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Piobbico, gioiello incastonato in una vallata tra i monti delle Marche

Sorge in una vallata, stretta tra i verdeggianti versanti dei monti Nerone e Montiego, l’affascinante borgo di Piobbico, in provincia di Pesaro Urbino. La sua storia è ammaliante quanto il superbo contesto naturalistico in cui è inserito, e trasporta i visitatori in quel lontanissimo passato medievale che lo vide fiorire, ancora impresso nelle sue architetture civili e religiose, su cui domina tronfio il Castello Brancaleoni. C’è anche una curiosità che contraddistingue questo gioiello delle Marche: Piobbico è conosciuto come ‘il paese dei brutti’.

Piobbico: un po’ di storia

Per l’origine del nome ‘Piobbico’ bisogna risalire all’epoca romana. In seguito alla guerra sociale, tutti i territori che non si erano ribellati a Roma avrebbero dovuto ottenere il ‘diritto di cittadinanza’, tuttavia la parte a ridosso del monte Nerone rimase esclusa dalle suddette assegnazioni, rimanendo ager publicus. Negli anni ‘publicus’ evolse in ‘plobicus’, ‘plobici’ fino all’attuale Piobbico.

I fiumi e le cavità naturali che caratterizzano il territorio hanno favorito l’insediamento fin dalla preistoria, per poi proseguire con Etruschi e Romani. La vera storia del paese ha, però, inizio con la famiglia feudataria Brancaleoni, che si stabilì in queste terre prima dell’anno Mille, dominandole per quasi cinque secoli. Sono gli anni in cui sorsero il castello, il borgo, le chiese e le varie ville e villaggi attorno. Piobbico divenne comune autonomo solo nel 21 dicembre 1827, per decreto di Leone XII.

Visita al borgo di Piobbico

Simbolo di Piobbico è il Castello Brancaleoni, eretto nel XIII secolo, probabilmente sui resti di preesistenti costruzioni, e trasformato nel Cinquecento in una splendida dimora rinascimentale, che risentì dell’influenza della vicina Urbino. Si presenta come un complesso di costruzioni aggiuntesi al nucleo primitivo che si allungano sul crinale del roccione dominante il centro del bacino dove poggia il borgo marchigiano. Una delle sale di maggior pregio del Castello è la “sala del Leon d’Oro”, riccamente decorata, alla cui sinistra si trova la cosiddetta “Camera Romana”, per le scene di vita romana in stucco e dipinte nella volta, mentre a destra è la “Camera Greca”, del conte Antonio II, affrescata con episodi tratti dalla mitologia greca. Restaurato di recente, il Castello ospita oggi il Museo Civico Brancaleoni, e i suoi spazi vengono spesso utilizzati per manifestazioni ed eventi culturali, come concerti, convegni e mostre d’ arte.

Il borgo medievale, detto popolarmente il Borghetto, costituisce insieme al Palazzo Brancaleoni la vera anima antica di Piobbico. Si compone di un paio di viuzze e di alcuni vicoli chiusi, attorno ai quali sorgono le piccole case unite tra loro, per scopo difensivo. Punto di incontro di questo tracciato ad anello è la Chiesa di S. Pietro con la piazzetta antistante, collocata a metà della rampa di accesso al Castello, che si presenta con un elegante portale cinquecentesco, unico elemento decorativo della sobria facciata, e al cui interno custodisce una pala d’altare raffigurante il santo attribuita a Giorgio Picchi.

Il più antico edificio di culto del territorio piobbichese è, invece, il santuario di Santa Maria in Val d’Abisso, risalente almeno all’XI secolo, sorto proprio ai piedi del monte Nerone, nel luogo in cui, secondo la tradizione, sarebbe stata rinvenuta l’immagine della Madonna, oggi conservata al suo interno. Altrettanto affascinanti, la Chiesa di Sant’Antonio, nella piazzetta omonima, e la Chiesa di Santo Stefano, in stile barocco, riedificata dai Brancaleoni nel 1784 dopo il terremoto, che custodisce la pala “Riposo della Sacra Famiglia durante la fuga in Egitto” di Federico Barocci.

Passeggiando lungo le stradine ripide e acciottolate del Borghetto, si possono notare i caratteristici edifici costruiti o con la pietra rossa del Montiego, o con corniola bianco-latte, che conservano gli antichi elementi architettonici, come stipiti e architravi, in travertino bianco ricavato dal monte Nerone.

Durante i lavori di restauro di una casa nel centro storico di Piobbico, è venuta alla luce una fornace di età romana che presenta tre camere di cottura distinte e un complesso sistema per il convogliamento dell’aria calda. Si tratta di una vera e propria officina situata sotto il Palazzo Brancaleoni, collegato al nucleo principale del paese medievale, che sta sull’altra sponda del Candigliano, mediante un ponte.

Perché Piobbico è ‘il paese dei brutti’

Oltre che per le sue bellezze paesaggistiche, storiche e architettoniche, Piobbico è noto anche per essere ‘il paese dei brutti’. Ma da dove arriva questo appellativo? Il Club dei brutti (o World Association of the Ugly People) è un’associazione internazionale fondata nel 1879 nel borgo in provincia di Pesaro Urbino, che oggi ha lo scopo di sensibilizzare sul tema dell’apparenza nella società moderna. La sua istituzione è stata motivata dall’esigenza di “maritare le zitelle del paese”, in quanto non sposarsi a causa del proprio aspetto causava problemi anche economici per le famiglie. In pratica, svolse funzioni simili a quelle di un’agenzia matrimoniale.

L’associazione è stata poi rilanciata intorno al 1960 con il nome di “Associazione Nazionale dei Brutti”, che nel 2008 dichiarava come suo scopo la “sensibilizzazione ad una corretta cultura dell’apparenza e la lotta al culto della bellezza della moderna società della comunicazione” e “combattere il culto esagerato della bellezza”. Nello stesso anno ha inaugurato un monumento ai brutti nel paese di Piobbico. Nella prima domenica di settembre, si svolge ogni anno nel borgo il Festival dei Brutti, in concomitanza con la rinomata Sagra della Polenta alla Carbonara.

Il sentiero dei folletti e altre meraviglie nei dintorni

I fiumi, le valli, i monti che circondano Piobbico offrono un’infinità di percorsi, tra cui il fiabesco Sentiero dei Folletti, da dove poter ammirare lo splendore del Monte Nerone e il borgo antico del Castello. Un breve itinerario adatto a tutti, percorribile in circa mezz’ora tra andata e ritorno, che regala un panorama unico del paese marchigiano.

Sulle alture del borgo sono presenti altre rocche e castelli parzialmente ridotti in ruderi, che fungevano da posti di guardia, eremi, o vecchie abitazioni dei Brancaleoni. Tra questi spicca l’eremo di Morimondo, la cui esistenza è già attestata all’inizio del secolo XIII, sede di una comunità ascetica che praticava la regola di san Pier Damiani.

Su un picco appartenente al massiccio del monte Nerone, a strapiombo sul borgo di Piobbico, ci si imbatte nella primitiva dimora dei Brancaleoni, il Castello di Mondellacasa (nome con il quale vennero designati i signori del paese), di cui oggi restano solo pochi ruderi, i Muracci. Nel corso del XIII e XIV secolo, abbandonarono questo antico maniero per trasferirsi più a valle nel castrum di Piobbico.

Domina, invece, il lato sinistro del corso superiore del fiume Candigliano il Castello dei Pecorari, eretto alla fine del XII secolo, che nel 1446 passò dalle mani dei Brancaleoni a quelle dei loro rivali Ubaldini, per volontà di Federico da Montefeltro, signore di Urbino. Del maniero si può ammirare ancora intatta la struttura dell’imponente mastio.

Ogni periodo storico ha lasciato tracce a Piobbico, basti pensare che in una grotta nei dintorni sono state ritrovate ossa di Ursus spelaeus risalenti a migliaia di anni fa, il cui scheletro ricostruito è esposto nel Museo Civico. Insomma, chi viene in visita in questi luoghi torna a casa con un bagaglio di sorprese e di emozioni davvero infinite.

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Val Mivola, infinite esperienze nelle Marche

C’è una zona delle Marche, e più precisamente in nove comuni della provincia di Ancona: Arcevia, Barbara, Castelleone Di Suasa, Corinaldo, Ostra, Ostra Vetere, Senigallia, Serra De’ Conti, Trecastelli, che si trova tra i fiumi Misa e Nevola e che offre un’infinità di itinerari e altrettante imperdibili esperienze.

Il territorio in questione prende il nome di Val Miviola e permette di passare dall’arte all’artigianato, dalla natura allo sport, dall’enogastronomia alla storia e alla devozione. In sostanza, in questo angolo d’Italia è possibile sorprendersi, emozionarsi, e  allo stesso tempo, divertirsi, inebriarsi di cultura e rilassarsi a stretto contatto con la natura.

Val Mivola: un museo diffuso e un parco naturale allo stesso tempo

Avete letto bene, la Val Mivola è un museo diffuso e un parco naturale allo stesso tempo. Tutto merito degli Appennini da un lato, delle placide coste accarezzate dal mare dall’altro e, nel mezzo, di borghi incantati, unici e caratteristici.

Ognuno dei suoi nove comuni, infatti, può vantare le sue tipicità, delle perle rare che val la pena visitare. Scopriamoli insieme.

Senigallia, la località balneare per eccellenza (e non solo)

Da molti Senigallia è conosciuta come una delle località balneari più famose d’Italia. Del resto la sua ampia spiaggia di velluto, lunga ben 14 chilometri, e l’affascinante Rotonda sul Mare non possono che confermare quanto appena detto. Ma la verità è che questa cittadina è molto di più.

Vi basti pensare che è stata nominata Città della fotografia anche grazie al suo Palazzo del Duca dove si trovano le opere del grande fotografo Mario Giacomelli, nato e vissuto in città: una collezione permanente di circa 80 fotografie che racconta l’universo poetico ed artistico di Giacomelli.

Senigallia marche

Fonte: Ufficio Stampa

Veduta di Senigallia

Per i più fervidi ammiratori del fotografo, è immancabile l’itinerario che ricostruisce il legame tra alcuni suoi scatti e le colline della sua amata città natale. Si tratta di un percorso ad anello che si sviluppa per circa 10 km in una vasta zona della campagna circostante in direzione di Ostra e che permette di indagare il rapporto dell’artista con le sue radici, il suo passato e la sua terra.

Trecastelli, con un museo meraviglioso

A Trecastelli, invece, avrete la possibilità di visitare il Museo Nori de’ Nobili che custodisce un’ampia selezione delle opere di questa grande pittrice e rappresenta uno dei pochi musei interamente al femminile.

Ci sono ben cinque stanze che conservano circa settanta dipinti e che rappresentano ognuna un periodo specifico della vita di Nori, tratteggiando l’intero percorso artistico e il travagliato vissuto della pittrice. Il Museo Nori de’ Nobili è il vero punto di partenza per la riscoperta critica della pittrice marchigiana, a lungo ingiustamente dimenticata nel panorama artistico contemporaneo.

Ostra, una tappa all’insegna della spiritualità

I più spirituali potranno trovare pane per i loro denti a Ostra dove sorge il Santuario della Madonna della Rosa che custodisce gelosamente una raccolta di tavolette votive che sono una testimonianza di autentica devozione popolare in una forma artistica molto intensa e suggestiva.

Molto suggestivo è anche il piccolo Teatro La Vittoria, un’affascinante struttura dalla forma di ferro di cavallo la cui costruzione attuale risale al 1863. Il palcoscenico venne edificato in legno d’abete secondo i dettami dell’acustica del senigalliese Cortesi. Vincenzo Nini, invece, dimorando per sei mesi consecutivi all’interno del teatro, mise a punto il complesso e ingegnoso macchinario di scena, tutt’oggi funzionante e visitabile.

teatro di ostra marche

Fonte: Ufficio Stampa – Ph: Andrea Giuliani

Il bellissimo Teatro di Ostra

Corinaldo, piccolo gioiello

Ben più noto, ma ugualmente spettacolare, è Corinaldo che si distingue per essere un piccolo gioiello circondato da una poderosa cinta muraria di quasi 1 km. Straordinario è il suo centro storico medievale che si sviluppa in vicoli stretti in cui perdersi per poi ritrovarsi nel mezzo di incantevoli piazze.

Corinaldo, però, gode anche di una curiosa fama: è la “Città dei matti”. Un soprannome che si deve ad una serie di storie legate ai suoi abitanti. Si narra, per esempio, di un figlio emigrato in America che spediva i propri guadagni al padre – di nome Scuretto – per costruire la loro casa. Soldi che però, puntualmente, finivano nelle osterie di Corinaldo.

Alla richiesta del figlio di esibire una prova dello stato dei lavori della casa, Scuretto ebbe l’idea geniale di far costruire solo la facciata di un edificio con tanto di numero civico, facendosi poi fotografare alla finestra della finta abitazione. Il figlio non se la bevve, e smise di inviare i soldi. Così la casa non venne mai finita e oggi, a metà di via della Piaggia, ovvero la scalinata centrale di Corinaldo, al civico numero 5 sorge una facciata con tanto di targa che recita “casa di Scuretto”.

Ostra Vetere con la casa di terra e paglia

L’itinerario in Val Mivola continua per raggiungere Ostra Vetere dove è d’obbligo una sosta alla casa di terra e paglia, una costruzione che risale agli inizi del Novecento e che rappresenta un interessante esempio di architettura povera.

Castelleone di Suasa tra storia e antichità

E ancora storia e antichità a Castelleone di Suasa, dove dimorano i resti di uno dei siti romani più ricchi e interessanti della regione: il municipium di Suasa. Poco conosciuto dalle fonti antiche, era in realtà un centro importante della valle, soprattutto dal punto di vista commerciale.

L’antico abitato, stretto e lungo, chiuso ai lati dal fiume Cesano e dalle colline, ospitava il vasto anfiteatro costruito alla fine del I sec. d.C., uno dei più grandi della regione, capace di accogliere diverse migliaia di spettatori.

Barbara, dove fare un incredibile percorso

Raggiunta Barbara, il consiglio è quello di seguire il percorso della Canalecchia, un affascinante itinerario alla scoperta delle leggende e dei “tesori” di questo piccolo borgo. Uno di questi è il Ponte del Bombo che prende il nome da un brigante della zona.

Barbara marche
Veduta di Barbara

Poi i Sabbioni, un tratto di strada costeggiato da alte scarpate di sabbia compressa che durante la Seconda Guerra Mondiale si trasformarono in un perfetto rifugio dai bombardamenti. Infine la Canalecchia, un’antica sorgente circondata da una fitta vegetazione, un luogo ricco di significato per la popolazione del posto perché si narra che qui Santa Barbara salvò la popolazione fermando l’esercito invasore.

Il percorso poetico a Serra De’ Conti

Un’esperienza unica e particolare è poi il percorso poetico studiato dal poeta Gio Evan a Serra De’ Conti: con una mappa da ritirare all’ufficio turistico del comune, i viaggiatori potranno andare alla ricerca delle dieci poesie nascoste nei vicoli del centro storico del paese, alla scoperta degli angoli più suggestivi di questo grazioso borgo.

Molto interessante è anche il Museo delle Arti Monastiche “Le Stanze del Tempo sospeso”, che raccoglie i reperti di cultura materiale appartenuti al vicino Monastero di S. Maria Maddalena.

Arcevia e i suoi Castelli

Infine, Arcevia e i suoi Castelli, luoghi magici incastonati nel verde dei boschi, circondati da alte mura, dove sembra che il tempo si sia fermato: Avacelli, Castiglioni, Montale, Piticchio, Loretello, Nidastore, San Pietro in Musio, Palazzo e Caudino sono nove fortezze medievali dalle quali godere di splendidi panorami e viste mozzafiato.

Insomma, la Val Mivola merita di essere scoperta, anche perché accoglie tutti i suoi visitatori con un’offerta turistica ricca e vivace.

Arcevia marche

Fonte: iStock

Veduta di Arcevia
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Buttero Zone, esperienza incredibile nelle Marche

In sella a un elegante cavallo per andare alla ricerca del tartufo. No, non è solo un’idea che potrebbe sembrare irrealizzabile, è un’incredibile avventura che è possibile vivere nelle Marche, tra San Lorenzo in Campo e Pergola, in provincia di Pesaro Urbino, una terra che da sempre si distingue per essere ricca di questo prezioso e gustoso tubero.

In cosa consiste Buttero Zone

Il suo nome è Buttero Zone ed è nata nell’estate di due anni fa. Un progetto giovane e interessante grazie a cui è possibile dedicarsi a esperienze outdoor a cavallo, utilizzando la razza autoctona del vicino monte Catria, in grado di stimolare tutti i sensi.

Inizialmente le tre esperienze possibili erano: #AperinFiume, per fare una vera immersione nella natura a cavallo in un itinerario semplice quanto suggestivo, e poi terminare con un aperitivo con prodotti enogastronomici locali da gustare comodamente seduti lungo il fiume Cesano; #AperinCollina, la più gettonata per la mezza stagione in quanto consente di stare in un vero e proprio puzzle di colori tra vigneti che lasciano spazio a campi di grano, ulivi e girasoli; #AperinBalla, per un aperitivo al tramonto con tipicità locali da degustare seduti su una rotoballa.

A mano a mano si sono aggiunti #cavalcandoalMare, #AperiEnnio, la più tradizionale, e l’esperienza al tartufo. Ma non è finita qui perché ad arricchire la proposta c’è un percorso di avvicinamento al cavallo, passeggiate e giornate intere con opzione pranzo presso ristoranti e agriturismi o in cantina, e la possibilità di trascorrere la notte in una tenda da sogno sotto le stelle del Giardino Segreto.

L’ultima Buttero Experience ideata vede protagonista il diamante della terra: #aperintartufo. Consiste in un’esperienza che porta alla ricerca del tartufo passeggiando a cavallo immersi nella natura insieme a cavatori e al loro cane, per poi degustarlo al ristorante.

Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti.

Un’esperienza davvero eccezionale

Come spiegato dall’ideatore Giacomo Bartolucci, personal riding coach con 30 anni di esperienza, e la moglie Erica Sebastianelli, Buttero Zone unisce la promozione del territorio e la valorizzazione delle sue eccellenze enogastronomiche con le bellezze attraverso esperienze all’aria aperta.

Tutto questo è possibile perché gli ospiti possono partecipare a questa particolare avventura durante tutti i periodi di raccolta del tartufo. Oggigiorno Buttero Zone attira ospiti da tutta Italia: Toscana, Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia- Romagna, Lazio, Abruzzo, Puglia, Umbria e, ovviamente anche dalle splendide Marche.

C’è chi sceglie persino di approfittare di questa avventura per fare la sua romantica proposta di matrimonio. Si sono interessati anche travel blogger e influencer con un grandissimo seguito che hanno creato contenuti esclusivi su questa esperienza.

Un modo nuovo e originale per far conoscere un territorio splendido del nostro Paese, anche perché moli ospiti di Buttero Zone vengono poi accompagnati in ristoranti e agriturismi della zona, così come alcuni si fermano a soggiornare acquistano i tanti prodotti tipici che questo territorio può vantare.

Ma Buttero Zone non si ferma di certo qui: in cantiere ci sono tanti altri progetti, tra cui la Buttero School, dove apprendere nozioni tecniche e messa in pratica abbinando teoria e pratica a cavallo.

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Urbisaglia: il bellissimo borgo del punto esclamativo!

È un piccolo borgo medievale delle Marche, Bandiera Arancione del Touring Club, un tempo grande città del Piceno e glorioso municipio romano, a vantare la nascita del punto esclamativo, evento che, forse, è ancora sconosciuto ai più: stiamo parlando di Urbisaglia, a dominio della Valle del Fiastra, protetta ancora dalle sue antiche mura perfettamente conservate, costruite per dare potenza e lustro all’abitato.

Proprio qui, infatti, intorno al 1360 lo scrittore e poeta Iacopo Apoleio, nativo del borgo, include nella sua opera “De ratione punctandi” il “punctus admirativus” tra gli otto segni da lui codificati e ne rivendica l’invenzione.

Una curiosità che può essere l’ottimo pretesto per trascorrere un weekend da queste parti e immergersi nell’atmosfera millenaria di un borgo che ha davvero molte storie da raccontare.

Cosa vedere a Urbisaglia, le meraviglie del centro storico

Una visita al borgo del punto esclamativo inizia dal suo cuore pulsante, il centro storico, dove si concentrano pregevoli monumenti a testimonianza di un ricco e importante passato.

Passeggiando senza fretta, lo sguardo incontra la settecentesca Collegiata di San Lorenzo, in Piazza Garibaldi, dalla pianta circolare con orientamento ottagonale: l’abside è impreziosito da cinque affreschi incentrati sulla vita di San Lorenzo a opera del pittore Ciro Pavisa mentre la prima cappella a destra dell’ingresso vanta un meraviglioso Trittico dipinto nel Cinquecento da Stefano Folchetti di San Genesio.

Proseguendo l’itinerario, spiccano la Chiesa della Santissima Addolorata, la più antica del centro storico di Urbisaglia, con affreschi di inizio Cinquecento e portale in pietra bianca di origine romana, e il Museo Archeologico che, ospitato in un palazzo storico ottocentesco, offre un percorso espositivo su due piani dedicato alla civilizzazione romana del territorio.

Su tutto veglia la maestosa Rocca, tra le meglio conservate della regione, edificata tra il XIII e il XV secolo seguendo lo stile rinascimentale, con mastio adornato da merli ghibellini e dalla forma trapezoidale con quattro torri: aveva scopo difensivo e di controllo del territorio.

Da non perdere è poi la Chiesa di San Biagio, custode al suo interno del Museo delle Armi e delle Uniformi Militari e del Sacrario dei Caduti.

Infine, impagabili sono gli scorci che si aprono dai vicoli con incantevoli vedute sulle colline dei dintorni: un panorama che fa sognare.

Il Parco Archeologico, eco dell’Antica Roma

Urbisaglia_Teatro

Fonte: Ph Saro di bartolo – Wikipedia

Teatro del Parco Archeologico

Meta di spicco durante una visita a Urbisaglia è il Parco Archeologico che comprende gli scavi archeologici dell’antica Urbs Salvia, potente città del Piceno risalente al I secolo a.C., colonia e municipio romano.

Con un’estensione di circa 40 ettari, è il parco archeologico più interessante e notevole delle Marche nonché uno dei più grandi del Centro Italia: il percorso di visita scende lungo la collina seguendo un tracciato di circa un chilometro e consente, così, di apprezzare la struttura della città romana nella sua interezza, a partire dal colle di San Biagio fino a raggiungere, con una serie di terrazzi naturali, il pianeggiante fondovalle.

Risultano ben visibili tuttora il Serbatoio, punto di arrivo dell’acquedotto romano sotterraneo della lunghezza di un chilometro e mezzo, il Teatro realizzato nel 23 d.C. per volere del politico Gaio Fufio Gemino, il Tempio-criptoportico dedicato alla Salus Augusta che vanta deliziosi affreschi restaurati di recente, e l’Anfiteatro fatto costruire dal senatore e militare Lucio Flavio Silva nella seconda metà del sec. II d.C., oggi cornice di spettacoli teatrali.

Si fanno notare anche ampi resti di mura in laterizio, con torri e avancorpi poligonali, erette nella seconda metà del I sec. d.C.

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In Italia esiste un borgo pittoresco dove la follia è di casa

Nel cuore delle Marche, immerso nell’entroterra della regione a pochi chilometri dal mare, esiste uno dei luoghi più suggestivi, affascinanti e seducenti del nostro Paese.

Arroccato su un colle che domina il fiume Nevola, e circondato tutto intorno da vigneti e campi di girasole, Corinaldo è una delle mete turistiche d’eccellenza in Europa come testimonia il titolo di Borgo più bello d’Italia e la Bandiera Arancione conferita dal Touring Club Italiano.

È un patrimonio immenso e straordinario, quello del borgo marchigiano, che vede fondere storia, tradizione e spiritualità in un paesaggio che lascia senza fiato. Ma c’è qualcos’altro che affascina e attira viaggiatori e turisti da tutto il mondo, qualcosa che non si può spiegare ma solo scoprire e vivere: la follia che da sempre caratterizza questo luogo e i suoi abitanti.

Il paese dei matti e dei Santi

Matti e Santi hanno vissuto e convissuto in questo luogo per secoli lasciando testimonianze visibili e percettibili ancora oggi all’interno del borgo.

Perché Corinaldo è il Paese dei Santi lo sappiamo tutti. Qui, il 16 ottobre del 1980, nacque Maria Goretti, venerata come Santa e martire dalla Chiesa Cattolica. All’interno del borgo è possibile seguire un itinerario spirituale che ci porta alla scoperta dei luoghi della Santa, come la sua casa natale e il santuario che preserva le sue reliquie.

Perché il borgo in provincia di Ancona sia considerato folle, invece, non tutti lo sanno. Possiamo anticiparvi però che l’appellativo ha a che fare con gli abitanti del luogo e con le loro leggendarie storie, con curiosità e aneddoti che ancora oggi aleggiano misteriosamente tra le strade del paese.

I matti di Corinaldo

C’è un libro che spiega perfettamente perché Corinaldo è considerato il paese dei matti, o meglio, lo fanno le storie raccolte in questo testo. Ne I matti di Corinaldo di Mario Carafòli sono narrate alcune delle vicende che hanno contribuito a questo bizzarro appellativo ricavate dalle memorie del Cavalier Nicola Bolognini Bordi.

C’è la storia del signor Atavico, un cacciatore che tutte le notti svegliava le persone del paese per informarle sulle condizioni meteorologiche del giorno dopo. C’è quella del signor Gecco che, ubriaco, si gettò completamente nudo nella fontana del borgo e per questo venne arrestato. Si natta anche di un certo Pietrino Del Mosciuto che scrisse una lettera all’allora presidente del consiglio Francesco Crispi lamentandosi di non essere stato consultato prima di far entrare l’Italia in guerra.

Queste sono solo alcune delle bizzarre storie raccontante nel libro e che riguardano gli abitanti del luogo. Ma Corinaldo, tra tradizioni folcloristiche e luoghi leggendari, continua a stupire.

La casa di Scuretto, la leggenda del Pozzo e il Passaporto da Matto

Per scoprire le altre strambe storie di Corinaldo basta una passeggiata nel borgo. È attraverso questa che possiamo andare alla scoperta della casa di Scuretto, un bevitore accanito che per dimostrare al figlio di non spendere tutti i soldi nelle osterie del borgo fece costruire solo la facciata di una casa, per dimostrare ai suoi familiari che era una persona responsabile. La casa, in realtà, non fu mai costruita, ma al suo posto c’è la facciata con tanto di numero civico e finestre.

A Corinaldo celebre è anche la leggenda del Pozzo della Polenta, luogo iconico situato proprio sulla scalinata della Piaggia. La storia vuole che qui un contadino si gettò per raccogliere la polenta caduta nel pozzo senza risalire più. Le donne del paese, per sfamarlo, si recavano sul luogo ogni giorno per lanciargli salsicce e altri alimenti per sfamarlo.

E se questo ancora non vi bastasse per considerare Corinaldo un luogo folle, allora dovete raggiungere il borgo in occasione della Festa dei Folli che si tiene qui ogni anno dopo Pasqua. Una sorta di Carnevale dove colori, luci e manifestazioni sui generis si tengono tra le strade del borgo. Partecipando alla festa è possibile ottenere anche il Passaporto da Matto.

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Nelle Marche dal mare all’entroterra a bordo dei treni storici

Dopo l’enorme successo dei convogli inaugurali lo scorso autunno, nelle Marche tornano i treni storici che condurranno i passeggeri alla scoperta delle bellezze del territorio dal 18 aprile al 18 dicembre con venti appuntamenti in programma.

A bordo di affascinanti carrozze d’epoca, quelli lungo la Ferrovia Subappennina Italica saranno viaggi lenti e romantici, un autentico ritorno al passato in chiave slow mentre dal finestrino scorre un paesaggio plasmato dalla dolci colline e dalla costa sull’itinerario Ancona – Fabriano – Pergola.

marche

Campagna marchigiana vicino Pergola

L’iniziativa per promuovere il territorio grazie ai convogli d’epoca

L’Assessorato alle Infrastrutture della Regione Marche ha fortemente voluto la riapertura della linea ferroviaria Fabriano – Pergola a scopo turistico in collaborazione con Fondazione FS e Rete Ferroviaria Italiana: l’accordo reciproco prevede un contratto triennale per la realizzazione di corse con convogli d’epoca fino al 2024.

Ogni treno potrà ospitare 250 viaggiatori per un totale di 5000 posti a disposizione durante tutto l’anno e tre dei viaggi previsti si fregeranno del suggestivo contributo di locomotive a vapore.

Ma non è tutto.

Nel 2023 sono previsti i lavori per la riqualificazione delle ex Officine di Fabriano con l’obiettivo di rendere fruibili i locali dell’antico Deposito Locomotive ai passeggeri dei treni storici in transito da Ancona a Pergola: verranno così trasformate in Polo Museale con una porzione adibita al rimessaggio delle locomotive a vapore.

La ferrovia Fabriano – Pergola rinasce per i turisti

La Subappennina Italica nacque come parte di un progetto che avrebbe dovuto unire le Marche all’Emilia Romagna con capoluogo Sant’Arcangelo di Romagna: il tratto tra Fabriano e Pergola, di 31,6 chilometri, fu inaugurato il 28 aprile 1895 e, tre anni dopo, la linea venne prolungata fino a Urbino.

Nel 2013, a causa di una frana, il servizio ferroviario venne interrotto e sostituito da bus: il 26 settembre 2021 la riapertura in chiave turistica con il primo treno storico che ne ha percorso di nuovo i binari dopo otto anni di sospensione.

Un “Viaggio romantico nel tempo” tra bellezze paesaggistiche, culturali ed enogastronomiche

I treni storici consacrano una nuova forma di turismo slow, colto, sostenibile che va alla ricerca delle eccellenze meno conosciute ma straordinarie che le Marche custodiscono con cura: aree archeologiche, eremi, monasteri, musei, tradizioni, artigianato, tartufo e vini.

La ferrovia Fabriano – Pergola attraversa la Valle del Cesano, cuore verde d’Italia tra montagna e mare: dopo 16 chilometri, dalla stazione di Fabriano si arriva a Sassoferrato, uno dei Borghi Più Belli d’Italia.

Da qui, la linea si immette nella galleria Fontanaldo per raggiungere il punto più alto del tragitto a circa 430 metri: proseguendo verso Monterosso Marche e Bellisio-Solfare (dove è possibile visitare la Miniera di Cabernardi, parte del Parco museo minerario delle miniere dello zolfo delle Marche) lo sguardo incontra lo splendido Santuario della Madonna del Sasso, risalente all’epoca dei Longobardi.

La Valle del Cesano è perfetta per l’outdoor, ricca di sentieri dove praticare escursioni, trekking e biking, la cornice ideale per una vacanza a contatto con la natura e il relax dei verdi prati: scoprirla affacciati al finestrino a bordo dei treni storici diventa un valore aggiunto e un’esperienza indimenticabile davvero da non perdere.

treno vapore

Treno a vapore

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È Pesaro la Capitale Italiana della Cultura 2024

È stata finalmente annunciata la Capitale Italiana della Cultura 2024, un titolo che viene assegnato per la durata di un anno e per cui la città vincitrice riceverà un milione di euro per la realizzazione del progetto. Sarà Pesaro nella splendida regione Marche, luogo che si aggiudica questo successo “battendo” ben 10 città di cui vi avevamo parlato qui.

Perché ha vinto Pesaro

La città di Pesaro offre al Paese una eccellente candidatura basata su un progetto culturale che, valorizzando un territorio già straordinariamente ricco di testimonianze storiche e preziosità paesaggistico-ambientali, propone azioni concrete attraverso le quali favorire anche l’integrazione, l’innovazione, lo sviluppo socio-economico“.

Viene introdotta così la motivazione che ha portato alla proclamazione di Pesaro Città della Cultura 2024. La giuria presieduta da Silvia Calandrelli ha fatto sapere che: “In questa prospettiva la proposta conferisce il giusto equilibrio a natura, cultura e tecnologia, tre elementi che si fondono in un contesto di azione condivisa tra pubblico e privato. L’enfasi data al valore della cittadinanza come riconoscimento e come pratica attraverso concreti esercizi, oggi più che mai, afferma una direzione che può generare contributi per altre esperienze future. Lo sforzo di coinvolgimento delle giovani generazioni in un programma impegnativo appare particolarmente interessante alla luce delle sfide che l’incertezza dei tempi propone. La valorizzazione del rapporto tra città e territorio con un programma esteso in modo articolato a tutti i comuni della provincia integra voci rendendo corale il conseguimento del titolo di Capitale della Cultura“.

La vittoria dedicata a Kharkhiv

Il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, ha festeggiato questo prestigioso riconoscimento salutando con una doppia foglia di Ginkus Biloba, una pianta sopravvissuta alla bomba atomica di Hiroshima, con i colori della bandiera Ucraina e dedicando la vittoria a Kharkiv, città ucraina “musicale” come Pesaro.

Il sindaco ha ringraziato la sua squadra che ha proposto un progetto che ha convinto la giuria, basato sull’identità musicale della città, sede del prestigiosissimo Festival Rossiniano.

Un percorso, inoltre, in cui Pesaro non sarà sola perché è stata attivata una “strategia collettiva” che mira a coinvolgere tutti i 50 Comuni della Provincia di Pesaro e Urbino e il sistema di enti, associazioni e professionisti della cultura con cui la città del Rossini Opera Festival ha intrecciato negli anni rapporti ormai solidi.

Cosa vedere a Pesaro

Pesaro è una delle città più animate e variegate delle Marche, un posto che è in grado di offrire differenti tipi di vacanza che vanno dal mare alla collina, dallo sport alla musica, passando anche per arte e cultura.

La prima cosa da non perdere è certamente Piazzale delle Libertà e “La Sfera Grande di Pomodoro”, un’opera dell’artista Arnaldo Pomodoro datata 1998. Oggi è una delle sue icone, simbolo di unione tra uomo e natura.

Bellissimo anche il Villino Ruggeri, un edificio in stile Liberty edificato da Giuseppe Brega nel 1902. Al suo esterno spiccano i ricchi e fantasiosi stucchi zoomorfi e fitomorfi marini.

Davvero straordinaria è Piazza del Popolo, il cuore vivo di questa affascinante città. Al suo centro svetta una bellissima fontana, “La Pupilla di Pesaro”, che si presenta con un Giglio in pietra d’Istria e marmo veronese con sfumature rosse. Ad arricchirla anche quattro tritoni, quattro delfini e quattro cavalli marini. Da visitare, poi, il Palazzo Ducale, il Palazzo Baviera o Municipale e la Piaggeria.

Infine, ma le meraviglio di Pesaro non sono finite qui, 7 i chilometri di litorale che si sviluppano dal Monte San Bartolo con le sue spiagge incontaminate e piccole baie, fino a Baia Flaminia, zona che vanta lidi più grandi di sabbia fine e tanti servizi e locali.

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Piazza del Popolo, Pesaro

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Scoprire le Marche a piedi: le escursioni più belle

Mare e montagna, svago e buona tavola: le Marche uniscono nel loro territorio innumerevoli occasioni per vivere una vacanza per tutti i gusti e le esigenze.

Gli amanti del trekking e della vita all’aria aperta hanno davvero l’imbarazzo della scelta: tra parchi regionali, incredibili formazioni rocciose e fragorose cascate, ecco alcune delle escursioni più belle per andare alla scoperta delle meraviglie della regione a piedi e zaino in spalla.

Il Parco Nazionale dei Monti Sibillini

Autentico spettacolo, il Parco Nazionale dei Monti Sibillini comprende il massiccio montuoso più elevato dell’Appennino umbro-marchigiano, oltre 70000 ettari di natura, antichi borghi, il Lago di Fiastra ed echi di leggende che affascinano ancora oggi.

Per vivere appieno la sua magia, tra i numerosi percorsi da provare, spicca quello del Sentiero dei Mulini, passeggiata adatta a tutti di quattro chilometri con partenza da Balzo di Montegallo e arrivo a Interprete e Colle passando per Castro, immersi in un paesaggio di vero incanto.

Oppure, nel comune di Sarnano, altra meta suggestiva è l’Eremo di Soffiano, risalente al XII secolo, ricavato all’interno di una nicchia di roccia. Dal Convento di San Liberato, dopo 500 metri, ecco la strada sterrata che si immette nel cuore della natura.

Le Lame Rosse

Il Gran Canyon delle Marche, in provincia di Macerata, dona un’emozione difficile da descrivere: da una sponda del Lago di Fiastra, ecco il sentiero sterrato che attraversa una lecceta e, dopo sette chilometri di cammino e un dislivello di 200 metri, giunge al cospetto delle Lame Rosse, opera d’arte della natura.

Le singolari formazioni rocciose disegnano un paesaggio lunare, tra torri e pinnacoli di argilla e ghiaia, un panorama unico nel suo genere.

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La magia delle Lame Rosse

La Riserva Naturale Abbadia di Fiastra

Da un perdere, nel maceratese, la Riserva Naturale di Abbadia di Fiastra, nata per tutelate le terre appartenute ai monaci cistercensi e da loro lavorate per secoli in felice armonia tra uomo e natura.

Qui si staglia la monumentale Abbazia di Chiaravalle di Fiastra, tuttora abitata dai monaci e permeata da una suggestiva atmosfera di pace e relax.

Lungo il fiume Fiastra è poi possibile percorrere facili itinerari di breve durata per ammirare l’antica selva, in passato riserva di caccia della famiglia Giustiniani Bandini.

La Riserva mette inoltre a disposizione dei visitatori l’Ufficio Informazioni e Centro Visite, il Museo del Vino, il Museo Archeologico e il Museo della Civiltà Contadina.

Abbazia di Chiaravalle di Fiastra

Abbazia di Chiaravalle di Fiastra

Le cascate della Prata e della Volpara

In provincia di Ascoli Piceno, nel territorio del piccolo borgo di Umito, frazione di Acquasanta Terme, l’escursione più bella accompagna, attraverso un sentiero ben segnalato tra maestosi castagni, al cospetto di due fiabesche cascate: la prima che si incontra è quella della Prata.

Proseguendo poi il cammino all’ombra dei faggi, tra ruscelli, piccole cascatelle e un’antica grotta, si apre lo spettacolo della più grande Cascata della Volpara che si getta da un’altezza di 2073 metri: indimenticabile.

Le Marmitte dei Giganti

Lo spettacolo della natura continua con le emozionanti Marmitte dei Giganti nel territorio di San Lazzaro, alle porte di Fossombrone (Pesaro-Urbino): sono incantevoli gole create, nel corso dei secoli, dallo scorrere, allora impetuoso, del fiume Metauro.

In migliaia di anni, il paziente lavoro dell’acqua ha sagomato le pareti di calcare bianco che, oggi, raggiungono i 30 metri di altezza: punto panoramico straordinario per lasciarsi stupire dal “canyon del Metauro” è il Ponte dei Saltelli.

marmitte giganti

Le Marmitte dei Giganti