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San Siro e stadi delle Olimpiadi, come sono fatti quelli che vincono i premi di design più prestigiosi

In Italia abbiamo stadi leggendari come San Siro a Milano (venduto recentemente a Inter e Milan), Juventus Stadium a Torino e Olimpico a Roma, veri templi del calcio e dello sport. Ma quando si parla di architettura d’avanguardia e design premiato a livello mondiale, il podio si sposta fuori dai confini del Belpaese. Nessuno di questi simboli italiani è infatti riuscito a conquistare un posto tra i vincitori del Prix Versailles 2025, il riconoscimento internazionale che celebra le strutture sportive più belle e innovative del pianeta.

Dalla Germania al Giappone, passando per gli Stati Uniti e la Cina, gli stadi premiati mostrano come lo sport possa fondersi con arte, tecnologia e sostenibilità, trasformando un’arena in un’esperienza urbana e sociale che mantiene un equilibrio perfetto tra benessere, condivisione ed eccellenza. Ecco i sei stadi più belli del mondo: capolavori di architettura contemporanea capaci di ospitare una grande varietà di eventi e che scrivono il futuro dei luoghi sportivi (anche quelli delle prossime Olimpiadi).

SAP Garden Munich, Germania

Un enorme edificio di 62.500 metri quadrati perfettamente integrato con il paesaggio grazie al suo tetto ricoperto di giardini è la struttura ambiziosa del SAP Garden di Monaco di Baviera, in Germania. Progettato dallo studio 3XN, è la casa dell’EHC Red Bull München (hockey su ghiaccio) e del Bayern Monaco (basket). L’arena principale ospita fino a 10.700 spettatori per l’hockey e 11.500 per il basket, grazie a tribune mobili regolabili che garantiscono una visuale perfetta da ogni angolazione.

Lo spettacolo sportivo si unisce a quello delle luci e dei media digitali che trasformano l’atmosfera e non mancano aree VIP, un ristorante, negozi, uffici, sale conferenze e una terrazza panoramica aperta al pubblico, visitabile anche in assenza di eventi sportivi. Un modello di architettura sostenibile, in cui estetica ed efficienza si fondono.

Le Colisée, Francia

A 13 minuti a piedi dall’iconica cattedrale di Chartres, nel cuore della città francese, sorge il nuovo spazio polifunzionale dedicato allo sport e alla cultura premiato ai Prix Versailles per la sua integrazione con il paesaggio e il recupero attento di un’ex area ferroviaria abbandonata. Progettato dallo studio Groupe-6 architectes, questo “colosseo” richiama il suo omonimo di Roma e la sala principale di forma ellittica ricorda i teatri dell’antichità.

Collegata direttamente alla stazione ferroviaria tramite una passerella pedonale, l’arena seminterrata segue la pendenza naturale del terreno, mentre il giardino pensile e la promenade sul tetto, arricchita da piante e spazi verdi, formano un nuovo spazio pubblico che accoglie residenti e visitatori.

Kagawa Prefectural Arena, Giappone

Affacciata sul Mare Interno di Seto, nei pressi della stazione ferroviaria e del terminal dei traghetti di Takamatsu, la Kagawa Prefectural Arena (nota anche come Anabuki Arena Kagawa), in Giappone, comprende tre palazzetti distinti, ognuno con proporzioni specifiche per discipline che spaziano dal basket alle arti marziali.

Progettata dallo studio SANAA, questa struttura moderna unisce sotto un unico tetto ondulato gli spazi della piazza, del parco e del porto, riconnettendo la città al mare. Le palestre sono senza muri e le tribune fungono da confine, mentre ampie vetrate panoramiche permettono alla luce naturale di inondare l’edificio da ogni lato.

Caesars Superdome, USA

Non è nata negli ultimi anni, ma questa struttura, rinnovata dopo i gravi danni subiti dall’uragano Katrina nel 2005, è tornata a risplendere e si guadagna un posto tra gli stadi più belli del mondo. Il Caesars Superdome di New Orleans, la “cattedrale” dei Saints, sorge a breve distanza dal fiume Mississippi ed è uno dei primi stadi coperti del football americano. Non ha perso il suo record: detiene ancora il primato di più grande struttura a cupola fissa del mondo.

Inserito nel Registro Nazionale dei Luoghi Storici nel 2016, è stato ristrutturato dallo studio Trahan Architects, con l’obiettivo di prolungare la vita del complesso, ormai cinquantennale. Le novità inserite? Tre nuovi ingressi con atrio luminoso e accogliente; spazio interno ampliato; rivestimento di alluminio anodizzato con un nuovo design che richiama la forma scultorea dorata iconica dell’esterno del Superdome.

Uno stadio dall’aspetto più moderno e accessibile, dove innovazione e conservazione del patrimonio storico mantengono un perfetto equilibrio.

Xi’an International Football Centre, Cina

Lo stadio e i campi di allenamento del Centro Internazionale di Calcio di Xi’an, situato a Fengdong, porta la firma di Zaha Hadid Architects (che hanno progettato anche una delle stazioni più belle del mondo). Dentro alla struttura a forma di sella, un’arena ultramoderna accoglie fino a 60.000 spettatori.

Non solo sport: questo centro rappresenta anche un nuovo spazio pubblico, con terrazze ombreggiate con vista sulla città e sui monti Qin, aree per il tempo libero e attività di ristorazione aperte ogni giorno sia per i residenti che per i visitatori.

Particolare attenzione è stata posta alla mitigazione dei venti freddi che provengono da nord, dalle linee sinuose dello stadio al materiale traslucido che protegge gli spettatori dalle intemperie e dalla luce diretta del sole, lasciando comunque filtrare la massima quantità di luce naturale.

Intuit Dome, USA

La nuova casa dei Los Angeles Clippers, a Inglewood, sembra una palla da basket che entra nel canestro. Si chiama Intuit Dome e ha un’architettura spettacolare progettata da AECOM.

Costruita in vista delle Olimpiadi e Paralimpiadi estive del 2028, questa imponente struttura dedicata al basket promette un’esperienza immersiva a tutti visitatori, sia grazie al design degli interni sia grazie a murales e sculture di artisti locali di Los Angeles, oltre a diverse opzioni di intrattenimento tecnologico.

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Foliage in Giappone: dove ammirare lo spettacolo del fronte dei colori autunnali

In Giappone, il foliage è una cosa seria tanto quanto la fioritura dei ciliegi. Qui l’autunno non arriva all’improvviso: si sposta lentamente attraverso l’arcipelago, accompagnato dal kōyō zensen, il “fronte dei colori autunnali”. Tutto comincia nell’aria frizzante di Hokkaido, a fine settembre, quando i primi aceri si accendono di rosso; poi, settimana dopo settimana, il colore scende verso sud, fino a tingere anche il Kyushu d’oro a dicembre.

La fine di novembre è il momento ideale per ammirare il foliage a Tokyo, Kyoto e Osaka, ma basta dare un’occhiata al sito dell’Agenzia Meteorologica Giapponese per restare aggiornati sulle previsioni. A Tokyo, ad esempio, potrete aspettarvi spettacolari esplosioni di giallo intorno al 26 novembre, seguite dai rossi infuocati degli aceri iroha verso il 30. Kyoto resisterà un po’ più a lungo, con tonalità dorate a fine mese e rossi intensi che raggiungeranno il picco a metà dicembre. Più a nord, Sapporo, come sempre, aprirà la stagione, con foglie rosse e gialle che inizieranno a cambiare colore già dal 6 novembre.

Dove andare per ammirare il meglio del foliage in Giappone? Ecco le nostre mete preferite!

Giardino Koishikawa Korakuen, Tokyo

Nel cuore di Tokyo, il Giardino Koishikawa Korakuen rappresenta un’oasi di pace che, in autunno, si trasforma in un quadro vivente di rossi, aranci e oro. Fondato nel 1629 dal feudatario Tokugawa Yorifusa, combina eleganza giapponese e ispirazioni cinesi in un paesaggio armonioso modellato attorno allo stagno Oizumi-no-Mizu. Qui, aceri, zelkova e hackberry colorano sentieri e ponti storici, tra cui l’iconico Engetsukyo, il cui arco riflesso nell’acqua crea una perfetta luna piena. Tra fine novembre e inizio dicembre, il foliage raggiunge il suo apice, offrendo ai visitatori un’esperienza autunnale suggestiva e senza tempo.

Il Giardino Koishikawa Korakuen in autunno

Ufficio Stampa

Il Giardino Koishikawa Korakuen immerso nei colori del foliage

Parco Hibiya, Tokyo

Il Parco Hibiya è un’altra oasi verde di Tokyo che in autunno si accende di colori straordinari. Fondato nel 1903 come primo parco urbano in stile occidentale del Giappone, si estende per oltre 160.000 metri quadrati tra prati, fontane e stagni. Da metà novembre a inizio dicembre, ginkgo e aceri trasformano il paesaggio in un mosaico di rossi, aranci e dorati, creando un contrasto suggestivo con i moderni grattacieli che lo circondano. Visitandolo nelle ore meno affollate, si può godere appieno della quiete e della magia autunnale nel cuore pulsante della città.

Shirakawa-go, Gifu

Andiamo ora nella regione di Chūbu dove, immerso nella valle del fiume Shogawa, troviamo l’affascinante Patrimonio UNESCO di Shirakawa-go. Si tratta di un luogo celebre per le sue case dal tetto di paglia, le gasshō-zukuri, che sembrano uscite da un’altra epoca. I tre villaggi storici che compongono l’area, estesi su circa 68 ettari, offrono uno scorcio unico sul Giappone rurale di un tempo, particolarmente suggestivo quando le colline circostanti si tingono dei caldi colori autunnali.

Questo avviene soprattutto a partire dagli inizi di novembre. Volete vivere un’esperienza completa e autentica? Non scappate via dopo aver ammirato il foliage, ma alloggiate in un ryokan locale e assaporate la vita lenta del villaggio.

Arashiyama, Kyoto

Da fine novembre a metà dicembre, sulle pittoresche colline occidentali di Kyoto, Arashiyama regala uno degli spettacoli autunnali più suggestivi del Giappone. Famosa per la sua foresta di bambù e l’elegante ponte Togetsukyo, la zona diventa ancora più incantevole quando le montagne e i boschi lungo il fiume Katsura si tingono di rosso e oro. Imperdibili anche i giardini zen del Tempio Tenryuji e il tranquillo Parco Kameyama-kōen, perfetti per passeggiate immerse nella natura. Arashiyama unisce il fascino della tradizione giapponese alla magia del foliage, offrendo un’esperienza autunnale davvero indimenticabile a Kyoto.

Lake Shikotsu, Hokkaido

Situato nel Parco Nazionale Shikotsu-Toya, nel cuore dell’Hokkaido, il Lago Shikotsu è un’altra meta particolarmente suggestiva dove ammirare il foliage in Giappone. In autunno, i boschi che lo circondano si tingono di arancio e oro, riflettendosi nelle acque cristalline del lago e creando un panorama mozzafiato. Qui potete percorrere un sentiero panoramico di 2,5 chilometri chiamato “Autumn Leaves Walk”, che vi permetterà di ammirare da vicino questo spettacolo naturale.

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Halloween, tradizioni e celebrazioni dal mondo: le più curiose e affascinanti

Per molti è sinonimo di “dolcetto o scherzetto”, di zucche intagliate e di personaggi paurosi, ma Halloween è molto più di questo. È una delle festività più antiche del mondo, amata da adulti e bambini ed entrata di diritto tra le tradizioni imprescindibili dell’anno. Quando l’autunno trasforma i paesaggi con i suggestivi colori del foliage e il mese di ottobre volge al termine, il mondo intero si prepara a celebrare la vita e la morte con un insieme di riti pagani e religiosi, in cui cultura e tradizione differenziano Halloween tra i vari Paesi.

Dall’Irlanda, luogo in cui è nata questa festività, all’America, che ne è diventata la massima esponente, toccando Messico, Cina e Giappone, partiamo per un viaggio alla scoperta delle più significative tradizioni legate ad Halloween in giro per il mondo.

Irlanda e Regno Unito, dove è nato Halloween

Sebbene i cittadini americani prendano molto sul serio questa festività, al punto tale da essersi immedesimati a pieno in tale tradizione, le origini di Halloween sono da ricercare in Irlanda e più precisamente nel Samhain, il capodanno celtico (chiamato anche “All Hallowtide“) festeggiato il primo giorno di novembre come termine del periodo del raccolto e l’inizio dell’inverno.

Con i secoli, all’antica festa celtico-pagana si sono aggiunte leggende e altre storie che hanno trasformato Halloween nella versione più moderna che conosciamo. Tra tutte c’è quella di “Jack o’ lantern“, il fabbro irlandese simbolo delle anime dannate che rivive in quelle zucche lavorate a mano che popolano le strade e i quartieri durante il mese di ottobre.

In Irlanda, e in generale anche nel Regno Unito, oggi per commemorare il culto celtico si accendono dei grandi falò, soprattutto nelle aree rurali, proprio per continuare in qualche modo la tradizione dei rituali pagani. Ma si tratta pur sempre di una festa, quindi ecco che fantasmi, streghe e altre creature del mondo si riuniscono per le strade e per i quartieri per l’ormai celebre “trick or treat”.

Immancabile, sulle tavole irlandesi, è il barmbrack, un dolce tipico di questo giorno al quale sono collegate altre leggende e superstizioni. Infatti, i fornai inseriscono nell’impasto di questa torta tre elementi: un anello, un piccolo straccio e una moneta. Ad ogni fetta di barmbrack contenente uno di questi tre oggetti corrisponde una fortuna (o sfortuna): chi trova l’anello si sposerà o troverà la felicità, chi avrà lo straccio andrà incontro a un futuro finanziario incerto, mentre chi riceverà la moneta vivrà invece un anno prospero.

Decorazioni tipiche di Halloween in Irlanda

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Decorazioni tipiche di Halloween in Irlanda

America, dove la tradizione di Halloween si è radicata

A celebrare Halloween in grande stile ci pensano gli americani, al punto tale che spesso, erroneamente, si attribuiscono le origini di questa festività proprio all’America. Oltre all’iconico “trick or treat“, i quartieri e le strade delle città si abbigliano a festa: ci sono zucche intagliate, addobbi spaventosi, fantasmi e altri mostri che decorano finestre, ingressi e viali. Questa atmosfera un po’ spettrale è estremamente affascinante.

La tradizione delle zucche intagliate deriva proprio dall’usanza celtica degli irlandesi di ricreare volti spaventosi nelle rape, inserendovi delle candele, con l’intento di spaventare gli spiriti maligni durante la festa di Samhain. Si racconta che una volta emigrati in America, gli irlandesi non trovarono rape adatte per portare avanti questa tradizione, così iniziarono a utilizzare le zucche, molto più abbondanti, per creare le grottesche lanterne oggi divenute il simbolo di Halloween.

Zucche intagliate di Halloween in America

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Zucche di Halloween

Austria e Germania: Halloween tra simboli e tradizioni

Anche in Europa esistono alcune tradizioni davvero significative. In Austria, per esempio, durante la notte di Halloween le persone lasciano pane, frutta e acqua sul tavolo per i loro cari defunti con la credenza che questi gli facciano visita. In Germania, invece, la più antica tradizione vuole che si nascondano i coltelli presenti in casa per evitare che i defunti si feriscano. Ma non è tutto, perché sulle porte delle case vengono disegnati con il gesso dei simboli per proteggere le abitazioni dagli spiriti maligni.

Italia e Francia, la Festa di Ognissanti

Nel Belpaese, negli ultimi decenni, Halloween è diventato un appuntamento fisso per il divertimento di bambini e adulti. La festività più commerciale e considerata “importata” dall’America, però, si differenzia da quella che ha tradizioni radicate nella religione cattolica e con origini ben lontane: la Festa di Ognissanti. Si celebra il 1° novembre per commemorare tutti i santi cattolici, mentre il 2 novembre si celebrano i morti. Tradizionalmente si lasciano crisantemi sulle tombe dei cari defunti e si partecipa a una messa in loro ricordo.

Anche la Francia ha tradizioni simili a quelle italiane, riservando uno spazio maggiore alla Toussaint, la festa di Ognissanti del 1° novembre. Anche qui si partecipa a funzioni religiose e si visitano i defunti nei cimiteri per deporre fiori sulle loro tombe.

Portogallo con il Día das Bruxas

Restando in Europa, anche il Portogallo ha un proprio modo di celebrare Halloween: è il Dia das Bruxas, o Giorno delle Streghe, che ha molti aspetti tradizionali collegati alle origini della festività. Anche qui c’è l’usanza del “trick or treat” dei bambini tra le vie delle città e dei paesi, ma in cambio non ricevono caramelle, bensì pane, frutta o noci. Inoltre, i familiari dei cari defunti si recano nei cimiteri per adornare le tombe con fiori e candele.

Cina e Giappone, dalle antiche tradizioni alla modernità

Anche la Cina ha il suo Halloween, che prende il nome di Teng Chieh o Hungry Ghost Festival. Durante la notte del 31 ottobre, migliaia di lanterne illuminano il Paese intero: servono ad aiutare le anime dei morti a ritrovare la loro casa. Le origini della festività risalgono alla tradizione taoista che vuole guidare gli spiriti che camminano sulla terra.

Nel calendario cinese, il Teng Chieh si celebra nel 15° giorno del 7° mese lunare (chiamato “mese fantasma”). Durante il tramonto le persone distribuiscono incenso, acqua e cibo davanti alle immagini dei familiari defunti. Nella tradizione, questa usanza servirebbe a calmare i fantasmi che non hanno ancora ritrovato la via di casa dall’inizio del mese fantasma. Sarebbero proprio loro a infliggere punizioni o a elargire benedizioni ai loro parenti ancora in vita.

Durante la stessa notte, si tiene anche una festa in cui le famiglie preparano un posto in più a tavola riservato a un caro defunto.

Hungry Ghost Festival: la festa di Halloween in Cina

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Teng Chieh o Hungry Ghost Festival, in Cina

In Giappone, invece, Halloween ha raggiunto popolarità solo negli ultimi decenni. Infatti, la prima volta che i giapponesi hanno conosciuto questa festa anglosassone è stata nel 2000, quando il parco divertimenti Disneyland di Tokyo ha organizzato un evento a tema. Con il passare dei decenni Halloween è divenuto sempre più popolare, soprattutto tra i più giovani, anche se con qualche differenza rispetto a come viene festeggiato nei Paesi occidentali.

Oltre al fatto che in Giappone non ci si cimenta nel “trick or treat”, anche i costumi sono diversi. Se tradizionalmente ci si abbiglia con vestiti spaventosi, qui l’attenzione è orientata verso i travestimenti cosplay. A fine ottobre sono numerose le sfilate nelle città giapponesi che riuniscono migliaia di persone che indossano qualsiasi tipo di costume, compresi quelli di personaggi di anime, manga e videogiochi, che non seguono il tema “horror” originario.

Messico, con il suo Día de Los Muertos

È una delle tradizioni più famose del mondo, il Día de Los Muertos del Messico. Una celebrazione messicana di origine precolombiana che festeggia la vita, la gioia e il colore, sebbene il suo nome tradotto sia “giorno dei morti”. Oggi come nel passato, questa festa affascina l’intera umanità: dal 31 ottobre al 2 novembre tutti i cittadini celebrano gli spiriti dei cari defunti con cortei, canti, balli e musiche tradizionali.

Dichiarato nel 2008 Patrimonio culturale immateriale UNESCO, il Día de Los Muertos è un tripudio di colori e usanze particolari. In questa occasione si ricordano gli aneddoti più divertenti dei defunti e si preparano decorazioni dalle ricche tonalità: fiori di calendula, altari con foto, oggetti e cibi preferiti da coloro che sono morti.

Si preparano tradizionalmente il pan de muerto e i teschi di zucchero dai colori accesi. È proprio da questi che deriva il trucco tipico di questa festività, con decorazioni sul viso che ricordano, appunto, dei teschi e ricche corone di fiori colorati ad adornare il capo. Anche qui i bambini bussano ai vicini chiedendo un calaverita, un piccolo dono (caramelle, dolci o soldi), ma senza il famoso scherzetto nel caso in cui non ricevano nulla.

Halloween in messico: i teschi di zucchero tipici

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Teschi di zucchero tipici del Dia de los muertos, in Messico

Haiti e la tradizione della Fet Gede

Ci spostiamo nelle esotiche atmosfere di Haiti, dove l’1 e il 2 novembre si celebra la Fet Gede (Festa dei Morti), che ricorda il classico Halloween, ma arricchito da tradizioni culturali completamente diverse. In queste giornate, i praticanti haitiani di Voodoo rendono omaggio al padre degli spiriti defunti, ovvero al barone Samedi. Inoltre, ballano per le strade per comunicare con i defunti e si recano nei cimiteri dove offrono agli antenati del cibo proveniente dalla loro tavola.

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Il Giappone batte un nuovo record sui centenari: è il Paese più longevo

Dove si vive più a lungo? A quanto pare in Giappone. Anche quest’anno il primato viene confermato e nel 2025 a spegnere almeno 100 candeline sono state più di 100.000 persone nel Paese del Sol Levante. Non è un caso isolato: sono 55 anni di record consecutivi per il territorio nipponico, che continua a offrire al mondo una lezione silenziosa su come vivere a lungo e bene sia possibile. Qual è il segreto? Solo sushi e tè verde o c’è dell’altro? A quanto pare il mix tra cultura, alimentazione, spiritualità e comunità fa la differenza.

Il Giappone è il Paese più longevo del 2025

I dati ufficiali parlano chiaro: a settembre 2025, i centenari giapponesi sono 99.763, di cui quasi il 90% donne. Un’enorme maggioranza che conferma un altro aspetto affascinante: in Giappone le donne non solo vivono più a lungo degli uomini, ma lo fanno con una vitalità sorprendente.

Basta guardare la storia di Tomoko Horino, che a 100 anni non ha smesso di truccarsi e, anzi, è stata riconosciuta come la consulente di bellezza più anziana del mondo. È facile immaginarla con la matita per sopracciglia in mano, circondata da cosmetici e specchi: un’immagine di resilienza e cura di sé che sfida il tempo.

Ogni 15 settembre il governo giapponese festeggia questo traguardo. Tuttavia, non è sempre stato così. Negli anni Sessanta, il Giappone aveva la più bassa proporzione di centenari tra i Paesi del G7: nel 1963 erano appena 153. Poi qualcosa è cambiato: politiche pubbliche mirate, una dieta tradizionale ricca di pesce, soia e tè verde ma povera di carne rossa, campagne di sensibilizzazione contro l’eccesso di sale e zuccheri. E soprattutto, un approccio collettivo al benessere.

Non mancano segreti curiosi, uno su tutti? Una semplice routine di tre minuti chiamata Radio Taiso: esercizi trasmessi ogni giorno alla radio e in tv dal 1928, che migliaia di persone ancora praticano in gruppo. Un gesto piccolo, quotidiano, ma capace di creare comunità e di mantenere in movimento anche i più anziani.

Il segreto di longevità del Giappone

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Record di longevità in Giappone

Il segreto di Okinawa, una delle Blue Zone

In Italia è Arzachena a essere entrata nel 2025 nella Blue Zone, ma in Giappone? Qui a conquistare il riconoscimento è Okinawa. Questa isola tropicale è considerata una delle rare aree del mondo dove le persone vivono molto più a lungo della media. E non solo vivono a lungo: lo fanno mantenendo indipendenza e vitalità fino a età che in altri Paesi sembrano impensabili.

Da cinquant’anni, lo Studio sui Centenari di Okinawa analizza da vicino più di 3.000 abitanti per capire i motivi di questa eccezionale resistenza al tempo. La risposta non è una sola, ma un mosaico affascinante: dalla dieta a base di verdure fresche, soia e pesce (con porzioni moderate) all’attività fisica naturale, senza dimenticare la spiritualità. Ma a fare la differenza, sembrerebbe essere un atteggiamento positivo verso la vecchiaia, percependo l’anzianità non come un limite ma come una tappa naturale.

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Leonardo da Vinci, la nuova scoperta straordinaria che collega Rinascimento e Giappone

Leonardo da Vinci è stato uno dei più grandi geni della storia e oggi, centinaia di anni dopo, lo sta ancora dimostrando. Un team di ricercatori ha svelato un’altra intuizione incredibile del pittore, inventore e scienziato italiano, che anticipa di due secoli una tecnica di trattamento del legno che sarebbe stata adottata solo molti anni più tardi.

L’indizio che ha guidato gli studiosi è iscritto tra le pagine di un antico codice e ci trasporta in una storia che unisce Rinascimento e Giappone.

Cosa è stato scoperto su Leonardo da Vinci

Un appunto, quasi nascosto tra i fogli del Codice Madrid II, scritto da Leonardo da Vinci e conservato nella Biblioteca nazionale di Spagna, a Madrid, ci consegna un’ulteriore prova dell’infinito genio di quest’uomo. A pagina 87 del codice, che venne riscoperto nel 1964, si legge questa frase: “Si manterranno meglio scortecciati e abruciati in superficie che in alcun altro modo“.

Una frase semplice, ma che ha aperto un mondo all’esperta di Rinascimento Annalisa Di Maria, al biologo molecolare Andrea da Montefeltro e alla storica dell’arte Lucica Bianchi, che hanno condotto uno studio approfondito che ha portato a una conclusione affascinante: le parole di Leonardo erano rivoluzionarie e riscrivono la storia della tecnologia del legno.

Dal Rinascimento al Giappone

Fino a quell’epoca, i metodi di conservazione di questo materiale erano “passivi”: basti pensare alle palafitte su cui sorge Venezia, affidate all’acqua stagnante che, in assenza d’ossigeno, rallentava la decomposizione.

Ma Leonardo ha osato di più, suggerendo di agire attivamente e trasformando il legno in modo da dargli nuove proprietà attraverso la carbonizzazione superficiale. La sua idea anticipò di oltre due secoli una tecnica che si sarebbe affermata in un mondo lontanissimo, quello del Giappone: lo Shou Sugi Ban (o Yakisugi), era un metodo di protezione del legno che usava la carbonizzazione e che venne documentato solo nel XVIII secolo.

Perché è importante

Oggi sappiamo che la carbonizzazione superficiale produce tre effetti fondamentali: impermeabilità e resistenza agli agenti atmosferici, protezione dagli incendi e difesa naturale da insetti e funghi. Esattamente ciò che i maestri giapponesi hanno codificato nello Shou Sugi Ban.

Ma Leonardo da Vinci non ebbe mai occasione di conoscere le pratiche giapponesi visto che tra il XV e il XVI secolo il Paese orientale era praticamente isolato e lo yakisugi non era ancora documentato. La coincidenza quindi, secondo gli studiosi è straordinaria e dimostra come due culture lontane e mai venute in contatto tra loro trovarono la stessa soluzione tecnica a un problema comune. Si tratta di una invenzione convergente.

La nota di Leonardo a pagina 87 del Codice di Madrid II, però, non nasce dal nulla. Il manoscritto, infatti, testimonia la sua interazione con grandi autori antichi come Plinio il Vecchio, che descrisse le caratteristiche dei materiali naturali nella sua Naturalis Historia, Vitruvio, che offrì consigli sui tempi e i metodi di taglio del legno nel suo De Architectura, e Rutilio Tauro Emiliano Palladio, agronomo romano che analizzò la coltivazione e la conservazione delle foreste.

“Leonardo, ‘lettore onnivoro’, non si limitò a copiare: confrontò queste fonti, ne evidenziò le differenze e le integrò con le sue osservazioni pratiche – hanno spiegato i ricercatori -. È proprio qui che emerge la sua genialità: la nota sulla combustione della legna non compare in nessun autore antico, ma rappresenta piuttosto un’idea originale, frutto di sperimentazione”. Il genio rinascimentale intuì i principi che oggi sono alla base della scienza dei materiali e della bioarchitettura sostenibile, dimostrando già all’epoca quanto il tema ambientale fosse importante.

La scoperta, portata alla luce dagli studiosi Di Maria, Montefeltro e Bianchi, ci ricorda che il pensiero di Leonardo non è un reperto confinato nel passato, ma una bussola ancora viva che continua a ispirarci e a insegnarci che il futuro nasce quando tradizione e innovazione si incontrano e creano sinergie.

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Non solo ciliegi: Hitachi Seaside Park, un tappeto rosa che incanta in Giappone

Quando si pensa al Giappone e alle sue fioriture, l’immaginario corre subito ai celebri ciliegi in primavera, i famosi Sakura. Eppure, esiste un luogo capace di sorprendere anche chi conosce bene il Paese del Sol Levante: l’Hitachi Seaside Park, nella prefettura di Ibaraki.

Qui, ogni autunno, la natura regala uno spettacolo mozzafiato, trasformando le colline in un mare rosa e rosso che sembra uscito da un film d’animazione. Un fenomeno breve ma intensissimo, che attira visitatori da tutto il mondo e che merita di essere inserito tra le esperienze più suggestive di un viaggio in Giappone.

Hitachi Seaside Park: il giardino delle quattro stagioni

Situato a Hitachinaka, a pochi passi dal mare, l’Hitachi Seaside Park copre un’area di circa 190-200 ettari ed è famoso per la sua incredibile varietà di fioriture stagionali. Ogni periodo dell’anno regala paesaggi unici: in primavera, ad esempio, i campi si tingono di blu grazie alle nemophila.

Visitare l'Hitachi Seaside Park in primavera

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Hitachi Seaside Park si tinge di blu grazie alle nemophila

Ma è l’autunno a rendere il parco del Giappone davvero unico. In ottobre, infatti, i kochia, cespugli tondeggianti che cambiano colore con il passaggio delle stagioni, assumono tonalità rosa e rosso fuoco.

Questo fenomeno, che dura appena due settimane, è diventato una delle attrazioni più amate dagli appassionati di fotografia. Camminare lungo i sentieri circondati da distese colorate è come entrare in un mondo incantato, ideale per scattare foto indimenticabili.

Oltre ai fiori, il parco offre anche piste ciclabili, una ruota panoramica da cui ammirare il paesaggio dall’alto e numerosi eventi, tra cui il celebre Rock in Japan Festival.

Dove si trova e come arrivare

L’Hitachi Seaside Park si trova a circa 138 chilometri da Tokyo, nella prefettura di Ibaraki. La sua posizione strategica lo rende una destinazione ideale per una gita di un giorno dalla capitale.

Ci sono diversi modi per raggiungerlo:

  • in treno: dalla stazione di Tokyo bisogna andare fino alla stazione di Katsuta. Da lì, un autobus porta all’ingresso del parco in circa 15 minuti. In alternativa, si può arrivare alla stazione di Ajigaura sulla linea Minato della Hitachinaka Seaside Railway, situata a breve distanza dall’ingresso;
  • in auto: il parco è facilmente raggiungibile anche percorrendo l’autostrada E6/E50 a pedaggio, con un tempo di viaggio di circa due ore. Fuori dal parco c’è un parcheggio a pagamento dove lasciare l’auto.

Hitachi Seaside Park, i colori dell'autunnoPaesaggio autunnale dell’Hitachi Seaside Park

Informazioni pratiche per la visita

Il parco è aperto quasi tutto l’anno, ma gli orari variano a seconda della stagione. Si consiglia di consultare il sito ufficiale dell’Hitachi Seaside Park prima di programmare una visita.

Per quanto riguarda i biglietti, il prezzo varia in base al periodo: da 450 a 800 yen (circa 3-5 euro). Un costo davvero contenuto, considerando la bellezza del luogo e le attività disponibili.

Il periodo migliore per ammirare i kochia in versione rosa e rossa è ottobre, quando il parco si trasforma in un tappeto naturale di colori accesi. Per questo motivo, è consigliabile pianificare la visita in anticipo, così da non perdere uno spettacolo che dura pochi giorni.

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Giappone, prezzi più alti per i turisti: la scelta che fa discutere

Negli ultimi anni, il Giappone è diventato una delle mete più ambite dai viaggiatori internazionali, attirando milioni di persone desiderose di scoprire le sue città ultramoderne, i templi millenari, la cucina raffinata e i paesaggi naturali mozzafiato.

Dopo la pandemia, inoltre, il Paese ha registrato un vero e proprio boom di presenze, arrivando per la prima volta a superare la Thailandia per numero di visitatori internazionali.

Ma tutto questo successo ha portato con sé anche nuove sfide: sovraffollamento, aumento della pressione sulle infrastrutture e malcontento tra i residenti.

Per affrontare questa situazione, il governo giapponese ha introdotto una misura che sta facendo molto discutere: prezzi più alti per i turisti stranieri in alcune delle attrazioni più visitate del Paese. Una scelta che punta a rendere più sostenibile il turismo, ma che solleva anche interrogativi su equità e accessibilità.

Prezzi differenziati: come funziona la doppia tariffazione

Dal luglio scorso, in diverse attrazioni del Giappone — tra cui musei, templi storici, impianti sciistici e siti culturali di grande richiamo — è entrata in vigore una doppia tariffazione.

I residenti giapponesi pagano un prezzo ridotto, mentre i visitatori stranieri devono affrontare tariffe più elevate. Questo sistema, già applicato in altri Paesi, mira a due obiettivi principali: da un lato, ridurre l’affollamento nelle località più sensibili – come ad esempio Tokyo, Kyoto, Osaka; dall’altro, generare maggiori entrate per la manutenzione e l’ammodernamento delle strutture turistiche.

Nelle città turistiche del Giappone aumentano le tariffe per i turisti

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Il centro di Tokyo

Il principio è semplice: chi visita il Paese contribuisce in misura maggiore ai costi di gestione, lasciando al contempo ai residenti la possibilità di accedere a prezzi più contenuti. I ricavi extra, derivanti dalle tariffe maggiorate, saranno reinvestiti in interventi di conservazione, miglioramento dei servizi e potenziamento delle infrastrutture, così da garantire un’esperienza migliore sia per i turisti che per la comunità locale.

Impatti sul turismo e possibili sviluppi futuri

L’aumento dei prezzi per i turisti potrebbe avere effetti contrastanti sul settore turistico giapponese. Da un lato, potrebbe disincentivare il turismo di massa a favore di un turismo più sostenibile e consapevole. Favorendo quindi un flusso di visitatori disposti anche a investire di più nella loro esperienza di viaggio.

Dall’altro, c’è il rischio che alcune categorie di viaggiatori — in particolare giovani, studenti e famiglie con budget ridotto che viaggiano con bambini — possano scegliere destinazioni alternative dove il costo complessivo della vacanza risulta inferiore e più alla loro portata.

Il Giappone, tuttavia, sembra puntare sulla forza della sua attrattiva culturale e paesaggistica, confidando che la bellezza dei suoi luoghi, unita a servizi di alto livello, continuerà ad attirare visitatori disposti a sostenere costi più elevati.

Il dibattito è aperto: per alcuni, la doppia tariffazione è un modo intelligente per garantire la conservazione del patrimonio e ridurre la pressione turistica; per altri, rappresenta un segnale di esclusività che potrebbe allontanare parte del pubblico.

Ciò che è certo è che questa politica segna un cambio di rotta nel modo in cui il Giappone gestisce il proprio successo turistico e sarà interessante osservare nei prossimi anni come evolverà il rapporto tra ospitalità e sostenibilità in una delle nazioni più affascinanti del mondo.

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Le porte dell’inferno: dal Lago d’Averno alle grotte del Belize

Ci sono luoghi particolarmente suggestivi, che solo a vederli regalano la sensazione di farci immergere in un posto dove la fantasia e la realtà sembrano sfumare e perdere i loro contorni nitidi. Possono suscitare emozioni diverse: dalla paura, alla meraviglia, dalla bellezza, all’adrenalina, oppure tutte queste insieme. Ma una cosa è certa: non lasciano indifferenti. E rientrano in questa categoria così speciale proprio i posti che sembrano aver ispirato le porte dell’inferno, si trovano in diversi luoghi del mondo e regalano la sensazione di entrare in un’altra dimensione: esoterica e diabolica, grazie a fumi, colori intensi e fiamme. Ma anche a storie antiche, leggende, miti, poemi, che rivivono negli occhi di chi oggi li raggiunge e li osserva con meraviglia.

E così un viaggio intorno al globo – alla scoperta di quei posti che si dice siano il punto preciso per entrare all’inferno – diventa l’occasione per vedere ( o rivedere) luoghi meravigliosi che portano in Italia, in Grecia, oppure in Islanda e in Giappone, fino a raggiungere il continente americano. Tutte la tappa da segnare per una vacanza diversa dal solito, ma intrisa di fascino, meraviglia e mistero, alla scoperta dei luoghi che ospitano le porte dell’inferno.

Italia: i due luoghi in Campania

Il nostro viaggio alla scoperta dei luoghi che si dice siano porte d’accesso per l’inferno non può che iniziare dall’Italia: è qui, in questa meravigliosa penisola che si srotola nel mar Mediterraneo e ricca di luoghi suggestivi, che si trova il Lago d’Averno. È in Campania, nei pressi di Pozzuoli ed è di origine vulcanica. La mitologia narra che si tratti di uno dei luoghi da cui si può accedere all’inferno, basti pensare che è stato lo stesso Virgilio a identificarlo come tale nel sesto libro dell’Eneide. Tra l’altro è interessante da raggiungere, perché nei suoi pressi si possono trovare resti del passato tutti da scoprire, come il Tempio d’Apollo: sala di un antico complesso termale visitabile quando vi sono aperture straordinarie.

Ma non solo: restiamo infatti nella medesima area della regione Campania e raggiungiamo poco distante l’antro della Sibilla Cumana che si trova in quella stessa area dove un tempo sorgeva l’antica città di Cuma, oggi suggestiva area archeologica. Si dice che fosse proprio qui che la Sibilla, sacerdotessa di Apollo, lavorasse. Anche questo luogo viene citato nell’Eneide di Virgilio come antro.

L’antro della Sibilla Cumana porta inferno

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L’antro della Sibilla Cumana: una porta dell’inferno

Roma, il luogo da scovare nei Fori Imperiali

Anche la Città Eterna, Roma, nasconderebbe tra le sue meravigliose e antiche rovine, uno degli ingressi per l’Ade. Una delle porte dell’inferno, infatti, pare possa trovarsi proprio in una delle zone più celebri della Capitale. Stiamo parlando dei Fori Imperiali dove si trova il Lacus Curtius. Livio racconta che qui, nel 362 a.C., si era aperta una voragine, ma che all’epoca nessun tentativo era riuscito a riempirla, se non gettandovi la cosa più preziosa per i romani, ovvero il coraggio. Nel buco – infatti – si narra che si sia lanciato un giovane cavaliere, a cui gli abitanti della città hanno fatto seguire frutti e offerte. Senza dubbio si tratta di una tappa imperdibile di un giro dei Fori Imperiali.

Capo Matapan in Grecia: un luogo antico e affascinante

Siamo nel punto più a sud della penisola balcanica, in uno dei Paesi europei più amati: la Grecia. Ed è proprio qui che troviamo Capo Matapan: secondo la mitologia greca in questo specifico luogo sorgeva la casa di Ade e non stupisce, quindi, che nell’antichità vi siano stati edificati alcuni templi, tra cui l’antico santuario e oracolo della morte Poseidone Tenaros, che è composto da due camere, di cui una con altare. Si dice che sia proprio da questa porta che è passato Orfeo per trovare Euridice. Al di là della leggenda, vale sempre la pena raggiungere questo Paese affascinante in cui storia e cultura si mescolano a paesaggi incredibili.

Islanda, la porta dell’inferno sotto il vulcano Hekla

Si deve tornare indietro nel tempo fino al Medioevo per identificare il vulcano Hekla come una delle porte dell’inferno, si trova in Islanda, nella zona sud-ovest di questo incredibile Paese che sembra uscito da un sogno: paesaggi che mutano sotto lo sguardo, natura selvaggia e bellezza allo stato puro. Se dovessimo tradurre il nome del vulcano Hekla potremmo scoprire che significa cappuccio, e la ragione è molto semplice: infatti la sua sommità spesso rimane celata dalle nuvole. Ha eruttato circa 20 venti volte, tra le più recenti quella datata 2000. E se si desidera vederlo in tutta la sua imponenza, basti sapere che è facile da ammirare se si programma un viaggio a Reykjavik dal momento che la distanza con la capitale dell’Islanda è di soli 150 chilometri, nei pressi vi è anche la suggestiva cascata Þjófafoss. Tappe imperdibili alla scoperta di luoghi indimenticabili.

Vulcano Hekla: porta dell' inferno

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In Irlanda il Vulcano Hekla: si racconta sia una porta dell’inferno

Hierapolis, in Turchia la porta dell’inferno

Siamo in Cappadocia, Turchia, ed è qui che si trova Hierapolis un luogo in cui si possono ammirare i resti dell’età Classica, con tantissime meraviglie come necropoli, porta di Frontino e un bellissimo anfiteatro. Ma non solo: vi sono calde acque termali, anche nelle terrazze bianche in cui immergersi in uno scenario di rara bellezza. Un posto unico, di grande meraviglia, in cui storia e natura si intrecciano per regalare una scenografia destinata a diventare uno dei ricordi di viaggio più preziosi.

Oltre a tutto questo, un’altra delle ragioni per cui vale la pena visitare questo luogo è che si racconta che è proprio qui che si trova una delle porte dell’inferno: quella dove un Cerbero a tre teste uccideva le persone con il suo respiro per sacrificarle al dio Plutone. L’aspetto curioso è che esiste una ragione che rende reale tutto questo: infatti vi è un punto in cui vi sono gas nocivi e che oggi – oltre a essere chiuso – si può ammirare solo da lontano.

Darvaza, in Turkmenistan: il cratere che brucia

Ci spostiamo nella zona centro nord del Turkmenistan dove si trova il cratere Darvaza nel deserto del Karakum. Un luogo davvero infernale: si tratta di un buco circondato da fiamme perenni, davvero il punto perfetto in cui possiamo immaginare di calarci nell’inferno. Ma come fa a essere così: pare che questa sua peculiarità sia determinata dalla presenza di grandi quantità di gas naturale (soprattutto metano) nel sottosuolo a cui è stato dato fuoco in seguito a un incidente di tipo industriale. Ma questo nulla toglie al suo fascino misterioso e un po’ terrificante; infatti, non vi è alcun dubbio nell’affermare che si tratta di un luogo davvero particolare e che toglie il fiato. Così simile a quello che nell’immaginario possiamo identificare come accesso all’Ade, da meritarsi l’appellativo di Porta dell’inferno. Il viaggio per raggiungerlo non è breve ma ne vale la pena.

Porta dell'inferno Darvaza in Turkmenistan

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Porta dell’inferno: il cratere Darvaza in Turkmenistan

Giappone: i setti inferni di Beppu

Restiamo in Asia e, più precisamente, in Giappone: è qui che si trovano i sette inferni di Beppu. Caratterizzati da acqua caldissima e gas, che ribollono, per raggiungerli bisogna andare nelle regioni di Kannawa e Kamegawa di Beppu. Si chiamano Jigoku, parola che significa proprio inferno, quello della tradizione buddista giapponese. La loro acqua è caldissima, i colori (alcune pozze raggiungono anche i 99 gradi) spaziano e quindi si passa dal turchese, al color fango, senza dimenticare il bianco e il rosso. Si tratta di una zona ovviamente celebre per le terme, da raggiungere per fare il pieno di relax e meraviglia. E per poter dire di aver ammirato da vicino una delle zone identificate come bocca dell’inferno.

Beppu in Giappone

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Giappone: i setti inferni di Beppu

Belize, le grotte dei Maya

Nell’America centrale si trova lo Stato del Belize e qui, a quanto pare, le porte dell’inferno si trovano dentro delle grotte. Sono quelle che sono state realizzate dai Maya e che avevano proprio lo scopo di raggiungere Xibalba, quel luogo sotto la terra dove passavano morti e vivi e regnavano gli dei della morte. Insomma: delle perfette porte per l’inferno. Un complesso di cavità celebre è l’Actun Tunichil Muknal, al cui interno sono state ritrovate le ossa di 13 persone, compresa la “fanciulla di cristallo”. Si trova nei pressi della città di San Ignacio, dalla quale partire alla volta di tante altre attrazioni turistiche particolarmente importanti come diversi siti archeologici legati alla civiltà Maya. Un luogo che vale la pena esplorare, per fare il pieno di storia e di cultura antica.

Pennsylvania: la porta dell’inferno a Hellam Township

Negli Stati Uniti e, più precisamente in Pennsylvania si trova la cittadina di Hellam Township. Apparentemente potrebbe sembrare un normale centro abitato dell’America del Nord, ma in realtà è culla di alcune storie paurose legate a un manicomio che sarebbe bruciato (ma non è mai esisto) e a un dottore. E tutte concordano sul fatto che è qui che si possono trovare le Sette porte dell’inferno. Si dice che, se si attraversano tutte, si arriva negli inferi. Una leggenda decisamente terrificante.

Il luogo di culto in Irlanda che porta al Purgatorio

Non più inferi, ma purgatorio: una leggenda ci porta in Irlanda, sulla piccola isola Station Island all’interno del lago Lough Derg. Qui si dice che Gesù nel passato più remoto abbia indicato a San Patrizio l’ingresso al purgatorio identificandolo in una grotta: oggi si chiama Pozzo di San Patrizio oppure Purgatorio di San Patrizio.

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Dal set di Mare Fuori al Giappone gourmet: l’intervista a Nicolas Maupas che racconta i suoi viaggi più belli

Attore rivelazione grazie a Mare Fuori, visto di recente nella produzione internazionale Il Conte di Montecristo, Nicolas Maupas viaggia molto per lavoro ma anche per piacere. Ogni set, ogni città, ogni incontro con una cultura diversa lo ha aiutato a costruire un personaggio, a scoprire qualcosa di nuovo su di sé. Lo abbiamo incontrato al Giffoni Film Festival 2025 dove è stato ospite per parlare della sua carriera con il giovane pubblico del festival dedicato al cinema per ragazzi giunto alla sua 55° edizione.

Molto posato e disponibile ha condiviso con noi il suo legame con il viaggio, le sue esperienze in Italia e nel mondo, e ci ha svelato quali paesi vorrebbe visitare nel prossimo futuro. In questa intervista ci racconta quanto contano i luoghi nel suo percorso artistico, le mete che più lo hanno colpito – dal Giappone alla Danimarca – e il suo modo di viaggiare: leggero, curioso, sempre affamato di esperienze (e anche di nuovi sapori).

Nicolas Maupas si racconta

Come attore quanto pensi sia importante una location per raccontare una storia, recitare in un posto che ti trasmette qualcosa ti aiuta a costruire un personaggio?

Mi sono reso conto che in alcune occasioni una location aiuta molto a empatizzare con una storia o con un periodo storico. Ad esempio quando ho girato Il Conte di Montecristo le riprese a Parigi, in particolare al Teatro dell’Opera, è stato suggestivo e di conseguenza sicuramente mi ha aiutato a entrare nel personaggio e nella vita di quell’epoca. Penso che aiuti tanto e che bisogna lasciarsi accompagnare dai luoghi e trovare il proprio posto.

Nicolas Maupas Mare Fuori

Ufficio stampa

Nicolas Maupas incontra i fan

C’è un posto che hai scoperto proprio grazie a un progetto che hai fatto?

Molti in realtà, a partire da Napoli con Mare Fuori, gran parte dell’Italia devo ammettere che la sto scoprendo grazie al mio lavoro. Sono arrivato in Francia tramite il mio lavoro, quindi sì, ogni volta è una scoperta. Anche Torino per esempio era un’ora di treno da casa mia dove vivevo prima ma non l’avevo mai girata a fondo.

Immagino che viaggi spesso con il tuo lavoro, cosa non manca mai nella tua valigia?

Mi capita di portarmi dei libri che però spesso non apro mai. Di solito viaggio molto leggero, non ho mai valigioni molto grandi quindi cerco di muovermi con il minimo indispensabile anche per essere più comodo possibile.

Ho letto che hai una passione per la cucina che consideri sempre legata al viaggio. Quindi immagino che quando viaggi sperimenti il cibo locale e non mangi italiano?

Sì, penso che non bisogna mai cercare l’Italia all’estero perchè poi si mangia in Italia. Ma recentemente sono stato in Giappone e gran parte del viaggio era basato su tappe culinarie e cose da provare, ora non ricordo i nomi di quello che ho mangiato perchè sono davvero complicati però ho provato di tutto. Sono stato in Danimarca e ho mangiato il pesce cucinato in una maniera diversa, e trovo interessante vedere come la stessa materia prima viene poi reinventata e riutilizzata a seconda del paese.

C’è un piatto strano che hai assaggiato e ti è rimasto impresso?

Non mi viene in mente un piatto in particolare, ma forse lo smørrebrød danese che è praticamente il pane nero di Copenaghen con topping di vario tipo come le acciughe.

Nicolas Maupas Giffoni

Ufficio stampa

Intervista Nicolas Maupas al Giffoni Film Festival 2025

C’è un posto dove ti sei sentito a casa anche se era la prima volta che lo visitavi e uno dove invece ti senti sempre un ospite?

I paesi nordici come l’Olanda, la Danimarca sono paesi dove mi sono sentito subito a casa anche perchè hanno un’architettura che mi ricorda la Francia e quindi qualcosa che riconosco. Il Giappone, nonostante sia una cultura molto lontana dalla nostra, riesce ad accoglierti in particolare modo, ma mi sentivo l’europeo che visitava un paese nuovo e ho provato un po’ più di distacco come turista.

Un posto che sogni di visitare che ancora non hai mai visto?

Il Giappone è stata una grande conquista per me però adesso mi interessa l’India, il Vietnam e anche luoghi del Nord Europa che ancora mi mancano.

 

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Giappone, niente ingresso senza JESTA: la nuova registrazione obbligatoria

Il Giappone ha ufficialmente annunciato l’introduzione di una pre-registrazione elettronica obbligatoria per i visitatori provenienti da 71 Paesi e territori esenti da visto. In linea con i modelli già adottati dagli Stati Uniti con l’ESTA e dal Regno Unito con l’ETA, quella giapponese prenderà il nome di “JESTA” (Japan Electronic System for Travel Authorization) e verrà introdotto entro il 2028.

Questo è ciò che è stato dichiarato durante una conferenza stampa dal Ministro della Giustizia giapponese Keisuke Suzuki, il quale ha spiegato che, alla base di questo cambiamento, c’è la volontà di modernizzare i processi di immigrazione e gestire il crescente afflusso di turisti, garantendo al contempo la sicurezza nazionale.

Che cos’è JESTA

Il turismo è da tempo un pilastro dell’economia giapponese e, mentre il Paese punta a raggiungere la cifra record di 60 milioni di visitatori annuali entro il 2030, sfide come l’overtourism e la gestione delle frontiere sono diventate preoccupazioni pressanti per il governo. Ed è qui che entra in gioco il sistema JESTA, grazie al quale potrà avere accesso a tutta una serie di informazioni sul passaporto, sugli scopi del viaggio e persino dettagli specifici come contatti commerciali o istituzioni mediche.

JESTA non è un visto tradizionale, in quanto il Giappone ha stretto accordi con 71 Paesi, tra cui l’Italia, che consentono ai loro cittadini di viaggiare nel Paese senza dover richiedere un visto formale. Bensì, si tratta di un nuovo sistema elettronico di autorizzazione al viaggio, obbligatorio anche per i turisti italiani e per tutti coloro che finora potevano entrare senza visto.

JESTA, quindi, funzionerà come un pass digitale da richiedere prima della partenza, così da ottenere il permesso di ingresso nel Paese.

Come funziona JESTA, dove richiederlo e quanto costa

Per adesso, se avete organizzato un viaggio in Giappone, non cambierà nulla: tuttavia, seppur inizialmente il governo giapponese avesse fissato il lancio di JESTA per il 2030, il Ministro della Giustizia ha confermato che l’entrata in vigore avverrà entro la fine dell’anno fiscale 2028.

Una volta attivo, dovrete richiederlo online prima di partire compilando, sul sito ufficiale, un’apposita domanda. Qui dovrete fornire diverse informazioni, compreso il motivo del soggiorno e l’indirizzo dell’alloggio in cui dormirete durante il viaggio. Un aspetto positivo è che l’autorizzazione sarà valida per più anni, facilitando così i viaggi ripetuti senza dover compilare la domanda ogni volta.

In generale, per i soggiorni turistici la durata rimane invariata: fino a 90 giorni senza bisogno di visto. L’ingresso di JESTA sarà utile alle autorità, che potranno monitorare gli ingressi e assicurarsi che i visitatori rispettino le tempistiche di permanenza.

Non essendo ancora operativo, non si sa ancora quanto costerà presentare la domanda online. In generale, si prevede un costo simile a quello dei sistemi di autorizzazione digitale già attivi in altri Paesi, quindi indicativamente tra i 15 e i 20 euro.