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La Sagrada Familia ora è la chiesa più alta del mondo: quando un sogno diventa record

Tra i simboli di Barcellona e i monumenti più visitati c’è lei: la Sagrada Familia. Imponente, affascinante e ricca di storia, non è ancora ultimata dopo 140 anni di lavori. Ma a quanto pare oggi si è giunti a un nuovo capitolo: la basilica progettata da Antoni Gaudì è ufficialmente la chiesa più alta del mondo svettando con 162,91 metri.

Il primato è legato al simbolismo e non solo ai numeri: ogni metro di questa meraviglia mette in comunicazione la terra con il cielo, la materia e lo spirito raccontando pienamente l’anima eccentrica e geniale del grande artista.

Il momento storico è arrivato con l’installazione del primo elemento della croce che incoronerà la torre di Gesù Cristo, la più alta tra le 18 previste nel progetto originale di Gaudí. Una scena mozzafiato: un braccio di sette metri, bianco e luminoso, che svetta sopra Barcellona come un faro di pietra e vetro.

Sagrada Familia, la chiesa più alta al mondo

La Sagrada Familia ha superato di un soffio, ma con un impatto monumentale, la Cattedrale di Ulm in Germania, che fino ad oggi deteneva il record di altezza con i suoi 161,53 metri. Ora la basilica catalana domina la classifica con 1,38 metri in più, un margine minimo che però racchiude più di un secolo di ambizione e di fede nella bellezza.

L’impresa è avvenuta grazie al posizionamento della parte inferiore della croce che completerà la torre centrale dedicata a Gesù Cristo. Alta 7,25 metri e pesante 24 tonnellate, questa sezione è stata assemblata a 54 metri d’altezza prima di essere issata con una precisione millimetrica. Il rivestimento in ceramica smaltata bianca e vetro riflette la luce del sole catalano, creando un effetto scintillante che rende la basilica quasi eterea nelle ore del tramonto.

E non è finita qui: la croce, una volta completata, raggiungerà i 17 metri di altezza e avrà una larghezza di 13,5 metri, l’equivalente di un edificio di cinque piani. Quando tutti i pezzi saranno al loro posto, la torre arriverà ai 172 metri previsti da Gaudí…un’altezza mai toccata da nessuna chiesa nella storia.

Sagrada Familia

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La Sagrada Familia di Barcellona

Quando sarà ultimata la Sagrada Familia

Molte persone si chiedono quando sarà ufficialmente ultimata la Sagrada Familia. A pochi mesi dall’atteso centenario della morte di Gaudì nel 2026, Barcellona rende omaggio all’artista e lo fa con il completamento della torre. Nonostante il cantiere sembri infinito, questa tappa segna l’inizio della fine: la Sagrada Familia è più vicina che mai a vedere realizzato il sogno del suo creatore.

La costruzione della basilica, iniziata nel 1882, continua a essere finanziata principalmente dai biglietti dei visitatori: quasi 5 milioni di turisti nel 2024 che ogni anno si fermano a contemplare le sue guglie, le sue facciate scolpite e le sue luci che sembrano filtrare direttamente dal paradiso.

La Sagrada Familia detiene quindi il titolo di chiesa più alta del mondo ed è pronta, finalmente, a brillare in tutto il suo splendore dopo anni di cantieri e attività, per concluderla seguendo il progetto originario di Gaudì. Chi sta pensando di organizzare una vacanza a Barcellona, dovrebbe puntare proprio sul 2026 grazie all’anniversario speciale, che vedrà la città in festa per ricordare Gaudì.

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San Bernardino alle Ossa, la chiesa segreta (e più inquietante) di Milano

San Bernardino alle Ossa a Milano, di primo impatto, potrebbe sembrare una chiesa qualunque. Varcando la sua sontuosa soglia, però, ci si rende subito conto che non è affatto così. La sua fama nasce infatti da ciò che si trova oltre la navata principale: una cappella interamente decorata con ossa umane, organizzate in motivi geometrici e figure complesse, un ossario unico in città.

L’ambiente resta silenzioso e raccolto, e la precisione con cui le ossa sono disposte colpisce più di qualsiasi decorazione tradizionale. È un luogo segreto nel centro della metropoli, sorprendente per chi lo scopre e capace di lasciare una sensazione di quasi inquietudine che persiste ben oltre l’uscita.

La storia di San Bernardino alle Ossa

Tutto iniziò a metà del XIII secolo, quando i religiosi dell’ospedale del Brolo si trovarono a corto di spazio nel piccolo cimitero dello stesso istituto. Serviva un posto nuovo in cui raccogliere i resti dei defunti senza disperdere nulla e continuare a celebrare messe per chi lavorava o era malato. Fu così che venne costruita una chiesa dalla struttura semplice, con una sola navata, travi di legno e muri di mattoni, proprio come si faceva allora. Accanto ad essa, si decise di erigere anche un particolare ossario.

Secoli dopo, nel 1679, venne effettuato un restauro significativo della struttura. La ricostruzione rafforzò muri e travi, portando anche un totale rinnovamento e ampliamento della cappella dell’ossario. Le ossa del cimitero furono quindi sistemate sulle pareti in schemi geometrici, così tanto precisi da sembrare studiati come decorazioni. Da quel momento in poi, il luogo prese il nome di San Bernardino alle Ossa, cominciando a diventare quello che è ancora oggi: un edificio religioso raccolto, ordinato, e con un segreto che lascia senza parole quando lo si scopre.

La navata e gli interni principali del santuario

La navata principale del Santuario di San Bernardino alle Ossa è raccolta ma incredibilmente ricca di dettagli. Stucchi barocchi del Settecento corrono lungo le pareti, incorniciando piccoli dipinti votivi. Nelle nicchie si trovano statue di santi, tra cui San Francesco di Paola e Sant’Antonio da Padova, entrambe del XVIII secolo. Sopra l’altare maggiore, un affresco attribuito a Francesco Monti ritrae scene della vita di San Bernardino, con colori sbiaditi dal tempo ma ancora intensi nei panneggi e nei volti.

Il pavimento in marmo chiaro riflette la luce che entra dalle finestre alte, creando fasci netti che illuminano i dettagli dei capitelli e dei candelabri in ferro battuto del XVII secolo, segnati dalla ruggine e dal contatto con le mani di chi ha attraversato la chiesa nei secoli. L’aria ha odore di cera, legno e pietra antica, e il silenzio è interrotto solo dai passi dei fedeli. I rilievi vegetali delle colonne, le cornici dei quadri e i piccoli intarsi mostrano crepe, tracce del tempo e di manutenzione, e il contrasto tra la luce e le zone d’ombra mette in scena un senso di profondità e mistero, come se il posto trattenesse i segreti dei secoli passati.

La cappella dell’ossario di San Bernardino alle Ossa

Una porta laterale si apre su uno spazio raccolto e straniante. Il visitatore alza lo sguardo e nota enormi pareti interamente ricoperte di ossa, teschi e tibie, tutte sistemate con una precisione quasi ossessiva. Il ritmo delle ossa, infatti, non è casuale: qualsiasi elemento sembra scelto e posizionato per un motivo preciso, e insieme formano un disegno che somiglia più a un’architettura che a un ossario.

Nessun’altra chiesa di Milano ha qualcosa di simile, al punto che la stanza pare quasi respirare con una calma propria, indipendente dal resto della città. La luce che entra da una finestra alta taglia fasci stretti sulle pareti, illuminando alcuni teschi mentre altri restano in penombra, creando contrasti che disturbano lo sguardo e invitano a fermarsi.

Il pavimento scricchiola sotto i passi, i muri sembrano vibrare leggermente se ci si muove vicino, e le ossa emanano una fredda concretezza anche se non si possono toccare. Lo spazio è stretto, e quando si cammina tra le pareti aumenta la sensazione di essere circondati: le forme perfette dei teschi, le simmetrie delle tibie, la profondità delle ombre, tutto concorre a creare un senso di tensione silenziosa.

Cappella dell’ossario, San Bernardino alle Ossa

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Un angolo della cappella dell’ossario

Curiosità e aneddoti

Nei registri del Settecento i confratelli annotavano ogni spostamento dei resti e i piccoli lavori di manutenzione. Sfogliandoli, infatti, si percepisce ancora oggi quanto la vita intorno alla chiesa fosse fatta di gesti ripetuti e attenzione ai dettagli. Artisti e architetti passavano spesso da qui per osservare le geometrie delle ossa, segnando appunti su motivi e schemi, e tra le pagine dei documenti compaiono nomi di nobili milanesi che si fermavano a pregare o a curiosare tra le navate.

Durante le epidemie, la cappella dell’ossario serviva per conservare temporaneamente i resti, e si racconta che qualcuno, restando da solo nella navata, abbia percepito passi silenziosi o rumori leggeri che si diffondevano tra le pareti.

C’è poi una curiosa leggenda che narra che ogni 2 novembre, giorno dei Morti, una bambina le cui ossa riposano vicino all’altare torna in vita e trascina gli altri scheletri in una danza macabra. Non è chiaro chi abbia inventato questa storia, ma la domanda resta: chi avrebbe il coraggio di entrare qui proprio quel giorno?

Tutto ciò ha contribuito a costruire la singolarità di San Bernardino alle Ossa: un luogo che resta quasi nascosto tra le vie della città, ma che porta con sé centinaia di anni di storie, gesti e curiosità.

Come visitarla oggi

San Bernardino alle Ossa si trova in Piazza Santo Stefano, a pochi passi dal Duomo di Milano, nascosta tra le vie del centro. L’accesso è semplice: dalla metropolitana si scende alla fermata Duomo (linee M1 e M3), oppure si può arrivare con i tram 12, 15, 23 e 27, camminando qualche minuto tra le strade storiche del capoluogo lombardo.

Gli orari di apertura vanno, generalmente, dal lunedì al venerdì dalle 8:00 alle 18:00, il sabato dalle 9:30 alle 18:00 e la domenica dalle 9:30 alle 12:00. L’ossario è visitabile negli stessi momenti, tranne la domenica perché resta chiuso. L’ingresso è gratuito, ma essendo un luogo di culto ogni movimento va fatto con rispetto: la quiete e l’ordine consentono di osservare meglio le pareti, le opere e gli affreschi senza distrazioni.

Per chi vuole scoprire la storia più nel dettaglio, esistono tour guidati che durano circa 90 minuti. Chi sceglie questa opzione, però, deve assolutamente ricordarsi di effettuare una prenotazione.

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Roma, cosa vedere vicino alla Stazione Termini in un’ora

La Stazione Termini di Roma è ormai un luogo simbolo della Capitale: crocevia di incontri e di strade che – come si suol dire – portano tutte alla città, è spesso sia punto di partenza che meta di arrivo. È, difatti, la stazione ferroviaria più grande e importante d’Italia (vanta ben 32 binari) ed è la quinta in Europa, con un volume di traffico pari a circa 150 milioni di passeggeri all’anno. Se vi trovate a Roma quasi sicuramente vi capiterà di sostare per un po’ di tempo nelle sue aree: che siate diretti agli aeroporti della Capitale o nel suo centro storico, tutto passa dall’interno e dall’esterno – la maestosa e da poco rinnovata Piazza dei Cinquecento – della storica Stazione Termini.

E se è facile perdersi tra binari e negozi, è pur vero che talvolta la Stazione rappresenta più croce che delizia: le attese possono essere lunghe e stressanti così come la mancanza di intrattenimento. Lo sanno bene i pellegrini che – per il Giubileo 2025 – hanno riempito Roma e i suoi luoghi di passaggio. Abbiamo dunque pensato di consigliarvi delle alternative, nel caso in cui vi troviate a dover passare qualche ora nella Stazione. Cosa vedere in poco tempo a pochi passi da Termini? Eccovi cinque proposte.

Stazione Roma Termini

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La Stazione di Roma Termini

Le Terme di Diocleziano

A pochi passi dalla Stazione Termini si trova uno dei complessi museali più affascinanti e incredibili relativi all’Antica Roma: le Terme di Diocleziano. Quando parliamo di pochi passi, intendiamo realmente che – in appena 4 minuti dalla stazione – potete ammirare questo Museo, ed è il primo consiglio che vi diamo sulle attività da fare intorno ai binari della ferrovia. Tenete presente che le Terme sono visitabili dal martedì alla domenica dalle 9.30 alle 19 con ultimo ingresso nella biglietteria alle 18.

Questo complesso termale fu costruito a partire dal 298 dall’Imperatore Massimiliano e inaugurato ufficialmente nel 306. Altro dato interessante è che, nel 1889, il Regno d’Italia scelse le Terme come prima sede del Museo Nazionale Romano che comprende altre tre sedi espositive (Palazzo Massimo, Palazzo Altemps e Crypta Balbi).

Tornando alle Thermae Diocletianae, esse si estendono per 13 ettari tanto che – ai tempi dell’antica Roma – erano in grado di contenere circa 3000 persone contemporaneamente. Il frigidarium è ancora riconoscibile nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, mentre l’Aula Ottagona ospita oggi il Museo dell’Arte Salvata. Un Museo che val bene una visita (compresa nel biglietto d’ingresso): istituito nel 2022, questo spazio accoglie infatti ed espone opere d’arte sopravvissute a calamità naturali o a guerre e furti. Le mostre sono temporanee e a rotazione.

La Basilica di Santa Maria Maggiore

Appena 5 minuti di passeggiata separano la Stazione Termini da una delle quattro Basiliche Papali e dalla sua Porta Santa: la Basilica di Santa Maria Maggiore si trova infatti a una manciata di metri dal polo ferroviario (circa 350).

È la sola basilica di Roma ad aver conservato la primitiva struttura paleocristiana e – non a caso – è considerata la Betlemme dell’Occidente. Costruita tra il 352 e il 366 sotto il pontificato di Liberio, fu poi ristrutturata da Papa Sisto tra il 432 e il 440. Una vera e propria testimonianza storica oltre che religiosa: al suo interno, tra le altre meraviglie, potrete ammirare la Salus Populi Romani, la più importante icona mariana (che viene attribuita a San Luca, evangelista e patrono dei pittori). È ormai noto che fosse la Basilica favorita di Papa Francesco, che si recava spesso a pregare nella Chiesa e che ha scelto di essere sepolto proprio tra le sue mura, contravvenendo – come sua abitudine – alle convenzioni ecclesiastiche.

C’è anche una leggenda legata a questa Basilica, dedicata da Papa Sisto III alla Madonna. Si narra infatti che la Vergine Maria apparve in sogno a Papa Liberio dicendogli che gli avrebbe indicato il luogo esatto in cui erigere una basilica. Il 5 agosto seguente – sorprendentemente – sull’Esquilino cadde un’incredibile nevicata: per Liberio segno incontrovertibile che la Madonna gli segnalasse in questo modo il posto dove costruire. Per questo motivo ogni anno, il 5 agosto, nella Basilica viene rievocato il miracolo della nevicata. Più materialmente e poeticamente, cadono petali bianchi sulle teste dei credenti.

Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma

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Interno della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma

Una passeggiata fino alla Fontana delle Naiadi

Se non avete voglia di chiudervi in qualche Museo o struttura, ma il tempo lo permette e volete godervi piuttosto l’aria della Capitale, da Termini potete dirigervi verso Piazza della Repubblica. In appena pochi metri di strada potrete così ammirare una serie di monumenti, fontane, resti del passato. Su Piazza dei Cinquecento, fermatevi innanzi tutto a guardare il monumento a Giovanni Paolo II, scultura realizzata da Oliviero Rainaldi e inaugurata nel 2011.

Poco dopo – sempre dirigendovi verso Piazza della Repubblica – passerete invece accanto al Monumento ai Caduti di Dogali, dedicato ai caduti della battaglia di Dogali, in viale Luigi Einaudi. Risale al 1887 ed è opera dell’architetto Francesco Azzurri. Superato il Monumento siete ormai a Piazza della Repubblica, al centro della quale campeggia la Fontana delle Naiadi, costruita tra il 1870 e il 1914 da Mario Rutelli e Alessandro Guerrieri.

Potete anche cogliere l’occasione per visitare la sopra citata Basilica di Santa Maria degli Angeli. Tante meraviglie vi aspettano dentro la Basilica, ma vi basti sapere che nel 1562 fu Michelangelo Buonarroti a sistemare il frigidarium delle Terme di Diocleziano, per volere di papa Pio IV. Risalgono invece al XVIII secolo i lavori di Luigi Vanvitelli, che di fatto ridecorò gli interni cancellando il lavoro di Michelangelo.

La Fontana delle Naiadi a Roma

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Restaurata la Fontana delle Naiadi a Roma: tornata all’antico splendore dopo quasi un anno di lavoro

Il Mercato Centrale

Un’altra alternativa, se avete del tempo da impiegare dentro la Stazione, è quella di godersi semplicemente Termini. Da poco restaurata sia internamente che esternamente, la struttura ospita infatti un vero centro commerciale su diversi piani. E – in una delle sue aree – si aprono le porte del Mercato Centrale Roma.

Il Mercato occupa gli spazi dell’ex dopolavoro ferroviario ed è stato inaugurato nel 2016: stand gastronomici, tavoli, caffetterie qui si rincorrono uno dopo l’altro permettendovi di passeggiare assaggiando sushi, pasta e soprattutto tantissimi prodotti locali. Dai trapizzini ai primi piatti tipici della tradizione romana (carbonara, cacio e pepe e così via), qui troverete tutto ciò che rende la cucina italiana ciò che è oggi: cultura, convivialità e comunità. Se non avete la pretesa di ammirare le bellezze storiche di Roma, un giro per la stazione Termini – tra cibo e shopping – non vi annoierà. Al contrario, troverete gusto e specialità.

L’Acquario romano e la Porta Magica

Sempre all’aria aperta e con una breve passeggiata potete invece raggiungere l’area appena fuori Termini che corrisponde a Piazza Vittorio Emanuele: anche qui vi aspettano monumenti e curiosità storiche, a pochi metri dalla stazione. In appena due minuti, uscendo da Via Giolitti, raggiungerete infatti innanzi tutto l’Acquario Romano. Si trova in Piazza Manfredo Fanti 47 e l’ingresso è gratuito, quindi val bene una visita. Oggi sede della Casa dell’Architettura, fu edificato alla fine dell’Ottocento come stabilimento di piscicoltura. Le sue trasformazioni nel tempo lo hanno visto poi diventare teatro, cinema, circo, sede del Teatro dell’Opera di Roma. Nel suo giardino – come se non bastasse – restano visibili resti romani che uniscono il passato al presente.

Ora, in appena 5 minuti di cammino, potete arrivare fino alla celebre Porta Magica. Nota anche come Porta Alchemica, Porta Ermetica o Porta dei Cieli, questa struttura (o meglio ciò che ne rimane) è considerata un luogo esoterico, uno dei pochi rimasti in piedi nel mondo. La porta fu costruita tra il 1655 e il 1681 da Massimiliano Savelli Palombara – marchese di Pietraforte – a Villa Palombara, allora sua residenza. Si pensa che il Marchese fece in realtà edificare cinque porte, di cui quella Magica è l’unica sopravvisuta. Tra incisioni e caratteri incomprensibili, potete perdervi ammirando questa testimonianza di un passato ricco di intrighi e di alchimia.

porta alchemica piazza vittorio

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La chiesa di Kiruna, in Svezia, parte per un viaggio storico attraverso la città

Nel cuore del nord estremo della Svezia, dove il cielo artico incontra le miniere di ferro più grandi del mondo, un’intera città si sta reinventando. A Kiruna, 145 chilometri oltre il Circolo Polare Artico, la storia scende a compromessi con le esigenze del presente: qui, una chiesa di legno rosso, considerata una delle più belle del Paese, sta affrontando un viaggio senza precedenti.

Sollevata da giganteschi rimorchi e trasportata lentamente per 5 chilometri, tra il 19 e il 20 agosto 2025, l’edificio simbolo della comunità verrà ricollocato per sfuggire ai cedimenti del terreno causati da oltre un secolo di estrazioni minerarie. Non è solo un trasloco architettonico, ma uno dei momenti più importanti di una migrazione urbana che cambierà il volto di Kiruna. Così memorabile da vedere la partecipazione non solo degli abitanti e della tv, ma anche del re, Carlo XVI Gustavo di Svezia.

Il viaggio della chiesa in Svezia è iniziato all’alba

Il trasferimento della storica chiesa di Kiruna, in Svezia, è cominciato il 19 agosto 2025 all’alba con grande solennità: prima che si mettessero in moto, la vicaria Lena Tjärnberg e il vescovo Åsa Nyström della diocesi di Luleå hanno guidato una breve cerimonia di benedizione. Subito dopo, con un rombo sommesso, i rimorchi motorizzati hanno iniziato a muoversi e la massiccia struttura di legno rosso, sollevata da travi d’acciaio e sostenuta da semoventi modulari, ha cominciato il suo lento cammino.

Attorno, una folla immensa, tenuta a distanza di sicurezza da apposite barriere, si era radunata lungo le strade per assistere all’evento che ha toccato emotivamente la collettività. Non si tratta infatti di un semplice trasloco: invece di smontare l’edificio, gli ingegneri hanno scelto di spostarlo interamente, proteggendo i suoi tesori interni come la pala d’altare realizzata dal principe Eugen e l’organo con le sue mille canne, coperti e stabilizzati per resistere al viaggio.

Come hanno ricordato gli abitanti: “Questa chiesa è stata per generazioni un centro spirituale e un luogo di ritrovo per la comunità. Il suo spostamento riporta alla memoria gioie e dolori ed è come se portassimo con noi quei ricordi verso il futuro”.

Folla raccolta attorno alla chiesa di Kiruna

Ezio Cairoli

La folla raccolta attorno alla chiesa di Kiruna attende per il suo spostamento

Il futuro di Kiruna

Progettata dall’architetto svedese Gustaf Wickman, la chiesa fu votata nel 2001 come il più bel monumento mai costruito prima del 1950, e non è l’unico a essere stato spostato. Se a partire dal 2010, altri edifici di Kiruna furono demoliti e ricostruiti in aree più sicure, altri furono spostati intatti. Tra questi vi sono gli edifici di Hjalmar Lundbohmsgården, come la cosiddetta “fila gialla” di tre vecchie case di legno e l’ex abitazione del direttore minerario Hjalmar Lundbohm, che fu divisa in tre parti. Anche la torre dell’orologio sul tetto del vecchio municipio è stata spostata e posizionata accanto al nuovo municipio.

Questo perché, in base alla legge svedese, l’attività mineraria non può aver luogo al di sotto degli edifici. Robert Ylitalo, amministratore delegato della società di sviluppo di Kiruna, ha spiegato: “Non c’è il rischio che le persone cadano dentro le crepe. Ma le fessure finirebbero per danneggiare le forniture di acqua, elettricità e fognature. Le persone devono trasferirsi prima che l’infrastruttura ceda.”

Se tutto va secondo i piani, la chiesa raggiungerà la sua nuova sede in centro entro mercoledì sera.

Trasferimento della chiesa di Kiruna

Ezio Cairoli

Il trasferimento della chiesa di Kiruna con semoventi circolari
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Santi Pietro e Paolo, cosa fare a Roma il 29 giugno

Il 29 giugno 2025 non è una domenica qualunque nella Capitale, che sta vivendo i mesi più intensi del calendario giubilare. In questo giorno, infatti, la città di Roma si ferma per onorare i suoi patroni, i Santi Pietro e Paolo, figure che hanno segnato la storia cristiana e l’identità della Città Eterna. In questo anno, dunque, la festa assume un sapore ancora più speciale, intrecciando spiritualità, tradizioni secolari e un’agenda ricca di appuntamenti per tutti.

La Basilica di San Pietro e San Paolo fuori le Mura diventano il cuore delle celebrazioni, ma l’intera città si anima di riti e tradizioni che raccontano una storia di fede universale. Tra celebrazioni liturgiche, spettacoli pirotecnici e iniziative culturali, Roma infatti si trasforma in un palcoscenico di fede e bellezza. Ecco una guida completa su cosa fare e come muoversi per vivere al meglio la festa che apre ufficialmente l’estate romana. Ma prima scopriamo l’origine della Festa dei Santi Pietro e Paolo proprio il 29 giugno.

Una festa millenaria: Pietro e Paolo, pilastri di Roma

San Pietro – pescatore di Galilea scelto da Gesù come primo Papa – e San Paolo – apostolo delle genti – sono i patroni di Roma. La loro festa, il 29 giugno, sostituisce antiche celebrazioni pagane, come quelle per Romolo e Remo, e rappresenta un momento di unione per romani e pellegrini.  Ogni 29 giugno, infatti, la capitale celebra i due santi che, diversi per origine, affrontarono lo stesso destino, ovvero il martirio sotto Nerone – Pietro fu crocifisso a testa in giù nel 64 d.C. mentre Paolo venne decapitato alle Tre Fontane nel 67.

Definiti “colonne della Chiesa” da papa Leone Magno nel V secolo,  San Pietro e San Paolo diffusero il Vangelo a Roma, dando vita di fatto a una stagione della sua storia. Da qui, la scelta simbolica della data a sostituire l’antica festa di Quirino per Romolo e Remo, simbolo del passaggio dal paganesimo alla cristianità. Celebrata, a quanto si apprende da testimonianze e documenti conservati, sin dal 258 d.C., la Festa dei Santi Pietro e Paolo unisce ancora oggi riti e tradizioni le cui radici sono lontane nel tempo.

E si parte già la sera del 28, quando la statua di San Pietro in Vaticano viene adornata con piviale rosso, tiara e anello, mentre ai vespri si benedicono i pallii, simbolo di unità ecclesiale. Il 29, invece, si può assistere alla solenne processione delle Catene che, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, espone la catena di San Paolo, reliquia di 14 anelli. Mentre la cupola di San Pietro s’illumina di fiaccole e Castel Sant’Angelo esplode in fuochi d’artificio.

Gli eventi principali del 29 giugno 2025

Fede, cultura e tradizione sono alla base delle proposte in calendario per la Festa del 29 giugno a Roma. Dalla mattina alla sera, scopriamo cosa ha in serbo la città per i suoi santi patroni.

Messa solenne al Pantheon

Dopo la veglia di preghiera in San Pietro nella serata del 28 giugno, la domenica può cominciare con la Messa solenne delle 10,30 presso la Basilica di Santa Maria ad Martyres (Pantheon),celebrazione accompagnata dai cori della Basilica e Salvo D’Acquisto. Definito da Stendhal “il più bel resto dell’antichità romana”, il Pantheon crea un’atmosfera unica per questa celebrazione, aperta a fedeli e visitatori. Il consiglio è di arrivare presto per assicurarsi un posto e ammirare l’oculus che illumina l’antico tempio.

Oculo del Pantheon

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Il Pantheon ospita la Messa solenne domenica 29 giugno per la Festa dei Santi Pietro e Paolo

Infiorata Storica

Un’esplosione di colori accende Piazza Pio XII e Via della Conciliazione con l’Infiorata Storica, organizzata dalla Pro Loco di Roma Capitale.  Ogni 29 giugno, il cuore di Roma diventa un profumatissimo museo a cielo aperto con un mosaico di petali che omaggiano i patroni Pietro e Paolo grazie a una tradizione nata nel 1625 nella Basilica Vaticana in occasione del Corpus Domini. A ideare l’Infiorata fu un fiorista, Benedetto Drei, al tempo del pontificato di Papa Urbano VIII.

Dopo la sua morte, Gian Lorenzo Bernini ne fece un simbolo delle feste barocche, diffondendola nei Castelli Romani e oltre. Scomparsa per secoli, oggi rivive grazie appunto alla Pro Loco e agli infioratori che con maestria creano complessi mosaici usando solo materiali naturali.  Polveri di marmo o juta, ma anche sabbia, sale, cortecce e polvere vulcanica fanno da base per rose, garofani, margherite. Le composizioni, diverse ogni anno, raffigurano Madonne, scene bibliche o simboli di speranza, in un dialogo tra natura e spiritualità.

Le opere sacre coprono 600 m², celebrando il Papa e i patroni, con lavori iniziano già la sera del 28, offrendo la possibilità di osservare gli artisti all’opera. Una volta completate, queste creazioni sono un vero spettacolo per gli occhi, perfetto per una passeggiata verso San Pietro sotto il cielo estivo della Città Eterna.

Quo Vadis, la camminata del pellegrino

Per chi ama camminare e vivere la città con ritmi più pacati, cogliendo l’occasione per meditare e pregare, c’è  il cammino Quo Vadis, promosso dai Vicariati di Roma e del Vaticano con Roma Capitale. Due le vie proposte, con lunghezza differente: La Via di Pietro (punto di partenza è la Basilica di Santa Pudenziana, dura circa 1 ora e 37 minuti per 7,1 Km di percorso) e La Via di Paolo (parte dalla Basilica di San Sebastiano e l’itinerario compre circa 13,6 Km per un totale di 3 ore e 10 minuti). Entrambi i percorsi toccano luoghi legati ai due apostoli, quali San Sebastiano fuori le Mura, Santa Prisca e il Carcere Mamertino.

In entrambi i casi, l’arrivo è fissato in Piazza San Pietro, di fronte all’ obelisco dove San Pietro fu crocifisso. Qui, ogni partecipante riceverà la ‘pietruzza’ benedetta dal Papa. Come chiarisce il sito ufficiale, la partecipazione è gratuita e libera per tutti, non organizzata con la possibilità di variare gli itinerari urbani. Attenzione, comunque, alle strade suggerite: queste, infatti, sono aperte al traffico e quindi i percorsi non sono protetti.

Girandola di Castel Sant’Angelo

Castel Sant'Angelo e la Girandola

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La Girandola di Castel Sant’Angelo chiude la Festa dei Santi Pietro e Paolo

E la sera del 29 giugno va in scena una delle tradizioni più suggestive. Alle 20:30, il cielo sopra Castel Sant’Angelo si accende con la Girandola, uno spettacolo pirotecnico che risale alla volontà di papa Sisto IV nel 1481, attribuito nientemeno che a Michelangelo. Interrotto nell’Ottocento per danni al castello, dal 2008 l’appuntamento è tornato grazie alla ricostruzione filologica di Giuseppe Passeri e del Gruppo IX Invicta, curata dalla Direzione Musei Statali di Roma.

I fuochi, visibili da Lungotevere Tor di Nona e dai ponti Vittorio Emanuele II, Sant’Angelo e Umberto I, sono un momento di festa per romani e turisti il cui inizio è previsto per le 21:30 (durata circa 20 minuti). Attenzione, dalle 19:30 il Lungotevere sarà chiuso al traffico e chi preferisce evitare la folla, il Gianicolo offre una vista panoramica.

Viabilità e trasporti: come muoversi il 29 giugno

La festa patronale porta modifiche significative alla viabilità e ai trasporti, come riportato da Roma Mobilità e ATAC. Ecco cosa sapere per muoversi senza intoppi.

Chiusure stradali

Via Veneto: possibile chiusura tra largo Fellini e via Boncompagni la mattina presto (fino alle 7) per lo smontaggio di strutture legate a un evento in calendario sabato 28 giugno.

Via Ostiense: Chiusa al traffico dalle 11:00 del 28 giugno con una coda sino a lunedì 30, tra Viale Giustiniano Imperatore e Via Giulio Rocco, per le celebrazioni a San Paolo fuori le Mura.

Castel Sant’Angelo / Lungotevere: divieto di transito dalle 19:30 del 29 giugno, chiuso tra Ponte Vittorio Emanuele II e Ponte Umberto per la Girandola. Il traffico viene deviato lungo la direttrice di corso Vittorio Emanuele II sulla riva sinistra del fiume e lungo la direttrice Porta Castello/Traspontina (fonte: Roma Mobilità). Sono possibili ulteriori chiusure in base alle esigenze del traffico.
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Via dei Fori Imperiali: pedonale il 28 e 29 giugno, come ogni ultimo fine settimana del mese Pedonale

Piazza dei Cinquecento: divieto di transito sulla corsia lato Stazione Termini (da via Gioberti a via Cavour) per i lavori per la riqualificazione urbana.

Circo Massimo: chiusura dell’area al traffico veicolare per il concerto di Achille Lauro in programma. In particolare, dalle 17:00 del 29 giugno divieto di transito in via dei Cerchi tra ⁠Piazza di Porta Capena e Via di S. Teodoro. Dalle 20:00 (eccetto autorizzati) in via del Circo Massimo, Piazzale Ugo La Malfa, Via dell’Ara Massima di Ercole. Dalle 21:00 (eccetto autorizzati) anche in Via della Greca, via delle Terme Deciane e via dell’Ara di Conso. Dalle 21 sospensione della corsia riservata al trasporto pubblico locale in via di Santa Maria in Cosmedin.

Via delle Baleniere: chiusura al transito per un’iniziativa con deviazione delle linee 04, C4 e C13.

Trasporto pubblico

Il 29 giugno, il trasporto pubblico segue l’orario festivo. Le linee metropolitane A, B, B1 e C sono in servizio fino alle 23:30, con bus notturni sostitutivi dopo la chiusura.  ATAC segnala che per consentire Rievocazione Storica della Girandola di Michelangelo presso Castel Sant’Angelo, dalle ore 19.30 a fine servizio deviamo le linee 23, 30, 34, 40, 46, 62, 64, 98, 115, 280, 870, 881 e 916F. La linea 190F è limitata alla stazione San Pietro e non raggiunge, quindi, piazza Venezia.

Inoltre, per la pedonalizzazione di via dei Fori Imperiali, per tutto il weekend, deviano le linee 51, 75, 85, 87 e 118.

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Cammino di Santa Giulia: itinerario e luoghi imperdibili

Il Cammino di Santa Giulia è un itinerario a cavallo tra spiritualità, storia e natura, che attraversa tre regioni italiane – Toscana, Emilia-Romagna e Lombardia – toccando chiese, pievi e luoghi sacri legati alla devozione verso Santa Giulia. In alcune tappe, si custodiscono persino le reliquie della Santa, rendendo il percorso ancora più suggestivo.

Ma questo cammino non è riservato soltanto ai pellegrini: è una proposta affascinante anche per chi desidera rallentare, camminare in silenzio tra paesaggi autentici e ritrovare un contatto più profondo con la bellezza del territorio italiano.

La storia del Cammino di Santa Giulia

La nascita del Cammino di Santa Giulia affonda le radici nel lontano 762 d.C., quando i sovrani longobardi Desiderio e Ansa decisero di traslare le spoglie della Santa da Livorno a Brescia. Un gesto simbolico, che trasformò quell’antico tragitto in un percorso devozionale e culturale, ancora oggi capace di legare territori lontani tra loro. Il cammino ricalca proprio questa storica migrazione delle reliquie, seguendo le orme di un pellegrinaggio medievale che attraversa città, valli e monti.

Oltre alla dimensione storica, il percorso è scandito da numerose chiese e pievi dedicate alla Santa, molte delle quali rappresentano autentici gioielli architettonici. A Livorno, dove la venerazione per Giulia è ancora sentita, l’Associazione Il Cammino di S. Giulia – riconosciuta dall’Arciconfraternita del SS. Sacramento e di S. Giulia – mantiene viva la memoria della patrona anche attraverso un piccolo museo. Questo cammino è quindi anche un viaggio nel tempo, che intreccia spiritualità, arte e cultura, offrendo una visione profonda del Medioevo italiano.

Le tappe del cammino

Il Cammino di Santa Giulia si sviluppa lungo circa 470 km, distribuiti su 25 tappe che attraversano tre regioni italiane: Toscana, Emilia-Romagna e Lombardia. È un itinerario che unisce paesaggi naturali e testimonianze storiche, alternando tratti montani e collinari a percorsi più pianeggianti. Di seguito, l’elenco delle tappe principali con indicazioni tecniche e qualche nota utile per chi si mette in cammino:

  • Tappa 1 – da Livorno a Parrana San Martino (23 km, 711 D+, 6h): il cammino prende avvio dalla costa toscana, attraversando dolci colline panoramiche che offrono vedute suggestive sul mare e sull’entroterra.
  • Tappa 2 – da Parrana San Martino a Siberia (23 km, 517 D+, 6h): si attraversa la campagna pisana tra borghi e sentieri collinari, in un paesaggio rurale tranquillo e ben conservato.
  • Tappa 3 – da Siberia Crespina a Caprona (24 km, 119 D+, 5h): tappa prevalentemente campestre, tocca la Pieve di Santa Giulia a Caprona, uno dei luoghi simbolo del cammino.
  • Tappa 4 – da Caprona e Calci a Vicopisano (16 km, 663 D+, 5h): un tratto impegnativo che sale sui Monti Pisani, con splendidi scorci sulla Rocca della Verruca e sulle valli sottostanti.
  • Tappa 5 – variante da Caprona a Vicopisano (11 km, 140 D+, 3h): percorso più semplice e pianeggiante, ideale per chi cerca una deviazione meno faticosa ma comunque panoramica.
  • Tappa 6 – da Vicopisano a Buti (9 km, 357 D+, 3h): breve ma intensa, la tappa sale dalla piana fino al borgo di Buti, attraversando boschi e pendii che richiedono un po’ di allenamento.
  • Tappa 7 – da Buti a Lucca (24,5 km, 823 D+, 7h): una lunga attraversata dei Monti Pisani, con ampie vedute panoramiche e arrivo nella storica città di Lucca, ricca di arte e architettura.
  • Tappa 8 – da Lucca all’Altopiano delle Pizzorne (21 km, 1065 D+, 6h): una delle tappe più impegnative, in salita costante verso l’altopiano, con ambienti montani e boschi fitti.
  • Tappa 9 – dall’Altopiano delle Pizzorne a Bagni Caldi di Lucca (15 km, 480 D+, 5h): discesa panoramica lungo la valle del fiume Lima, con arrivo nella località termale di Bagni Caldi.
  • Tappa 10 – variante dall’Altopiano delle Pizzorne a Corsagna (11 km, 358 D+, 4h): alternativa di collegamento collinare verso Corsagna, adatta a chi preferisce un percorso più tranquillo.
  • Tappa 11 – variante da Fornoli a Pieve Monti di Villa (4 km, 474 D+, 2h): breve ma ripida, collega il fondo valle al cammino principale, utile per chi arriva da percorsi alternativi o da Fornoli.
  • Tappa 12 – da Bagni Caldi a Rifugio La Caserma Casentini (16 km, 1591 D+, 7h): tappa lunga e selvaggia, immersa nella natura montana, con forti dislivelli e panorami spettacolari sull’Appennino.
  • Tappa 13 – variante da Ponte a Gaio al Rifugio Santi (15 km, 1414 D+, 6h): itinerario carrozzabile adatto anche a cavalli e mountain bike, ideale per chi cerca un’alternativa più ampia al sentiero di crinale.
  • Tappa 14 – dal Rifugio La Caserma Casentini a San Pellegrino in Alpe (20 km, 1375 D+, 7h): un classico percorso di crinale appenninico, molto scenografico, tra alture boscose e valli profonde.
  • Tappa 15 – variante dal Rifugio Santi a San Pellegrino in Alpe (14 km, 870 D+, 5h): percorso di mezza costa, adatto a escursionisti e cavalieri, offre un tragitto più protetto rispetto al crinale.
  • Tappa 16 – da San Pellegrino in Alpe a Barga (22,5 km, 620 D+, 6h): discesa progressiva dal crinale verso la valle del Serchio, tra ampi panorami, castagneti e borghi storici della Garfagnana.
  • Tappa 17 – variante da San Pellegrino in Alpe a Castelnuovo di Garfagnana (19 km, 828 D+, 6h): itinerario collinare in discesa attraverso boschi e paesi della media valle del Serchio, verso il cuore della Garfagnana.
  • Tappa 18 – da Barga a Castelnuovo di Garfagnana (15 km, 606 D+, 5h): percorso tra vallate verdeggianti e piccoli centri fortificati, con vista sulle Apuane e atmosfere rurali autentiche.
  • Tappa 19 – da Castelnuovo di Garfagnana a S. Viviano (15,5 km, 1131 D+, 6h): tappa montana impegnativa che risale verso l’eremo di S. Viviano, luogo di silenzio e spiritualità immerso nei boschi.
  • Tappa 20 – da S. Viviano a San Viano (21,5 km, 1126 D+, 7h): lungo crinale che segna il passaggio in Lunigiana, tra pascoli, faggete e panorami aperti sulla valle del Lucido.
  • Tappa 21 – da San Viano a Ugliancaldo (10 km, 616 D+, 4h): breve tratto in quota tra boschi e pascoli, ideale per godere del silenzio dell’Appennino e di una natura poco antropizzata.
  • Tappa 22 – da Ugliancaldo a Equi Terme (10,5 km, 487 D+, 4h): discesa panoramica verso la valle del Lucido, con arrivo alle celebri grotte e terme di Equi, perfette per un momento rigenerante.
  • Tappa 23 – da Equi Terme a Pieve di San Lorenzo (12 km, 472 D+, 4h): percorso tra borghi medievali e castelli della Lunigiana, in un fondovalle verde e ricco di testimonianze storiche.
  • Tappa 24 – da Pieve di San Lorenzo a Berceto (18,5 km, 1366 D+, 7h): tappa impegnativa che risale verso il crinale appenninico, segnando l’ingresso in Emilia tra faggete e sentieri antichi.
  • Tappa 25 – da Berceto a Cassio (16 km, 629 D+, 5h): ultimo tratto montano del cammino, tra le dolci colline parmensi e boschi secolari, verso i confini della pianura padana.

I luoghi da non perdere

Il Cammino di Santa Giulia è molto più di un itinerario escursionistico: è un viaggio nel cuore dell’Italia più autentica, punteggiato da città d’arte, borghi silenziosi e aree naturali di straordinaria bellezza. Tra i luoghi imperdibili spicca Lucca, con le sue mura rinascimentali perfettamente conservate, il Duomo di San Martino e le viuzze medievali che offrono un tuffo nella storia. Un altro gioiello è Castelnuovo di Garfagnana, centro vitale dell’omonima valle, circondato da fortificazioni e custode di tradizioni secolari.

In Toscana, il cammino attraversa anche località più piccole ma dense di fascino, come Buti, con il suo teatro ottocentesco incastonato tra le colline, e Vicopisano, dominato dalla Rocca del Brunelleschi. Salendo verso l’Appennino, si scoprono luoghi carichi di spiritualità come San Pellegrino in Alpe, antico ospizio di pellegrini posto sul crinale tra Toscana ed Emilia, e l’Eremo di San Viviano, immerso nei boschi della Garfagnana.

Sulla via emiliana, meritano una sosta Berceto, borgo di pietra con la sua Cattedrale romanica, e Rubiera, con il ponte medievale e la Pieve di San Faustino. Il cammino si chiude in bellezza a Brescia, dove il Museo di Santa Giulia – allestito nell’antico monastero omonimo – custodisce secoli di arte, archeologia e devozione, offrendo un epilogo degno di un viaggio tanto ricco e articolato.

Indicazioni e consigli per il viaggio

Il Cammino di Santa Giulia, con i suoi 470 km e 25 tappe, attraversa zone molto eterogenee: dalle colline toscane alle montagne dell’Appennino, fino alla pianura padana. Per questo è fondamentale partire ben preparati. Il periodo migliore per mettersi in cammino è la primavera (aprile-giugno) o l’inizio dell’autunno (settembre-ottobre): in estate molte tappe collinari e di pianura possono diventare troppo calde, mentre in inverno i tratti montani sono spesso innevati o fangosi.

Il percorso è lineare e si sviluppa da Livorno a Brescia; non sempre è segnalato in modo uniforme. In alcune aree si trovano i classici segni bianco-rossi del CAI, in altre i cartelli specifici con il logo rosso-blu del cammino, ma ci sono tratti in cui l’orientamento può risultare incerto: si consiglia di scaricare le tracce GPS ufficiali e portare con sé anche una mappa cartacea di emergenza.

Lungo il tragitto si trovano punti acqua in quasi ogni paese – fontanelle pubbliche o piccoli alimentari – ma in alcune tappe di montagna è essenziale partire con una buona scorta idrica. Anche l’alloggio può variare: si va da ospitalità parrocchiali ed ecclesiastiche, soprattutto nei borghi più piccoli, a B&B, agriturismi e ostelli nelle città più grandi. È consigliato prenotare con anticipo, specie nei periodi di alta affluenza.

Infine, è bene avere con sé un equipaggiamento modulabile: scarpe da trekking con buona aderenza, abbigliamento a strati, giacca impermeabile, coprizaino e un piccolo kit di primo soccorso. Nelle zone di pianura in estate, non dimenticare un repellente per zanzare. Il cammino non è adatto a chi cerca percorsi brevi o poco impegnativi: richiede resistenza, spirito di adattamento e voglia di scoperta.

Cosa mangiare lungo il cammino

Camminare per chilometri ogni giorno apre l’appetito, e il Cammino di Santa Giulia sa come deliziare i viandanti con sapori autentici e piatti della tradizione. In Toscana, si parte con la cucina livornese e il profumo intenso del cacciucco, per poi passare ai prodotti delle colline pisane, come l’olio extravergine, il pane sciapo e i formaggi pecorini. Nella Garfagnana, il cammino attraversa terre di castagne, farina dolce e piatti rustici: da provare i necci, farciti con ricotta, e i salumi artigianali come il biroldo.

Sconfinando in Emilia, ci si imbatte in una cucina opulenta e festosa. A Modena, il protagonista è il tortellino, ma non mancano il celebre aceto balsamico tradizionale, lo gnocco fritto e i salumi DOP. Più avanti, nelle terre della bassa reggiana e mantovana, è un tripudio di piatti poveri ma saporiti: tortelli di zucca, capunsei e mostarde di frutta.

Arrivando in Lombardia, il cammino si conclude in bellezza con i sapori bresciani: i casoncelli alla bresciana, la polenta taragna e un calice di Franciacorta sono il modo migliore per celebrare l’arrivo. Mangiare lungo il Cammino di Santa Giulia non è solo nutrirsi, ma anche immergersi nei ritmi delle stagioni, nei prodotti del territorio e nella convivialità delle tradizioni locali.

Credenziale, permessi e assicurazione

Per affrontare il Cammino di Santa Giulia in modo ufficiale e godere di tutti i vantaggi riservati ai pellegrini, è consigliato richiedere la credenziale del cammino, un documento personale che accompagna il viandante lungo tutte le tappe. La si può ritirare a Livorno, presso la sede dell’Associazione Il Cammino di S. Giulia, punto di riferimento per l’organizzazione e la promozione dell’itinerario. Con la credenziale viene rilasciata anche la tessera associativa, che consente l’accesso agevolato alle strutture convenzionate, come ostelli, foresterie, case parrocchiali e B&B.

L’iscrizione all’associazione non è obbligatoria per camminare, ma offre una copertura assicurativa completa, valida per tutto l’anno solare e su tutto il tracciato. Si tratta di una tutela preziosa in caso di infortuni o imprevisti lungo il percorso, soprattutto nei tratti montani o più isolati.

Durante il cammino, la credenziale può essere timbrata nelle chiese, negli alloggi e nei punti di accoglienza: oltre a rappresentare un ricordo simbolico del viaggio, serve anche come testimonianza dell’esperienza vissuta e può essere richiesta per ottenere l’attestato finale all’arrivo a Brescia.

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Omaggio a Papa Francesco: dove e quando visitare la salma

Papa Francesco è morto il 21 aprile 2025 e oggi, 23 aprile, è avvenuta la traslazione del feretro con una processione da Santa Marta alla Basilica di San Pietro. Questa ha percorso piazza Santa Marta, piazza dei Protomartiri Romani, l’Arco delle Campane, fino ad arrivare a Piazza San Pietro, entrando infine all’interno della basilica dalla porta centrale.

Qui è stata allestita la camera ardente che permetterà ai fedeli di rendere omaggio alle spoglie del Pontefice prima dei funerali. Questi sono in programma sabato 26 aprile dalle 10:00, sempre presso San Pietro, ai quali seguirà la sepoltura nella Basilica di Santa Maria Maggiore, dove Bergoglio ha espresso il desiderio di essere sepolto.

Quando visitare la salma di Papa Francesco

La salma di Papa Francesco potrà essere visitata dai fedeli a partire da oggi 23 aprile 2025 presso la Basilica di San Pietro, dopo la liturgia della Parola fatta dal cardinale camerlengo Kevin Farrell. Il feretro resterà aperto per tre giorni ed è possibile entrare per fargli visita a orari diversi: mercoledì 23 dalle 11:00 alle 24:00, giovedì 24 dalle 7:00 alle 24:00 e venerdì 25 dalle 7:00 alle 19:00.

Prima di arrivare a San Pietro, la salma del Papa si trovava a Santa Marta all’interno di una bara semplice in legno senza decorazioni: il Pontefice porta un rosario tra le mani, indossa la casula rossa, il pallio e la mitra bianca, segni della sua missione pastorale.

A rendergli omaggio sono stati i dipendenti vaticani con le famiglie, sacerdoti, suore, dirigenti di istituzioni legate al Vaticano e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella con la figlia Laura.

Come visitare la salma del Papa

Per visitare la salma di Papa Francesco a Roma è necessario rispettare alcune regole. Per entrare nella camera ardente, sia gli uomini che le donne devono indossare un abbigliamento decoroso, nel rispetto del luogo sacro in cui ci si trova, seguendo le stesse indicazioni valide per accedere a qualsiasi altro luogo religioso. Spalle e gambe vanno coperte, mentre non vanno indossate gonne corte, infradito, canottiere, top e pantaloncini.

Inoltre, all’ingresso del Colonnato di San Pietro, l’accesso avverrà, per ragioni di sicurezza, attraverso i controlli al metal detector.

Quando sono i funerali di Papa Francesco

I funerali di Papa Francesco si terranno sabato 26 aprile alle ore 10:00: a riferirlo è una nota della sala stampa della Santa Sede, nella quale si sottolinea che si svolgeranno sul sagrato della Basilica di San Pietro e che la cerimonia verrà presieduta da Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Giovanni Battista Re, Decano del Collegio Cardinalizio.

Dopo i funerali, le spoglie del Pontefice saranno portate nella Basilica di Santa Maria Maggiore per la tumulazione, come richiesto dallo stesso Bergoglio all’interno del suo testamento. Dopo ogni viaggio all’estero, si recava alla basilica per pregare davanti al dipinto in stile bizantino che raffigura un’immagine di Maria che tiene in braccio il bambino Gesù.

Nel mentre che i fedeli e leader mondiali piangono la sua morte, i porporati stanno cominciando a pianificare il conclave che, molto probabilmente, si terrà nel mese di maggio.

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La Basilica di Santa Maria Maggiore: l’eterna dimora di Papa Francesco

Da sedici secoli, la Basilica di Santa Maria Maggiore domina la città di Roma con la sua posizione sulla sommità del colle Esquilino. Una presenza importante per la Capitale non solo per la sua ubicazione, ma anche per la sua storia, per le leggende che l’avvolgono e per il ruolo che ricopre come custode dei corpi di sette Pontefici, tra i quali comparirà anche Papa Francesco, morto il 21 aprile 2025.

È una delle quattro basiliche papali di Roma, la sola ad aver conservato la primitiva struttura paleocristiana, sia pure arricchita da aggiunte successive. Inoltre, è il più grande e antico santuario del mondo occidentale dedicato a Maria Santissima e custodisce preziose reliquie mariane, tra cui un pezzo della mangiatoia dove fu deposto Gesù.

Rappresenta una meta di pellegrinaggio importante dato il suo riconoscimento papale, ma anche una tappa imperdibile per gli appassionati di storia, arte e architettura.

Le origini leggendarie della Basilica di Santa Maria Maggiore

La Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma affascina non solo per la sua bellezza, ma anche per le sue origini che uniscono realtà e leggenda. Secondo la tradizione, la basilica fu costruita seguendo le indicazioni della stessa Vergine Maria, apparsa in sogno al patrizio romano Giovanni e a Papa Liberio nel IV secolo. In base alla leggenda, la Madonna indicò che il luogo della costruzione sarebbe stato segnato da una miracolosa nevicata in pieno agosto, un evento che sarebbe stato definito “miracolo della neve”.

Ogni anno, il 5 agosto, viene rievocato con un’apposita celebrazione durante la quale, dalla sommità della basilica, vengono liberati in aria dei petali bianchi che riproducono l’effetto della neve.

La basilica fu eretta su richiesta del Papa, anche se il progetto fu successivamente ampliato e arricchito nel corso dei secoli dai pontefici successivi. Oggi, rappresenta l’esempio perfetto di come fede e architettura si sono fuse per creare un monumento di inestimabile valore storico e artistico, dove l’importanza religiosa come meta di pellegrinaggio si unisce ai preziosi mosaici e affreschi medievali contenuti al suo interno.

Gli interni della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma

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Gli interni della Basilica di Santa Maria Maggiore

Cosa vedere nella Basilica di Santa Maria Maggiore

La basilica colpisce subito dalla sua facciata, realizzata in occasione dell’Anno Santo 1750 dall’architetto fiorentino Ferdinando Fuga. Qui potete ammirare la Loggia delle Benedizioni, caratterizzata da uno slanciato motivo ad arco di trionfo che incornicia i mosaici di Filippo Rusuti, i quali mostrano Cristo in trono affiancato da diversi santi, nonché il miracolo della neve. Da notare il campanile che, con i suoi 75 metri, rappresenta il più alto di Roma.

È un’opera architettonica che attraversa diverse epoche, un aspetto che può essere osservato nei suoi incredibili interni, dove convivono opere medievali, come il mosaico della navata centrale, e paleocristiani, come i mosaici del V secolo situati nell’arco trionfale e nell’abside. Durante il Rinascimento e il Barocco, la basilica fu arricchita con l’aggiunta delle Cappelle (in totale sei), come la Cappella Sistina (da non confondersi con quella del Vaticano) e la Cappella Paolina.

Tra le reliquie più importanti custodite al suo interno ci sono la Sacra Culla, in riferimento alle cinque asticelle in legno di sicomoro parte della mangiatoia in cui è stato adagiato Gesù, l’icona mariana Salus Populi Romani e il presepe in marmo di Arnolfo di Cambio.

Chi è sepolto a Santa Maria Maggiore

Non tutti i Papi sono stati sepolti nelle grotte vaticane sotto la Basilica di San Pietro. All’interno della Basilica di Santa Maria Maggiore si trovano le spoglie di vari pontefici: Niccolò IV (1227-1292), primo Papa appartenente all’Ordine Francescano e il primo a essere sepolto a Santa Maria Maggiore; ‘il Papa inquisitore’ Pio V (1504-1572), il francescano Sisto V (1521- 1590), Paolo V (1552-1621), Clemente VIII (1536 – 1605), Clemente IX (1600-1669). Inoltre qui è sepolto, nella tomba di famiglia, il massimo artefice dell’età barocca, Gian Lorenzo Bernini.

Dopo i funerali, verrà sepolto qui anche Papa Francesco, che ha espresso nel suo testamento il desiderio di riposare all’interno della basilica, un luogo importante fin dal primo giorno della sua elezione. Come ha scritto lo stesso Bergoglio: “Desidero che il mio ultimo viaggio terreno si concluda proprio in questo antichissimo santuario Mariano dove mi recavo per la preghiera all’inizio e al termine di ogni viaggio apostolico ad affidare fiduciosamente le mie intenzioni alla Madre Immacolata e ringraziarla per la docile e materna cura”.

Come visitare la basilica: prezzi e orari

La basilica è aperta tutti i giorni dalle 7:00 alle 19:00 e si può entrare gratuitamente fino alle 18:30. Se volete visitare il Polo Museale Liberiano, invece, che comprende il Museo Storico Liberiano, la Loggia delle Benedizioni, la Sala dei Papi, la Scala del Bernini e gli Scavi Archeologici, dovrete acquistare un biglietto. Il polo è aperto da lunedì a sabato dalle 9:30 alle 18:00, con ultimo ingresso alle 17:30, e il biglietto costa 7,50 euro quello intero e 4,50 euro quello ridotto.

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Dove tutto ebbe inizio: viaggio nei luoghi d’infanzia di Papa Francesco

Papa Francesco, il primo Papa latino-americano, è morto all’età di 88 anni. Durante il suo papato durato 12 anni, Francesco è stato un fervente sostenitore dei poveri, degli emarginati e degli svantaggiati del mondo e un critico schietto dell’avidità aziendale e della disuguaglianza sociale ed economica. All’interno del Vaticano ha criticato l’eccesso e il privilegio, esortando i leader della Chiesa a mostrare umiltà.

Non a caso, fu il primo a scegliere il nome di Francesco, ispirandosi a San Francesco d’Assisi, simbolo di povertà, pace e amore, oltre a essere stato il primo Papa appartenente alla Compagnia di Gesù, l’ordine dei gesuiti famoso per la dedizione all’insegnamento, alla missione e all’impegno sociale

Un pensiero, quello di Papa Francesco, che aveva origini lontane e che va ricercato nei luoghi della sua infanzia. Luogo dopo luogo, avrete una visione d’insieme dei primi anni, dell’istruzione e dei momenti chiave ecclesiastici di Papa Francesco, che permette di conoscere il suo viaggio da giovane studente a guida della Chiesa cattolica.

Il quartiere Flores a Buenos Aires

Papa Francesco è nato a Buenos Aires il 17 dicembre 1936 da genitori italiani emigrati in Argentina nel 1928 da Portacomaro, in provincia di Asti: Mario Bergoglio, impiegato ferroviario di origini piemontesi, e Regina María Sivori, casalinga di origini liguri. Nel dettaglio, Jorge Maria Bergoglio nasce e cresce nel quartiere Flores, situato nella zona sud est della capitale argentina.

È un quartiere contraddistinto da una forte anima multietnica sviluppatosi nel corso del tempo attraverso le diverse ondate migratorie che hanno portato con sé lingue, culture e religioni diverse. Ed è proprio questo quartiere, che possiamo definire “globale”, che ha offerto a Bergoglio il contesto ideale in cui sviluppare quello che sarebbe stato il suo pensiero inclusivo e il suo sentimento ecumenico.

Papa Francesco ha più volte ricordato come, seppur emigrata, la sua famiglia non abbandonò mai le origini italiane che faceva sue soprattutto durante le grandi riunioni domenicali insieme a tutti i parenti. In particolare, sua nonna Rosa giocò un ruolo significativo nella sua educazione, instillando in lui i valori fondamentali del cristianesimo.

La casa dove nacque Papa Francesco

Fonte: Getty Images

La casa dove nacque Papa Francesco nel quartiere Flores

La Cattedrale Metropolitana

Affacciata su Plaza de Mayo, la Cattedrale Metropolitana rappresenta il principale luogo della Chiesa cattolica in Argentina, dove Papa Francesco, in veste di arcivescovo Jorge Bergoglio, celebrava la messa prima di assumere la carica in Vaticano nel 2013. In onore di Bergoglio, la Cattedrale ospita il Museo Papa Francesco, che espone alcuni dei suoi oggetti personali e liturgici.

La storia della Cattedrale è lunga e turbolenta. Dalla prima cappella costruita sullo stesso sito nel 1593 per ordine del fondatore della città Juan de Garay, l’edificio è stato riprogettato e ricostruito sette volte. L’ultima costruzione, quella che vediamo oggi, fu iniziata nel 1752, ma non fu completata fino alla metà del diciannovesimo secolo.

La scuola No. 08 D.E. 11 “Cnel. Ing. Pedro Antonio Cerviño”

In questa scuola invece, un piccolo Jorge Bergoglio completò la sua istruzione primaria. All’età di 13 anni, fu iscritto con suo fratello Oscar, come allievo per un anno, al Collegio Wilfrid Baron dei Santi Angeli, un istituto appartenente all’opera di Don Bosco.

La Basilica de San José de Flores

Un altro luogo importante è la Basilica de San José de Flores, inaugurata nel 1883. Questo era il luogo di culto abituale di Papa Francesco durante la sua infanzia e adolescenza: fu proprio qui, infatti, che all’età di 17 anni decise di dedicare la sua vita a Dio. Non a caso, per omaggiare questo momento, decise di iniziare il suo pontificato il 19 marzo 2013, in concomitanza con la festa di San Giuseppe (San José – il santo patrono di questa chiesa).

La Basilica di San José de Flores è situata nel quartiere di Flores e viene considerata uno straordinario capolavoro architettonico caratterizzato da un design neogotico, con dettagli intricati, guglie svettanti e una facciata imponente che cattura fin da subito lo sguardo dei visitatori. All’interno, la chiesa è ornata da vetrate colorate che illuminano lo spazio con un caleidoscopio di colori, creando un’atmosfera serena per la riflessione e la preghiera.

La Basílica de San José de Flores frequentata da Papa Francesco a Buenos Aires

Fonte: iStock

La Basílica de San José de Flores frequentata da Papa Francesco

Seminario Metropolitano di Buenos Aires

Qui è dove Bergoglio iniziò il suo cammino verso il sacerdozio: il seminario svolse un ruolo cruciale nella sua educazione e formazione teologica.

Pasaje Roverano

Dopo che fu eletto Papa, a Buenos Aires cominciarono a diffondersi diversi tour alla scoperta dei luoghi della sua infanzia e adolescenza. Tra questi c’è anche Pasaje Roverano, una galleria commerciale dove si trova un salone di parrucchieri frequentato da un giovane Bergoglio ai tempi in cui era arcivescovo di Buenos Aires. Questo passaggio, che porta il nome del suo primo proprietario, fu costruito nel 1878, ma dovette essere ristrutturato quando fu aperta l’Avenida de Mayo. Il passaggio si contraddistingue per le sue vetrate artistiche e per le carpenterie in bronzo dei locali presenti al suo interno.

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Cavusin, dove il tempo si ferma e le leggende prendono vita

Nel cuore antico della Cappadocia, là dove le rocce scolpite dal vento si colorano di rosa al tramonto, sorge Cavusin, un villaggio in cui il presente sfuma nel passato, dove ogni pietra, ogni grotta, ogni sentiero racconta una storia.

Abitazioni incastonate nelle morbide formazioni vulcaniche, chiese millenarie scavate nella roccia, silenzi interrotti soltanto dal fruscio del vento: la natura e l’ingegno umano si intrecciano in un abbraccio senza tempo. Qui, la storia bizantina si respira in ogni angolo e l’anima della Cappadocia si svela lenta, tra il profumo della polvere antica e la luce dorata che avvolge il paesaggio.

Si tratta di una meta amata da chi cerca assoluta meraviglia, una porta aperta sulla magia intatta della Turchia più autentica.

Una storia di fede, arte e resilienza

Il villaggio di Cavusin è custode di una memoria viva che affonda le radici al tempo dei Bizantini. Già nel V secolo, era un fervente centro religioso, arricchito da chiese, monasteri e comunità che  vi trovavano rifugio e ispirazione.

La straordinaria architettura scavata nella roccia racconta l’ingegno di uomini che, in un ambiente difficile, seppero creare riparo contro il rigore del clima e le incursioni dei nemici. Le abitazioni, modellate nella pietra tenera, sembrano appartenere a una fiaba, un labirinto di anfratti e passaggi che conserva intatto il suo fascino misterioso.

Durante il Medioevo, Cavusin si ritrovò crocevia di commerci lungo la leggendaria Via della Seta, una posizione che gli portò ricchezza ma anche conflitti e invasioni. Eppure, nonostante le difficoltà, il villaggio ha saputo resistere, e mantenere viva la sua anima fino ai giorni nostri.

Cosa vedere a Çavuşin

Il pittoresco villaggio di Cavusin

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Il villaggio nella roccia di Cavusin

Visitare Çavuşin è come sfogliare un antico libro di pietra, in cui ogni pagina rivela un capitolo di bellezza e mistero.

La prima tappa irrinunciabile è la Chiesa di San Giovanni Battista, uno dei luoghi più emozionanti: le pareti dipinte, gli intricati bassorilievi e l’eco delle preghiere antiche trasportano in un’altra dimensione. Qui, il tempo sembra rallentare per cogliere tutta la spiritualità di un’epoca lontana.

Proseguendo, la Chiesa di San Nicola affascina con l’architettura particolare, un dialogo in armonia tra arte bizantina e influssi persiani. Gli affreschi, miracolosamente sopravvissuti ai secoli, narrano storie di santi e leggende dimenticate.

Passeggiare tra le vie di Çavuşin è un’esperienza senza eguali: un labirinto di case scavate nella roccia, passaggi segreti e scorci da un sogno. Ogni scorcio offre una prospettiva inedita, un nuovo dettaglio da scoprire, immersi in un silenzio quasi sacro.

Non lontano dal villaggio si apre la Valle Rossa, dalla bellezza struggente: le formazioni rocciose si tingono di sfumature calde al tramonto, e regalano uno degli spettacoli naturali più emozionanti della Cappadocia.

Le esperienze da non perdere

La Cappadocia è celebre per i cieli punteggiati di mongolfiere, e Cavusin propone uno degli scenari più suggestivi per vivere un’esperienza indimenticabile. Volare sospesi tra le vallate e le rocce scolpite dal tempo, ammirare il sorgere del sole da un punto di vista privilegiato, è qualcosa che rimane nella memoria per sempre.

Dopo un volo o una passeggiata tra le stradine antiche, ci si può concedere una pausa nei ristoranti del villaggio. Qui, tra piatti di spiedini succulenti, dolci baklava e morbide delizie turche, ogni sapore rievoca la storia di una terra generosa e accogliente.

Infine, chi desidera immergersi appieno nello spirito di Cavusin, ha l’occasione di soggiornare in uno degli hotel rupestri: dormire in una stanza scavata nella roccia, avvolti dal silenzio della natura e dalla suggestione di antiche tradizioni, è un qualcosa da provare una volta nella vita.

Cucina e artigianato: i sapori e i colori di Çavuşin

Negozio di souvenir a Causin, Cappadocia

Fonte: iStock

Negozio di souvenir a Causin

La cucina di Çavuşin è una sinfonia di sapori genuini, radicati nella tradizione. Tra i piatti da provare c’è il famoso Testi kebabi, un trionfo di carne e verdure cotto lentamente in un’anfora di terracotta che, al momento di servire, viene spezzata con un gesto rituale, e libera aromi intensi e invitanti.

Non mancano poi specialità come i manti, piccoli gnocchi ripieni di carne e spezie, e il gözleme, una sottile focaccia farcita con formaggi, erbe o carne, perfetta per uno spuntino veloce e saporito. E per concludere, la dolcezza irresistibile del baklava invita a fermarsi ancora un po’.

Ma Cavusin è anche arte e maestria antica. Gli artigiani del villaggio custodiscono saperi millenari nella lavorazione della ceramica e nella tessitura di tappeti: portare a casa una ceramica decorata o un tappeto tessuto a mano diventa un prezioso ricordo di un viaggio che resta nel cuore.