Categorie
Arte e cultura Cammini escursioni Itinerario di 5 giorni montagna Parchi Nazionali vacanza natura vacanze avventura Viaggi Viaggi Avventura

Il Cammino del Gran Sasso: tappe, consigli e info

Il Cammino del Gran Sasso è un itinerario escursionistico di 61 km, articolato in 5 tappe, che si snoda tra altopiani, borghi storici e montagne del massiccio più imponente dell’Appennino. Si parte da Campo Imperatore, a oltre 2.100 metri di altitudine, per scendere gradualmente verso alcuni dei luoghi più iconici del Parco Nazionale del Gran Sasso, fino a chiudere il percorso nei pressi di Fonte Cerreto, punto d’arrivo connesso alla partenza tramite la funivia.

Non è un cammino per tutti, ma per chi cerca grande bellezza, silenzio e verticalità, il Gran Sasso sa essere maestoso e generoso. È un cammino adatto a chi desidera attraversare paesaggi vasti e aperti, lontani dai centri abitati, dove l’incontro principale è quello con le creste rocciose, i pascoli e il cielo.

La storia del cammino

Il Cammino del Gran Sasso nasce con l’intento di valorizzare un territorio spesso vissuto solo in chiave alpinistica o sciistica. Questo itinerario si inserisce in una tradizione secolare di pastorizia, spiritualità montana e vita nei borghi in pietra, e oggi permette a escursionisti e camminatori di ripercorrere queste direttrici a piedi, con lentezza.

Il progetto unisce natura e patrimonio culturale, offrendo una rete di sentieri segnati, accoglienze rurali e borghi storici come Castel del Monte, Calascio e Santo Stefano di Sessanio. Il percorso tocca luoghi d’altitudine e scorci tra i più fotogenici del centro Italia, ma lo fa con uno spirito intimo, offrendo ospitalità sobria e autentica, fuori da ogni turismo di massa.

Le tappe del Cammino del Gran Sasso

Tappa 1: Piana di Campo Imperatore – Castel del Monte

(21,9 km, 358 D+, 1153 D-, 6h)

Si parte da Campo Imperatore, uno degli altopiani più vasti d’Europa, spesso definito il “Tibet d’Italia”. Il cammino segue un tratto del Canyon dello Scoppaturo, ambientazione di film come Lo chiamavano Trinità, con scenari mozzafiato tra pascoli e fenditure di roccia. Il tracciato è inizialmente pianeggiante, poi inizia una lenta discesa verso Castel del Monte, borgo fortificato che conserva un’atmosfera arcaica, tra case in pietra e strade acciottolate. È bene partire al mattino presto, poiché il tratto iniziale è esposto e completamente privo d’ombra o punti d’acqua, se non quello alla partenza oppure quelli presso i rifugi Fontari e Racollo.

Tappa 2: Castel del Monte – Rocca Calascio

(9 km, 455 D+, 382 D-, 4h)

Da Castel del Monte si risale verso il Pianoro di San Marco, in un paesaggio che alterna tratti erbosi e massi. La salita è costante ma mai eccessiva, e premia con la vista sulla spettacolare Rocca Calascio, uno dei castelli più alti d’Europa, situato a 1.460 metri. Il tratto finale è su sentiero roccioso, da affrontare con cautela. La vista, una volta arrivati, è senza eguali: a perdita d’occhio, l’intero Appennino centrale.

Tappa 3: Rocca Calascio – Santo Stefano di Sessanio

(5 km, 177 D+. 322 D-, 2h)

Tappa breve, ottima per rigenerare le gambe. Dopo la visita alla rocca e alla chiesetta ottagonale di Santa Maria della Pietà, si scende lungo sentieri erbosi verso Santo Stefano di Sessanio, uno dei borghi simbolo del recupero architettonico in Abruzzo. Questa sezione offre il fascino di una camminata rilassata, tra fioriture spontanee e muretti a secco. Ottimo punto per una sosta lunga, una cena abruzzese e una notte immersa nella quiete più assoluta.

Tappa 4: Santo Stefano di Sessanio – Barisciano

(7 km, 546 D+. 795 D-, 2h 30’)

Il sentiero prosegue dolcemente nella Piana delle Locce, tra vecchi stazzi e alture dolci. È una delle tappe più semplici, adatta per lasciar andare il passo e assaporare la dimensione contemplativa del cammino. Si arriva a Barisciano, paese dalla storia millenaria con il suo castello, la torre civica e le chiese medievali.

Tappa 5: Barisciano – Fonte Cerreto

(17,5 km, 755 D+, 634 D-, 8h)

L’ultima tappa è la più lunga e richiede un buon livello di resistenza. Dopo i primi chilometri tra campi e boschi, si sale lentamente verso le pendici del Monte Ruzza, poi si attraversa il Vado di Sole, un valico erboso da cui si apre una vista strepitosa sulle pareti settentrionali del Gran Sasso. Il tratto finale conduce a Fonte Cerreto, base della funivia che sale a Campo Imperatore e punto conclusivo del cammino.

Indicazioni pratiche per affrontare il cammino

Il Cammino del Gran Sasso è segnalato con segnavia bianco-rossi CAI e con il logo ufficiale del cammino. Tuttavia, la segnaletica non è sempre evidente: è fondamentale scaricare le tracce GPX prima della partenza e avere con sé una mappa topografica.

Gran parte del percorso si svolge tra i 1.200 e i 2.100 metri, quindi è essenziale avere abbigliamento adatto a condizioni variabili: anche in estate, vento e temporali possono comparire all’improvviso. Porta sempre una giacca antivento e uno strato termico, anche se parti col sole.

La disponibilità d’acqua è limitata: le tappe hanno tutte delle fonti d’acqua alla partenza e all’arrivo, ma potresti avere delle difficoltà a trovarla lungo il percorso in alcuni momenti. Porta con te almeno 2 litri d’acqua, specialmente nelle tappe Campo Imperatore–Castel del Monte e Barisciano–Fonte Cerreto.

Le accoglienze sono in B&B, rifugi o alberghi diffusi, spesso a gestione familiare. Si consiglia di prenotare in anticipo, soprattutto nei mesi estivi, perché le strutture sono poche e possono riempirsi facilmente. Non esistono punti tenda autorizzati lungo il percorso.

I rifornimenti alimentari non sono sempre disponibili lungo le tappe: è consigliato portare cibo energetico, frutta secca, panini o snack salati, soprattutto per la prima e l’ultima tappa. Non ci sono bar né negozi a Campo Imperatore: occorre arrivare già equipaggiati.

La credenziale del cammino

La credenziale è il documento che accompagna ogni pellegrino lungo il Cammino del Gran Sasso. Non è solo un ricordo simbolico, ma un vero e proprio strumento di riconoscimento, utile per accedere all’accoglienza dedicata e per raccogliere i timbri tappa dopo tappa, fino al termine del cammino.

È possibile acquistarla prima della partenza, ad esempio presso alcuni punti di accoglienza locali lungo il tracciato. Il suo utilizzo prevede che venga timbrata in ciascuna località significativa, a testimonianza del passaggio e della progressione del cammino.

Alcuni dei luoghi dove è possibile timbrare la credenziale includono:

  • A Castel del Monte, presso strutture ricettive e piccoli esercizi commerciali del centro storico.
  • A Calascio e Rocca Calascio, dove si trovano ristori e B&B con timbro a disposizione dei pellegrini.
  • A Santo Stefano di Sessanio, nel cuore del borgo, in alcune accoglienze e spazi informativi.
  • A Barisciano, presso strutture convenzionate e punti di accoglienza lungo la via.
  • A Fonte Cerreto, punto d’arrivo del cammino, dove è anche possibile ottenere l’ultimo timbro e, su richiesta, ricevere l’attestato finale di completamento.

È consigliato verificare in anticipo la disponibilità dei timbri e gli orari di apertura, soprattutto nei giorni festivi o in bassa stagione. La credenziale rappresenta il filo conduttore dell’esperienza: pagina dopo pagina, raccoglie tracce concrete del passaggio attraverso una delle zone più belle e selvagge dell’Appennino.

Quando partire, perché farlo e a chi è adatto

Il Cammino del Gran Sasso si può affrontare da fine maggio a inizio ottobre, evitando però i periodi più affollati o più caldi come la seconda metà di agosto. Le condizioni ottimali si trovano in giugno e settembre, quando il clima è più stabile, le giornate sono lunghe e la temperatura è gradevole anche in quota.

Il cammino è adatto a escursionisti mediamente allenati, che hanno familiarità con i sentieri di montagna e non temono tratti lunghi o isolati. È ideale per chi cerca un’esperienza a contatto con la natura incontaminata, lontano da ambienti turistici, ma con il conforto di accoglienze autentiche.

È perfetto per chi ama i paesaggi vasti, i silenzi, i cieli aperti e vuole vivere un viaggio interiore fatto di spazi, respiro e lentezza. Non è il cammino giusto per chi cerca comodità a ogni passo, ma lo è per chi sa apprezzare l’essenzialità e la forza della montagna.

Categorie
Arte e cultura estate Idee di Viaggio mare Sardegna spiagge sport acquatici vacanze avventura Viaggi Viaggi Relax

Sardegna d’estate: tra spiagge, immersioni storiche ed esperienze da non perdere

Ogni regione d’Italia è unica, soprattutto la Sardegna: la sua bellezza selvaggia e naturale è difficile da trovare altrove. Una consapevolezza che accompagna i viaggiatori da decenni, a partire da D.H. Lawrence che, nel suo diario di viaggio del 1921, la definì un’isola “perduta tra l’Europa e l’Africa, appartenente a nessun luogo”.

La Sardegna d’estate è una destinazione da sogno, seppur particolarmente affollata in determinati mesi, e le cose da fare e da vedere sono tantissime. Per scoprirla al meglio, l’ideale è creare un itinerario che unisca i paesaggi della costa con quelli dell’entroterra, le sue spiagge meravigliose con monumenti storici quali i nuraghi, esperienze autentiche con degustazioni tipiche.

Dove andare, quindi, per trovare tutto questo? Qui i nostri consigli di viaggio.

Dove andare in Sardegna in estate: le spiagge

La Sardegna non è solo mare, ma dobbiamo ammettere che le sue spiagge lasciano chiunque a bocca aperta. Il contrasto tra le acque cristalline e la sabbia chiara, a volte arricchito dalle tonalità di verde della macchia mediterranea, crea un paesaggio che è difficile da dimenticare e che porta i visitatori a tornare sull’isola, anno dopo anno.

La Pelosa, Stintino

Un grande classico quando si parla delle spiagge sarde: La Pelosa. Ogni anno viene premiata come una delle spiagge più belle d’Italia e d’Europa grazie al suo paesaggio da cartolina: sabbia fine e soffice, acque trasparenti e dai fondali bassissimi, dune ricoperte di ginepri e, di fronte, l’Isola Piana. Il tutto è reso ancora più unico dalla presenza della torre, edificata nel 1500.

Considerata l’alta presenza turistica, a partire dal 15 maggio è necessario prenotare l’ingresso tramite un’app (limitato a 1500 persone) e pagare un ticket di 3,50 euro. Inoltre, è obbligatorio possedere una stuoia da posizionare sotto al proprio telo per preservare il luogo ed evitare di trattenere la preziosa sabbia di un litorale in costante diminuzione.

Cala Goloritzé, Baunei

Mare e montagna si incontrano a Cala Goloritzé, incoronata la spiaggia più bella del mondo. Situata nella zona di Baunei, rappresenta una di quelle bellezze che bisogna guadagnarsi a passo lento, percorrendo un sentiero di trekking che, semplice all’andata perché in discesa, può essere faticoso al ritorno. Indossate scarpe comode con un buon grip, pagate il biglietto d’ingresso di 7 euro (Cala Goloritzé è a numero chiuso e possono accederci solo 250 persone al giorno previa prenotazione) e godetevi l’esperienza.

Una volta arrivati, nuoterete in acque così cristalline da sembrare irreali, sotto lo sguardo silenzioso di Monte Caroddi, la celebre guglia di pietra a forma di piramide ambita dagli appassionati di arrampicata. Portate acqua e cibo con voi, insieme a una borsa per riporre la spazzatura, perché la spiaggia non è attrezzata.

Cala Goloritzé in Sardegna

Fonte: iStock

Il paesaggio mozzafiato di Cala Goloritzé

Cala Brandinchi, San Teodoro

Chi organizza il proprio viaggio in Sardegna nella zona di San Teodoro, sicuramente non può perdersi una giornata nella splendida Cala Brandinchi. Tra le spiagge sarde a numero chiuso a partire dal 1 giugno, conquista con il candore della sua sabbia e con un mare dalle tonalità turchesi. Non è un caso se i residenti amano definirla “la piccola Tahiti”!

Il fondale è molto basso, ideale per chi viaggia con bambini, e tutt’attorno è circondata da dune sabbiose ricoperte da ginepri, giunchi, gigli marini e piante aromatiche. Dal parcheggio, inoltre, potrete raggiungere anche la spiaggia Lu Impostu.

Tuerredda, Teulada

Andiamo ora nel Sud Sardegna, dove troviamo la meravigliosa Tuerredda, una spiaggia che si estende per oltre mezzo chilometro all’interno di un’insenatura fra Capo Malfatano e Capo Spartivento. Grazie alla sua conformazione, è riparata dal maestrale e il mare è quasi sempre calmo, perfetto per nuotare o per avventurarsi alla scoperta dei fondali, ricchi di fauna marina, attrezzati di maschera e boccaglio.

La spiaggia è attrezzata, quindi troverete stabilimenti balneari, punti ristoro, attività di noleggio per canoe e pedalò, un ampio parcheggio anche per i camper, bar e ristoranti nelle vicinanze.

Is Arenas, Oristano

All’interno del nome è racchiusa tutta la sua essenza. “Is Arenas”, infatti, significa “dune sabbiose” perché quello che vedrete una volta arrivati è un piccolo deserto che vanta dune tra le più estese d’Italia. La spiaggia si estende per quasi sei chilometri e rappresenta una delle più lunghe nella zona di Oristano. A contraddistinguerla, oltre all’evidente bellezza del paesaggio e delle sue acqua, è la spiaggia in sé, non composta da sabbia, ma da ciottoli di diverse grandezze e conchiglie.

Essendo battuta molto spesso dal maestrale, è ampiamente frequentata soprattutto dagli appassionati di windsurf.

Su Giudeu, Cagliari

Situata nel territorio di Domus de Maria, è considerata a tutti gli effetti il simbolo di Chia. Il paesaggio, infatti, rappresenta esattamente quello che una persona vorrebbe venendo in vacanza in Sardegna: acque cristalline e incredibilmente trasparenti e sabbia chiara e morbida. A impreziosire il panorama ci pensa un isolotto situato a un centinaio di metri dalla riva.

Su Giudeu, lunga e spaziosa, è il proseguimento, a ovest, di un’altra spiaggia chiamata s’Aqua Durci. Le due spiagge sono separate da una piccola scogliera e spesso considerate come una sola. Non dimenticate di volgere lo sguardo dietro l’arenile, dove si trova lo stagno di Spartivento: qui potrete ammirare i fenicotteri rosa, gli aironi e le folaghe.

Su Giudeu in Sardegna

Fonte: iStock

La spiaggia Su Giudeu e l’isolotto

Porto Giunco, Villasimius

Se atterrate a Cagliari, vi basterà guidare per 45 chilometri per raggiungere una delle perle del Sud-Sardegna: Porto Giunco. Racchiusa tra una laguna e il mare, vanta tonalità azzurre e una sabbia soffice dalle sfumature rosate dovute alla presenza di frammenti granitici. Grazie alle dimensioni dell’arenile, chiunque può trovare il proprio spazio per godersi la sua bellezza, mentre il fondale basso lo rende adatto anche alle famiglie che viaggiano con bambini. Se volete ammirarla da un punto di vista privilegiato, vi consigliamo di raggiungere la torre: da qui il panorama è mozzafiato.

Cala Domestica, Buggerru

Cala Domestica è un luogo che unisce bellezza naturale e storia: in questa zona, infatti, fino al 1940 venivano estratti minerali dalle miniere. Ancora oggi è possibile vedere i resti di quel periodo rappresentati da magazzini e depositi. A incantare i visitatori, però, è la sabbia finissima e un mare che sfuma in mille tonalità di turchese. Intorno ci sono falesie e l’onnipresente macchia mediterranea che, insieme, disegnano un paesaggio dove la natura domina sospesa tra cielo e acqua.

Le isole sarde in estate

La Sardegna è la seconda isola più grande del Mediterraneo e possiede a sua volta delle isole minori che, ognuna a modo suo, possono essere considerate un paradiso, grazie ai propri ecosistemi naturali, e luoghi ricchi di storia.

L’Arcipelago della Maddalena

Riconosciuto parco nazionale nel 1996, l’Arcipelago della Maddalena è composto da sette isole situate al largo delle coste nord-orientali della Sardegna. Il paesaggio si contraddistingue per le particolari rocce di granito, che il vento ha modellato creando diverse forme, e per il suo habitat naturale protetto. Con il traghetto arriverete all’isola della Maddalena, con il suo piccolo centro urbano, anche se la vera attrattiva per chi arriva fin qui sono i panorami naturali.

L’isola di Caprera, per esempio, vanta sentieri escursionistici che permettono di ammirarne la bellezza selvaggia composta da verdi pinete e falesie di granito. Da qui si può raggiungere, insieme a una guida ambientale autorizzata, la meravigliosa Cala Coticcio. Con un tour in traghetto, invece, potrete ammirare anche altre isole, come quella di Budelli, famosa per la sua spiaggia rosa, e quella di Spargi.

L’isola dell’Asinara

L’isola dell’Asinara, oggi parco nazionale, in passato era un luogo abitato da diverse famiglie che si videro costrette ad abbandonarla alla fine del 1800 quando venne utilizzata come lazzaretto e stazione di quarantena. Successivamente venne aperta una delle più note prigioni di massima sicurezza italiane, chiusa nel 1998. Oggi, raggiungibile in traghetto dai porti di Stintino e Porto Torres, l’isola può essere visitata in diversi modi: noleggiando una bicicletta o partecipando a un tour in fuoristrada.

In alternativa, potete anche prenotare un tour in barca e ammirarla dal mare: una delle attività più amate in questo senso unisce le bellezze del mare con la pesca-turismo.

Cala Sabina sull'isola dell'Asinara

Fonte: iStock

La spiaggia di Cala Sabina sull’isola dell’Asinara

Isola di Sant’Antioco

Situata nella zona Sud Ovest della Sardegna, è la meta ideale per chi desidera una vacanza lontana dai luoghi affollati, all’insegna di borghi, spiagge e archeologia. Visitate il borgo di Sant’Antioco, il centro urbano più grande dell’antichità sarda, e quello di Calasetta, con le sue case piccole e bianche, le stradine squadrate e la caratteristica cupola moresca della chiesa. Se siete interessati al passato dell’isola, una tappa imperdibile è sicuramente il Mab, “Museo Archeologico Ferruccio Barreca”.

Tra le spiagge più belle, invece, citiamo quelle di PortixedduMaladroxia, Capo Sperone e Coaquaddus.

Isola di San Pietro

Infine, l’isola di San Pietro, vicina a Sant’Antioco, rappresenta un paradiso per chi ama fare immersioni o dedicarsi alle attività di birdwatching. Qui, l’unico centro abitato è Carloforte, chiamato così in onore di re Carlo Emanuele III, detto appunto “il forte”. Tra le tradizioni più antiche di Carloforte c’è la pesca del tonno: potrete visitare anche le tonnare e, ovviamente, provare le deliziose specialità dell’isola.

Cosa fare in estate in Sardegna

Non solo spiagge, per conoscere la Sardegna bisogna andare oltre la sua costa e immergersi tra le altre sue bellezze, da quelle storiche alle gastronomiche.

Visitare i siti archeologici

In qualsiasi itinerario dedicato alla Sardegna, non dovrebbe mai mancare almeno uno dei suoi siti storici e archeologici. Tra i nuraghi dell’entroterra e le spettacolari città puniche della costa, le opportunità di scoperta sono tantissime, una più interessante e suggestiva dell’altra. Tra i nuraghe vi consigliamo quello di Santu Antine a Torralba e il complesso nuragico di Su Nuraxi a Barumini,costituito da un grande nuraghe costruito all’inizio del XV secolo a.C. e da un vasto complesso sviluppatosi nella zona nel corso dei secoli.

Tra i siti storici più belli, non perdete il Pozzo Sacro di Santa Cristina: costruito circa 3500 anni fa, è stato costruito rispettando un calendario preciso. Ogni anno, tra il 21 e il 23 settembre a mezzogiorno, e ogni marzo dal 18 al 21 alle 11 del mattino, nei giorni degli equinozi, il sole illumina perfettamente il fondo del pozzo.

Il Pozzo di Santa Cristina

Fonte: iStock

Il misterioso Pozzo di Santa Cristina

Scoprire i borghi più belli

Non solo Cagliari, Alghero e Olbia, in Sardegna ci sono anche tanti piccoli borghi come Bosa. Famoso per le sue casette color pastello e per il castello che domina il paesaggio, questo borgo affascina i visitatori con la sua atmosfera rilassata, con viste sul fiume Temo e splendide spiagge nelle vicinanze.

Un altro borgo da visitare è Castelsardo, dove il nucleo abitativo è costruito attorno al castello dei Doria, sede del suggestivo museo dell’intreccio mediterraneo. Riconosciuto uno dei Borghi più Belli d’Italia, permette di trascorrere un pomeriggio tranquillo a spasso tra i sali e scendi delle sue stradine, terminando la visita con un tramonto, magari ammirato da uno dei tanti punti panoramici.

Prenotare un tour di pesca-turismo

Se c’è un’attività largamente diffusa in Sardegna, molto amata tanto dai turisti quanto dai residenti, è la pesca-turismo. Organizzata nelle aree più belle dell’isola, come il Golfo dell’Asinara, permette di godersi una giornata di relax in barca, visitando alcuni degli scorci più suggestivi e immergendosi nelle acque cristalline, e di assaporare un pranzo freschissimo con i sapori tipici del mare: sulla barca, infatti, verrà servito il pescato del giorno cucinato direttamente a bordo.

Scoprire le calette nascoste in kayak

Per chi ama il turismo attivo e non riesce a trascorrere la propria vacanza in Sardegna esclusivamente sulla spiaggia, l’ideale è prenotare un tour in kayak. Quest’esperienza vi permetterà di raggiungere spiagge e calette altrimenti inaccessibili via terra, di ammirare l’isola da un punto di vista privilegiato (quello del suo mare) e di fare incontri speciali. Se organizzate un tour nella zona di Golfo Aranci, per esempio, avrete la fortuna di fare kayak affiancati dai delfini!

Categorie
Alpi escursioni Idee di Viaggio montagna sport invernali vacanza natura vacanze avventura Viaggi Viaggi Avventura Viaggi Relax

Cosa vedere sul Monte Bianco: panorami incantevoli e attività da sogno

Con ben 4805 metri di altitudine, il Monte Bianco si innalza come un colosso silenzioso che domina le Alpi con un’eleganza maestosa. È il “tetto d’Europa”, ma è anche un luogo dell’anima: un punto d’incontro tra la potenza della natura, la storia dell’alpinismo e il desiderio dell’uomo di andare oltre i propri limiti.

In ogni stagione, dona esperienze capaci di incantare e sorprendere: durante l’estate, i sentieri fioriti e le terrazze panoramiche invitano a rigeneranti passeggiate o a sfide verticali, mentre in inverno le vette si ammantano di neve e diventano un paradiso per chi ama gli sport invernali. E poi non mancano villaggi incantati, acque termali, tradizioni millenarie e attività in grado di soddisfare tutte le esigenze.

Meraviglie sospese tra ghiaccio e cielo: cosa vedere sul Monte Bianco

A cavallo tra Italia e Francia, il Monte Bianco è uno dei luoghi più visitati dell’arco alpino. Ogni anno, milioni di visitatori accorrono per ammirarne la bellezza, scalarne le vette o, semplicemente, godere di uno dei panorami più emozionanti d’Europa.

Le Funivie del Monte Bianco

Sospese tra terra e cielo, le Funivie del Monte Bianco non sono soltanto un mezzo di trasporto bensì un’esperienza. La Skyway è un viaggio verso l’infinito, un’ascesa che regala una vista a 360 gradi sulle cime più alte delle Alpi Occidentali. La partenza avviene da Pontal d’Entrèves, a 1300 metri di altitudine, e tappa dopo tappa si sale fino a raggiungere i 3466 metri di Punta Helbronner.

Le cabine ruotano su sé stesse per donare una visione completa delle vette innevate, dei ghiacciai scintillanti, dei sentieri che si arrampicano lungo i fianchi della montagna. Ogni stazione della funivia è un piccolo mondo da esplorare: al Pavillon/The Mountain, a 2200 metri, spiccano un giardino alpino, uno spazio espositivo, una cantina vinicola sospesa tra le nuvole, ristoranti e un parco giochi per bambini.

Moderna stazione di montagna sul monte Bianco

Fonte: iStock

La moderna stazione sciistica sul monte Bianco

E una menzione speciale la merita proprio la cantina vitivinicola più alta del Vecchio Continente: a oltre duemila metri, riposa il Cave du Vin Blanc, un vino valdostano che ha trovato rifugio ai piedi del Monte Bianco per un esperimento davvero singolare. La cantina che lo produce ha infatti deciso di far affinare parte della propria produzione proprio in un luogo estremo, per capire come l’altitudine, le temperature e le condizioni atmosferiche possano influenzare le qualità organolettiche del vino rispetto alla classica maturazione in valle. Il vino nasce da un vitigno autoctono valdostano che ha mantenuto intatta la propria identità nel tempo, senza subire contaminazioni genetiche o adattamenti forzati. È proprio grazie a una simile purezza che il vitigno resiste naturalmente a parassiti che, altrove, costringono l’uomo a interventi aggressivi. Una volta terminato il tour, ci si può spostare nella sala bar per gustare un calice di Cave du Vin Blanc, brindando all’azzurro del cielo.

E poi c’è l’ultima stazione, Punta Helbronner/The Sky, con la terrazza circolare che appare sospesa nel vuoto. Qui la vista si apre su un mondo di ghiaccio e roccia che toglie il fiato. Un bistrot accoglie chi vuole gustare un pranzo ad alta quota, mentre un tunnel pedonale e un ascensore conducono fino al Rifugio Torino, base perfetta per escursioni sul ghiacciaio.

Il Giardino Alpino Saussurea

A 2175 metri di altitudine, su un balcone naturale affacciato sul Monte Bianco, sorge il Giardino Alpino Saussurea: un piccolo paradiso botanico, il più alto d’Europa, dove crescono oltre 900 specie alpine in un ambiente curato e protetto, e danno vita a uno spettacolo sorprendente di colori e forme.

Il giardino prende il nome dalla Saussurea Alpina, pianta rara dedicata allo scienziato Horace-Bénédict de Saussure, che ispirò la prima scalata al Monte Bianco. Visitarlo significa immergersi nel cuore del paesaggio alpino e nelle sue storie: come quella, commovente, della nascita della Stella Alpina, fiore simbolo della montagna e dell’amore eterno.

Il Giardino è raggiungibile sia con la funivia che a piedi, seguendo un sentiero panoramico di 2,5 chilometri. Aperto nei mesi estivi, regala emozioni autentiche agli appassionati di botanica, di fotografia, ma anche a chi vuole godersi un po’ di silenzio e incanto. D’inverno, si trasforma: le ciaspolate sul manto innevato del Campo svelano scenari da sogno.

Sentieri e panorami senza fine: passeggiate e trekking

Intorno al Monte Bianco si snoda una fitta rete di sentieri che soddisfa tutti gli appassionati, dai camminatori alla prima esperienza agli escursionisti più esperti. È un territorio vivo, scolpito dal tempo e dalla natura, che si apre con generosità a chi ha voglia di camminare.

Il Tour du Mont Blanc è uno dei percorsi escursionistici più entusiasmanti di sempre: si sviluppa ad anello attraversando Italia, Francia e Svizzera, e può essere percorso a tappe, pernottando nei rifugi alpini lungo il cammino.

Per chi preferisce itinerari meno impegnativi ma altrettanto suggestivi, le Alte Vie della Valle d’Aosta custodiscono panorami spettacolari sui ghiacciai e sulle cime innevate. Le Balconate del Monte Bianco, invece, si snodano lungo le dolci pendenze della Val Veny e della Val Ferret, così da mostrare vedute indimenticabili sul massiccio.

Non mancano le camminate verso rifugi facilmente accessibili, perfette per le famiglie. Tra queste, il percorso che conduce al Rifugio Torino con la funivia e il tunnel scavato nella roccia, per poi affrontare (con guida e attrezzatura adeguata) un’emozionante escursione sul ghiacciaio. Anche i principianti possono vivere l’avventura, imparando a usare ramponi e ciaspole a seconda della stagione.

Adrenalina, relax e tradizione: le esperienze che completano il viaggio

Escursionismo sul Monte Bianco

Fonte: iStock

Escursionismo sul Monte Bianco

Il Monte Bianco è anche adrenalina, benessere e scoperta. Gli amanti dell’alpinismo trovano qui un vero e proprio eden: vie classiche e nuove sfide attendono chi ha esperienza e voglia di mettersi alla prova, in uno degli scenari più leggendari della storia alpinistica.

Per chi cerca un’emozione in volo, parapendio e speedriding permettono di librarsi sopra le cime, planando su vallate silenziose e paesaggi infiniti. Chi ama le due ruote, invece, può avventurarsi in spettacolari bike tour tra sentieri sterrati, boschi e pascoli d’alta quota.

Ma c’è spazio anche per il relax. Le terme di Pré Saint Didier equivalgono a un’oasi di benessere, tra piscine calde, saune panoramiche e idromassaggi con vista sulle montagne. Un’esperienza rigenerante, perfetta per concludere una giornata all’aria aperta.

E per le famiglie? Ci sono l’area Skyway for Kids, i laboratori nella natura, le passeggiate guidate e tante occasioni per vivere la montagna in modo semplice e divertente. Infine, chi desidera scoprire l’anima del territorio può lasciarsi guidare dai sapori locali: birre artigianali, vini di montagna, piatti tipici valdostani e piccole storie che parlano di radici, memoria e passione.

Categorie
Arte e cultura Europa Luoghi da film luoghi misteriosi Romania vacanze avventura Viaggi Viaggi Avventura

The Legend of Ochi: un viaggio tra i paesaggi selvaggi dei Carpazi

The Legend of Ochi è un film fantasy d’avventura che suscita un senso di meraviglia negli spettatori di tutte le età. Scritto e diretto da Isaiah Saxon, al suo primo lungometraggio, è interpretato da Helena Zengel, Finn Wolfhard, Emily Watson e Willem Dafoe. Racconta una storia magica ambientata in un remoto villaggio del nord. Una timida ragazza di campagna scappa di casa e incontra una sfuggente specie animale conosciuta come Ochi. In breve tempo impara a conoscere queste creature pelose temute dalla gente del posto e instaura una tenera amicizia con un cucciolo ferito con cui vivrà un’avventura nuova e coinvolgente.

Nonostante sia ambientato in un mondo immaginario, The Legend of Ochi è stato girato in luoghi reali. Tra le location più suggestive va menzionata sicuramente la Romania con paesaggi naturali mozzafiato che hanno contribuito a creare l’atmosfera fiabesca e misteriosa del film.

Dove è stato girato

Le riprese sono state effettuate tra novembre e dicembre 2021, sfruttando la luce naturale e privilegiando l’uso di effetti pratici come pupazzi animatronici e matte painting, in contrasto con la CGI di cui spesso si fa un uso eccessivo. Questa scelta ha conferito al film un aspetto più artigianale, richiamando l’estetica dei fantasy degli anni ’80. Il direttore della fotografia Evan Prosofsky ha utilizzato obiettivi vintage Baltar degli anni ’30 per ottenere un look pittorico e onirico.

La Romania è un’affascinante miscela di storia e natura e offre castelli medievali, montagne mozzafiato e incantevoli villaggi. La vivace Bucarest o la tranquillità del Delta del Danubio caratterizzano un paese che ha fatto da sfondo al viaggio mozzafiato intrapreso coraggiosamente dalla protagonista Yuri nel film. Tuttavia molti dei paesaggi sono luoghi accessibili ai turisti, ma alcuni no.

The Legend of OchiUna scena del film The Legend of Ochi

Transilvania

La Transilvania è stata utilizzata come location per diverse scene di The Legend of Ochi. All’inizio dell’avventura di Yuri, la gente del posto e i viaggiatori potrebbero riconoscere sullo sfondo la famosa Strada Transfăgărășan, considerata senza dubbio una delle strade più panoramiche al mondo. Le riprese in Transilvania sono state effettuate principalmente per le scene di sfondo e gli esterni. La natura rigogliosa della regione e la sua leggera malinconia si adattano perfettamente alla trama del film. I produttori hanno scelto la Transilvania anche per la sua accogliente cultura creativa. I visitatori dovrebbero assolutamente attraversarla per ammirare i Monti Carpazi e le altre location di The Legend of Ochi.

Apuseni Mountains

Le Apuseni Moutains sono state utilizzate per le scene che mostrano il primo viaggio di Yuri nella natura selvaggia. Le fitte foreste e il terreno accidentato hanno reso l’avventura autentica ed emozionante. L’area intorno a queste montagne è stata utilizzata per le scene in cui Yuri si avventura con il suo nuovo amico Ochi. Mentre si addentra nella natura selvaggia, si possono ammirare alcuni dei migliori panorami sui Monti Apuseni e sulla foresta circostante.

Queste montagne, situate nella parte occidentale della Transilvania, sono considerate una meta turistica estiva ideale. La natura apparentemente incontaminata è rinfrescante e ci sono campi rigogliosi, foreste rigogliose e persino oltre 400 grotte. Dato che la terra immaginaria da cui proviene Yuri è piuttosto montuosa, questa catena montuosa rumena si è rivelata un’ottima location per le riprese. Il terreno accidentato delle montagne contribuisce a far percepire a Yuri la grande sfida che sta affrontando da sola. Ci sono molte opportunità per fare escursioni intorno alla catena montuosa proprio come Yuri, dando ai viaggiatori un’idea diretta del motivo per cui è stata scelta questa location.

Apuseni Mountains
Apuseni Mountains in Romania

Bâlea Lake

Bâlea Lake ha fatto da sfondo a scene importanti in cui Yuri incontra le misteriose creature Ochi. L’aspetto pacifico e al tempo stesso inquietante del lago ha reso questi momenti speciali. Questo lago glaciale dall’aspetto mistico in Romania si trova ad alta quota, il che gli conferisce un’atmosfera pacifica. È uno dei monumenti naturali più meravigliosi del Paese, motivo per cui è stato scelto come location per le riprese del film. Si trova nel cuore della regione montuosa dei Carpazi. È importante notare che l’ingresso è gratuito, ma non lo è il viaggio in funivia che prevede un piccolo biglietto a tratta. Ma i panorami e la destinazione valgono decisamente la pena. Questo lago gode di una posizione fantastica ed è considerato una tappa obbligata per i visitatori. Proprio come per Yuri, questo lago può essere un luogo di trasformazione interiore e l’inizio di una nuova avventura.

Bâlea Lake

Fonte: iStock

Bâlea Lake

Castel Film Studios

Castel Film Studios è uno studio cinematografico a Izvorani, Ilfov, Romania. Alcune scene in interni e gli effetti speciali di The Legend of Ochi sono stati girati in studio. Questo ha aiutato i registi a creare set dettagliati che si integrano perfettamente con le riprese in esterni. Questo è uno dei luoghi più importanti per le riprese di tutta l’Europa centrale e orientale, e l’utilizzo di questo studio ha permesso ai registi di creare set dettagliati con meno interferenze da parte dell’ambiente naturale, ma hanno anche sfruttato la bellezza di Madre Terra durante la produzione.

Categorie
Asia Giappone Idee di Viaggio mare snorkeling spiagge vacanze avventura Viaggi Viaggi Relax

Queste 15 spiagge paradisiache sono da vedere almeno una volta nella vita

Gli amanti del mare, della tintarella e dello snorkeling ameranno scoprire le 15 spiagge paradisiache che noi di Siviaggia.it consigliamo di vedere almeno una volta nella vita. Difficile racchiudere in una piccola classifica tutte le meraviglie del nostro pianeta, ma abbiamo provato a volare in giro per il mondo per individuare le nostre preferite. Ecco una selezione di quindici spiagge paradisiache da vedere almeno una volta nella vita.

Hoshizuna-No-Hama Beach in Giappone

Accantona per un momento l’immagine frenetica del Giappone con località come Tokyo o i templi e la suggestiva Kyoto: qui ci troviamo nell’isola di Iriomote, in una vera meraviglia naturale. Conosciuta anche come spiaggia dalla sabbia a forma di stella, Hoshizuna-no-Hama ha una caratteristica peculiare: ogni granello, seppur minuscolo, è un fossile calcareo residuo di organismi marini millenari. Le acque sono trasparenti, tranquille, ideali per lo snorkeling. Un luogo fuori dal tempo, dove il cielo sembra riflettersi nella sabbia.

Spiaggia di Elafonisi in Grecia

Una vera meraviglia si trova a Creta: la spiaggia di Elafonisi è diventata famosa in tutto il mondo per il suo colore. Con la sabbia rosata che si veste di riflessi e frammenti di conchiglie è una laguna naturale da scoprire; si raggiunge facilmente a piedi durante la bassa marea e visitarla è un vero must per chi trascorre una vacanza qui.

Spiaggia di Elafonis con la sabbia rosa

Fonte: iStock

Spiaggia di Elafonisi con la sabbia rosa, è tra le più belle al mondo

Porthcurno Beach in Cornovaglia

Una delle spiagge più scenografiche della Gran Bretagna, Porthcurno, è un angolo di paradiso incastonato tra scogliere imponenti. Molto probabilmente quando si pensa alle spiagge più belle al mondo non si idealizza la Cornovaglia; eppure il mare è di un turchese sorprendente, le rocce scolpite dal vento raccontano storie antiche, mentre il Minack Theatre, costruito nella roccia sopra la baia, regala un’atmosfera quasi mistica.

Koh Nang Yuan Beach in Thailandia

Meta top dei nomadi digitali e non solo, la Thailandia ha uno dei mari più belli al mondo. Per questo noi di Siviaggia.it abbiamo scelto Koh Nang Yuan Beach tra le imperdibili. Le acque sono piene di vita marina, qui infatti si fa snorkeling e molti tour organizzano immersioni. I tre isolotti collegati a lingue di sabbia bianca compongono questo gioiello tropicale; bisogna però sapere che è accessibile solo con escursioni giornaliere.

Diani beach in Kenya

Un nastro bianco lungo chilometri, punteggiato da palme da cocco e lambito da un oceano color zaffiro. Diani Beach è il cuore pulsante della costa keniana: il contrasto tra la sabbia chiarissima e l’azzurro dell’Oceano Indiano è ipnotico. Perfetta per chi cerca relax, ma anche avventura, con possibilità di safari marini e kite surf.

Cala Mariolu in Sardegna

Tra le spiagge da visitare almeno una volta nella vita anche questa perla rara italiana. Ci troviamo in Sardegna, dove sono custodite numerose spiagge a numero chiuso dai panorami mozzafiato. La nostra preferita? Cala Mariolu, un capolavoro della natura con ciottoli bianchi e rosa, acqua smeraldo e una scogliera alle spalle che la protegge dal vento.

Playa de las Conchas a La Graciosa (Isole Canarie)

Situata sull’isola selvaggia di La Graciosa, a poca distanza da Lanzarote, Playa de las Conchas è remota e affascinante. La sabbia dorata e l’oceano turchese si scontrano con la forza delle onde, rendendo questo posto uno spettacolo naturale. Poco frequentata, l’ottava isola dell’arcipelago delle Canarie regala la sensazione di essere ai confini del mondo. Basti pensare che quest’isola è uno dei pochi luoghi in Europa privi di strade asfaltate.

Playa de las Conchas

Fonte: iStock

Tra le spiagge paradisiache più belle c’è Playa de las Conchas

The Blue Lagoon beach a Cipro

A Cipro si trova una spiaggia che lascia tutti a bocca aperta: si tratta della Blue Lagoon beach raggiungibile esclusivamente in barca o con un veicolo 4×4. È situata all’interno di un’insenatura della penisola di Akamas e tra acque blu calde e calme sembra quasi di nuotare in una piscina naturale.

Spiaggia dei Conigli in Sicilia

Non solo Sardegna: tra le spiagge da sogno da vedere almeno una volta nella vita c’è anche la spiaggia dei Conigli di Lampedusa, in Sicilia. La perla del Mediterraneo scelta dalle tartarughe Caretta Caretta per la nidificazione vanta una sabbia bianchissima e acque cristalline.

Baia dei Saraceni in Liguria

Un angolo romantico della riviera di Ponente, incorniciato da scogliere e macchia mediterranea; le acque limpide e il fascino retrò del borgo di Varigotti creano un mix irresistibile. La Baia dei Saraceni è perfetta per una fuga romantica o un tuffo nel mare della tradizione.

Praia da Falésia in Algarve

Chilometri di sabbia dorata, sorvegliati da maestose falesie rosse che si tingono d’oro al tramonto. Praia da Falésia è un inno alla forza e alla bellezza della natura. Il contrasto tra terra e mare è magnetico, e le onde dell’Atlantico accarezzano la riva in un abbraccio continuo.

Whitepark Bay in Irlanda

Non solo spiagge calde e tropicali: in classifica proponiamo anche Whitepark Bay, una meraviglia irlandese. Selvaggia e romantica, ha colline verdi che incontrano l’oceano più selvaggio. Si tratta di un vero e proprio rifugio di pace dove rilassarsi.

Spiaggia di Palombaggia in Corsica

A pochi chilometri da Porto-Vecchio, Palombaggia è una delle spiagge più belle della Corsica: sabbia bianchissima, pini marittimi e acque turchesi la rendono un’oasi mediterranea. Il profumo di resina e salsedine si mescola all’aria, completando un quadro già perfetto.

Playa de las Catedrales in Spagna

In Europa ci sono delle autentiche bellezze da non perdere. Una di queste? La spiaggia las Catedrales in Spagna. Si trova in Galizia e deve questo nome alla forma degli archi naturali che danno l’impressione di essere in una cattedrale gotica dal fascino unico. Non è sempre raggiungibile; a renderla così speciale è proprio l’accesso garantito solo quando c’è la bassa marea.

Playa de las Catedrales in Spagna

Fonte: iStock

La suggestiva playa de las catedrales in Galizia

Le Cote Piane dell’Elba

In Toscana l’isola d’Elba ha delle spiagge davvero uniche. Tra queste a trionfare è le Cote Piane, un nome dato dai local per la scogliera di cristalli di ortoclasio che danno quel colore così unico. Si trova in zona Sant’Andrea e se l’apertura ha una spiaggia semplice da raggiungere, la parte più suggestiva richiede una piccola camminata in percorsi ricavati nella roccia con alcuni ponticelli di legno per superare capo Sant’Andrea e vivere la vera magia.

Queste sono le 15 spiagge paradisiache da vedere almeno una volta nella vita secondo noi di SiViaggia. Il mondo è così pieno di posti stupendi che sceglierne una tiratura limitata è sempre molto complicato.

Categorie
Arte e cultura escursioni Europa Laghi luoghi misteriosi Polonia Posti incredibili vacanza natura vacanze avventura Viaggi Viaggi Avventura

Morskie Oko, il lago misterioso il cui nome significa Occhio del Mare

Se esiste un luogo in Polonia capace di farti sentire piccolo di fronte alla maestosità della natura, quello è sicuramente il lago Morskie Oko. Un posto quasi segreto, nascosto tra le cime frastagliate degli Alti Tatra, a 1.395 metri di altitudine e che lascia tutti a bocca aperta con degli scenari che sembrano usciti da una cartolina. È circondato da pareti rocciose che si riflettono sulla superficie e il suo nome ha un che di poetico: tradotto significa testualmente “occhio del mare”. Meta ambita da escursionisti e fotografi, si raggiunge attraverso diversi sentieri.

 Scoprire il lago Morskie Oko

Tra le mete più amate dei monti Tatra si fa strada il lago Morskie Oko dal fascino selvaggio e con un contesto naturale unico al mondo. Per poterlo raggiungere si deve percorrere il sentiero rosso dedicato alla figura storica di Oswald Balzer. L’omaggio è dovuto: il coraggioso eroe ha difeso strenuamente i diritti della Polonia sul territorio.

Durante la salita ci sono varie tappe imperdibili. La prima è quella delle cascate del torrente Roztoka, nei pressi di Wodogrzmioty Mickiewicza. Il fragore dell’acqua che si infrange sulle rocce crea un’atmosfera unica e rigenerante. Poco più avanti si incrociano altri due sentieri: quello verde che sale verso la spettacolare valle dei cinque laghi polacchi (per camminatori più esperti) e un altro che conduce in pochi minuti al rifugio PTTK di Dolina Roztoki.

Il lago? Uno spettacolo garantito: le acque sono così limpide da essere turchesi, le pareti rocciose si specchiano creando un gioco di colori e tutto attorno il silenzio regna avvolgendo i visitatori con un intenso profumo di pino. Attenzione: è un’area protetta, quindi è assolutamente vietato fare il bagno.

Morskie Oko l'occhio del mare in Polonia

Fonte: iStock

Viene soprannominato “occhio del mare”, il lago Morskie Oko in Polonia è una vera meraviglia

Dove si trova e come arrivare a Morskie Oko

Immerso tra le vette maestose dei monti Tatra, il lago Morskie Oko è una delle meraviglie naturali più affascinanti della Polonia. Questo luogo speciale si trova nel Voivodato della Piccola Polonia, all’interno del parco dei Tatra. Il lago glaciale incanta per le sue acque color smeraldo e il paesaggio da fiaba che lo circonda. Il suo nome, che significa “Occhio del Mare”, evoca leggende antiche e panorami mozzafiato.

Per raggiungerlo serve un po’ di pazienza e anche un buon allenamento. Si parte da Palenica Białczańska, dopo aver parcheggiato l’auto nella vicina Zakopane o aver utilizzato un bus. Il tragitto in autobus dura circa 40 minuti: una volta arrivati ci sarà da indossare scarpe comode per affrontare il percorso panoramico lungo circa 9 chilometri. Una buona notizia è che tutta la strada del sentiero rosso è asfaltata e con una pendenza moderata, dunque accessibile a tutti, comprese famiglie con bambini. Serviranno tra le 2 e le 3 ore, a seconda del proprio allenamento, per raggiungere la meta. Un’alternativa è utilizzare i tradizionali fasiągi, i carretti trainati da cavalli.

Il sentiero vale la visita: è immerso nella natura e ben tenuto; proprio per questo regala viste spettacolari mentre ci si avvicina al lago. Alla fine della camminata la ricompensa è davvero unica: la vista del lago Morskie Oko lascia senza fiato.

Categorie
Arte e cultura escursioni Posti incredibili vacanze avventura Viaggi Viaggi Avventura

Las Coloradas, un viaggio tra lagune rosa e sogni tropicali

Probabilmente sui social ti sarà capitato almeno una volta di vedere Las Coloradas, un luogo in cui il rosa rende le acque delle saline davvero uniche al mondo. L’effetto? È dovuto ad una reazione scientifica e non è frutto di un filtro, anche se i più abili tendono a saturare un po’ per dare ancora più risalto all’effetto wow del luogo. Tra fenicotteri, giri in barca, escursioni in bici o a piedi ecco cosa offre questa zona dello Yucatán a pochi chilometri da Rio Lagartos.

Cosa vedere e cosa fare a Las Coloradas

Nella zona dello Yucatán, a pochi chilometri da Rio Lagartos, è possibile visitare un luogo che sembra uscito da un libro di fiabe: si tratta di Las Coloradas, dove le acque si tingono di varie sfumature di rosa tanto da sembrare un dipinto impressionista.

Non è una zona balneabile, qui non si fa il bagno: si tratta di vasche poco profonde usate per estrarre il sale; il paesaggio però vale l’escursione. Potrai camminare lungo i percorsi tracciati e goderti l’ambiente. C’è chi le ha paragonate alle saline di Cervia nostrane, ma il colore tropicale e molto più colorato le rende, ovviamente, uniche.

Per vivere al 100% questa meraviglia possiamo raggiungere il centro visite e quindi procedere all’ingresso del villaggio con l’aiuto di guide locali che offrono un percorso a piedi di circa 45 minuti o una pedalata panoramica. Il costo sia nel primo che nel secondo caso è piuttosto accessibile, tra i 320 e i 370 pesos. (il corrispettivo di circa 15/17 euro)

Chi invece cerca qualcosa di più dinamico potrà aggregarsi ai tour in barca che partono da Rio Lagartos: con meno di 30 euro (circa 600 pesos a persona) ci si può imbarcare per vedere da vicino non solo le acque rosa, ma anche mangrovie, fenicotteri e persino qualche coccodrillo.

Las Coloradas e le acque rosa della laguna

Fonte: iStock

Lo spettacolo rosa di Las Coloradas

Perché le lagune sono rosa a Las Coloradas

No, non è un filtro di Instagram. A rendere rosa le acque di Las Coloradas ci pensa la scienza; il colore intenso delle saline è dato da un fenomeno naturale provocato dal crostaceo conosciuto con il nome di Artemia salina. Seppur piccolissimo, è uno degli abitanti delle saline più attivi e si nutre di alghe ricchissime di betacarotene, lo stesso pigmento naturale che troviamo anche nelle carote. Quante più artemie sono presenti e maggiormente l’acqua si colora di rosa. A rendere tutto ancora più interessante, c’è un’altra meraviglia: i fenicotteri, ghiotti di questi crostacei, devono proprio all’artemia salina il loro piumaggio in pendant.

Dove si trova e come arrivare a Las Coloradas

Si trova nella penisola dello Yucatán questo luogo così suggestivo: Las Coloradas, diventata famosa per le acque rosa che sembrano uscite da una cartolina, non è molto distante da Rio Lagartos, tappa assolutamente obbligatoria per poterla raggiunge. Il villaggio di saline merita una visita e il modo più semplice per arrivarci è partendo da Valladolid in Messico: servono circa 2 ore di auto per arrivare a destinazione. In alternativa ci si può affidare ad un tour organizzato così da godersi il paesaggio dal finestrino.

Categorie
Arte e cultura Borghi escursioni vacanza natura vacanze avventura Viaggi Viaggi Relax

Nel borgo sospeso tra cielo e fiume: viaggio a Brugnello

C’è un luogo, incastonato come una gemma tra le pieghe dell’Appennino emiliano, dove si può dire il tempo abbia smesso di correre e si sia lasciato abbracciare dalla pietra: è Brugnello, un minuscolo borgo medievale dove ogni casa, ogni sasso, ogni scorcio raccontano una storia antica. Appena lo si raggiunge, si ha la sensazione di aver varcato una soglia invisibile che separa il mondo moderno da un passato plasmato da silenzi, fatiche e da una bellezza essenziale.

Il paesaggio che lo abbraccia è di quelli che tolgono il fiato: il fiume Trebbia scorre laggiù, brillante tra i sassi, mentre boschi e pareti rocciose disegnano una cornice di verde e di cielo: una meta per chi ama le escursioni o il refrigerio delle acque limpide d’estate, un’esperienza da vivere con lentezza.

Dove si trova Brugnello

Adagiato a 464 metri sul livello del mare, Brugnello è una delle perle più suggestive della Val Trebbia. Appartiene al comune di Corte Brugnatella, un nome che richiama le radici nobili della famiglia Brugnatelli, antichi signori di queste terre.

Raggiungerlo richiede una piccola impresa: dalla SS45 parte una stradina stretta, tortuosa, formata da tornanti che si arrampicano tra i boschi per circa due chilometri. Una salita che mette alla prova, soprattutto chi ha poca confidenza con le curve. Eppure, quando si arriva in cima e si apre davanti agli occhi la vista su quel balcone naturale sospeso sul Trebbia, tutta la fatica viene subito ripagata.

Cosa vedere nel borgo scolpito nella roccia

Poche case, una sola chiesa, un hotel con ristorante, un microcosmo in cui si assaporare un’atmosfera di pura emozione.

Il borgo si sviluppa su uno sperone roccioso, le abitazioni sono tutte in pietra, molte scolpite nella roccia. Persiane in legno, fiori colorati ai balconi, decorazioni che ornano i muri, motivi floreali incastonati nei ciottoli delle viuzze: dettagli che parlano di cura, amore per la bellezza e rispetto per la tradizione.

A rendere Brugnello ancora più speciale è il fatto che gran parte del suo recupero si debba agli artisti che lo abitano. Solo undici persone vivono qui in pianta stabile, ma ciascuna di loro ha lasciato un segno e ha trasformato l’antico villaggio in un’opera d’arte a cielo aperto. Le sedute in pietra, sparse qua e là tra i vicoli, sembrano inviti silenziosi alla contemplazione. Sedersi su una di esse, magari al tramonto, è come partecipare a un rito, quello dell’ascolto del silenzio e del respiro della valle.

Cuore pulsante del borgo è la Chiesa dei Santi Cosma e Damiano: nel punto più alto del paese, risale all’XI secolo e sorge su ciò che resta dell’antico castello dei Brugnatelli. L’esterno in pietra contrasta con la facciata barocca dipinta, mentre all’interno si conserva una cappella privata, voluta nel 1736 dalla famiglia Ghigliani. Dal sagrato, lo sguardo si apre su un panorama che commuove: le anse del fiume si snodano al di sotto, sinuose e lucenti, in un abbraccio con le pareti della valle.

Del castello, purtroppo, resta ben poco. Alcuni ruderi si trovano ancora di fronte al Palazzo Brugnatelli, testimonianza silenziosa di un passato fortificato, quando la posizione sopraelevata di Brugnello era garanzia di difesa e controllo sul territorio.

Cosa fare: passeggiate tra arte, fiume e silenzi

Anse del fiume Trebbia da Brugnello

Fonte: iStock

Panorama mozzafiato del fiume Trebbia visto da Brugnello

Brugnello è anche punto di partenza per scoprire la Val Trebbia con scarponi ai piedi e zaino in spalla. I sentieri che si snodano attorno al borgo sono numerosi, e vanno incontro a tutte le esigenze: da percorsi brevi e agevoli a itinerari più impegnativi, fino a venti chilometri di cammino. Uno dei più amati è l’Anello di Brugnello, che conduce tra vecchie frazioni, boschi e panorami da cartolina. Una camminata che regala emozioni forti, soprattutto dopo un pasto tipico piacentino con tortelli, gnocco fritto, salumi e un buon bicchiere di Bonarda.

Ai piedi del borgo si apre poi la spiaggia chiamata “La Chiesetta”, una distesa di ciottoli bianchi lambita da acque trasparenti che sfumano dal celeste al verde smeraldo. Tra canyon naturali scavati nei secoli dall’azione erosiva del fiume, ci si può immergere per un bagno rinfrescante o distendersi al sole, lontani da tutto. È il rifugio ideale per chi cerca pace, silenzio e bellezza autentica.

Poco distante spicca la Spiaggia delle Anse di Brugnello, un’altra gemma fluviale. Ma in realtà, tutto il tratto del Trebbia tra Marsaglia e Bobbio è un susseguirsi di spiaggette selvagge, perfette per chi vuole vivere la montagna con i piedi a mollo.

E poi ci sono le gole, spettacolari e vertiginose, meta prediletta per chi ama la canoa, il kayak, il rafting e il torrentismo. L’acqua si fa strada tra pareti scoscese e disegna percorsi avventurosi che attirano sportivi da ogni dove.

Categorie
Arte e cultura Cammini escursioni lago Lago Di Como montagna trekking vacanza natura vacanze avventura Viaggi Viaggi Avventura Viaggi in treno

Sentiero del Viandante: dove il lago incontra il trekking

Il Sentiero del Viandante è uno dei cammini più affascinanti e panoramici del Nord Italia. Si snoda per circa 70 chilometri lungo la sponda orientale del Lago di Como, da Lecco a Colico, seguendo antichi tracciati che un tempo collegavano borghi, santuari e valichi alpini. A ogni passo, il sentiero regala vedute spettacolari sulle acque del Lario, scorci su terrazzamenti coltivati, boschi di castagni, uliveti storici e villaggi arroccati in cui il tempo sembra essersi fermato. È un itinerario perfetto per chi cerca un’esperienza escursionistica autentica, tra natura, cultura e tradizioni locali.

Nonostante l’altitudine contenuta, il percorso è tutt’altro che monotono: i dislivelli giornalieri, i tratti montani e le salite tra mulattiere e selciati richiedono un minimo di allenamento e buone scarpe da trekking. Il sentiero è ben segnalato, con possibilità di suddividerlo in 5 o 6 tappe principali, oppure di percorrerlo in modalità “giornaliera”, sfruttando la linea ferroviaria Lecco–Colico che corre parallela al tracciato e consente facili rientri.

Storia e origine del cammino

Il Sentiero del Viandante affonda le sue origini nel passato più profondo della regione. Era la via naturale di collegamento tra la Valtellina, la Svizzera e Milano, molto prima della costruzione della moderna Strada Statale 36. Utilizzato per secoli da pellegrini, viandanti, mercanti e soldati, fu noto con vari nomi: Strada Regia, Via Ducale, Via Napoleona, a seconda delle epoche e delle autorità che ne curarono la manutenzione.

Con l’avvento delle vie moderne, il tracciato andò lentamente in disuso, fino a essere quasi dimenticato. Solo negli anni ’90, grazie all’impegno di associazioni locali, comuni e appassionati di escursionismo, fu recuperato e rilanciato come sentiero escursionistico a lunga percorrenza. Oggi rappresenta un ponte ideale tra natura e memoria, dove si cammina respirando storie secolari e osservando la bellezza di un paesaggio che non ha bisogno di essere spiegato: basta seguirlo, passo dopo passo.

Le tappe del Sentiero del Viandante

Il Sentiero del Viandante si presta ad essere percorso in 5 o 6 tappe principali, ma anche suddiviso in giornate più brevi o modulato secondo il tempo e il passo del camminatore. Di seguito, una descrizione completa delle tappe classiche da sud a nord, con dettagli sui dislivelli, i borghi attraversati e i punti di interesse più significativi.

Tappa 1: da Lecco ad Abbadia Lariana (6,5 km, 250 m D+, 230 m D-, 2h)

Il cammino comincia a Lecco, nei pressi del Ponte Azzone Visconti, e dopo pochi chilometri si lascia l’ambiente urbano per addentrarsi in una vegetazione lussureggiante fatta di boschi misti e castagneti, seguendo antiche mulattiere che portano verso Malnago e poi giù verso Abbadia Lariana. La tappa è breve e ideale per chi desidera un primo approccio al sentiero. Ad Abbadia si consiglia una visita al Museo Setificio Monti, testimonianza della storica lavorazione della seta in zona, e una pausa al lungolago per ammirare il contrasto tra acqua e pareti rocciose delle Grigne.

Tappa 2: da Abbadia Lariana a Lierna (6,5 km, 350 m D+, 320 m D-, 2h30m)

Questa tappa è breve ma panoramica: il sentiero sale subito verso Borzone e attraversa antiche mulattiere lastricate, immerse nei boschi con scorci improvvisi sul lago. A tratti si cammina su balconate naturali, con vista su Mandello del Lario e il gruppo del Grignone. Si attraversano piccoli nuclei rurali e si scende dolcemente verso Lierna, borgo elegante e ben tenuto. Qui merita una sosta la frazione Castello, affacciata sul lago con una piccola spiaggia e case in pietra a picco sull’acqua: uno degli scorci più iconici del percorso.

Tappa 3: da Lierna a Varenna (8 km, 420 m D+, 440 m D-, 3h30m)

Una tappa molto suggestiva, che alterna boschi di castagni, uliveti e aperture panoramiche verso la sponda occidentale del Lario. Dopo una salita graduale, si raggiungono punti da cui la vista si apre su Bellagio, Menaggio e Tremezzina. Il sentiero scende quindi verso Varenna, considerato uno dei borghi più belli del Lago di Como. Il centro storico è ricco di fascino, con stradine strette, case colorate, la Chiesa di San Giorgio e la celebre Villa Monastero, con giardini botanici terrazzati sul lago. Una tappa breve ma densa, ideale anche come escursione giornaliera.

Tappa 4: da Varenna a Dervio (12 km, 700 m D+, 680 m D-, 5h)

Una delle tappe più impegnative ma anche più appaganti dell’intero percorso. Si inizia con una salita decisa verso Perledo e poi Vezio, piccolo borgo noto per il suo castello medievale e il panorama incredibile sul centro lago. Si prosegue in ambiente collinare e boscoso, passando accanto al Santuario della Madonna di Lezzeno e scendendo verso Bellano, famosa per l’impressionante Orrido, una gola scavata nella roccia dal torrente Pioverna. Il tratto finale sale e scende fino a Dervio, dove ci si può rilassare lungo il lago o visitare la Torre di Orezia.

Tappa 5: da Dervio a Piantedo (16 km, 850 m D+, 870 m D-, 6h)

Tappa lunga e con un profilo altimetrico movimentato: dopo Dervio, si sale verso Dorio e si entra in un ambiente più montano, con tratti ombrosi tra faggi e castagni e sentieri ben tracciati ma più tecnici. Si attraversano nuclei come Mondonico e Cainallo, per poi arrivare a Corenno Plinio, straordinario borgo medievale costruito su un promontorio roccioso con chiese romaniche e scalinate in pietra. L’ultima parte del percorso scende verso Piantedo, porta d’ingresso alla Valchiavenna. Questa tappa è adatta a camminatori ben allenati e può essere spezzata a Colico, se necessario.

Tappa 6 (facoltativa): da Piantedo a Colico (6 km, 150 m D+, 200 m D-, 2h)

Per chi ha tempo e desidera concludere il cammino in bellezza, questo tratto finale conduce a Colico, tra campi coltivati, uliveti e scorci aperti verso la sponda nord del lago. È una tappa facile e rilassante. A Colico meritano una visita il Forte Montecchio Nord, risalente alla Prima Guerra Mondiale, e il lungolago, ideale per una sosta o per celebrare la fine del percorso.

La segnaletica sul percorso

Una delle qualità migliori del Sentiero del Viandante è la chiarezza della segnaletica, che rende possibile percorrerlo anche senza guida. Lungo tutto il tracciato, il camminatore trova indicazioni ben visibili e frequenti, anche nei tratti più isolati.

I principali riferimenti sono:

  • Cartelli arancioni con l’indicazione “Sentiero del Viandante” e frecce direzionali, posizionati agli incroci più importanti e agli ingressi dei borghi;
  • Segnavia CAI in bianco e rosso, tipici dei sentieri montani italiani, spesso accompagnati da bollini blu dipinti su pietre e alberi;
  • Pannelli informativi posizionati in alcuni punti panoramici o nodi storici, con mappa, altimetria e spiegazioni storico-naturalistiche.

È comunque utile, soprattutto in caso di pioggia o nebbia, avere con sé una mappa cartacea o utilizzare app escursionistiche aggiornate con tracce GPX ufficiali scaricate in anticipo.

Dove dormire e dove mangiare lungo il Sentiero del Viandante

Una delle caratteristiche che rende il Sentiero del Viandante accessibile e piacevole anche per chi è alle prime esperienze di cammino è la buona disponibilità di alloggi e ristorazione lungo tutto il percorso. I paesi attraversati – da Abbadia Lariana a Colico – sono ben serviti dal punto di vista turistico e offrono numerose opzioni per pernottare e rifocillarsi, senza la necessità di affrontare lunghe tappe in autosufficienza.

Per dormire, si può scegliere tra B&B, piccoli hotel, agriturismi e case vacanza. Alcuni si trovano direttamente sul tracciato, altri a pochi minuti a piedi. Le località con maggiore disponibilità ricettiva sono Lecco, Mandello del Lario, Varenna, Bellano, Dervio e Colico. A Lierna e Dorio l’offerta è più ridotta ma presente. Chi cerca un’esperienza più immersiva può optare per agriturismi con vista lago o alberghi storici nei centri medievali, come nel caso di Varenna o Corenno Plinio.

Dal punto di vista gastronomico, il cammino è una festa per i sensi: si attraversano terre di confine tra montagna e lago, dove si incontrano piatti tipici valtellinesi, pasta fresca lombarda, formaggi locali (come il taleggio e il bitto), salumi artigianali, polente rustiche, missoltini (pesce agone essiccato del lago) e, nei ristoranti più curati, piatti a base di pesce di lago fresco. I paesi offrono anche pizzerie, osterie e bar in cui fare una sosta per un pranzo veloce o una cena rilassata. Nelle tappe centrali – come tra Varenna e Bellano, o tra Dervio e Corenno Plinio – è consigliabile organizzarsi in anticipo se si vuole mangiare nei ristoranti più panoramici o suggestivi, soprattutto nei fine settimana o durante l’alta stagione.

Perché scegliere il Sentiero del Viandante

Il Sentiero del Viandante non è solo un itinerario escursionistico tra i più panoramici d’Italia: è un modo diverso di avvicinarsi al Lago di Como, di percorrerlo con lentezza, di scoprire la sua anima più autentica, fatta di silenzi, di scorci inattesi e di incontri semplici ma profondi. Camminando lungo i suoi antichi tracciati, si ha l’impressione di seguire un filo che unisce il presente al passato, i passi dei pellegrini a quelli dei commercianti, la pietra dei borghi alla luce del lago che cambia colore a ogni ora del giorno.

Ogni tappa è un piccolo viaggio nel viaggio: si sale e si scende, si entra nei boschi per poi riemergere tra uliveti assolati, si attraversano ponti, mulattiere, viuzze, fino a raggiungere paesi dove fermarsi non è solo una pausa, ma una parte essenziale dell’esperienza. Non serve cercare la perfezione nel paesaggio – che comunque si offre generoso – perché ciò che colpisce davvero, sul Sentiero del Viandante, è la naturale armonia tra la bellezza del luogo e il ritmo del cammino.

È un sentiero accessibile ma mai banale, adatto a chi ama la natura ma anche la storia, il camminare ma anche il sostare. Che si percorra in quattro giorni o in singole tappe, il Viandante non delude: regala silenzi che parlano, fatiche leggere e un tempo rallentato che ha il sapore delle cose vere. Ed è proprio in questo equilibrio tra terra, acqua e memoria che si trova il senso più profondo del camminare.

Categorie
Amatrice Appennini Arte e cultura Cammini cicloturismo escursioni L'aquila montagna vacanze avventura Viaggi Viaggi Avventura

Cammino delle Terre Mutate: tappe e consigli utili

Il Cammino delle Terre Mutate è molto più di un percorso escursionistico. È un viaggio nella memoria collettiva e nella resilienza delle comunità appenniniche, tra le ferite lasciate dai terremoti e la forza di chi ha scelto di restare. Si cammina in luoghi segnati dal sisma, ma anche profondamente vivi, dove il paesaggio, la cultura e le persone raccontano ogni giorno una storia di ricostruzione, dignità e speranza.

Il cammino collega Fabriano (Marche) a L’Aquila (Abruzzo), attraversando l’Appennino umbro-marchigiano e abruzzese, passando per borghi antichi, vallate silenziose, parchi naturali e città-simbolo come Norcia, Castelluccio, Amatrice. Sono circa 250 km suddivisi in 14 tappe, pensati per essere affrontati con zaino in spalla, passo costante e occhi aperti. È un cammino lineare, ben segnalato, che unisce l’anima dell’escursionismo con quella del pellegrinaggio civile.

Le tappe del Cammino delle Terre Mutate

Il Cammino delle Terre Mutate si snoda per oltre 250 chilometri attraverso quattro regioni – Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo – collegate da un filo comune: quello della rinascita dopo il sisma. Questo itinerario a piedi collega tra loro i territori colpiti dai terremoti del 2009 e del 2016, accompagnando il camminatore in un viaggio che è allo stesso tempo paesaggistico, umano e simbolico. Ogni tappa rappresenta un incontro con una comunità che ha scelto di restare, di ricostruire, di riscoprire il senso di appartenenza alla propria terra.

Il percorso è suddiviso in diverse giornate di cammino, ciascuna con una propria identità, fatta di borghi arroccati, vallate silenziose, sentieri tra boschi, campi coltivati e panorami che si aprono su alcune delle montagne più belle dell’Appennino centrale. Le tappe sono pensate per essere affrontate con passo regolare e senza fretta, lasciando spazio all’ascolto, all’osservazione e all’incontro. In questa sezione troverai la descrizione di ogni singola tappa: distanze, dislivelli, punti di interesse, caratteristiche del territorio e informazioni utili per orientarti lungo il cammino.

Tappa 1: Fabriano – Campodonico (17 km, 550 m D+, 5h)

Il cammino prende il via da Fabriano, città dal passato ricco di artigianato e manifattura, conosciuta in tutto il mondo per la produzione della carta. Dopo pochi chilometri, ci si lascia alle spalle la vita urbana e si comincia a camminare tra strade bianche, campi coltivati e profili collinari che si fanno via via più silenziosi.

Il dislivello è ben distribuito e non presenta grandi difficoltà, ma offre l’occasione per prendere familiarità con lo zaino e con il proprio passo. L’arrivo a Campodonico, una piccola frazione immersa nel verde e nel silenzio, è una ricompensa dolce e discreta: ci si sente già altrove, eppure si è appena all’inizio.

Tappa 2: Campodonico – Cerreto d’Esi (16 km, 300 m D+, 4h30m)

Questa è una tappa che invita a rallentare e a guardarsi intorno. Il sentiero prosegue attraverso paesaggi agricoli, filari ordinati e colline morbide, dove ogni svolta regala una nuova prospettiva sulla campagna marchigiana. Si cammina su un terreno facile e ben segnato, tra silenzi ampi e colori che cambiano con le stagioni.

Cerreto d’Esi, all’arrivo, accoglie con semplicità e con quella calma tipica dei paesi dove il cammino della vita segue ritmi più lenti.

Tappa 3: Cerreto d’Esi – Matelica (14 km, 250 m D+, 4h)

Una tappa breve e piacevole, ideale per lasciarsi cullare dal paesaggio e farsi sorprendere da ciò che sembra familiare. Il percorso si snoda tra sentieri pianeggianti, stradine di campagna e distese di grano che ondeggiano al vento, in un’atmosfera che sa di armonia.

Non ci sono salite impegnative né difficoltà tecniche, e proprio per questo la giornata si presta ad allungare lo sguardo, ad alzare la testa e a lasciarsi ispirare. Matelica si fa trovare pronta: una cittadina vivace, ricca di storia e cultura, che offre tutto il necessario per rigenerarsi. Un pomeriggio qui, tra un bicchiere di Verdicchio e una passeggiata nel centro, ha il potere di ricaricare corpo e pensieri.

Tappa 4: Matelica – Camerino (18 km, 600 m D+, 6h)

La giornata comincia con passo regolare, ma ben presto si avverte un cambio di tono: il dislivello cresce gradualmente e accompagna il camminatore in un paesaggio che si fa via via più ampio e silenzioso. Si sale tra campi coltivati, tratti boscosi e crinali aperti che offrono scorci ampi sull’Appennino umbro-marchigiano.

Il percorso è vario, ben segnalato, e nonostante la lunghezza si lascia affrontare con piacere. Camerino, città universitaria colpita duramente dal terremoto, si raggiunge dopo una lunga ma gratificante salita. L’arrivo è denso di significato: si entra in un luogo che porta ancora le cicatrici, ma anche la vitalità di una comunità che ha scelto di resistere con determinazione.

Tappa 5: Camerino – Fiastra (20 km, 650 m D+, 6h30m)

Questa è una delle tappe che segna l’ingresso nel cuore più verde e montano del cammino. Il paesaggio si alza, si restringe e poi si riapre, alternando boschi profondi, sentieri di mezza costa e lunghi silenzi, quelli che fanno bene all’anima. Il percorso è più esigente rispetto ai giorni precedenti, ma regala una sensazione di immersione totale nella natura, con lunghi tratti in cui si cammina senza incontrare nessuno.

Quando finalmente si scorge il lago di Fiastra, il contrasto tra acqua e montagna crea un effetto quasi cinematografico. L’arrivo sulle sue sponde è una vera pausa visiva e mentale, un momento per respirare profondamente e lasciarsi cullare dalla quiete.

Tappa 6: Fiastra – Ussita (16 km, 700 m D+, 5h30m)

Si parte costeggiando le acque del lago, con una luce che, nelle prime ore del mattino, trasforma ogni riflesso in poesia. Ma è una tappa che richiede attenzione: la salita si fa sentire, i sentieri si fanno più stretti, e alcuni tratti possono risultare faticosi, specie con il caldo o dopo piogge recenti.

Si entra sempre più dentro ai Monti Sibillini, tra panorami vasti e silenzi assoluti, dove il solo rumore è quello dei propri passi. L’arrivo a Ussita, uno dei luoghi simbolo del sisma del 2016, è carico di emozione: il borgo porta ancora addosso le ferite, ma anche una voglia di rinascere palpabile. Camminare fin qui non è solo turismo lento, è una forma di solidarietà concreta.

Tappa 7: Ussita – Castelluccio di Norcia (18 km, 850 m D+, 6h30m)

È una delle giornate più attese, e non delude. Il cammino si arrampica tra i versanti del monte Bove, regalando scorci spettacolari e tratti dove il cielo sembra più vicino. È una tappa fisicamente impegnativa, ma ogni metro guadagnato aggiunge un tassello alla bellezza che esplode poco prima dell’arrivo: l’altopiano di Castelluccio di Norcia, immenso, irreale, avvolto dal vento e dalla luce.

In primavera e inizio estate, la fioritura delle lenticchie trasforma il paesaggio in un mosaico vivente, ma anche nei mesi più quieti, l’altopiano conserva una magia che difficilmente si dimentica. Il borgo, ancora segnato dal sisma, accoglie con semplicità e dignità: si respira aria d’alta quota, ma anche un senso profondo di comunità.

Tappa 8: Castelluccio di Norcia – Norcia (18 km, 250 m D+, 5h)

Dopo l’intensità del giorno precedente, questa tappa offre un cambio di ritmo. Si lascia lentamente l’altopiano, camminando tra strade bianche e sentieri in discesa che seguono il profilo del Pian Grande, con la montagna alle spalle e la valle che si apre davanti. È una giornata da respirare a pieni polmoni, dove il paesaggio invita a rallentare e ad ascoltare.

Il fondo è facile, il passo si fa regolare. L’arrivo a Norcia, città natale di San Benedetto, segna un nuovo punto centrale nel cammino. La città, ancora in ricostruzione, trasmette una spiritualità silenziosa e una forza che non si ostenta, ma si sente. Vale la pena fermarsi qualche ora in più per visitarla, ascoltare, mangiare bene e riposare davvero.

Tappa 9: Norcia – Campi Alto (17 km, 400 m D+, 5h)

Si riparte da Norcia lasciandosi alle spalle le sue mura e la sua memoria, per risalire lungo una valle stretta, accompagnati dal suono dell’acqua e dal verde che si fa sempre più fitto. La tappa si svolge quasi interamente su sentieri sterrati e strade secondarie, tra boschi e piccoli nuclei abitati.

Il dislivello è dolce ma continuo, con tratti in salita che richiedono costanza, senza mai essere tecnici. Campi Alto è poco più di una manciata di case, un punto fermo nel silenzio dell’Appennino. Qui ci si sente lontani da tutto, e per molti è proprio questa la vera bellezza del cammino.

Tappa 10: Campi Alto – Monteleone di Spoleto (15 km, 450 m D+, 5h30m)

La decima tappa è una giornata piena, dal punto di vista paesaggistico ed emotivo. Si cammina lungo crinali morbidi, salite lente e discese tra pascoli e piccoli boschi, dove il tempo sembra scorrere con un altro ritmo. Il cammino attraversa territori ancora poco toccati dal turismo, dove la vita quotidiana si intreccia con il camminare lento.

Monteleone di Spoleto è uno dei borghi più belli dell’intero itinerario: la cinta muraria, le viuzze medievali e la vista sulla valle regalano un senso di quiete e protezione. È un buon posto per fermarsi, riflettere e fare il punto sul proprio viaggio.

Tappa 11: Monteleone di Spoleto – Leonessa (14 km, 300 m D+, 4h30m)

Una tappa tranquilla, che permette di respirare e lasciare sedimentare le emozioni dei giorni precedenti. Il percorso si sviluppa su saliscendi lievi, con lunghi tratti tra campi e radure che invitano alla contemplazione.

Il contesto cambia lentamente: dall’Umbria si passa al Lazio, e il paesaggio si fa più ampio, le montagne si allontanano un po’. Leonessa, con il suo bel centro storico, offre un’accoglienza calorosa, fatta di pietra viva e piazze tranquille. È una giornata in cui si ritrova la leggerezza, ma senza perdere profondità.

Tappa 12: Leonessa – Posta (19 km, 600 m D+, 6h)

Una tappa di media difficoltà, che alterna sentieri boscosi a lunghi tratti panoramici. Si cammina spesso in mezzo alla natura incontaminata, con dislivelli che si fanno sentire ma senza mai risultare eccessivi. Il fondo è buono, la segnaletica chiara, e il paesaggio invita a un cammino meditativo.

Posta, all’arrivo, è un piccolo centro agricolo che conserva un ritmo antico e una gentilezza autentica. È uno di quei luoghi dove il cammino ti regala la sensazione di essere semplicemente nel posto giusto, al momento giusto.

Tappa 13: Posta – Amatrice (16 km, 500 m D+, 5h)

Questa è una delle tappe simboliche dell’intero percorso, perché porta ad Amatrice, uno dei nomi più tristemente legati al sisma del 2016. Il tragitto attraversa ambienti rurali e collinari, con qualche salita ben distribuita e tratti che scorrono fluidi.

Ma più che il paesaggio, è la meta a fare la differenza: l’ingresso ad Amatrice è carico di emozione, e camminare tra ciò che resta e ciò che rinasce mette in moto pensieri che vanno oltre il cammino. Fermarsi qui non è solo utile: è necessario. Anche solo per mangiare un piatto di pasta, per ascoltare una storia, per esserci.

Tappa 14: Amatrice – L’Aquila (22 km , 700 m D+, 6h30m)

Ultima tappa, e come spesso accade, carica di significato e aspettativa. Si sale e si scende tra vallate silenziose, con la catena del Gran Sasso che inizia a dominare l’orizzonte, mentre l’altitudine si fa sentire. Il cammino è fisicamente impegnativo ma mai ostile, e il paesaggio accompagna con generosità.

L’arrivo a L’Aquila è un momento forte: si entra in una città che ha conosciuto il dolore e la rinascita, una capitale che sta lentamente tornando a splendere. Concludere qui il cammino non è solo simbolico, è profondamente giusto. È il punto d’arrivo di un percorso che attraversa ferite, speranze e comunità che continuano a camminare, ogni giorno.

La filosofia del Cammino delle Terre Mutate

Il Cammino delle Terre Mutate non è soltanto un itinerario escursionistico: è un’esperienza umana, civile e culturale. Nasce da un’idea di turismo lento e responsabile, che mette al centro non la performance sportiva, ma l’incontro con i territori e le comunità colpite dai terremoti del 2009 e del 2016. Camminare lungo queste tappe significa scegliere consapevolmente di dare voce e valore a luoghi fragili ma vivi, dove la ricostruzione è ancora in corso e dove ogni presenza, ogni passo, può rappresentare una forma concreta di vicinanza.

La filosofia del cammino è quella del ritorno alla relazione, con sé stessi e con gli altri. I ritmi sono lenti, adatti all’osservazione e all’ascolto. Si attraversano paesi che portano ancora i segni della distruzione – chiese chiuse, case transennate, cantieri aperti – ma che resistono grazie all’impegno delle persone che hanno scelto di restare o tornare, spesso con coraggio e inventiva. Molti camminatori raccontano di essere partiti con l’idea di fare un trekking e di aver scoperto, tappa dopo tappa, una rete umana fatta di accoglienza, storie, sguardi, mani che aiutano. In questo senso, il Cammino delle Terre Mutate è anche un percorso interiore: insegna ad accettare l’imperfezione, a convivere con il vuoto e a cogliere il valore profondo della cura del territorio.

Camminare in queste terre mutate è un gesto politico, ecologico e affettivo. Significa contribuire, con il proprio tempo e la propria attenzione, a sostenere un’idea di futuro condiviso, radicato nei luoghi e non nelle metropoli. Significa scoprire l’Italia che resiste e che ricostruisce, passo dopo passo.

Cosa mangiare lungo il Cammino delle Terre Mutate

Mangiare lungo il Cammino delle Terre Mutate è un vero e proprio viaggio dentro la tradizione gastronomica dell’Appennino centrale, tra ricette contadine, sapori autentici e ingredienti a km 0. Ogni regione attraversata – Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo – offre specialità locali che parlano della storia agricola e pastorale del territorio, spesso preparate con passione da chi accoglie i camminatori in agriturismi, rifugi e case private.

Tra i piatti da non perdere ci sono i vincisgrassi marchigiani, una variante ricca e sostanziosa delle lasagne, e la lenticchia di Castelluccio, regina della piana umbra, presidio Slow Food e simbolo della rinascita agricola locale. In Umbria e Abruzzo abbondano le zuppe di cereali, le pappardelle al cinghiale, i formaggi di pecora e il pecorino stagionato, spesso prodotto artigianalmente in piccole aziende a conduzione familiare. Nel Lazio è facile trovare amatriciana autentica, preparata secondo la ricetta originaria di Amatrice con guanciale e pecorino.

Non mancano poi i dolci della tradizione, come il pan nociato, i tozzetti umbri o le ferratelle abruzzesi, perfetti per una pausa energetica lungo il cammino. In molti casi, i pasti vengono serviti in modo informale, spesso in tavolate condivise, dove è facile scambiare parole, racconti e indicazioni con altri viandanti. Ogni pasto diventa così parte integrante dell’esperienza, un’occasione per entrare in contatto con il vissuto delle persone del luogo e contribuire direttamente all’economia di prossimità. Il consiglio è di affidarsi alle proposte dei gestori, che conoscono il territorio e valorizzano i prodotti locali: ne uscirai sazio!

La credenziale del Cammino delle Terre Mutate

La credenziale del Cammino delle Terre Mutate è il documento che accompagna il viandante lungo tutte le tappe, fungendo da testimonianza personale del cammino compiuto. È composta da una serie di spazi dedicati alla raccolta dei timbri distribuiti lungo il percorso, che possono essere apposti in rifugi, strutture ricettive, bar, uffici turistici e altri presìdi del territorio. Ogni timbro rappresenta un piccolo racconto visivo del luogo, e la credenziale si trasforma così in un diario concreto del proprio passaggio, pagina dopo pagina.

La credenziale può essere ordinata gratuitamente online attraverso il sito ufficiale del cammino, semplicemente compilando un modulo con i propri dati. Non viene richiesto alcun pagamento: la spedizione è gratuita e il camminatore è invitato – se lo desidera – a lasciare una donazione libera, finalizzata al sostegno delle attività dell’associazione Movimento Tellurico e della Rete dei Cammini nel cratere. Questa scelta coerente con la filosofia del cammino ne rafforza i valori: gratuità, condivisione e sostegno reciproco.

Una volta completato il cammino, la credenziale può essere presentata per ricevere un attestato simbolico di avvenuto completamento del percorso. Ma al di là del valore formale, ciò che la credenziale rappresenta è molto più profondo: è una traccia fisica di incontri, territori, emozioni, un documento che si riempie di storie, persone, resistenza e rinascita.

Perché scegliere il Cammino delle Terre Mutate

Perché è un cammino necessario. Non solo per chi ama la montagna, il silenzio, i paesaggi appenninici. Ma anche per chi vuole dare valore al camminare, essere presente, sostenere territori che spesso restano ai margini. Ogni passo è un gesto di solidarietà, ogni incontro è una possibilità di ascolto.

Il Cammino delle Terre Mutate è questo: un viaggio reale, umano, vero.