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Non solo Irlanda: anche l’Italia ha i suoi folletti e si trovano in questi boschi

La magia non ha età e confini. Lo sanno i bambini che guardano il mondo con gli occhi colmi di meraviglia e stupore e lo sanno gli adulti che non smettono di sognare. E a credere, per gioco o per davvero, all’esistenza di magiche creature fatate. Proprio come i folletti che sembrano avere casa solamente in Irlanda, ma in realtà pare che si possano trovare anche in Italia.

In quei luoghi storie e leggende narrano di questi esseri dispettosi, divertenti, di piccole dimensioni che si divertono a fare scherzi. Ma non solo lì, in quell’isola di smeraldo, anche in Italia si racconta di avvistamenti di folletti e si tramandano leggende e tradizioni legate a loro.

Pare che vivano nella natura, in quei luoghi incontaminati e di rara bellezza, tra piante, erba, fiori e animali. Boschi che lasciano senza fiato, fitti e suggestivi, in cui divertirsi a cercarli, in cui provare ad andare in compagnia dei propri figli per provare ad avvistarli con i propri occhi, magari cogliendo un fruscio di foglie, o un movimento repentino tra gli alberi.

Dove scovare i folletti in Italia: le destinazioni da raggiungere per grandi e piccini.

I luoghi dove cercare i folletti

C’è un luogo nel Lazio, vicino a Viterbo, dove la natura regala una scenografia unica e dove si racconta si nascondano i folletti. Il nostro viaggio alla ricerca di queste creature magiche parte da lì, dal Bosco del Sasseto di Torre Alfina: un luogo speciale, in cui si possono ammirare tantissimi alberi diversi, alcuni centenari e di grande altezza. Lì tra massi lavici e una foresta da sogno si narra si nascondano i folletti. Per visitarlo ci si deve affidare a visite guidate e di gruppo.

Diverse creature magiche, invece, si dice vivano nei pressi del Lago delle Fate che si trova in Val Quarazza, in Piemonte. Lì gli gnomi raccolgono l’oro e lo donano alle fate e, guardando bene, è possibile vederli con i propri occhi, ma pietrificati.

Alcune destinazioni perfette per i bambini

In Lombardia la destinazione migliore è Giocabosco, dove immergersi in querceto e andare alla scoperta di piccole creature magiche grazie a sculture, casette e abiti degli gnomi appesi agli alberi. L’obiettivo finale è formativo e mette i bambini a stretto contatto con la natura e con la fantasia.

In Veneto, invece, ci si dirige verso Montegrotto Terme: lì c’è un bosco delle fate, che si trova in un parco alberato di 6.000 per scoprire la magia delle trazioni popolari e della fantasia.

A circa 5 chilometri da Urbania nelle Marche si trova il Bosco dei folletti di San Martino, un luogo in cui non smettere di sognare. A loro è dedicato un sentiero di 1 chilometro e mezzo e si snoda tra casette, statue e sagome. Si dice che qui siano arrivati nell’antichità 66 folletti dalla Transilvania.

A Bagno di Romagna in Emilia Romagna, infine, c’è il Sentiero degli Gnomi un percorso che si snoda nel bosco e costeggia il torrente Amina. Ci sono disegni, sculture, ma anche casette di legno. È lungo 2 chilometri, molto agevole e per farlo tutto si impiegano circa 45 minuti.

I boschi dove vedere più facilmente le creature magiche

Ma quali sono in generale i boschi dove è possibile vedere con più facilità le creature magiche, compresi i folletti?

Si dice che sia più semplice vederli nei boschi di conifere, ovvero dove si trovano pini, abeti o cipressi. E si racconta, ad esempio, che vivano anche lungo il confine che separa Romagna e Toscana. Non solo nella natura, spesso infatti dimorano nei cortili delle case di campagna.

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Boschi fatati, castelli e avventura: 10 luoghi straordinari per stupire i bambini

Tutti conosciamo le fiabe, molti hanno sognato di diventarne i protagonisti da bambini. Conoscere elfi, fate, gnomi, streghe, principesse, cavalieri valorosi, re e regine. E vivere esperienze fuori dal comune in un mondo fatato e a contatto con la natura più autentica e selvaggia.

Non si tratta solo di sogni, perché i bambini possono veramente toccare con mano un’esperienza che li immerge nel mondo delle fiabe, facendole diventare realtà.

Succede in alcuni castelli e parchi fatati lungo lo Stivale. Da Nord a Sud spiccano luoghi dove magia e avventura si intersecano, donando ai bambini quei meravigliosi ricordi che rimarranno nel cuore, indelebili.

Ma dove si trovano questi luoghi fatati e avventurosi in cui andare con tutta la famiglia? Ne abbiamo selezionati 10 e sono uno più incantevole dell’altro.

Al Castello di Gropparello con il Parco delle Fiabe

Quale miglior esperienza se non quella che ci trasforma nei personaggi di un racconto d’altri tempi, nell’ambiente di un castello medievale? Succede al Castello di Gropparello (a Piacenza), nel Parco delle Fiabe. È il primo parco “emotivo” d’Italia e merita sicuramente una visita.

Ciò che lo rende speciale, oltre all’ambientazione nel bosco, è la storia che i piccoli sono guidati a vivere, grazie a personaggi delle fiabe che li coinvolgono lungo tutto il percorso. Accolti da un cavaliere e vestiti anch’essi con finte armature e spade, incontreranno il taglialegna, gli elfi e i folletti, con i quali devono portare a termine una missione: liberare la fatina rapita dalla strega o dall’orco. Un’esperienza memorabile per i bambini e divertente anche per i genitori, che possono assistere alle rocambolesche avventure di questi piccoli valorosi cavalieri.

Il Bosco delle Fiabe nel Castello di Gropparello, a Piacenza

Fonte: Ufficio Stampa Castello di Gropparello

Animazione per bambini nel Bosco delle Fiabe, Castello di Gropparello

Il Fantastico Mondo del Fantastico a Roma

Rimanendo nell’ambientazione di un castello, ci spostiamo a Roma, precisamente in un luogo in cui si può vivere realmente un viaggio nella fantasia. Stiamo parlando del Castello di Lunghezza, nel cui parco che lo circonda va in scena ogni domenica il Fantastico Mondo del Fantastico. È un luogo di intrattenimento per bambini (ma anche per i più grandi) tutto incentrato sul mondo della fantasia e dell’immaginazione, con personaggi di favole celebri e leggende che prendono vita coinvolgendo tutti in avventure principesche all’insegna del divertimento. Vi consigliamo di controllare le date di apertura e i prezzi sul sito ufficiale del parco.

Il Giocabosco, in provincia di Brescia

A Gavardo, in provincia di Brescia, si trova uno dei primi boschi incantati d’Italia: il Giocabosco. Si tratta di un bosco di querce a tema didattico che unisce l’avventura all’apprendimento per bambini fino ai 7/8 anni di età, accompagnati da un pizzico di magia.

Lungo il parco si incontrano infatti le fate e gli gnomi, che li accompagnano nell’esplorazione della flora e della fauna di questo bosco incantano. Aperto dalla primavera all’autunno, è un ottimo luogo in cui far divertire i vostri figli, sensibilizzandoli sul delicato tema della tutela ambientale per un futuro maggiormente sostenibile.

A Cassino, nel Bosco delle Favole

Andiamo in provincia di Frosinone, nel Lazio, per vivere un’altra esperienza memorabile nel Bosco delle Favole, il parco tematico per bambini immerso nella natura delle Terme Varroniane di Cassino. È il parco tematico più grande del Centro Italia, con ben 110.000 mq si estensione.

Le attrazioni sono numerose, tra scivoli, tour in gommone, discese di rafting, spettacoli giornalieri con principesse ed eroi e giochi interattivi per grandi e piccini. C’è l’imbarazzo della scelta per un divertimento assicurato per i bambini.

Il Bosco delle Fate a Montegrotto Terme

A Montegrotto Terme, in provincia di Padova, esiste un bosco incantato popolato da fate, folletti e troll, ma anche da animali e un’ampia varietà di esemplari vegetali. Stiamo parlando del Bosco delle Fate, un parco di 7.000 mq nel quale i personaggi della storia popolare e antica fanno immergere in un’atmosfera magica e suggestiva.

Nel Magico Bosco della natura pugliese

Spostandoci a Sud raggiungiamo la Puglia e in particolare le colline dell’Alta Murgia. Qui è il Parco Naturale Selva Reale a far vivere un’avventura fiabesca ai bambini, con il suo Magico Bosco. Immersi nel verde della pineta, si trovano folletti, elfi, fate e gnomi, che accompagnano con fiabe, racconti e storie fantastiche i piccoli avventurieri. Nel percorso si trova la casa delle fate, quella di Biancaneve e anche la famosa casetta di Hänsel e Gretel, tutta ricoperta di dolci di marzapane.

Il parco western Cowboyland

Volete immedesimarvi, insieme ai vostri bambini, in un cartoon western d’altri tempi? Al Cowboyland questo è possibile. Si tratta di un parco a tema western realizzato all’interno di un ranch, il Cowboy’s Guest Ranch, a Voghera (in provincia di Pavia).

Il parco avventura ospita animali tipici nordamericani (tra i quali lama, orsetti lavatori, cavalli), un Saloon, il maneggio e l’area in cui ha luogo il rodeo. I bambini potranno imparare a lanciare il lazo, cavalcare i pony, assistere a spettacoli e giochi all’insegna del divertimento e dell’avventura. Per sentirsi per un giorno dei veri cowboy immersi nelle praterie degli indiani d’America, lungo il selvaggio West.

Movimënt, il parco di Corvara in Badia

Saliamo in montagna fino ai 2000 metri sull’altopiano di Corvara di Badia, in provincia di Bolzano, per raggiungere Movimënt: il parco a misura di bambino (e non solo) che unisce natura, animali, sport e divertimento in un’esperienza avventurosa per tutti.

Le attività da fare qui sono tantissime: dall’arrampicata sulle pareti attrezzate, per sviluppare equilibrio e resistenza, alle acrobazie su un enorme Air Bag, oppure andare alla scoperta delle abitudini degli orsi dissotterrando anche le ossa dell’”Ursus Ladinicus”, o esplorare il mondo degli insetti guidati da una storia coinvolgente. C’è anche il minigolf e percorsi fitness all’aria aperta, corde e maniglie sulle quali appendersi e tanto altro.

Parco della preistoria Rivolta d’Adda

Se abitate nei pressi di Milano, a soli 25 chilometri dalla città esiste un luogo ideale in cui portare i bambini per vivere un’avventura speciale: il Parco della Preistoria di Rivolta d’Adda (CR). Una vasta area naturale con un bosco di 100 ettari che custodisce più di 50 ricostruzioni a grandezza naturale di 31 differenti specie preistoriche, tra le quali alcuni dei più grandi dinosauri.

Ma non è tutto, perché questo è un vero e proprio parco avventura che conta anche un labirinto fatto di siepi che appassiona tutti, il museo paleontologico, diverse aree gioco e pic-nic, laghetti, un percorso botanico e animali in semilibertà (tra i quali simpatici scoiattoli, lepri e coniglietti selvatici). La chicca, poi, è il trenino che trasporta i bambini in giro per il parco, tra divertimento e avventura a contatto con la natura.

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Poggio Scali, un’escursione di primavera nel Parco nazionale delle Foreste Casentinesi

Il confine fra Toscana ed Emilia Romagna corre lungo la dorsale dell’Appennino, eppure quelle montagne non conoscono linee tracciate sulle carte geografiche, tant’è che è possibile ammirare splendidi panorami naturali su ognuno dei due versanti.

Si prenda ad esempio Poggio Scali, una vera e propria terrazza immersa nel Parco delle Foreste Casentinesi, posta esattamente sul confine tra le due regioni. La vista dei boschi e dei colli che lo contornano da una parte e dell’altra del confine regionale lo rendono un luogo speciale, senza la necessità che nessuna linea di demarcazione artificiale gli doni particolarità.

Poggio Scali è infatti una splendida radura che si apre tra i boschi che coprono questa porzione di Appennino Tosco-romagnolo, con ampi prati sui quali stendersi ad ammirare la natura circostante. Ci si arriva percorrendo un tranquillo sentiero escursionistico che non richiede particolare preparazione fisica e tecnica, costeggiando una riserva naturale integrale.

Si tratta di un percorso di trekking ideale per una giornata primaverile, quando il verde tenue dei faggi denota l’avviarsi della natura verso la bella stagione, e tutt’intorno ci si accorge della rinascita dopo il letargo invernale.

Come arrivare a Poggio Scali

Vari sentieri conducono a Poggio Scali e al suo prato a 1520 metri di altitudine, una delle vette più alte dell’Appennino Tosco-romagnolo, secondo solo al Monte Falco e al Monte Falterona. Per una escursione di bassa difficoltà, con una lunghezza di circa 12 chilometri fra andata e ritorno e una durata stimata di percorrenza intorno alle 4 ore, partite dall’Eremo di Camaldoli, un monastero nelle vicinanze di Poppi (AR) risalente all’XI secolo.

Per raggiungerlo recatevi a Ponte a Poppi, la zona bassa della succitata e caratteristica cittadina che sorge in cima a un colle ed è uno dei borghi più belli del Casentino, una delle vallate che separa Firenze da Arezzo. Da qui l’evidente cartellonistica vi aiuterà a salire, in circa 25 minuti di auto, all’Eremo.

Secondo la tradizione l’Eremo di Camaldoli sarebbe stato fondato da San Romualdo intorno al 1012, e la regola che regge il monachesimo ivi praticato è tratta proprio dagli insegnamenti del fondatore, monaco benedettino che dette origine alla Congregazione camaldolese. Oggi l’Eremo è diviso fra una parte dove alcuni monaci praticano ancora l’eremitismo e una parte visitabile, tra cui l’antica cella di San Romualdo, una chiesa con opere d’arte di stile barocco e un emporio con i prodotti del monastero, come profumi e liquori.

Fonte: Lorenzo Calamai

Una splendida escursione con il verde della primavera che torna a colorare i fusti degli alberi

Il sentiero che collega Camaldoli a Poggio Scali è peraltro parte della Viae Sancti Romualdi, un cammino da Sant’Apollinare in Classe, in provincia di Ravenna, fino a Fabriano in 30 tappe sulle orme del santo.

Una volta giunti di fronte all’edificio religioso basterà lasciare l’auto in uno dei tanti posteggi allestiti all’esterno. Il luogo è molto conosciuto, facilmente raggiungibile e particolarmente prediletto dalle famiglie per una gita domenicale, per cui, se possibile, preferite giorni feriali e arrivi in mattinata per trovare comodamente il vostro posto auto.

Nei pressi del cimitero dell’Eremo si trovano le indicazioni per Poggio Scali, manutenute dal CAI.

L’escursione

Le difficoltà principali di questa escursione si trovano subito all’inizio del percorso. Poggio Scali, come detto, si trova sul crinale che divide la Toscana dall’Emilia Romagna, e il sentiero 00 è il Sentiero di spartiacque appenninico, per definizione quel sentiero che percorre appunto il crinale della catena montuosa.

Per raggiungerlo si deve affrontare un tratto iniziale con discreta pendenza in salita che potrebbe tagliarvi immediatamente le gambe. Prendetela con filosofia, mettete le marce ridotte e andate su del vostro passo: la parte più dura è lunga poco più di un chilometro ed è totalmente immersa in uno splendido bosco di larici, che vi delizieranno le narici con il loro profumo balsamico.

Dopo l’attacco del sentiero, il resto dell’escursione è molto tranquillo: si attraversa una lunga parte di brevi saliscendi, mentre i larici lasciano il posto ai faggi e alle betulle, con occasionali radure di splendidi prati dal colore verde acceso.

Camminando lungo il crinale, però, sono quasi nulle le opportunità di affacciarsi oltre la coltre alberata che circonda il sentiero. Diventa poi impossibile nell’ultima parte del sentiero, quando questo è costeggiato dal territorio della Riserva naturale integrale di Sasso Fratino, la prima in Italia, istituita nel 1959.

Fonte: Lorenzo Calamai

Una delle poche radure sul percorso che permettono di affacciarsi verso la Romagna

Una riserva naturale integrale è un’area nella quale non sono ammesse attività dell’uomo che non siano  la ricerca scientifica, quindi nemmeno l’attraversamento della medesima. Quella di Sasso Fratino è particolarmente importante perché conserva uno dei pochi tratti di foresta ancora intatti, con la presenza di aspri pendii rocciosi e nessun accesso che l’hanno così riparata dall’intervento della mano umana. Dal 2007 la Riserva di Sasso Fratino fa parte del Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO come parte del sito seriale “Foreste primordiali dei faggi dei Carpazi e di altre regioni d’Europa“.

Niente paura, però: la vostra fame di panorama sarà esaudita poco dopo. Una bacheca in legno con informazioni sulla affascinante fioritura del botton d’oro è il segnale per svoltare a destra e salire la breve rampa in salita che porta sulla vetta di Poggio Scali, a 1520 metri sul livello del mare.

Da qui lo sguardo può spaziare dai monti sopra Firenze in lontananza, verso sinistra, alla strada che sale al Passo della Calla, frontiera fra Toscana ed Emilia Romagna, fino alle colline del forlivese, al Lago di Ridracoli e alle valli che declinano verso Cesena.

Fonte: Lorenzo Calamai

Poggio Scali è la terza vetta dell’Appennino Tosco-romagnolo

Il prato che si stende tutto intorno il cocuzzolo della collina è l’ideale per apprezzare un bel picnic e riposare le gambe prima di rimettersi in cammino, ma attenzione: è qui che tra la fine di aprile e i primi di maggio si può assistere alla splendida fioritura del botton d’oro, nome scientifico Trollius Europaeus, un fiore tipico degli ambienti montani ma non particolarmente diffuso, specie in Italia. Nel Parco delle Foreste Casentinesi è presente solo a Poggio Scali. La sua forma particolarmente elegante rende la sua fioritura affascinante.

Ritorno all’Eremo di Camaldoli e dintorni

Per il ritorno ci sono alcune opzioni alternative al compiere lo stesso percorso dell’andata, ma prevedono tutte almeno un paio di chilometri di strada asfaltata prima di tornare presso l’Eremo di Camaldoli, per cui il suggerimento è di rimanere nella natura e tornare per la stessa via dell’andata.

Dopo la discesa, una fermata ideale prima di riprendere l’auto è al piccolo emporio dell’Eremo, dove potrete trovare una ampia selezione di prodotti dei monaci camaldolesi.

Scendendo di nuovo a valle verso il Casentino, non dimenticate di effettuare una visita ai tanti bei borghi che punteggiano la vallata, a cominciare da Poppi, uno dei più caratteristici del territorio.

Cittadina che fa parte del club de I Borghi più belli d’Italia, Poppi ha un retaggio medievale che si intuisce a prima vista grazie alla slanciata torre del castello che rappresenta il simbolo e il centro del paese.

Fonte: Lorenzo Calamai

Il castello dei Conti Guidi a Poppi

Si tratta del Castello dei Conti Guidi, la famiglia nobile che per tre secoli comandò su Poppi e dintorni. Nella piana di fronte a queste mura si combatté nel 1289 la Battaglia di Campaldino, una delle decisive battaglie del Medioevo con cui Firenze divenne egemone sulle altre città toscane. Vi partecipò notoriamente Dante Alighieri, nelle fila dei guelfi fiorentini che risultarono vittorioso, come avrebbe poi raccontato nel canto V del Purgatorio.

La somiglianza con il Palazzo Vecchio di Firenze ha portato a supporre che anche questa costruzione sia attribuibile ad Arnolfo di Cambio, mentre altre attribuzioni ne hanno conferito la paternità a Lapo di Cambio, suo padre. Oggi il castello è visitabile ed ospita una cappella notevolmente affrescata, una sala museale dedicata alla Battaglia di Campaldino con un minuzioso plastico che ricostruisce lo scontro armato e una prestigiosa biblioteca.

Fuori dal castello un’ampia piazza alberata offre una splendida visuale a 360 gradi sulla vallata casentinese, che si tinge di diversi colori a seconda delle stagioni. Il chiosco adiacente al castello è il luogo ideale per chiudere con un degno finale una memorabile giornata di primavera.

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Libri, boschi e magnifici panorami: la magia di Montereggio

A pensarci bene, l’Italia è bella per questo: in piccoli luoghi sperduti, nascosti o solo dimenticati, si trovano le tracce di secoli di storia, sia essa con la s maiuscola o minuscola.

Prendete ad esempio il borgo di Montereggio, frazione del comune di Mulazzo, in provincia di Massa Carrara. Meno di cinquanta anime, stando agli ultimi rilevamenti. In pratica: un grumo di case di pietra con un paio di campanili a sormontare i tetti, edifici aggrappati alla sommità di una collina circondata da boschi a perdita d’occhio.

Eppure questo luogo remoto e rurale è la culla di una fetta importante dell’editoria italiana.

Montereggio, il monumento ai librai ambulanti con il campanile dell’antica Chiesa di Sant’Apollinare

Montereggio, il paese dei librai

Nato come insediamento medievale in posizione militare strategica sul passo che congiunge la valle del fiume Magra con la via Francigena, Montereggio è sempre stato un borgo agricolo, sorretto da agricoltura e pastorizia.

All’inizio del XIX secolo il paese era caratterizzato da una forte emigrazione. Buona parte della popolazione, almeno per parte dell’anno, si trasformava da contadino in venditore ambulante, attraversando l’Italia, ma anche altri paesi d’Europa, occupandosi di rifornirsi di merci in un luogo per poi venderle in un altro.

A questo fenomeno contribuì in maniera decisiva l’anno senza estate. Il 1816, infatti, fu caratterizzato da alcune anomalie climatiche che distrussero i raccolti, costringendo la popolazione rurale a trovare altri mezzi di sostentamento. A Montereggio i membri delle famiglie del borgo si risolsero a trasformarsi in venditori ambulanti di un nuovo tipo di merce, molto desiderato negli ambienti borghesi delle città: i libri.

A Montereggio le strade e le piazze sono intitolate ai grandi nomi dell’editoria italiana

Pur essendo analfabeti, i venditori montereggini avevano imparato che il libro era un oggetto facilmente trasportabile (più delle pietre per affilare le falci che di solito portavano), redditizio e richiesto, viste le pesanti censure operate dalla maggior parte degli apparati burocratici degli Stati italiani ed europei, in primis l’Impero austriaco.

Partiti da questo piccolo borgo di pietra della collina lunigianese, i librai montereggini si resero protagonisti di una vera e propria invasione culturale del centro e del nord Italia, contribuendo in maniera fattiva, nel corso dell’Ottocento, alla diffusione delle idee mazziniane tramite il contrabbando di opuscoli e scritti degli intellettuali risorgimentisti. Dapprima muniti solo di una gerla, poi di un carretto e infine caratterizzati dalle loro bancarelle, divennero una consuetudine nelle piazze delle città italiane lungo tutto il Novecento.

Angoli di Montereggio

Alcuni di loro resero permanente la loro emigrazione in Italia e all’estero, trasformandosi da librai in editori e dando vita a piccole e grandi case editrici, come nel caso della Casa Editorial Maucci, che prendeva il nome da una famiglia montereggina e che da Barcellona aprì succursali a Madrid, Città del Messico e Buenos Aires, rendendosi protagonista dell’esportazione dei grandi classici europei del Novecento in Sud America.

Una storia che, in esaurimento nel secondo Dopoguerra, viene celebrata ogni anno dal noto Premio Bancarella, nato nel 1952 a Mulazzo e poi spostato a Pontremoli, a pochi chilometri da Montereggio, proprio per celebrare con un riconoscimento letterario annuale la storia dei librai lunigianesi e del piccolo borgo sulla collina in particolare.

Come arrivare e cosa vedere a Montereggio

La storia e la tradizione dei venditori ambulanti di libri trova robusta testimonianza nelle strade di Montereggio, un paese oggi animato da pagine e scaffali, nei cui vicoli trovano posto piccole biblioteche e le cui strade sono intitolate ai grandi nomi dell’editoria italiana.

Se a questo si unisce il fascino di un borgo medioevale ben conservato e gli splendidi panorami naturali sulle colline circostanti, ricoperte di boschi, una visita a Montereggio diventa un appuntamento da non perdere.

Non poteva mancare una little free library a Montereggio

Il piccolo borgo si trova sul fianco di un colle a oltre 600 metri di altitudine sul livello del mare. Per raggiungerlo occorre recarsi a Pontremoli, il centro più importante della Lunigiana, e percorrere la Strada provinciale 31 che da qui porta alla frazione di Arpiola, correndo lungo il versante in destra orografica del fiume Magra. Seguendo le indicazioni stradali per Mulazzo, la strada inizia ad inerpicarsi sulla collina. Giunti nel capoluogo comunale, si passa sotto l’antico arco in pietra adiacenti i lavatoi e si prosegue seguendo le indicazioni per Montereggio: in circa 15 minuti sarete arrivati a destinazione.

Si può lasciare l’auto negli appositi posteggi all’imbocco del paese, sotto l’antica Chiesa di Sant’Apollinare, caratteristico edificio religioso che accoglie i visitatori. Il suo campanile di pietra svetta, coronato dal verde delle colline che contornano la vista. Costruita nell’undicesimo secolo, con un rosone in arenaria a decorazione della facciata, venne semi-distrutta da una violenta grandinata alla fine dell’Ottocento. Oggi è stata restaurata, ricostruendo il soffitto con le piagne, le tipiche lastre di arenaria con cui sono costruiti molti dei tetti delle costruzioni lunigianesi. Vista la costruzione della nuova chiesa parrocchiale nel centro del paese, intanto, l’antica è stata declassata a oratorio. La posizione e l’aspetto, però, le conferiscono una magia e un carattere unico.

Tex e Zagor sulle panchine di Montereggio, con un panorama speciale sulle colline verdeggianti

Dalla adiacente piazza Angelo Rizzoli, con il suo monumento ai librai di Montereggio che fa bella mostra di sé, inizia la scoperta del borgo di Montereggio. Il libro è il minimo comune denominatore della visita, tra panchine panoramiche realizzate come un fumetto da sfogliare, piccole librerie per lo scambio libero di volumi, testimonianze del passato del paese nelle numerose targhe affisse sui muri in pietra delle abitazioni e un’ampia biblioteca colma di volumi di seconda mano in vendita per sostenere le associazioni locali che mantengono vivo il paese dei librai.

Ogni momento dell’anno è buono per visitare Montereggio, che assume un fascino diverso a seconda della stagione. Il borgo si anima soprattutto nella bella stagione: in primavera arrivano i canti del maggio, un’antica tradizione contadina del centro Italia che vede musici e cantanti attraversare le strade del paese con canti benauguranti per l’arrivo del bel tempo; in estate il Festival del Fumetto e la Festa del Libro rimandano alla grande tradizione dei librai di Montereggio, tra bancarelle e incontri letterari.

Al fascino del paese di pietra e della storia dei librai ambulanti, si abbina il forte richiamo della natura. I dintorni sono caratterizzati da numerosi percorsi per trekking, mountain bike e ippovie per scoprire le piccole meraviglie che si celano tra i boschi, come torrenti, cascate e panorami che possono spingersi da favolose viste appenniniche, come dal vicino Passo dei Casoni, fino al Golfo di La Spezia, visibile dalla vetta del Monte Cornoviglio.

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I colori dell’autunno: il Sentiero delle Cascate di Sant’Annapelago

Verde, rosso, ocra, giallo. Sono solo alcune delle mille magiche sfumature che l’autunno conferisce ai colori del bosco.

Nel 2023, una delle stagioni più magiche dell’anno è arrivata con un po’ di ritardo, ma è finalmente pronta a regalare i suoi desiderati frutti a tutti, anche agli amanti dell’acqua dolce.

Se, infatti, è ormai terminata la stagione del wild swimming, tra tuffi rinfrescanti e giornate passate sul greto del fiume, il Sentiero della Cascate di Sant’Annapelago consente a tutti coloro che hanno un feeling particolare con i corsi d’acqua di perseverare nella soddisfazione delle proprie passioni con un itinerario semplice, alla portata di tutti e dall’impatto scenografico davvero sensazionale.

Sentiero delle Cascate di Sant'Annapelago

Fonte: @Lorenzo Calamai

Le chiome dei faggi di Sant’Annapelago

Le cascate di Sant’Annapelago

Il Sentiero delle Cascate di Sant’Annapelago è un itinerario di trekking ad anello lungo circa 12 chilometri, situato nell’omonima frazione adagiata tra le vette dell’Appennino modenese, non lontano dal confine tra Emilia e Toscana. Per percorrerlo tutto ci vogliono circa 6 ore, comprensive di soste. Il dislivello in salita è di circa 400 metri e l’altitudine massima raggiunta è di 1.315 metri slm. La prima parte del sentiero è quella in ascesa e con un sentiero stretto, seppur privo di sostanziali difficoltà tecniche. Nella seconda parte il percorso si distende in una lunga discesa su una comoda strada forestale che costeggia i corsi d’acqua.

Si tratta di un sentiero tracciato all’ombra di ariosi boschi di faggio, alberi particolarmente eleganti con i loro fusti slanciati, tesi verso la luce e le loro chiome che in autunno assumono una colorazione che va dall’ocra al giallo. Camminando lungo il sentiero, sarete sovrastati dal tipico foliage autunnale, un tetto di foglie brillante, oltre il quale s’intravede il cielo. Il percorso è ben segnalato dai segnavia apposti dall’associazione Sentiero delle Cascate, che lo mantiene pulito e funzionante. L’associazione fornisce inoltre la traccia GPS del percorso.

A questo contesto si aggiunge la bellezza e la potenza dell’acqua, che scorre senza sosta nel letto del Rio Valdarno e del Fosso del Terzino, i due corsi d’acqua che s’intrecciano lungo il percorso di Sant’Annapelago, dando vita a sei cascate e tre fonti d’acqua dolce, l’una più scenografica dell’altra.

Sant’Annapelago, come arrivare

Sant’Annapelago è una frazione del comune di Pievepelago, posta a 1.170 metri sul livello del mare. Si trova nel cuore del Parco regionale del Frignano, area naturale protetta che è dimora del monte Cimone, la vetta più alta dell’Emilia Romagna con i suoi 2.165 metri.

Per raggiungere la valle che ospita la cittadina e il suo capoluogo si percorre, da sud o da nord, la Strada statale 12 dell’Abetone e del Brennero, che la attraversa. Da Pievepelago, poi, in corrispondenza del ponte sul Rio Perticara, si imbocca la Strada provinciale 324, seguendo le indicazioni per Sant’Annapelago e il Passo delle Radici. Dopo circa 7 km dalla svolta, si giunge in paese.

La via alternativa, utile a chi arriva dalla Garfagnana, dalla Toscana occidentale o dalla Liguria, è quella di affrontare il Passo delle Radici, panoramico valico appenninico tra le province di Lucca e Modena, e arrivare a Sant’Annapelago percorrendo il lato opposto della SP 324 prima descritta.

Una volta raggiunto l’abitato, potete parcheggiare nei pressi degli impianti sportivi (coordinate GPS: 44.190167, 10.555333). Per raggiungere a piedi l’attacco del sentiero proseguite sulla strada, percorrendo via Borracce (dal nome della vicina fonte che incontreremo alla fine del percorso) fino all’incrocio con via Casa delle Rose. Alla fine di quest’ultima strada troverete l’imbocco del Sentiero delle Cascate di Sant’Anna Pelago.

Il sentiero, le cascate, il foliage

“Finché ci sarà l’autunno – ha scritto Vincent van Gogh in una lettera al fratello – non avrò abbastanza mani, tele e colori per dipingere la bellezza che vedo.”

Sentiero delle Cascate di Sant'Annapelago

Fonte: @Lorenzo Calamai

Alla Cascata della Bandita si arriva da una radura nel bosco

Eppure, percorrendo il Sentiero delle Cascate nella stagione del foliage, vi sembrerà di aver fatto il vostro ingresso in alcune delle sue opere, quelle dai colori aranciati e ocra che hanno colto l’animo di questo speciale momento dell’anno.

L’ingresso in questa sorta di dimensione naturale parallela avviene immediatamente all’avvio del sentiero, che si dipana nel bosco con una morbida salita di un paio di chilometri che vi porterà ad imbattervi nel primo salto del torrente, la Cascata dei Rioo. Ci si arriva deviando dal corso principale del sentiero e seguendo i segnavia: affacciatevi prima dall’alto, ammirando la potenza delle acque e il colore turchese della polla, per poi seguire il sentiero e arrivare fino al cospetto della cascata.

Sentiero delle Cascate di Sant'Annapelago

Fonte: @Lorenzo Calamai

La Cascata dei Rioo e i mille colori dell’autunno

Dopo essere rimasti in contemplazione della forza e della varietà della natura, si risale sul tracciato principale e si prosegue. Sulla destra, quasi subito, potrete fare rifornimento di acqua fresca e pura dalla Fonte dei Rioo, la prima che si incontra sul percorso.

Dopo circa 1,5 km dalla precedente, vi imbatterete in una seconda cascata, detta della Bandita. Ci si arriva a poco a poco, mentre le fronde del bosco si aprono, lasciando spazio prima ad una radura e poi ai massi che circondano la piscina formata dal roboante scorrere dell’acqua.

Tappa successiva, quasi alla metà del sentiero, è la Cascata di Sassorso, dal nome della vetta che sta alle spalle del salto. Quella del Sassorso è una cascata potente, con tanti rivoli diversi, ad alto tasso di spettacolarità: ricorda la violenza e la forza della natura. L’acqua ha qui infatti plasmato la roccia scura come fosse uno scivolo, con tanti piccoli salti che preludono poi a quello più grande.

Sentiero delle Cascate di Sant'Annapelago

Fonte: @Lorenzo Calamai

Fosso Sassorso, ad alto tasso di spettacolarità

Subito dopo aver superato il giro di boa del percorso quando il sentiero si innesta sulla strada forestale, si incontra la Cascata del Terzino, incassata in una conca più bassa del livello della suddetta strada.

Nelle vicinanze del salto, un suggestivo tronco spezzato è punteggiato di funghi del legno, cresciuti sul fusto come fosse una scultura bizzarra.

In questo punto del percorso l’acqua è semplicemente dappertutto, diventando protagonista dell’itinerario: un rio ne incontra un altro che ne incontra un altro e insieme si mischiano e scendono verso valle, immettendosi nel Fosso del Terzino prima e nel Rio Valdarno poi.

Sentiero delle Cascate di Sant'Annapelago

Fonte: @Lorenzo Calamai

La Cascata del Terzino, incassata tra le rocce

Superata la Cascata del Terzino, una lunga discesa che costeggia il torrente ci accompagna in un tratto di comoda camminata, dando un attimo di respiro alla successione delle cascate. Un ottimo momento per tornare a concentrarsi sulla bellezza di un bosco pulito, ordinato e profumato in ogni momento dell’anno, ma che in autunno prende le note dolci dell’umidità del terreno, mentre l’aria fresca punge il naso.

Improvvisamente, superata la Fonte Montalto, il sentiero torna a stringersi e scende in maniera un po’ più ripida nel momento in cui ci si appresta ad affacciarsi dall’alto alla cascata forse più spettacolare del sentiero: la Cascadora, un doppio salto delle acque del Fosso del Terzino, circondate da chiome di alberi di ogni colore. Un vero tripudio dell’autunno.

Sentiero delle Cascate di Sant'Annapelago

Fonte: @Lorenzo Calamai

Il doppio, spettacolare salto della Cascata Cascadora

Poco più a valle della Cascata Cascadora, troverete un crocevia. Per visitare anche l’ultima cascata dell’itinerario, si deve seguire le indicazioni per il Pozzo del Pisano, a poche centinaia di metri sul Rio delle Fontanacce, altro immissario del Rio Valdarno.

Il Pozzo del Pisano, al contrario delle altre cascate, non brilla per imponenza o potenza, ma è un posto tranquillo dove organizzare una merenda in riva al torrente prima di concludere l’itinerario. E anche un luogo da segnare in vista della buona stagione, perché la piscina creata dal torrente meriterebbe un tuffo.

Sentiero delle Cascate di Sant'Annapelago

Fonte: @Lorenzo Calamai

Il pozzo del Pisano, ultima tappa del Sentiero delle Cascate di Sant’Annapelago

Per riprendere la strada maestra si ripercorre all’indietro la deviazione presa in un primo momento. Dal crocevia lasciato in precedenza manca circa 1.5 km alla fine del sentiero. Una volta raggiunta la cosiddetta Casa Gennaio il sentiero si conclude a poche centinaia di metri dal suo ingresso, nei pressi della Fonte delle Borracce, di nuovo in paese. Ripercorrendo via Borracce fino agli impianti sportivi, si tornerà all’auto.

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Puoi dormire in una baita nel bosco e vivere una fiaba italiana

Ci mettiamo in viaggio per tantissimi motivi, lo facciamo per toccare con mano le meraviglie del mondo che abitiamo, per scoprire le storie, le tradizioni e le culture dei popoli lontani, per raggiungere i luoghi iconici e i monumenti e per ammirare, con i nostri occhi, tutti quei capolavori creati da Madre Natura.

Ma ci mettiamo in cammino anche per vivere e condividere esperienze inedite e suggestive destinate a creare i ricordi più belli di una vita. Per diventare protagonisti di avventure incredibili, però, non abbiamo bisogno di volare dall’altra parte del mondo perché il nostro è un Paese meraviglioso.

Ed è proprio in Italia che vogliamo restare oggi, per parlarvi di un alloggio suggestivo incastonato in una cornice naturale di immensa bellezza. Ci troviamo a Sutrio, nell’antico borgo del Friuli-Venezia Giulia dove il tempo sembra essersi fermato. Proprio qui, a pochi metri dal paese e alle pendici del monte Zoncolan, è possibile dormire all’interno di una baita nel bosco e vivere una fiaba tutta italiana.

Un alloggio da sogno nel borgo di Sutrio

Il nostro viaggio di oggi ci porta tra le bellezze di un antico borgo montano, uno dei più affascinanti della regione del Friuli-Venezia Giulia. Incastonato nel cuore della Carnia, Sutrio è un piccolo gioiello da scoprire e da vivere in tutti i periodi dell’anno e in ogni stagione. Il centro storico pullula di botteghe che conservano e valorizzano l’artigianato del legno. A Natale, poi, la magia si accende e invade e pervade le strade del paese grazie al Presepe di Teno, un vero e proprio capolavoro artistico e artigianale che attira ogni anno centinaia di persone provenienti da ogni dove.

Passeggiare per il centro storico del borgo è un’esperienza da non perdere per chi desidera collezionare momenti autentici e spensierati. Se invece volete perdervi e immergervi nelle tradizioni del paese, il consiglio è quello di raggiungerlo durante le due celebri manifestazioni “La magia del legno” e “Borghi e presepi”.

Sutrio è anche il perfetto punto di partenza per andare alla scoperta delle meraviglie naturalistiche del territorio. Partendo dal borgo, infatti, è possibile raggiungere il Monte Zoncolan con un trekking delle meraviglie che consente di ammirare paesaggi dove la natura regna sovrana.

Proprio lungo la strada che porta allo Zoncolan, nei pressi di un bosco rigoglioso, esiste un alloggio che sembra uscito da una fiaba. Si tratta di una baita in legno che offre una vista privilegiata sulla vallata circostante e che permette di vivere un’avventura esclusiva e autentica nel cuore della Carnia.

La baita nel bosco

Il suo nome è Parnassia ed è uno dei tanti alloggi dell’Albergo Diffuso Borgo Soandri, una struttura ricettiva che comprende tutta una serie di camere e appartamenti ricavati dalla ristrutturazione di edifici rurali, vecchie stalle e antiche case con portici in pietra e ballatoi che permettono di scoprire il fascino e le bellezze di Sutrio e dei suoi dintorni.

Tra le tante proposte della struttura, che ha trasformato il borgo in un hotel, troviamo anche una baita nel bosco. Situata appena fuori dal Paese, sul sentiero che conduce allo Zoncolan, casa Parnassia è un dimora che sembra uscita da una fiaba. Disposta su tre piani, e circondata dalla natura lussureggiante, la baita offre una vista privilegiata su tutta la vallata di giorno e sul cielo stellato di notte.

Una sistemazione perfetta, questa, per tutti coloro che desiderano vivere un’esperienza di pace e bellezza a stretto contatto con la natura.

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Questa casa nel bosco sembra uscita da una fiaba. E puoi prenotarla

Gli alloggi, ormai lo sappiamo, non sono più semplici luoghi destinati al riposo e al ristoro, ma sono diventati parte integrante e caratterizzante delle nostre avventure di viaggio. Hotel a tema, glamping di lusso e baite nella foresta, giusto per citarne alcuni, si sono trasformati col tempo in vere e proprie attrazioni turistiche che da sole valgono un viaggio dall’altra parte del mondo.

Il motivo è presto detto: queste strutture, indipendentemente dai servizi offerti, garantiscono esperienze uniche e straordinarie tutte da vivere e da condividere. E se un’avventura del genere che avete immaginato per il vostro prossimo viaggio, allora, abbiamo trovato l’alloggio giusto per voi che, vi anticipiamo, non assomiglia a nessuno dei posti che abbiamo visto fino a questo momento.

Il nostro viaggio inizia tra le colline situate a ovest di Austin, la capitale del Texas, proprio lì dove due amici hanno realizzato un sogno: la costruzione di una casa nel bosco che sembra uscita da una fiaba e che oggi può essere prenotata su Airbnb.

La casa in mezzo al bosco

Il suo nome è Bloomhouse ed è molto di più di un alloggio. Basta guardare le fotografie che la ritraggono per scorgere, nelle forme e nei lineamenti che caratterizzano la struttura, tutti quegli elementi architettonici che rimandano alle dimore che abbiamo visto nelle favole più belle. A rendere il tutto ancora più suggestivo, poi, ci pensa la cornice naturale e lussureggiante del bosco che circonda la casa.

Bloomhouse è un sogno a occhi aperti, quello realizzato dai due amici Dalton Bloom e Charles Harker, allora studenti di architettura, che negli anni ’70 hanno scelto di dare vita alle loro idee realizzando una struttura unica che potesse in qualche modo stabilire un dialogo continuativo tra uomo e natura. E in effetti, quella casa nel bosco dalle forme organiche, si inserisce in maniera estremamente armoniosa nel contesto naturale, quasi a imitarne le forme.

Basta poi lasciarsi andare alla fantasia per dare una forma personale e soggettiva all’alloggio. C’è chi, infatti, nella struttura intravede un drago, chi un Narvalo, l’unicorno marino dell’Artico, e chi ancora associa le linee sinuose al movimento delle onde. Bloomhouse può trasformarsi in tutto ciò che gli ospiti desiderano.

Un’esperienza da favola

Ci sono voluti 11 anni per completare questa casa delle meraviglie, riportata poi al suo antico splendore grazie a un restauro avvenuto nel 2018. Da quel momento in poi la dimora fatata si è trasformato in un alloggio unico che ha attirato l’interesse e la curiosità di moltissimi viaggiatori di tutto il mondo.

Gli esterni, come abbiamo anticipato, sono sbalorditivi, ma l’incanto continua anche negli interni che seguono le curve e le forme organiche dell’architettura esteriore. Non mancano, poi, grandi vetrate trasparenti che affacciano direttamente sul paesaggio circostante. Del resto l’obiettivo dei suoi creatori era proprio quello di creare un rifugio uguale a nessun altro che permettesse a chiunque ne avesse bisogno di recuperare il contatto più autentico con la natura e di vivere in armonia con questa in un luogo fatto di pace, silenzi e bellezza.

Bloomhouse, situata a ovest di Austin, è incastonata tra le colline che si ergono appena fuori dalla città ed è prenotabile su Airbnb. Una vera e propria fuga dalla città da vivere e da condividere con amici, con la famiglia o con il partner. Ma quanto costa dormire qui? I prezzi partono da 589 dollari a notte, non troppi se si pensa che proprio qui è possibile diventare protagonisti di una favola.

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Cromoterapia nei boschi: cos’è e come praticarla anche in Italia

Lasciarsi incantare dai colori, immergersi nella natura e stupirsi ogni volta che lo sguardo si sposta, osservare gli alberi, le foglie, l’erba e sentirsi meglio. I vantaggi della cromoterapia sono noti, spesso la terapia dei colori viene utilizzata a supporto di quelle più tradizionali per aiutare nel ritrovare l’equilibrio, per far sentire meglio, per ridurre lo stress e le preoccupazioni.

E cosa c’è di meglio che farlo nella natura? Magari nei boschi, camminando in mezzo ai tanti colori e alle numerose sfumature che ci regalano. Dal verde inteso, a quello molto più chiaro, fino ai rossi, gli arancioni e i gialli che compongono il tipico paesaggio autunnale.

La cromoterapia nei boschi è un’esperienza da ripetere ogni volta che se ne sente il bisogno, ma anche più semplicemente per entrare in stretto contatto con la natura appena se ne ha la possibilità. Si può fare anche in Italia in location non troppo difficili da raggiungere.

Cromoterapia nei boschi: di che cosa si tratta

Stare in mezzo alla natura fa bene. Il pensiero di staccare per un po’ di tempo dal caos, dalla routine, dagli impegni, per entrare in contatto con boschi e montagne è già di per sé rigenerante. Se a questo si aggiunge la possibilità di fare cromoterapia, allora l’effetto relax e benessere è assicurato.

Come è noto, questa pratica viene proposta ormai da diversi anni nei centri benessere, ma è possibile farla anche nel bel mezzo di un bosco, lasciandosi stupire dai suoi colori.

La mente, ovviamente, corre subito all’autunno la stagione che ci regala il più ampio spettro di sfumature, ma è bene sapere che la cromoterapia nei boschi si può fare anche in altre stagioni. Ad esempio, primavera ed estate quando le tante sfumature di verde incantano e trasmettono al corpo (e alla mente) un senso di pace e di calma.

Anche i fiori sprigionano i loro colori e, allora, perché non sfruttare la loro bellezza per rigenerare lo spirito? Belli da vedere, trasmettono anche vibrazioni positive. Come l’azzurro che ci dona serenità. Il foliage autunnale, poi, sprigiona tutte le sue sfumature e diventa un’immersione totale in un mondo colorato che lascia senza fiato con i suoi rossi vibranti e intesi, che sfumano in giallo e arancione.

Nei boschi per la cromoterapia: dove praticarla in Italia

L’Italia è una terra ricca, dove ogni luogo è diverso, ha le sue peculiarità e regala esperienze uniche. Praticare la cromoterapia è possibile in tantissime location diverse. Se si parte dal nord della penisola non si può non citare il Parco Naturale delle Dolomiti Friulane dove è possibile ammirare i colori dell’autunno programmando escursioni nei suoi boschi.

Poi ci possiamo spostare a Bormio, dove il foliage avvolge i visitatori offrendo un’ambientazione da sogno, in particolare nella Val Viola. Una mappa del foliage italiano, poi, non può escludere la Val di Non in Trentino.

In Abruzzo, invece, una meta da non perdere è la foresta di Lama Bianca. Mentre in Puglia, e più precisamente sul Gargano, vale la pena fare qualche passeggiata immersi nella bellezza della foresta Umbra.

Questi sono solo alcuni dei tanti luoghi, sparsi per tutta la penisola, dove poter fare cromoterapia nei boschi e camminare immersi nella natura: un’esperienza capace di rigenerare lo spirito e di far bene al corpo e alla mente.

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Dentro una fiaba: il castello nel bosco della Bella Addormentata

Esistono luoghi nel mondo che sono così belli da non sembrare veri. Posti che sembrano somigliare, in tutto e per tutto, a quei paesaggi incantati che hanno da sfondo ai nostri sogni d’infanzia. Alcuni di questi, però, non sono destinati a restare relegati nella nostra immaginazione perché sono reali, e per questo ancora più straordinari.

Tra questi c’è anche Hofgeismar, una cittadina tedesca di circa 15.000 abitanti situata nel Land dell’Assia. Forse il nome non vi sarà particolarmente familiare, ma vi basterà guardare qualche fotografia di questo posto per risvegliare alcuni dei ricordi più belli di quando eravate bambini.

Sì perché Hofgeismar, in realtà, è una delle tappe più suggestive della strada delle fiabe in Germania. Proprio qui, infatti, da un bosco lussureggiante si erge un castello bellissimo. Non uno qualsiasi, ma quello che ha ispirato la favola della Bella Addormentata nel bosco dei fratelli Grimm. Pronti a partire?

Dentro la fiaba: benvenuti a Hofgeismar

Lontano dalle grandi città e dalla fervente scena urbana che caratterizza i luoghi più popolari della Germania, troviamo lei: la città di Hofgeismar, la cui fama magica precede il suo nome.

Situata a poco più di mezz’ora di auto da Kassel, la località conosciuta come “città delle fiabe”, Hofgeismar è una tappa imprescindibile per tutti i viaggiatori che vogliono tornare bambini. Il centro storico accoglie chi si spinge fin qui con edifici a graticcio suggestivi e pittoreschi che sembrano trasportare subito in un’altra dimensione.

Ma è appena fuori dalla città che è possibile vivere un sogno a occhi aperti, quello che permette ai viaggiatori di diventare i protagonisti di una delle fiabe più celebri di sempre.

Oltre il centro storico, infatti, si estende un bosco secolare che ospita grovigli di felci e querce che si snodano in un percorso delle meraviglie che conduce proprio lì, davanti a un imponente edificio. Si tratta del Castello di Sababurg, proprio quello che ha fatto da sfondo alla fiaba della Bella Addormentata.

Hofgeismar

Fonte: 123rf

Hofgeismar , centro storico

Il Castello della Bella Addormentata

La storia, quella che conosciamo, racconta le vicende di Aurora, l’unica figlia di Re Stefano e della Regina Lea, cresciuta tra le stanze di un castello circondato da boschi incantati. Nella realtà, quell’edificio esiste davvero, ma a commissionarlo non è stato un Re, ma l’arcivescovo di Magonza nel 1334.

Con gli anni la struttura è stata protagonista di diverse peripezie, fino a trasformarsi in un romantico hotel che, negli anni, è stato raggiunto da migliaia di viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo e desiderosi di vivere avventure magiche e incantante.

Oggi la struttura alberghiera è chiusa. È comunque possibile visitare gli esterni del castello e lasciarsi suggestionare da tutti quei dettagli che rimandano proprio alla celebre fiaba che tutti conosciamo. Inoltre, dal castello, è possibile raggiungere la radura verdeggiante che si snoda tutto intorno.

Non vi assicuriamo che passeggiando al suo interno incontrerete le tre fatine della Bella Addormentata, ma potrete comunque ammirare gli scorci mozzafiato della Foresta di Reinhard, che ospita querce secolari e felci antichissime, e raggiungere il parco degli animali di Sababurg per fare incontri ravvicinati con esemplari faunistici di immensa bellezza.

Foresta di Reinhard

Fonte: 123rf

Foresta di Reinhard
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Lago du Mei, un piccolo gioiello in un bosco da favola

A 20 minuti in macchina da Genova Voltri e poco più di 5 dallo stadio di Arenzano, un piccolo gioiello di wild swimming è contenuto in uno prezioso scrigno – un trekking alla portata in un bosco da favola.

Dopo aver parcheggiato in Via Monte Camula in comune di Cogoleto (GE), proseguo a piedi fino ad una pensilina in legno: dei 3 sentieri che partono da qui prendo quello centrale che si segue fino al Rio Lerca, ci vogliono 30-35 min (vedi più avanti Info Pratiche).

Entro subito in un fitto bosco che gradualmente mi allontana dalla civiltà: eriche arboree, frassini e pini marittimi mi accompagnano prima in piano, e poi in salita.

Ordinati borghi in lontananza, dal sentiero per il Lago du Mei
Ordinati borghi in lontananza, dal sentiero per il Lago du Mei

Il cammino non mi annoia, riservandomi panorami marini, che spaziano tra castelli diroccati e ordinati borghi, fino a raggiungere il culmine in un punto panoramico.

Le Carbonaie

Nel cammino noto le tracce di una vecchia carbonaia, fornaci rurali dove la gente bruciava lentamente il legname per produrre carbone. La carbonaia si presentava come una catasta di legna rivestita di terra, di forma conica, con un foro alla sommità che fungeva da camino. Occorrevano diversi giorni e notti di duro lavoro perché la carbonaia diventasse un cumulo di carbone, perché il fuoco andava sorvegliato costantemente. 

Castelli diroccati invasi dalla vegetazione
Castelli diroccati invasi dalla vegetazione

Quando la carbonaia era “cotta”, foglie e terra venivano rimosse e il carbone veniva recuperato, sistemato in sacchi e trasportato a valle per essere venduto o utilizzato in famiglia. 

Il rumore dell’acqua

Dopo il culmine della salita, la traccia inizia a scendere, prima dolcemente poi più decisamente: qualcosa mi fa pensare di aver cambiato versante, sono circondato da profumati alberi di alloro e sembro essere finito in un sentiero raramente calcato dall’uomo. 

Ma non è questo: il fatto è che improvvisamente riesco a sentire il rumore dell’acqua, dapprima remoto, poi sempre più vicino, del Rio Lerca. 

I panorami marini al culmine della salita
I panorami marini al culmine della salita

Il sentiero esce dal bosco in corrispondenza del greto di questo torrente, proprio dove sorge quello che localmente è conosciuto col nome di Lago du Mei: un laghetto di diametro pari a 15 metri, profondo oltre i 3, e incastonato in un anfiteatro che sembra scolpito dall’uomo. Come un Colosseo naturale, le sue pareti digradano nella zona a valle per permettere l’uscita del Rio Lerca dalla incredibile vasca naturale disegnata al suo interno. 

Una meravigliosa “marmitta dei giganti”, per usare il verbo dei geologi: nei riottosi torrenti di montagna, quando l’acqua scorre impetuosa, magari a causa dello scioglimento dei ghiacciai al termine di una glaciazione, si possono creare vortici in cui l’acqua sfreccia a 200 km/h, scavando nei millenni la roccia fino a regalarci vasche circolari di notevoli profondità. Una splendida cascata alimenta questa meraviglia della natura.

Non c’è molta spiaggia qui, ma massi lisci su cui sostare. 

Il meraviglioso Lago du Mei
Il meraviglioso Lago du Mei

Dalle foto l’acqua appare scura, perché in ombra, ma è normalmente verde e cristallina. Il sole visita il Lago du Mei fino al primo pomeriggio – non fate come me – concedetevi questo meraviglioso wild swimming di mattina!

Info pratiche

🚗 Uscita Arenzano della A10, si continua sulla Aurelia (SS1) verso Cogoleto/Savona che si lascia quasi subito per prendere Via Pian Masino a destra (indicazioni per zona industriale) e poi Via Val Lerone, che si lascia seguendo alcuni cartelli della zona industriale (DIMHORA) verso sinistra. Si attraversa un torrente e si gira nuovamente a sinistra su Via Bordin che si segue fino alla fine per poi prendere Via Colombo/SP78 a destra. Si segue la SP78 passando una galleria nei pressi dell’abitato di Lerca (GE), si supera il km 3 e si prende poi a destra in salita Via Vallescura e al bivio Via Monte Camula a sinistra. Si parcheggia poco oltre in uno spiazzo sulla sinistra (44.408367, 8.636476) di fronte ad una zona recintata con rete sorretta da pali di legno, ci stanno 5-6 macchine.

👣 Si prosegue a piedi su Via Monte Camula fino ad una pensilina in legno: dei 3 sentieri che partono da qui si prende quello centrale, non segnato, che si segue fino al Rio Lerca, ci vogliono 30-35 min. Si evitano nel cammino 2 svolte secondarie in discesa a destra, optando sempre per la traccia in salita e a sinistra.

Nell’ultimo tratto, subito dopo un piccolo spiazzo, il sentiero finisce su una frana con grossi sassi instabili: cercate una traccia alla vostra sinistra perché aggira la frana e, zigzagando un po’, stempera il dislivello fino a destinazione (44.415920, 8.635481). 

Questo splendido trekking (1,15 km) è fattibile dalla maggior parte delle persone e anche dai bambini, se autonomi nella camminata, ben equipaggiati e aiutati. Dislivello: 80 m in salita, 60 in discesa.