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The Lost City: le location mozzafiato dell’avventura con Sandra Bullock e Channing Tatum

Ambientato su un’isola pittoresca e senza nome, The Lost City (2022) cattura lo spettatore con paesaggi mozzafiato e scenografie curate nei minimi dettagli, che fanno da sfondo all’avventura rocambolesca di una celebre scrittrice di romanzi rosa e del suo affascinante “cover man”, interpretati da Sandra Bullock e Channing Tatum.

La storia segue il rapimento della protagonista da parte di un eccentrico miliardario e il suo viaggio alla scoperta dei misteri di un’antica città descritta nei suoi libri, mentre il suo compagno cerca coraggiosamente di salvarla. Il film diretto da Aaron e Adam Nee attraversa ambienti diversi, dalle foreste lussureggianti alle suggestive grotte subacquee, offrendo un mix perfetto di azione, humor e scenari naturali da sogno.

Dove è stato girato

Le riprese si sono svolte principalmente sull’incantevole isola della Repubblica Dominicana, meta cinematografica di molti film famosi come Pirati dei Caraibi: La maledizione della prima luna, Fast & Furious 7 e il più recente Shotgun Wedding.

Portillo

La regione di Portillo è famosa per le sue spiagge soleggiate e la splendida costa. Tuttavia, ciò che ha catturato l’attenzione del team di produzione è stata la giungla ricca di una vegetazione lussureggiante. Gran parte delle scene ambientate nella foresta sono state girate proprio qui, tra cui la fuga di Loretta (Sandra Bullock) e Alan (Channing Tatum) dal sito archeologico in cui sono tenuti prigionieri, e la memorabile scena dell’attacco in motocicletta.

Il sito archeologico è stato realizzato in una piantagione di cocco chiamata West Grove, nella stessa area. L’area dello scavo è stata trasformata in modo scenografico, con tende e tavoli da lavoro a sottolineare il poco interesse di Abigail Fairfax (Daniel Radcliffe) per l’archeologia e la sua ossessione per l’apparenza di grandezza.

Secondo quanto riportato da Conde Nast Traveler, Radcliffe ha spiegato sul set: «Ogni volta che entri in scenografie come questa e vedi la quantità di lavoro che è stata impiegata, rimani stupito. E questo aiuta il pubblico a capire chi è Fairfax. Non è davvero interessato all’archeologia; per lui conta solo lo sfarzo e l’apparenza».

Altos de Chavón

La vivace cittadina in cui vediamo per la prima volta Loretta e Alan ballare insieme, consolidando la nascente storia d’amore che si sviluppa poi nel corso del film, è stata girata ad Altos de Chavón. Il borgo è stato costruito negli Anni ’70 per richiamare i villaggi mediterranei del XVI secolo, con vicoli acciottolati e persiane in legno. Grazie al suo stile pittoresco e idilliaco, la cittadina ha offerto lo sfondo perfetto per il momento romantico della coppia.

Altos de Chavón è anche una popolare attrazione turistica, famosa per il suo anfiteatro romano da 5.000 posti situato vicino al fiume Chavón, che ha ospitato in passato concerti di artisti del calibro di Frank Sinatra. La cittadina si trova inoltre nelle vicinanze del tranquillo resort Casa de Campo, noto per le sue lussuose ville e la raffinata atmosfera.

Altos de Chavon

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Altos de Chavon

Salto de Sacoa

Senza dubbio le scintillanti cascate catturerebbero immediatamente l’attenzione di chiunque, e il luogo è facilmente accessibile al pubblico per una visita. Situata nel Parco Nazionale Los Haitises, la cascata Salto de Sacoa è stata la splendida location scelta dal team di produzione per le scene dell’ingresso alla tomba di Kalaman. Mentre Loretta e Alan esplorano la zona alla ricerca dell’entrata nascosta, la vegetazione lussureggiante e l’acqua cristallina si mostrano da ogni angolo, creando uno sfondo mozzafiato e dinamico che contrasta con l’oscurità della grotta in cui stanno per entrare.

Il getto d’acqua si riversa in uno stagno racchiuso tra valli e vegetazione selvaggia, regalando uno scenario talmente suggestivo da sembrare una cartolina. Il parco si trova nelle vicinanze della capitale, Santo Domingo, e vanta vaste mangrovie e piante subtropicali, elementi che ne fanno una vera e propria gemma naturalistica della Repubblica Domenicana.

Iguabonita Cave

Quando Loretta e Alan si avventurano verso la tomba di Taha e Kalaman cercano di fuggire attraverso una rete di caverne e grotte sottomarine. In realtà sono state utilizzate tre location differenti, sapientemente unite per ricreare il complesso e inquietante sistema mostrato sullo schermo.

Tra queste c’è la grotta sotterranea di Iguabonita, situata all’interno dello Scape Park (a Punta Cana), un noto parco avventura all’aperto molto frequentato sia dai turisti che dai locali. I suoi stretti passaggi e i tortuosi corridoi oscuri mettono a dura prova anche i viaggiatori più coraggiosi, mentre le ampie e maestose cavità aperte lasciano letteralmente senza fiato. Questo suggestivo scenario sotterraneo ha contribuito a creare l’atmosfera di cupezza e malinconia che circonda le tombe di Taha e Kalaman, i cui resti simboleggiano tragicamente  l’amore perduto e la dolorosa perdita di Taha.

Pinewood Studios

Un’altra location fondamentale per le scene delle caverne sono stati i Pinewood Studios a Juan Dolio. Lo studio è famoso per il suo imponente serbatoio d’acqua, utilizzato per girare le sequenze subacquee in cui Loretta e Alan nuotano disperatamente verso la barca durante la loro fuga finale.

Con una vista a perdita d’occhio sul Mar dei Caraibi, il serbatoio è stato lo sfondo di molti film recenti dalle acque profondamente blu, come il thriller psicologico Old di M. Night Shyamalan e l’horror di sopravvivenza 47 Metri di Johannes Roberts. Nonostante The Lost City sia stato girato principalmente in esterni, la produzione ha sfruttato anche i modernissimi set interni offerti da Pinewood Studios.

Samaná, Las Terrenas

The Lost City si conclude con l’immagine fiabesca di Alan che galoppa lungo la spiaggia sul suo cavallo bianco, indossando una camicia bianca con volant e con i capelli biondi che svolazzano al vento. Questa scena è resa ancora più suggestiva dal paesaggio tranquillo, dalle sabbie bianche e dalle acque turchesi della spiaggia di Samaná a Las Terrenas. Si tratta di una delle spiagge lungo la costa nord dell’isola rimaste pressoché incontaminate dall’industria turistica, regalando così una vista spettacolare e autentica.

Spiaggia di Samaná

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Spiaggia paradisiaca di Samaná, a Las Terrenas

Samaná ha rappresentato anche la terza location per le sequenze sotterranee delle caverne nel film, in particolare quelle lungo la parte nord-orientale delle spiagge. Le grotte subacquee si sono rivelate il set perfetto per girare le scene in cui Loretta e Alan attraversano l’acqua avvicinandosi alla tomba di Kalaman. All’interno delle caverne sono visibili diverse pitture murali e incisioni realizzate dal popolo nativo dei Taíno, spesso raffiguranti squali, divinità e balene.

Queste grotte hanno già avuto fama come sfondo iconico per film amatissimi dal pubblico, come Jurassic Park. Secondo quanto riportato dalla stampa locale, la troupe cinematografica ha soggiornato proprio a Samaná durante le riprese, immergendosi completamente nella bellezza naturale della zona.

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Fuga a Koh Lipe, l’isola dalla sabbia bianca, mare trasparente e zero stress (ci si muove a piedi)

Fuga a Koh Lipe significa silenzio, acqua limpida e spiagge quasi bianche quanto le nuvole che a volte impreziosiscono il cielo. L’isola è piccola ed è quasi completamente fuori dalle rotte più affollate della Thailandia: poche strade, barche lunghe ancorate a riva e ristorantini che funzionano senza fretta.

Il mare resta trasparente per tutto il giorno, anche quando le barche rientrano dalla pesca (certo, bisogna tenere in considerazione pure il meteo!). La sera il cielo si accende e il vento spinge l’odore di salsedine fino alle camere degli hotel fronte spiaggia. Non serve cercare chissà cosa, perché chi arriva trova un posto semplice e autentico.

Le spiagge più belle di Koh Lipe

Koh Lipe non vanta molti chilometri di costa, e questa misura ridotta diventa un vantaggio perché non serve organizzare spostamenti complicati, né affittare scooter: basta muoversi a piedi (o in barca). Quel che è certo, però, è che cambia la luce, il suono del mare e l’atmosfera.

Pattaya Beach

È la spiaggia delle partenze e degli arrivi, con imbarcazioni che tagliano l’acqua, turisti che scendono con la faccia ancora impastata di viaggio e personale degli hotel che trascina valigie sulla sabbia. Poi, una volta sistemato il tutto, torna un ritmo lento. I lettini guardano l’acqua chiara, i ristoranti cucinano pesce alla griglia, e la sabbia è così fine che non graffia neppure i piedi dei bambini. Chi  sceglie Pattaya Beach, in genere, non vuole complicazioni: tutto è già lì. Chi la evita, invece, lo fa perché la sera qui si sente la musica dei bar, in quanto è proprio questo il cuore turistico dell’isola.

Sunrise Beach

Come dice il nome, Sunrise Beach, è la spiaggia in cui ci si sveglia. Le strutture sono basse, raccolte e spesso familiari; dal primo mattino l’acqua sembra più luminosa del cielo. Non c’è bisogno di nuotare lontano per vedere pesci: basta restare vicino alla riva e il fondale prende vita. L’aria si muove sempre, quindi il caldo è più sopportabile. A differenza dell’altra, dopo cena si spengono luci e rumori, tanto da essere considerata la spiaggia perfetta per giornate lunghe e tranquille.

Sunset Beach

Sunset Beach si presenta con una curva corta, qualche palma, una preziosa quiete e una bellezza che si nota soprattutto quando cala il sole. Nel tardo pomeriggio c’è chi porta birra e chi un libro, e ognuno trova posto senza disturbare gli altri.

Sanom Beach

Per raggiungere Sanom Beach basta attraversare un ponticello di legno, per poi ritrovarsi in un angolo di Thailandia quasi privato. La sabbia è talmente bianca che in certe ore riflette il sole come una lampada. Il fondale scende piano, utile per chi non ama l’acqua profonda. L’unica debolezza è lo spazio: piccoli gruppi la riempiono in fretta, e chi vuole ombra deve muoversi di continuo.

Karma (Bulow) Beach

Su Karma (Bulow) Beach non c’è nulla da raccontare, ed è proprio questo il punto. Quasi nessun venditore, nessuna musica e nessun orario. Arriva gente con un telo, una bottiglia d’acqua e spesso un libro bagnato di crema solare. Il mare si muove appena e sembra disegnato con una linea netta tra sabbia e orizzonte.

Koh Lipe, spiagge più belle

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Una delle spiagge di Koh Lipe

Oltre le spiagge: cosa fare e vedere a Koh Lipe

Il cuore pulsante di Koh Lipe è Walking Street, la via principale dell’isola. Da queste parti le stradine di legno si intrecciano tra ristoranti, piccoli negozi di artigianato e bar che aprono appena il sole illumina l’isola. È il posto giusto per comprare frutta fresca, assaggiare piatti di pesce appena pescato e osservare la vita locale con i giusti tempi.

Per chi ama l’acqua, lo snorkeling è sorprendente anche senza barca: Pattaya, Sunrise e Sunset Beach offrono coralli bassi e pesci colorati a pochi metri dalla riva, mentre chi cerca qualcosa di più remoto può noleggiare una long tail e raggiungere le isole vicine come Koh Adang o Koh Rawi, angoli di paradiso in cui le spiagge restano quasi deserte e il mare è incredibilmente trasparente.

Gli amanti delle camminate leggere possono percorrere il sentiero che collega Pattaya a Sunrise e Sunset, scoprendo territori nascosti da sabbia e scogliere minime, oppure fare brevi trekking all’interno dell’isola per osservare panorami insoliti sulle baie dall’alto. Per chi vuole vivere Kho Lipe dall’acqua, le escursioni in barca includono snorkeling su siti più lontani, pesca notturna o gite al tramonto.

Chi viaggia con un budget limitato può scegliere i ristoranti locali lungo Walking Street, mentre chi cerca relax trova piccoli resort a Sunrise o Sanom Beach, in cui l’atmosfera è più raccolta e il mare sembra sospeso. La sera l’isola cambia volto: luci soffuse lungo le strade di legno, musica lontana dai bar principali e il mare che riflette il cielo.

Come si arriva a Koh Lipe?

Per raggiungere Koh Lipe è prima necessario avvicinarsi alla costa meridionale della Thailandia. Le città più comuni da cui partire sono Hat Yai e Trang, entrambe servite da voli interni e autobus dal resto del Paese. Da lì si prende un minivan o un taxi fino ai porti di Pak Bara o Pak Bara Pier, da cui partono i traghetti per l’isola.

La traversata dura circa un’ora e mezza, con l’acqua che diventa gradualmente sempre più trasparente man mano che ci si avvicina. In alta stagione conviene prenotare i biglietti in anticipo, perché le imbarcazioni si riempiono rapidamente. Alcuni operatori offrono combinazioni minivan più barca in un unico pacchetto, che riducono attese e spostamenti.

L’arrivo a Koh Lipe è una sorpresa: il porto è piccolo, quasi sommerso dall’acqua, e già mentre si scende si percepisce la calma dell’isola, le barche lunghe allineate, le prime spiagge e le palme che si muovono leggere nella brezza.

Quando andare

Koh Lipe resta piacevole quasi tutto l’anno, ma senza dubbio la stagione influenza molto l’esperienza. I mesi migliori vanno da novembre ad aprile, quando il cielo è limpido, il mare trasparente e le piogge rare. Durante questo periodo l’isola si anima di turisti senza diventare caotica, e il vento leggero rende le giornate calde ma sopportabili.

Da maggio a ottobre il monsone porta piogge più frequenti, mare agitato e qualche giorno di tempesta che può costringere a rimanere in villaggio o a spostare escursioni in barca. Anche il tramonto cambia a seconda dei mesi: in alcune giornate l’orizzonte si incendia di colori, mentre in altre la luce è più morbida, perfetta per passeggiare o scattare foto.

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Dove andare a dicembre al caldo, tra isole, città e paradisi tropicali tutti da scoprire

Quando le giornate si accorciano e il freddo si insinua tra le pieghe dei cappotti, nasce spontaneo il desiderio di prenotare un viaggio e inseguire il sole altrove. C’è chi sogna di scappare dall’inverno per evitare le ore di buio, chi desidera sentire di nuovo la sabbia calda sotto i piedi o gustare una cena all’aperto senza sciarpa e guanti.

Dicembre, con il suo ritmo sospeso tra un anno che finisce e uno che sta per iniziare, diventa il momento perfetto per concedersi una pausa e ricaricarsi di vitamina D. Mentre l’emisfero nord si veste d’inverno, esistono angoli del mondo dove l’estate non ha mai davvero lasciato il posto al freddo. Quali sono?

Ecco i nostri consigli su dove andare a dicembre al caldo!

Dubai, Emirati Arabi Uniti

Per chi sogna il sole a dicembre, spiagge impeccabili e un tocco di lusso a poche ore di volo, Dubai è la scelta ideale. Con le sue temperature miti, che si aggirano intorno ai 26 gradi durante il giorno, la città si trasforma in un rifugio perfetto per chi desidera sfuggire all’inverno senza rinunciare all’eleganza.

Tra resort scintillanti affacciati sul mare e brunch infiniti sulla sabbia, la stagione invita a vivere all’aria aperta: passeggiate lungo la Marina, kayak nelle acque turchesi di Hatta o un volo mozzafiato in tandem sopra la Palm Jumeirah. Al calar del sole, il profilo futuristico della città si illumina di luci e riflessi, preludio a serate vibranti, eventi culturali e ai magnifici fuochi d’artificio solitamente organizzati per Capodanno.

Phuket, Thailandia

Innamorarsi di Phuket non è difficile, soprattutto a dicembre, quando l’isola diventa un toccasana per l’organismo e la brezza salmastra un antidoto al freddo pungente e all’umidità delle nostre città. Qui potete trascorrere le giornate passeggiando sulla sabbia e nuotando nelle acque limpide del suo mare, lasciandovi avvolgere dall’atmosfera accogliente garantita dai sorrisi delle persone.

È il periodo in cui la stagione delle piogge è ormai un ricordo e il clima si fa perfetto: cieli sereni, sole costante e temperature miti che invitano a vivere l’isola in ogni suo angolo. Le acque calme e trasparenti rendono questo mese ideale per lo snorkeling e le immersioni, mentre il centro storico di Phuket Town affascina con le sue architetture sino-portoghesi e il ritmo lento della vita tropicale.

Phu Quoc, Vietnam

Il Vietnam regala un lungo periodo di sole invernale tra novembre e marzo, quando la stagione delle piogge si ritira e l’aria torna leggera. È soprattutto a Phu Quoc che questo clima raggiunge la sua forma più piacevole: l’isola entra nella stagione secca, con temperature miti e cieli perfettamente tersi. Le sue spiagge invitano a nuotate interminabili e pomeriggi di quiete tropicale, mentre nei villaggi di pescatori come Ham Ninh il tempo sembra fermarsi e la funivia di Hon Thom regala panorami spettacolari sull’oceano.

Phu Quoc

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La funivia di Hon Thom

Penisola dello Yucatán, Messico

Andiamo ora nel cuore dei Caraibi messicani, dove la penisola dello Yucatán incanta con un equilibrio perfetto tra passato e presente, natura selvaggia e raffinatezza contemporanea. Qui, antiche rovine maya emergono dalla giungla accanto a boutique hotel e beach club dal fascino bohémien.

Le acque turchesi invitano a tuffarsi nei cenote nascosti, mentre Tulum vibra al ritmo del sole e della musica che accompagna le serate sulla spiaggia. A Mérida, il tempo rallenta tra palazzi coloniali e mercati colorati, mentre a Isla Holbox la sabbia bianca e l’atmosfera rilassata invitano a camminare scalzi fino al tramonto.

Sydney, Australia

A dicembre, mentre l’emisfero nord si stringe nel freddo, Sydney si risveglia sotto il caldo sole estivo. Qui, si passa dalle onde di Bondi Beach ai brunch vista oceano, con la famosa Opera House che scintilla contro il cielo turchese, simbolo di una città che sa coniugare arte, mare e cultura come nessun’altra. Per una fuga nella natura, bastano pochi chilometri: il Royal National Park regala scogliere e sentieri immersi nel verde, mentre le Blue Mountains incantano con le loro vallate blu e cascate nascoste.

Taghazout, Marocco

Se al relax preferite il surf, raggiungete Taghazout in Marocco, considerata da molti la destinazione più affascinante del Paese per chi ama il mare d’inverno. Il villaggio, adagiato sulla costa atlantica, conserva intatto il suo fascino semplice: barche azzurre che rientrano al tramonto, capre che passeggiano tra case color ocra e l’aroma del pesce appena pescato nell’aria.

Da dicembre, le onde raggiungono la loro forma migliore e la stagione del surf entra nel vivo, con temperature miti intorno ai 20°C e giornate baciate dalla luce del sole. Chi non cavalca le onde può esplorare i sentieri costieri o praticare yoga sui tetti al tramonto.

Taghazout a dicembre

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Lungomare di Taghazout

Guanacaste, Costa Rica

Dicembre è il mese in cui anche la Costa Rica si mostra nella sua forma più radiosa, soprattutto dopo i mesi di pioggia che hanno trasformato i paesaggi già spettacolari in scenari rigogliosi e da sogno. Sulla costa del Pacifico, Guanacaste e la Penisola di Nicoya brillano con spiagge dorate e acque calme, perfette per chi cerca relax o avventure acquatiche. Le onde invitano a cavalcare tavole da surf a Tamarindo e Santa Teresa, mentre le barriere coralline della Penisola di Papagayo svelano un caleidoscopio di pesci, razze e tartarughe tra snorkeling e immersioni.

Tra un tuffo e l’altro, i tramonti infuocati sulle spiagge di Playa Conchal e Playa Flamingo offrono momenti di pura contemplazione. La fauna, inoltre, abbonda nei parchi e nelle riserve naturali, mentre le città e i villaggi si animano con celebrazioni locali e mercati colorati.

Goa, India

Infine, l’ultima meta che vi consigliamo è Goa, un paradiso tropicale dove il sole caldo e il mare invitano a giornate pigre tra spiagge dorate e acque cristalline. Con temperature che superano facilmente i 30°C e piogge quasi assenti, è il momento perfetto per lasciarsi avvolgere dalla sua atmosfera rilassata. Ma Goa è molto più che spiagge: i mercati vibrano di colori e aromi, dalle bancarelle hippie di Anjuna ai vivaci mercati serali di Baga e Arpora, fino alle atmosfere natalizie di Panaji e Margao.

Anche l’eredità coloniale cristiana dell’isola è interessante: le chiese secolari di Old Goa, come la Basilica di Bom Jesus, raccontano storie di un passato che sfidava Lisbona in grandezza e devozione. A dicembre, Goa mescola sole, festa e cultura in un caleidoscopio perfetto!

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Viaggio a Isla Catalina, l’isola dei Caraibi che non assomiglia a nessun’altra

Da La Romana si distingue appena una macchia chiara sull’acqua. Quando la barca si avvicina, la linea bianca prende forma, il mare diventa trasparente e Isla Catalina rivela la sua bellezza semplice. È un’isola protetta, senza hotel né abitanti, da poter visitare solo in giornata.

La sabbia è fine, la vegetazione bassa, e la vita qui si misura nel tempo che passa tra un’onda e l’altra. Alcuni tratti sono gestiti da operatori privati, con zone attrezzate e chioschi, ma basta allontanarsi di pochi passi per trovare ancora un angolo libero, silenzioso e in cui il mare sembra non finire mai.

Dove si trova e che tipo di isola è

La meravigliosa Isla Catalina si trova lungo la costa sud-est della Repubblica Dominicana, di fronte a La Romana, a una manciata di minuti di barca dal porto. L’isola è piccola, piatta, con sabbia finissima, candida e un mare che cambia colore a seconda della luce, dal verde chiaro al turchese intenso.

Fa parte del Parque Nacional del Este, un’area naturale protetta che tutela i fondali corallini e le specie marine che vivono lungo la barriera. Si può raggiungere esclusivamente con escursioni organizzate o come tappa di alcune crociere, e dopo poche ore tutto torna silenzioso, come se l’isola non volesse lasciare traccia del passaggio umano.

Republica Dominicana, Isla Catalina

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Una delle spiagge di Isla Catalina

Storia e origini del nome

Fu Cristoforo Colombo il primo ad avvistare questo lembo di terra straordinario, e lo fece nel maggio del 1494. Decise lui stesso di chiamarla Santa Catalina, in onore di Caterina d’Alessandria, giovane filosofa del IV secolo che, secondo la tradizione, sfidò gli imperatori romani con la parola e morì martire. Da quel momento l’isola entrò nelle mappe, ma restò ai margini della storia ufficiale.

Nel Seicento divenne un rifugio per pirati e contrabbandieri. Le sue insenature basse, invisibili dalla costa, offrivano riparo alle navi che volevano sparire per qualche giorno dalle rotte controllate dagli spagnoli. Qui trovavano acqua, legna e silenzio. Non a caso, proprio davanti a Catalina tra il 1698 e il 1699 affondò la Quedagh Merchant, la nave del capitano William Kidd, uno dei pirati più noti dell’epoca. I resti sono ancora lì, trasformati in un sito subacqueo visitabile, tra i più famosi dei Caraibi.

Per secoli l’isola è rimasta disabitata, frequentata da pescatori locali in cerca di rifugio o di correnti buone, ma solo fino agli anni Novanta. In quel periodo, infatti, il governo dominicano decise di inserirla tra le aree protette del Parque Nacional del Este, stabilendo regole precise per le visite e impedendo ogni costruzione stabile. Il nome è rimasto, ma oggi racconta un’altra storia: quella di un luogo fragile, che ha attraversato i secoli e ora si difende con il silenzio.

Due isole in una: come visitare Isla Catalina

Di Isla Catalina si dice che è due isole in una e il motivo è molto semplice: non è tutta uguale. Una parte, infatti, è data in concessione esclusiva a Costa Crociere, che ne ha l’uso riservato ma non la proprietà. Qui sbarcano solo i passeggeri delle navi, poiché l’area è recintata, con buffet, ombrelloni, sicurezza e personale dedicato. È una spiaggia organizzata, pensata per chi attracca per poche ore ma desidera comfort immediato.

L’altra metà dell’isola resta invece pubblica, raggiungibile solo con escursioni locali o piccole barche dei pescatori di La Romana o Bayahíbe. Qui non ci sono strutture fisse, solo sabbia chiara, mare trasparente e il rumore del vento tra gli alberi bassi.

La differenza è netta: chi arriva tramite grandi imbarcazioni trova un villaggio organizzato, chi giunge con i pescatori incontra sabbia, mare (attenzione, alle volte può essere particolarmente mosso) e silenzio. È bene sapere, però, che non è possibile muoversi liberamente da una zona all’altra, in quanto l’area in concessione è controllata e l’accesso è consentito solo ai passeggeri registrati.

Come arrivare se non si è croceristi

Per raggiungere Isla Catalina da soli si parte da La Romana, Bayahíbe o Casa de Campo, sempre con barche organizzate da tour operator locali. Non esistono traghetti pubblici e sull’isola non ci sono strutture permanenti, quindi tutto si svolge nel giro di una giornata: partenza al mattino, qualche ora tra sabbia e mare e ritorno nel pomeriggio.

Il costo del tour varia, indicativamente tra 80 e 120 USD (circa 75-110 euro), e di solito comprende pranzo e attrezzatura per lo snorkeling, così da poter esplorare i fondali senza pensieri. È utile portare acqua e crema solare, qualche contante per le mance e una fotocamera o custodia waterproof, perché tra la luce sulla sabbia e le sfumature del mare ci sono immagini che non si dimenticano.

Cosa fare sull’isola

Il richiamo principale di Isla Catalina sono le acque cristalline che la circondano. Snorkeling e immersioni conducono subito a The Wall e The Aquarium, fondali spettacolari pieni di coralli vivaci, pesci tropicali dalle livree impossibili e piccole grotte sottomarine che invitano a esplorare. Anche i principianti rimangono affascinati, e ogni nuotata sembra sospesa nel tempo, tra branchi di pesci pagliaccio, chirurgo e farfalla.

Isola Catalina, Caraibi

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Isola Catalina, la perla dei Caraibi

Le spiagge sono poche ma perfette. Playa Blanca, la più famosa, ha sabbia chiarissima e acqua calma, ideale per stendersi o fare un bagno lungo. Playa Catalina, più raccolta, regala angoli silenziosi tra scogli e vegetazione bassa, mentre Playa Punta Española, verso l’estremità dell’isola, è quasi deserta e offre panorami sul mare aperto in grado di emozionare.

Camminando tra le dune e la vegetazione protetta si scorgono uccelli marini, piccoli granchi e la fauna locale che vive indisturbata. Anche i fondali della riva regalano sorprese: pesci colorati che passano vicino agli scogli, conchiglie, stelle marine e coralli bassi che ondeggiano al ritmo del mare.

Non c’è wifi, non ci sono intrattenimenti organizzati e nessuna struttura permanente. C’è solo Isla Catalina, e questo basta a rendere ogni ora passata qui memorabile.

Cosa evitare e cosa sapere

Sull’isola non si può trascorrere la notte e qualsiasi visita si svolge in giornata con partenza al mattino e ritorno nel pomeriggio. L’area riservata alla compagnia di crociere resta chiusa a chi non è passeggero e non è possibile aggirare i controlli. Il sole è intenso e il mare forte, quindi crema solare, cappello e acqua sono indispensabili.

Conviene stare lontani dai tour troppo economici, perché spesso riducono sicurezza, tempo in acqua o qualità delle attrezzature.

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Svelato il mistero sui Moai dell’Isola di Pasqua: i giganti di pietra che “camminavano”

Dopo 800 anni di misteri, finalmente si è vicini a risolvere definitivamente il quesito più grande riguardo ai celebri Moai, le imponenti statue di pietra dell’Isola di Pasqua: come sono riuscite le antiche popolazioni polinesiane, isolate e prive di ruote, di gru o di grandi animali, a spostare monumenti alti fino a dieci metri e pesanti oltre 80 tonnellate?

Farlo su terreni accidentati era, per di più, un’impresa che sembrava impossibile per l’epoca. A risolvere l’arcano è stato uno studio rivoluzionario basato su fisica, modelli 3D ed esperimenti sul campo, pubblicato su Journal of Archaeological Science dalla Binghamton University e dall’Università dell’Arizona. La soluzione? I Moai non venivano trascinati, ma “camminavano“.

La scoperta che risolve il mistero sui Moai

Gigantesche statue enigmatiche con volti imponenti, tratti austeri e teste enormi, popolano l’Isola di Pasqua in Cile, chiamata anche Rapa Nui, nel cuore dell’oceano Pacifico. I Moai (quasi mille) non erano semplici “teste” scolpite, bensì interi corpi in gran parte sepolti sottoterra. Ogni statua rappresentava gli antenati venerati e simboleggiava il potere del clan che l’aveva realizzata.

Ma come venivano spostate? Tante sono le ipotesi formulate nel corso dei decenni: civiltà perdute, poteri soprannaturali, slitte, tronchi rotolanti o binari di legno, ma non si trovarono mai le prove. Almeno fino a oggi: la combinazione tra fisica, modellazione 3D e archeologia sperimentale ha scoperto la verità.

Moai, i giganti di tufo vulcanico dell'Isola di Pasqua

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Moai, i giganti di tufo vulcanico di Rapa Nui

Come “camminavano” i Moai

Un team di ricerca, guidato dall’archeologo Carl Lipo della Binghamton University e da Terry Hunt dell’Università dell’Arizona, ha analizzato le scansioni 3D ad alta risoluzione delle statue, rivelando due caratteristiche chiave: una base a forma di D e una leggera inclinazione in avanti.

Non potevano essere elementi casuali, così hanno approfondito con una prova pratica. Hanno realizzato una replica a grandezza naturale dal peso di 4,35 tonnellate e posizionato il baricentro in modo tale che la statua potesse oscillare delicatamente in avanti quando tirata dai lati attraverso corde legate attorno alla testa o alle spalle della statua.

Avevano ragione: con soli 18 volontari e tre corde, sono riusciti a spostarla di 100 metri in soli 40 minuti. “Nel momento in cui inizia a muoversi, prende quasi vita“, ha dichiarato Lipo. “Le persone tirano da entrambi i lati e la statua avanza da sola. Più è grande, più diventa stabile. La fisica fa il resto”, ha aggiunto.

È così che i Moai riuscivano a “camminare”: due gruppi di persone si posizionavano ai lati, tirando alternativamente per creare un movimento ritmico. Ogni oscillazione faceva inclinare leggermente in avanti la statua in modo tale da evitare di cadere all’indietro.

Gli scavi archeologici, inoltre, hanno rivelato che le antiche strade di Rapa Nui, larghe circa 4,5 metri e caratterizzate da una leggera curvatura concava, erano progettate appositamente per stabilizzare le statue Moai durante il loro spostamento, evitando che si ribaltassero. Secondo l’archeologo Carl Lipo, ogni volta che i costruttori muovevano una statua, realizzavano contemporaneamente anche il tratto di strada sottostante, fondendo trasporto e costruzione in un unico rituale.

Questa scoperta ridefinisce la rete viaria dell’isola come un sistema dinamico, parte integrante dei processi cerimoniali e del culto, più che semplici percorsi tra insediamenti.

Perché è una scoperta importante

Le antiche leggende dell’Isola di Pasqua sulle statue “che camminavano” verso la costa sotto la guida degli spiriti ancestrali trovano oggi conferma nella scienza e nell’archeologia: il metodo di trasporto dei Moai, basato su equilibrio e oscillazioni controllate, spiega quei racconti e valorizza l’ingegnosità degli abitanti dell’isola.

Lo studio, inoltre, ribalta i vecchi miti di schiavitù e distruzione ambientale (secondo cui le statue venivano trascinate da tanti schiavi), rivelando invece una società organizzata, sostenibile e dotata di notevole conoscenza tecnica. Oggi il mistero dei Moai che “camminano” non appartiene più al mito, ma alla meraviglia della scienza.

La loro storia riscrive il concetto stesso di innovazione antica: il popolo di Rapa Nui seppe muovere giganti fatti di tufo vulcanico con corde di fibra e intuizioni degne della fisica moderna. Nessuna magia, solo genio umano nato dall’osservazione, dall’esperimento e dalla memoria collettiva.

Come ricorda l’archeologo Carl Lipo, “le società antiche non erano primitive: erano scienziati del loro mondo, ingegneri del loro ambiente e narratori della loro storia”. E così, sulle strade concave di Rapa Nui, i Moai sembrano avanzare ancora. Non per miracolo, ma per ingegno: passo dopo passo, continuano a camminare idealmente sul ponte che unisce leggenda e conoscenza.

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Perché l’isola di Lemnos è la meta greca da prenotare subito

Quando Ryanair ha annunciato l’apertura delle vendite per un collegamento diretto tra Milano Bergamo e l’isola di Lemnos, in pochi hanno colto all’istante la portata di una tale notizia. Non si tratta, infatti, soltanto di “una nuova rotta aerea” bensì dell’apertura di una finestra su una Grecia differente, autentica, ancora lontana dalle folle e dalle rotte più battute del turismo di massa.

Il primo volo è previsto per il 1° aprile 2026, con tre partenze settimanali (martedì, mercoledì e sabato) fino al 24 ottobre dello stesso anno. Una stagione lunga, che abbraccia tutta la primavera e l’estate, perfetta per scoprire un’isola che profuma di mare, di grano e di vento.

I biglietti sono già in vendita, e per chi ama viaggiare alla ricerca di luoghi ancora intatti, è un’occasione da non perdere. Lemnos, finora mai collegata direttamente con l’Italia, si prepara così ad accogliere nuovi visitatori, ma senza perdere il ritmo lento e l’identità più genuina.

Lemnos, l’isola del vento e della quiete

Lemnos (o Limnos, come la chiamano i greci) è una delle isole più sorprendenti dell’Egeo settentrionale e la geografia racconta già molto del suo carattere: dolci rilievi punteggiati da ulivi e vigneti, distese di grano che ondeggiano come un mare dorato, baie nascoste che si aprono all’improvviso tra promontori rocciosi. La natura è ancora protagonista e scandisce la vita quotidiana con la stessa armonia di secoli fa.

L’isola è spesso descritta come “battuta dai venti”, un epiteto che risale a Omero, ma invece di essere un difetto, è proprio la brezza costante a regalarle un’atmosfera limpida e un cielo di un blu quasi irreale. Lemnos conquista con la discrezione e il modo gentile di accogliere, è la Grecia delle radici, dei silenzi e dei paesaggi che cambiano luce a ogni ora del giorno.

Cosa vedere a Lemnos: tra natura, storia e autenticità

Vista di Myrina, isola di Limnos, Grecia

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Panorama della spiaggia a Myrina

Visitare Lemnos significa immergersi in un mondo sospeso tra mito e realtà. La leggenda vuole che qui fosse caduto Efesto, il dio del fuoco, scagliato giù dall’Olimpo: forse è anche per questo che l’isola sembra “pulsare di energia antica”, come se le colline conservassero ancora il calore di un fuoco divino.

Tra i luoghi imperdibili spicca Myrina, la capitale, con il castello veneziano che domina la baia e i vicoli lastricati che profumano di salsedine: passeggiare tra le case color miele, fermarsi in una taverna affacciata sul mare e assaggiare il pesce fresco è un’esperienza che riporta a un tempo più lento e più vero.

Spostandosi nell’entroterra si scopre una Lemnos rurale, dove i campi coltivati e le viti raccontano una tradizione agricola ancora viva. Le spiagge, poi, sono una rivelazione: ampie, sabbiose, mai troppo affollate: da Plati a Thanos, fino alle dune di Gomati, ogni angolo regala una sfumatura diversa di azzurro.
E per chi ama l’avventura, i sentieri che si snodano tra le colline conducono a luoghi insoliti, come le formazioni geologiche di Falakro o le saline di Keros, dove fenicotteri e aironi dipingono l’acqua di riflessi rosati.

Infine, non mancano i richiami alla storia antica: i resti del sito archeologico di Poliochni, considerato uno dei più antichi insediamenti d’Europa, testimoniano l’importanza che Lemnos ebbe nei commerci e nella cultura dell’Egeo.

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Tra le isole più belle del mondo ci sono anche alcune perle italiane: la nuova classifica

Ogni anno i Readers’ Choice Awards di Condé Nast Traveller eleggono le destinazioni più amate al mondo, votate da centinaia di migliaia di lettori. Tra le varie categorie, quella dedicata alle isole più belle del mondo è senza dubbio una delle più attese. Anche l’Italia si è guadagnata un posto d’onore grazie alle sue perle mediterranee.

Le isole premiate dai Readers’ Choice Awards 2025 ci ricordano che la bellezza può assumere forme molto diverse: dalla roccia vulcanica siciliana al bianco corallo del Pacifico, dal fascino discreto di Capri al profumo di vaniglia delle spiagge polinesiane.

Le isole più belle d’Europa: tra mito, mare e meraviglie italiane

L’Europa continua a essere un continente ricchissimo di isole straordinarie, capaci di soddisfare ogni tipo di viaggiatore. Dalla Grecia all’Italia, passando per la Spagna e il Portogallo, ogni meta offre un mix unico di storia, cucina e paesaggi mozzafiato.

In vetta alla classifica europea spicca Naxos, l’isola greca più grande delle Cicladi. Naxos rappresenta l’essenza della Grecia più genuina: spiagge dorate, taverne tradizionali, artigianato locale e quella lentezza che conquista chiunque cerchi un viaggio lontano dal turismo di massa.

Le isole più belle del mondo secondo i Readers’ Choice Awards Condé Nast

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Panorama della città di Naxos Chora

L’Italia non è però da meno. Tra le migliori isole europee figurano Capri al terzo posto, la Sicilia al settimo e la Sardegna al sedicesimo. Tre scrigni di bellezza molto diversi tra loro ma accomunati da un fascino senza tempo.

Capri incanta con il suo mix di eleganza, panorami unici e vita mondana, la Sicilia seduce il cuore dei viaggiatori con la sua straordinaria varietà culturale e gastronomica, la Sardegna, infine, è un paradiso naturale dove le acque turchesi incontrano antiche tradizioni e paesaggi selvaggi.

Oltre alle italiane, si distinguono anche altre isole europee amatissime da molti. Tra queste troviamo Ibiza, Hvar, la isole Canarie, Maiorca, Creta, Madeira, Corfù, Rodi, Skiathos, la Corsica, Mykonos, Cipro, Folegandros, Santorini, Malta e le Azzorre a conferma di quanto il nostro continente sia una miniera di bellezza e diversità.

Le isole più belle del mondo: dal Mediterraneo ai paradisi tropicali

Guardando oltre l’Europa, la classifica globale incorona alcune isole leggendarie, vere icone del viaggio da sogno. In Asia il primato va a Bali, l’isola indonesiana dove natura e spiritualità si uniscono in un equilibrio unico: templi immersi nella giungla, risaie a terrazza, surf e tramonti pazzeschi.

Le isole più belle del mondo: la classifica di Condé Nast Traveller

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Veduta aerea di una spiaggia a Bali

Nel Regno Unito al primo posto troviamo le Isles of Scilly, un luogo di una bellezza straordinaria con natura selvaggia al largo della Cornovaglia.

Per la regione dell’Oceano Indiano e Africa, vincono le Maldive, un arcipelago che continua a rappresentare l’idea stessa di paradiso, con le sue acque cristalline, i resort sospesi sul mare e la sensazione di isolamento.

Nel Pacifico del Sud, la regina è Bora Bora, un nome che evoca immediatamente lusso, romanticismo e lagune turchesi. Dall’altra parte del mondo, nelle Americhe, brillano due isole molto diverse: Fernando de Noronha, in Brasile, famosa per la sua biodiversità marina e le spiagge incontaminate, e Vancouver Island, in Canada, che incanta con foreste secolari, coste selvagge e una natura spettacolare.

Infine, nei Caraibi, il primo posto va alle Turks and Caicos, dove sabbia bianchissima e mare trasparente creano uno scenario da cartolina.

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Guadalupa, l’arcipelago a forma di farfalla dove è sempre estate

Guadalupa è un frammento di Francia ancorato ai Caraibi. Due isole principali, collegate da un sottile lembo di terra, disegnano una farfalla tropicale sospesa sull’oceano: a ovest vulcani e giungle, a est sabbia bianca e acque turchesi. Si entra senza passaporto, si paga in euro e si parla francese, ma il ritmo e i profumi raccontano tutta un’altra storia.

La cosa più interessante è che il clima resta più o meno stabile tutto l’anno, con temperature intorno ai 27 gradi. Non mancano periodi di piogge brevi e con un’umidità costante, ma che avvolge qualsiasi cosa in un’aria dolce e lenta. Un luogo, quindi, in cui l’estate non è una stagione, ma una condizione permanente. Il posto perfetto da visitare in ogni momento, ma in particolare in inverno per scappare dalle temperatura gelide del nostro Paese.

Dove si trova Guadalupa e come arrivare

Nel mezzo dell’oceano, tra l’Atlantico e il Mar dei Caraibi, c’è un gruppo di isole che da lontano sembra una farfalla posata sull’acqua. È Guadalupa, parte delle Antille Francesi. Due ali principali, Basse-Terre e Grande-Terre, unite da un ponte e circondate da isolette più piccole, ognuna con il suo carattere.

Si arriva quasi sempre in volo da Parigi, otto ore di cielo per poi atterrare a Pointe-à-Pitre, località che accoglie con aria calda non appena si scende dall’aereo. Da lì è facile muoversi in quanto basta un traghetto, o un piccolo aereo. Anzi, in alcune circostanze occorre solamente un’ora di strada per passare da un mondo all’altro.

La stagione secca, da dicembre ad aprile, è quella più piacevole grazie a giornate limpide, sole pieno e quell’aliseo che tiene l’aria leggera. Nei mesi estivi, invece, piove di più, mentre il verde diventa più intenso e tutto si muove con maggiore lentezza.

Grande-Terre, Guadalupa

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Veduta aerea di Grande-Terre

Cosa vedere nell’arcipelago di Guadalupa

L’arcipelago sembra fatto per essere esplorato con calma. Ogni isola ha il suo carattere, dai vulcani selvaggi ai piccoli villaggi creoli, e visitarle permette di cambiare paesaggio, ritmo e atmosfera in pochi chilometri. È un luogo dove il tempo si misura con i profumi della foresta, il vento tra le colline e il respiro del mare.

Vulcano La Soufrière

Salire sul Vulcano Soufrière è come entrare in un mondo diverso. Ancora attivo (l’ultima eruzione significativa è stata nel 1976), domina Basse-Terre con la sua presenza imponente. I sentieri si inoltrano tra felci e orchidee, e a ogni curva si scoprono crateri fumanti o piccoli ruscelli nascosti. Arrivare in cima regala una vista sull’arcipelago che sembra infinita, e la fatica della salita diventa un dettaglio quasi irrilevante davanti al silenzio potente della montagna.

Parco Nazionale di Guadalupa

Gran parte di Basse-Terre è protetta dal Parco Nazionale di Guadalupa, un ecosistema sorprendente che racchiude specie uniche di piante e animali. Tra sentieri ombrosi, cascate e laghetti nascosti, si cammina immersi in un mondo che sembra esistere da solo, lontano dal tempo e dal turismo. Il suono dell’acqua, gli odori della terra bagnata e il fruscio delle foglie creano un’esperienza che non si dimentica facilmente. Qui assolutamente sorprendenti sono le Cascate del Carbet, con la seconda che raggiunge i 110 metri di altezza.

Fort Napoléon a Terre-de-Haut

Il Fort Napoléon sulle colline di Terre-de-Haut, nelle Saintes (piccolo arcipelago situato a sud di Basse-Terre), non è solo un edificio storico: è un punto di osservazione privilegiato sull’arcipelago. Dai bastioni si vedono le baie turchesi, i villaggi pittoreschi e le isolette vicine. Camminare tra le sale e le vecchie mura è come sfogliare un libro di storia che parla di guerre, commerci e culture intrecciate, con il vento tropicale che soffia quasi costantemente.

Marie-Galante

L’isola di Marie-Galante è un viaggio nella cultura agricola e creola. I campi di canna da zucchero, le distillerie di rum e i villaggi raccolti raccontano storie di lavoro e tradizione. Non vi sorprenderà sapere, infatti, che è anche affettuosamente chiamata “l’isola dei cento mulini“, proprio per la sua lunga tradizione nella produzione di zucchero e rum. Passeggiare tra le fattorie, sentire l’odore della canna appena lavorata e osservare la vita quotidiana dei locali consente di vivere un’esperienza concreta, fatta di odori, colori e gesti antichi che non si trovano nei percorsi turistici convenzionali.

La Désirade

La Désirade è l’isola più tranquilla e ventosa dell’arcipelago. Senza grandi centri abitati, mette a disposizione sentieri lungo la costa rocciosa e punti panoramici sull’oceano aperto. In zona il tempo sembra fermarsi: il vento, il mare e il profumo della vegetazione diventano compagni di viaggio, e ogni passo pare allontanare dal mondo normale.

Jardin Botanique de Deshaies

Questo giardino botanico è un microcosmo tropicale. Passeggiare tra orchidee, felci e laghetti è un’esperienza multisensoriale grazie ai profumi che si mescolano, i che colori catturano lo sguardo e gli uccelli che cantando rendono l’atmosfera viva. In sostanza, non è solo un luogo da vedere, ma da percepire con calma, lasciandosi avvolgere dalla natura senza fretta.

Riserva Naturale Cousteau

Situata davanti alla costa di Bouillante, la Riserva Naturale Cousteau è uno dei paradisi subacquei dei Caraibi. Barriere coralline, pesci variopinti e flora marina formano un ecosistema vibrante. Anche chi resta in superficie può godere della trasparenza dell’acqua, del movimento delle correnti e del silenzio interrotto solo dai suoni del mare.

Le spiagge più belle

Ogni spiaggia, da queste parti, ha il suo carattere, il suo profumo e il suo suono. Ci sono baie in cui l’acqua è calma e invita a galleggiare per ore e altre in cui il mare rompe con forza sulle scogliere come a voler ricordare quanto sia potente. Di seguito le migliori:

  • Plage de la Caravelle (Sainte-Anne): ampia, luminosa e accogliente, sfoggia acque tranquille e palme che donano ombra naturale e perfetta per leggere o fare un pisolino. Tra un bagno e l’altro si percepiscono gli odori dei baracchini che vendono piatti locali e tutto sembra scorrere con calma.
  • Plage de Grande Anse (Deshaies): onde più alte e vento deciso creano un’atmosfera intensa. Si può passeggiare lungo la riva, un’esperienza grazie a cui percepire la forza dell’oceano mentre scogliere e vegetazione selvaggia incorniciano il paesaggio come un quadro naturale.
  • Plage de Bois Jolan (Gosier): lunga, poco affollata e ideale per camminate lente. Qui la sabbia fine si stende tra alte palme e una laguna protetta da una barriera corallina, con l’acqua bassa dove passeggiare a piedi nudi osservando i pesciolini tra le onde.
  • Plage de Petite Anse (Terre-de-Haut, Les Saintes): raccolta e pittoresca, sembra uscita da un quadro. Le acque calme fanno da specchio alle case colorate del villaggio e danno vita a un’atmosfera intima, ideale per sedersi a guardare il mare ascoltando solo il fruscio delle palme e il rumore leggero delle barche al largo.
  • Plage de l’Anse Laborde (Marie-Galante): quasi remota, è una spiaggia che trasmette un senso di isolamento raro. È protetta da palme e accarezzata da acqua limpida che invita a nuotare, o semplicemente a restare seduti a osservare l’orizzonte.
  • Plage de la Perle (Basse-Terre): qui la sabbia scura si fonde con l’acqua cristallina creando un contrasto sorprendente. Le scogliere dietro la spiaggia sembrano proteggere un piccolo tesoro naturale e il mare che cambia colore con la luce del sole regala momenti davvero intensi.
  • Plage de Bois Joli (Bouillante): piccola e appartata, appare quasi come un miraggio perché semi-nascosta tra la vegetazione. Il luogo migliore per chi cerca tranquillità.
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Vita lenta fra mare e natura: la Sardegna, il luogo perfetto dove abitare

C’è un luogo dove il tempo scorre diversamente, i suoni si fanno leggeri e la natura è parte del quotidiano. Un luogo nel quale si arriva quando il desiderio di rallentare si fa urgente, dove il rumore del mare, l’aria carica di salsedine e la luce intensa della costa sembrano offrire la risposta a un bisogno profondo: vivere meglio.

È la Sardegna, isola di silenzi rigeneranti e orizzonti infiniti, dove il mare incontra la terra con una bellezza selvaggia e luminosa. E, sulla costa nord-orientale, la rinomata Costa Smeralda custodisce ancora angoli intatti e suggestioni senza tempo, con calette nascoste, sentieri panoramici tra i profumi della macchia mediterranea e cieli che cambiano colore all’ora del tramonto.

In questo luogo le giornate scorrono lente e luminose, il tempo riprende la sua forma naturale e le distanze si misurano in respiri profondi e sguardi sul blu. Qui, anche i gesti più semplici – un caffè al sole, una passeggiata tra le rocce chiare, un bagno al tramonto – si caricano di significato, diventano rituali che riconnettono con il presente.

Ma riscoprire uno stile di vita autentico non è un sogno da vacanza: è una possibilità concreta, che sempre più persone decidono di cogliere per cambiare ritmo e ritrovare se stesse. Ed è questo equilibrio tra natura e quiete a rendere la Sardegna il luogo perfetto per chi desidera staccarsi dal caos e scegliere uno stile di vita più semplice e autentico.

Vivere in Sardegna: rallentare il ritmo e ritrovare un equilibrio con la natura

Acquistare una casa in Sardegna non è solo una scelta immobiliare, è un investimento emotivo, un atto di riconciliazione con il proprio tempo. Significa scegliere dove e come vivere, senza compromessi.

Che si tratti di un rifugio estivo, di una seconda casa per le vacanze o del luogo in cui immaginare il proprio futuro, vivere qui significa abbracciare un’esistenza più lenta, fatta di passeggiate sul bagnasciuga e colazioni con vista sul mare, liberarsi dall’urgenza, lasciarsi attraversare dal paesaggio, riscoprire il valore del silenzio e del vuoto.

Significa poter camminare a piedi nudi sulla pietra scaldata dal sole, ascoltare il vento tra i ginepri e ritrovare un rapporto genuino con l’ambiente e con se stessi. Gli appartamenti sul mare in Sardegna rappresentano non solo uno spazio da abitare, ma una scelta esistenziale per vivere con lentezza, circondati da paesaggi che curano.

E nella Costa Smeralda, territorio esclusivo e riservato, l’abitare si trasforma in privilegio: quello di svegliarsi ogni giorno in uno dei paesaggi più affascinanti del Mediterraneo. Qui ogni casa è immersa nel verde, affacciata sul blu, costruita per convivere armoniosamente con l’ambiente.

Una casa che non è solo uno status symbol, ma anche un rifugio personale, un luogo di radicamento e rigenerazione. E chi desidera fare questo passo ha bisogno di una guida affidabile, capace di tradurre un sogno in realtà.

Immobiliare Davoli: un punto di riferimento per chi cerca esclusività e tranquillità

In un mercato dove la bellezza paesaggistica incontra l’esigenza di affidabilità, Immobiliare Davoli rappresenta una certezza. Nata dalla visione di Claudio Giuntoli, che negli anni ’70 lasciò Milano dopo essersi innamorato della Costa Smeralda e delle sue prime ville a Porto Rotondo, Immobiliare Davoli è oggi una delle agenzie di riferimento per chi cerca appartamenti sul mare in Sardegna di prestigio.

La tradizione imprenditoriale della famiglia Davoli, saldamente radicata tra Porto Rotondo e Porto Cervo, si è consolidata in decenni di attività, e continua a ispirare il lavoro quotidiano dell’agenzia.

Oggi l’azienda opera con una struttura professionale ben definita: sede principale a Porto Rotondo e una sede legale a Milano, per evidenziare i legami tra territorio e clientela internazionale. È associata a Fiaip e risulta visibile su molte piattaforme immobiliari, dove pubblica regolarmente annunci di immobili di pregio, dalle ville con piscina ai trilocali vista mare, fino a proposte di affitto stagionale e a lungo termine.

L’agenzia seleziona,  per i suoi clienti nel cuore della Costa Smeralda, solo immobili che interpretano davvero il concetto di casa-luogo: villas immerse nel verde con viste mozzafiato, bilocali nei villaggi privati affacciati sul porto, o appartamenti nei quartieri eleganti come “Parioli” o “Country”.

Ogni proposta viene selezionata con attenzione, privilegiando non solo il pregio architettonico, ma anche la qualità del contesto e la coerenza con lo stile di vita sardo. Le case trattate da Davoli non sono semplici costruzioni, ma spazi abitativi pensati per integrarsi armoniosamente con il territorio e offrire un’esperienza abitativa piena, rilassante e duratura.

La filosofia dell’agenzia è chiara: affiancare il cliente non solo come compratore di una proprietà, ma come protagonista di un lifestyle. In questi decenni di lavoro, Immobiliare Davoli ha curato la vendita di immobili prestigiosi per grandi manager e imprenditori italiani e internazionali, costruendo nel tempo una reputazione fatta di serietà, riservatezza e conoscenza capillare del territorio.

Un’occasione da cogliere adesso

La Costa Smeralda è oggi uno dei mercati immobiliari più solidi e ambiti del Mediterraneo. Secondo gli ultimi report del settore, le proprietà di lusso nella zona – in particolare a Porto Cervo e Porto Rotondo – registrano valori al metro quadro superiori a quelli di destinazioni iconiche come Ibiza o la Costiera Amalfitana.

In alcuni casi si possono raggiungere punte di 30–32 mila euro al metro quadro per le ville più esclusive, con una domanda costante anche nei mesi di bassa stagione grazie alla reputazione internazionale della destinazione.

Ma ciò che rende questa area davvero interessante per chi desidera acquistare una casa non è solo il valore dell’investimento, ma la combinazione unica tra bellezza naturale, privacy, servizi di alto livello e stabilità nel tempo.

Un immobile in Costa Smeralda non è normalmente soggetto alle fluttuazioni del mercato come in altre località turistiche: conserva valore, attira interesse internazionale e rappresenta una forma di patrimonio tangibile, trasmissibile e duraturo.

La Sardegna, con la sua natura potente e la sua identità profonda, continua a esercitare un richiamo universale. Ecco perché oggi è il momento giusto per valutare un acquisto in Sardegna: perché si può ancora scegliere, con il supporto di un’agenzia storica come Immobiliare Davoli, una proprietà che non è solo un bene, ma un rifugio, un investimento emotivo e un’eredità per il futuro.

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Starfighter, l’ultimo film di Star Wars è stato girato in una location da sogno in Italia

Disney torna a scegliere la Sardegna come sfondo per il grande cinema. Dopo che La Sirenetta (il live-action Disney del 2023) ha trasformato luoghi come Santa Teresa di Gallura, Castelsardo, Golfo Aranci e Aglientu in paesaggi da fiaba, ora tocca a Star Wars: Starfighter approdare sull’isola. A ospitare le riprese sono stati i paesaggi della Gallura, con le sue coste frastagliate e il suo incredibile mare.

Il regista Shawn Levy ha infatti condiviso le prime immagini dal set del nuovo spin-off della saga, in uscita nei cinema americani a maggio 2027. In uno scatto dietro le quinte vediamo Ryan Gosling e il giovane Flynn Gray in abiti consunti su una sorta di imbarcazione, alla deriva sul mare. È una scena che sposta il racconto galattico di Star Wars dalla sua consueta ambientazione tra deserti alieni come Tatooine e Jakku verso un luogo più familiare o, come ha scritto sul post, “Somewhere in the Mediterranean Sea”, taggando infine “Sardinia, Italy”.

Un cambiamento di orizzonte che promette scenari mozzafiato, ma anche una forte carica simbolica, nel far dialogare fantasy spaziale e bellezza mediterranea.

Le location in Sardegna del nuovo Star Wars

Non sappiamo molto sulle location esatte che compariranno nel film, ma capiamo perfettamente perché il regista Shawn Levy abbia scelto uno scenario come quello della Gallura. Questa zona situata nel nord-est della Sardegna offre un paesaggio quasi ultraterreno, perfetto per rappresentare un pianeta inedito nell’universo di Star Wars.

Le sue rocce granitiche, modellate dal vento in forme scultoree, creano uno sfondo ideale per inseguimenti tra navicelle e atterraggi di fortuna! Immaginiamo i caccia stellari sfrecciare tra i monoliti di Capo Testa o nascondersi nelle insenature segrete della Costa Smeralda, le cui acque turchesi potrebbero facilmente rappresentare la superficie di un pianeta oceanico ricco di vita e misteri.

Cosa sappiamo su Starfighter, il nuovo capitolo della saga

Mentre i dettagli sui ruoli e sulla trama sono ancora avvolti nel mistero, alcune informazioni cruciali iniziano a delineare il profilo di Starfighter. La storia si collocherà cinque anni dopo gli eventi di Star Wars: L’ascesa di Skywalker, in un’epoca di ricostruzione per la galassia dopo la sconfitta definitiva di Palpatine e del Primo Ordine. Questo contesto offre un terreno fertile per esplorare il futuro dell’ordine Jedi e l’emergere di nuove minacce o eroi in un universo che cerca un nuovo equilibrio.

La sceneggiatura è firmata da Jonathan Tropper, noto per il suo lavoro su serie adrenaliniche e acclamate come Banshee e Warrior, il che suggerisce un film dal ritmo serrato e con personaggi complessi. Alla regia troviamo Shawn Levy, un nome che unisce con successo commedia, avventura e fantascienza. Per quanto riguarda il cast, oltre Ryan Gosling e Flynn Gray, ci saranno anche Matt Smith, Mia Goth e Amy Adams.

Le riprese sono iniziate ufficialmente a fine agosto 2025, mentre per vedere il risultato finale sul grande schermo dobbiamo aspettare l’uscita nelle sale, fissata per maggio 2027.