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Tornano i treni a vapore sulla Transiberiana d’Italia

Sono trascorsi 126 anni dall’apertura della scenografica Transiberiana d’Italia, la linea ferroviaria Sulmona-Isernia, e per l’occasione, dal 15 al 17 settembre tornano a circolare i treni storici a vapore, una tre giorni a bordo proposta dalla Fondazione FS Italiane e FS Treni Turistici Italiani.

Un’occasione unica per tornare indietro nel tempo a oltre sessant’anni fa, quando, prima dell’avvento della trazione diesel, erano le locomotive a vapore a percorrere i binari dell’Appennino fino alle ripide rampe della Majella.

E, a riprova di quanto fosse un passaggio suggestivo, gli abitanti del posto ricordano ancora oggi con piacere e nostalgia i convogli del Gruppo 940 che correvano tra le stazioni di Sulmona, Rivisindoli-Pescocostanzo, Roccaraso e Castel di Sangro.

Un evento da non perdere

E così, i prossimi 15, 16 e 17 settembre sarà di nuovo possibile viaggiare sugli iconici treni ammirando lo scenario unico di una tra le tratte ferroviarie più panoramiche del Paese, tra favolosi paesaggi, antichi borghi e la natura incontaminata.

Venerdì 15 settembre la partenza è alle ore 8.45 dalla stazione di Sulmona per arrivare a Castel di Sangro alle 13; da qui la partenza sarà poi alle 17 con ritorno a Sulmona alle 19.30.

Sabato 16 settembre, invece, si parte alle ore 9 dalla stazione di Sulmona per raggiungere, questa volta, Roccaraso alle 13 e ripartire alle 16.30 per tornare a Sulmona alle 18.30.

Infine, domenica 17 settembre, con partenza sempre da Sulmona alle ore 8, l’arrivo a Roccaraso è previsto per le 12. Il ritorno sarà poi alle 16.30 per essere a Sulmona alle 18.30.

A trainare una composizione di pregevoli carrozze Centoporte e Corbellini nonché bagagliai attrezzati per il trasporto delle bici, saranno due locomotive a vapore tra cui Gr.940, realizzata appositamente per la Transiberiana d’Italia e per inerpicarsi lungo le ripide tratte appenniniche.

Ma non è tutto.

Durante le fermate, i passeggeri avranno l’opportunità di assistere alle operazioni per il rifornimento d’acqua dalle colonne idriche, sapientemente restaurate, eseguite dagli addetti di FS Treni Turistici Italiani e Fondazione FS.

I biglietti per la speciale iniziativa (che rientra nel ventaglio di eventi per il Decennale della Fondazione FS e che è promossa con la collaborazione di Pallenium Tourism) si possono acquistare visitando il sito Railbook oppure rivolgendosi direttamente al tour operator Pallenium Tourism.

Il mito della Transiberiana d’Italia

Conosciuta anche come “Ferrovia dei Parchi“, la linea storica che collega l’Abruzzo con il Molise seguendo un indimenticabile e tortuoso itinerario tra gole, il Parco Nazionale della Majella e il Parco Nazionale d’Abruzzo, faggete e stazioni dove il tempo si è davvero fermato, fu inaugurata il 18 settembre 1897, dopo 5 anni di lavori iniziati nel 1892.

Per quel periodo, si trattò di un’opera d’ingegneria assolutamente straordinaria, tenendo anche conto del fatto che, in alcuni tratti, tocca pendenze del 28% e che l’intero tragitto ha una lunghezza di 128 chilometri con la presenza di 58 gallerie (la più lunga, al di sotto del Monte Pagano, è di 3109 metri), viadotti e ponti.

Tra le tappe di settembre, Sulmona è la patria dei confetti, il centro abitato più importante della Valle Peligna mentre Castel di Sangro lo è dell’Alto Sangro, un pittoresco borgo abruzzese medievale perfetto per un soggiorno all’insegna del relax, della storia e della natura.

Roccaraso, invece, è la “montagna d’Abruzzo”, la stazione sciistica più rinomata dell’Italia centro meridionale, un paradiso in tutte le stagioni con emozionanti sentieri per il trekking.

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Matese: paradiso degli escursionisti

Sognate una vacanza a pieno contatto con la natura, giornate scandite da escursioni, percorsi da trekking e dalla scoperta di borghi millenari custodi di meraviglie e tradizioni?

Il Massiccio del Matese in Molise è la meta che fa per voi, un autentico patrimonio ancora intatto, un ambiente protetto ricco di parchi, riserve, oasi, sorgenti, corsi d’acqua e cascate nonché grotte spettacolari, tra le più lunghe d’Italia.

Ma non basta: non è raro scorgere le suggestive “Marmitte dei Giganti“, pozze d’acqua cristallina che nascono dal disgelo, cavalli che pascolano selvaggi, greggi di pecore e mandrie di mucche, gli ultimi carbonai, preziosi siti archeologici e piccoli paesi in armonia con la montagna che li abbraccia.

Una catena montuosa da scoprire e da vivere, che osserva contemporaneamente due mari, il Tirreno e l’Adriatico, in una posizione davvero privilegiata.

Gli affascinanti borghi sui versanti dei monti

Per conoscere meglio questo angolo di Molise, tra le prime tappe non possono mancare alcuni dei paesi più caratteristici, arroccati sui monti, in perfetto equilibrio con il territorio che li ospita, piccoli presepi che, al calar della sera, fanno risplendere con le loro luci il nero profilo dei versanti.

Alle pendici del Matese, con il paesaggio segnato dal tipico tratturo (il percorso dei pastori durante la transumanza) molisano Pescasseroli-Candelo, Sepino, borgo medievale delimitato dalle antiche mura, consente di andare alla scoperta dell’area archeologica di Saepinum, dove spiccano i luoghi più rappresentativi della città romana quali le terme, la cinta muraria, il foro, la basilica e il teatro.

In più, vi sono i resti anche di Saipins, insediamento del periodo sannitico in località Terravecchia, e il pianoro di Campitello del Sepino che si raggiunge seguendo un sentiero di montagna: si tratta di una rigenerante distesa pianeggiante circondata da verdi boschi.

Altrettanto custode di meraviglia è Roccamandolfi, raccolto borgo medievale vegliato dalle rovine di un castello longobardo, un fitto dedalo di vicoletti e casette che hanno come fulcro la Chiesa di San Giacomo.

Oltrepassata la parte alta del paese, ecco il Castello, già presente alla fine del XI secolo, di cui oggi rimangono le torri e le mura: dopo una visita, si può proseguire lungo una stretta stradina di montagna per arrivare al pianoro di Campitello di Roccamandolfi, altro punto di partenza per entusiasmanti escursioni tra i boschi del Matese.

Non lontano dal gruppo montuoso delle Mainarde e dal fiume Volturno, merita una sosta anche Monteroduni, le cui stradine e case del centro storico sorgono attorno al suo simbolo, il Castello Pignatelli.

Si tratta di un edificio a forma rettangolare con quattro torrioni cilindrici agli angoli che, nel tempo, ha perso le fattezze di fortificazione longobarda e poi normanna per diventare un’elegante residenza signorile: al suo interno, il piano terra ospita stanze con forni, cucine e cantine con grandi botti in legno mentre il piano nobile incanta con un magnifico salone con pavimento in cotto, soffitto in legno dipinto con motivi cavallereschi, e lo stemma della famiglia Pignatelli.

L’anfiteatro naturale di Campitello Matese

Campitello Matese

Fonte: iStock

Campitello Matese, Molise

Il borgo medievale di San Massimo, che conta meno di 800 residenti, vanta, a 1429 metri di altitudine, il pianoro di Campitello Matese, la stazione sciistica più importante del Centro e Sud Italia con 40 chilometri di piste, svariati impianti di risalita, strutture ricettive e servizi per i turisti, racchiusa tra la cima più elevata del Matese, il Monte Miletto a 2050 metri, e le creste della Gallinola a 1922 metri.

In estate offre entusiasmanti occasioni per escursioni, trekking, camminate, gite a cavallo, in mountain bike o in squad, discese con il parapendio e moltissimi altri sport all’aria aperta.

Gli escursionisti apprezzeranno i numerosi sentieri dove ascoltare la voce del vento, come quello di Capo d’acqua che conduce a Capo dell’arco: qui fa bella mostra di sé un pittoresco arco naturale scavato dalla natura nella roccia.

L’Oasi WWF di Guardiaregia, natura allo stato puro

Da non perdere è l’Oasi WWF di Guardiaregia-Campochiaro, una delle più grandi d’Italia con un’estensione di oltre 2000 ettari, custode di vere perle naturalistiche come il canyon del Quirino sul cui fondo svettano il leccio e tassi centenari, grotte, boschi di faggi e la fragorosa Cascata di San Nicola dove l’acqua si tuffa con un salto di ben 100 metri.

Lasciano poi senza parole i “Tre Frati“, tre maestosi faggi secolari poco distanti uno dall’altro, e le grotte Cul de Bove e Pozzo della Neve, quest’ultima tra le cavità più profonde del Paese con 1045 metri.

Per quanto riguarda la fauna selvatica, l’oasi è habitat ideale per il lupo, la poiana, il falco pellegrino, il nibbio reale, il merlo acquaiolo, e varie specie di anfibi tra cui citare la salamandra dagli occhiali.

L’antica Bojano, tra storia e leggenda

Civita di Bojano

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L’antico borgo di Civita di Bojano

Alle pendici del Matese e a ridosso del fiume Biferno, la cittadina di Bojano, sovrastata dall’antico e silenzioso borgo fortificato di Civita, avrebbe avuto origine, secondo la leggenda, da un gruppo di Sanniti che decisero di edificarla proprio nel punto in cui si era fermato il cammino di un bue sacro.

Oggi, tra le testimonianze del passato, da vedere è la Cattedrale di San Bartolomeo, patrono della diocesi e della città, risalente al XI secolo, una delle più antiche della cristianità.
Nel corso del tempo, la chiesa ha subito numerose distruzioni e trasformazioni: durante gli ultimi lavori di restauro, al di sotto dell’altare è tornata alla luce l’antica abside da cui sgorga acqua e a cui si accede scendendo sette gradini che simboleggiano i sette vizi capitali.
Tale ritrovamento, rende la Cattedrale di Bojano forse l’unica a possedere un altare al di sopra di una sorgente d’acqua.

Dalle rovine del Castello, invece, si gode di una vista superba: da un lato la piana su cui sorge l’abitato con l’inizio del Tratturo Pescasseroli-Candela e della Valle del Biferno, dall’altro i Monti del Matese.
Ai piedi della vecchia fortezza, delimitato da una cinta muraria ancora in parte visibile, ecco un agglomerato di piccole case e strette vie, in gran parte disabitato.

Ma non è tutto. Raggiungibile soltanto a piedi seguendo un sentiero montano, emoziona il Santuario di Sant’Egidio, a 1000 metri tra i boschi di faggio del Matese, una suggestiva chiesetta del IX-X secolo nei pressi di una fonte d’acqua purissima. Non manca un rifugio per gli escursionisti che desiderassero fermarsi qualche giorno in uno scenario idilliaco.

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Lago della Montagna Spaccata, oasi d’Abruzzo

Il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise è un vero spettacolo della natura, custode di paesaggi che rimangono nel cuore e di piccole gemme nascoste che conquistano al primo sguardo: una di queste è il Lago della Montagna Spaccata, un’oasi di blu, verde e tranquillità a 1600 metri di altitudine, nell’omonima località alle pendici delle colline che scendono dalle catene del Greco e della Meta.

Siamo in provincia dell’Aquila, nel suggestivo territorio del comune di Alfedena, grazioso borgo medievale tra i meglio conservati, da cui lo specchio lacustre dista circa due chilometri.

Tutta la meraviglia del Lago della Montagna Spaccata

Nell’abbraccio di una natura intensa e magnifica, il lago artificiale nasce negli anni Cinquanta dallo sbarramento del Fiume Rio Torto per la produzione di energia elettrica e vanta una superficie di circa 46 ettari con una profondità di 68 metri.

Ricco di rivelli, cavedani e trote, dalle limpide acque che vanno dallo smeraldo al turchese, è una delle attrattive più apprezzate del territorio, grazie alla sua bellezza e a un paesaggio incontaminato plasmato da fitti boschi dove non è raro avvistare lupi, volpi, cinghiali, tassi, cervi, orsi, faine, camosci e il volo del falco pellegrino.

Infatti, a differenza del vicino e celebre Lago di Barrea, o del Lago di Scanno, ha conservato, negli anni, un aspetto immutato senza la presenza di lidi: si tratta, quindi, di un luogo di pace dove immergersi appieno nella natura del Parco e lasciarsi alle spalle lo stress, i pensieri negativi e la frenesia della vita di tutti i giorni in città.

Non distante dal confine con il Molise, l’area attorno al Lago della Montagna Spaccata è uno scrigno di bellezza che sa unire il paesaggio delle due regioni in un ideale abbraccio, caratterizzato da sorgenti e dal tipico habitat delle zone umide dove svettano pioppi e salici.

Sedersi sulla riva e ammirare, semplicemente, il gioco della luce solare sull’acqua, il limitare del bosco e le vette tutt’intorno è un regalo da fare a sé stessi.

Per migliorare l’accesso all’acqua in tutta sicurezza, tuttavia, è stata realizzata una pedana galleggiante, parte integrante del progetto di valorizzazione del bacino nel pieno rispetto del suo ambiente.

I suoni della natura qui sono di casa

Se il lago è un gioiello, non da meno è lo splendido e fresco bosco misto che accoglie i visitatori allontanandosi dalle rive.

È proprio il caso di dire che assomiglia a uno scenario delle fiabe, dove i suoni e i silenzi della natura sono assoluti protagonisti e non si faticherebbe a credere alla presenza di gnomi e fate.

Come accennato, questo è un ambiente ideale per la fauna selvatica che non è poi così difficile avvistare all’ombra dei noccioli, carpini, maggiociondoli, aceri e cerri.

Proseguendo nella piacevole e rigenerante passeggiata, lo sguardo si posa sugli avvallamenti in cui scorrono le acque dopo il disgelo: sono frammenti della vita del bosco che fanno stare bene.

Come arrivare al lago

Il lago si raggiunge dal borgo di Alfedena, seguendo l’apposita segnaletica.

Ci si arriva comodamente a piedi dal centro oppure è possibile parcheggiare l’auto nelle immediate vicinanze.

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In Molise esiste un’antica tradizione: è il rito del fuoco più grande del mondo

Spesso ci mettiamo in viaggio per andare alla scoperta delle usanze, delle tradizioni e delle culture degli altri popoli che sono lontanissimi da noi. Dimenticandoci, però, che lo stesso Paese in cui viviamo, è un concentrato di storie e folclore che si differenziano in maniera straordinaria di regione in regione. E non scoprirle tutte è davvero un peccato.

Così abbiamo scelto di restare in Italia oggi, per farvi scoprire uno degli eventi più affascinanti e suggestivi che appartengono al nostro Paese, e più nello specifico alla regione Molise. Una manifestazione, questa, che è già stata premiata con il titolo di Patrimonio d’Italia per la tradizione.

Il suo nome è ‘Ndocciata, ed è un evento tradizionale che si svolge ogni anno nel mese di dicembre ad Agnone, un comune di circa 4000 abitanti della provincia di Isernia. È qui che, attraverso una sfilata di enormi fiaccole accese, il fuoco diventa assoluto protagonista del paese, mettendo in scena uno dei più antichi e affascinanti rituali del nostro territorio.

‘Ndocciata di Agnone: origini e tradizioni

Le radici di questo evento tradizionale, che ogni anno attira centinaia e migliaia di turisti e vede la partecipazione attiva di tutti i cittadini, sono tanto antiche quanto affascinanti. Le origini, a quanto pare, risalgono all’epoca romana e sono collegate ai Sanniti, che utilizzavano queste grandi torce come fonte di luce durante i loro spostamenti. La stessa tradizione è stata perpetuata anche nei secoli successivi dai contadini, che hanno iniziato a utilizzare le ‘ndocce per raggiungere le chiese del territorio durante la notte di Natale.

Alla storia si aggiungono anche credenze e superstizioni che nei secoli hanno resto questa tradizione ancora più suggestiva. Alcuni, infatti, ritengono che le fiaccole veniva accese nel Medioevo per proteggere il paese dalle streghe, altri invece collegano questo rito legato al fuoco con la rinascita e la luce.

Indipendentemente da ciò in cui sceglie di credere, questa manifestazione ha attirato l’interesse di persone da tutto il mondo. L’evento, che è riconosciuto come Patrimonio d’Italia per la tradizione dal Ministero del Turismo, mira a diventare Patrimonio Immateriale dell’Unesco.

'Ndocciata di Agnone, la tradizione che celebra il fuoco

Fonte: Getty Images

‘Ndocciata di Agnone, la tradizione che celebra il fuoco

La manifestazione italiana legata al fuoco

La N’docciata di Agnone si svolge a dicembre, la sera del secondo sabato del mese e il 24, il giorno della Vigilia ed è il rito del fuoco più grande del mondo. La preparazione dell’evento comincia già nel mese di marzo, è questo il momento in cui vengono scelti gli abeti bianchi che poi verrano utilizzati per il rito tradizionale.

A dicembre, invece, tutti si riuniscono tra le strade di Agnone, perpetuando lo stesso rito dal 1956. Sono i bambini ad aprire la manifestazione, sfilando con piccole fiaccole che poi lasciano spazio a quelle più grandi: le ‘ndocce che si innalzato fino a tre metri. Il corteo porta in scena più di 1000 fiaccole, sorrette da altrettanti ‘ndocciatori. Il rituale legato al fuoco si conclude, poi, con il falò della Fratellanza: quello che resta delle ‘ndocce viene fatto bruciare come simbolo di nuovo auspicio per l’anno che verrà.

Il fascino dell’evento, e la suggestione che questo emana, non si possono raccontare, ma solo vivere. Quello che è certo è che si tratta di una manifestazione così emozionante e straordinaria che persino Papa Giovanni Paolo II volle replicarla a Roma nel 1996 a Piazza San Pietro.

'Ndocciata di Agnone

Fonte: Getty Images

‘Ndocciata di Agnone
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Il borgo in cui sorge il “palazzo dei fantasmi”

Agnone è un borgo dalla storia millenaria, dalle forti tradizioni, dal ricco patrimonio architettonico, una delle perle dell’Alto Molise, dove sorge anche un palazzo a dir poco misterioso.

Bandiera Arancione del Touring Club, svetta a 850 metri su un colle di roccia a dominio della grande Valle del Verrino, tipico borgo di montagna molisano inserito in un piacevole contesto plasmato da boschi, radure e praterie.

La millenaria tradizione delle campane

Fiore all’occhiello di Agnone è la secolare tradizione dell’arte campanaria che lo rende famoso proprio come “città delle campane”: qui infatti, attorno all’anno Mille, venne fondata la più antica attività a conduzione familiare per la produzione di campane, la storica Fonderia Pontificia Marinelli che, oggi come allora, con impareggiabile maestria padroneggia le tecniche per creare capolavori d’artigianato.

Su prenotazione, è possibile assistere all’intero ciclo di lavorazione di una campana.

Accanto alla fabbrica si trova anche il Museo Internazionale della Campana che espone la più ampia collezione di bronzi sacri e un manufatto dal valore incalcolabile, la “campana dell’Anno Mille”.

Il fascino del centro storico tra antiche botteghe e tredici luoghi di culto

centro storico agnone

Fonte: Ph Laz@Photo – iStock

Il centro storico

La visita del borgo medievale si concentra nel centro storico, un autentico museo a cielo aperto.

Passeggiando tra le antiche viuzze, non è difficile imbattersi nelle storiche botteghe di artigiani come, ad esempio, l’Antica Bottega Orafa di Corso Garibaldi, a testimonianza dell’ingegno e dell’operosità, e respirare un’inedita “atmosfera veneziana”.

Già, perché intorno al 1440, la potente e nobile famiglia Borello, capitani di ventura di Venezia e Conti di Pietrabbondante, fece giungere sul territorio di Agnone molti artigiani veneziani abili nella lavorazione del rame: e la forte influenza dello stile veneziano si respira ancora nel quartiere Ripa, chiamato appunto “quartiere veneziano”, e particolari significativi si ritrovano un po’ ovunque, anche nei luoghi di culto come la Chiesa di San Marco Evangelista di stile romanico impreziosita dal barocco.

E, a proposito di chiese, Agnone ne ospita ben tredici. Da citare, innanzitutto, la Chiesa Parrocchiale di San Francesco (che fa parte dei “monumenti nazionali di interesse storico”) con stile gotico all’esterno e barocco-rinascimentale all’interno, poi la Chiesa di Sant’Antonio Abate, risalente al 1118, la parrocchiale di Sant’Emidio dal bellissimo portale gotico ogivale, e la barocca Chiesa dell’Annunziata.

Chiesa Sant'Emidio Agnone

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Particolare della Chiesa di Sant’Emidio

Il misterioso Palazzo Nuonno

Nel cuore di Agnone spicca anche un palazzo “misterioso” che, si narra, sia dimora del diavolo: è Palazzo Nuonno, prima conosciuto come “Palazzo dei Conti Minutolo”, dove aleggerebbero fantasmi e spiriti maligni.

Fino al 1796 fu abitato dalla famiglia Colucci che lo abbandonò perché “infestato dai fantasmi”, passò quindi agli ignari Nuonno che, anche loro, lo lasciarono poco dopo al suo destino per la stessa motivazione.

Oggi, sulle mura esterne riporta una targa con su scritto “è detto anche palazzo dei fantasmi, per i fatti e i fenomeni strani che si narrano“.

Leggenda o realtà? Si mormora che, in passato, qui avvenissero riti satanici e orge con dodici coppie e che, allo scoccare della mezzanotte, comparisse la tredicesima, quella del diavolo: una notte, il pavimento crollò e i presenti morirono. Sarebbero allora loro a ricomparire, nella stanza con un teschio inciso sulla parete, nella forma di spiriti.

Il mistero non finisce qui: dal Palazzo era molto facile accedere al corridoio che metteva in comunicazione il Convento dei Frati con il Convento delle Suore di Santa Chiara dove furono ritrovati numerosi feti, forse frutto di clandestini rapporti tra amanti.
E Palazzo Nuonno si trova proprio al centro dei due edifici.

Gli abitanti del borgo sostengono di aver sentito strane urla, passi di danza e di cavalli, e musica dopo la mezzanotte ma non solo: non molto tempo fa, un utente ha postato su Facebook una foto che immortala una strana figura dietro i falsi vetri di una finestra che, nella realtà, è murata. E molti sostengono di averla scorta più volte.

L’enigma di Palazzo Nuonno e dei due conventi continua tutt’ora, vivo più che mai.

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In Molise c’è un piccolo borgo che sembra un museo a cielo aperto

L’Italia è un Paese meraviglioso che non smette mai di stupire. Lo sanno i viaggiatori del mondo, che giungono nella terra del sole e del mare per viverla, e lo sappiamo noi che percorriamo in lungo e in largo lo Stivale per scoprire quali sorprese questo ancora ci riserva.

E tra i mari, le montagne, i siti naturalistici e i monumenti storici e iconici ci sono anche loro, i borghi. Luoghi intrisi di fascino, di storia e di cultura, di tradizioni antiche e perpetuate nei secoli. Luoghi sospesi nel tempo e nello spazio che incantano per la loro genuinità, per la forza di restare ancorati al passato e il coraggio di guardare il futuro.

Come ha fatto e continua a fare Civitacampomarano, il piccolo borgo del Molise che è rinato grazia alla street art e che oggi è diventato un museo a cielo aperto tutto da scoprire.

Civitacampomarano

Civitacampomarano

Civitacampomarano: il borgo dei murales

Incastonato negli Appennini alla stregua di un tesoro prezioso, Civitacampomarano è diventato l’emblema del coraggio, così come coraggiosi lo sono i suoi abitanti. Il piccolo borgo del Molise, situato a circa 40 chilometri da Campobasso, condivide con molti altri borghi d’Italia lo stigma dello spopolamento.

Sono appena 400 le anime che vivono in questo comune che domina un paesaggio mozzafiato, che hanno scelto di restare nonostante tutto. Ma oggi queste persone non sono più sole perché sono circondate da quei viaggiatori che si mettono in cammino per scoprire il borgo, per ammirare gli splendidi murales che sono stati disegnati sulle case vuote e sui vecchi edifici e per partecipare a un festival straodinario.

Da borgo quasi dimenticato a museo a cielo aperto: è questa la storia di Civitacampomarano legata indissolubilmente alla figura di Alice Pasquini, street artist di origini romane, che nel 2014 ha cambiato il destino del borgo grazie alla scelta di venire qui per dipingere i muri del centro storico quasi completamente disabitato.

Civitacampomarano

Civitacampomarano

Un museo a cielo aperto

Cos’è Civitacampomarano oggi? Un museo a cielo aperto, un luogo dove storia, colore e arte convivono e meravigliano tutte le persone che scelgono di venire a scoprire il territorio molisano.

La sua seconda vita, come abbiamo anticipato, è iniziata del 2014 quando la street artist romana ha scelto di venire nel borgo e colorarlo. Alice Pasquini ha dipinto le vecchie porte, le finestre e i muri di quelle case bellissime lasciate vuote da chi ha scelto di cercare fortuna altrove. Ma questo non era abbastanza, così nel 2016 ha organizzato quella che è stata la prima edizione del Cvtà Street Fest.

In quell’occasione street artist di fama internazionale hanno creato delle vere e proprie opere d’arte sui muri del borgo portando avanti quel dialogo inaugurato anni prima dalla Pasquini. Ma quello era solo l’inizio perché anno dopo anno, nel mese di giugno, il festival è diventato un appuntamento ricorrente e indissolubilmente legato al territorio destinato a colorare tutto il borgo e ad attirare artisti e viaggiatori provenienti da ogni parte dello stivale.

Oggi Civitacampomarano è come un libro meraviglioso: ogni edificio assume le sembianze di una pagina da sfogliare che conserva tantissime storie da scoprire e da preservare oggi e domani.

Civitacampomarano

Civitacampomarano, opera di Alice Pasquini