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In Val d’Orcia, sui luoghi del film “Il Gladiatore”

Molti turisti amano girare alla scoperta di località bellissime, che hanno fatto da sfondo ad alcuni dei più famosi capolavori cinematografici dell’ultimo secolo. Si chiama cineturismo, ed è una tendenza di viaggio che prende sempre più piede anche in Italia. Abbiamo infatti panorami da sogno in cui sono stati girati numerosi film, a partire dal kolossal “Il Gladiatore”. Ed è proprio sulle tracce di Russell Crowe e del suo grande successo che oggi ci addentriamo nella Val d’Orcia, ammirando luoghi dal fascino unico.

Il tour cinematografico della Val d’Orcia

Sabato 27 aprile 2024, l’Associazione Cult(urale) Conte Mascetti organizzerà una lunga camminata in Val d’Orcia, e più precisamente tra i paesi di Pienza e di San Quirico d’Orcia, alla scoperta dei luoghi del cinema. Si partirà alle 10:00 da Piazza Pio II, nel centro storico di Pienza, addentrandosi tra le campagne toscane per ammirare alcuni dei posti che hanno fatto da sfondo a grandi kolossal (tra cui proprio “Il Gladiatore”). Il percorso terminerà presso San Quirico, dove si potrà visitare l’Orcia Wine Festival all’interno delle splendide sale di Palazzo Chigi. Sarà l’occasione perfetta per assaporare prodotti e vini tipici di queste colline.

Val d’Orcia, le location de “Il Gladiatore”

L’itinerario cineturistico della Val d’Orcia, lungo ben 8 km, è un percorso ricco di sorprese affascinanti. Adatto a tutti, dura circa 3 ore e mezza e non affronta paesaggi particolarmente impegnativi: è una vera e propria passeggiata tra le colline toscane, dove si possono ammirare i luoghi che hanno fatto da sfondo ad alcuni kolossal cinematografici. Iniziamo proprio da “Il Gladiatore”, capolavoro di Russell Crowe: le campagne della Val d’Orcia hanno regalato ai cinefili due cartoline mozzafiato, che hanno aperto e poi chiuso il film.

Poiché l’itinerario ha inizio da Pienza, affronteremo per prima proprio la location che ha dato il via ai titoli di coda del film. Lasciando il paese, nei pressi del luogo in cui sorge la Chiesa dei Santi Vito e Modesto, ci si trova davanti ad una stradina bianca che si addentra in mezzo ai campi coltivati a grano. È proprio qui che furono girate le scene finali de “Il Gladiatore”, tra le coltivazioni dell’antica Pieve di Corsignano. Continuando il percorso, si arriva poi nelle vicinanze del borgo di San Quirico d’Orcia: davanti a noi si apre la visuale di un lungo viale d’ingresso cinto da cipressi, al termine del quale possiamo ammirare il casolare in cui abitava Massimo Decimo Meridio, nella scena d’apertura del film.

Tutti gli altri film girati in Val d’Orcia

Come già anticipato, la Val d’Orcia ha fatto da sfondo a diversi altri film, oltre a “Il Gladiatore”. E, nel corso della nostra passeggiata cineturistica, incontriamo altre location da sogno. A Pienza, ad esempio, possiamo visitare Palazzo Piccolomini dove, nel 1968, Franco Zeffirelli girò numerose scene del suo capolavoro “Romeo e Giulietta”. Più recenti sono i film “Donne con le gonne” di Francesco Nuti, girato nel 1991 tra i paesaggi della frazione di Monticchiello, e “2061, un anno eccezionale” di Carlo Vanzina, con protagonista Diego Abatantuono. Mentre il sentiero che conduce verso il paese di San Quirico offre la vista mozzafiato delle colline dove si trova il casale de “Il paziente inglese”, capolavoro di Anthony Minghella.

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Valle del Vanoi, il Trentino più verde che c’è

Ha conservato il fascino della montagna più selvaggia e autentica, lontana dall’afflusso turistico di massa, e con il suo paesaggio incontaminato di pascoli, zone verdeggianti, boschi, prati, villaggi alpini, corsi d’acqua, malghe, rifugi e fienili in pietra, è conosciuta come il “cuore verde del Trentino”: si tratta della Valle del Vanoi, 125 chilometri quadri vegliati dal massiccio granitico di Cima d’Asta e dalla catena del Lagorai.

Siamo a oltre 750 metri di altitudine, nel Trentino orientale, a sud dei comuni di Sovramonte e Lamon (Bolzano): la valle si raggiunge attraversando il tunnel al di sotto del Monte Totoga (che collega la Strada Statale 50 del Grappa al Passo Rolle) oppure percorrendo la strada panoramica del Passo Gobbera o la Strada Provinciale 79 del Passo Brocon se si arriva da Castel Tesino.

Un paradiso di quiete e bellezza

Forse meno conosciuta di altre valli trentine ma altrettanto spettacolare, la Valle del Vanoi è la meta perfetta per regalarsi una rigenerante vacanza all’insegna del relax e del benessere, di passeggiate nella natura, di escursioni e percorsi per trekking e mountain bike in un ambiente da favola.

Parte del Parco naturale Paneveggio e Pale di San Martino, si contraddistingue per l’ameno profilo rurale, le tipiche costruzioni del “tabi“, utilizzato sia come fienile che come stalla, e della “ritonda“, antico focolare, nonché per un’area botanica custode di migliaia di specie rare e protette.

Qui, oltre a provare l’esperienza di un piacevole soggiorno presso le baite e i rifugi di montagna, i visitatori possono andare alla scoperta di autentiche perle come, ad esempio, il Lago di Calaita, incorniciato dalle vette delle Dolomiti e facilmente raggiungibile lungo un sentiero che porta a un balcone panoramico che osserva le Pale di San Martino.

Ma non è ancora tutto.

Di sicuro interesse, infatti, è l’Ecomuseo del Vanoi, un museo diffuso che ha l’obiettivo di valorizzare il territorio e la sua storia mostrando le tradizioni, le attività e la vita di un tempo. È composto da:

  • il Sentiero Etnografico con quattro escursioni a tema: “Anello dei Pradi” per la fienagione e la vita stagionale sui prati, “Anello della Val“, per la vita stagionale nei paesi, “Anello della montagna” per l’uso delle zone prative attorno alle malghe, e “Anello del Bosc” per l’utilizzo e la coltivazione del bosco;
  • la Casa dell’Ecomuseo a Canal San Bovo;
  • il Museo delle Arti e Mestieri e il Museo della Guerra a Caoria;
  • il Mulino dei Caineri a Ronco;
  • la Stanza del Sacro a Zortea.

I suggestivi paesi della Valle del Vanoi

Diamo ora uno sguardo agli splendidi paesi di montagna che disegnano la Valle del Vanoi, località ideali per vivere appieno il “Trentino più verde che c’è”.

Ecco, allora, Canal San Bovo, alla confluenza del torrente Lozen, in felice posizione soleggiata tra verdissimi prati punteggiati da fienili e casolari, punto di partenza per entusiasmanti escursioni, e Luasen, importante centro di servizi per tutta la valle.

L’itinerario continua con Caoria, alla confluenza del rio Valsorda da cui è suddiviso in due zone, Caoria di fuori e Caoria di dentro. Qui, merita una sosta la Chiesa di San Giovanni Nepuceno, fulgido esempio di architettura moderna in un contesto alpino.

Baciato dal sole, tranquillo e su di un terrazzo panoramico, si svela Prade, protagonista ogni dieci anni della rappresentazione in piazza del “sacro mistero” di “Godimondo e Fortunato”, mentre Zortea domina la conca di Canale e il Sass Maor.

Ancora, Gobbera si presenta come “anello di congiunzione” tra gli abitati (un tempo uniti) di Canal San Bovo e Imèr e custodisce, a poca distanza, l’importante chiesetta di San Silvestro, e il paesaggio è “severo” ma suggestivo nei due pittoreschi villaggi di Ronco e Cainari, sulla destra del Vanoi, tra i prati che pullulano di baite.

Non mancano numerose e pittoresche frazioni come Battistoni, Berni, Valline, Mureri, e Cicona che vanta un particolare microclima per la coltivazione di piccoli frutti, ortaggi e fiori.

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Valle d’Itria: un itinerario per scoprire la Puglia più vera

Fra verdi distese di ulivi e mare che dista una ventina di minuti, cuore della Puglia più vera è la Valle d’Itria, caratterizzata dagli inconfondibili trulli, le pittoresche abitazioni in pietra dalla forma di cono, masserie, muretti a secco, panorami da cartolina e borghi che non si dimenticano.

Laddove terminano le Murge e ha inizio il Salento, tra le provincie di Bari, Brindisi e Taranto, la valle si regala per una vacanza autentica, lenta, alla scoperta di preziose meraviglie passo dopo passo.

Cosa vedere in Valle d’Itria: Alberobello, la perla

Non si può non iniziare l’itinerario alla scoperta della stupenda valle pugliese senza citare Alberobello, il borgo dei trulli, il più famoso e inserito nel 1996 dall’UNESCO nella World Heritage List nonché Bandiera Arancione del Touring Club.

È davvero impossibile, infatti, non serbarne un ricordo indelebile: l’atmosfera è “magica e originale“, i rioni uno più affascinante dell’altro (basti pensare al turistico Rione Monti con circa mille trulli e al Rione Aia piccola a uso residenziale), i candidi trulli protagonisti indiscussi.

Da non perdere il trullo sovrano, il più grande, l’unico con due piani e immensa cupola di 14 metri: la casa museo ospita mobili d’epoca originali e un delizioso giardino.

Carovigno, gioiello dalle origini millenarie

Carovigno, in provincia di Brindisi, sorprende con un centro storico dalle origini millenarie che custodisce ancora le due antiche porte d’accesso, Porta Ostuni e Porta Brindisi, le tipiche case in pietra e calce bianca, e il Castello Dentice di Frasso, in posizione panoramica, con tre delle quattro torri originarie tuttora in piedi.

In più, a pochi chilometri dal cuore del borgo, ecco la splendida Riserva Naturale di Torre Guaceto e l’Area Marina Protetta, 1200 ettari plasmati da dune alte anche 15 metri, uliveti secolari e paludi: è il posto ideale per trekking e itinerari in bicicletta al cospetto di natura e storia.

Le Grotte di Castellana, incanto sotterraneo

Castellana Grotte, Puglia

Fonte: iStock

Castellana Grotte, Puglia – iStock

Il raccolto comune di Castellana Grotte è custode di una delle innumerevoli meraviglie di Puglia, vale a dire le Grotte di Castellana, uno spettacolo di cavità, stanze e corridoi a circa 70 metri di profondità con stalattiti, stalagmiti, fossili e concrezioni dai colori e dalle forme uniche.

La visita guidata, lungo due itinerari a scelta, uno completo e uno parziale, conduce in un mondo che non si può descrivere a parole e, amate dai turisti a livello internazionale, sono a pieno titolo un’occasione imperdibile per scoprire un lato naturistico straordinario della Valle d’Itria.

Lo storico borgo di Ceglie Messapica

Da includere nella lista delle mete da non perdere in Valle d’Itria è lo storico borgo di Ceglie Messapica, uno dei più antichi della Puglia, dal centro storico medievale disegnato da suggestivi vicoletti su cui si affacciano le tipiche casette bianche ed edifici dall’assoluto valore architettonico e storico.

Simboli ne sono Piazza Plebiscito con l’ottocentesca Torre dell’Orologio, la Collegiata di Santa Maria Assunta con facciata in stile proto-classico, cupola maiolicata e pregevoli affreschi all’interno, e poi il Castello Ducale in posizione panoramica, che ospita il MAAC – Museo Archeologico e dell’Arte Contemporanea con Pinacoteca Emilio Notte e Biblioteca Comunale Pietro Gatti.

Cisternino, tra i Borghi Più Belli d’Italia

L’itinerario prosegue con Cisternino, tra i Borghi Più Belli d’Italia e Bandiera Arancione del Touring Club, antico e candido borgo appollaiato su una collina verdeggiante.

Passeggiare lungo il centro storico dall’atmosfera “intima e raccolta” è un vero piacere: vasi fioriti danno un tocco in più alle basse case di stile orientale, alle scalinate, al dedalo di vicoletti lastricati e ai cortili nascosti.

Dalla piazza centrale Vittorio Emanuele si diramano quattro rioni tutti da percorrere per fare la conoscenza dei “fornelli“, le osterie aperte a ogni ora, dove assaporare il meglio della gastronomia del territorio, vanto indiscusso di Cisternino.

La poliedrica Fasano

Spiagge da favola, uno dei parchi faunistici più grandi d’Italia e un patrimonio storico di sicuro fascino: tutto questo è Fasano, fondata nell’XI secolo.

Qui, da prevedere qualche ora lungo il centro storico dove le stradine sono talmente strette da impedire ai raggi solari di filtrare e sono molte le attrazioni a partire dalla principale Piazza Ciaia su cui svettano antichi palazzi nobiliari nonché la Torre dell’Orologio e Palazzo Balì, sede del Municipio, per arrivare alla Chiesa di San Giovanni Battista dalla facciata tardo-rinascimentale, e al Torrione delle Fogge, superstite del muro di cinta che delimitava Fasano in passato con quattro torri d’avvistamento.

Locorotondo, il bianco borgo di Puglia

Locorotondo, Puglia

Fonte: iStock

Locorotondo, Puglia – iStock

Quieto borgo della Valle d’Itria dalle candide casette è poi Locorotondo, tra i Più Belli d’Italia, dall’inconfondibile forma circolare e “regno dei balconi fioriti” e delle cummerse, abitazioni dalla forma rettangolare con tetti spioventi realizzati in chiancarelle, lastre in pietra calcarea.

Camminando lungo il labirinto di abbaglianti stradine, lo sguardo si posa su chiese antiche, botteghe artigiane e palazzi barocchi: meritano una menzione la Chiesa di San Giorgio Martire dalla facciata neoclassica, la seicentesca e semplice Chiesa di San Nicola, il barocco Palazzo Morelli, e la Torre dell’Orologio del XVIII secolo.

La “bellissima ed elegante” Martina Franca

La magnifica cittadina di Martina Franca, dal glorioso passato, ha saputo conservare intatto il fascino del suo cuore storico a 400 metri di altezza, facile da scoprire a piedi, e vero e proprio “museo a cielo aperto”.

L’intrico di stretti vicoletti di ciottoli mostra bellezze ineguagliabili come Palazzo Ducale, oggi sede del Municipio dalle sale riccamente affrescate, il signorile Palazzo Nardelli e la Basilica di San Martino, in stile barocco martinese.

Inoltre, da segnalare è il Bosco di Pianelle, riserva naturale regionale ricca di biodiversità con rilassanti itinerari da percorrere a piedi e in bicicletta: sono, infatti, 15 chilometri di sentieri suddivisi in 21 percorsi.

Ostuni, la “città bianca” per eccellenza

Infine, non si può lasciare la Valle d’Itria senza aver fatto tappa a Ostuni, la “città bianca” per eccellenza della Puglia, conosciuta anche come “città presepe” oppure “regina degli ulivi”.

Il suo candido cuore medievale svetta su un’altura abbracciata da verdi uliveti e si fa apprezzare per le case imbiancate a calce, i tortuosi vicoletti, le scalette e otto torrioni aragonesi.

Da ammirare la Cattedrale di Santa Maria Assunta, edificata nel XV secolo nella parte più alta per volontà di Ferdinando d’Aragona e Alfonso II, in stile gotico.

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Borghi citerna Fiume itinerari culturali panorami Umbria valli Viaggi

Monterchi e Citerna, antichi borghi tra Rinascimento e grandi paesaggi

Dopo essere nato dal monte Fumaiolo, nelle propaggini più meridionali dell’Emilia Romagna, il fiume Tevere attraversa una valle stretta tra l’Alpe di Catenaia e l’Alpe della Luna, due rilievi appenninici che si guardano frontalmente.

Qui arte, storia e natura si incontrano nei tanti borghi che caratterizzano la Valtiberina, un vero e proprio scrigno che, come si confà ad ogni scrigno che si rispetti, contiene una miriade di gioielli.

Due dei più piccoli, ma anche dei più brillanti sono i borghi di Monterchi e Citerna, diversi eppure inevitabilmente fratelli. Separati di appena 500 metri in linea d’aria, si trovano l’uno in Toscana e l’altro in Umbria, in provincia di Arezzo e in provincia di Perugia.

Paesi ricchi di storia, malgrado le rispettive dimensioni, e caratterizzati dall’unione di importanti opere d’arte rinascimentali, di paesaggi naturali tipici del centro Italia e del fascino senza tempo dei centri storici medievali di questo pezzo d’Italia.

Fonte: ph. Luca Aless , con licenza CC BY-SA 4.0

Veduta di Monterchi (AR) dal paese di Citerna (PG)

Monterchi, Piero della Francesca e la Madonna del Parto

Una delle attrazioni principali per cui Monterchi merita una fermata è l’affresco di Piero della Francesca, la Madonna del Parto, custodito nell’apposito e omonimo museo poco fuori dal centro storico della cittadina.

Un’opera dalla storia singolare, frutto della mano di uno dei più grandi artisti del Rinascimento. Risale alla metà del Quattrocento, fra il 1455 e il 1465, quando l’autore era già celebre fra i contemporanei. Un soggetto oltretutto impegnativo, quello di Maria incinta, eppure destinato ad un altare laterale di una piccola e tutto sommato insignificante cappella di campagna come quella di Santa Maria di Momentana, poco fuori da Monterchi.

La ragione più probabile individuata dagli studiosi chiama in causa la madre di Piero, nata e cresciuta a Monterchi prima di sposarsi e trasferirsi nella vicina Sansepolcro.

La Madonna del Parto è un soggetto particolare di per sé, ritratto anche da altri artisti toscani del Trecento e del Quattrocento con differenti gradi di notorietà, reso poi eretico dal Concilio di Trento della metà del secolo successivo, ma che nella storia è sempre stato visitato dalle donne incinte a titolo benaugurale.

Fonte: Lorenzo Calamai

La Madonna del Parto di Piero della Francesca

Quella di Piero della Francesca è inoltre una raffigurazione ulteriormente unica e umana. A titolo di esempio, Maria non tiene in mano un libro, simbolo del Verbo che va a incarnarsi, come invece nella maggior parte delle altre raffigurazioni delle Madonne del Parto. È una rappresentazione nobile seppur austera ed estremamente umana, con il gesto tipico di sorreggere il peso della pancia con una mano dietro la schiena.

Il tendaggio che si apre intorno alle tre figure dona un’aura di mistero che si svela alla composizione.

Il Museo della Madonna del Parto si trova in Via della Reglia, è aperto tutti i giorni dalle 9:00 alle 13:00 e dalle 14:00 alle 19:00 da marzo a ottobre compresi, mentre osserva un orario ridotto negli altri mesi. Il biglietto d’ingresso costa €6,50.

Monterchi, il borgo e i dintorni

Il centro storico di Monterchi è una sorta di acropoli che si avviluppa sui fianchi di una bassa collina, con i campanili delle sue chiese e la torre dell’orologio della Rocca a svettare sui dintorni.

Una breve passeggiata vi porterà verso la piazza principale, nei dintorni della quale si aprono ampi panorami sulla campagna circostante, caratterizzata da ampi pascoli e campi coltivati. L’alberata piazza Umberto I è sormontata dalla Rocca, oggi dotata di una bella terrazza panoramica.

Fonte: Lorenzo Calamai

Vista dal centro storico di Monterchi verso la campagna circostante

Si può visitare il Museo delle Bilance, che condivide con quello della Madonna del Parto un unico biglietto d’ingresso. Si tratta di una pregevole e affascinante collezione di bilance artigianali, ospitato nel gentilizio Palazzo Massi.

La Chiesa di San Simeone, di origine duecentesca ma completamente ricostruita nel 1830 e restaurata dopo il duro terremoto del 1917, ospita al suo interno un mirabile affresco trecentesco di una Madonna col bambino, scoperto nella cappella di Santa Maria di Momentana sotto la Madonna del Parto di Piero della Francesca.

Non perdete l’occasione di girovagare tra le frazioni e le campagne intorno a Monterchi. Vi troverete splendidi panorami rurali, vedute dove la natura incontra la mano dell’uomo nei piccoli abitati che si distinguono qua e là, e anche piccoli angoli di meraviglia, come nel caso della Chiesa di San Michele Arcangelo a Padonchia.

Fonte: Lorenzo Calamai

Gioielli nascosti: la Chiesa di San Michele Arcangelo a Padonchia

In questo gruppuscolo di case che oggi conta circa 40 abitanti, in mezzo ad ameni pascoli, si nasconde l’affascinante facciata in pietra del piccolo edificio religioso, risalente addirittura al VII secolo. Il bel campanile a vela che sormonta la facciata è di recente costruzione, mentre all’interno dimorano opere d’arte religiosa di artisti locali risalenti al Rinascimento.

Cosa vedere a Citerna

A poche centinaia di metri di distanza da Monterchi, sulla vetta di un colle leggermente più alto, sorge Citerna. Con i suoi 480 metri di altitudine, la cittadina ha una posizione privilegiata su tutta l’Alta Valle del Tevere, fino all’Alpe della Luna.

Fonte: Lorenzo Calamai

Il camminamento medievale sulle mura di Citerna

Questa caratteristica la rende speciale, unita alla cura con cui viene conservato il centro storico di chiaro stampo medievale e alle opere che è possibile ammirare in una delle sue principali chiese.

Citerna fa parte del club dei Borghi più belli d’Italia e si sviluppa attorno a Corso Garibaldi, parallelo al quale corre l’affascinante camminamento medievale, un percorso riparato con un meraviglioso soffitto di travi in legno e pareti di mattoni di cotto che si aprono in ampi finestroni dai quali è possibile ammirare il paesaggio che si apre in direzione di Monterchi.

Fonte: Lorenzo Calamai

Panorama da una delle finestre del camminamento

Il centro del paese è piazza Scipione Scipioni, vivace crocevia della vita locale, con qualche osteria dove fare merenda o prendere un aperitivo godendo dello straordinario panorama che la terrazza della piazza, affacciata verso oriente, offre ai passanti.

Nelle immediate vicinanze si trova la Chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo, la cui principale attrazione è rappresentata dalla Madonna col Bambino di Andrea Della Robbia in terracotta invetriata. Nel transetto destro si trova la Cinquecentesca Crocifissione del Pomarancio.

Fonte: Lorenzo Calamai

Il curato centro storico di Citerna

Non molto più lontano sorge la Chiesa di San Francesco, dove si trova una terracotta di Donatello raffigurante anche in questo caso una Madonna col Bambino, riscoperta solo nel 2000, ma anche la Madonna col Bambino e Santi di Luca Signorelli, terminata poi dopo la sua morte dal Papacello.

Opere dovute alla signoria dei Vitelli, famiglia nobile amica dei Medici, che reggerà Citerna tra il Cinquecento e il Seicento, donandogli quell’aria che si respira ancora oggi: un luogo dove il tempo permane immobile, da dove osservare il mondo che, nel frattempo, gira.

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Tra fiori e fate: l’ultimo eden terrestre è una valle incantata

Nel cuore della nostra amata Terra, si celano tesori che rapiscono l’anima e catturano lo sguardo con la loro bellezza mozzafiato. Sono i regali preziosi di Madre Natura, che con maestria ha plasmato paesaggi da sogno, dove la potenza delle montagne si mescola con la delicatezza dei fiori e il fragore delle cascate. In questi luoghi incantati, la realtà si confonde con l’immaginazione, trasportandoci in un universo di meraviglie senza tempo.

Oggi ti condurremo in un luogo incantato che brilla con la forza di mille stelle. Immerso tra le vette imponenti dell’Himalaya, c’è un giardino segreto, un luogo di rara bellezza che sembra uscito direttamente dalla mente di un artista: è la Valle di Yumthang, situata nella splendida regione di Uttarakhand, in India.

Conosciuta anche come la “Valle dei Fiori“, questo santuario di tranquillità raffigura perfettamente l’essenza della bellezza selvaggia e incontaminata. Qui, le sorgenti termali si intrecciano tra prati rigogliosi mentre i fiumi serpeggiano dolcemente attraverso le valli, donando vita ad ogni angolo di questo paradiso terrestre.

La Valle dei Fiori: una sinfonia di colori nel cuore dell’India

Valle dei fiori

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Valle dei fiori, Uttarakhand, India

Nel cuore dell’India, spicca come una gemma preziosa il Parco Nazionale della Valle dei Fiori, affascinante per la sua straordinaria bellezza naturale e la ricchezza della biodiversità. Questo santuario naturale gode di fama mondiale grazie ai suoi prati adornati da fiori alpini endemici, che fungono da habitat per una vasta gamma di creature rare e in via di estinzione, tra cui l’orso nero asiatico, il leopardo delle nevi, l’orso bruno e la pecora blu.

Il paesaggio idilliaco si fonde armoniosamente con l’imponente maestosità del Parco Nazionale di Nanda Devi, dando vita a un contrasto perfettamente bilanciato. Queste due meraviglie naturali formano un’area di transizione senza eguali tra le imponenti catene montuose dello Zanskar e del Grande Himalaya, luogo che da più di un secolo è oggetto di ammirazione da parte di alpinisti e botanici, celebrato anche nella mitologia induista da tempi immemorabili.

Secondo i racconti popolari, pare che questa regione sia abitata da dolci fate, creature magiche che danzano tra i fiori alpini, proteggendo gelosamente il loro regno incantato. Ma non solo creature leggendarie, anche gli esseri umani hanno trovato ispirazione in questa terra sacra. Intellettuali, artisti e mistici si sono avventurati in questa valle incantata, attratti dalla sua atmosfera e dalla sua energia. Tra di loro, il mistico indiano Swami Vivekananda e persino il celebre cantante Bob Dylan hanno trovato rifugio tra questi prati in fiore.

Trekking nell’Himalaya indiano alla scoperta della Valle dei Fiori

Non c’è da meravigliarsi che l’Unesco abbia insignito la Valle dei Fiori del prestigioso status di Patrimonio dell’Umanità, accanto al più famoso Parco Nazionale del Nanda Devi, sottolineando l’inestimabile valore di questo autentico eden terrestre.

Tuttavia, il suo fascino artistico, pur essendo delicato e senza tempo, nasconde un’anima selvaggia e remota che richiede rispetto e una preparazione adeguata. Il trekking, infatti, è limitato ai mesi compresi tra giugno e ottobre, quando le condizioni climatiche consentono un’esplorazione più sicura. La cautela è d’obbligo, considerando la natura remota e talvolta impervia del territorio, che può presentare sfide e pericoli anche per i trekker più esperti.

Ma per coloro che hanno il coraggio di affrontare gli ostacoli e abbracciare l’ignoto, la ricompensa è indubbiamente indimenticabile, un’esperienza destinata a rimanere incisa nell’anima per sempre. Il suggerimento è quello di trovare una guida esperta e informarsi accuratamente per entrare in un mondo che sembra uscito da una fiaba, pronto a regalare emozioni uniche e straordinarie.

Valle dei fiori

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Valle dei fiori, Uttarakhand, India
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Cosa fare in Val di Scalve, tesoro della Lombardia

Protetta dalla corona delle Orobie, la Val di Scalve riunisce nel suo territorio una varietà di contesti naturali incontaminati che la rendono il luogo ideale per la pratica di tutti gli sport di montagna, ma anche per esplorarne cultura e tradizioni immersi in un silenzio rigenerante. Esperienze uniche e coinvolgenti accontentano chiunque percorra questa fantastica valle, ricca di opportunità sia in inverno che in estate.

Val di Scalve, un luogo ricco di storia

Situata nella parte nord-orientale della provincia di Bergamo, e confinante con le province di Sondrio e Brescia, la Val di Scalve si estende per una larghezza di 19 km tra una cerchia di montagne prealpine, fra le cui cime spiccano il maestoso Massiccio della Presolana , il Pizzo Tornello, il Cimon della Bagozza e il Pizzo Camino.

Vanta origini antichissime, dagli antichi Romani era conosciuta come Vallis Decia, dal torrente che la solca, il Dezzo, che nella parlata locale viene chiamato ‘Decc’. Secondo alcuni storici, il nome ‘Scalve’ deriverebbe, invece, dal celtico Skalf, che significa ‘fessura’, una caratteristica riconducibile alla natura della valle che si presenta, a chi risale dalla Valle Camonica tramite il corso del torrente Dezzo, come un’angusta fessura tra i monti, ma c’è anche chi pensa che possa riferirsi all’attività di scavo delle numerose miniere che fin dai tempi remoti  ha caratterizzato la storia di questo luogo.

Cosa fare in inverno in Val di Scalve

Questa rara isola alpina è un vero paradiso per chi ama le attività all’aria aperta e gli sport di montagna. In inverno, i meravigliosi sentieri escursionistici che in estate sono immersi nel verde dei prati diventano tracciati perfetti per gli amanti delle ciaspolate e dello scialpinismo. Potrete vivere momenti di svago e condivisione sulle piste innevate, adatte sia a snowboarders sia a sciatori, senza tralasciare le aree attrezzate per bob e slittini, con diversi fuoripista in powder che permettono di raggiungere isolati rifugi alpini.

La conformazione montana della Val di Scalve regala un’ampia scelta di percorsi per gli scialpinisti, come la conca dei Campelli, il Pizzo Camino, il Monte Ferrante e il Monte Barbarossa. A ovest della valle si staglia la Presolana che, con i suoi pendii, offre un ottimo comprensorio sciistico con piste che si spingono sino a 2250 metri.

Una delle mete più scenografiche della Val di Scalve, e per questo più amate, è il Passo dei Campelli, a 1889 metri di quota, cui si arriva – partendo dalla località Fondi di Schilpario – con una camminata di due ore e 630 metri di dislivello, circondati da boschi da fiaba. In cima vi sorprenderà un panorama spettacolare, con la vista che si apre verso la Val Camonica fino a scorgere l’inconfondibile sagoma dell’Adamello.

Gli sciatori o alpinisti più esperti possono, invece, raggiungere in tre o quattro ore il Cimon della Bagozza, ammirando scenari incantati fino a ritrovarsi in vetta a 2409 metri di altitudine, oppure, partendo dal parcheggio di Piazzale Alpini, arrivare in quattro o cinque ore di cammino al Pizzo Camino a quota 2491 metri.

La Val di Scalve vanta, inoltre, la presenza di scuole di sci certificate e di lunga esperienza nelle varie discipline, da cui sono passati campioni di fama mondiale. Una volta qui, chi lo desidera può approfittare delle lezioni personalizzate, per gruppi e anche per disabili, con maestri pronti a insegnare i più piccoli trucchi per diventare dei provetti sciatori.

Val di Scalve in estate: gli itinerari naturalistici

Se desiderate trascorrere un’estate in totale tranquillità, lontani dal caotico affollamento delle spiagge, la Val di Scalve vi offre l’alternativa ideale, con i suoi splendidi itinerari naturalistici che comprendono boschi, varie specie animali, percorsi tematici e miniere.

Un punto di partenza dal nome evocativo è il Sentiero del Bosco Incantato, una passeggiata ideale per tutta la famiglia, dove le sculture di legno accompagnano i bambini per tutto il percorso, raccontando le storie della tradizione bergamasca.

Gli appassionati di trekking e sky-race ameranno, invece, la natura lussureggiante che circonda il borgo di Azzone, posto alla destra del fiume Dozzo, a poca distanza dalla Riserva Naturale Giovetto di Paline, ricoperta quasi interamente di abeti rossi.

Giungendo al passo della Presolana, ci si incammina verso il Sentiero dell’Orso, un percorso eco-didattico che permette di osservare da vicino piccoli esempi della complessità del sistema forestale. Seguendo il cartello che indica il Salto degli Sposi, si raggiunge uno splendido belvedere. La leggenda narra che due innamorati stranieri, chiamati dalla gente del posto “gli sposi”, senza un motivo apparente, si suicidarono, gettandosi dal dirupo abbracciati.

Un’escursione che unisce la bellezza della natura e il ricordo del crollo della diga nel 1923 è quella che passa per la Diga del Gleno a Vilminore di Scalve. Qui è stato realizzato anche l’Arboreto alpino Gleno, che ospita uno spazio espositivo con le schede descrittive delle circa 100 specie botaniche piantumate nei primi anni 2000.

Da non perdere, infine, una visita al Parco Minerario Andrea Bonicelli, che dal 1997 si occupa di recuperare la storia e la cultura mineraria della Val di Scalve per trasmetterla alle future generazioni, attraverso diversi percorsi museali all’interno delle antiche gallerie dismesse nelle miniere di Schilpario. I percorsi si snodano per chilometri e su più livelli, con itinerari attrezzati con illuminazione elettrica, che si affrontano inizialmente a bordo di un fantastico trenino che scorre sui vecchi binari usati per il trasporto del minerale. Il percorso nella miniera prosegue poi a piedi, accompagnati dalle guide, pronte a illustrare un’affascinate documentazione fotografica che mostra il lavoro dell’uomo a contatto con la montagna e le sue viscere e a spiegare il funzionamento di oggetti e utensili della storia della miniera.

Il favoloso panorama dalla Big Bench

A pochi passi dal centro abitato di Schilpario, si può raggiungere la famosa Big Bench, installata il 2 luglio 2020, che rientra con il n. 96 fra le oltre 100 panchine progettate da Chris Bangle all’interno del Big Bench Community Project (BBCP). La panchina gigante è raggiungibile percorrendo un facile e breve sentiero, che permette di ammirare un panorama imperdibile, che abbraccia in lontananza il massiccio della Presolana, ma anche il Pizzo Tornello dalle ripide pendici erbose, il Pizzo Camino, Ezendola e parte del complesso della catena rocciosa dei Campelli.  Mentre l’abitato del comune di Schilpario rimane parzialmente nascosto più a Est, dalla Big Bench si possono ammirare le frazioni di Pradella, Ronco, Barzesto, e anche i più lontani centri di Vilmaggiore e Vilminore.

La spettacolare Cascata del Vò

La Cascata del Vò è tra le principali mete estive della Val di Scalve. In circa mezz’ora si raggiunge una meravigliosa cascata formata dall’omonimo torrente, un salto di 25 metri immerso nel verde dei boschi. La valle del Vò si apre poco prima dell’abitato di Schilpario, nei pressi del piccolo borgo di Ronco, fra il Monte Bognaviso e il Pizzo Tornello. Sul fondo scorre il fiume Vò che da il nome all’intera vallata. La vegetazione alterna boschi di abete rosso, pino mugo, ontani e noccioli. La fauna è ricca di camosci e altri animali selvatici.

Sul tragitto per raggiungere la cascata, ci si imbatte in un esempio di “poiat”, una struttura di rami e tronchetti di legna che serviva alla fabbricazione del carbone, di vitale importanza per le genti che un tempo abitavano la zona. L’antica mulattiera del percorso veniva sfruttata, in passato, per raggiungere “la reglana” un forno di fusione del minerale, del quale ne rimane traccia poco prima della cascata. Esistono, infatti, testimonianze di un’importante attività di scavo delle numerose miniere di ferro della Val di Scalve fin dai tempi dei Romani.

A spasso tra i borghi della Val di Scalve

La Val di Scalve è formata da quattro comuni – Azzone, Colere, Schilpario, Vilminore di Scalve – ciascuno dei quali offre percorsi culturali, artistici e gastronomici, immersi in scenari incontaminati e mozzafiato.

Azzone è un piccolo borgo ai piedi del Pizzo Camino, nonché porta di accesso alla Riserva Naturale del Giovetto, dove si possono ammirare le operose formiche appartenenti alla specie Rufa, che hanno la capacità di proteggere l’intero ambiente boschivo dall’attacco di insetti nocivi. Il suo centro abitato rispecchia la struttura tipica dei paesi montani. Il suo cuore è la piazza, su cui si affaccia il palazzo comunale, mentre fra i tetti delle case, spiccano la il campanile della chiesa parrocchiale e la Torre Civica.

Colere è, invece, famoso per lo sci alpino e lo sci alpinismo in inverno, per il trekking e le vie d’arrampicata in estate. Dal paese si può giungere attraverso vari sentieri di facile percorribilità il Rifugio Luigi Albani, inserito nel Sentiero delle Orobie Orientali. Molto suggestiva è la grotta del ghiaccio, così chiamata per la presenza, in ogni periodo dell’anno, di uno strato di ghiaccio che ne ostruisce l’ingresso.

Incastonato nella cornice naturale delle Orobie Bergamasche e posto all’ingresso di un’affascinante abetaia, Schilpario è un luogo ricco di storia, sapori e tradizioni. La sua straordinaria posizione ambientale e paesaggistica ne ha fatto una meta turistica fra le più apprezzate degli appassionati di montagna.  Dal paese partono diversi sentieri che sovrastano l’intera Val di Scalve e portano ai rifugi Tagliaferri, Vivione e Campione. Vi troverete anche percorsi ciclabili o a cavallo.

Infine, incontriamo il piccolo borgo di Vilminore di Scalve, posto al centro soleggiato della valle, a un’altezza di 1018 m. s.l.m., e punto nevralgico della stessa, poiché sede della storica Comunità Montana di Scalve. Ognuna delle sue nove frazioni conserva importanti tracce del passato della comunità scalvina. La più importante è senza dubbio la Diga del Gleno, che conserva i segni della tragedia che avvenne il 1° dicembre 1923, quando la diga crollò e una grandissima quantità di acqua, fango e detriti si riversò sui centri abitati sottostanti, causando numerosi danni e centinai di vittime. I resti della diga sono tutt’oggi visibili e sono raggiungibili tramite una suggestiva camminata che parte proprio da Vilminore di Scalve.

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La Valle del Silencio, il segreto meglio custodito della Spagna

Ci sono dei posti remoti, totalmente fuori dai radar dei turisti, dai profili fiabeschi e che nascondono segreti naturali e gioielli architettonici davvero unici nel loro genere. No, per trovarli non occorre andare dall’altra parte del mondo, perché sono più vicino di quanto si creda. Uno di questi si trova in Spagna, e prende il nome di Valle del Silencio.

Dove si trova la Valle del Silencio

La straordinaria Valle del Silencio (e tra poco scopriremo che non si chiama così a caso) sorge a Sud della regione spagnola soprannominata El Bierzo, un angolo del Paese dove la natura regna indiscussa e che si trova a ovest della Provincia di León, nella comunità autonoma di Castiglia e León.

Sotto lo sguardo dei Monti Aquilianos, per accedervi occorre attraversare una strada pregna di piccoli paesini da sogno e che in sottofondo regala un costante mormorio di ruscelli e sinuose cascate.

Perché si chiama così

Un nome molto particolare, quello della Valle del Silencio, su cui però non c’è un parare universale: nessuno sa con precisione perché si chiami così. Ciò non toglie che ci siano un paio di storie curiose che provano a raccontarlo.

La prima narra che non si potrebbe chiamare in altro modo, perché quando i viaggiatori attraversano la tortuosa strada che la collega con il resto del mondo rimangono muti. Non è chiaro però se la mancanza di parole derivi dalle tante curve da superare o a causa degli straordinari, e pressoché infiniti, paesaggi che fanno impallidire.

Secondo un’altra storia, invece, questo curioso nome è dovuto alle rigide regole imposte dalle piccole comunità di monaci che vagavano da queste parti, tra l’VIII e il X secolo, e che qui trovarono il luogo che cercavano, nonché grotte dove rifugiarsi incastonate tra montagne che già i Celti consideravano sacre.

Cosa visitare

La prima tappa da fare nelle vicinanze della Valle del Silencio è Ponferrada, capoluogo di El Bierzo e anche una delle soste principali del famosissimo (e bellissimo) Cammino di Santiago. Una località dai profili magici: si sviluppa ai piedi di un imponente castello fondato dai templari.

Chiamato il Castillo del Temple, è stato costruito nell’XI secolo e poi modificato, ampliato, riformato e restaurato. Molto interessante è anche la Torre dell’orologio che un tempo era un’antica porta della città. C’è poi il Real Carcel (Carcere reale), un edificio a due piani che ospita oggi il Museo del Bierzo.

Un’altra attrazione da non perdere è la Basilica della Madonna della Quercia dove è custodita La Morenita, una delle antiche Madonne nere della Spagna.

Da qui inizia il vero e proprio percorso che porta ad immergersi nella Valle del Silencio. Bisogna andare in direzione San Clemente de Valdueza, Montes de Valdueza e Peñalba de Santiago lungo una strada impreziosita da una fitta e fresca foresta che permette di lasciarsi alle spalle la frenesia del mondo: non sorprende, quindi, che fosse meta degli eremiti.

Con una piccola deviazione si raggiunge Montes de Valdueza, un paese dall’atmosfera rustica e autentica che si trova in una posizione particolarmente isolata, al centro dei Monti Aquilianos, tanto che i monaci anacoreti qui costruirono monasteri ed eremi, come il monastero di San Pedro de Montes, attorno al quale nacque l’attuale borgo.

Subito dopo occorre andare in direzione Peñalba de Santiago che colpisce per essere un borgo incontaminato. Da queste parti sorge la Chiesa del X secolo che è stata descritta da Sandoval come “la cosa più curiosa e degna di nota che la Spagna abbia tra le antichità”.

Dai vicoli labirintici, è un posto che è rimasto ancorato nel tempo, come del resto la Valle del Silencio che è uno di quei luoghi meno conosciuti ma più sorprendenti della Spagna.

Infine San Clemente de Valdueza, pieno di edifici dalla tipica architettura berciana. Da qui inizia anche il percorso che porta al belvedere e all’altalena Valdecarrizo dove si può godere di straordinarie viste panoramiche e scattare alcune foto da una delle altalene più suggestive del Bierzo.

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Villacidro, il borgo delle streghe in Sardegna

A 45 chilometri da Cagliari, tra profonde valli, vette e l’incontro con la pianura, sorge Villacidro, antico “borgo di montagna” chiamato tradizionalmente “paese delle streghe”, oggi moderna cittadina che conserva con fierezza le tradizioni di un passato agro pastorale e produzioni d’eccellenza che si legano ai sapori autentici di un territorio unico.

Importante centro del Medio Campidano, nel sud ovest della Sardegna, si fa apprezzare per le bellezze naturali, i paesaggi mozzafiato e per i notevoli punti di interesse che ne impreziosiscono le vie e gli immediati dintorni.

Meraviglie nel cuore di Villacidro

Per conoscere a fondo Villacidro, la visita può avere inizio dal centro dell’abitato che vede il suo cuore pulsante in Piazza dello Zampillo (dall’Ottocento Piazza XX Settembre), dove confluiscono tutte le strade che scendono dai quartieri più in alto e fa bella mostra di sé un’elegante fontana con zampillo in trachite nera di Serrenti: è questa, da sempre, la piazza “dei giochi e del passeggio” su cui ammirare anche la costruzione del Montegranatico, il “monte del grano” che, dal 2003, è sede del Civico Museo Archeologico Villa Leni che espone preziosi reperti che vanno dalla Preistoria, all’epoca del dominio fenicio-punico e romano, fino all’Alto Medioevo e che provengono in gran parte dalle zone limitrofe.

Sempre a proposito di musei, da segnare in agenda sono “Sa Potecarìa” (antico nome della farmacia in sardo) nato dalla passione del farmacista Dott. Ignazio Fanni, che raccoglie utensili, arredi e strumenti legati all’arte sanitaria e a quella farmaceutica con significative testimonianze dislocate in più sezioni, e il Museo d’arte e arredi sacri, nei locali dell’Oratorio della Santa Vergine del Rosario, con notevoli opere appartenute all’Oratorio delle Anime e alla Parrocchiale di Santa Barbara e suppellettili e manufatti della Confraternita del Rosario.

E qui arriviamo al patrimonio religioso di Villacidro che si svela nelle numerose chiese che lo caratterizzano, a partire dalle tre che svettano sulla piazza principale: la già citata Chiesa di Santa Barbara, la più antica, edificata tra il XII e il XIV secolo in stile gotico-aragonese e dai ricchi arredi in marmo policromo, la Chiesa delle Anime Purganti, in stile spagnolo, risalente al XII secolo, e l’Oratorio di Nostra Signora del Rosario, dalla facciata in stile gotico-catalano.

Ma non sono le sole: da vedere la Chiesa della Vergine del Carmelo del XVII secolo dal cui sagrato si gode di una splendida vista sul centro storico e sulla vallata, la Chiesa campestre di San Sisinnio con unica navata dalla volta a botte, la Chiesa di San Pietro, unica superstite dell’ormai scomparsa villa di Leni, piccolo villaggio agricolo sulle rive del rio omonimo, e la Chiesa di San Giuseppe, voluta nel 1744 da un signorotto spagnolo come atto di fede verso il Santo.

In prossimità della centrale Piazza Santa Barbara, merita poi una sosta l’imponente Palazzo Vescovile, punto di riferimento per importanti eventi culturali, collegato da un’antica scala in ciottolato al Lavatoio, altra meta da non tralasciare, costruito nel 1893 su disegno dell’ingegnere Enrico Pani in stile liberty.

Un paesaggio straordinario

Come accennato, fiore all’occhiello di Villacidro sono le bellezze naturali di un contesto straordinario plasmato da rigogliosi boschi, cascate spettacolari e parchi dove dedicarsi a rigeneranti escursioni a piedi, in bici e a cavallo.

Tra le cascate che da non perdere ecco la Cascata di Sa Spendula, decantata da D’Annunzio in un sonetto del 1882, emozionante salto del torrente Coxinas tra granitiche rocce rosa e grigie e montagne selvagge, la Cascata Muru Mannu, la più alta dell’isola con i suoi 72 metri, e la Cascata Piscina Irgas, nell’abbraccio delle marmitte giganti scavate dal rio Oridda.

E che dire, poi, del Belvedere Giarranas, un incantevole paesaggio ideale per l’arrampicata dal panorama sorprendente, più volte nominato nei romanzi dello scrittore locale Giuseppe Dessì (vincitore del Premio Strega 1972)?

Infine, ma non certo per ultimi, vanno ricordati i parchi, meta di trekker ed escursionisti: il Parco di Monti Mannu, il più noto e amato, il Parco di Villascema, vasta area verde alle pendici del complesso montuoso del Linas, il Parco San Sisinnio, con maestosi olivastri millenari, e il Parco Castangias, ottimo punto di partenza per arrivare all’altopiano di Coxinas e a invidiabili aree panoramiche.

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Benvenuti nella Valle di Natale: dove la magia prende vita

E se vi dicessimo che in Italia esiste una valle incantata che a Natale si trasforma in una favola tutta da vivere? Un sogno a occhi aperti, questo, dove l’immaginazione diventa reale e dove i paesaggi che già conosciamo si trasformano in cartoline di immensa bellezza tutte da vivere e da condividere.

Ci troviamo tra le montagne più belle delle Dolomiti, quelle che sono state dichiarate Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, le stesse che si preparano a indossare il loro abito più bello per accogliere viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo. Perché proprio qui, in Val Gardena, sta per prendere vita una fiaba straordinaria, quella di Natale. Pronti a partire?

La Valle di Natale in Italia

C’è qualcosa di magico che sta succedendo intorno a noi, proprio adesso che il calendario segna l’arrivo di dicembre. Le strade, i quartieri e le piazze di molte città del mondo si stanno accendendo di magia. Luci colorate, decorazioni sontuose, atmosfere scintillanti e profumi inebrianti: è il miracolo di Natale che prende vita.

È questo il momento perfetto per organizzare viaggi inediti e straordinari e raggiungere tutte quelle destinazioni che, in questo periodo, si stanno trasformando in una favola da vivere. Non c’è bisogno però di allontanarsi poi così tanto perché anche il Bel Paese si è appropriato dello spirito di Natale e lo ha fatto in grande stile.

Uno degli indirizzi di Natale più imperdibili quest’anno, infatti, è quello che ci porta a Ortisei, a Selva di Val Gardena e a Santa Cristina, tre comuni incastonati nelle Dolomiti che, a partire dal 1° dicembre, daranno vita a una Valle di Natale di incredibile bellezza. Ecco tutti gli eventi da non perdere.

Il Natale in Val Gardena

Fonte: Ufficio Stampa

Il Natale in Val Gardena

Mercatini, tradizioni ed esperienze sensoriali: gli eventi da non perdere

Molto più di una manifestazione, la Valle di Natale è un’esperienza sensoriale che incanta lo sguardo e riscalda il cuore. Qui, tra mercatini tradizionali, prodotti di artigiano, prelibatezze locali e atmosfere scintillanti, sarà possibile toccare con mano tutta la magia dell’Avvento.

Sono tre gli indirizzi da segnare in agenda. Il primo, Ortisei, è stato ribattezzato il Paese di Natale. A partire da venerdì 1° dicembre, infatti, il comune italiano ospiterà un mercatino straordinario che permetterà ai viaggiatori di immergersi in un’atmosfera fiabesca e di soddisfare il palato con tutta una serie di prelibatezze caratteristiche locali. Non mancheranno, ovviamente, manifestazioni folcloristiche e tradizionali che intratterranno tutte le persone durante i giorni dell’Avvento.

Altra tappa imprescindibile della Valle di Natale è Selva Val Gardena. Proprio qui, infatti, verrà inaugurata Mountain Christmas: una striscia di luci lunga 350 metri alla quale saranno appese piccole cabine di una funivia in legno. A fare da cornice all’atmosfera, le immancabili casette di legno del mercatino di Natale che inaugurerà giovedì 7 dicembre.

Ultima destinazione, ma non per importanza, è Santa Cristina in Val Gardena. Il piccolo borgo incastonato tra le montagne si trasformerà in un magico villaggio natalizio dove si potrà passeggiare avvolti da melodie del Natale e dai profumi dei biscotti alla cannella e del vin brulé che si diffondo nell’aria. Gli appuntamenti, da segnare in agenda, sono il 10 e il 17 dicembre.

Val Gardena – la Valle di Natale delle Dolomiti

Fonte: Ufficio Stampa

Val Gardena – la Valle di Natale delle Dolomiti
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Val Ciamin, la più solitaria valle altoatesina dove regna il silenzio

C’è una splendida valle, tranquilla, solitaria, poco conosciuta e incredibilmente romantica, che regala uno dei panorami più belli delle Dolomiti. Tra il gorgoglìo dei ruscelli, le altissime cime che fanno da cornice e i prati verdeggianti, questa piccola valle racchiude tutte le bellezze naturalistiche dell’Alto Adige in pochi chilometri quadrati.

È la Val Ciamin, nellAlpe di Siusi, stretta tra due dei massicci più iconici e imponenti dei “monti pallidi”: il Catinaccio – che in tedesco, Rosengarten, giardino di rose, suona molto più poetico – e lo Sciliar, il simbolo delle Dolomiti dell’Alto Adige, che, insieme, formano il Parco Naturale Sciliar-Catinaccio. Un territorio meraviglioso a dir poco, ricco di scorci suggestivi e di antiche leggende.

Alla scoperta della Val Ciamin

La Val o Valle Ciamin (o Tschamin) è una piccola valle che, dal Comune di Tires, una frazione di Fiè allo Sciliar, si insinua alle pendici dello Sciliar e del Rosengarten-Catinaccio fino ai rifugi Bergamo e Alpe di Tires. La si percorre a piedi o in mountain bike (o e-mountain bike, se volete fare meno fatica, specie nel secondo tratto che è piuttosto ripido). Nel periodo estivo, l’ufficio del turismo di Tires organizza escursioni guidate a piedi o in e-bike nella valle.

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Fonte: @IDM Südtirol Alto Adige – Harald Wisthaler

Il profilo inconfondibile dello Sciliar

L’intero itinerario, che è lungo circa otto chilometri e ha un dislivello di mille metri, è più semplice e piuttosto pianeggiante nella prima metà del cammino, quindi adatto a tutti, anche ai passeggini, mentre a circa metà strada inizia a inerpicarsi su per la montagna e sono consigliati, oltre ai bastoncini, anche una buona dose di allenamento. Ma lo sforzo vale assolutamente la pena. Poi capirete perché.

A piedi nella valle

Alla partenza del sentiero che prende il via da Bagni di Lavina Bianca, una frazione di Tires al Catinaccio dalla cui cava, sin dal XIX secolo, viene estratta la ghiaia bianca, c’è una malga, la Tschamin Schwaige, dove rifocillarsi prima di mettersi in cammino. Poi, fino al rifugio Bergamo, alla fine di questa incantevole valle dolomitica, che si trova a 2.165 metri d’altezza, non c’è più nulla, se non qualche tavolo di legno dove fare una sosta ristoratrice un pic-nic nelle belle giornate di sole, ma solo splendide cime dolomitiche e altipiani.

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Fonte: @Seiser Alm Marketing – Werner Dejori

Camminare lungo la selvaggia Val Ciamin

Il rifugio si trova nella zona più tranquilla dell’area dello Sciliar-Catinaccio e domina dall’alto la selvaggia e solitaria Val Ciamin. Il rifugio offre alloggio per 70 persone e fermarsi per la notte è una delle esperienze più belle che si possano fare. Il panorama al tramonto (o all’alba, per chi ce la fa a svegliarsi presto) sui “monti pallidi” che, per via di un’antica leggenda, si colorano di rosa e sulla cima di Valbona (3.033 metri) è uno dei più magici che esistano non soltanto in Italia ma al mondo.

Inoltre, lassù, senza alcun inquinamento luminoso, si possono ammirare delle meravigliose stellate. Chi desidera percorrere il sentiero in giornata, invece, può approfittare di un caldo pasto tipico tirolese nell’antica stube di legno.

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Fonte: @SiViaggia – Ilaria Santi

La radura Rechter nella Val Ciamin

La Valle Ciamin corre lungo l’omonimo rio Ciamin, che nasce sottoterra ed esce dalle rocce nella valle e scorre costeggiando baite di legno, attraversando distese di pascoli verdi e fioriti a primavera, come la spettacolare radura Rechter Leger, e boschi di sempreverdi e di abeti rossi. Questo cammino si può fare tutto l’anno. Quando c’è la neve, è perfetto per una splendida ciaspolata, specie nelle giornate di sole.

La leggenda di Re Laurino

A molti piace credere che il Catinaccio si tinga di rosa all’ora del tramonto per via di un’antica leggenda locale, quella del giardino di Re Laurino, un sovrano a capo di una comunità di piccolissimi esseri viventi in un mondo dominato da giganti che viveva sul Catinaccio. Un giorno, il re, innamorato di Simhild, una giovane promessa a un altro uomo, però, decise di rapirla e di portarla nel suo castello di pietra.

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Fonte: @IDM Südtirol Alto Adige – Clemens Zahn

Lo spettacolo del Catinaccio-Rosengarten sulle Dolomiti

Laurino sperava di conquistarla grazie al suo magnifico giardino dove fiorivano meravigliose rose rosse protette da un filo di seta dorato. Per liberare la promessa sposa, il fidanzato della principessa chiese aiuto a Dietrich von Bern, re dei goti che, insieme ai suoi guerrieri, partì subito alla volta del castello, strappò il filo di seta del giardino e calpestò le rose. Re Laurino indossò una cappa magica che lo rese invisibile e invincibile, ma durante la battaglia von Bern riuscì a strappargli la cintura e lo sconfisse.

La giovane fu liberata e anche Re Laurino riuscì a fuggire. Con una formula magica trasformò il giardino di rose in pietra. Nessuno, né di giorno né di notte avrebbe dovuto rivedere lo splendore delle rose. Al posto del giardino non rimase che nuda e pallida roccia. Tuttavia, nella formula magica Laurino si scordò di menzionare il crepuscolo, pertanto, per pochi istanti, a quell’ora, si può ancora ammirare lo splendore delle rose sul Catinaccio.

La sorgente magica

Lungo il cammino s’incontra una sorgente d’acqua diversa dalle altre, si dice infatti che sia miracolosa. L’antica sorgente di Hohen Steg era stata sepolta da una frana ed è stata riscoperta solo di recente, oggi è famosa nella valle per i suoi effetti curativi.

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Fonte: @SiViaggia – Ilaria Santi

Il rio Ciamin che corre lungo tutta la valle

Si racconta difatti che il vecchio lattoniere del vicino paese di Tires, un certo Robert, riuscì a curare i suoi disturbi gastrici grazie a questa magica acqua. Quando si passa di qui vale quindi la pena riempire la propria borraccia. Male sicuramente non fa.

È la stessa acqua che sgorga dalla sorgente di Bagni di Lavina Bianca, che veniva sfruttata ancora oggi dagli abitanti del posto per curare reumatismi, anemie e disturbi metabolici. Nel corso degli anni, Bagni di Lavina Bianca (in tedesco Weisslahnbad) ha richiamato un numero sempre maggiore di visitatori, che venivano appositamente per sottoporsi alle cure e per godere del magnifico paesaggio davanti al gruppo del Catinaccio.

Quando andare in Val Ciamin

La Val Ciamin è percorribile tutto l’anno. D’inverno si può camminare nella neve con le ciaspole ma il rifugio Bergamo chiude per la stagione (apre da giugno). Il periodo migliore per andarci è sicuramente dalla primavera fino all’autunno, quando iniziano le belle giornate di sole e si può passeggiare al fresco, magari rinfrescando i piedi nelle fresche acque del rio Ciamin che corre lungo il percorso.

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Fonte: @Annelies Stifter

Il rifugio Bergamo che domina la Valle Ciamin

A primavera i prati fioriti sono uno spettacolo per i sensi tra colori e profumi che si respirano e che si ritrovano nel gusto dei deliziosi formaggi che vengono prodotti direttamente nelle malghe. Basta camminare a piedi nudi nei prati per godere di momenti di incredibile relax.

In autunno, la valle si tinge dei colori più caldi, in una tavolozza che sfuma dal verde dei sempreverdi al giallo, oro e rosso dei boschi. Questa è anche la stagione del Törggelen che ha inizio a ottobre e che dura fino alla fine di novembre, quando i contadini aprono le porte delle tradizionali Buschenschank, le osterie altoatesine, per offrire i più classici prodotti agricoli caratteristici dell’autunno.

A tavola si servono le tipiche Kartoffelpuffer, frittelle di patate, zuppa d’orzo, canederli o mezzelune ripiene di erbe insieme a costine di maiale e insaccati, accompagnati da canederli e crauti. Si finisce sempre con le castagne arrosto e un bicchiere di vino novello, che è poi il prodotto che ha dato origine a questo evento.

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Fonte: @Seiser Alm Marketing – Werner Dejori

I picchi dolomitici in fondo alla Val Ciamin

Il Törggelen è una tradizione nata proprio nell’Alpe di Siusi e nella Val Venosta, rimasta viva qui ma diffusa poi in tutto l’Alto Adige ed è strettamente legata alla storia del vino. Il termine Törggelen deriva da “Torggl” (dal latino torquere, torcere) e indica il torchio di legno che veniva usato nelle cantine dei contadini per la spremitura dell’uva.

Anticamente, gli ospiti che si recavano nei Buschenschank per degustare il vino novello si portavano il proprio cibo. Oggi a tutti piace la comodità di e la curiosità di gustare gli stessi piatti cucinati da cuochi diversi, perché ognuno ha poi la propria variante. Uno ottimo motivo per organizzare subito un weekend in questa inesplorata valle altoatesina.