vista dalla Table Mountain in Sudafrica

A Durban invece bisogna visitare l’Ushaka Marine World che ospita l’acquario più grande dell’Africa, ma non solo.

Per chi vuole vedere i pinguini, poi, la destinazione da raggiungere è Simon’s Town Penguin Colony a Boulders Beach, dove pare che il momento migliore per incontrarli sia nel tardo pomeriggio. Si può sostare sulla spiaggia, fare un pic nic e intanto ammirare il paesaggio circostante. A quanto pare, è presente anche un punto informazioni e vi è la possibilità di programmare una visita guidata. I pinguini si possono ammirare anche sulla spiaggia Betty’s Bay.

Cercate le balene? In Sudafrica si possono ammirare anche loro, il punto di osservazione migliore è a Hermanus. Si può, inoltre, prendere parte a un delle piccole crociere per vederle direttamente dalle imbarcazioni.

Natura, animali, una cultura tutta da scoprire: il Sudafrica con i bambini è una meta perfetta per una vacanza che resterà per sempre tra i ricordi più belli.

 

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Stone Town, cosa vedere nella città vecchia Patrimonio Unesco

Una delle destinazioni da inserire nel proprio itinerario quando si fa un viaggio a Zanzibar è Stone Town, la parte vecchia della colorata Capitale dell’arcipelago, che vanta una grande storia e un particolare passato da cui deriva il suo nome. Non serve trascorrerci molto tempo, ma sicuramente questo è un luogo in grado di colpire i visitatori, che qui arrivano prima di dirigersi a scoprire la natura straordinaria di questa zona del mondo.

Stone Town, informazioni utili

La Stone Town di Zanzibar è conosciuta anche come Mji Mkongwe, che tradotto vuol dire “città vecchia”. Il suo nome deriva dal fatto che i suoi edifici antichi sono costruiti in pietra, pur presentando un’architettura che riflette la molteplicità di influenze che definiscono la cultura swahili in generale: ci sono elementi moreschi, arabi, persiani, indiani ed europei.

Non è quindi difficile immaginare perché la città sia stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco: merito della sua importanza storica e della sua architettura.

Una graziosa località che accoglie il visitatore con un labirinto di vicoli ricchi di case, negozi, bazar e moschee. Tuttavia (e purtroppo) la situazione non è delle più rosee: il patrimonio architettonico di Stone Town è in gran parte in declino, anche a causa della friabilità della pietra locale, tanto che dei suoi circa 1600 edifici solo un 10% riceve manutenzione. Nonostante questo – che ci auguriamo possa trovare presto una soluzione -, una visita a Stone Town vale certamente la pena farla.

Stone Town, Zanzibar

Fonte: iStock – Ph: cinoby

Tra i vicoli di Stone Town

Cosa vedere a Stone Town

Una delle attrazioni principali di Stone Town è senza ombra di dubbio il suo Forte Arabo, una struttura in pietra che nel corso della sua storia è stata utilizzata in diverse maniere: è servita per difendere la città dagli attacchi degli incursori, ma ha ricoperto anche i ruoli di prigione, caserma e deposito di materiale.

Al giorno d’oggi è uno dei cuori pulsanti della cittadina, in cui si riuniscono abitanti e turisti che qui possono partecipare a diversi eventi. Inoltre, al suo interno è possibile passeggiare tra diversi negozi e in un ampio giardino, attualmente adibito a teatro.

A non troppa distanza da questo edificio sorge la struttura più importante di Stone Town: il Palazzo delle Meraviglie. Si tratta della più grande opera architettonica di Zanzibar, che colpisce perché si specchia sul mare. Tra le sue pareti è possibile visitare un modernissimo museo, e al contempo sentirsi catapultati indietro nel tempo grazie alle sue mura merlate. Una piccola curiosità: il suo importante nome deriva dal fatto che fu il primo palazzo della città ad avere la corrente elettrica ed anche il primo edificio dotato di ascensore di tutta l’Africa Orientale.

Voliamo ora presso la Cattedrale anglicana chiesa di Cristo, che al suo interno conserva un altare in cui riposano le spoglie del terzo vescovo di Zanzibar, che è stato anche colui che l’ha voluta far costruire. Ma non è tutto, perché questa struttura possiede una peculiare volta a botte e una croce di legno costruita con l’albero ai cui piedi venne seppellito il cuore di Livingston, nei pressi di lago Bangweulu in Zambia.

Poi ancora il Vecchio Dispensario, edificato per commemorare il giubileo d’oro (cinquantenario dell’incoronazione) della Regina Vittoria, che è forse il palazzo più decorato della città, tanto da presentarsi ai suoi visitatori con balconi intagliati, stucchi e mosaici alle finestre.

Vecchio Dispensario, Stone Town

Fonte: iStock

Veduta del Vecchio Dispensario di Stone Town

Molto interessante è anche la casa di David Livingston che si distingue per essere una elegante residenza in cui soggiornò anche l’esploratore britannico, che scelse questa città come sua musa per pianificare il suo ultimo viaggio nell’entroterra della Tanzania, alla ricerca delle sorgenti del Nilo.

Infine la casa di Freddie Mercury, perché è proprio a Stone Town che questo indimenticabile artista è venuto al mondo. Per questo motivo, si ha la possibilità di scoprire la casa dove questa icona musicale è nata, anche se purtroppo non è valorizzata come dovrebbe.

Un tuffo nella cultura di Stone Town: musei e molto altro ancora

Per capire più a fondo la storia e la cultura di Stone Town vale la pena fare una visita al piccolo museo dedicato agli schiavi che sorge accanto alla Cattedrale anglicana chiesa di Cristo: grazie al supporto di una guida locale, si può conoscere gran parte del sistema di condotti sotterranei e delle celle in cui venivano rinchiusi questi poveri uomini.

Di fronte al Forte Arabo ci sono i preziosi Giardini di Forhodani che, soprattutto al calar della sera, permettono di fare una vera e propria immersione in parte della cultura locale: qui prende vita un mercatino pieno di bancarelle tipiche che vendono pietanze della cultura culinaria zanzibarina.

Di notevole interesse è anche il Museo del Memoriale della Pace che si fa spazio all’interno di un edificio storico e che espone molti reperti della storia di Zanzibar, tra cui l’attrezzatura medica di David Livingston, alcuni elementi dell’antica ferrovia, monete, francobolli ed esempi di artigianato locale. I giardini del museo sono invece la dimora di alcune tartarughe giganti di Aldabra.

Il Museo del Palazzo si trova tra il Palazzo delle Meraviglie e il Vecchio Dispensario, e si distingue per essere un grande edificio a tre piani dedicato al sultano Khalifa bin Haroub e alle sue due mogli.

All’interno del Vecchi Dispensario, invece, vale la pena scoprire il piccolo museo sulla storia di Zanzibar, che raccoglie foto d’epoca del lungomare.

Infine, il mercato di Darajani che è il cuore pulsante della città e che è pieno di bancarelle che vendono spezie, frutta, verdura, pesce, carne e ogni genere di piccola attrezzatura. Come è possibile immaginare, da queste parti è obbligatorio trattare.

Mercato di Darajani, Stone Town

Fonte: iStock

A spasso per il mercato di Darajani
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Danakil Depression, il luogo più caldo del mondo si trova in Etiopia ed è spettacolare

Esistono luoghi estremamente affascinanti e di una bellezza unica, dove Madre Natura ha sicuramente dato il meglio di sé: spiagge bianchissime, isolette sperdute, panorami mozzafiato e natura rigogliosa. Pensiamo spesso ai luoghi paradisiaci che rendono spettacolare il mondo in cui viviamo, ma vi siete mai soffermati a pensare, invece, ai luoghi più infernali?

Se vi chiedete se esista l’inferno sulla terra la risposta è affermativa e ha una collocazione ben precisa: la Danakil Depression. Un caleidoscopio di colori, vulcani, distese saline e acque termali che contribuiscono a formare un paesaggio “marziano” unico, anche perché è questo il luogo più caldo del mondo.

Danakil Depression, la zona più calda del mondo

Se vi siete immaginati l’inferno in terra come un luogo estremamente caldo e inospitale, possiamo vederne un esempio concreto visitando la Danakil Depression. La Depressione della Dancalia (chiamata così in italiano) è una vasta zona del Corno d’Africa che si estende lungo la parte settentrionale dell’Etiopia, Gibuti e parte dell’Eritrea, e si trova a sud del deserto di Afar.

L’Etiopia del nord (nella regione di Afar) ospita i paesaggi più suggestivi della Danakil Depression, con distese saline desertiche, bacini d’acqua bollente e acido solforico, vulcani, colori vividi e calore estremo. È questo, infatti, il luogo più caldo e inospitale del mondo, con temperature medie molto elevate, tra i 35°C e i 40°C e con punte che toccano i 48°C durante la stagione estiva. Ci troviamo in una delle aree geografiche più basse della terra (in zona equatoriale), a più di 100 metri sotto il livello del mare.

In questo territorio inusuale si trova l’Erta Ale, un vulcano a scudo basaltico che rientra tra i gli unici 6 crateri al mondo al cui interno si trova un lago di lava attivo. È possibile affacciarsi a questo suggestivo spettacolo dopo una camminata (con una guida esperta) di circa 3 ore risalendo il vulcano.

Ciò che rende la Danakil Depression così suggestiva ed “extraterrestre” sono anche i vasti laghi salini e l’area delle sorgenti di acqua calda dalle tinte variegate e brillanti (Dallol).
Troviamo infatti i Salt Lakes, ovvero Lake Afdera e Lake Karum, una distesa salina che si mostra agli occhi molto simile a un deserto artico (ma la temperatura e la sua composizione sono decisamente diverse!). Ma il vero spettacolo è l‘area di Dallol che sembra uscita da un film di fantascienza ambientato in un paesaggio marziano.

Lake Karum, Danakil Depression

Fonte: 123rf

Lake Karum nella Danakil Depression, Etiopia

Dallol, la zona più suggestiva

Dallol è il luogo più spettacolare della Danakil Depression con i suoi colori brillanti e variegati, dal rosso al giallo, fino al verde e all’azzurro, che si mescolano per dare vita a una variopinta tela mozzafiato.

Si tratta di un insieme di geyser e sorgenti calde acide delimitate da cumuli di depositi di sale che sembrano formare dei laghetti multicolore. Quest’area (che ricorda la Grand Prismatic Spring del Parco di Yellowstone) si trova su un vulcano (o meglio un cono di scorie) dall’aspetto inusuale visto che non presenta la forma tipica di un cratere vulcanico. Le acque sotterranee vengono riscaldate dal magma sottostante e poi spinte verso l’esterno, portando con sé e sciogliendo i minerali e i sali che poi si ossidano con l’aria, formando le intense sfumature di colore che si possono ammirare in questa zona.

Se siete intenzionati a vivere l’esperienza di addentrarvi in questo paesaggio “infernale” unico al mondo il periodo migliore va da settembre a maggio, con temperature medie tra i 35°C e i 40°c. Sono sconsigliati i viaggi da giugno ad agosto, quando le temperature salgono ulteriormente e diventa arduo trascorrere del tempo piacevole in un ambiente tanto estremo.

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In Egitto rinasce la Cittadella del Cairo, ed è una meraviglia

L’Egitto ha annunciato di aver ampliato l’accesso alla Cittadella del Cairo, sito Patrimonio dell’Umanità, con una storia leggendaria che risale a quasi 850 anni fa. Parliamo di una delle principali attrazioni turistiche della capitale, nonché suo cuore medievale, che ha aperto al pubblico un’altra ala che ospita le due torri semicircolari dell’imponente fortezza.

Le torri storiche della cittadella aprono ai visitatori

Costruita tra il 1176 e il 1183, la Cittadella del Cairo o di Saladino è stata realizzata da Ṣalāḥ al-Dīn per proteggere la città dagli attacchi dei Crociati. La fortezza è stata così efficace come punto di difesa strategico che la sede del governo egiziano vi rimase fino al XIX secolo, cioè per quasi 700 anni. La sezione appena inaugurata è stata utilizzata fino a poco tempo fa come spazio per eventi privati e per ospitare caserme dell’esercito e della polizia. Comprende le torri Ramla, alta 20,8 metri, e Al-Haddad, una delle più grandi della Cittadella, costruite nei decenni successivi alla morte di Salah al-Din dai suoi successori.

Il ministro delle Antichità e del Turismo dell’Egitto, Ahmed Eissa, ha dichiarato in un comunicato che l’apertura delle torri, in seguito a un accurato restauro, insieme ad altre attrazioni inaugurate di recente, allungherà il tempo di visita alla Cittadella da un’ora a tre, contribuendo ad aumentare anche il numero di notti trascorse dai visitatori al Cairo. Mustafa Waziri, segretario generale del Consiglio Supremo delle Antichità, ha sottolineato che le due torri saranno aggiunte all’itinerario della cittadella e che i visitatori potranno accedervi con un unico biglietto d’ingresso. L’opera rappresenterebbe il primo tassello di un grande progetto per rilanciare la capitale come nuovo prodotto culturale, chiamato ‘Cairo City Break’, i cui dettagli saranno svelati nei prossimi mesi.

L’ampliamento dell’accesso alla Cittadella avviene mentre il Paese si prepara all’apertura del Grande Museo Egizio, a lungo rimandata, che dovrebbe essere inaugurato nel corso dell’anno e ospiterà 100.000 manufatti in 12 sale espositive, su un’area di 484.000 metri quadrati. Lo scorso autunno, l’Egitto ha dichiarato di voler raddoppiare il turismo nel Paese nei prossimi cinque anni, con l’obiettivo di raggiungere 30 milioni di visitatori entro il 2028. L’anno scorso ha raggiunto 14,91 milioni di turisti, l’obiettivo annunciato dal governo è di arrivare a 18 milioni per il 2024.

Cosa vedere nella Cittadella di Saladino

Costruita sulla collina di Mokattam, nell’attuale Cairo islamico, la Cittadella di Saladino è oggi una delle fortificazioni medievali più importanti e meglio conservate al mondo, diventata Patrimonio UNESCO dal 1976, anno in cui l’intero centro storico della capitale egiziana ha ottenuto questo riconoscimento.

Tra le attrazioni da vedere, Palazzo Gawhara, conosciuto anche come Palazzo dei Gioielli, edificio in stile ottomano dove è possibile visitare il trono di Muhammad ʿAli, ritenuto il padre fondatore dell’Egitto moderno, i mobili d’epoca e i costumi del sultano, di cui fu la residenza, che prende il nome dalla sua ultima moglie, Gawhara Hanem. Ci si imbatte, poi, nella Moschea di Muhammad Ali o Moschea di Alabastro, progettata sulla base della Nuova Moschea di Istanbul. Fu quindi costruita secondo il modello delle moschee ottomane, con pianta rettangolare coperta da una grande cupola centrale e circondata da diverse semicupole incorniciate da due minareti.

Da non perdere anche la Moschea del Sultano Hassan, con i suoi quasi 8.000 metri quadrati, una delle moschee più grandi del mondo e uno dei migliori esempi di architettura mamelucca del Cairo, e la Moschea di ibn Tulun, la più antica e la più grande della capitale egiziana, che conserva ancora gli elementi decorativi originali, circondata da un enorme cortile esterno che serve a tenere separato il tempio dal rumore della città.

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Il Canyon Colorato d’Egitto è un capolavoro

Dalle piramidi alla magia del deserto, passando per le località balneari più famose dove ci si può tuffare in un mare cristallino: l’Egitto è una rinomata meta turistica per gli europei (e non solo), viste le sue numerosissime attrazioni che ne fanno uno dei Paesi più visitati tutto l’anno. Accanto alle destinazioni più conosciute, tuttavia, ci sono alcune perle che spesso passano inosservate, e che invece meritano una visita. Scopriamo il Canyon Colorato d’Egitto.

Cos’è il Canyon Colorato, una vera magia

Tra le bellezze meno note d’Egitto c’è senza dubbio il Canyon Colorato, una stretta gola scavata tra le ripide pareti rocciose nella regione settentrionale del Monte Sinai. Si tratta di una formazione naturale, proprio come il più celebre Grand Canyon americano: in questo caso, però, il fiume che lo ha creato oggi non esiste più. Restano millenni di storia e di geologia che, dal fondo del canyon, ci regalano uno spettacolo emozionante: questa strettissima lingua di terra si intrufola tra le rocce della montagna, profonda mediamente una decina di metri (ma ci sono punti in cui le pareti raggiungono i 40 metri).

Il letto dell’antico fiume è il luogo ideale dove ammirare il passare del tempo: alzando lo sguardo lungo le pareti rocciose, si possono vedere strati di terra e di minerali che hanno dato vita a questo capolavoro naturale, e che formano giochi di colore davvero affascinanti, quasi ipnotici. Dal rosso dell’arenaria e dell’ossido di ferro al viola del manganese, passando per infinite sfumature di magenta, oro e giallo, sembra di essere in un mondo diverso. Ed è incredibile pensare che tutto ciò si è creato in centinaia di migliaia di anni, grazie all’impetuoso corso di un fiume ormai dimenticato che ha lasciato una traccia indelebile.

Come arrivare al Canyon Colorato

Il Canyon Colorato d’Egitto non è poi così difficile da raggiungere come potremmo immaginare: anzi, è la meta perfetta per chi è in vacanza a Sharm el-Sheikh e non vuole restare tutto il tempo a prendere il sole e a fare tuffi in acque cristalline. Ci vogliono circa un paio d’ore di viaggio in jeep per arrivare nei pressi della città di Nuweiba, alle porte del deserto, e da qui ci sono diverse escursioni possibili per ammirare il canyon, a seconda delle esigenze di ciascun viaggiatore. Il consiglio principale è quello di essere sempre accompagnati da una guida, per godersi davvero il panorama senza pensieri.

Il tour a piedi è facilmente accessibile a chiunque e richiede circa 4 ore di camminata, per percorrere il corridoio tra le rocce sia in un senso che nell’altro. In alternativa, è possibile organizzare un giro a dorso di cammello: si tratta di un’esperienza insolita e sicuramente molto suggestiva, che vi regalerà ricordi indimenticabili. Lungo il canyon ci sono dei luoghi appositi dove poter praticare l’arrampicata sportiva, un’ottima idea sia per chi è già esperto che per gli amanti delle nuove avventure, che si vogliono cimentare in qualcosa di diverso.

I periodi ideali per visitare il Canyon Colorato sono la primavera e l’autunno, quando le temperature sono più gradevoli e il sole non picchia troppo forte. Tuttavia, ci sono diverse aree riparate all’ombra dove è possibile fermarsi durante l’escursione, per rendere più facile il percorso.

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La “Venezia d’Africa” è una città che sorge sulle palafitte

Una città sull’acqua, in cui le strade si percorrono con le imbarcazioni e abitazioni si ergono su palafitte: è la Venezia d’Africa, un luogo affascinante, in cui il tempo sembra essersi un po’ fermato e la vita è scandita da ritmi più lenti.

Ganvié si trova in Africa occidentale nel Benin meridionale, si tratta di un villaggio lacustre che è stato costruito sul lago Nokoué, un luogo antico, le cui origini sono da ricercare nel XVIII secolo. Questo villaggio, che vive soprattutto di pesca, è anche sempre di più una meta turistica apprezzata, ciò non stupisce dal momento che sembra di ritrovarsi in un luogo senza tempo e dove la mano degli uomini emerge a ogni costruzione.

 Ganvié, benvenuti nella Venezia d’Africa

Le case sono costruite su palafitte, i pali di bambù emergono dalle acque del lago e sorreggono le abitazioni. Le barche si muovono su queste strade liquide. Qui il tempo sembra non esistere, perché gli abitanti di Ganvié – la Venezia d’Africa –  vivono di pesca e si sono adattati ad abitare questo luogo. Dormono in case in legno, con tetti di paglia (ma si vedono anche in lamiera), si spostano con imbarcazioni lungo questi percorsi d’acqua: piroghe con remi e alcune anche con motori. Sono il vero mezzo di trasporto che si utilizza per ogni spostamento tra un edificio e l’altro.

Il villaggio ha circa 20mila abitanti e dal 1996 è iscritto alla lista indicativa Unesco, non ancora nei siti Patrimonio dell’Umanità. Il lago su cui sorge è poco profondo, può raggiungere un’altezza di circa due metri e la sua acqua – essendo collegato al mare – è salmastra per questa ragione non è potabile. L’approvvigionamento per bere avviene tramite fontanelle alle quali ci si reca per riempire i contenitori. Viene anche allevato del bestiame su alcune isolette.

Ma gli abitanti vivono soprattutto di pesca e di turismo; infatti, la Venezia d’Africa è una delle mete più raggiunte se si visita questa zona del Benin ed è un luogo particolarissimo.

Per risalire alla sua nascita si deve tornare al XVIII secolo quando la popolazione si è recata in questa zona per sfuggire alla tratta degli schiavi.

Ganvié: la Venezia d'Africa

Fonte: iStock Photo

Ganvié è la Venezia d’Africa

Come raggiungere e quanto fermarsi alla Venezia d’Africa

Si può dedicare alla visita della Venezia d’Africa una giornata, per raggiungerla si deve salire su un’imbarcazione, un breve percorso che permette già da solo di immergersi nell’atmosfera particolarissima di questo luogo.

Nel villaggio, che si sviluppa su un territorio abbastanza esteso, inoltre si trovano un hotel e un negozio dove acquistare dei ricordi della visita. Il lago si estende su circa 16mila ettari ed è il posto ideale per chi apprezza osservare gli uccelli; infatti, ci si può imbattere nell’anastomo africano e nell’airone tigrato crestabianca. Se si decide di inserire la Venezia d’Africa fra le proprie tappe di viaggio è bene sapere che è necessario visitarla con una guida.

Inoltre, non è molto distante dalla capitale economica del paese: Cotonou, che si trova a circa mezzora di distanza e anche questa città è una meta imperdibile con le sue tante attrazioni. Tra queste impossibile non citare il Grand Marché du Dantokpa dove si trovano le merci più disparate: si tratta di un grandissimo mercato a cielo aperto, forse tra i più vasti che si trovano in questa zona del continente africano. Un luogo in cui trattare e lasciarsi affascinare dalla cacofonia di suoni e dai tanti profumi.

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In Egitto c’è un tempio, spesso sottovalutato, da vedere

La piana di Giza, in Egitto, è il luogo più visitato del Paese. Qui ci sono le tre piramidi più famose del mondo: Cheope, Chefren e Micerino. Ma c’è anche la famosa Sfinge, il leone dalla testa umana. I turisti sono attratti da questi antichissimi monumenti e arrivano da ogni parte del Pianeta pur di visitarli.

C’è un altro edificio che viene spesso tralasciato e che, al contrario, merita assolutamente di essere visitato. Si tratta del Tempio della Valle di Chefren che si trova a qualche centinaio di metri di distanza dalla piramide.

Il Tempio della Valle di Chefren

Questo faraone, figlio di Cheope e padre di Micerino, appartenuto alla IV dinastia egizia e vissuto, quindi, 2500 anni prima di Cristo, volle superare la grandezza del padre e non si accontentò di farsi erigere una piramide (oggi riconoscibile per la punta più chiara), volle anche la costruzione della Sfinge a sua immagine e somiglianza a guardia della sua piramide e un tempio funerario a valle.

Il Tempio della Valle era rimasto sepolto sotto la sabbia del deserto per centinaia di anni e fu riportato alla luce grazie a una spedizione archeologica organizzata da studiosi egiziani, francesi e tedeschi. I lavori si protrassero a lungo agli inizi del Novecento.

Si è scoperto che c’erano due ingressi sul lato orientale, uno a destra in direzione Nord e l’altro a sinistra in direzione Sud. Quando il faraone fu mummificato e preparato per la sepoltura, tutte le cerimonie rituali si svolsero due volte, la prima a simboleggiare il suo dominio sul Basso Egitto e la seconda a ricordo del suo dominio sull’Alto Egitto.

A cosa serviva il tempio

Il tempio era stato costruito, infatti, proprio per la cerimonia di imbalsamazione. Nel laboratorio sacro che era stato ricavato all’interno del tempio veniva praticata la cerimonia di apertura della bocca al termine del lungo processo di imbalsamazione del faraone.

Durante questo rituale, i sacerdoti aprivano gli occhi e la bocca del re utilizzando strumenti d’oro, per permettere al ka (lo spirito) del faraone di uscire dalla salma e per garantirgli vita eterna.

Originariamente, era collegato al tempio funerario di Chefren tramite una rampa lunga 494 metri e misurava 45 metri per lato e 13 d’altezza interamente realizzato con blocchi di granito rosso di Assuan, privi di decorazioni a eccezione di alcune iscrizioni in caratteri geroglifici incise intorno ai varchi di accesso.

All’interno, c’era una grande sala a forma di “T” rovesciata, con 16 pilastri di granito rosso alti circa 4 metri che sorreggono le imponenti architravi. Dovevano creare uno spettacolare contrasto cromatico con le pareti di calcare rivestite con lastre di granito nero, oggi parzialmente scomparse, e con la pavimentazione fatta di alabastro. Nella sala, si trovavano in origine 23 statue del sovrano seduto, tutte in diorite verde del deserto nubiano, alabastro e grovacca.

Dal centro del tempio, dove avvenivano i rituali funebri, si accedeva ad altre camere, corridoi angusti, vestiboli, atrii e a ulteriori ambienti per contenere le barche solari che, per gli Egizi, erano imbarcazioni concepite per trasportare i faraoni defunti nell’Aldilà.

La scoperta che ha riscritto la storia

Si tratta dell’unico tempio a valle che si sia conservato e che è pervenuto fino ai giorni nostri in buono stato di conservazione, nonostante, come la maggior parte dei siti archeologici, fosse stato violato fin dall’antichità. I primi blocchi di pietra furono asportati già nell’antico Egitto e così fu nei secoli successivi, tanto che non soltanto il tempio ma la stessa piramide di Chefren non era neppure più riconoscibile.

Era l’inizio del 1800, quando l’esploratore padovano Giovanni Battista Belzoni notò un enorme ammasso di pietre. Dopo averle rimosse, trovò prima un cunicolo inaccessibile, scavato molto probabilmente dai tombaroli, e poi tre grandi blocchi che costituivano l’ingresso principale della piramide. All’interno, a futura memoria, Belzoni lasciò scritto a caratteri cubitali: “Scoperta da G. Belzoni. 2 marzo 1818”. Fu però l’egittologo britannico John Shae Perring a entrare nella piramide di Cheope nel 1837 e, quasi un secolo dopo, il team internazionale riuscì ad accedere anche al tempio.

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Una nuova pazzesca scoperta è avvenuta in Egitto

L’Egitto è una terra che nelle sue viscere nasconde tantissimi tesori che aspettano solo di essere ritrovati. Team di ricercatori provenienti da tutto il mondo sono costantemente al lavoro, in quasi ogni angolo del Paese, per riportare alla luce quel che rimane di un passato che racconta le nostre origini.

Da queste parti le scoperte sorprendenti sono quasi all’ordine del giorno, ma l’ultima che è avvenuta ha davvero lasciato tutti a bocca aperta.

Mummie con la lingua d’oro e molto altro

Ci troviamo nel sito archeologico di Al Bahnasa – che in italiano prende il nome di Ossirinco – particolarmente noto agli amanti della storia perché proprio qui, negli anni passati, è emersa una enorme collezione di documenti e testi papiracei di epoca greco-romana.

Siamo a circa 160 km a sud-ovest del Cairo, un luogo dove sta lavorando una missione archeologica spagnola dell’Università di Barcellona e dell’Istituto Vicino Oriente. Due team, guidati da Mayla Mascorro e da Esther Ponce Milado, che hanno riportato alla luce dei tesori che potremmo definire pazzeschi.

Come ha recentemente annunciato il Ministero egiziano per il turismo e le Antichità, dalle viscere della terra sono riaffiorate delle tombe – scolpite nella roccia e risalenti all’epoca tolemaica e romana – mummie, bare, maschere dipinte, statue in terracotta e molto altro ancora.

E il fatto sorprendete risale proprio al tipo di sepoltura che risulterebbe nuovo in zona: consistono in un buco scavato nella roccia naturale del terreno. In più, per la prima volta nella regione di Bahnasa, le statue in terracotta raffiorate raffigurano la dea Iside che indossa una ghirlanda floreale sormontata da una corona, il che indica che la regione ha ancora molti segreti e metodi di sepoltura risalenti ad epoche diverse da scoprire.

Un gran numero di mummie sono risultate avvolte in rotoli colorati e dotate maschere funebri dipinte. Ma non è finita qui, perché all’interno della bocca di due di esse si sono ben conservate una lingua d’oro e una nota filastrocca di epoca romana che veniva recitata o scritta per preservare i defunti.

Come è avvenuta la scoperta

Gamal Al-Samastawi, direttore generale dell’Archeologia dell’Egitto Centrale, ha fatto sapere che queste preziose tombe appena scoperte erano situate in un pozzo di pietra che termina con una porta chiusa da mattoni crudi.

Per entrare è stato necessario rimuovere dei mattoni per poi attraversare un grande cavità con all’interno bare vuote. I ricercatori hanno poi individuato un’ulteriore cavità dove sono state rinvenute mummie coperte di cartone colorato. Ben 23 le mummie fuori dalle bare, mentre quattro le bare antropomorfe. All’interno di una di esse riposavano due mummie e piccole bottiglie di profumo da donna.

Inoltre Hassan Amer, professore di archeologia dell’Università del Cairo e direttore degli scavi della missione, ha dichiarato che sono stati scoperti anche dei blocchi di pietra appartenenti a un edificio distrutto. Alcuni di essi – in realtà la maggior parte – erano ancora decorati con dipinti di piante, grappoli d’uva, branchi di animali, stormi di uccelli e cobra.

Come è possibile immaginare e come hanno anche affermato gli esperti, la missione proseguirà con l’obiettivo di trovare nuove sepolture e maggiori  evidenze, in modo da riuscire a comprendere più a fondo la natura di questo sepolcreto e anche delle nostre origini più antiche.

Scoperte mummie lingua d'oro

Fonte: Ministry of Tourism and Antiquities of Egypt

La lingua d’oro
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Non solo piramidi: cosa vedere nella Capitale d’Egitto, Il Cairo

Tutti conoscono Il Cairo, la grande Capitale d’Egitto, per le sue immense e misteriose Piramidi governate da una sinuosa Sfinge. Ma la verità è che in città ci sono molte altre cose da vedere. In questo articolo ve le racconteremo tutte.

Il Cairo, informazioni utili

Al Cairo si viene accolti dai clacson, dal rumore assordante delle milioni di persone che la abitano e dal caos, quello vero, quasi insopportabile. Ci si arriva soprattutto per andare a vedere le Piramidi di Giza, ma in realtà questa megalopoli è anche un enorme concentrato di storia e cultura.

Suddivisa in parte Orientale, quella antica, e zona Occidentale con strutture moderne, a Ovest ospita il deserto e la famosissima Necropoli di Giza, unica Meraviglia del mondo Antico ancora in piedi tanto da essere stata dichiara Patrimonio Unesco nel 1979. Ma cosa c’è da visitare oltre a quanto appena detto?

Cosa vedere presso Il Cairo città

Il Cairo è una città che permette di immergersi completamente nella storia dell’Egitto. Uno dei luoghi in cui si può comprendere a fondo le sue origini è la Cittadella di Saladino, antica residenza dei Governatori. Si tratta di una vera e propria fortificazione eretta intorno al 1176-1183 e sede del potere per 700 anni.

È stata costruita sulla cima di una collina che si trasforma anche in una sorta di terrazza panoramica su tutta la città. Parliamo perciò di una spettacolare costruzione militare impreziosita da grandi mura e torri difensive, una sorta di città nella città che, in tempi molto lontani, era abitata da diecimila persone. Al suo interno, inoltre, si possono ammirare alcuni siti interessanti come il Palazzo Gawhara, il museo militare e il museo delle carrozze, oltre a diverse (e bellissime) moschee come la Moschea del Sultano Hassan, la Moschea di Al Rifa’i e la Moschea di Ibn Tulun.

Cittadella di Saladino, Il Cairo

Fonte: iStock

Veduta della Cittadella di Saladino

La più incredibile, però, è la Moschea di Muhammad Ali, conosciuta anche con il nome di moschea di Alabastro perché i suoi interni ed esterni sono ricoperti di questo materiale. Entrarvi vuol dire ritrovarsi al cospetto di stupendi mosaici e tappeti splendidamente decorati. Affascinante è anche il suo cortile in cui osservare un orologio che Luigi Filippo I donò all’Egitto, in cambio dell’obelisco che oggi svetta fiero nei cieli di Parigi.

Passeggiando per la città è pressoché impossibile non notare la Torre del Cairo, costruita fra il 1961 e il 1965. Sorge sull’isola di Gezira che galleggia nel bel mezzo del fiume Nilo. Un angolo della Capitale da non sottovalutare perché questa imponente costruzione è ritenuta il secondo monumento più importante d’Egitto, dopo le Piramidi di Giza.

I visitatori possono salirla tutta grazie all’uso di un ascensore che conduce in un ristorante che, a sua volta, si affaccia su una terrazza rotante che regala il migliore panorama della città.

C’è poi la Moschea di Al-Azhar che è una delle più antiche e prestigiose istituzioni educative islamiche del mondo. Uno straordinario esempio di architettura islamica e che dopo il tramonto, per via dell’ausilio della luce artificiale, si rivela una delle migliori attività notturne di tutta la città.

Molto bella (e imponente) è anche la Moschea del Sultano Hassan che è la più grande dell’Islam. Possiede un cortile pavimentato interamente da mosaici e presenta degli interni molto sfarzosi.

Nel quartiere di Maadi, a sud del Cairo, vale la pena fare un salto presso la Chiesa di Hanging o della Santa Maria Vergine del Cairo. La sua particolarità è che sorge sulla cima della Fortezza romana di Babilonia, e per questo viene anche chiamata la “chiesa sospesa”.

Piazza Tahrir è invece la più importante della Capitale e oggi regala uno degli scorci più belli della città. Molto interessante è anche il Palazzo Abdeen, l’ufficio principale del Presidente d’Egitto. Costruito in stile neoclassico, ospita il Museo d’Argento, delle Armi, dei Regali Presidenziali, dei Documenti storici.

Poi ancora la Sinagoga Ben Ezra dove furono rinvenuti tantissimi manoscritti ebraici risalenti all’XI e al XII secolo, che rappresentano il più importante archivio storico riguardante le transazioni della comunità ebraica. Oggi non è più un luogo di culto, ma ciò non toglie che sia una delle più importanti testimonianze della storia degli ebrei in Egitto.

Da non perdere è una passeggiata nel quartiere di Zamalek, sull’Isola del Nilo. Qui sembrerà di essere in un’altro posto perché il caos cittadino sarà solo un brutto ricordo. Ampi viali, parchi lussureggianti, edifici eleganti e ambasciate, fanno spazio a gallerie d’arte, caffè chic e ristoranti alla moda.

Chi vuole fare shopping, invece, deve dirigersi presso il bazar di Khan El Khalili, il più popolare del Paese. Da queste parti ci sono più di 900 bancarelle che vendono di tutto. Per ultimo, ma non per importanza, la Porta di Bab Zuwayla che è un capolavoro dell’architettura mamelucca.

Moschea del Sultano Hassan, Il Cairo

Fonte: iStock

La bellissima Moschea del Sultano Hassan

I musei cittadini

Un’altra cosa da non perdere al Cairo sono i suoi musei cittadini. Primo tra tutti il famosissimo Museo Egizio che è in assoluto il più completo di tutto il Paese: ci sono tantissimi reperti storici dell’antica civiltà, oltre 150.000 oggetti tra tavolette con incisioni, statuette, maschere, bassorilievi, suppellettili e molto altro ancora.

Ma l’attrazione più importante è senza ombra di dubbio la sala di Tutankhamon in cui ammirare il tesoro ritrovato all’interno della sua tomba.

Assai interessante è anche il Museo nazionale della Civiltà egiziana che mostra una collezione di 50.000 manufatti che raccontano le varie fasi dello sviluppo della civiltà egizia. In più, è qui che prende vita la Sala delle Mummie che contiene ben 22 mummie di 18 faraoni e quattro regine (dalla diciassettesima alla ventesima dinastia). Le più importanti sono la mummia del re Seqnen Ra, del re Tuthmosis III, della regina Hatshepsut, del re Ramses II e del re Ramses III.

Poi ancora il Museo del Sultano Qalawun Sultan che è stato istituito all’interno di una struttura che da sola vale il viaggio. Qui si può ammirare una grande varietà di manufatti che vanno dalla prima epoca islamica al periodo mamelucco, insieme alla moschea e il mausoleo del sultano.

Oltre alle Piramidi e alla Sfinge, la città del Cairo ha davvero molto da offrire ai suoi visitatori.

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Piramidi di Giza, tutti i trucchi per visitarle al meglio

L’Egitto è molto più che spiagge da sogno e un mare cristallino dove fare snorkeling: nasconde un patrimonio archeologico di valore immenso, tra cui spiccano soprattutto le Piramidi di Giza. Sono un monumento storico preziosissimo, nonché l’unica delle sette meraviglie del mondo antico ad essere ancora in piedi. Avete deciso di concedervi un viaggio alla scoperta di questi incredibili capolavori dell’ingegno umano? Ecco alcuni consigli che potranno tornarvi utili.

Cosa sapere per visitare le Piramidi di Giza

Le Piramidi di Giza si trovano in Egitto, situate nella piana di Giza che segna l’inizio del Deserto Occidentale: siamo a poca distanza dal Cairo, la vivace capitale egiziana, in una zona altamente turistica. Naturalmente, rappresentano una tappa imperdibile per tutti coloro che visitano il Paese, ma come fare? Innanzitutto, è bene sapere che ci vogliono circa 30 minuti di viaggio in auto dalla capitale per arrivare alle piramidi. Si tratta di un breve tragitto, ma è comunque consigliabile pernottare almeno una notte nella vicinissima Giza, anche per godere al meglio della visita. Qui si trovano hotel extra lusso con vista sulle imponenti piramidi, un’esperienza davvero meravigliosa.

Una volta scelta la meta del vostro soggiorno, bisogna pensare al periodo migliore per viaggiare. L’alta stagione, in Egitto, consiste nel periodo che va da ottobre ad aprile: sono i mesi in cui il caldo allenta un po’ la sua morsa, offrendo le condizioni climatiche migliori per vivere le escursioni con maggior tranquillità. Ovviamente, è in bassa stagione che si trovano i prezzi più bassi, quindi dovrete decidere se optare per un viaggio più confortevole o se risparmiare un po’. Considerate poi che il venerdì e il sabato le piramidi sono affollate di bambini egiziani, quindi molto più caotiche, cosa che nel resto della settimana (inclusa la domenica) difficilmente si verifica.

Se siete pronti per organizzare la vostra vacanza in Egitto per visitare le Piramidi di Giza, ci sono altri dettagli da tenere in considerazione. Gli egiziani parlano arabo, anche se in zona turistica non è difficile comunicare in inglese: tuttavia potreste trovare utile imparare qualche semplice frase per salutare, ringraziare o chiedere informazioni. Inoltre, in Egitto l’islamismo è la religione ufficiale (la maggior parte della popolazione è musulmana sunnita): alle donne viene solitamente richiesto di coprire ginocchia e spalle quando sono in pubblico. Le piramidi si trovano in zona turistica e le regole sono molto meno stringenti, ma potreste comunque sentirvi più a vostro agio rispettando queste usanze.

Gli orari e i costi

Passiamo ora a qualche informazione sulle visite alle Piramidi di Giza: l’area dell’Altopiano di Giza è aperta tutti i giorni dalle 8:00 alle 16:00 (in inverno) o alle 17:00 (in estate), mentre l’interno della Piramide di Cheope è aperta tutti i giorni dalle 8:00 alle 12:00 e dalle 13:00 alle 16:00. Considerate che il mantenimento di questi incredibili capolavori egiziani richiede una manutenzione costante e molto dispendiosa, quindi è possibile che le piramidi non siano aperte tutte e tre durante le vostre vacanze. Una visita completa all’Altopiano può richiedere almeno 4 ore, quindi valutate bene i tempi del vostro tour per non perdervi le bellezze di questo luogo.

Infine, parliamo dei costi: la valuta in Egitto è la sterlina egiziana (LE), il cui attuale tasso di cambio è di circa 0,029 euro. Per accedere all’Altopiano di Giza e alle piramidi occorre acquistare un biglietto d’ingresso, che varia in base al tipo di visita e ai servizi richiesti. Si parte da 200 LE a persona per gli adulti e da 100 LE per i bambini e gli studenti, mentre l’accesso alla Piramide di Cheope costa da 400 LE a persona. Ricordate di avere sempre con voi un po’ di moneta, perché potreste averne bisogno per dare la mancia agli addetti o per usufruire di alcuni servizi aggiuntivi, come l’uso della toilette.