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Roma, la città con più obelischi al mondo

Roma è la città con più obelischi al mondo, ben 13: supera anche le più importanti città egiziane, la terra in cui questo particolare tipo di monumento è nato. La maggior parte degli obelischi arrivarono a Roma proprio dall’Egitto, dopo la battaglia di Azio del 31 a.C, ma altri sono stati poi fabbricati su imitazione dagli stessi romani, utilizzando il granito egizio e spesso copiandone i geroglifici con errori di trascrizione. Se ci si posiziona al centro dell’incrocio tra via del Quirinale e via delle Quattro Fontane, è possibile vedere con un colpo d’occhio, contemporaneamente, tre obelischi: Quirinale, Sallustiano, Esquilino. È l’unico punto nel mondo dove ciò sia possibile.

Gli obelischi sono stati conquistati come bottino di guerra e simboli di potere, ma in un certo senso hanno a loro volta conquistato Roma: i romani erano molto affascinati da questi monumenti così grandiosi, che per gli Egizi avevano anche uno spiccato significato esoterico, ed hanno sempre cercato di riprodurli, arrivando ad utilizzarli anche come elementi urbanistici. Curioso pensare che mentre i Faraoni facevano costruire gli obelischi in onore del dio Ra, il Dio del Sole, per stabilire con lui un contatto diretto, nel ‘500 sarà invece un Papa, Sisto V, a far alzare di nuovo gli obelischi di età imperiale, seppelliti o distrutti durante il Medioevo, come segnale di potenza della Chiesa e del suo papato, ma anche come cardini del riordino urbanistico della città che aveva intrapreso.

Gli obelischi egiziani

L’Obelisco Vaticano è sicuramente uno dei più celebri di Roma: alto 25.5 metri, proviene da Eliopoli in Egitto ed ha la particolarità di non essere mai andato distrutto. Venne portato a Roma da Caligola nel 40 e collocato sulla spina del Circo di Nerone, finchè l’architetto Domenico Fontana (incaricato da Papa Sisto V di risistemare tutti gli obelischi di Roma) lo pose al centro di piazza san Pietro il 10 settembre del 1586.

L’Obelisco Lateranense si trova a Piazza San Giovanni in Laterano e proviene dal tempio di Ammone a Tebe in Egitto, da dove fu trasferito a Roma per volere dell’imperatore Costanzo II nel 357. All’epoca venne posizionato accanto all’Obelisco Vaticano, sulla spina del Circo Massimo: in seguito venne ritrovato in tre pezzi ed eretto di nuovo nel 1588, per volere di Papa Sisto, in corrispondenza della Loggia delle benedizioni lateranense e in continuità prospettica con la basilica di Santa Maria Maggiore.

L’Obelisco di Montecitorio è alto 30 metri e fu costruito all’epoca del faraone Psammetico II: da Eliopoli, dove si trovava, venne portato a Roma nel 10 da Augusto e collocato come gnomone dell’Orologio di Augusto in Campo Marzio. Dopo un incendio, venne fatto spostare e rialzare da papa Pio VI nel 1792.

L’Obelisco del Pantheon venne portato a Roma da Domiziano, che lo collocò come decorazione dell’Iseo Campense con l’obelisco della Minerva e quello di Dogali. Nel 1711 venne spostato, per volere di Papa Clemente XI, davanti al Pantheon, sulla fontana di Giacomo Della Porta.

L'Obelisco del Pantheon, uno dei 13 obelischi antichi di Roma

Fonte: 123RF

L’Obelisco del Pantheon, portato a Roma da Domiziano e collocato nel 1711 davanti al Pantheon

L’Obelisco Flaminio è un altro degli obelischi più conosciuti e fotografati della Città Eterna: si trova a Piazza del Popolo, è alto quasi 26 metri e venne eretto in Egitto da Ramesse II. Fu Augusto a portarlo a Roma nel 10 e a collocarlo sulla spina del Circo Massimo, fu poi Domenico Fontana, nel 1589, a erigerlo di nuovo e a collocarlo nella posizione attuale.

Molto caratteristico l’Obelisco della Minerva, che in origine era ubicato nella città egiziana di Eliopoli e venne poi trasportato a Roma sotto Domiziano e posizionato presso il Tempio di Iside al Campo Marzio (Iseo Campense). La sua sistemazione a piazza della Minerva (di fronte alla basilica di Santa Maria sopra Minerva) fu progettata da Gian Lorenzo Bernini, che lo allestì sul dorso di un elefante di marmo. Il Papa all’epoca era Alessandro VII e il simbolo dell’elefante doveva essere un omaggio a lui.

Particolare anche la storia dell’Obelisco di Villa Celimontana, che attualmente si trova nella Villa sul Celio, fra le antichità della Famiglia Mattei: si tratta di un obelisco frammentario, quindi la parte originale è solo la metà superiore, risalente all’epoca del faraone Ramsete II. L’obelisco venne rialzato nei giardini di Villa Celimontana nel 1820, dopo essere stato prelavato dalle rovine del Tempio di Iside in Campo Marzio; nel Medioevo era stato invece collocato sul Campidoglio, vicino all’andito laterale della basilica di Santa Maria in Aracoeli. Nel 1582 fu donato a Ciriaco Mattei, che lo fece trasportare alla Villa dei Mattei sul Monte Celio.

L’Obelisco del Pincio ha un’origine romantica e tragica: venne realizzato durante il II secolo dall’imperatore romano Adriano in onore di Antinoo, il ragazzo greco da lui amato. Innalzato in Egitto, l’imperatore lo fece poi trasferire a Roma, davanti al monumento eretto in onore dell’adolescente a lui caro. Non si conosce la primaria ubicazione, ma si sa che poi l’obelisco nel III secolo venne collocato nella residenza estiva dell’imperatore Eliogabalo, sulla spina del circo Variano. Venne poi rinvenuto nel 1589, rotto in tre pezzi, appena fuori dell’attuale Porta Maggiore. Nel 1633 l’obelisco, sempre in tre pezzi, venne spostato dai Barberini nei giardini del loro Palazzo e in seguito donato a papa Clemente XIV che lo fece trasferire nel Cortile della Pigna in Vaticano. E’ stato innalzato di nuovo nel 1822, quando per volere di Papa Pio VII l’obelisco venne posto su basamento da Giuseppe Valadier nei Giardini del Pincio, da dove prende il nome attuale.

L’Obelisco di Dogali arrivò a Roma da Eliopoli, insieme all’Obelisco del Pantheon e quello della Minerva: rinvenuto nel 1883, venne rialzato nel 1887 dall’architetto Francesco Azzurri davanti alla Stazione Termini, per commemorare i caduti della battaglia di Dogali in Eritrea. Nel 1925 venne spostato nei giardini presso le Terme di Diocleziano.

Gli obelischi Romani

Gli obelischi romani, realizzati quindi a Roma sul modello di quelli egiziani, sono l’Obelisco Esquilino, l’Obelisco Agonale, l’Obelisco del Quirinale e l’Obelisco Sallustiano. Sono stati edificati fra il I e il II secolo, a imitazione degli omologhi egizi e spesso vengono infatti definiti “egittizanti”: l’epoca in cui vennero realizzati, usando marmi egizi e copiando le iscrizioni di quelli originali, aveva visto proprio il dilagare dell’Egittomania e della simbologia solare legata agli imperatori.

Tutti e quattro adornano piazze storiche della Città Eterna: l’Obelisco Esquilino, gemello dell’obelisco egizio Lateranense, si trova a Santa Maria Maggiore; l’Agonale, in granito rosso, rialzato per volere di Papa Innocenzo X nel 1651, si trova a Piazza Navona; l’obelisco Quirinale è posizionato davanti all’omonimo Palazzo, sede della Presidenza della Repubblica, accanto alla fontana dei Dioscuri ed è il gemello dell’obelisco di Montecitorio; l’obelisco Sallustiano è stato posto nel 1789 su Trinità dei Monti, da dove domina il centro storico di Roma in una delle sue piazze più rappresentative, Piazza di Spagna.

Gli obelischi moderni

Oltre ai celebri obelischi antichi egizi e romani, a Roma ci sono diversi altri obelischi, eretti in età moderna, tra il XIX e il XX secolo. Più che obelischi sono monumenti commemorativi o decorativi, che riprendono la forma dell’obelisco per il loro valore simbolico. Tra questi annoveriamo l’Obelisco di Villa Medici, che si trova nel giardino dell’omonima villa sul Pincio ed è una copia dell’originale che si trova invece a Firenze, nel giardino di Boboli; gli Obelischi di Villa Torlonia, che  furono realizzati nel 1842 in granito di Baveno, appositamente per la villa della famiglia sulla via Nomentana; l’Obelisco del Foro Italico, voluto dall’allora Ministro delle Corporazioni del Regno d’Italia Renato Ricci, eretto nel 1932 davanti al complesso sportivo del Foro Italico e che originariamente prese il nome da Benito Mussolini, a cui l’obelisco era dedicato; l’Obelisco di Marconi, eretto nel 1959 nel quartiere dell’EUR per celebrare i Giochi Olimpici del 1960 ed infine l’Obelisco Novecento, del grande Arnaldo Pomodoro, che è stato inaugurato nel 2004 in piazzale Pier Luigi Nervi, nel quartiere Europa.

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La città di Kom el-Nugus riemerge dalle sabbie del tempo e riscrive la mappa dell’antico Egitto

Una scoperta significativa ha riscritto la storia: nella zona nord-ovest d’Egitto un’équipe francese ha riportato alla luce qualcosa che sembrava ormai sepolto nella polvere del tempo: i resti di un’antica città egizia, risalente a circa 3.400 anni fa. Siamo a a Kom el-Nugus, a circa 40 chilometri da Alessandria. Sotto strati di sabbia (e di storia) è riemersa una città che affonda le sue radici nel Nuovo Regno.

La nuova mappa dell’Egitto dopo la scoperta

La scoperta della città di Kom el-Nugus, rivenuta a circa 40 chilometri da Alessandria, è stata guidata dal team di archeologi francesi con a capo lo studioso Sylvain Dhennin del CNRS e dell’Università di Lione. Gli esperti hanno raccontato come le strutture in mattoni crudi appartenessero alla XVIII dinastia, la stessa in cui hanno regnato Akhenaton, Nefertiti e il giovane Tutankhamon. Il ritrovamento è di grande rilevanza; grazie a ciò è possibile ridisegnare la mappa dell’Egitto notando come le zone occidentali del Delta non fossero abbandonate a se stesse fino all’arrivo dei greci, ma al contrario fossero già un centro economico piuttosto strategico.

Kom el-Nugus emerge dagli scavi archeologici

Fonte: Cambridge University

Lo scavo archeologico fa emergere la città di Kom el-Nugus

I reperti legati ai faraoni

Tra i reperti più intriganti spicca una serie di frammenti di anfore con sigilli che riportano il nome di Merytaton, figlia primogenita del faraone eretico Akhenaton e di Nefertiti; i resti suggeriscono che Kom el-Nugus potrebbe essere stata sede di una produzione vinicola di prestigio, forse gestita da una tenuta reale a nome della principessa. La presenza del suo nome come “brand” testimonia un sorprendente antenato del moderno marketing dinastico. Non meno importante è l’individuazione dei resti di un tempio dedicato a Ramesses II, il grande faraone spesso identificato nella tradizione con l’Esodo biblico. Blocchi decorati con immagini del dio solare Ra-Horakhty e iscrizioni con i cartigli di Seti II, suo discendente, rafforzano l’ipotesi che questo centro avesse una forte connotazione religiosa e politica. I ritrovamenti suggeriscono poi un impegno espansionistico dell’Egitto verso il territorio, specialmente osservando quelle che erano le zone con vigne e dedicate alla produzione di vino.

Gli ultimi ritrovamenti

Il ritrovamento di Kom el-Nugus è la testimonianza dell’impegno costante di ricerca portata avanti dagli archeologi egizi; solo poche settimane fa è stata scoperta la tomba del faraone Thutmose II presso la Valle dei Re. Una squadra di specialisti franco-svizzeri ha invece riportato alla luce la tomba del medico sacerdote Tetinebefou, vissuto durante il regno di Pepi II circa 4.000 anni fa.

La scoperta di Kom el-Nugus riapre interrogativi mai sopiti: quanto ancora resta da scoprire lungo le rotte meno battute della storia egizia? Quali altri segreti si celano sotto la sabbia del Delta? Ogni frammento, ogni iscrizione, ogni muro che riaffiora dal passato rappresenta non solo una finestra su un’epoca remota, ma anche una lente con cui leggere il presente.  Con queste scoperte, l’Egitto dimostra ancora una volta di essere un libro aperto che, pagina dopo pagina, continua a stupire il mondo. E Kom el-Nugus è un capitolo che promette di far riscrivere interi paragrafi di quella storia millenaria che ci affascina da secoli.

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Una porta per l’eternità: nuova scoperta nella necropoli di Saqqara

Una nuova, straordinaria scoperta archeologica arriva ad ampliare ancora di più ciò che sappiamo sull’Antico Regno egiziano.

Nella necropoli di Saqqara, uno dei siti funerari più emblematici dell’antichità, è stata portata alla luce la tomba del principe Woser-ib-R, figlio del faraone Userkaf, fondatore della V dinastia.

L’annuncio è stato dato dal Ministero del Turismo e delle Antichità egiziano, in collaborazione con il Consiglio Supremo delle Antichità e la Fondazione Zahi Hawass, e rappresenta un tassello fondamentale per la ricostruzione delle prime fasi di una dinastia fondamentale.

Un ingresso verso l’eternità: la porta fittizia in granito rosa

Al centro del ritrovamento si impone una monumentale porta fittizia in granito rosa, alta 4,5 metri, pensata per connettere in maniera simbolica il mondo dei vivi e quello dei morti: questo elemento architettonico, tipico dell’iconografia funeraria egizia, era ritenuto il varco attraverso cui il defunto poteva ricevere offerte e partecipare alla vita dell’aldilà.

Le iscrizioni incise con estrema precisione ne attestano l’importanza: Woser-ib-R viene descritto con titoli che evocano potere e prestigio, come “visir”, “scriba reale” e “giudice”, ma anche con ruoli religiosi di rilievo come “sacerdote cantore”. La qualità artistica della porta riflette il livello di raffinatezza raggiunto dall’artigianato durante la V dinastia.

Statue misteriose e legami politici con il passato

La scoperta si arricchisce poi con il rinvenimento di un gruppo statuario alquanto enigmatico. Al suo interno, gli archeologi hanno identificato rappresentazioni del re Djoser, vissuto circa due secoli prima di Woser-ib-R e noto per aver commissionato la celebre piramide a gradoni di Saqqara. Accanto a lui, le statue raffigurano la moglie e le dieci figlie, un insieme che si riteneva perduto.

Gli studiosi ipotizzano che le statue siano state spostate dalla loro originaria collocazione presso la piramide di Djoser e poi inserite nella tomba di Woser-ib-R, forse come gesto politico volto a legittimare una continuità simbolica con l’illustre predecessore. È plausibile che il principe, o il suo entourage, abbia voluto rafforzare un legame dinastico immaginario con il passato glorioso per affermare una nuova legittimità.

La tomba custodisce anche una tavola per le offerte in granito rosso, del diametro di quasi un metro, decorata con iscrizioni rituali. Oltre a essa, ha rivisto la luce una statua in granito nero raffigurante un uomo in posizione eretta, alta 1,17 metri, i cui titoli sono incisi lungo la base. Ciò che sorprende è la datazione di tale manufatto, attribuito alla XXVI dinastia: un indizio concreto che la tomba fu riutilizzata secoli dopo la sua realizzazione, a conferma del valore che questi luoghi sacri continuarono ad avere nella memoria collettiva egiziana.

L’imponente facciata e le statue delle mogli

Sulla facciata orientale del sepolcro è stato identificato un secondo ingresso, anch’esso in granito rosa, decorato con geroglifici che menzionano non solo il nome di Woser-ib-R, ma anche il cartiglio del re Neferirkara.

Proprio in questa zona sono emerse tredici statue in granito rosa, con figure sedute su troni. Alcune raffigurano con ogni probabilità le consorti del principe, altre sono acefale e accompagnate da un’imponente statua alta 1,35 metri, rinvenuta capovolta.

L’impressione generale è quella di una sepoltura concepita come spazio dinastico e cerimoniale, dedicato sì al defunto ma anche al suo entourage familiare.

Userkaf: un faraone tra passato e futuro

A rendere ancora più significativa la scoperta è la figura del padre di Woser-ib-R, Userkaf, primo re della V dinastia.

Il suo regno, seppur breve, fu determinante per l’avvio di una nuova era politico-religiosa. A differenza dei predecessori, Userkaf non proveniva da una linea dinastica diretta: la sua ascesa al trono sembra essere il risultato di un compromesso tra sangue reale (probabilmente per via materna) e potere politico acquisito. Una figura ibrida, dunque, ponte tra la grandezza monumentale della IV dinastia e le riforme religiose della V.

Uno degli elementi più distintivi del regno di Userkaf fu l’introduzione del culto solare come asse portante dell’ideologia regale. Il tempio solare di Abu Ghurab, a lui attribuito, rappresenta un punto di svolta: per la prima volta il dio Ra viene ufficialmente consacrato come padre del faraone, in un’ideologia che accosta il potere monarchico alla sfera divina.

Si tratta di una vera e propria rivoluzione teologica, che influenzerà tutta la V dinastia.

Una tomba tra memoria, potere e spiritualità

La tomba di Woser-ib-R, nel suo insieme, testimonia non solo il rango di un principe figlio di un faraone riformatore, ma anche l’intreccio tra potere politico e memoria storica.

La presenza di statue di epoche differenti, la monumentalità delle iscrizioni, l’esplicito riferimento a faraoni del passato e la successiva riutilizzazione dello spazio tombale, tutto suggerisce una narrazione complessa e stratificata. È il racconto, inciso nella pietra, di un’Egitto che guarda al futuro senza dimenticare la propria, antichissima eredità.

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Ad Abydos, in Egitto, è stata scoperta una misteriosa tomba reale (ma il faraone resta senza nome)

Quanti segreti nasconde ancora l’Egitto? Probabilmente non avremo mai una risposta definitiva, ma quel che è certo è che i costanti lavori di scavo, (quasi) ogni giorno ne svelano uno nuovo. Recentemente, infatti, un team egiziano-americano guidato dall’archeologo Josef Wegner dell’Università della Pennsylvania ha riportato alla luce una tomba reale nella necropoli di Gebel Anubi, ad Abydos, un ritrovamento importantissimo ma anche fitto di misteri.

La scoperta della tomba reale (e non solo) ad Abydos

L’incredibile tomba reale rinvenuta nella necropoli di Gebel Anubi, ad Abydos, risale al secondo periodo intermedio (circa 1640-1540 a.C.), ed è stata individuata a circa 7 metri di profondità rispetto al livello del suolo. Si compone di una camera funeraria in calcare con rivestimenti in mattoni crudi e si ritiene che originariamente fosse alta circa 5 metri: più imponente rispetto ad altre tombe dello stesso periodo.

Presenta un bellissimo ingresso decorato con raffigurazioni delle dee Iside e Nefti, legate ai riti funerari, insieme a fasce di iscrizioni gialle che un tempo riportavano il nome del faraone in geroglifici.

Il Ministero egiziano del Turismo e delle Antichità ha annunciato che è stato rinvenuto anche un laboratorio di produzione di ceramica presso il villaggio di Banawit, località a nord di Abydos. Di quest’ultima scoperta il professor Mohamed Abdel Badie (responsabile del Settore delle Antichità Egizie presso il Consiglio Supremo delle Antichità) ha fatto sapere che le prime analisi indicano che fu utilizzato durante l’epoca bizantina, e successivamente come cimitero nel VII secolo d.C.

A Banawit sono emerse anche diverse sepolture, tra cui tombe in mattoni crudi contenenti scheletri e mummie, probabilmente appartenenti a tombe familiari di uomini, donne e bambini. Tra le sepolture più significative si segnalano la mummia di un bambino addormentato con un cappuccio di tessuto colorato e il cranio di una ragazza di circa trent’anni.

Le ipotesi sull’identità del faraone

Come accennato, i cartigli che contenevano il nome del faraone che riposava nella tomba reale recentemente rinvenuta sono stati distrutti. Tuttavia, Mohamed Abdel Badie ha dichiarato ad Archaeology Magazine che lo stile e la posizione della tomba richiamano quella del faraone Senebkay, scoperta sempre ad Abydos nell’ormai lontano 2014.

L’ipotesi di base è che questa sepoltura possa appartenere a uno dei suoi predecessori, come i re Senaiib o Paentjeni, noti per aver eretto alcuni monumenti religiosi.

Perché si tratta di una scoperta molto importante

Sia la tomba reale che il laboratorio di ceramiche ritrovato nel villaggio di Banawit sono due scoperte molto importanti. La sepoltura, infatti, fornisce nuove prove scientifiche sull’evoluzione delle tombe reali in questa necropoli che risale alla Dinastia di Abydos, una serie di sovrani che governarono l’Alto Egitto tra il 1700 e il 1600 a.C, di cui si hanno pochissime informazioni.

Il laboratorio di ceramica, dal canto suo, suggerisce che si trattasse di uno dei più grandi centri di produzione di questo materiale, anche perché conteneva numerosi forni, vaste aree di stoccaggio per i vasi e una collezione di 32 ostraka (frammenti di ceramica o pietra con incisioni sulla vita quotidiana degli antichi popoli), che possono fornire rilevanti informazioni sulle transazioni commerciali e il metodo di pagamento delle tasse dell’epoca.

Il team archeologico continuerà con i suoi lavori di ricerca, nella speranza di scoprire nuove tombe che possano svelare molti dei segreti dell’antico Egitto.

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Il papiro ritrovato, una scoperta straordinaria al Castello del Buonconsiglio di Trento

Un ritrovamento inaspettato al Castello del Buonconsiglio di Trento ha attirato l’attenzione in questi giorni. Durante alcuni lavori di riordino e studio dei materiali egizi conservati nel museo, avviati dall’archeologa Annamaria Azzolini e l’egittologa Barbara Gilli, sono stati identificati quattro frammenti del papiro di Senemnetjer. Una scoperta straordinaria che avrà un forte impatto a livello internazionale poiché questo reperto risale al 1450 a.C. ed è uno dei più antichi papiri provenienti dalla regione di Menfi, riconducibile al regno di Hatshepsut/Thutmosis III.

Fino ad oggi un frammento era custodito nel Museo archeologico di Firenze e un altro era disperso ma noto grazie a una riproduzione dell’egittologo Karl Richard Lepsius. Tuttavia non si era a conoscenza dell’esistenza di altri frammenti esistenti. Questo papiro, realizzato dall’ammiraglio di flotta e capo dei rematori del tempio di Ptah di Menfi, è stato rinvenuto a Saqqara e il testo geroglifico è stato riconosciuto come uno scritto funerario, confermato anche dalla figurazione. Si tratta di uno dei più antichi papiri del “Libro dei morti”.

I papiri del Libro dei Morti

In egiziano “Formule per uscir di giorno”, il “Libro dei Morti” è una raccolta di scritti funerari che dovevano guidare e aiutare i defunti nell’affrontare il percorso nell’aldilà. L’usanza di seppellire con il corpo alcuni rotoli di papiro risale fin dai tempi della XVII dinastia (1539-1292 a.C.) a Tebe dove si colloca anche l’origine del papiro ritrovato che riporta testi a colonne e l’inserzione di vignette. Molti papiri del “Libro dei Morti” datati come questa recente scoperta provengono da Tebe, mentre quelli ascrivibili alla necropoli menfita sono rari.

Esistono altri quattro manoscritti che risalgono all’epoca più recente e sono considerati completi. Un testo della nutrice reale Bakai che ora è custodito al Museo Nazionale di Varsavia, e il papiro di Nebseni che si trova al British Museum di Londra.

La collezione egizia di Tonelli

Il papiro ritrovato al Castello del Buongustaio di Trento sarà esposto al pubblico alla fine del 2025, probabilmente nel periodo delle feste di Natale. La collezione egizia del Castello venne donata da Taddeo de Tonelli nell’800. Quest’ultimo era un ufficiale dell’Impero austro-ungarico, appassionato dell’antico Egitto e fervido collezionista, la cui raccolta fu esposta dal 1921 nelle sale del museo cittadino. Tra il 1821 e il 1827 Tonelli è stato comandante delle truppe austriache nel Granducato di Toscana quando stavano arrivando al porto di Livorno i reperti egizi provenienti da Alessandria.

Nel 1820 ci fu una prima spedizione di manufatti approdati in Italia, destinati alla corte imperiale di Vienna, a cui fece seguito un secondo invio nel 1822, organizzato dal cancelliere consolare d’Austria in Egitto, Giuseppe Nizzoli. Questi reperti vennero acquistati dalle Gallerie Reali di Firenze, grazie all’opera mediatrice portata avanti da Michele Arcangelo Migliarini, già direttore delle raccolte fiorentine e, tra questi materiali, vi è il frammento di papiro di Senemnetjer ritrovato a Trento.

Proprio la presenza dell’Ufficiale in Toscana in anni cruciali per l’arrivo dei reperti dall’Egitto e la vicinanza al direttore delle Gallerie, Migliarini, più volte menzionato nella corrispondenza personale come suo consulente, induce a ipotizzare che Tonelli abbia potuto acquisire parti di questo straordinario papiro attingendo alla seconda spedizione Nizzoli. A riprova di ciò, altri oggetti presenti nella collezione di Trento trovano una loro corrispondenza nella raccolta fiorentina.

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Le nuove rotte easyJet per l’inverno: tra mete al caldo e vacanze di Natale da sogno

Sappiamo che prima viene l’estate e che non vedete l’ora di nuotare nelle acque delle nostre bellissime spiagge italiane, ma non è mai troppo presto per cominciare a pensare (e pianificare) i viaggi per il prossimo inverno. Chi ama agire in anticipo, sarà felice di scoprire le nuove rotte easyJet che, durante la stagione invernale 2025-2026, ci porteranno verso mete splendide tra i luoghi più belli d’Europa e non solo.

La compagnia aerea britannica ha messo già in vendita i biglietti che, dal 15 dicembre 2025 al 22 marzo 2026, vi faranno raggiungere diverse destinazioni, dalle mete più calde per fuggire dal freddo dell’inverno, come le Isole Canarie, il Marocco o l’Egitto, alle città più suggestive dove cercare le esperienze invernali più autentiche.

Le mete per un inverno al caldo

C’è chi, a estate finita, vorrebbe solo prolungarla all’infinito. Per questa tipologia di viaggiatore, easyJet propone mete al caldo come le Isole Canarie, con voli per Lanzarote, Fuerteventura e Tenerife da Milano Malpensa e per Gran Canaria sia da Milano Malpensa che da Napoli. Grazie al clima temperato tutto l’anno, le Isole Canarie offrono il rifugio ideale per godersi rilassanti giornate al mare, fare escursioni nelle aree naturali e selvagge, come il Parco Nazionale di Garajonay di La Gomera o il bosco di Tilos di La Palma, o praticare sport acquatici senza congelarsi una volta usciti dall’acqua!

Per un inverno all’insegna del relax tra spiagge dorate e barriera corallina è possibile raggiungere anche il Mar Rosso a Sharm El-Sheikh, Hurgada o Marsa Alam sia da Napoli che da Milano Malpensa. Qui c’è il sole tutto il giorno, tutti i giorni, tutto l’anno!

Gli amanti della cultura e della storia potranno partire da Milano Malpensa per scoprire il fascino di Rabat e di Marrakech, quest’ultima raggiungibile anche da Napoli. Il Marocco è una meta invernale particolarmente interessante perché, grazie ai suoi paesaggi e climi variegati, vi permette di godere del caldo del deserto come delle temperature basse di Ifrane, dov’è possibile sciare sul Massiccio del Medio Atlante.

Natale tra i mercatini più belli d’Europa

Se al caldo preferite circondarvi delle atmosfere natalizie tipiche europee, easyJet vi porterà tra i mercatini più belli d’Europa. Da Milano Linate sono disponibili voli diretti a Copenaghen, dovete potrete immergervi nella magia dei Giardini di Tivoli, dal 1843 il parco divertimenti più famoso del Paese che, in questo periodo, indossa i suoi abiti natalizi migliori.

Altre mete natalizie imperdibili sono Oslo, dove potrete esplorare i mercatini di Spikersuppa, ricchi di bancarelle, stand gastronomici, una pista di pattinaggio su ghiaccio e una ruota panoramica, e Vienna, l’elegante capitale austriaca che vi permetterà di passeggiare tra le affascinanti bancarelle di Rathausplatz, alla ricerca di regali artigianali e specialità culinarie tipiche locali.

Da Roma Fiumicino, invece, potrete raggiungere Bruxelles, dove ammirare la spettacolare Grand Place illuminata, Monaco di Baviera, per visitare il suggestivo Christkindlmarkt di Marienplatz, uno dei mercatini più antichi della Germania, o lasciarsi incantare dal Singing Christmas Tree di Zurigo, un palco a forma di albero di Natale sul quale si esibiscono cori natalizi, tutti elementi che regalano un’atmosfera fiabesca e ricordi unici.

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Non accadeva da più di un secolo: è stata scoperta la tomba di un faraone in Egitto

Dopo oltre un secolo, il team britannico-egiziano composto da archeologi ed egittologi ha scoperto la prima tomba di un faraone da quando fu trovata quella di Tutankhamon nel 1922. Siamo nelle Valli Occidentali della necropoli di Tebe, vicino alla città di Luxor, dov’è stato svelato il luogo di sepoltura del faraone Thutmose II. Una scoperta incredibile, soprattutto se consideriamo che questa era l’ultima tomba reale mancante fra quelle risalenti alla XVIII dinastia egizia.

I ricercatori avevano ipotizzato che le camere sepolcrali dei faraoni della XVIII dinastia fossero a più di 2 chilometri di distanza, più vicine alla Valle dei Re. L’équipe, pensando di lavorare in un’area associata ai luoghi di riposo delle donne reali, una volta entrati nella camera sepolcrale si sono resi conto che non era così: all’interno hanno trovato tutta una serie di decorazioni, il segno di un faraone.

La scoperta della tomba del faraone Thutmose II in Egitto

Gli scavi, iniziati nel 2022, hanno portato a una scoperta inattesa che ha lasciato i ricercatori sopraffatti dall’emozione. Seppur i resti mummificati del faraone Thutmose II furono ritrovati due secoli fa, ora custoditi nel Museo Nazionale della Civiltà Egiziana a Il Cairo, il suo luogo di sepoltura originale non era mai stato individuato… fino ad ora.

Risalire alla vera storia di questo luogo, però, non è stato facile. Il corridoio principale, come ha raccontato su Bbc news Piers Litherland, direttore degli scavi, era bloccato dai detriti e parte del soffitto era crollato, mentre gli ambienti interni sono in cattive condizioni a causa di un allagamento che sarebbe avvenuto poco dopo la sepoltura. Tuttavia, un’altra parte del soffitto era ancora intatta: un soffitto dipinto di blu con stelle gialle. Una tipologia che si trova solo nelle tombe dei re.

Il dottor Litherland ha dichiarato che questa scoperta ha risolto il mistero sul dove si trovino le tombe dei re della prima dinastia del XVIII secolo.

Le decorazioni e i reperti trovati: i segni tipici della tomba di un faraone

Thutmose II era un antenato di Tutankhamon, il cui regno si ritiene sia durato dal 1493 al 1479 a.C. circa, noto soprattutto per essere stato il marito della regina Hatshepsut, considerata una delle più grandi regnanti d’Egitto.

Durante gli scavi, a far brillare gli occhi degli archeologi sono state diverse decorazioni e dei reperti che, senza lasciare alcun dubbio, facevano capire che qui si trovava la tomba di un faraone. Uno dei primi dettagli è stata una grande scalinata e un corridoio discendente molto grande, che suggerivano grandiosità. Una volta attraversato il corridoio e un passaggio di 10 metri, sono arrivati alla camera sepolcrale. Ad accoglierli hanno trovato un soffitto blu e decorazioni con scene dall’Amduat, un testo religioso riservato ai re.

Dopo aver rimosso i detriti, la tomba si è rivelata completamente vuota, non perché saccheggiata, ma deliberatamente svuotata a causa di un allagamento e il contenuto trasportato in altri luoghi. Solo setacciando tonnellate di calcare hanno trovato frammenti di vasi di alabastro, che recavano iscrizioni con i nomi di Thutmose II e Hatshepsut. Frammenti che probabilmente si sono rotti durante il trasferimento della tomba.

I manufatti sono i primi oggetti trovati associati alla sepoltura di Thutmose II. Il dottor Litherland ha dichiarato che il suo team aveva una vaga idea di dove possa trovarsi la seconda tomba e che potrebbe essere ancora intatta con i suoi tesori.

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In Egitto partono le crociere sul Mar Rosso (e non solo)

In occasione della Borsa internazionale del turismo che si è appena conclusa a Milano, abbiamo incontrato Amr Elkady, CEO di Egyptian Tourism Authority, per chiedere spiegazioni sul successo che l’Egitto riscuote sempre con i turisti italiani e per farci raccontare le novità che si aspettano. Tra queste, alcune davvero inedite.

Ci può dire quanti italiani sono venuti in Egitto lo scorso anno?
All’incirca 800mila ovvero più o meno gli stessi del 2023, ma sicuramente meno rispetto al 2019. Il conflitto in Medioriente preoccupa ancora molto gli italiani. Il bello degli italiani è che voglioso sperimentare tutto, non solo il mare e la spiaggia. Vanno ad Alessandria, a Marsa Matruh, Luxor, Aswan, sul Mar Rosso a Sharm el-Sheikh, a Marsa Alam e anche nel deserto, insomma dappertutto e questa è la grande differenza che c’è tra i turisti italiani e, per esempio, i tedeschi che vogliono andare solo a Hurghada o agli americani che vogliono visitare solo l’Egitto classico e quindi Il Cairo, Luxor e Aswan, gli arabi vogliono solo andare in spiaggia.

Quali sono le novità che dobbiamo aspettarci per quest’anno?
Innanzitutto, ci sarà il grand opening del GEM, il Grand Egyptian Museum, che è già aperto al cento per cento da qualche mese ma a luglio ci sarà l’apertura eccezionale di altre due nuove gallerie che saranno inaugurate proprio per il grande evento a cui prenderanno parte tante personalità, Capi di Stato, famiglie reali. Questo è solo uno dei motivi per venire al Cairo.

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Fonte: @Egyptian Tourism Authority

Il GEM, Grand Egyptian Museum del Cairo

Il Cairo è una meta consigliata anche per un city break, quindi?
Assolutamente, Nell’ultimo anno e mezzo abbiamo iniziato a promuovere Il Cairo proprio come meta ideale per un city break. Questa città di 5000 anni ha davvero tantissimo da offrire: le antichità egizie, ma anche rovine romane, resti delle civiltà ebraica, araba, turca e anche moderna e non ha nulla da invidiare a Roma. È un concentrato di tutto l’Egitto, noi stessi chiamiamo Il Cairo “Egitto”, è una destinazione perfetta per un viaggio di quattro-cinque giorni. A un’ora dal Cairo poi c’è l’Oasi di Fayyum che da sola merita un viaggio. Un luogo naturale e storico dove ci sono laghi, wadi, antichi villaggi e siti archeologici, tra cui piramidi e necropoli e che negli Anni ’80 ha attirato molti artisti della terracotta che vi si sono trasferiti a vivere. Ci si può anche fermare a dormire almeno una notte perché è una meta turistica con tanto di hotel.

Si parla molto di sostenibilità, come si pone l’Egitto a tale proposito?
Dal 2022 abbiamo iniziato a ospitare la COP (i.e., la Conference of Parties, la riunione annuale dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) e ora stiamo organizzando la COP 2027. Per poterlo fare abbiamo dovuto portare degli esempi di sostenibilità. Abbiamo iniziato dagli hotel che devono essere completamente green, a partire dal minor utilizzo di plastica per incoraggiare il riciclo del materiale, dall’energia rinnovabile, per cu abbiamo realizzato degli enormi impianti solari vicino ad Aswan e stiamo erigendo delle pale eoliche grazie all’aiuto di alcune aziende italiane nei pressi di Hurghada perché è una zona molto ventilata, ma tra i progetti futuri c’è anche la costruzione di un impianto nucleare.

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Fonte: @Egyptian Tourism Authority

Immersioni nei fondali del Mar Rosso

A oggi, circa il 40% delle camere d’hotel sono alimentate da energia pulita. Inoltre, stiamo incoraggiando i proprietari di strutture alberghiere a costruirsi la propria fonte energetica rinnovabile grazie ad aiuti statali. I tour operator internazionali stanno chiedendo ai propri partner di sensibilizzarsi da questo punto di vista. Abbiamo un marchio che certifica le strutture alberghiere, i diving center e le attività turistiche sostenibili.

Anche le crociere sul Nilo sono ripartite alla grande.
Le crociere sul Nilo sono strapiene nonostante siamo molto costose. C’è una fortissima richiesta ed è un tipo di viaggio che non è mai cambiato nel corso degli anni perché si naviga attraverso la storia. Ma ora stiamo crescendo anche nelle crociere marittime, in particolar modo sul Mar Rosso. Si tratta di un tipo di viaggio che non avevamo mai avuto finora ma, poiché l’Arabia Saudita sta sviluppando fortemente il proprio turismo, ora stiamo operando con loro nell’organizzazione di crociere attraverso il Mar Rosso.

Crociera Nilo viaggi coppia

Fonte: iStock

La crociera sul Nilo tra i viaggi più amati

Le navi partono da Jeddah e fanno tappa ad Aqaba in Giordania, a Sharm el-Sheikh e Hurghada per poi tornare in Arabia Saudita. Sono crociere di quattro giorni che sono partite circa un mese fa. Il settore delle crociere per noi in questo momento è molto importante. In tutto il Paese stiamo sviluppando delle marine per ospitare i superyacht e le navi da crociera. Ne stiamo costruendo una sul Mediterraneo, una a Sharm el-Sheikh e una a Hurghada. L’idea è che i superyacht che arrivano dal Mar Mediterraneo attraversino il Canale di Suez per raggiungere il Mar Rosso. Stiamo anche studiando delle procedure più snelle per accogliere questo tipo di turismo crocieristico. Questa è una delle grandi novità.

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Le nuove scoperte a Luxor riscrivono la storia dell’antico Egitto

L’Antico Egitto torna sotto i riflettori con nuove scoperte straordinarie, in grado di svelare dettagli inediti di una delle civiltà più affascinanti della Storia. Dopo il clamore suscitato dalla scoperta della Tomba del Medico del Faraone a Saqqara (ovvero Teti-neb-Fu vissuto circa 4.000 anni fa durante il regno di Pepi II), un’altra missione archeologica ha riportato alla luce tesori dal valore inestimabile, questa volta nella necropoli di Tebe, a Luxor.

Guidati dal noto egittologo Zahi Hawass, gli scavi si sono concentrati su un’area che custodisce tracce di un lungo arco temporale, dal Medio Regno (2055 a.C. – 1790 a.C.) fino al Periodo Tolemaico (323 a.C. – 30 a.C.). Al centro dei ritrovamenti si colloca il Tempio a Valle della regina Hatshepsut, creduto perduto, insieme a bassorilievi, tombe e reperti che testimoniano l’evoluzione culturale e architettonica dell’Egitto.

L’importante campagna di scavi, durata tre anni, ha riportato alla luce oltre 1.500 blocchi di calcare e quarzite decorati, necropoli, tombe intatte e strumenti cerimoniali. L’annuncio ufficiale ha attirato più di 300 giornalisti egiziani e stranieri alla conferenza stampa tenutasi proprio a Luxor, all’ombra del tempio funerario della regina Hatshepsut a Deir el-Bahari.

Il Tempio a Valle di Hatshepsut: un tesoro ritrovato

Il reperto più straordinario è, come accennato, il Tempio a Valle della regina Hatshepsut, una struttura che, secondo gli archeologi, rappresenta una delle più sensazionali scoperte degli ultimi anni. Oltre 1.500 blocchi, decorati con scene vivide, raccontano rituali sacri compiuti dalla sovrana insieme a suo nipote e successore, Thutmose III.

Zahi Hawass ha descritto le decorazioni come “le più belle che abbia mai visto“, sottolineando come sia la prima volta che si dispone di un set completo della decorazione di un tempio risalente alla XVIII dinastia. Tra le iscrizioni ritrovate, spicca il nome di incoronazione della regina, Maat Ka Ra, inciso su un deposito cerimoniale, dettaglio che conferma l’importanza del sito come luogo sacro durante il regno della potente Hatshepsut.

Senenmut: l’architetto e consigliere di Hatshepsut

Un’altra scoperta significativa riguarda Senenmut, figura di spicco alla corte della regina. Una tavoletta riemersa durante gli scavi riporta il suo nome e ne ricorda il ruolo centrale come architetto del celebre tempio funerario Djeser-Djeseru. Ma Senenmut non era soltanto un costruttore, era anche tutore della figlia di Hatshepsut, Neferura, e supervisore del Palazzo Reale.

Si tratta, senza dubbio, di una figura poliedrica che ha lasciato un segno indelebile nella storia egiziana, e i nuovi reperti arricchiscono il quadro delle sue relazioni con la sovrana, e gettano luce su un’epoca di innovazioni culturali e politiche.

La necropoli tolemaica: un crocevia di culture

Ma non è tutto. La missione archeologica ha restituito inoltre una necropoli risalente al Periodo Tolemaico, lungo la strada che conduce al Tempio a Valle. Le tombe, testimonianza della fusione tra tradizioni egiziane e greco-romane, mostrano la rilevanza di Luxor come luogo sacro per secoli.

Le sepolture comprendono sarcofagi antropomorfi decorati con motivi piumati, simboli di protezione e rinascita, e toccanti ritrovamenti come giocattoli deposti accanto a bambini, aspetti che umanizzano la vita quotidiana di un’epoca in cui cultura e religione si intrecciavano profondamente.

La tomba di Djehuty-Mes: una connessione con Tetisheri

Infine, una scoperta emozionante: la tomba di Djehuty-Mes, alto funzionario della regina Tetisheri, matriarca del Nuovo Regno e figura chiave nella cacciata degli Hyksos e nella riunificazione dell’Egitto.

Scolpita nella roccia e decorata con gesso dipinto, la tomba conserva una stele funeraria e iscrizioni che celebrano il prestigio del defunto. Djehuty-Mes, Sovrintendente del Palazzo, lavorò durante il regno di Tetisheri, nonna del faraone Ahmose I, a conferma del ruolo fondamentale svolto dalla regina nella fondazione di una nuova epoca di prosperità.

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Saqqara, scoperta la tomba di un medico “mago” che curava i faraoni

Gli archeologi della Missione archeologica francese hanno dissotterrato i resti di un medico dalle molteplici abilità che curò i faraoni circa 4.000 anni fa. Il Ministero egiziano del turismo e delle antichità ha annunciato la scoperta della sua tomba nel sito archeologico di Saqqara il 6 gennaio 2025. “La tomba è adornata con splendide incisioni e opere d’arte vivaci, tra cui una porta falsa splendidamente dipinta e scene di offerte funerarie“, ha affermato il Ministero in una dichiarazione.

A sud di Saqqara si trovano alcune tombe di anziani statisti dell’epoca Vecchio Stato e questa missione archeologica congiunta franco-svizzera, guidata dal Dr. Philippe Collombert, ha portato alla scoperta di una mastaba, tipica dell’Antico Egitto. Qui è sepolto un medico reale vissuto durante il regno di Pepi II, uno dei faraoni più longevi della storia egizia. La tomba nel corso degli anni ha subito qualche furto, ma le decorazioni interne come le pitture murali e alcune iscrizioni geroglifiche sono ancora ben conservate.

Chi era Teti Neb Fu

Dalle incisioni sulla tomba, gli archeologi hanno concluso che apparteneva al medico noto come Teti Neb Fu che visse durante il regno di Pepi II della sesta dinastia, tra circa il 2305 a.C. e il 2118 a.C. Le iscrizioni suggeriscono che egli fosse famoso e detenesse una “serie completa di titoli”, tra cui “capo medico del palazzo” e “sacerdote e mago” della dea Serket.

Era probabilmente un esperto nel trattamento dei morsi di scorpione o serpente, dato che si credeva che Sirkat proteggesse chi era vittima di morsi e punture velenose. Il medico era anche un dentista reale e un “direttore della medicina vegetale”. La scoperta fornisce nuove informazioni sulla cultura e la vita quotidiana dell’antico Egitto, ha osservato il ministero.

Gli archeologi hanno anche dissotterrato i resti di altri membri della corte di Pepi II sepolti vicino a lui e alle sue mogli. Hanno trovato una bara di pietra con geroglifici che indicavano il nome e i titoli del proprietario del cimitero.

Medicina e Magia

Gli scavi in corso a Saqqara sono iniziati nel 2022 e l’elaborata sepoltura di Teti Neb Fu mostra che l’antico regno egizio venerava sia la medicina che la magia. I ritrovamenti precedenti hanno dimostrato che gli antichi egizi cercavano di comprendere e curare il cancro e cercavano di sviluppare tinture e lozioni a base di erbe per varie malattie.

La falsa porta che di solito caratterizza le tombe egizie ha il compito simbolico di permettere al ka, ovvero alla parte immortale dell’anima del defunto, di entrare nel mondo dei vivi. In questa mastaba è decorata con immagini vivide di offerte, mobili funerari e titoli onorifici del defunto medico. La struttura della tomba presenta un soffitto rosso che ricorda il granito e all’interno è stato trovato un sarcofago di pietra decorato con altre iscrizioni che confermano il ruolo sociale di Teti Neb Fu.

Altre quattro tombe rinvenute

La spedizione archeologica congiunta Giappone-Egitto invece ha scoperto quattro tombe risalenti alla fine della Seconda e all’inizio della Terza dinastia e più di dieci sepolture dell’era XVIII dinastia dello stato moderno, indicando che l’attuale Saqqara si estende verso nord per un’area più vasta di quanto sia conosciuta.

Sono stati scoperti anche diversi vasi nella zona vicina, un cuscino calcareo, nonché resti umani in rilievo, una selezione di manufatti, frazioni di bare di legno e pezzi di ceramica. Questa scoperta rivela che la necropoli di Saqqara si estende più a nord di quanto si pensasse.