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“In Perpetuo”: il regista racconta i trabucchi del Gargano e la memoria del tempo

Cosa resta di un sapere antico quando rischia di scomparire?” è la domanda da cui prende forma In Perpetuo, il documentario diretto da Federico Barassi apprezzare lo scorso novembre al Festival dei Popoli e proiettato il 6 giugno al Cinema Farnese di Roma, il 10 giugno a Torino e il 16 giugno a Bari. Si tratta di un viaggio poetico e profondo tra i trabucchi del Gargano, macchine da pesca secolari sospese tra mare e cielo, memoria e materia.

Le origini dei trabucchi

Secondo alcune fonti storiche, questa straordinaria macchina da pesca potrebbe essere stata introdotta nel Gargano dai Fenici, anche se la prima attestazione documentata risale al XVIII secolo. In quel periodo i pescatori della zona furono costretti a trovare un metodo di pesca stabile e affidabile, capace di resistere al tempo e al mare.

Così nacquero i trabucchi: architetture ingegnose interamente in legno — pino d’Aleppo, quercia, cercolo, castagno — costruite a picco sul mare e saldamente ancorate alle rocce costiere. Ogni elemento è scolpito e fissato con estrema precisione, in una danza millenaria tra natura e tecnica. Come palafitte sospese tra cielo e acqua, i pali vengono incastrati in cavità scavate nella roccia, sorreggendo una piattaforma su cui si svolge l’intera attività di pesca.

Trabucco Gargano

Fonte: Ufficio stampa

Trabucco nel Gargano

Intervista al regista Federico Barassi

In questa intervista il giovane regista del documentario In Perpetuo ci racconta la genesi del progetto, il legame personale che lo ha guidato, e l’intenso rapporto costruito con i “custodi del tempo”: i trabucchisti. Un racconto che è anche riflessione sul tempo che passa, sulle radici che resistono, e sull’urgenza di fermarsi ad ascoltare ciò che la natura e la tradizione ancora hanno da dirci.

Da dove nasce l’idea di raccontare i trabucchi del Gargano? C’è stato un momento preciso che ti ha spinto a iniziare questo progetto?

L’idea di In Perpetuo nasce intorno al 2017, quando iniziai una ricerca su alcuni mestieri tradizionali e antichi imprescindibilmente legati agli elementi naturali che rischiavano di scomparire. Il primo script comprendeva più mestieri messi insieme in un unico lungometraggio, e all’interno di questi mestieri antichi c’era anche la realtà dei trabucchi garganici. Nello stesso anno venne a mancare mio padre Paolo e la ricerca si focalizzò in maniera naturale sui trabucchi che in qualche modo me lo ricordarono perché racchiudono le sue due più grandi passioni: lavorare il legno e la pesca. Successivamente, approfondendo ulteriormente la ricerca, mi resi conto che concentrandomi solo sulla realtà dei trabucchi garganici avrei potuto rafforzare il messaggio che avevo in mente inizialmente, ovvero: cosa rimane di un vissuto – in questo caso secoli – quando scompare, che tracce rimangono nella memoria e nella società.

Il Gargano è spesso narrato in chiave turistica. In Perpetuo, invece, ne rivela un volto intimo, quasi nascosto. Era questo il tuo intento fin dall’inizio?

Si, ho scelto di fare le riprese nei mesi invernali, autunnali e primaverili proprio per questo. In queste stagioni il turismo è raro e la vita scorre più lenta. Il mio intento fin dall’inizio era quello di racchiudere in immagini, in quadri di vita quotidiana, quel forte legame che dall’alba dei tempi unisce l’uomo alla natura e che oggi stiamo lentamente perdendo.

Come hai selezionato i luoghi specifici del Gargano — come Vieste e Peschici — da includere nel film? C’erano luoghi simbolici che non potevano mancare?

Vieste e Peschici sono i luoghi dove ancora oggi possiamo vedere questi complicati macchinari in funzione e trovare gli ultimi custodi di questa tradizione. In questo piccolo tratto di costa si concentrano la maggior parte dei trabucchi pescanti e non abbandonati del Gargano, quindi la scelta è stata dettata dell’esigenza di vedere i trabucchi in funzione e i trabucchisti intenti nella pesca così come si faceva secoli e secoli fa.

trabucchisti

Fonte: Ufficio stampa

Due trabucchisti del Gargano

Quanto tempo hai trascorso sul campo, tra Peschici e Vieste, e com’è stato il rapporto con i protagonisti del documentario?

Le riprese sono iniziate nel 2022 e in totale abbiamo fatto due settimane di riprese in sessioni alterne più i sopralluoghi. Il rapporto con loro è stato molto coinvolgente. Per realizzare questo tipo di documentario una delle cose più importanti è avere la fiducia dei protagonisti che vuoi riprendere, e quindi ho cercato di trascorrere più tempo possibile con loro, chiacchierando, pescando, mangiando pesce. Ho cercato di immedesimarmi nella loro quotidianità per ridonare allo spettatore il modo di intendere e percepire la vita sul trabucco nella maniera più reale e autentica possibile.

La luce, il vento, il rumore del mare… nel documentario tutto concorre a evocare l’anima del luogo. Che ruolo ha avuto il Gargano nella tua regia visiva e sonora?

Il Gargano è un territorio antico, quasi mistico. Ci sono tracce di popolazioni primitive, dell’epoca del bronzo e romane. Si può trovare una stratificazione di epoche straordinaria e questo quando sei lì lo percepisci. Ho cercato di evocare questi passati lontani. La colonna sonora che nel documentario è minimale vuole proprio essere quasi una voce degli avi che risuona dell’orizzonte del mare e ci chiama, ricordandoci chi eravamo, chi siamo e chi saremo. Una delle scelte che ho fatto fin da subito è stata quella di limitare le riprese unicamente nelle zone dei trabucchi perché volevo che questo macchinario diventasse il palcoscenico dove tutto avveniva, nonché il perno della narrazione. Ho scelto di posizionare la telecamera sempre sul treppiede con inquadrature fisse, per evocare la solidità del trabucco che resiste ai capricci della natura, ancorato a quegli scogli da secoli.

Il trabucco è protagonista silenzioso ma centrale del tuo documentario. Cosa ti ha affascinato maggiormente della sua storia e del suo significato?

Volevo che il trabucco diventasse un personaggio, forse il personaggio principale di In Perpetuo, quasi un organismo vivente e dunque bisognoso di cure. Tutto ruota intorno a questo macchinario che nel documentario – insieme agli elementi che lo compongono – è l’unico artefatto umano che possiamo vedere. Poi da subito l’ho visto come un opera d’arte e i trabucchisti gli artisti che lo creano. Quello che mi ha maggiormente affascinato è stato come i viestani e i peschiciani intendono il trabucco. Fin da piccoli lo hanno sempre visto lì, a piombo sul mare, ancorato a quegli scogli. Chi vive in queste zone infatti dice che non puoi dire di essere a Vieste o a Peschici se non vedi un trabucco in lontananza. È un simbolo che li rassicura e li fa sentire a casa.

Nel film emerge chiaramente il trabucco come simbolo di un sapere antico. Quanto è stato difficile ricostruire le sue origini e il suo ruolo nella cultura garganica?

I trabucchisti, tramandando il loro sapere di generazione in generazione e vivendo il trabucco da sempre, lo hanno dentro, nelle viscere. Non è stato difficile ricostruire le sue origini perché mi hanno guidato loro avvolgendomi nel loro mondo e nelle loro storie. Io sono diventato un testimone di quello che accadeva davanti ai miei occhi, mettendomi nella posizione dell’allievo che cerca di imparare dal maestro.

Trabucco

Fonte: Ufficio stampa

Trabucco originale

Durante le riprese, hai scoperto qualche dettaglio o aneddoto inaspettato sulla storia dei trabucchi che ti ha particolarmente colpito?

Mi ha colpito maggiormente la sapienza e la difficoltà della costruzione. Per esempio come scavavano con un palo di ferro i buchi nei duri scogli per fissare i tronchi di sostegno, e come decidevano le posizioni dove effettuare questi buchi. Davvero un lavoro duro e di calcolo impressionante. Sono rimasto colpito da racconti di abbondanti pescate, quintali di pesce che oggi sono sempre più rare per colpa della pesca industriale, dell’inquinamento e della presenza di specie alloctone come il granchio blu che rendono sempre più difficile la pesca con il trabucco.

Nel tuo racconto il trabucco sembra vivere, respirare con chi lo abita. Hai scelto di dargli quasi una voce narrativa implicita. È stata una scelta consapevole?

Il trabucco in In Perpetuo è un personaggio del racconto. La sua voce sono i suoni che emette: gli scricchiolii del legno, le vibrazioni dei cavi di ferro tesi che emettono un suono quasi musicale e i rumori delle cime che sollevano la grande rete. Ho cercato di dargli una vita e farlo respirare insieme ai protagonisti.

Nel documentario si respira una profonda connessione tra uomo, natura e tempo. Come hai lavorato per tradurre visivamente questa dimensione poetica e quasi sospesa?

Sicuramente registrando i suoni della natura con l’utilizzo di microfoni stereofonici, questo ha aiutato a ampliare la sensazione di immersione negli elementi naturali, e poi lavorando al montaggio con il tempo, dilatando e sottraendo.

Hai parlato del rischio di perdita della memoria legata a questo mestiere antico. Cosa pensi che il pubblico possa imparare oggi dai mastri trabucchisti?

Io penso che il nostro passato possa insegnarci tanto sul nostro presente. La nostra società è una stratificazione di eredità che accumula saperi per evolverli. I trabucchisti in questo senso possono aiutare lo spettatore contemporaneo, abituato a ritmi frenetici e informazioni frastagliate, a fermarsi per riflettere su una vita semplice, concreta, fatta di attese e contemplazione. Penso che soprattutto al giorno d’oggi ne abbiamo sempre più bisogno.

Qual è stata la reazione dei trabucchisti dopo aver visto il film finito? Ti hanno dato qualche riscontro particolare che ti ha colpito?

Sono rimasti felici, mi hanno detto che sono riuscito a cogliere l’autenticità della vita sul trabucco.

Il film è stato selezionato da festival prestigiosi, come il CinemAmbiente di Torino e il Festival dei Popoli e sarà proiettato a partire dal 6 Giugno in varie zona d’Italia. Cosa rappresentano per te questi riconoscimenti e cosa ti aspetti per il futuro da questa opera?

Sono contento di queste selezioni, è stata la prima volta che presentavo un mio lavoro a un Festival cinematografico e devo dire che è stata una bella esperienza. Spero che il lungo viaggio di In Perpetuo continui verso la strada più giusta.

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Cosa vedere a Torino in 3 giorni: piazze regali e orizzonti d’incanto

Capitale sabauda, regina del cioccolato e laboratorio d’avanguardia: Torino è tutto questo, e molto di più. Una città che sa sorprendere anche chi la conosce già, che incanta con le piazze eleganti, i palazzi maestosi, i portici infiniti e una luce che cambia volto a ogni stagione. Passeggiare per le sue vie significa sfogliare pagine di storia e arte, ma anche lasciarsi guidare dall’intuizione, da un profumo di caffè o da una vetrina che invita a entrare.

Tre giorni possono bastare per cominciare a conoscerla, per assaporarne l’anima e per lasciarsi sorprendere da tutto ciò che offre. Ecco allora un itinerario pensato per chi arriva per la prima volta, con il desiderio di scoprire le tappe imperdibili senza rinunciare a un po’ di meraviglia.

Primo giorno a Torino: il cuore elegante della città

Il primo giorno a Torino si apre con l’eleganza del centro storico.

Piazza San Carlo

Ad accogliere chi muove i primi passi in città è una delle sue piazze più celebri, quel “salotto” cittadino che i torinesi sentono proprio come casa, Piazza San Carlo. Lunga, ampia, ariosa, è un capolavoro barocco che non ha bisogno di presentazioni: il cavallo in bronzo di Emanuele Filiberto di Savoia sembra cavalcare verso il futuro, mentre lo sguardo si perde tra le linee armoniose delle due chiese gemelle che chiudono la prospettiva a sud, San Carlo Borromeo e Santa Cristina, identiche solo all’apparenza.

Basta una passeggiata lungo i portici per rendersi conto di quanto la raffinatezza sia di casa, tra boutique eleganti e caffè storici dove sedersi a osservare il via vai del centro. E se si alza lo sguardo, i palazzi affacciati sulla piazza parlano di secoli di storia sabauda, di arte e potere, di quell’eleganza sobria e signorile che rende Torino diversa da qualsiasi altra città italiana.

Piazza Castello

Proseguendo lungo Via Roma, oggi pedonale, si arriva in uno dei luoghi simbolo di Torino: Piazza Castello. L’architettura qui sembra voler abbracciare chi arriva, con la maestosità di Palazzo Madama, la cui facciata racconta almeno mille anni di storia, e la raffinatezza del Palazzo Reale, antica residenza dei Savoia. Entrambi si possono visitare, e meritano davvero il tempo necessario per esplorarli: il primo ospita il Museo Civico d’Arte Antica, mentre il secondo sorprende con gli sfarzi di corte, tra sale sontuose e giardini che offrono un angolo verde nel cuore della città.

Al centro della piazza, giochi d’acqua danzano da fontane moderne che donano leggerezza a uno spazio così ricco di memoria.

Piazza Duomo

Piazza Duomo a Torino

Fonte: iStock

Piazza Duomo con la Cattedrale

Accanto al Palazzo Reale, un vicolo porta a un altro luogo carico di significato: Piazza Duomo dove, semplice ed elegante, si staglia il Duomo di Torino, l’edificio religioso più importante, dedicato a San Giovanni Battista. L’aspetto sobrio della facciata rinascimentale non anticipa la potenza simbolica che custodisce all’interno: la Cappella della Sacra Sindone, dove è conservato il celebre lenzuolo che secondo la tradizione avvolse il corpo di Cristo. È un luogo che invita al raccoglimento, alla riflessione, e che aggiunge un altro tassello alle emozioni che regala il capoluogo piemontese.

Uscendo dalla chiesa, basta percorrere pochi passi per compiere un vero salto indietro nel tempo: le Porte Palatine, imponenti vestigia romane, emergono tra gli edifici moderni come antichi guardiani, testimoni silenziosi di una Torino che era già importante in epoca imperiale.

Via Garibaldi e Via Po

Una volta tornati in Piazza Castello, si può scegliere quale direzione prendere: verso sinistra, Via Garibaldi si apre come un corridoio vivace e colorato. Una delle vie pedonali più lunghe d’Europa, dove il passo si fa più lento tra vetrine, locali, gelaterie e piccoli scorci da fotografare. Se si decide di percorrerla fino alla fine, ci si troverà in Piazza Statuto, un luogo che affascina gli appassionati di esoterismo e misteri: al centro, la fontana del Frejus si erge come un’enigmatica scultura simbolica, ricca di richiami massonici.

Poi si torna indietro, di nuovo in Piazza Castello, per esplorare l’altra grande arteria cittadina: Via Po. Coperta da eleganti portici, è perfetta in ogni stagione. Qui l’anima letteraria di Torino si fa sentire: bancarelle di libri usati e fumetti vintage, librerie indipendenti, caffè storici dove scrittori e intellettuali si sono dati appuntamento per decenni.

Secondo giorno: tra meraviglie culturali e panorami da cartolina

Il secondo giorno è dedicato a quelle esperienze che rendono Torino un unicum nel panorama culturale europeo. È il momento di dedicarsi ai suoi musei più noti, che accolgono tesori inestimabili, e di concludere la giornata in cima alla città, laddove lo sguardo si perde tra skyline e cime innevate.

Museo Nazionale del Cinema

Torino non si limita a raccontare il cinema: lo celebra, lo mette in scena, lo trasforma in esperienza viva. Succede alla Mole Antonelliana, altro edificio simbolo, che ospita al suo interno il Museo Nazionale del Cinema. Salire sotto la sua cupola è già di per sé un’emozione, ma entrare nel museo significa scoprire un mondo in cui tutto parla di sogni in pellicola.

L’allestimento è spettacolare: si parte dalle lanterne magiche e dalle prime proiezioni, si cammina tra costumi, oggetti di scena, locandine storiche, fino ad arrivare alle produzioni più recenti. Ogni sala è un invito a lasciarsi stupire, a riscoprire il linguaggio delle immagini. C’è anche un’intera sezione dedicata all’universo Marvel, con installazioni che parlano ai piccoli ma affascinano anche i grandi, facendo vibrare corde di meraviglia e nostalgia.

La visita merita tempo, attenzione, curiosità. Per questo è consigliabile dedicare all’esperienza almeno la mattinata. E una volta esplorate tutte le sezioni, non resta che ammirare la città dall’alto: l’ascensore panoramico, interamente vetrato, sale fino a 167 metri di altezza attraversando il cuore stesso della cupola. Il panorama che si apre lassù è entusiasmante, soprattutto nelle giornate limpide, quando lo sguardo abbraccia l’intero anfiteatro alpino. È uno di quei momenti che restano impressi, soprattutto se condivisi con i più piccoli, che rimarranno estasiati dall’esperienza.

Museo Egizio

Il Museo Egizio di Torino

Fonte: iStock

Il Museo Egizio

Quando si parla di Torino, non si può non parlare del suo Museo Egizio, un tesoro che attira studiosi e viaggiatori da tutto il mondo. È il più antico museo al mondo totalmente dedicato alla civiltà egizia e, per importanza e ricchezza della collezione, secondo solo a quello del Cairo. Varcarne la soglia significa intraprendere un viaggio nel tempo lungo millenni, tra sarcofagi finemente decorati, statue monumentali, papiri e gioielli di inestimabile valore.

Ogni sala è una scoperta, ogni teca una finestra sull’antico Egitto. Eppure, nonostante l’imponenza del contenuto, il museo riesce a essere accessibile e coinvolgente anche per i bambini. Per i più piccoli c’è lo SpazioZeroSei, un’area pensata per avvicinarli in modo ludico e creativo al fascino dell’archeologia, con attività, storie e ambienti a misura di curiosità infantile.

L’esperienza diventa ancora più completa se si sceglie di partecipare a una visita guidata: non solo si evita la fila, ma si ha l’occasione di ascoltare aneddoti, dettagli nascosti e curiosità che rendono ancora più viva la narrazione. Accompagnati da una guida esperta, i pezzi più importanti prendono vita e diventano tasselli di un racconto che stupisce, ammalia, resta.

Monte dei Cappuccini

E dopo una giornata densa di meraviglie, arriva il momento di lasciarsi rapire da una vista difficile da descrivere a parole. Salire al Monte dei Cappuccini, sul versante della Collina di Torino, è come salire in punta di piedi a contemplare un dipinto vivente.

Accanto alla Chiesa di Santa Maria al Monte dei Cappuccini, il giardino panoramico è sempre accessibile e regala uno dei punti panoramici più incredibili sulla città. Al tramonto, quando il cielo si accende di arancio e la luce accarezza i tetti del centro storico, lo spettacolo è magico a dir poco. La Mole Antonelliana si staglia elegante tra i campanili, mentre sullo sfondo, le Alpi si tingono d’oro e d’argento, in un quadro che soltanto la natura sa ideare.

È il momento perfetto per una foto ricordo, ma anche per una pausa di silenzio, per lasciar sedimentare le emozioni di una giornata che ha saputo parlare al cuore. Torino, vista da qui, sembra una città sospesa tra il cielo e la terra, tra realtà e sogno.

Terzo giorno a Torino: natura, storia e vedute favolose

Dopo due giornate dense di cultura e atmosfere cittadine, il terzo giorno invita a rallentare. Torino si rivela anche nei suoi spazi aperti, nelle passeggiate all’ombra degli alberi, nei panorami che si aprono improvvisi e in quei luoghi sospesi tra storia e bellezza: è il momento di respirare, osservare e lasciarsi stupire da un lato più contemplativo del capoluogo piemontese.

Parco del Valentino

C’è un luogo dove Torino si rilassa, si distende, si lascia vivere con semplicità e poesia. È il Parco del Valentino, che costeggia il Po con i viali alberati, i giardini curati, i chioschi vivaci e il profumo dolce degli alberi in fiore. Il parco è un piccolo mondo a parte: si può camminare senza meta, farsi cullare dal suono dell’acqua che scorre, seguire con lo sguardo una famiglia di anatroccoli o il guizzo improvviso di uno scoiattolo tra i rami.

Qualcuno corre, altri pedalano su un risciò, c’è chi legge, chi chiacchiera seduto su una panchina, chi si ferma a sorseggiare qualcosa di fresco al bar.

Il lungofiume è un invito a perdersi, mentre le architetture che emergono tra il verde aggiungono un tocco di magia. E proprio tra le fronde si nasconde una delle tappe più affascinanti: il Borgo Medievale. Non si tratta di un’antica cittadella sopravvissuta ai secoli, ma di una fedele ricostruzione del Quattrocento piemontese, realizzata nel 1884 per un’Esposizione Internazionale. Eppure, con le torri, botteghe e ponticelli, sembra autentico, capace com’è di condurre i visitatori in un’altra epoca.

Villa della Regina

Lasciato il parco, è tempo di alzare di nuovo lo sguardo verso le colline. Raggiungere Villa della Regina significa salire di poco, ma guadagnare una veduta che vale il passo lento della camminata. Dal fondo di via Po, oltre Piazza Vittorio Veneto e la Chiesa della Gran Madre, si imbocca una salita che si arrampica tra scorci signorili e vegetazione ordinata. In una decina di minuti, la città rimane alle spalle e si apre la prospettiva sulla residenza nobile che un tempo fu rifugio delle donne più potenti della dinastia sabauda.

Chiamata inizialmente Villa Ludovica, prende il nome da Ludovica di Savoia, moglie del principe Maurizio. Per secoli fu la dimora estiva delle regine, un luogo di eleganza discreta e bellezza senza ostentazione. Dopo decenni di abbandono, la villa è stata restaurata con cura e oggi si mostra di nuovo in tutto il suo splendore: saloni affrescati, giardini all’italiana e una terrazza da cui la vista si apre su Torino come in una scenografia barocca.

È un angolo quieto, fuori dai percorsi più battuti, e proprio per questo ancora più prezioso, in cui toccare con mano la grazia del passato, percepire la vita lenta delle corti, sentire il richiamo della storia.

Superga

Veduta panoramica aerea sulla basilica di Superga

Fonte: iStock

Bellissima vista panoramica aerea sulla famosa basilica di Superga

Per concludere il viaggio, Torino regala uno degli spettacoli più emozionanti: la vista dal monte Superga, dove la città incontra il cielo. Raggiungerlo è semplice, ma il percorso aggiunge alla bellezza anche un pizzico d’avventura. Da Piazza Castello basta salire sul tram della linea 15 fino alla stazione Sassi-Superga, da lì un breve tratto con il bus 79 ed ecco che la collina si fa strada, rivelando scorci sempre più ampi.

Quando si arriva in cima, ci si trova di fronte a un paesaggio che lascia senza fiato: tetti rossi, profili di chiese, la sagoma inconfondibile della Mole, il tutto incorniciato dalle Alpi, che al tramonto si tingono di rosa, oro, indaco. La luce cambia in fretta, il cielo si apre e si richiude, i contorni si sfumano come in un quadro impressionista.

Accanto, spicca la Basilica di Superga, costruita per volontà di Vittorio Amedeo II come segno di devozione e vittoria. Al suo interno, le tombe reali raccontano la grandezza e la solennità della dinastia sabauda, mentre sul retro, un memoriale commuove e invita al silenzio: è il ricordo della tragedia aerea del Grande Torino, la squadra leggendaria scomparsa nel 1949.

Scattata l’ultima foto, impressa negli occhi l’immagine di una città che sa stupire in ogni momento della giornata, si può tornare verso il centro. La sera avanza, le luci si accendono, Torino si prepara a un’altra notte, elegante e riservata, come sempre.

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Alla scoperta del Parco del Valentino: il cuore verde di Torino

A Torino, è sufficiente oltrepassare il confine invisibile del traffico cittadino per ritrovarsi immersi in un’oasi di storia e natura: è il Parco del Valentino, polmone verde, rifugio di chi desidera quiete, meta privilegiata di chi passeggia sul lungofiume, scenario di picnic, incontri romantici e fotografie da cartolina.

Nessuno può dire con assoluta certezza perché si chiami proprio così, ma le ipotesi sono affascinanti e si perdono nei secoli. Un documento del 1272 lo menziona come Valentinum, lasciando intuire che già nel Medioevo fosse considerato un luogo salubre, quasi terapeutico, per chi cercava ristoro dal caos urbano. Secondo alcuni studiosi, il nome potrebbe essere legato a una cappella consacrata a San Valentino, forse custode di antiche reliquie che in seguito vennero spostate nella chiesa di San Vito, sulla riva opposta del fiume.

Ma c’è anche chi racconta un’altra origine, più romantica e aristocratica: Valentina Balbiana, nobildonna torinese del Cinquecento, e suo marito Renato Birago scelsero proprio questo angolo del Po per costruire la loro dimora estiva: la villa, edificata nel 1543, fu il seme da cui sbocciò il futuro Castello del Valentino.

In questa guida vi accompagno a esplorare la storia e i luoghi simbolo del Parco, tra suggestioni antiche, angoli da sogno e segreti ancora da svelare.

Le origini e l’evoluzione di un parco che racconta Torino

Il Parco del Valentino non è nato in un giorno, ma ha attraversato i secoli trasformandosi e adattandosi alla città che lo circondava. Tutto ha inizio nel Cinquecento, quando i Birago scelgono di costruire la villa lungo il fiume, in una zona ancora selvaggia e poco abitata. Poi arrivò Emanuele Filiberto di Savoia che, con potere e ambizione, acquistò tutta la proprietà, segnando la svolta decisiva.

A metà del Seicento, un altro nome illustre entrò in scena: Cristina di Francia. Fu lei a volere la costruzione del Castello del Valentino che, con i suoi giardini raffinati, fa da contrappunto alla naturalezza del paesaggio fluviale e inaugura una nuova epoca.

Ma il Valentino come lo conosciamo oggi prende davvero forma solo nell’Ottocento, un secolo di cambiamenti, in cui Torino cresce, si sviluppa, si affolla. Il Comune decise allora di offrire ai cittadini un grande spazio verde dove respirare, camminare, sognare. Nel 1854 venne indetto un concorso ufficiale per progettare il primo vero parco pubblico della città. A vincerlo fu Jean-Baptiste Kettmann, un giardiniere che guardava al modello inglese e immaginava un paesaggio romantico e sinuoso.

Infatti, non vi sono siepi geometriche né viali dritti: il Valentino diventa un giardino “naturale” dove tutto sembra nato per caso, ma è in realtà frutto di un’attenta progettazione. Ruscelli che scorrono silenziosi tra le rocce, piccoli laghetti nascosti dalla vegetazione, grotte artificiali, ponticelli in legno, cespugli fioriti, e pergolati che invitano a una sosta.

Tale scenario incantato si presta perfettamente ad accogliere le grandi Esposizioni che Torino ospita tra Ottocento e Novecento. La più celebre è quella del 1884, durante la quale viene costruito uno degli angoli più amati del parco: il Borgo Medievale, un vero e proprio villaggio in miniatura, ispirato ai castelli e alle fortificazioni piemontesi e valdostane, con tanto di rocca, ponte levatoio e stradine in pietra.

Poco più tardi, nel 1898, in occasione di un’altra grande Esposizione, nascono anche la suggestiva Fontana dei Mesi e il grazioso Villino Caprifoglio. Il 1911, invece, è l’anno dell’Esposizione Internazionale delle Industrie e del Lavoro: viene edificato il primo nucleo di quello che diventerà Torino Esposizioni.

Il parco continua a cambiare, ad arricchirsi, a fiorire. Il Giardino Roccioso e il celebre roseto sono un’eredità più recente, nata con le mostre floreali Flor ’61 ed Euroflora ’65.

Informazioni utili e come arrivare

Visitare il Parco del Valentino è un’esperienza che non richiede né biglietti né orari: è un luogo libero, aperto, da vivere senza fretta. La sua estensione è ampia e segue il corso del Po, suddividendosi idealmente in tre zone, ognuna con un’identità ben precisa.

La parte più settentrionale si apre tra il maestoso Arco monumentale all’Artigliere e l’Orto Botanico, custode di piante rare e atmosfere silenziose. Il cuore pulsante del parco, però, è la zona centrale, dove spiccano il Castello del Valentino e il Borgo Medievale, che convivono in armonia tra scorci da fiaba e architetture regali. Infine, nella zona più meridionale, si distende il Giardino Roccioso, un microcosm di pietre, acqua e profumi, che culmina nel roseto, perfetto da visitare in primavera.

Non è difficile arrivare al Valentino. In auto si può parcheggiare nei pressi del parco, lungo corso Cairoli o corso Massimo d’Azeglio, oppure all’interno, in piazza Rita Levi Montalcini. Chi preferisce la bici può percorrere le piste ciclabili fino all’ingresso e continuare a pedalare lungo i viali ombreggiati. Se si ama camminare, basta partire dal centro città per arrivare a piedi, lasciandosi guidare dalla brezza del fiume.

All’interno del parco, non mancano locali dove sedersi a bere un caffè guardando le canoe scivolare sull’acqua, chioschi che servono gelati nelle giornate calde, punti ristoro ideali per una pausa pranzo all’aperto. Chi ha voglia di avventura può inoltre noleggiare una bicicletta o un risciò.

Cosa vedere al Parco del Valentino

Il Parco è una piccola città nella città: esteso per oltre cinquecentomila metri quadrati nel quartiere di San Salvario, lungo la riva sinistra del fiume, tra il ponte Umberto I e il ponte Isabella, accoglie chiunque con la stessa generosità, sia che si voglia fare una corsa, leggere un libro sotto un platano o andare a caccia di bellezza con lo sguardo.

Il Borgo Medievale: un viaggio indietro nel tempo

Particolare del Borgo Medievale al Parco del Valentino

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La fontana del Borgo Medievale al Parco del Valentino

È forse l’attrazione più fiabesca del Parco, e non potrebbe essere altrimenti. Il Borgo Medievale nasce nel 1884 come scenografia permanente dell’Esposizione Generale Italiana, ma oggi è qualcosa di più: è un tuffo in un’epoca lontana, una ricostruzione affascinante e minuziosa di un villaggio del Quattrocento, abbracciato da mura, torri e una rocca imponente.

L’ingresso avviene passando sopra un piccolo ponte levatoio che sembra fatto apposta per traghettare fuori dal presente. Appena entrati, sulla sinistra, ecco l’Albergo dei Pellegrini, mentre sulla destra si apre una piazzetta animata da un forno, la tettoia del maniscalco e una fontana tipica della Valle di Susa. La via principale conduce poi tra botteghe e case che riproducono fedelmente l’architettura medievale di Piemonte e Valle d’Aosta.

Al termine del percorso attende la Rocca, cuore del borgo e fedele riproduzione di una dimora signorile quattrocentesca. Qui, salendo tra le stanze, potrete ammirare arredi, affreschi, oggetti quotidiani che provengono da alcuni dei castelli più famosi del Nord Italia, come la Manta o Fénis. Accanto alla Rocca si apre infine un delizioso giardino medievale, suddiviso in tre spazi: uno dedicato ai fiori ornamentali, uno alle piante officinali e uno all’orto vero e proprio, con un capanno colmo di attrezzi d’epoca.

L’Orto Botanico di Torino

Protetto da un muro in mattoni e immerso nella quiete, si nasconde uno dei luoghi più preziosi del Valentino: l’Orto Botanico. Fondato nel 1729 per volontà di Vittorio Amedeo II di Savoia, è oggi una struttura scientifica gestita dall’Università di Torino, ma anche un rifugio straordinario per chi desidera immergersi nella varietà del mondo vegetale.

La parte più visibile è il giardino storico, un percorso scandito da un viale centrale con tre vasche ornamentali e da grandi alberi monumentali che si alternano ad aiuole botaniche. Ogni pianta è ordinata con rigore scientifico, ma la sensazione è quella di essere dentro un romanzo naturalista. Le vasche laterali, dove crescono le piante officinali e tintorie, raccontano di saperi antichi, mentre nei pressi dell’ingresso si possono osservare le collezioni di piante acquatiche.

Al centro del giardino sorgono poi tre serre che sembrano mondi a parte: quella tropicale, dove convivono bromelie, felci e orchidee, quella delle succulente, regno di cactus e agavi, e la serra dedicata alle specie del Sud Africa, con centinaia di specie che riproducono ecosistemi lontani.

Oltre il giardino, il boschetto si apre come un quadro impressionista, con alberi secolari e sentieri che si perdono tra stagni e collezioni di fruttiferi antichi. Il platano monumentale, uno dei più vecchi di Torino, veglia su questo spazio con la sua chioma maestosa.

Il Giardino Roccioso e il Roseto

Camminando verso sud, il paesaggio si fa via via più romantico, fino a diventare quasi onirico. Il Giardino Roccioso è un’opera d’arte paesaggistica, una composizione plasmata da stradine che si arrampicano, scendono, si snodano tra ruscelli, cascate, aiuole e angoli di pura contemplazione.

Tra le aiuole si fanno notare piccole radure punteggiate da sculture firmate Rodolfo Marasciuolo, l’artista-giardiniere che ha saputo portare poesia nel verde. Le sue opere, realizzate con materiali di recupero, sono messaggi di speranza travestiti da fiabe: i lampioni innamorati che si tengono per mano su una panchina, la fata che gioca a campana, il ranocchio nel pozzo, il gatto che sbuca da un tombino.

In primavera, il Roseto esplode di colori e profumi, tra petali che danzano mossi dal vento.

Il Castello del Valentino

Affacciato su viale Mattioli, il Castello del Valentino sembra uscito da un libro illustrato: le torri slanciate e i tetti in ardesia creano un profilo elegante che si staglia contro il cielo. È uno dei gioielli di Casa Savoia, voluto da Cristina di Francia come dimora di piacere nel Seicento.

Tra le sue mura si sono svolte feste, ricevimenti e momenti di svago per la nobiltà torinese. Ai giorni nostri, ha cambiato veste: ospita infatti la Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino.

La Fontana dei Mesi

Incantevole Fontana dei Mesi al Parco del Valentino

Fonte: iStock

La scenografica Fontana dei Mesi

In viale Boiardo, dove il parco si avvicina al fiume, merita una sosta uno dei suoi simboli più amati: la Fontana dei Mesi. Costruita nel 1898, è un trionfo scenografico in cui l’acqua, la pietra e la scultura dialogano tra loro.

Due getti altissimi sembrano voler sfiorare il cielo, mentre una terrazza ellittica sovrastata da quattro statue dedicate ai fiumi torinesi accompagna lo sguardo verso una balaustra sinuosa. Su di essa si allineano dodici figure femminili, una per ogni mese dell’anno, che con grazia raccontano lo scorrere del tempo. È un’opera che unisce la teatralità neorococò al nascente gusto liberty, e che incanta chi si ferma ad ammirarla.

Il Monumento ad Amedeo di Savoia

All’incrocio tra i viali Boiardo, Ceppi e Medaglie d’Oro, si erge il monumento equestre dedicato ad Amedeo di Savoia, duca d’Aosta. Lo si vede lì, fiero sul suo cavallo impennato, in un momento sospeso nel tempo durante la battaglia di Custoza, quando, poco più che ventenne, si distinse per coraggio e audacia.

Il basamento su cui poggia la scultura narra tutta la genealogia sabauda, da Umberto Biancamano fino a Vittorio Emanuele II, grazie a un racconto per immagini in bronzo. Lo scultore Davide Calandra non si limita a ritrarre volti: aggiunge sfondi, paesaggi, simboli. E così, tra le linee del monumento, emergono anche la sagoma della Sacra di San Michele, il Monviso e la città di Torino con il colle di Superga.

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Notte dei Musei: solo per una notte queste meraviglie si visitano con 1 euro (o gratis)

Amate l’arte? Non potete perdere l’iniziativa Notte dei Musei 2025: tra il 17 e il 18 maggio si uniscono storia, cultura e bellezza in ogni forma coinvolgendo moltissime città italiane.

La Notte Europea dei Musei che si lega alla Giornata Internazionale dei Musei ha come obiettivo avvicinare le persone alla cultura rendendo accessibili luoghi unici con un ingresso gratuito o a solo 1 euro. Da Milano a Torino, passando per Bologna, Roma e Palermo: ecco quali sono gli eventi imperdibili da visitare e il programma città per città.

Notte dei Musei a Bologna

La città di Bologna partecipa con 38 musei e spazi culturali coinvolti espandendo la rete alla provincia. 12 comuni nelle vicinanze come Imola, San Lazzaro di Savena e Valsamoggia danno modo di accedere a molti spazi gratuitamente o con il biglietto simbolico a 1 euro. Ben 71 appuntamenti tra mostre, eventi, performance, visite guidate, degustazioni, letture e conferenze.

Bologna continua il suo percorso culturale per il terzo anno consecutivo diventando un esempio importante di rete museale integrata. L’iniziativa è coordinata dal Settore Musei Civici Bologna e dalla Città metropolitana di Bologna, con l’obiettivo di valorizzare la ricchezza e la varietà della proposta culturale.

I musei coinvolti a Bologna

Nella città bolognese sarà possibile entrare a 1 euro all’interno di Casa Morandi, visitare la collezione comunale d’arte nei Musei Civici, accedere al museo civico archeologico e a quello d’arte industriale con la Galleria Davia Bergellini. Sono coinvolti anche il museo della Beata Vergine di San Luca, il museo per la Memoria di Ustica e Palazzo Magnani. Ma sono solo una selezione, sono molti di più i luoghi.

E nei dintorni? A Imola apre le porte il museo San Domenico, a Castenaso il MUV, a Pianoro il museo di Arti e mestieri “Pietro Lazzarini” mentre a Cento apre le porte il museo della Musica e la pinacoteca civica “Graziano Campanini”. A San Giovanni in Persiceto si entrerà invece nel museo archeologico ambientale e in quello del cielo e della terra, orto botanico incluso.

Palazzo Boncompagni a Bologna

Fonte: Ufficio Stampa

Palazzo Boncompagni partecipa alla Notte dei Musei

Notte dei Musei a Roma

Anche Roma partecipa all’iniziativa. Sabato 17 maggio 2025 la città eterna promuove la cultura aggregandosi alla quindicesima edizione della Notte dei musei in collaborazione con la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e organizzato da Zètema Progetto Cultura, sotto l’egida della Nuit Européenne Des Musées.

Si parte dalle 20 di sabato notte e si resta attivi fino alle 2 di mattina di domenica: 60 gli spazi culturali che saranno accessibili con 1 euro e alcuni daranno persino l’ingresso gratuito. Un’occasione da non perdere, considerando che il calendario fittissimo offre ben 100 eventi: mostre, visite guidate ma anche concerti, spettacoli e laboratori.

Musei Civici coinvolti

I Musei Civici di Roma accoglieranno spettacoli, proiezioni, concerti e mostre. Tra questi: Musei Capitolini, Museo dell’Ara Pacis, Centrale Montemartini, Mercati di Traiano, Museo di Roma, Museo di Roma in Trastevere, Musei di Villa Torlonia, Museo Civico di Zoologia, Galleria d’Arte Moderna, Museo della Forma Urbis. L’accesso sarà a 1 euro o gratuito con MIC Card.

Aperti anche musei di Roma meno conosciuti come il Museo Napoleonico, Museo Canonica, Museo Barracco, Museo della Repubblica Romana, Villa di Massenzio, Museo di Casal de’ Pazzi e altri ancora.

Il Planetario di Roma offrirà due spettacoli astronomici, mentre il Museo Storico dei Vigili del Fuoco, il Museo della Musica e numerose accademie e ambasciate parteciperanno con eventi unici.

Gli spettacoli da non perdere

Tra le novità, la performance di Sergio Bernal al Museo dell’Ara Pacis, che con PAX fonderà flamenco e balletto classico in un messaggio universale di pace. Accanto a lui la cantaora andalusa Paz de Manuel. Sempre all’Ara Pacis, Paola Minaccioni metterà in scena Urlo di Roma, un viaggio musicale nei vicoli della città, accompagnata dalle musiche di Valerio Guaraldi.

Spettacoli di musica classica, gospel, jazz e popolare si alterneranno nei principali musei. Ai Mercati di Traiano, Voci Popspel proporrà un viaggio nella musica afroamericana. Alla Centrale Montemartini, spazio al jazz con il Luca Velotti Classic Jazz Duo e al concerto sciamanico Queendoms Unplugged.

Al Museo di Roma a Palazzo Braschi, tra spettacoli di videoarte, concerti barocchi e omaggi a Roberto De Simone, si esploreranno le connessioni tra tradizione e modernità.

Notte dei Musei a Palermo

Palermo si prepara alla notte Europea dei Musei sabato 17 maggio e lo fa in grande pe partecipare ad una manifestazione internazionale nata con il patrocinio UNESCO, Consiglio d’Europa e ICOM aprendo le porte di musei e luoghi di cultura.

Per una notte il mondo artistico diventa più esclusivo: non solo è possibile visitare alcuni luoghi selezionati ma si entra con un biglietto simbolico di 1 euro per provare a riscoprire il patrimonio culturale con occhi diversi.

Massimo Midiri, Rettore dell’Università di Palermo ha commentato l’inizativa così in una nota ufficiale: “La Notte Europea dei Musei è un momento in cui i luoghi di cultura diventano spazi aperti e partecipativi. È un modo per rafforzare la nostra identità collettiva e per offrire esperienze di conoscenza e ispirazione. Questa iniziativa è perfettamente in linea con la terza missione dell’Ateneo, che guarda oltre la didattica e la ricerca per avvicinare il pubblico alla cultura e al patrimonio della nostra comunità.”

Protagonista la Vucciria di Renato Gattuso

Tra le tappe imperdibili della serata palermitana spicca senza dubbio la Vucciria di Renato Guttuso, icona intramontabile della città e testimone vibrante della sua anima popolare e profonda.

In occasione del cinquantesimo anniversario dell’opera, sarà visitabile in una versione nuova e immersiva all’interno della sala Terrana di palazzo Chiaromonte, luogo simbolo della cultura palermitana.

Notte dei Musei a Milano

Non poteva mancare Milano all’appello delle città italiane pronte a festeggiare la Notte dei Musei. Il 17 maggio il capoluogo lombardo terrà compagnia con aperture straordinarie d’ingresso gratuito o ridotto al prezzo simbolico di 1 euro.

Visitare Pinacoteca di Brera durante la Notte dei Musei

Fonte: iStock

Pinacoteca di Brera partecipa alla Notte dei Musei 2025

I musei coinvolti

Dalla Pinacoteca di Brera alle Gallerie d’Italia fino alla Pinacoteca Ambrosiana: questi i primi luoghi da non perdere. Un’occasione speciale è quella di accedere alla Cripta di San Sepolcro con un biglietto unico a 3 euro che combina la visita con la pinacoteca Ambrosiana. In questo caso le aperture saranno tra le 18 e le 19:30.

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Torino e il Giubileo 2025: debutta il tavolo interattivo della Sindone

A Torino, il conto alla rovescia per la Festa della Sindone e il Giubileo della Speranza è ormai agli sgoccioli. L’evento “Avvolti”, promosso dalla Chiesa torinese, prenderà il via il 28 aprile e si protrarrà fino al 5 maggio, e trasformerà il cuore della città in un crocevia di spiritualità, tecnologia e cultura.

In piazza Castello, a pochi metri dalla Cattedrale di San Giovanni Battista (storica custode della Sacra Sindone) sorgerà la Tenda di Avvolti: un padiglione temporaneo pensato per regalare ai visitatori un’esperienza immersiva e profondamente simbolica.

Tra le novità più attese dell’iniziativa spicca, senza dubbio, il “tavolo della Sindone”, una sofisticata installazione digitale che promette di rivoluzionare il modo in cui ci si avvicina al misterioso Telo. Non si tratta di una semplice esposizione statica: il tavolo, infatti, è stato progettato per offrire un’esplorazione interattiva e ricca a livello visivo, capace di restituire i dettagli della Sindone in una forma del tutto nuova.

Un’esperienza digitale e immersiva sulla Sindone

Il “tavolo della Sindone” è stato concepito per garantire una lettura approfondita del celebre lenzuolo, con uno sguardo attento tanto agli aspetti storici quanto a quelli visivi.

L’immagine del Telo è riprodotta a grandezza naturale su una struttura orizzontale, pensata per facilitare l’osservazione da parte dei visitatori. Grazie a una raffinata architettura software realizzata da Reply (società leader nel settore della consulenza digitale con un forte legame con il territorio torinese) sarà possibile interagire con la superficie del tavolo, esplorando i punti salienti della Sindone grazie a ingrandimenti, animazioni, didascalie esplicative e approfondimenti audio-visivi.

Il sistema, messo a punto nei giorni scorsi a Reggio Emilia, è stato già testato in vista della sua definitiva installazione a Torino. Il progetto è stato curato con attenzione dalla Commissione diocesana per la Sindone, con la partecipazione di figure di rilievo come Bruno Barberis, Marco Bonatti e Gian Maria Zaccone.

A supervisionare l’aspetto organizzativo dell’intera iniziativa, Eventum, agenzia specializzata nella realizzazione di eventi culturali e museali, rappresentata dalla dottoressa Alessandra Giani.

Una nuova modalità di fruizione della reliquia

Quella proposta con il tavolo interattivo non è soltanto un’innovazione tecnica, ma anche un cambio di paradigma nel modo di raccontare la Sindone al grande pubblico.

Se per secoli il Telo è stato oggetto di venerazione in contesti statici e silenziosi, l’installazione di piazza Castello invita ora a un approccio più dinamico e partecipativo: l’obiettivo è quello di conciliare rispetto e contemplazione con le potenzialità del linguaggio digitale, e mettere a disposizione degli utenti strumenti per comprendere, interrogarsi, e approfondire il significato di un’immagine che ha segnato la storia del cristianesimo.

La modalità multimediale si rivela particolarmente adatta in vista del Giubileo della Speranza, occasione che punta a rilanciare la riflessione sui temi della fede e del cammino personale. “Avvolti” sarà infatti anche un momento di apertura al dialogo tra spiritualità, scienza e nuove tecnologie. Un’occasione, insomma, per guardare alla Sindone non come a un oggetto del passato, ma come a un simbolo vivo e capace di parlare ancora oggi.

Come partecipare all’iniziativa

La partecipazione all’esperienza all’interno della Tenda di Avvolti è gratuita, ma regolata da un sistema di prenotazione online. È necessario riservare il proprio ingresso sul portale ufficiale http://www.avvolti.org. I posti sono limitati, e già a diversi giorni dall’apertura della Tenda le prenotazioni hanno superato le migliaia, a conferma del grande interesse suscitato dall’evento.

L’installazione del tavolo interattivo è prevista nei giorni precedenti l’avvio ufficiale dell’iniziativa. A partire dal 28 aprile, i visitatori avranno quindi la possibilità di immergersi in un’esperienza unica tra spiritualità e innovazione, sotto lo sguardo silenzioso di un Telo che, da secoli, continua a interrogare il cuore dell’uomo.

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Benvenuti a Torino: una passeggiata per esplorare il centro e qualche curiosità (anche fuori porta)

Torino si sta svelando timidamente ai turisti nella sua natura e anima più autentica e sta, nel tempo, cercando di riscattare l’immagine superata e stereotipata di una città legata alla Fiat, alle fabbriche e alla nebbia. Oggi si presenta con un volto diverso, più aperto, dinamico e smart, capace di sorprendere chi la visita per la prima volta.

La sua eleganza sabauda, i lunghi portici, i caffè storici, i musei d’eccellenza e i nuovi quartieri riqualificati fanno di Torino una destinazione da riscoprire, perfetta per un weekend lungo, tutto l’anno.

A piedi per il centro storico

Il cuore della città

L’itinerario inizia dalla stazione di Porta Nuova, in piazza Carlo Felice, la stazione principale della città. Dai giardinetti fronte stazione si imbocca via Roma, asse principale dello shopping e viale monumentale tra i più scenografici d’Italia.

Attraversando i portici si arriva a piazza San Carlo, con le sue due chiese gemelle e il monumento equestre di Emanuele Filiberto. Questa piazza, oggi pedonale, merita una sosta seduti sulle panchine centrali o in uno dei cafè storici. Una curiosità a cui i torinesi tengono tantissimo: sulla pavimentazione sotto i portici, sul lato sinistro della piazza con la stazione di Porta Nuova alle spalle, c’è un grande toro di bronzo e secondo una tradizione scaramantica molto diffusa, pestare con decisione i suoi attributi porterebbe fortuna.

Poco oltre si apre piazza Castello, cuore barocco e politico della città, dominata dal Palazzo Reale, Palazzo Madama e dal Teatro Regio, che tutto l’anno ospita un fitto cartellone di opere e balletti.

Da qui, seguendo via Po, si cammina in direzione della Mole Antonelliana, simbolo indiscusso di Torino. L’edificio oggi ospita il Museo Nazionale del Cinema e una terrazza panoramica raggiungibile in ascensore, da cui si gode una vista completa sulla città e sulle Alpi.

Proseguendo sotto i portici di via Po, si raggiunge piazza Vittorio Veneto, una delle più grandi d’Europa, che si affaccia sul Po. Dalla piazza si scorge la chiesa della Gran Madre di Dio, sul lato opposto del fiume, scenografica e maestosa, costruita per celebrare il ritorno di Vittorio Emanuele I.

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Piazza Castello, nel centro

Il parco del Valentino

Andando avanti con la passeggiata, si può costeggiare il fiume passeggiando lungo i Murazzi, sulla sponda ovest del Po, che in origine ospitavano approdi, arcate e rimesse delle barche, poi riqualificati come cuore della movida e locali. Il lungo fiume conduce fino al Parco del Valentino, uno dei polmoni verdi di Torino, apprezzatissimo e molto vissuto dai residenti.

All’interno del parco in fase di riqualificazione e abbellimento, oltre a locali, chioschetti, aree gioco e per il pic nic, si trovano l’Orto Botanico, la bellissima sede della facoltà di Architettura, e il Borgo Medievale, ricostruzione ottocentesca di un villaggio piemontese del Quattrocento.

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Il giardino roccioso del Parco del Valentino

Il Duomo e Porta Palazzo

Con una seconda giornata a disposizione, si può tornare in piazza Castello e da qui dirigersi verso il Duomo di San Giovanni, che custodisce la Sacra Sindone, e, poco distante, le Porte Palatine, scavi a vista testimonianza d’epoca romana.

Nelle vicinanze si aprono piazza della Repubblica e il quartiere di Porta Palazzo, una delle zone più multietniche della città, che sta vivendo diversi progetti di riqualificazione. Proprio su questa piazza tutte le mattine è allestito il mercato all’aperto più grande d’Europa, con banchi di frutta, verdura, prodotti etnici e locali.

Il sabato si aggiunge il Balôn, appuntamento imperdibile con lo storico mercatino delle pulci frequentato da chi ama antiquariato, vinili e oggetti vintage; e tra le bancherelle bar e trattorie tipiche offrono taglieri di salumi e formaggi per l’aperitivo o pranzo con piatti tipici della tradizione piemontese.

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Il Balôn è il mercatino delle pulci del sabato nel quartiere di Porta Palazzo

Passando tra le vie del quadrilatero si fa tappa nella piccola piazza del Municipio (poco lontano si trova il palazzo con il piercing, un’installazione d’arte moderna creata dall’architetto Corrado Levi in collaborazione con Cliostraat, un gruppo di artisti e architetti nato nel 1991).

Da qui, proseguendo verso piazza Statuto, si arriva in un punto simbolico legato alla tradizione esoterica, poiché Torino è considerata una delle città del triangolo magico insieme a Praga e Lione.

Per tornare verso il centro si può seguire via Garibaldi, una delle vie pedonali più lunghe d’Europa, piena di negozi, caffè e botteghe, che collega piazza Statuto a piazza Castello.

Cosa fare a Torino

Sono tante le cose da fare a Torino, specialmente se si ha un po’ di tempo a disposizione.

Musei e fiere

La città è ricca di musei e istituzioni culturali. Tra i più noti, il Museo Egizio è secondo al mondo per importanza dopo quello del Cairo. Appena riqualificata e riorganizzata, la collezione di reperti è straordinaria e racconta in modo approfondito la civiltà dell’antico Egitto. Sempre nel cuore di Torino, il Palazzo Reale e i Musei Reali con la bella armeria custodiscono tesori d’arte e manoscritti unici.

La Mole Antonelliana ospita il Museo Nazionale del Cinema, con installazioni immersive, cimeli, locandine e una scenografia spettacolare. La GAM (Galleria Civica d’Arte Moderna) raccoglie opere dell’arte italiana dall’Ottocento al contemporaneo; mentre il MAO (Museo d’Arte Orientale) espone collezioni permanenti e mostre tematiche temporanee provenienti da Cina, India, Giappone e Medio Oriente.

Il Museo dell’Automobile è un omaggio alla vocazione industriale della città, con modelli storici e prototipi futuristici, allestiti in modo appassionante e coinvolgente. Tutti i musei organizzano attività e laboratori per famiglie o di approfondimento, specialmente nel fine settimana o durante i festivi.

Più particolari sono:

  • il Museo Lombroso, che ripercorre la storia della criminologia con reperti e collezioni secondo gli studi e le ipotesi del medico e antropologo Cesare Lombroso;
  • il PAV (Parco Arte Vivente) dedicato all’arte contemporanea e all’ambiente;
  • il Museo Lavazza sulla cultura del caffè con pezzi storici e allestimenti interattivi e il recente Choco-Story Torino Museo del cioccolato davvero coinvolgente e appassionante;
  • il MAU, Museo di Arte Urbana è un museo diffuso e un itinerario per la visita di oltre 200 murales e dipinti all’aperto nel quartiere di Borgo Campidoglio.

Una volta definite le date del viaggio, conviene verificare eventi e fiere nei grandi poli come la Reggia di Venaria Reale, la palazzina di Stupinigi e il Lingotto Fiere, ex fabbrica Fiat oggi trasformata in centro congressi e commerciale, che ospita tutto l’anno manifestazioni di portata internazionale.

Esperienze e tour

Il centro storico di Torino non è particolarmente grande quindi si visita facilmente anche in autonomia. Per approfondimenti tematici o interessi specifici però esistono tour guidati e itinerari per tutti i gusti e per tutte le età.

Tra i più famosi  ci sono quelli dedicati alla Torino magica, con percorsi tra simboli esoterici, leggende e misteri; i tour sotterranei che portano alla scoperta di gallerie, cantine e cunicoli nascosti; o visita con degustazione ai caffè storici più belli del capoluogo.

I migrantour sono un’esperienza particolare, che racconta l’animo multietnico della città e offre una prospettiva diversa: sono condotti da guide di origine straniera e mostrano i quartieri di maggiore influenza extracomunitaria, raccontando la città attraverso gli occhi delle comunità marocchina, cinese, rumena.

Dove andare la sera

La vita serale di Torino ha cambiato volto negli ultimi anni. San Salvario, alle spalle della stazione di Porta Nuova verso il Parco del Valentino, è uno dei quartieri più frequentati da giovani e universitari, con locali, bistrot, cocktail bar e ristoranti multietnici dal pranzo a tarda sera.

Il Quadrilatero Romano, tra via Garibaldi e piazza della Repubblica, è un’altra zona molto amata storicamente dai torinesi, e ospita tra le sue vie strette e le piazze pedonali locali storici e nuovi indirizzi alla moda. Anche il quartiere di Vanchiglia, vicino alla Mole, è una zona di locali, circoli e ristoranti dove i torinesi di tutte le età vanno per aperitivo, cena, pranzi del fine settimana e concertini. Più tardi, molti si spostano ai Murazzi per ascoltare musica, bere qualcosa e ballare fino a tardi.

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Vista notturna su Torino

I dintorni, per una visita fuori porta

Chi ha qualche giorno a disposizione può provare a organizzare una gita fuori porta. La Reggia di Venaria, patrimonio UNESCO, è uno dei complessi monumentali più maestosi della regione. Con i suoi giardini all’italiana, le scuderie, le fontane e le mostre temporanee che ospita, la Reggia offre un’esperienza immersiva nella grandezza della dinastia sabauda. Si raggiunge facilmente in auto o con il treno, prendendo il regionale dalla stazione di Porta Nuova in direzione di Venaria.

Sulla collina torinese, la Basilica di Superga è una meta imperdibile, legata alla tragedia del Grande Torino del 1949, e simbolo della città. Dalla basilica, che si raggiunge in auto o con la funicolare, si gode di una vista panoramica straordinaria sulla città e sulle Alpi. Un’altra meta panoramica è il Monte dei Cappuccini, non troppo lontano da piazza Vittorio, dove si trova il convento dei Cappuccini e un belvedere sulla città. È raggiungibile in auto o volendo anche a piedi, con una passeggiata che sale dalla città verso il piccolo monte.

Poco distante dalla città, la Palazzina di Caccia di Stupinigi è un vero e proprio viaggio nel Settecento tra sale affrescate, arredi preziosi e un parco che circonda l’edificio. La Palazzina si trova a circa 10 km da Torino, facilmente raggiungibile in auto o con mezzi pubblici.

Impressionante e spettacolare, la Sacra di San Michele, abbazia millenaria che domina la Val di Susa, è uno dei luoghi più suggestivi del Piemonte. Situata su una montagna a 960 metri di altezza, la Sacra è un simbolo del Medioevo ed è stata l’ispirazione per il romanzo Il nome della rosa di Umberto Eco. Si arriva in auto percorrendo la strada che da Susa conduce al sito. I più avventurosi e allenati possono fare un’escursione a piedi fino alla Sacra.

I sapori di Torino

La cucina torinese è ricca e sostanziosa. Tra i primi piatti tipici si trovano gli agnolotti ripieni di carne e i tajarin, burro e salvia o al ragù. La bagna cauda è una salsa calda a base di acciughe, aglio e olio d’oliva, servita come intingolo per verdure crude o cotte (l’alito potrebbe risultare lascia un alito forte e persistente anche il giorno dopo). I secondi piatti sono generalmente a base di carne, come il bollito misto o la carne cruda all’albese.

Da bere, oltre ai vini DOCG della regione, c’è il Vermouth di Torino, una sorta di un vino aromatizzato con erbe e spezie da bere liscio, con ghiaccio o in cocktail, che può essere anche una buona idea regalo. I dolci sono altrettanto rappresentativi: il bonèt è un budino al cioccolato con amaretti, proposto a fine pasto. Nei caffè storici, oltre alla cioccolata calda, è da provare il bicerin, bevanda calda a base di caffè, cioccolato e crema di latte.

Da acquistare come souvenir gastronomici ci sono i gianduiotti, nati proprio a Torino; i grissini stirati a mano, da comprare nei mercati rionali o nelle botteghe storiche del centro.

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Sosta in uno dei caffè storici per assaggiare il bicerin

Info pratiche

Come arrivare e muoversi

Torino è un po’ ritirata, all’estremo occidente della penisola, ma ben collegata con il resto d’Italia. Le stazioni ferroviarie principali sono Porta Nuova, Porta Susa e Lingotto, collegate dall’alta velocità a Milano, Bologna, Firenze, Roma e Napoli.

L’aeroporto internazionale di Caselle è servito da navette e treni che raggiungono il centro. In città si può contare su una linea di metropolitana, che collega la zona del Lingotto con Collegno passando per il centro storico e le stazioni ferroviarie; autobus e tram.

Per visitare il centro storico si possono noleggio bici e monopattini elettrici, per spostarsi in modo sostenibile e veloce.

Quando visitare Torino

Torino è una città da visitare tutto l’anno. Certamente la primavera e l’autunno permettono di vivere meglio gli spazi esterni, i parchi e le piazze, evitando il caldo afoso dell’estate e il freddo dell’inverno; mentre per il Natale porta in centro mercatini e manifestazioni a tema.

Da qualche anno a questa parte, il capoluogo torinese ospita grandi eventi internazionali: un’ottima occasione per visitarla anche se l’atmosfera può essere un po’ caotica. In linea di massima, sono sufficienti 3 o 4 giorni per conoscere la città, a meno che non si vogliano poi esplorare le montagne vicino o la splendida zona delle Langhe.

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La primavera si celebra con stile: ai Musei Reali di Torino è festa

C’è un modo elegante, raffinato e fuori dal tempo per dare il benvenuto alla primavera ed è quello scelto dai Musei Reali di Torino. Oggi, venerdì 11 aprile 2025, i Giardini Reali si trasformano in un palcoscenico en plein air per accogliere la nuova stagione con una serata che unisce arte, storia, natura e suggestioni d’altri tempi.

La Festa di Primavera, in programma dalle 17:30 alle 21:00, è un inno alla bellezza e all’armonia, capace di far dialogare passato e presente in un contesto di straordinario fascino.Protagonisti della scena sono i luoghi più emblematici del complesso museale, a partire dal Giardino di Levante, recentemente restaurato grazie ai fondi del PNRR, che ospita per l’occasione una novità di grande impatto visivo e simbolico: la presentazione della statua allegorica della Primavera, una fedele riproduzione marmorea dell’opera di Simone Martinez.

Un gesto che celebra la rinascita, la vitalità e il legame tra uomo e natura, elementi chiave dell’identità stessa dei Giardini Reali.

Una serata tra arte e danza, nella magia dei Giardini Reali

La Festa di Primavera di Torino non è solo una passeggiata tra fiori e sculture. È un’esperienza immersiva che invita il pubblico a vivere i Giardini Reali in modo del tutto inedito, lasciandosi trasportare dalle atmosfere e dalle musiche di un’epoca lontana.

Dopo la presentazione della statua, il programma prosegue alle 18:15 con uno dei momenti più attesi dell’intera serata: il Gran Ballo Ottocentesco, rievocazione storica curata nei minimi dettagli che vede protagonisti ballerini in abiti d’epoca, impegnati in eleganti coreografie su valzer, mazurke e polke.

Non si tratta solo di una performance artistica, ma di un vero e proprio viaggio nel tempo, in cui i visitatori possono osservare, ascoltare, emozionarsi. Il tutto immersi nella cornice incantata dei Giardini, con il profilo dei palazzi reali a fare da sfondo e la luce del tramonto a colorare ogni istante.

A chiudere la serata, un brindisi collettivo tra siepi, fontane e alberi secolari: un momento conviviale che suggella lo spirito della manifestazione, tra condivisione, cultura e natura. E per l’occasione, sì, sarà anche possibile alzare i calici con un buon vino bianco o rosso.

Info utili per la Festa di Primavera torinese

La Festa di Primavera si svolge oggi, venerdì 11 aprile, con accesso ai Giardini Reali a partire dalle 17:30. Per permettere l’allestimento dell’evento, l’area verde sarà temporaneamente chiusa al pubblico dalle 17:00 e riaperta in coincidenza con l’inizio delle attività. Il biglietto di ingresso ha un costo simbolico di 10 euro, mentre è prevista la gratuità per i bambini sotto gli 11 anni e per le persone con disabilità.

L’ingresso è su Piazzetta Reale 1, nel cuore di Torino, e tutte le informazioni dettagliate sono disponibili sul sito ufficiale dei Musei Reali.

In caso di pioggia, le attività previste verranno adattate agli spazi coperti disponibili, senza compromettere l’atmosfera dell’evento.

Chi cerca un’occasione per riscoprire la bellezza della primavera con occhi nuovi, tra arte, eleganza e paesaggi urbani da cartolina, troverà in questa serata un’esperienza preziosa. Ai Musei Reali, la primavera non è solo una stagione: è un gesto, un passo di danza, un’opera d’arte che torna a splendere.

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Destinazione Venaria Reale, la residenza di caccia del re d’Italia

Venaria Reale è un affascinante comune della provincia di Torino, cittadina che tra le sue strade nasconde tantissimi gioielli architettonici da visitare. Uno di questi è proprio la Reggia di Venaria Reale, una delle residenze sabaude più importanti, che per la sua rilevanza e indiscutibile bellezza è stata persino dichiarata Patrimonio dell’Umanità Unesco. Non vi sorprenderà sapere, quindi, che a causa della sua magnificenza viene spesso paragonata alla Reggia di Versailles, in Francia.

Un po’ di storia

La Reggia di Venaria Reale, commissionata dal duca Carlo Emanuele II di Savoia agli architetti di corte Amedeo di Castellamonte e Michelangelo Garove, fu fatta edificare a partire dal 1658. Il duca voleva una residenza per le battute di caccia nella brughiera torinese. I lavori si protrassero almeno fino al 1675 quando il borgo di Venaria e il regale palazzo erano già in buona parte completati: quantomeno, era finita la reggia di Diana, cuore della struttura. Lo sviluppo dell’edificio, in realtà, non si interruppe. Vari episodi ne hanno segnato le sorti e le destinazioni: assedi di truppe ostili (i francesi nel 1706, per esempio), Filippo Juvarra che subentra nella direzione del progetto e dei lavori, la dominazione napoleonica, la trasformazione in caserma, centro nevralgico della cavalleria sabauda, scuola militare di equitazione, il progressivo degrado fino al 1978.

Fu nel 1978 che la struttura passò alla Soprintendenza e nel 1998 iniziò l’imponente opera di restauro con lo sblocco di fondi nazionali ed europei. La Reggia di Venaria Reale è stata riaperta il 12 ottobre 2007; periodicamente, da allora, sono recuperati e riaperti nuovi spazi: è la più grande opera di conservazione di un bene culturale mai realizzata in Europa. 100 mila metri quadrati della superficie dell’intero complesso sono stati restaurati, 9500 metri quadrati di stucchi recuperati, mille di affreschi riportati alla luce. Gli ettari di giardini della Reggia di Venaria Reale già visitabili sono 50, 200 mila le nuove piantumazioni, 11 i milioni di litri d’acqua nella peschiera, 4500 i metri quadrati delle Scuderie Juvarriane.

Cosa visitare presso la Reggia di Venaria Reale

L’itinerario di visita della Reggia di Venaria Reale parte, ovviamente, dalle biglietterie: qui potrete trovare indicazioni sui percorsi alla scoperta di questo edificio monumentale che vanta alcune delle più sublimi espressioni del barocco piemontese (va specificato, tuttavia, che è assolutamente consigliato prenotare e acquistare in anticipo, scegliendo giorno e ora, il proprio ingresso, anche perché in alcuni periodi dell’anno l’accesso è limitato a un preciso numero di persone).

Attraverserete quindi la Sala di Diana progettata da Amedeo di Castellamonte, la Galleria Grande e la Cappella di Sant’Uberto, con l’immenso complesso delle Scuderie Juvarriane, opere settecentesche di Filippo Juvarra, le fastose decorazioni, la spettacolare Fontana del Cervo nella Corte d’onore, punte sfavillanti del “Teatro di storia e magnificenza”. Non perdete il percorso espositivo dedicato ai Savoia, che accompagna il visitatore lungo quasi duemila metri, tra piano interrato e piano nobile della Reggia. E informatevi sulle mostre temporanee, sempre molto interessanti.

Reggia di Venaria, interni

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Una delle sale della Reggia di Venaria

Recatevi poi ai Giardini della Reggia di Venaria Reale. Il recupero di questo gioiello verde a ridosso della residenza reale è stato qualcosa di prodigioso. Intorno agli anni 2000, i giardini erano in una condizione tale da non consentire neanche più la possibilità di percepire i frammenti della conformazione originale sei-settecentesca. Oggi sono un elegante, virtuoso e fascinoso dialogo tra antico e moderno. Andate alla ricerca dell’Hercole Colosso, che dialoga con opere di artisti contemporanei come Giuseppe Penone e Giovanni Anselmo; apprezzate, sullo sfondo, le prospettive e l’ampiezza del panorama naturale animato dai boschi del Parco La Mandria e dalla catena montuosa delle Alpi. Inaugurati nel 2007, i “giovani” giardini della Reggia di Venaria Reale sono sempre ogni giorno più belli, poiché rappresentano un vero e proprio connubio tra antico e moderno.

Immancabile la visita al Parco La Mandria

Conclusa la visita del complesso della Reggia, spostatevi verso il Parco La Mandria. Situato tra i torrenti Stura di Lanzo e Ceronda, a nord-ovest di Torino e Venaria Reale, è stato istituito nel 1978 dalla Regione Piemonte per salvaguardare i più di tremila ettari di territorio che Vittorio Emanuele II di Savoia, primo re d’Italia, aveva racchiuso con un muro di cinta, a metà XIX secolo. Lungo più di 35 chilometri, il muro di cinta era pensato per proteggere gli edifici storici presenti in quella che per il sovrano era una vera e propria riserva di caccia. Nel Parco oggi vivono liberamente e allo stato semibrado diverse specie di animali selvatici e domestici. È, inoltre, il più significativo esempio di foresta planiziale ancora presente nella regione.

La Mandria è anche sede di un’altra delle residenze sabaude, gli Appartamenti Reali di Borgo Castello – quelli abitati da Rosa Vercellana, la Bela Rosin, prima amante, poi moglie morganatica di Vittorio Emanuele II – e comprende un considerevole patrimonio storico-architettonico costituito da una ventina di edifici tutelati, tra cui le antiche cascine un tempo abitate dai mezzadri di sua maestà, i resti di un ricetto medievale, due reposoir di caccia chiamati la Bizzarria e la Villa dei Laghi e la Cascina Rubbianetta. Se avete in mente un weekend romantico o un soggiorno in famiglia all’insegna della natura, non dimenticate che all’interno del parco di Venaria Reale è possibile soggiornare nella foresteria “La Dimora de La Mandria” che si trova nella Cascina Rubbianetta, cooperativa agricola e centro del cavallo.

Vasta oasi naturale, il Parco La Mandria è luogo e occasione unica dove è possibile vivere esperienze rare, inedite, sorprendenti: sulle tracce dei suoi luoghi di “silenzio”, degli “odori naturali” o “immersi” nel buio del bosco, dalle passeggiate e trekking per i sentieri o percorrendo gli stessi in bicicletta o a cavallo, dalla scoperta della flora e fauna selvatica, alle escursioni guidate per le brughiere di Venaria Reale alla ricerca della vegetazione del sottobosco o sui giacimenti secolari dei resti fossili, all’opportunità stessa, più in generale, di cogliere e immergersi nel ritmo lento del divenire naturale.

Orari, prezzi e info utili

La Venaria Reale è aperta dal martedì alla domenica, con orari che vanno dalle ore 9.30 alle 17 (l’ultimo ingresso è previsto alle 16). Diversa è la situazione nel weekend e durante i festivi, perché l’orario seguito è quello che va dalle 9.30 alle 18.30. Nel corso dell’anno, inoltre, sono previste anche diverse aperture straordinarie, come in occasione delle festività di Pasqua, Festa della Liberazione e Festa dei Lavoratori (orario 9:30 – 19:30); i lunedì di maggio (ore 9:30 alle 17); lunedì 2 giugno (del 2025) dalle ore 9:30 alle 18.30.

A disposizione dei visitatori ci sono varie tipologie di ingresso che prevedono la visita a più o meno attrazioni. Chi vuole scoprire la Reggia con la Scuderia Grande Juvarriana e i Giardini dovrà pagare un biglietto intero (sono chiaramente disponibili anche i ridotti) di 16 euro. Oppure si possono visitare solo i Giardini per 5 euro o il Castello della Mandria per 8. In caso di mostre in corso, si può ottenere un ticket di 20 euro che permette anche di ammirare le diverse esposizioni.

Infine, è bene sapere che la Reggia di Venaria dista più o meno 10 chilometri dalla città di Torino: può essere facilmente raggiunta in auto, in treno, in bus, in aereo o persino in bici.

Reggia di Venaria Reale, Piemonte

Fonte: iStock@Faabi

Veduta della Reggia di Venaria Reale
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Le location di Fast X, l’ultimo capitolo di Fast and Furious

L’ultimo capitolo adrenalinico della Fast Saga, Fast X, ha conquistato il pubblico di tutto il mondo e include molte location mozzafiato. Dalle affascinanti strade di Vila Real e Viseu in Portogallo agli scorci suggestivi e iconici di Roma, Londra e Torino il team di produzione non ha badato a spese per catturare l’essenza delle corse su strada ad alto numero di ottani sullo sfondo di paesaggi pittoreschi. Fast X, diretto da Louis Leterrier con Vin Diesel, Michelle Rodriguez, Jason Statham, Helen Mirren, Charlize Theron e tanti altri volti noti del franchise ha anche travolto molti luoghi nel mondo con l’energia vibrante della nuova avventura su quattro ruote.

Cosa succede in Fast X

In Fast Five del 2011, Dom e la sua squadra hanno eliminato il boss della droga brasiliano Hernan Reyes e distrutto il suo impero, ma ignorano che il figlio di Reyes, Dante (Jason Momoa), ha assistito a tutto questo e per ben 12 anni ha elaborato un piano di vendetta. Dante spingerà la famiglia di Dom da Los Angeles alle catacombe di Roma, dal Brasile a Londra e dal Portogallo all’Antartide. Si stringeranno nuove alleanze e torneranno vecchi nemici. Ma tutto cambia quando Dom scopre che suo figlio di 8 anni è l’obiettivo finale della vendetta di Dante.

Dove è stato girato

Durante i mesi di riprese in Italia c’è stata grande curiosità per il nuovo Fast X con curiosi che provavano a catturare qualche foto o video sui set di Roma, Torino e altre location nostrane. “A Roma ci siamo cimentati in cose che non credo siano mai state fatte a quei livelli. Poi siamo partiti alla volta del Portogallo, e poi ci siamo spostati nel mondo. Ma lo spirito del franchise non riguarda solo la realizzazione del desiderio di guidare queste auto e fare incredibili acrobazie in giro per il mondo, bensì anche sedersi intorno al tavolo del barbecue della famiglia Toretto e sentirsi parte di qualcosa di più grande. Questo è il franchise di Fast and Furious. Prestiamo attenzione al cuore e all’anima di questi personaggi, e alle loro relazioni” ha detto il produttore Jeff Kirschenbaum in un’intervista.

Fast X film

Fonte: Universal Pictures

Helen Mirren e Vin Diesel in Fast X

Roma e Torino mai così vicine

Su richiesta dell’Agenzia, la squadra di Toretto nel film si reca a Roma per rubare un chip per computer. La sequenza inizia con alcune riprese del Colosseo e del convoglio che gira intorno alla monumentale Fontana dell’Acqua Paola a Trastevere, nel centro di Roma. Il convoglio poi va da Trastevere all’Altare della Patria, al Teatro Marcello e al Foro Romano, finché non viene intercettato dalla vistosa Lamborghini sul Ponte Umberto I. Meglio non farsi domande sul senso del percorso perchè il film gira per Roma in modo casuale. Il balcone da cui Tej e Ramsey saltano sul camion si trova in Via Vittorio Amedeo II 16 a Torino, che dista circa 325 miglia (523 km) da Roma. La scena dell’auto telecomandata è stata girata su una strada parallela, Via Papacino. La prima esplosione dell’auto avviene in Piazza IV Marzo a Torino. Poi, c’è una ripresa aerea della famosa Piazza del Popolo con le sue chiese gemelle a Roma. Tuttavia, il punto in cui il camion rilascia la bomba rotante è stato in realtà girato in Piazza San Carlo a Torino, una piazza che ospita anche due chiese quasi identiche.

Le scene in cui l’enorme bomba a palla di metallo di Dante rimbalza ovunque si svolgono in varie location di Roma e Torino. Le strette e tortuose strade di Genzano preparano il terreno per l’inseguimento centrale di Fast X. A Roma, l’inseguimento si svolge attraverso Via Cristoforo Colombo, Via dei Fori Imperiali, Ponte Umberto I, la famosa scalinata di Piazza di Spagna e altre aree di interesse storico. La scena in cui la bomba spacca in due un autobus è stata registrata in Piazza Crimea a Torino. Nella vera Roma, Dante guida la sua motocicletta attraverso Piazza di Santa Maria in Trastevere. La piazza in cui la polizia cattura Letty è il Belvedere Niccolò Scatoli, dove si trova la Fontana dell’Acqua Paola. Questa è la stessa location in cui è iniziata la sequenza di Roma. Il destino finale della bomba vicino al Vaticano è stato girato sul Ponte Vittorio Emanuele I, sempre a Torino.

Sebbene siano state girate in due città diverse, le riprese sono state montate in modo impeccabile per creare un’esperienza visivamente accattivante. La Fast Saga dà priorità alle riprese fantastiche rispetto alla rigorosa aderenza alla realtà, che è ciò che rende il franchise così divertente da guardare. Dante osserva la sua opera distruttiva dal punto di osservazione del Belvedere del Gianicolo, con il Monumento a Giuseppe Garibaldi in primo piano sullo sfondo. Questa location, situata sul Gianicolo lungo via Garibaldi, Salita di Sant’Onofrio, offre una vista mozzafiato sulla città. È il posto perfetto per Dante per nascondersi e allo stesso tempo per controllare il suo attacco al fine di incastrare Dom e la sua squadra per il suo terrorismo Fast X.

Murazzi Torino

Fonte: iStock

I Murazzi sul Po a Torino

Napoli

Lo status di sito storico e patrimonio mondiale dell’UNESCO di Napoli aggiunge fascino alle scene girate in città. La giustapposizione del suo ricco patrimonio culturale e dell’azione ad alto numero di ottani della trama di Fast X crea un mix intrigante che tiene gli spettatori coinvolti e in attesa con ansia del prossimo colpo di scena nella trama. La vivace città è la location di un importante incontro tra Dom e l’inaspettata alleata Tess, la figlia del precedente datore di lavoro dell’Agenzia, Mr. Nobody. Nota per il suo fascino cinematografico, Napoli si rivela uno sfondo perfetto per gli emozionanti eventi che si svolgono nel film.

La casa di Dom in California

Immersa nel vero quartiere residenziale di Echo Park ad Angelino Heights, Los Angeles, sorge l’iconica casa di Dom Toretto. Circondata da case di inizio secolo del valore di milioni di dollari, questa location ha un significato storico in quanto parte di un vivace distretto. L.A. è la casa di molti dei personaggi di Fast & Furious, e Dom risiede lì insieme a Letty e suo figlio con Elena, Brian “Little B” Marcos. Più di una semplice struttura fisica, la casa di Dom rappresenta il cuore della famiglia Toretto, simboleggiando la loro unità e forza. Di conseguenza, qualsiasi attacco o distruzione diretta verso di essa ha un significato enorme all’interno della trama di Fast X. I residenti di Angelino Heights hanno reagito con preoccupazione alla notizia che altre scene della saga sarebbero state girate nella proprietà, poiché in passato i fan si esibivano in pericolose acrobazie nel quartiere secondo quanto riportato dal Los Angeles Times.

Londra

A febbraio 2022 Vin Diesel ha rivelato su Instagram di essere a Londra per girare il finale di Fast & Furious. Durante la produzione di Fast X, il cast e la troupe hanno utilizzato principalmente le strutture dei Warner Bros. Studios Leavesden, situati su Warner Drive a Leavesden nell’Hertfordshire. A differenza di precedenti casi di riprese che hanno causato confusione sulle strade inglesi, questa volta non ci sono stati disordini e le riprese sono state più fluide. Ciò suggerisce che la troupe abbia sfruttato al meglio i 19 studi e i 55 acri di backlot di Leavesden per catturare l’azione di Fast X.

Rio de Janeiro

Il legame tra Fast Five e Fast X è evidente nelle riprese a Rio de Janeiro, in Brasile. Uno dei punti di riferimento più riconoscibili della Fast Saga è la statua del Cristo Redentore, che è in primo piano nelle scene ambientate a Rio de Janeiro. Mentre le sequenze di gara sono state girate principalmente in uno studio, lo spettacolare paesaggio montuoso di Rio è stato abilmente aggiunto tramite CGI. In un’avvincente scena post-credit di Fast X, la storia prende una piega inaspettata quando Luke Hobbs arriva alla vecchia stazione di polizia di Rio de Janeiro, precedentemente utilizzata da Reyes in Fast Five. Il nascondiglio della stazione di polizia di Reyes non si trova in realtà a Rio de Janeiro, ma è una vera struttura nota come Banco Gubernamental de Fomento para Puerto Rico, situata in Avenida De Diego a Puerto Rico.

Antartide

La visita di Tess alla prigione segreta in Antartide dove Letty è tenuta contro la sua volontà diventa un momento cruciale in Fast X. Fuggendo da una prigione attraverso un portello, Letty, accompagnata da Cipher, naviga nel pericoloso paesaggio ghiacciato, dirigendosi verso la costa dove li attende un sottomarino. Il colpo di scena sorprendente arriva quando Gisele (Gal Gadot), torna dai morti in Fast X come pilota del sottomarino. Sebbene sia improbabile che il film sia stato effettivamente girato in Antartide, a causa della natura insidiosa dell’ambiente, le immagini della fuga attraverso il paesaggio ghiacciato sono sbalorditive e contribuiscono al senso generale di urgenza e pericolo.

Portogallo

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Ponte del 25 aprile al tramonto in Portogallo

Arizona

L’incessante inseguimento di Dante raggiunge un momento cruciale quando riesce a rintracciare Little B e Jakob all’aeroporto di North Yuma, in Arizona. Questa scena di Fast X non è solo piena di azione, ma presenta anche una serie di cameo degni di nota che aggiungono pathos. Un cameo particolarmente toccante è quello di Meadow, la figlia del defunto Paul Walker, che interpreta un’assistente di volo che aiuta Little B e Jakob nella loro fuga. La natura stellare della scena, unita ai pericolosi inseguimenti e alle acrobazie coinvolte, suggerisce che le riprese siano state probabilmente effettuate a Los Angeles, un centro nevralgico dell’industria dell’intrattenimento. Le diverse location e risorse della città avrebbero fornito lo sfondo perfetto per questa emozionante sequenza.

Portogallo

Little B e Jakob arrivano in barca a Cais do Ginjal fuori Lisbona e si dirigono verso una casa sicura per incontrare Dom. Tuttavia le circostanze costringono Jakob ad affrontare Dante da solo, e lui rivela un’arma formidabile sotto forma della sua auto. L’autostrada IP5 a Vouzela e l’autostrada A24 fungono da sfondo per il successivo inseguimento in auto. Alla fine Dom e Little B si ritrovano intrappolati in cima alla diga di Aldeadávila in Spagna. In una sequenza mozzafiato, Dom manovra la sua auto lungo il lato della diga. Dom e Little emergono sani e salvi dall’acqua, anche se lui ha dovuto lasciare la sua iconica Dodge nel bacino sottostante. La loro situazione non è finita, perché Dante fa esplodere la diga.

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Piemonte, terra di bellezza: viaggio tra i luoghi più suggestivi

Se Torino è una città ricca di bellezze, dove storia e cultura si intrecciano in un luogo dalle mille meraviglie, tutto il Piemonte è uno scrigno di piccole perle altrettanto affascinanti e suggestive. Panorami incantevoli, come quelli delle Langhe o del lago Maggiore, racchiudono borghi deliziosi dove il tempo sembra davvero essersi fermato. E tra le montagne, con una splendida vista sulle Alpi, ecco stagliarsi fortificazioni dall’aspetto misterioso.

Quali sono i posti imperdibili del Piemonte? Partiamo insieme alla scoperta di indiscusse meraviglie.

Il Ricetto di Candelo, gioiello medievale

Nel comune di Candelo, in provincia di Biella, sorge il grazioso Ricetto di Candelo, una delle testimonianze storiche più affascinanti della regione. Il borgo, con le mura in ciottoli disposte a lisca di pesce, promette infatti un’emozionante viaggio nel passato.

Nato tra il XIII e il XIV secolo per volere della popolazione locale, il Ricetto di Candelo aveva in origine la funzione di deposito per i prodotti agricoli. Tuttavia, nei momenti di pericolo e durante i conflitti, diveniva un rifugio sicuro per gli abitanti, protetto dalle robuste mura fortificate. Oggi, riconosciuto tra i Borghi Più Belli d’Italia e noto come la “Pompei medievale del biellese”, continua a raccontare la sua storia tra le stradine lastricate e all’ombra delle antiche costruzioni.

Oltrepassata la porta torrione, sovrastata da un grande arco, ci si ritrova nella piazzetta del ricetto, laddove si erge il Palazzo del Principe, realizzato da Sebastiano Ferrero nel 1496, che rappresenta l’evoluzione di un insieme di cantine preesistenti trasformate in una sorta di torre. Le strade del borgo, chiamate con il francesismo “rue”, si distinguono per la particolare pavimentazione in ciottoli inclinati, studiata per favorire il deflusso delle acque.

Ogni edificio del Ricetto sa sorprendere: al piano terra, un tempo adibito a stalla o cantina, si accede direttamente dalla strada, mentre il piano superiore, il solarium, era destinato all’essiccazione delle granaglie e si raggiungeva tramite una balconata in legno. Passeggiando tra queste antiche strutture, si può visitare anche l’Ecomuseo della Vitivinicoltura, per conoscere da vicino la tradizione contadina e la cultura enologica del territorio.

Poco distante, merita una sosta la Chiesa di Santa Maria, dalla facciata romanica, che custodisce al suo interno affreschi di grande valore artistico e pregiati capitelli, testimoni della maestria artigianale dell’epoca.

La Morra, belvedere delle Langhe

Nel cuore delle Langhe, a pochi chilometri da Alba, vale la pena visitare l’incantevole borgo de La Morra, fiore all’occhiello della zona di produzione del celebre Barolo, che si distingue per la posizione privilegiata sulla sommità di una collina, da cui si gode di un panorama senza eguali sulle vigne a perdita d’occhio.

Il centro storico si sviluppa attorno alla piazza principale, su cui si affacciano edifici di grande interesse architettonico. La Chiesa barocca di San Martino e la Confraternita di San Rocco raccontano la storia di un paese profondamente legato alla sua identità culturale. Poco distante, un piccolo giardino triangolare cresce sull’antico cimitero, mentre il Municipio e l’ex casa del corpo di guardia completano il quadro a dir poco idilliaco.

Una delle tappe imperdibili è poi la Cantina Comunale, dove è possibile degustare e acquistare i vini della zona. Salendo verso Piazza Castello, lo sguardo viene rapito da uno dei belvedere più spettacolari delle Langhe, tra colline ricoperte di vigneti e scorci da cartolina.

Infine, nella frazione dell’Annunziata, si trova l’ex abbazia benedettina di San Martino di Mercenasco, attuale sede del Museo Ratti dei Vini. Da qui partono i celebri sentieri del vino e la “Mangialonga”, un evento enogastronomico che consente di gustare i sapori del territorio con uno splendido percorso tra le vigne.

La Sacra di San Michele, panorama incredibile

Sacra di San Michele, Torino

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Vista panoramica della Sacra di San Michele

Maestosa, imponente, avvolta da un’aura mistica: la Sacra di San Michele domina la Val di Susa dall’alto del Monte Pirchiriano, a 962 metri di altitudine. L’antico complesso monastico, simbolo del Piemonte, ha ispirato Umberto Eco nella stesura del noto romanzo “Il nome della rosa”.

Costruita tra il 983 e il 987, l’abbazia si erge in una posizione strategica che regala una vista difficile da descrivere a parole sulla valle e su Torino. La meravigliosa architettura, con elementi romanici e gotici, è testimone di secoli di storia e spiritualità. Oltre alla chiesa principale, risalente al XII secolo, la Sacra ospita le tombe di alcuni membri della famiglia reale di Casa Savoia.

Dedicata all’Arcangelo Michele, difensore del popolo cristiano, la Sacra rappresenta una delle tappe principali di un lungo percorso di pellegrinaggio che collega Mont-Saint-Michel, in Francia, a Monte Sant’Angelo, in Puglia. La sua sagoma svettante, incorniciata dai boschi della Val di Susa, è un baluardo che attira ogni anno migliaia di visitatori.

Il fascino della Sacra di San Michele si percepisce fin dal primo sguardo, ma è avvicinandosi che la sua energia diventa tangibile. I sentieri che si snodano tra i boschi, calpestati dai pellegrini per secoli, conducono a un luogo di rara bellezza, dove arte, storia e fede si fondono in un’esperienza che non si può dimenticare.

Gli Orridi di Uriezzo, al cospetto del canyon

La Valle Antigorio, in provincia di Verbano-Cusio-Ossola, cela uno spettacolo naturale di straordinaria bellezza: sono gli Orridi di Uriezzo, un canyon modellato nei millenni dalla forza dell’acqua. Gole spettacolari, scavate dallo scioglimento dell’antico Ghiacciaio del Toce, regalano ai visitatori un viaggio tra rocce levigate e giochi di luce che lasciano senza fiato.

Al termine dell’ultima glaciazione, circa dodicimila anni fa, il ghiacciaio iniziò a ritirarsi, dando origine a torrenti impetuosi che scavarono profondi cunicoli e meravigliose cavità. Oggi, gli Orridi di Uriezzo si suddividono in diverse zone, ognuna con caratteristiche uniche. L’Orrido Sud, noto come Tomba d’Uriezzo, è il più impressionante, con una lunghezza di circa 200 metri e pareti che si innalzano fino a 30 metri. L’Orrido Nord-Est, più piccolo ma altrettanto suggestivo, si estende per 100 metri, mentre l’Orrido Ovest si sviluppa in due tratti distinti. Infine, l’Orrido Vallaccia, sotto la Chiesa di Baceno, risulta di difficile accesso ma conserva un’impronta selvaggia e incontaminata.

Esplorare gli Orridi di Uriezzo significa ritrovarsi in un paesaggio primordiale, dove la natura ha scolpito forme incredibili e ogni angolo mostra la potenza degli elementi.

Il Parco Naturale dell’Alpe Veglia e dell’Alpe Devero, il paradiso tra le vette

Perla della Val d’Ossola, il Parco Naturale dell’Alpe Veglia e dell’Alpe Devero incanta chiunque vi arrivi grazie allo straordinario paesaggio alpino. Istituito nel 1995, il parco abbraccia due magnifiche conche alpine e si estende sui comuni di Baceno, Crodo, Trasquera e Varzo, in provincia di Verbano-Cusio-Ossola.

L’Alpe Veglia, raggiungibile da Varzo attraverso la Val Cairasca, è una meta ideale per gli amanti del trekking. Qui, le ampie distese di pascoli si fondono con boschi di larici e laghi cristallini come il Lago d’Avino, il Lago del Bianco e l’ammaliante Lago delle Streghe, che danno vita a un ambiente fiabesco perfetto per escursioni a pieno contatto con la natura.

L’Alpe Devero, accessibile da Baceno attraverso la Valle di Devero, è invece il regno degli sport invernali. Con i suoi impianti sciistici, offre piste battute e percorsi fuoripista per sciatori e snowboarder in cerca di avventura. Per gli escursionisti esperti, il percorso che conduce fino a Binn, in Svizzera, passando dal Bivacco Combi Lanza a oltre 2000 metri di altitudine, rappresenta una sfida tutta da vivere.

La Palazzina di Caccia di Stupinigi, il fascino regale del Barocco

Splendida Palazzina di Caccia di Stupinigi, Torino

Fonte: Ph @ELENAPHOTOS – iStock

Splendida Palazzina di Caccia di Stupinigi

A pochi chilometri da Torino, nel comune di Nichelino, da segnare in lista è la sontuosa Palazzina di Caccia di Stupinigi, una delle più coinvolgenti espressioni dell’architettura barocca in Europa. Commissionata da Vittorio Amedeo II e progettata dal celebre architetto Filippo Juvarra, la storica residenza rappresenta un vero e proprio viaggio nella magnificenza della dinastia sabauda.

Con i sontuosi saloni affrescati, i giardini eleganti e l’inconfondibile statua del cervo che sovrasta la sommità della cupola, la Palazzina è una tappa imprescindibile per chi desidera immergersi nell’atmosfera fastosa della corte reale piemontese.

Ceresole Reale, oasi del Parco del Gran Paradiso

Parte del Parco Nazionale del Gran Paradiso, Ceresole Reale è un autentico gioiello montano, incastonato tra le cime alpine della provincia di Torino. Borgo pittoresco, deve il nome al re Vittorio Emanuele II che frequentava la zona per le battute di caccia, e si presenta come un’esperienza unica tra natura, sport e storia.

Il Lago di Ceresole, dalle acque turchesi, è il luogo ideale per rilassarsi con passeggiate rigeneranti o gite in bicicletta. Durante l’inverno, invece, il paesaggio si trasforma in una scenografica pista che fa la gioia degli appassionati di sci di fondo.

Ma non è ancora tutto. I dintorni, a loro volta, disegnano panorami che scaldano il cuore, come il Lago di Serrù, un gioiello alpino abbracciato dalle vette, e il Colle del Nivolet, a oltre 2.600 metri di altitudine, da cui si aprono magici scenari plasmati da praterie d’alta quota, laghi glaciali e dalla presenza della fauna selvatica, tra cui stambecchi e aquile reali.