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Sulle orme di San Benedetto: un cammino tra silenzio, fede e Appennino

Il Cammino di San Benedetto è un itinerario a piedi di circa 300 km, che collega Norcia (luogo di nascita di San Benedetto) a Montecassino (dove si trova la sua tomba), attraversando l’Umbria e il Lazio. Si tratta di un percorso spirituale e naturalistico che si sviluppa lungo 20 tappe, prevalentemente su sentieri collinari, strade sterrate e tratti di montagna, toccando borghi medievali, monasteri, eremi e paesaggi straordinari.

Questo cammino, sebbene meno noto di altri percorsi italiani, è perfettamente segnalato, molto curato e capace di offrire un’esperienza intensa, che coniuga ritmo lento, natura e silenzio. È adatto a camminatori con un livello medio di allenamento: non ci sono tratti tecnici, ma la lunghezza e i dislivelli di alcune tappe richiedono preparazione.

Storia del Cammino di San Benedetto

Il cammino ripercorre i luoghi legati alla vita di San Benedetto da Norcia, fondatore dell’Ordine Benedettino e figura fondamentale del monachesimo occidentale. Nato a Norcia nel 480 d.C., visse tra l’Umbria e il Lazio, fondando numerosi monasteri e diffondendo la regola “Ora et Labora”, che ha plasmato la cultura spirituale e sociale dell’Europa medievale.

Tra i luoghi più significativi ci sono Subiaco, dove visse da eremita per anni e fondò dodici monasteri, e Montecassino, dove scrisse la Regola di San Benedetto e fondò l’abbazia madre del suo ordine. Il cammino tocca anche luoghi simbolici come Cascia, Rieti, Rocca Sinibalda, Tivoli, in un viaggio che attraversa secoli di spiritualità, architettura e paesaggi ancora incontaminati.

Le 16 tappe del Cammino di San Benedetto

Il Cammino di San Benedetto si articola in 16 tappe e attraversa l’Appennino centrale da Norcia a Montecassino, seguendo le orme del Santo in un itinerario lineare e coerente, che tocca i luoghi più significativi della sua vita e della spiritualità benedettina.

Tappa 1: Norcia – Cascia (17,4 km, 648 m D+, 5h30m)

Il cammino comincia nel cuore di Norcia, la città dove nacque San Benedetto. L’emozione della partenza si mescola al silenzio delle vie antiche e al paesaggio che già si apre davanti. Dopo i primi chilometri, la strada comincia a salire con decisione: si attraversano colline coperte di boschi, prati aperti e piccoli borghi.

La salita è continua ma mai troppo dura, e regala scorci splendidi sulla Valnerina. Arrivati a Cascia, si viene accolti dalla presenza forte del Santuario di Santa Rita, meta di pellegrinaggi da tutto il mondo. È una tappa che mette alla prova le gambe, ma che offre fin da subito il senso del cammino: lentezza, silenzio, e spiritualità diffusa.

Tappa 2: Cascia – Monteleone di Spoleto (15,8 km, 530 m D+, 5h)

Si lascia Cascia percorrendo strade secondarie e sentieri che attraversano una campagna ampia e silenziosa. La salita iniziale è dolce e progressiva, mentre il percorso si snoda tra colline e altopiani, con pochi centri abitati. Il cammino qui ha un ritmo tranquillo, perfetto per chi vuole rallentare e iniziare a trovare un passo più meditativo.

Monteleone di Spoleto appare all’improvviso su un crinale, con le sue mura antiche e le viuzze in pietra. È uno dei borghi più alti dell’Umbria e conserva un’atmosfera autentica, quasi fuori dal tempo. Conviene arrivare con un po’ di margine per esplorarla.

Tappa 3: Monteleone – Leonessa (13,9 km, 234 m D+, 4h30m)

Dopo due giornate intense, questa tappa più breve permette di rifiatare. Si parte in discesa, lungo una valle che apre lo sguardo verso il Lazio. Il paesaggio è vario: boschi, campi coltivati, e tratti di strada bianca. Non ci sono difficoltà tecniche, ed è una buona occasione per ascoltare il silenzio e osservare i dettagli.

Leonessa è un borgo accogliente, con un centro storico ben conservato e tutto ciò che serve per un pellegrino: bar, farmacia, negozi. Qui si respira già un’aria diversa, più montana, e si inizia a percepire l’isolamento di alcune tappe che verranno.

Tappa 4: Leonessa – Poggio Bustone (18,7 km, 697 m D+, 6h)

La quarta tappa è una delle prime vere sfide fisiche del cammino. Si comincia in piano, poi si affrontano tratti in salita alternati a discese più ripide. Si attraversano boschi densi e si cammina su sentieri poco battuti, con un senso di solitudine che in certi momenti può diventare potente.

Ma proprio in questo isolamento si comprende lo spirito del cammino. L’arrivo a Poggio Bustone, in alto sulla valle, è particolarmente suggestivo. Il paese è legato anche a San Francesco, e ospita un eremo affacciato sulla pianura reatina. La salita finale è ripagata da un senso di pace e da un panorama ampio e luminoso.

Tappa 5: Poggio Bustone – Rieti (20,4 km, 405 m D+, 5h)

La tappa comincia con una lunga discesa, tra boschi e sentieri che si fanno via via più aperti. Si entra nella Valle Santa di Rieti, uno dei luoghi più ricchi di spiritualità del centro Italia. Il percorso non presenta particolari difficoltà, ma è piuttosto lungo, quindi conviene partire con un buon ritmo.

L’arrivo a Rieti segna il passaggio a una dimensione più urbana: la città è viva, con un bel centro storico e tutti i servizi necessari per rifornirsi. È un buon punto per riposarsi, organizzare le tappe successive e, se serve, fare una piccola manutenzione allo zaino o all’equipaggiamento.

Tappa 6: Rieti – Rocca Sinibalda (21,6 km, 588 m D+, 6h)

Una tappa dal profilo collinare, molto varia, che alterna sentieri boscosi a tratti di campagna aperta. I primi chilometri sono facili, poi la salita si fa più costante man mano che ci si avvicina a Rocca Sinibalda, borgo raccolto e dominato da un castello che sembra uscito da una fiaba.

Il colpo d’occhio è notevole, soprattutto quando si arriva nel tardo pomeriggio, con la luce bassa sui tetti in pietra. Non ci sono molti servizi lungo la tappa, quindi è importante portare acqua e qualcosa da mangiare. In compenso, la quiete è totale.

Tappa 7: Rocca Sinibalda – Castel di Tora (18 km, 620 m D+, 6h)

Il cammino prosegue tra saliscendi regolari e boschi che si aprono all’improvviso su vedute spettacolari del Lago del Turano. È una delle tappe più belle dal punto di vista paesaggistico: i riflessi sull’acqua, i profili delle montagne, i borghi in pietra che si affacciano sul lago rendono il percorso memorabile.

Castel di Tora è un piccolo gioiello, arroccato sul lago, con poche strutture ma molto accoglienti. In estate può essere affollato nei weekend, in bassa stagione invece si gode di un silenzio perfetto. L’ultimo tratto in salita può essere faticoso se fatto nel caldo: meglio partire presto.

Tappa 8: Castel di Tora – Orvinio (22,6 km, 1.078 m D+, 7h)

Una tappa lunga, con un dislivello impegnativo e lunghi tratti immersi nel bosco. È una di quelle giornate in cui si cammina tanto e si parla poco: le salite sono numerose e i punti di ristoro assenti. Il sentiero è ben segnato ma isolato, e nei mesi più caldi è importante portare molta acqua.

Quando si arriva a Orvinio, uno dei borghi più belli del Lazio, il senso di fatica si mescola alla soddisfazione. L’atmosfera qui è autentica e tranquilla, con strutture semplici e persone abituate ad accogliere chi arriva a piedi. È una tappa che richiede costanza, ma regala una sensazione profonda di avanzamento.

Tappa 9: Orvinio – Mandela (22,1 km, 726 m D+, 7h)

Si parte da Orvinio lasciandosi alle spalle i crinali silenziosi del Parco dei Monti Lucretili, per scendere progressivamente verso territori più dolci e aperti. Il paesaggio cambia: dalle faggete si passa a colline punteggiate di uliveti e casali isolati. È una tappa lunga, ma con un dislivello ben distribuito e poche vere difficoltà tecniche.

Attenzione però ai tratti assolati, specie in estate: è bene partire presto e avere con sé una buona scorta d’acqua. L’arrivo a Mandela, borgo discreto e raccolto, segna l’ingresso in un’area più densamente abitata. Gli alloggi sono pochi: conviene prenotare.

Tappa 10: Mandela – Subiaco (21,2 km, 662 m D+, 6h)

Questa tappa ha un valore simbolico importante: porta a Subiaco, uno dei luoghi più legati alla figura di San Benedetto. Il percorso si snoda tra colline, tratti boscosi e strade secondarie, con salite e discese mai troppo impegnative ma costanti.

L’arrivo è spettacolare: ci si avvicina alla cittadina dominata dai Monasteri di San Benedetto e di Santa Scolastica, incastonati nella roccia, in una gola scavata dal fiume Aniene. Vale la pena fermarsi un giorno in più per visitarli con calma: il Sacro Speco, in particolare, è uno dei luoghi spirituali più intensi del cammino.

Tappa 11: Subiaco – Trevi nel Lazio (15,2 km, 1.107 m D+, 5h30m)

Nonostante la distanza contenuta, questa tappa è una delle più impegnative in salita dell’intero cammino. Il dislivello si fa sentire, ma la bellezza dei boschi dei Monti Simbruini e la qualità dei sentieri aiutano a mantenere il ritmo.

Dopo ore di salita in mezzo al verde, si sbuca tra le case di Trevi nel Lazio, borgo di montagna autentico e poco turistico, adagiato su un crinale. I servizi sono pochi ma sufficienti. È una giornata che mette alla prova le gambe, ma rafforza il senso di progressione del cammino.

Tappa 12: Trevi nel Lazio – Guarcino (17,4 km, 776 m D+, 5h30m)

Si parte con una discesa tra i boschi, che lascia spazio a tratti più collinari e aperti. Questa tappa offre un bel mix di ambienti: tratti ombrosi alternati a panorami ampi sulla valle. Guarcino è un paese vivo, con negozi e bar, ottimo per una sosta ristoratrice.

Il percorso è ben segnalato, ma in caso di pioggia alcuni tratti nel bosco possono essere scivolosi. Vale la pena fare scorte qui: le tappe successive sono più solitarie e servite da meno strutture.

Tappa 13: Guarcino – Vico nel Lazio (17,7 km, 725 m D+, 5h)

Una giornata tranquilla, con un percorso ondulato tra boschi di querce e ulivi, piccoli campi e crinali erbosi. È una tappa di respiro e contemplazione, senza particolari difficoltà, ma che invita a rallentare e godersi l’ambiente.

L’arrivo a Vico nel Lazio, borgo cinto da mura medievali perfettamente conservate, è suggestivo. Il paese è piccolo e molto accogliente, e in serata il silenzio domina. Una tappa che ricarica lo spirito senza affaticare troppo il corpo.

Tappa 14: Vico nel Lazio – Collepardo (13,2 km, 716 m D+, 4h30m)

Tappa breve ma ricca di salite, da non sottovalutare. Dopo un tratto iniziale panoramico, si entra in una zona più selvaggia, dove i sentieri salgono tra boschi e rocce. In prossimità di Collepardo, il paesaggio diventa sempre più spettacolare.

Il paese è posto su un’altura e regala ampie vedute sulla valle. Da qui si può deviare per visitare la vicina Certosa di Trisulti, un luogo che merita assolutamente. Il consiglio è di arrivare presto e prendersi il tempo per l’escursione pomeridiana.

Tappa 15: Collepardo – Casamari (14,8 km, 331 m D+, 4h30m)

Tappa più tranquilla e meno impegnativa, perfetta per recuperare energie. Si scende dolcemente tra colline e paesaggi agricoli, su un percorso sempre ben tracciato.

L’arrivo a Casamari è emozionante per chi ama l’architettura sacra: l’Abbazia di Casamari, in stile gotico-cistercense, è tra le più belle d’Italia. È possibile visitarla e, in alcuni periodi, pernottare nelle foresterie adiacenti. Una tappa che invita alla calma, alla riflessione e al raccoglimento.

Tappa 16: Casamari – Montecassino (29,1 km, 1.112 m D+, 8h)

L’ultima tappa è la più lunga e impegnativa: quasi trenta chilometri e oltre mille metri di dislivello per raggiungere la meta finale. Si attraversano borghi, colline e lunghi tratti su sentieri di crinale, fino all’imponente Abbazia di Montecassino, visibile da lontano, in cima al monte.

L’emozione cresce passo dopo passo, fino a diventare travolgente negli ultimi chilometri di salita. Arrivati in cima, si può accedere alla tomba di San Benedetto, concludendo il cammino nel luogo dove visse gli ultimi anni della sua vita. È una giornata da affrontare con rispetto, buon passo e orari ben calcolati: l’arrivo a Montecassino segna il compimento di un percorso che è insieme fisico e interiore.

Il Cammino di San Benedetto: sulle tracce del padre del monachesimo occidentale

Il Cammino di San Benedetto è un itinerario spirituale e paesaggistico che collega i tre luoghi chiave della vita del Santo: Norcia, dove nacque; Subiaco, dove visse da eremita e fondò dodici monasteri; e Montecassino, dove scrisse la celebre Regola e fondò il monastero destinato a diventare simbolo del monachesimo occidentale. Il cammino si snoda per circa 300 km, in 16 tappe attraverso l’Appennino centrale, tra Umbria e Lazio, toccando borghi medievali, abbazie millenarie e paesaggi silenziosi, in un equilibrio profondo tra spiritualità, natura e cultura.

A differenza di altri cammini religiosi, questo itinerario non è costruito attorno a un pellegrinaggio devozionale verso una singola meta, ma rappresenta un percorso lineare nella vita e nel pensiero di Benedetto da Norcia. È un cammino di disciplina e riflessione, in cui l’esperienza spirituale si vive nella sobrietà delle foresterie monastiche, nel silenzio dei boschi, nella verticalità delle abbazie arroccate sui crinali.

Quando partire per il cammino benedettino

Il Cammino di San Benedetto si sviluppa tra l’Appennino umbro-laziale e la Ciociaria, zone caratterizzate da dislivelli importanti, boschi fitti e panorami aperti sulle valli. Il periodo migliore per intraprenderlo va da maggio a ottobre, quando le giornate sono lunghe e i sentieri più praticabili. In primavera, i prati si riempiono di fioriture spontanee e le foreste si risvegliano in una varietà di toni verdi che accompagnano il camminatore tra Norcia, Cascia e Monteleone di Spoleto. In autunno, i colori caldi dei boschi della Valle dell’Aniene o del Parco dei Monti Simbruini restituiscono al cammino un’atmosfera raccolta e meditativa.

L’inverno non è consigliato: l’altitudine di alcuni tratti (come tra Leonessa e Poggio Bustone) può comportare neve e fango, rendendo le tappe difficoltose. D’estate, invece, è meglio partire presto al mattino, soprattutto nelle tappe che attraversano zone più esposte, come quelle tra Rocca di Corno, Collepardo e Arpino, per evitare le ore più calde.

Dove dormire lungo il Cammino di San Benedetto

Una delle esperienze più autentiche del Cammino di San Benedetto è l’incontro con la cultura dell’ospitalità benedettina. In diversi tratti è possibile pernottare in monasteri, conventi e strutture religiose, dove l’accoglienza si basa sul principio “ora et hospita“: preghiera e ospitalità. A Subiaco, è possibile alloggiare nei pressi del Sacro Speco, uno dei santuari più suggestivi d’Italia, incastonato nella roccia, dove il tempo sembra essersi fermato.

Quando non si trova ospitalità religiosa, si può contare su B&B, case private e piccoli alberghi gestiti da persone del luogo, spesso sensibili alla spiritualità del cammino. A Trevi nel Lazio, Casamari o San Pietro Infine, è facile essere accolti con semplicità, magari con un pasto preparato in casa e racconti del posto. La prenotazione è consigliata, specie nelle zone più isolate, dove le alternative sono poche. In alcune tappe (come a Filettino o Roccasecca), si sta sviluppando una rete di ospitalità a donativo dedicata ai pellegrini del cammino, in espansione grazie al lavoro di associazioni locali.

Credenziale del cammino benedettino

La Credenziale del Cammino di San Benedetto è molto più di un semplice taccuino di timbri: è un simbolo di appartenenza, una traccia concreta del viaggio intrapreso sulle orme del Santo. Ogni pellegrino può richiederla compilando un modulo online, che consente di riceverla comodamente per posta o di scegliere un punto di ritiro sul percorso. In caso di gruppi o coppie, è sufficiente compilare un solo modulo, indicando nel campo apposito i nomi di tutti i partecipanti: le credenziali verranno spedite insieme all’indirizzo indicato.

Per chi preferisce ritirarla all’inizio del cammino, sono numerosi i punti di distribuzione a Norcia, tra cui l’Ostello Capisterium, il Bar d’Angelisa in Piazza San Benedetto (aperto dalle 6 alle 23), l’Edicola del Corso, l’Hotel Benito e l’Emporio della Sibilla. A Subiaco, invece, la credenziale si può trovare presso il negozio di souvenir dell’Abbazia di Santa Scolastica, punto di riferimento storico e spirituale del tratto centrale del cammino.

Perché scegliere il Cammino di San Benedetto

Il Cammino di San Benedetto è diverso dagli altri cammini italiani. È meno affollato, più silenzioso, spesso più isolato, ma proprio per questo regala un’esperienza profonda, lontana dalla frenesia e dal rumore. È un percorso che alterna spiritualità, natura e autenticità, senza forzature. Non c’è bisogno di essere religiosi per percorrerlo: basta avere il desiderio di camminare in modo vero, continuo, per giorni, attraversando paesaggi che cambiano, borghi dimenticati e luoghi pieni di memoria.

È un cammino che non ti prende per mano, ma ti lascia spazio: spazio per pensare, per ascoltare il tuo passo, per accettare la fatica e scoprire quanto può fare bene una giornata passata tra cielo, alberi e silenzio. Dà tanto, ma non subito: è un cammino che va vissuto con pazienza, giorno dopo giorno, lasciandosi guidare dalla regola benedettina che lo ispira — ora et labora, prega e lavora, ma soprattutto cammina.

Chi lo sceglie spesso non cerca la meta, ma una trasformazione lenta. E il Cammino di San Benedetto, con la sua austerità gentile, la offre a chi sa guardare con occhi semplici.

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Il Cammino dei Briganti tra storia, natura e leggende nell’Appennino centrale

Il Cammino dei Briganti è un itinerario escursionistico ad anello lungo circa 108 chilometri, che si sviluppa tra l’Abruzzo meridionale e il Lazio settentrionale, attraversando territori di confine un tempo teatro di battaglie, nascondigli e fughe di coloro che si opposero all’unificazione d’Italia. Il cammino tocca paesi e vallate tra la Marsica e il Cicolano, due aree storicamente legate da secoli di transumanza, vita rurale e resistenza contadina. Intraprendere questo percorso significa immergersi in un ambiente ancora integro e poco turistico, dove la presenza umana è discreta e il paesaggio conserva una forza arcaica: faggete secolari, pascoli d’altura, antichi tratturi e borghi in pietra fanno da sfondo a ogni tappa.

L’itinerario, che parte e si conclude nel borgo di Sante Marie (AQ), è suddiviso in sette tappe, percorribili in altrettanti giorni, ma adattabili secondo il proprio livello di allenamento o disponibilità di tempo. È ben segnato e curato grazie all’impegno di associazioni locali, come la Compagnia dei Cammini, e rappresenta una proposta ideale per chi cerca un cammino autentico, accessibile e profondo dal punto di vista culturale e paesaggistico.

Perché si chiama “Cammino dei Briganti”

Il nome evocativo del cammino affonda le radici in una pagina spesso trascurata della storia italiana: quella del brigantaggio postunitario. Dopo l’unificazione del 1861, le zone interne dell’Appennino centro-meridionale – in particolare i territori dell’ex Regno delle Due Sicilie – furono teatro di una lunga e sanguinosa resistenza popolare contro il neonato Regno d’Italia. Bande di briganti, spesso sostenute dalle comunità locali, si rifugiarono tra questi monti per sfuggire alle forze piemontesi e continuare la loro lotta. Il territorio attraversato dal Cammino dei Briganti fu uno dei più attivi in questo senso: da Cartòre a Valdevarri, da Rosciolo a Nesce, le vallate divennero rifugi naturali per i fuorilegge e oppositori politici.

Fra le figure più emblematiche legate a questa zona c’è quella di José Borjes, un ufficiale spagnolo borbonico che si unì alla causa brigantesca come emissario del re Francesco II, tentando di organizzare una contro-offensiva militare che però si concluse tragicamente. Borjes venne catturato e giustiziato proprio nei pressi dei luoghi oggi toccati dal cammino. Il suo nome – come quello di altri briganti locali – è ricordato ancora oggi da lapidi, cippi e racconti tramandati oralmente, che fanno del percorso una vera e propria narrazione a cielo aperto della microstoria italiana.

Le tappe principali del Cammino dei Briganti

Il Cammino dei Briganti è pensato per essere percorso in sette tappe giornaliere, che formano un anello chiuso con partenza e arrivo a Sante Marie. Ogni tappa è un microcosmo a sé: si attraversano boschi secolari, borghi medievali, crinali panoramici e vallate dimenticate dal tempo. Le distanze sono contenute, ma la varietà dei paesaggi e la presenza costante di testimonianze storiche rendono ogni giornata ricca di scoperte.

A questo si aggiungono la possibilità di pernottare in strutture accoglienti, di incontrare la popolazione locale e di assaporare una cucina semplice ma autentica. L’organizzazione del cammino è flessibile: alcune tappe possono essere allungate o accorciate in base al proprio passo e alle esigenze logistiche, mentre la variante al Lago della Duchessa offre un’opzione più alpina per chi cerca un’avventura fuori dal tempo.

Tappa 1: da Sante Marie a Santo Stefano (5,6 km, 380m D+, 160m D-, 2 ore)

La prima tappa parte dal borgo di Sante Marie, dove ha sede il Museo del Brigantaggio e dove è possibile ritirare il salvacondotto, simbolo identitario del cammino. Il percorso si addentra in un bosco di castagni e faggi, offrendo già dalle prime ore un’immersione nella natura appenninica. Lungo il sentiero si incontrano antiche carbonaie e muri a secco, testimoni dell’antica economia di montagna. Il tratto è breve ma presenta una discreta salita che culmina nel piccolo abitato di Santo Stefano, incastonato tra i monti e caratterizzato da un’atmosfera sospesa nel tempo. È un luogo perfetto per pernottare in tranquillità e assaporare i ritmi lenti della vita rurale.

Tappa 2: da Santo Stefano a Nesce (13,9 km, 400m D+, 625m D-, 5-6 ore)

Dopo aver lasciato Santo Stefano, il cammino prosegue su sentieri e strade bianche che attraversano boschi e crinali panoramici, offrendo scorci suggestivi sulla Valle del Salto. Durante il tragitto si incontra la frazione di Valdevarri, con una fontana pubblica utile per rifornirsi d’acqua. Questa zona era nota per essere uno dei rifugi preferiti dai briganti, grazie alla sua posizione isolata e alla fitta vegetazione. Più avanti, una variante consente di visitare Poggiovalle, paese disabitato che conserva un fascino ruvido e autentico, perfetto per chi cerca silenzi profondi e tracce della storia dimenticata. L’arrivo a Nesce avviene scendendo lungo un sentiero boscoso: il borgo è adagiato su un piccolo colle e offre strutture ricettive diffuse per il pernottamento.

Tappa 3: da Nesce a Cartòre (12,6 km, 580m D+, 500m D-, 4-5 ore)

Da Nesce si parte attraversando un territorio collinare che progressivamente si innalza verso le pendici del Monte Velino, offrendo tratti molto suggestivi tra boschi misti e radure panoramiche. Il percorso è silenzioso e solitario, attraversa aree rurali abbandonate e conserva un’atmosfera quasi intatta. Uno dei tratti più belli è quello che si avvicina a Cartòre, dove si cammina su una vecchia strada sterrata, tra muretti a secco e tratti di prato punteggiati da querce. Il borgo di Cartòre, oggi disabitato ma ben restaurato, è uno dei simboli del cammino, perché fu rifugio di briganti e centro di resistenza popolare. Qui è possibile dormire in rifugio autogestito o in tenda, immersi in un paesaggio selvaggio e senza tempo.

Tappa 4 (opzionale): da Cartòre al Lago della Duchessa e ritorno (11 km, 900m D+, 900m D-, 5-6 ore)

La salita al Lago della Duchessa, facoltativa ma altamente consigliata, è una delle esperienze più intense e panoramiche del cammino. Il sentiero si inerpica ripidamente tra boschi e canaloni, fino a raggiungere la conca glaciale a 1.788 m, dove si trova il lago, spesso parzialmente ghiacciato in primavera. Questo luogo ha un’aura solenne e silenziosa, circondato da pareti rocciose e pascoli d’altura frequentati da cavalli e bovini liberi. La discesa avviene lungo lo stesso percorso. È fondamentale avere buone condizioni fisiche, acqua a sufficienza e un minimo di esperienza in ambiente montano, soprattutto in caso di neve residua o nebbia.

Tappa 5: da Cartòre a Rosciolo dei Marsi (15,7 km, 400m D+, 700m D-, 5-6 ore)

Questa tappa riconduce verso la bassa valle, offrendo tratti di cammino molto vari tra sentieri boschivi, strade poderali e scorci sulla conca del Fucino. Il percorso tocca il borgo di Masseria, dove è possibile una sosta, e prosegue poi verso uno dei luoghi più suggestivi dell’intero cammino: il monastero di Santa Maria in Valle Porclaneta, splendido esempio di architettura romanica incastonato nella roccia. La tappa termina a Rosciolo dei Marsi, borgo ben conservato con numerose possibilità di alloggio, noto per la sua architettura tradizionale e i murales storici.

Tappa 6: da Rosciolo dei Marsi a Casale Le Crete (10 km, 300m D+, 150m D-, 3-4 ore)

Una tappa più breve e rilassante, ideale per recuperare energie. Si cammina tra colline dolci, orti e oliveti, con il Monte Velino sempre a fare da sfondo. Durante il tragitto si attraversano zone agricole e si toccano antichi casali, fino ad arrivare a Casale Le Crete, una struttura immersa nella natura, punto ideale per una sosta gastronomica o un pernottamento rigenerante. Il paesaggio è aperto e soleggiato, con tratti panoramici che offrono vedute spettacolari sul Fucino e sulla catena del Sirente.

Tappa 7: da Casale Le Crete a Sante Marie (13 km, 300m D+, 350m D-, 4-5 ore)

L’ultima tappa chiude l’anello riportando il camminatore a Sante Marie, attraverso un percorso morbido ma vario. Si attraversano aree boscose e crinali panoramici, dove è possibile ammirare tutta la vallata e riflettere sul viaggio appena compiuto. Prima dell’arrivo, si passa accanto a fontane storiche, vecchi muretti contadini e sentieri che furono battuti da pastori e briganti. Il ritorno a Sante Marie rappresenta un momento di gratitudine e compimento: il viaggio si chiude nello stesso luogo da cui è iniziato, ma con nuovi occhi e nuove consapevolezze.

Logistica e consigli di sicurezza per percorrere il Cammino

Una delle grandi forze del Cammino dei Briganti è la sua accessibilità logistica. Il punto di partenza, Sante Marie, è raggiungibile facilmente in auto, ed è collegato anche da mezzi pubblici tramite treni e autobus che arrivano fino a Tagliacozzo o Avezzano. Il cammino è ben segnalato lungo tutta la sua estensione, con segni rossi e bianchi che accompagnano il camminatore in sicurezza. Lungo le tappe, sono presenti strutture ricettive locali: B&B, agriturismi, case private, rifugi, e in alcuni casi aree attrezzate per campeggiare. È consigliato prenotare con anticipo, soprattutto nei mesi estivi e durante i ponti festivi, quando l’affluenza è maggiore. Le tappe sono pensate per essere affrontate anche da camminatori mediamente allenati e non richiedono equipaggiamento tecnico: bastano un buon zaino, scarponcini comodi e uno spirito di adattamento.

Il Cammino dei Briganti non presenta particolari rischi oggettivi, ma richiede comunque attenzione e consapevolezza, soprattutto in relazione all’isolamento di alcune tappe e all’ambiente naturale che si attraversa. I sentieri sono ben segnati, ma è buona norma portare con sé una traccia GPS aggiornata e una mappa escursionistica cartacea, utile in caso di problemi con la batteria del telefono. L’acqua si trova facilmente lungo il percorso, grazie alla presenza di fontane pubbliche e rifornimenti nei borghi, ma è sempre meglio avere con sé una borraccia capiente o una sacca idrica per le giornate più lunghe o calde.

Non è necessaria un’assicurazione alpinistica, ma è consigliabile avere con sé un kit di pronto soccorso, una coperta termica e un fischietto di emergenza, oltre ai numeri di riferimento della protezione civile e dei centri abitati lungo il percorso. Il cammino è percorribile da marzo a novembre, ma nelle stagioni intermedie – soprattutto a primavera inoltrata e in autunno – è bene verificare le condizioni meteo prima della partenza, perché la nebbia e le piogge intense possono rendere alcuni tratti scivolosi. Se si sceglie di dormire in tenda, è importante conoscere le normative locali e piantare la tenda solo nelle aree consentite, rispettando sempre l’ambiente e lasciando pulito.

Il Cammino dei Briganti: un’esperienza che lascia il segno

Il Cammino dei Briganti non è solo un itinerario escursionistico, ma un vero viaggio nel cuore nascosto dell’Appennino centrale. È un’esperienza che unisce natura, storia, spiritualità e semplicità. Camminare tra questi sentieri significa riscoprire un’Italia minore e profonda, fatta di borghi silenziosi, paesaggi vasti e gesti autentici. È un cammino che insegna l’autonomia, la lentezza e il rispetto, dove ogni passo si fa memoria, e ogni sosta è un’occasione per tornare in ascolto.

Adatto sia a chi è alle prime esperienze di cammino, sia a chi ha già percorso vie più celebri, il Cammino dei Briganti rappresenta un invito a rallentare, osservare, ascoltare. Un viaggio per tutti, ma soprattutto per chi è disposto a lasciarsi sorprendere.

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Veio, città etrusca del Lazio meta di escursionisti e appassionati

C’è un luogo nel cuore dell’Italia che è stato in competizione con Roma per un po’ di tempo. Un luogo che era fiorente e di cui oggi possiamo ammirare alcune testimonianze.

Oggi di quella città, un tempo potente, ci sono resti bellissimi e una storia affascinante tutta da scoprire: il nostro viaggio ci porta nel Lazio, vicino al borgo Isola Farnense, perché è lì che si trovano i resti di Veio, la città etrusca che ha dato filo da torcere a Roma.

E non si trova troppo distante dalla Capitale, ma solo a circa a 15 chilometri. Tutto quello che c’è da sapere su questo luogo, sito all’interno del Parco regionale di Veio nella Valle del Tevere.

La storia di Veio, la città etrusca da conoscere

Veio è stata fondata all’incirca nel IX secolo a.C. e non è trascorso molto tempo prima che entrasse in diretta competizione con Roma, anche perché le due erano davvero vicine. Infatti è nel 396 a.C. che la città etrusca viene conquistata e che, piano piano, perde la sua forza e importanza. Almeno fino al periodo medievale quando si sviluppa un nuovo centro urbano: Isola Farnese.

Oggi i resti di quel passato lontano, ma anche più antico, si possono ammirare all’interno dell’area archeologica: raggiungerla significa fare un’immersione nella storia, tornare indietro nel tempo e godere di uno scenario di grande bellezza, in cui natura e passato convivono nello stesso luogo.

Cosa vedere a Veio

Girare all’interno dell’area archeologica di Veio significa incontrare tantissime meraviglie come il Santuario etrusco dell’Apollo, noto anche come santuario di Portonaccio, che si trova nei pressi della Mola di Isola Farnese.

È proprio qui che sono state trovate le belle e celebri statue in terracotta di Apollo, Hermes ed Eracle, che si trovavano sopra il tetto e ora si possono ammirare all’interno della sala 40 del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, che si occupa della gestione dell’area. Nel sito, inoltre, si evidenziano la zona con l’altare dedicato a Menerva e quella con il tempio a tre celle.

Da non perdere anche le necropoli, da segnalare in questo caso sono la Toba delle Anatre, la tomba dei Leoni Ruggenti, quest’ultima a quanto pare sarebbe la più antica dipinta dagli etruschi e la sua datazione si aggira intorno al 690 a.C., e la tomba Campana.

E poi, ancora, il complesso di Campetti che si sviluppa in una zona di circa 10mila metri quadrati: gli scavi archeologici hanno permesso di sapere che è stato occupato a partire dall’Età del Ferro e fino all’Alto Medioevo, con scopi differenti. Ad esempio, nel periodo romano, qui sorgeva un centro termale, mentre sotto gli etruschi si è supposto che ci fosse un santuario.

Non mancano nemmeno i cunicoli sotterranei: Ponte Sodo, ad esempio, si estende per circa 70 metri (con una larghezza di 8 metri) ed è una galleria che è stata realizzata per permettere lo scarico dell’acqua durante le piene del torrente Cremera.

Queste sono alcune delle meraviglie che si possono ammirare nell’area archeologica, zona che si inserisce nel Parco Naturale Regionale di Veio, sviluppato su quasi 15mila ettari tra il nord della capitale italiana, la via Flaminia e la via Cassia.

Al suo interno vi sono nove comuni ed è una zona di particolare pregio naturalistico, in cui non solo fare un’immersione nella storia, ma in cui è anche possibile dedicarsi anche a belle camminate. Basti pensare che la rete sentieristica è lunga circa 99 chilometri e che tra questi vi è la via Francigena.

Insomma, un luogo da esplorare, vicinissimo a Roma e che merita di diventare una tappa per gite fuori porta, quel tipo di scampagnate che mescolano paesaggi stupendi e cultura, facendoci scoprire qualcosa di più della storia del nostro Paese.

Come arrivare e come visitare il Parco Archeologico di Veio

Giungere al Parco Naturale Regionale di Veio è molto semplice: questo si sviluppa tra la via Cassia e la via Flaminia e, proprio grazie alla prima, si arriva a Isola Farnese, suggestivo borgo medioevale in cui merita una visita, ad esempio, Castello Ferraioli (o Farnese) che è stato realizzato nel XIII secolo. Poi si raggiunge la cascata della Mola e, infine, l’area archeologica.

Sono previste delle aperture per visitare il Parco Archeologico di Veio: gratuite e senza prenotazione, le date sono 27 aprile, 11 e 25 maggio, 15 e 29 giugno 2025 dalle 10 alle 16. Invece sono riservati a scuole e gruppi organizzati quelle in programma per il 7 maggio e il 4 giugno. Si tratta di aperture straordinarie e sono un’occasione per immergersi nella meraviglia del passato.

Parco archeologico di Veio

Fonte: iStock

Parco archeologico di Veio nel Lazio
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Matera torna al cinema da protagonista con Angelina Jolie. Ti lascerà senza fiato

Angelina Jolie si è detta onorata di girare in Italia il suo film Senza Sangue, adattamento dell’omonimo romanzo di Alessandro Baricco al cinema dal 10 aprile 2025. Per l’attrice e regista è stata un’esperienza unica “portare sul grande schermo una storia speciale, un’opera ricca di poesia ed emozioni che guarda alla guerra e alle domande che ne derivano da un punto di vista unico, chiedendoci cosa cerchiamo dopo aver subito traumi, perdite o ingiustizie“.

Le bellissime location italiane scelte dalla produzione per ambientare questa favola di odio, vendetta e rimorso, all’indomani di un conflitto senza fine, comprendono la Puglia, la Basilicata e il Lazio. Tra i protagonisti Salma Hayek e Demián Bichir, affiancati da una troupe e da un cast stellare di calibro internazionale.

Di cosa parla Senza Sangue

Siamo all’inizio del XX secolo e Manuel Roca, un medico che vive con i suoi due figli in una fattoria isolata, conduce come sempre la sua vita nella campagna bruciata dal sole di una terra di frontiera. Un giorno, all’improvviso, quattro uomini armati prendono la strada sterrata che conduce a casa di Manuel, in cerca di vendetta. Quest’ultimo tenta disperatamente di proteggere i suoi figli, ma nulla può contro la ferocia degli aggressori.

Molti anni dopo, Nina, ormai adulta e unica sopravvissuta, incontra Tito, un venditore ambulante. L’incontro potrebbe sembrare casuale, ma non lo è. Tra i due si accende un confronto carico di tensione e diventa chiaro che la guerra è finita per molti, ma non per tutti. Il passato continua a bruciare nel presente, e la vendetta, come un’ombra lunga e ineluttabile, assume forme inaspettate.

Senza sangue Salma Hayek

Fonte: Ufficio stampa

Salma Hayek in Senza Sangue

Dove è stato girato

Alcune scene di Senza Sangue sono state realizzate negli studi di Cinecittà, ma la produzione non ha rinunciato all’autenticità di alcuni luoghi reali. “Non è la prima volta che un film viene girato a Martina Franca, ma è la prima volta che la nostra città viene scelta da una produzione cinematografica internazionale molto prestigiosa. Il centro storico andrà sul grande schermo in tutto il mondo con un importante ritorno di immagine ed economico“, si legge sulla pagina Instagram dell’assessore della cittadina pugliese. Tra Martina Franca, in Puglia, e la vicina Matera, in Basilicata, hanno preso vita molte scene del film nel 2022.

A Martina Franca, la scenografia e la logistica hanno impegnato più di 50 persone, che hanno trasformato il comune in una cittadina del Sud America per esigenze di copione. Infatti, sono state cambiate le insegne delle attività commerciali nelle piazze Maria Immacolata e Plebiscito e dell’adiacente via Garibaldi, poco distante dalla Cattedrale di San Martino. E, di conseguenza, nei pressi della piazza sono comparsi una tabacos loteria, una papelerìa, un café e una carnicería, e una vecchia fontana. Angelina Jolie ha passato diversi giorni nella Valle d’Itria, una parte della Puglia centrale tra Bari, Brindisi e Taranto che viene chiamata anche la valle dei trulli perché si possono trovare numerose abitazioni in pietra tipiche di quell’area geografica.

Matera

Fonte: iStock

Il centro di Matera

Per quanto riguarda la Basilicata, invece, la location centrale è stata Matera. Piazza San Pietro Caveoso, cuore dei Sassi di Matera, patrimonio dell’Umanità UNESCO, nel film si riconosce insieme ad alcune scene girate nei Rioni Sassi, offrendo così una nuova e affascinante promozione internazionale per la città. “Siamo certi che le immagini di Matera, immortalati sul grande schermo, attireranno visitatori da tutto il mondo, desiderosi di scoprire la magia e la storia che caratterizzano il territorio”, ha dichiarato il Commissario Straordinario, Raffaele Ruberto.

Quando si parla dei Sassi di Matera si intende la parte più antica della città divisa in tre aree: il Sasso Barisano, il Sasso Caveoso e la Civita. Tuttavia sono un capolavoro dell’ingegno e dell’adattamento dell’uomo di fronte alla difficoltà naturali e storiche e tutti i visitatori che la visitano restano a bocca aperta.

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I 6 borghi più belli dell’Alta Valle del Volturno, angolo incantato d’Italia

L’Alta Valle del Volturno è un angolo incantato al confine tra Lazio e Abruzzo, dove la natura incontaminata si intreccia con una storia millenaria e borghi antichi raccontano, passo dopo passo, il passato di un territorio autentico.

In questa zona del Molise, ci si ritrova avvolti da un’atmosfera differente: le strade di ciottoli, le torri medievali, le chiese affrescate e i paesaggi vegliati dai monti regalano un’esperienza di viaggio intima, lontana dai circuiti turistici di massa. È qui che si celano alcuni dei borghi più belli, tesori da scoprire con lentezza, ascoltando il silenzio e respirando il profumo della terra.

Fornelli, il borgo delle sette torri

Quando si arriva a Fornelli, si ha subito la sensazione di entrare in un luogo sospeso nel tempo. Parte del circuito ufficiale de I Borghi più Belli d’Italia, si erge fiero nell’Alta Valle del Volturno con l’impianto medievale ancora intatto e una cinta muraria tra le meglio conservate dell’intera regione. Le sue torri, ben sette, svettano a protezione di un centro storico dove ogni pietra racconta storie di nobili, abati e antiche dominazioni.

Fornelli nasce nel X secolo, come insediamento fondato dagli abati di San Vincenzo al Volturno, che contribuirono alla rinascita di queste terre dopo un periodo di decadenza. Passeggiando tra le stradine strette che si arrampicano lungo il colle, si incontrano architetture nobiliari, palazzi storici e scorci che appartenere un manoscritto antico.

Colpisce la maestosità del castello, trasformato nel Settecento in un palazzo fortificato, dove nel 1744 soggiornò persino Carlo III di Borbone. E poi c’è la splendida chiesa madre di San Michele Arcangelo, custode di un’arte sacra che vibra ancora tra le navate.

Colli a Volturno, la piccola Parigi del Molise

Chi si avventura fino a Colli a Volturno scopre una fiaba. Le tre colline boscose, sempreverdi e avvolte da una vegetazione rigogliosa, gli hanno valso l’affettuoso soprannome di “piccola Parigi” del Molise. Ma non è solo un paragone poetico: custodisce davvero tesori unici, che narrano secoli di storia e una connessione profonda con la natura.

Il borgo affonda le sue radici nel VII secolo a.C., ai tempi dei Sanniti, ma fu nel Medioevo che i monaci benedettini di San Vincenzo al Volturno ne favorirono lo sviluppo. E ancora oggi, camminando per il paese, si possono ammirare resti di un acquedotto romano e soprattutto la cinta muraria sannitica, lunga sei chilometri, che affascina archeologi e studiosi da ogni parte del mondo.

A poco più di 400 metri d’altitudine, domina una valle incantevole, in un susseguirsi di scorci naturali che lasciano senza fiato: da una parte le vette delle Mainarde, dall’altra i profili del Matese. Qui, il contatto con la natura è totale, ma sempre intrecciato con la memoria storica di un popolo che ha saputo custodire le proprie radici.

Cerro al Volturno, il borgo del castello

Panorama di Cerro al Volturno

Fonte: iStock

Veduta panoramica di Cerro al Volturno

Arrivando a Cerro al Volturno non si può fare a meno di alzare lo sguardo verso il castello che troneggia sull’intero abitato. Sospeso su uno sperone di roccia che emerge dalla pianura, il borgo appare protetto da una cornice di mura antiche e silenziose. È il racconto della difficoltà della costruzione in un luogo impervio, ma anche la sicurezza che la posizione strategica ha garantito per secoli.

Cerro prende il nome da un albero secolare, il quercus cerri, e custodisce un centro storico compatto, che si scopre facilmente a piedi. Tra le case, alcuni murales geometrici animano le facciate e accompagnano fino al cuore del paese: il Castello Pandone. Edificato per la prima volta nel X secolo e ricostruito nel Quattrocento, ha saputo adattarsi alle forme della roccia, dando vita a un edificio irregolare ma affascinante, simbolo della forza e della tenacia del borgo molisano.

Le mura storiche che racchiudono il paese risalgono al XIV secolo e conservano ancora le tracce delle torri e delle abitazioni che vi si appoggiavano. Un piccolo mondo arroccato che resiste al tempo, fedele alla sua identità.

Rocchetta a Volturno, tra storia e spiritualità

Rocchetta a Volturno è un borgo doppio, diviso tra l’antico nucleo di Rocchetta Alta e la parte più recente costruita più a valle, Rocchetta Nuova. Una duplice anima che racconta la storia di un paese resiliente, che ha saputo reinventarsi senza perdere le proprie radici.

Arroccata sulla montagna, Rocchetta Alta custodisce i resti della Rocca medievale e regala panorami da sogno, mentre a valle, Rocchetta Nuova si sviluppa con ordine ottocentesco, frutto del trasferimento della popolazione in seguito a problemi di stabilità del terreno. Ma la vera perla del territorio è l’Abbazia di San Vincenzo al Volturno, uno dei più antichi monasteri d’Italia. Fondata nell’VIII secolo, l’abbazia ha attraversato secoli di distruzioni, rifacimenti e restauri, fino a ritrovare nel Novecento, grazie a un intervento attento, le forme gotiche del XIII secolo. Al suo interno si conservano rari affreschi di epoca longobarda, testimoni di un’arte perduta che riesce sempre a commuovere.

Non meno importante è la memoria storica legata alla Seconda Guerra Mondiale: nelle vicinanze si combatté duramente, e il Museo delle Guerre Mondiali ne custodisce le tracce e le storie.

Montenero Val Cocchiara, tra storia e spiritualità

Montenero Val Cocchiara è un piccolo scrigno di storia che si apre tra le colline molisane, abitato da poco più di 500 anime ma carico di un fascino antico. Le sue origini risalgono al lontano XI secolo, quando era un feudo dell’Abbazia di San Vincenzo al Volturno. Ma è già nel Chronicon Volturnense del 975 che si trova traccia del borgo, allora chiamato Mons Niger.

Nel XII secolo sorgeva già una chiesa dedicata a Santa Maria, oggi nota come Santa Maria di Loreto, che con la sua facciata austera, il portale settecentesco e il campanile svettante invita al raccoglimento e all’ammirazione. All’interno, spicca un altare del 1754 decorato con raffinati intarsi floreali, testimonianza di una sensibilità artistica raffinata.

Il centro storico, racchiuso da mura in pietra grigia e dominato dal maestoso Palazzo Ducale del 1891, è una vera perla da esplorare. Le numerose chiese, cappelle e luoghi sacri punteggiano il paese, rendendolo uno dei centri spiritualmente più ricchi della zona.

E tutto intorno, il paesaggio si apre sulla vallata del Pantano della Zittola, con le sue atmosfere quasi carsiche e una bellezza aspra, che conquista al primo sguardo.

Pizzone, il cuore selvaggio della Valle

Centro storico di Pizzone

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Scorcio del centro di Pizzone

Nascosto tra i boschi di faggio e acero, Pizzone è un piccolo paradiso verde che domina la valle Ura dal monte Mattone. Qui la natura detta ancora le sue leggi, e il borgo vive in perfetta armonia con l’ambiente circostante. Nei dintorni, si possono incontrare specie rare come l’orso bruno marsicano, l’aquila reale e i cervi, mentre il silenzio dei boschi accompagna i passi di chi esplora simili luoghi senza tempo.

Pizzone vanta ancora intatte le tre antiche porte di accesso, che delimitavano i vari nuclei abitativi poi fusi nel borgo attuale. Porta Lecina, Porta dei Santi e Porta Borea sono come varchi in un passato che continua a vivere tra le pietre.

Nel centro storico, la chiesa di San Nicola rivela l’anima antica, emersa dopo il terremoto del 1984, mentre numerose cappelle devozionali punteggiano il territorio e raccontano una fede semplice e radicata, plasmata di riti e silenzi.

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Castello Ruspoli e il suo incredibile giardino: la magia in questo luogo è di casa

Ci sono luoghi che proiettano direttamente in un sogno coloro che li visitano, sono quei posti un po’ magici in cui la mano dell’uomo e quella della natura hanno lavorato insieme per dare vita alla meraviglia più incredibile.

E sono anche i posti che vale la pena raggiungere nella stagione giusta quando i colori catturano lo sguardo. Accade, ad esempio, nel cuore dell’Italia: nel nord del Lazio, infatti, si trova un antico castello che custodisce anche uno dei giardini rinascimentali più belli, importanti e meglio conservati d’Europa.

Siamo a Vignanello, in provincia di Viterbo, dove possiamo ammirare Castello Ruspoli e i suoi giardini affascinanti. Qui ci sono tutti gli ingredienti per rendere questo luogo la meta perfetta per una gita o una vacanza, magari in primavera quando la natura si riveste delle sue sfumature più belle e ammalianti.

Tutto quello che devi sapere su Castello Ruspoli e sul suo splendido giardino in stile rinascimentale.

Dove sono Castello Ruspoli e il suo giardino

Nel cuore dell’Italia esiste un luogo in cui la bellezza ha una delle sue dimore più affascinanti. Ci troviamo nel nord del Lazio, nella Tuscia, in provincia di Viterbo. Qui, nel comune di Vignanello, si trovano Castello Ruspoli e il suo giardino.

Questo antico edificio è in via dell’Uliveto e si può raggiungere facilmente e in poco tempo non solo da Viterbo, da cui dista solamente 18 chilometri, ma anche da Roma: infatti la distanza che separa il maniero dalla Capitale è di soli 71 chilometri. Per chi vuole, invece, arrivare qui da altre parti d’Italia o d’Europa è bene sapere che la distanza da Fiumicino è di 92 chilometri.

Cosa vedere

Raggiungere questo luogo nel Lazio significa fare una passeggiata nella storia, il castello, infatti, può essere fatto risalire a tempi davvero antichi: basti sapere che è stato donato da papa Clemente VII nel 1531 a Beatrice Farnese Baglioni, la figlia Ortensia poi sposò Ercole Sforza Marescotti e come dote aveva proprio il maniero. Ma l’origine è precedente e potrebbe essere fatta risalire all’847 quando era una rocca fortificata, poi trasformata in convento per i monaci Benedettini.

Quello che vediamo oggi, a quanto pare, è il risultato di lavori successivi e risalenti proprio al 1500. La pianta è a base quasi quadrata e la struttura è dotata di quattro torrioni angolari, mentre nel perimetro vi è un fossato.

La realizzazione del giardino che si trova alle spalle del maniero, invece, è avvenuta successivamente: nel 1610 fu voluto da Ottavia Orsini, il papà era il creatore del giardino di Bomarzo. All’italiana e in stile rinascimentale, è meraviglioso e può essere ammirato ancora oggi.

Questa area è composta da un giardino di verdura, con siepi che costruiscono bellissimi disegni e con al centro una fontana, poi vi è quello che viene definito giardino segreto con fiori che sbocciano colmando lo sguardo di meraviglia e colori. Completano il tutto il Barchetto e il Barco.

Quando si visita questo luogo si possono esplorare sia gli interni del castello che il giardino, ma anche scoprire fotografie e ritratti d’epoca per conoscere meglio le persone che qui hanno vissuto e che sono legate a questo edificio.

Chiaramente merita una visita anche il paese, alla scoperta della sua storia e degli edifici religiosi e civili di tante epoche differenti che lo punteggiano. Senza dimenticare i Connutti, antichi passaggi che si trovano sottoterra sotto il paese.

Quando andare

Il periodo migliore per visitare il Catello Ruspoli e il suo giardino è senza dubbio la primavera, per poter godere delle belle giornate e ammirare questo luogo con la luce e i colori di questa stagione. Il Castello, comunque, è accessibile per gran parte dell’anno ed è possibile affittarlo per eventi e cerimonie.

Info utili per programmare la visita

Raggiungere il Castello e il giardino è semplice e in auto da Viterbo o da Roma ci si mette davvero pochissimo.

Le aperture al pubblico avvengono unicamente il venerdì, il sabato e la domenica (oltre alle giornate festive) dal mese di febbraio a quello di dicembre (con chiusura a luglio). Ovviamente si tratta di date che possono subire variazioni per cui è sempre bene verificare l’effettiva possibilità d’accesso.

Nella visita, che è guidata e ha una durata di circa un’ora, sono compresi gli interni, il giardino e sono inclusi il parcheggio custodito e la possibilità di rimanere nell’area esterna (ovvero Giardino Rinascimentale e Parco della Marescotta) anche dopo.

Nel dettaglio si potranno ammirare: le principali sale del Piano Nobile, la Cappella di Santa Giacinta Marescotti, i Giardini Rinascimentali.

La prenotazione è obbligatoria e il prezzo del biglietto varia: adulti e ragazzi oltre i 15 anni pagano 15 euro, dai 5 ai 15 anni pagano dieci euro, mentre è gratuito l’ingresso ai bambini fino ai 5 anni e per i visitatori con disabilità.

Ci sono degli slot orari a cui attenersi: 10, 11:15, 12:30, 15 e 16:15, mentre il venerdì l’apertura – secondo quanto è segnalato nel sito – è unicamente pomeridiana.

Un luogo da conoscere e da scoprire in tutta la sua meraviglia e che fa parte della Rete Dimore Storiche del Lazio.

Giardino rinascimentale all'italiana di Castello Ruspoli

Fonte: Getty

Il suggestivo giardino rinascimentale all’italiana di Castello Ruspoli
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A Tivoli, relax in uno dei centri termali più belli del Lazio, ecco le Terme di Roma

Acque Albule Terme di Roma, note anche come Terme di Tivoli, rappresentano un’oasi di benessere situata a Tivoli Terme, a breve distanza dalla capitale italiana. Questa storica struttura termale offre nel Lazio una combinazione unica di trattamenti terapeutici e servizi dedicati al relax, il tutto immerso in un ambiente che fonde tradizione e modernità.

Le origini di queste terme risalgono già ai tempi dell’imperatore Augusto e sono state menzionate da scrittori latini quali Plinio il Vecchio e Virgilio nell’Eneide. Dopo un periodo di declino, le terme furono riscoperte nel Rinascimento e valorizzate da illuminati signori, tra cui il Cardinale Ippolito d’Este, che ne apprezzò le proprietà terapeutiche e realizzò i primi sondaggi nella profondità dei laghi.

Ancora oggi, le Acque Albule, di tipo sulfureo e ipotermale, sgorgano a una temperatura costante di 23°C dai laghi Regina e Colonnelle, mantenendo inalterate le loro proprietà benefiche. Il centro termale dispone di quattro piscine esterne con acqua sulfurea e si presenta come un luogo in cui storia e natura si fondono, regalando un’esperienza di relax e rigenerazione unica.

Come arrivare alle Terme di Roma

Le Terme di Roma si trovano in Via Tiburtina Valeria a Tivoli Terme (RM). Per chi proviene da Roma, è possibile raggiungere la struttura in auto in maniera rapida, percorrendo la Via Tiburtina (SS5) in direzione Tivoli.

In alternativa, dalla stazione ferroviaria di Roma Tiburtina, si può prendere un treno regionale in direzione Tivoli e scendere alla stazione di Bagni di Tivoli, situata a breve distanza dalle terme. Sono disponibili anche autobus Cotral che collegano Roma a Tivoli Terme con fermate vicine all’ingresso delle terme.

Giorni di apertura e orari delle Terme di Tivoli

La SPA termale “Le Vie del Benessere” di Acque Albule Terme di Roma osserva i seguenti orari:

  • Lunedì al Venerdì: 10:00 – 17:00
  • Sabato: 10:00 – 18:00 (previa prenotazione)
  • Domenica e Festivi: 10:00 – 17:00 (previa prenotazione)
  • Martedì: Chiuso

È consigliata la prenotazione anticipata per la visita al centro termale di Tivoli, soprattutto nei giorni festivi e prefestivi, per garantire l’accesso ai servizi desiderati.

Prezzi delle Terme di Roma

Le tariffe per l’accesso alla SPA termale sono le seguenti:

  • Giorni feriali (Lunedì – Venerdì): €45,00
  • Giorni festivi e prefestivi: €50,00

Le Terme di Tivoli offrono anche pacchetti speciali e promozioni in determinati periodi dell’anno. Si consiglia ai visitatori di consultare sempre il sito ufficiale o di contattare direttamente la struttura per informazioni aggiornate sulle offerte disponibili.

Trattamenti e servizi delle Terme di Roma

La SPA termale “Le Vie del Benessere” alle Terme di Tivoli offre davvero molteplici servizi e trattamenti pensati appositamente per il benessere e il relax dei visitatori, tra cui:

  • Piscina termale interna sulfurea: dotata di getti d’acqua posizionati strategicamente per massaggiare tutti i muscoli, dalla cervicale alla pianta dei piedi.
  • Idromassaggio: un bagno distensivo ideale per rilassarsi dopo aver percorso il percorso vascolare.
  • Percorso vascolare Kneipp: alternanza di acqua fredda (24°C) e calda (37°C) per stimolare la circolazione e ridare energia alle gambe affaticate.
  • Sauna e bagno turco: per purificare il corpo e ottenere un effetto detossificante.
  • Doccia aromatica: getti d’acqua con essenze profumate ad effetto rilassante.
  • Sala relax con tisaneria: spazio dedicato al riposo, dove è possibile degustare diverse tisane per reintegrare i liquidi persi.

Oltre ai servizi inclusi nell’ingresso alla SPA, le Terme di Roma a Tivoli propongono una serie di trattamenti estetici e terapeutici, tra cui:

  • Massaggi terapeutici e rilassanti: come il massaggio svedese, californiano e l’antico massaggio termale romano.
  • Trattamenti viso e corpo: come il Body Skin Scrub, trattamenti anti-age e specifici per pelli sensibili.
  • Rituali di coppia: esperienze condivise per momenti di relax in due.

Informazioni utili sulle Terme di Roma

Ecco una serie di altre informazioni che possono essere utili ai viaggiatori che decidono di visitare Tivoli Terme, nei pressi di Roma, per trascorrere una o più giornate di relax e concedersi delle vere e proprie coccole di benessere.

  • Parcheggio: le Terme di Roma dispongono di un parcheggio gratuito per i clienti, situato nelle immediate vicinanze dell’ingresso principale.
  • Accessibilità: la struttura è attrezzata per accogliere persone con disabilità motorie, garantendo l’accesso facilitato a tutte le aree della SPA e dei servizi termali.
  • Kit di cortesia: incluso nel prezzo d’ingresso, comprende accappatoio, cuffia, telo e ciabattine. È obbligatorio l’uso del costume da bagno.
  • Accesso ai minori: i bambini sotto i 14 anni non possono accedere alla SPA. I ragazzi dai 14 ai 16 anni possono accedere solo con un certificato medico di idoneità e devono essere accompagnati dai genitori. I ragazzi dai 16 ai 18 anni possono accedere con un’autocertificazione dei genitori e devono essere accompagnati.
  • Convenzioni: Acque Albule Terme di Roma sono convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e per questo offrono la possibilità di godere di cure per patologie quali la psoriasi, nonché terapia inalatoria, balneoterapia, fangoterapia, cura idropinica e anche terapia sordità rinogena.
  • Contatti: per ulteriori informazioni o prenotazioni, è possibile contattare il centralino al numero (+39) 0774 408500 o inviare una email a info@termediroma.org.
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Il lago di Bracciano è balneabile: allo scoperta delle spiagge più belle

Terzo per estensione nel Centro Italia, dopo il lago Trasimeno e il lago di Bolsena, si sviluppa su una superficie di oltre 55 km quadrati, ed è una popolare località turistica e balneare del nostro Paese. Parliamo dell’affascinante Lago di Bracciano, in provincia di Roma, cuore del parco naturale regionale di Bracciano-Martignano, area protetta del Lazio, di origine vulcanica e una destinazione molto ambita dai viaggiaotori provenienti da tutto il mondo.

Ciò è dovuto allo splendido paesaggio che lo circonda e alle acque balneabili, considerate tra le più pulite d’Italia, grazie anche al divieto di navigazione per i veicoli a motore – con esclusione dei pescatori muniti di licenza e della motonave che effettua servizio stagionale fra i tre centri del bacino.

Le spiagge del Lago di Bracciano

Ma ad attrarre i visitatori sono soprattutto le spiagge, dove potersi prendere una pausa dallo stress e trascorrere giornate di puro relax e divertimento.

Tra le più belle, spicca la spiaggia di Lungolago Argenti, una delle più frequentate, costellata di locali e stabilimenti dove praticare sport acquatici o prendere lezioni di windsurf, e alla sera sorseggiare un cocktail ascoltando buona musica in compagnia. Qui si alternano sabbia e sassi, ma dovete fare molta attenzione alle acque, che in questo punto diventano subito molto profonde, per cui potrebbe non essere l’ideale se siete con dei bambini piccoli.

La spiaggia di Vigna di Valle si trova invece nel comune di Anguillara Sabazia. Ubicata all’interno di un piccolo golfo sulla sponda meridionale del lago di Bracciano, presenta una sabbia fine scura ed è adatta a tutti, perché qui l’acqua digrada più dolcemente. Lungo la zona litoranea si possono trovare sia stabilimenti che tratti di spiaggia libera dove portarsi dietro sdraio e ombrellone.

Chi cerca una spiaggia dove far correre felice il proprio cane e permettergli un bel bagno nelle acque del lago, troverà in quella dei Gabbiani una fantastica soluzione pet-friendly . Ci si arriva tramite un sentiero sterrato che si trova sulla strada provinciale 1F al km 5.

Non mancano chiaramente altre spiagge, alcune libere ed altre con stabilimenti balneari e servizi per potersi divertire a tutte le età.

Trevignano Romano, Lazio

Fonte: iStock

Una delle spiagge del Lago di Bracciano

Sport e attività da fare sul lago di Bracciano

Oltre alle splendide spiagge, questa perla del Centro Italia permette di fare anche tantissime altre attività diverse. Per esempio, è possibile praticare vela con imbarcazioni di piccola dimensione, al punto che sul territorio di Trevignano Romano esistono anche circoli velici che propongono varie soluzioni adatte a tutti.

La stessa costa consente anche di praticare windsurf, sia per esperti sia per chi vuole imparare, wingfoil e windsurf foil, soprattutto quando a soffiare è il vento di ponente.

Tendenzialmente l’acqua del lago di Bracciano, al mattino o all’ora di pranzo, è piatta, calma come uno specchio, una condizione che facilita tantissimo la possibilità di esplorarlo in canoa o sup, con le dovute dotazioni per la sicurezza. Si può chiaramente utilizzare anche il kayak marino, che con esperienza è divertente anche se ci sono delle onde.

Infine, da non dimenticare sono:

  • Nuoto: i migliori momenti per praticarlo sono al mattino, quando il lago è piatto, o la sera non appena cala il vento e il sole inizia a tramontare;
  • Snorkeling: grazie ad acqua particolarmente limpida è possibile fare interessanti avvistamenti con maschera e boccaio;
  • Pesca: è concessa sia come attività professionale che come attività sportivo-dilettantistica.
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Cosa vedere nel Lazio oltre Roma: a spasso nella regione tra luoghi famosi e posti insoliti

Roma è splendida e questo lo sappiamo bene. Quello che molti di noi non sanno, insieme a tanti turisti stranieri provenienti da ogni parte del mondo, è che questa regione ha tanto altro da offrire oltre il fascino storico della Capitale. Dovunque ci sono tesori poco conosciuti pronti a stupire: dalla necropoli etrusca di Tarquinia a Palazzo Farnese a Caprarola, fino alle cittadine arroccate, ai castelli e ai parchi.

Anche il ministero e assessorato al turismo del Lazio, per aiutare i visitatori a scoprire queste bellezze, soprattutto in un anno importante come il Giubileo, ha lanciato la campagna social “#Romaenonsolo – C’è tutto un Lazio intorno”. Si tratta di uno strumento utile sia per promuovere e valorizzare il patrimonio turistico regionale che per dare un po’ di respiro a Roma e portare i turisti verso mete insolite e affascinanti.

L’idea ci piace molto e per questo vogliamo contribuire condividendo i nostri consigli su cosa vedere nel Lazio oltre Roma, 10 mete pensate per portarvi a spasso nella regione tra luoghi famosi e posti insoliti.

Lago di Nemi

Seppur più piccolo e raccolto, il lago di Nemi non ha nulla da invidiare al più conosciuto lago Albano. Anche questo di origine vulcanica, il lago di Nemi è situato nel territorio dei Castelli Romani e occupa il fondo dell’antico Vulcano Laziale, attivo fino a 30.000 anni fa. Il nome deriva da Nemus Danae”, bosco sacro dedicato alla dea Diana che pare sorgesse non lontano dal lago. Ecco perché, facendo una passeggiata intorno alle sue acque, troverete anche il Tempio di Diana.

Terminata la passeggiata, non dimenticate di salire verso Nemi, riconosciuto Borgo Bandiera Arancione e famoso per le fragoline di bosco. Dal colore vivace e dal sapore intenso, sono le protagoniste di una leggenda: si dice che nacquero dalle lacrime versate da Venere per la morte di Adone, poi trasformate in cuori rossi. A quanto pare, le fragole possedevano dei poteri, come quello di allontanare i serpenti presenti nei boschi. Durante la raccolta, che avviene tra maggio e ottobre, viene organizzata anche la Sagra delle Fragole.

Lago Nemi Lazio

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Il lago di Nemi

Sora e la cascata di Isola del Liri

Cosa vedere nel Lazio se non i suoi borghi? Uno dei più belli è sicuramente quello di Sora, in provincia di Frosinone. Racchiuso tra i piccoli rilievi dell’Appennino Centrale, è stato la città natale del regista Vittorio De Sica. La sua casa, situata nel quartiere Canceglie, è il punto di partenza ideale per scoprire il suo grazioso centro storico composto da strade acciottolate, scalinate che si arrampicano fra le case e piazzette nascoste. E se questo non fosse abbastanza, potrete godere di una bella vista sulla valle del fiume Liri.

Completate la vostra visita raggiungendo la famosa Isola del Liri, distante cinque minuti di auto da Sora. Qui, l’attrazione principale è la Cascata Grande alta 27 metri, unico esempio di cascata nel centro cittadino in Italia e una delle pochissime del mondo.

Palazzo Farnese a Caprarola

Il Palazzo Farnese di Caprarola, conosciuto anche come Villa Farnese, è uno dei più affascinanti esempi di dimora rinascimentale di tutta Europa. Potete tranquillamente spendere un’intera giornata in questo tesoro della Tuscia, ammirando tanto le stanze affrescate quanto gli splendidi giardini. Costruito intorno alla metà del XVI secolo, Palazzo Farnese è allo stesso tempo fortezza, palazzo e villa.

Vanta interni magnifici, come la Scala Regia, una monumentale scala a chiocciola opera di Jacopo Barozzi da Vignola, o le stanze affrescate dai nomi che fanno sognare, come la Stanza delle Carte Geografiche, degli Angeli o dei Filosofi. E poi ci sono i giardini, unici con le loro composizioni geometriche, i labirinti e le fontane con i giochi d’acqua.

Civita di Bagnoregio

Non è un luogo sconosciuto, ma se parliamo di cosa vedere nel Lazio non possiamo non citare Civita di Bagnoregio. Situata in provincia di Viterbo, Civita di Bagnoregio è anche conosciuta come la “città che muore” a causa dell’erosione graduale del terreno argilloso che ne minaccia la sopravvivenza.

Di origine etrusca, il borgo è considerato uno dei più belli d’Italia, abitato da sole 13 persone e da tanti gatti. A conquistare i visitatori è la vista del borgo dal belvedere, oltre che la passeggiata di circa 200 metri sul ponte scenografico che porta all’ingresso.

Santuario di Greccio

Andiamo in provincia di Rieti, dove si trova una delle mete di pellegrinaggio più famose d’Italia. Stiamo facendo riferimento alla Valle Santa e ai Santuari Francescani dove è facile percepire spiritualmente la presenza di San Francesco che in questi luoghi trascorse gran parte della sua vita terrena. Uno dei luoghi più famosi è sicuramente il Santuario di Greccio, tra le mete laziali più belle da visitare per chi vuole scoprire la regione oltre Roma.

Il santuario, situato a circa 15 minuti dal centro di Rieti, sorge a oltre 600 metri di altezza ed è immerso in uno scenario dal fascino innegabile. Il Santuario di Greccio è famoso anche come la “Betlemme d’Italia” perché qui, nel 1223, venne celebrato il Natale da San Francesco con il ricordo della Natività, il primo presepe del mondo.

Giardini di Ninfa

Chi desidera lasciare Roma per fare un’immersione nella natura, può fare tappa ai Giardini di Ninfa, dichiarati Monumento Naturale dalla Regione Lazio nel 2000. Situato a Cisterna di Latina, questo giardino prende il nome da un tempio di epoca romana costruito nei pressi dell’attuale giardino e dedicato alle divinità delle acque sorgive, le Ninfe Naiadi. In 8 ettari di verde vivono oltre 1300 diverse specie di piante provenienti da ogni parte del mondo. All’interno del giardino si trovano ciliegi e meli ornamentali che in primavera fioriscono, magnolie decidue, betulle, iris palustri e un’ampia varietà di aceri giapponesi.

Il tutto è reso ancora più speciale dalla presenza di ruscelli, laghetti e del fiume Ninfa che scorre fra i ruderi ricoperti di verde della città perduta.

La Riviera di Ulisse

Non solo borghi, parchi magici e laghi meravigliosi, nel Lazio c’è anche il mare. Al confine con la Campania si trova la Riviera di Ulisse, chiamata così per sottolinearne l’origine mitologica, ricca di luoghi tutti da scoprire. Il fascino di questi paesaggi, composti da rocce a strapiombo, calette e insenature sabbiose, conquistò anche l’imperatore Tiberio che, nel I secolo d.C., fece costruire a Sperlonga una villa i cui resti sono ancora visitabili. Luogo di villeggiatura fin dai tempi dei romani, qui sorsero diverse città latine: oltre la già citata Sperlonga, ci sono Gaeta, Formia e Terracina.

Tra le cose da vedere c’è sicuramente il tempio romano di Giove Anxur, nella città di Terracina che, secondo la leggenda, vide il peregrinare dell’eroe narrato da Omero. Chi desidera fare delle escursioni, inoltre, può percorrere alcuni sentieri, mentre chi cerca comfort e relax può prenotare un tour in barca e ammirare i panorami dal punto di vista privilegiato offerto dal mare.

Il borgo di Ariccia

Non distante da Roma, situato nel territorio dei Castelli Romani, c’è l’incantevole borgo di Ariccia che conquista subito con il ponte a tre ordini di arcate alto quasi 60 metri: costruito nella metà del XIX secolo, è lungo circa 300 metri e porta i visitatori al cuore della città. Una volta arrivati andate in Piazza della Repubblica per ammirare le due fontane del Bernini, visitate la Colleggiata di Santa Maria Assunta e Locanda Martorelli, Palazzo Chigi e il Parco Chigi adiacente. Ovviamente non dimenticate di assaggiare le specialità della cucina locale, una su tutte la famosa porchetta di Ariccia.

Parco Naturale Regionale Monti Simbruini

Chi dalla Capitale vuole trascorrere un weekend tra le montagne, può raggiungere il Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini. Quest’area protetta degli Appennini, compresa tra le province di Roma e Frosinone, offre tante possibilità per fare trekking o escursioni a cavallo, oltre che sci di fondo e passeggiate con le ciaspole d’inverno. Qui verrete conquistati dal paesaggio naturale, tra boschi di faggi, querce, castagni e ginepri, oltre che corsi d’acqua e sorgenti e le vette che superano di poco i 2000 metri.

Con i suoi 30.000 ettari circa di territorio protetto, rappresenta un luogo fondamentale in Lazio per la grande importanza rivestita dalla sua biodiversità che annovera molte specie protette e in via di estinzione. Tra le escursioni più amate c’è anche il Cammino delle Abbazie che, ai paesaggi naturali, unisce il fascino dei luoghi d’arte e storia sulle orme di San Benedetto, Patrono d’Europa tra l’anno 525 e 529.

L’isola di Ponza

Concludiamo i nostri consigli su cosa vedere nel Lazio con l’isola di Ponza, ideale per chi ha qualche giorno di vacanza e desidera trascorrerlo al mare. Le isole pontine davanti al Golfo di Gaeta sono la destinazione perfetta per nuotare in acque cristalline e passeggiare tra le strade di borghi dai colori pastello. Ponza, in particolare, offre l’atmosfera ideale: verrete accolti dal porto borbonico semicircolare costruito tra il 1772 e il 1793 all’ombra dell’antica torre fortificata dei Borboni, sovrastato dal centro storico composto di piazze ricche di negozi di artigianato, ristoranti e spiagge di ciottoli.

Di origine vulcanica, per ammirarla al meglio consigliamo di prenotare una gita in barca, ideale anche per scoprire le altre isole come Ventotene, Palmarola, Zannone, Gavi e Santo Stefano. Oppure, se amate fare snorkeling, i fondali di Ponza sono perfetti.

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La Valle del Tevere: un viaggio tra natura, borghi e storia

Nel cuore dell’Italia, tra le sinuose colline dell’Umbria e del Lazio, il Tevere scolpisce una valle di rara bellezza, un vero e proprio scrigno che custodisce tesori storici e naturalistici tutti da scoprire.

Qui, dove il fiume segna il ritmo lento della vita, il viaggio si trasforma in un’esperienza da assaporare senza fretta, per lasciarsi avvolgere dalla quiete della natura e dal fascino senza tempo di borghi arroccati su colline verdeggianti.

Le riserve naturalistiche: il polmone verde della Valle del Tevere

Chi visita la Valle del Tevere si ritrova immerso in un paesaggio che alterna dolci colline, boschi rigogliosi e specchi d’acqua che riflettono i colori del cielo. In particolare, due riserve spiccano per la loro unicità: la Riserva Naturale Nazzano Tevere-Farfa e la Riserva Naturale del Monte Soratte, che donano scenari indimenticabili e un incontro autentico con la biodiversità.

La Riserva Naturale Nazzano Tevere-Farfa

È il 1979 quando il Lazio istituisce la sua prima riserva naturale, scegliendo un’area unica nel suo genere: la Riserva Naturale Nazzano Tevere-Farfa che si estende tra le province di Roma e Rieti e tocca i comuni di Torrita Tiberina, Nazzano e Montopoli di Sabina.

Qui, dove l’acqua è regina, la natura ha trovato il suo equilibrio. Su una superficie di 700 ettari, in cui il Tevere, il suo affluente Farfa e il lago artificiale di Nazzano ricoprono quasi la metà del territorio, il clima e la conformazione del terreno offrono un rifugio ideale per numerose specie di uccelli. Il falco pellegrino, dal volo veloce e preciso, il nibbio bruno, signore dei cieli, e l’elegante airone cenerino sono soltanto alcuni degli abitanti della riserva. Osservarli nel loro ambiente naturale, magari durante una gita in barca lungo il Tevere, è un’emozione da vivere.

Prima di lasciare la riserva, una tappa al Museo del Fiume è d’obbligo. Ospitato negli antichi granai e nelle scuderie del Castello Savelli, propone un viaggio affascinante al cospetto della storia, della natura e dell’archeologia della zona, con esposizioni interattive che permettono di comprendere il rapporto millenario tra l’uomo e il fiume.

La Riserva Naturale Monte Soratte

A nord di Roma, isolato nel paesaggio pianeggiante della Valle del Tevere, il Monte Soratte svetta come un’isola di roccia calcarea, ricca di fascino e mistero. La sua conformazione geologica ha dato vita, nei secoli, a un intricato sistema di grotte e cavità, tra cui spicca la Grotta di Santa Lucia, custode di segreti antichissimi.

Ma il Monte Soratte non è solo un paradiso naturalistico. Fin dall’antichità, è stato considerato sacro e, nei secoli, ha accolto eremiti e monaci. Ancora oggi è possibile percorrere il suggestivo “Sentiero degli Eremi“, un itinerario che si snoda tra natura e spiritualità, passando per antichi luoghi di preghiera incastonati nella roccia.

I borghi della Valle del Tevere: gioielli di storia e tradizione

Meraviglioso borgo di Casperia

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Suggestivo panorama del borgo di Casperia, Lazio

Percorrere la Valle del Tevere significa conoscere un mosaico di borghi incantevoli, ognuno con una storia da raccontare e un’atmosfera senza tempo. Casperia, Stimigliano, Roccantica, Capena, piccoli scrigni di arte e cultura, solo per fare qualche esempio. E poi c’è l’Abbazia di Farfa, capolavoro dell’architettura religiosa.

Casperia: un viaggio nel cuore del Medioevo

Citata da Virgilio nell’“Eneide” e celebrata dal viaggiatore Ferdinand Gregorovius nell’Ottocento, Casperia è un autentica perla della Sabina, insignita della Bandiera Arancione dal Touring Club.

Il centro storico, dalla chiara impronta medievale, è un dedalo di vicoli lastricati e case in pietra che si arrampicano lungo il colle. Qui le automobili non possono entrare: l’unico modo per scoprire Casperia è a piedi, per godere di una vista spettacolare sulle dolci colline sabine.

Stimigliano: la sentinella della Sabina

Affacciato sul Tevere, Stimigliano assomiglia a un silenzioso guardiano della Valle.

Il borgo, caratterizzato dalle mura medievali e dal Castello Orsini che si erge fiero, è un ottimo punto di accesso alla Sabina. Una passeggiata lungo il centro storico rivela scorci da fiaba, mentre la Chiesa dei Santi Cosma e Damiano testimonia il profondo legame con la spiritualità e la tradizione.

Superato il ponte che scavalca il fiume, si arriva alla parte più moderna del paese, nata attorno a un’antica fabbrica di ceramica e alla stazione ferroviaria, segno del connubio tra passato e presente.

Roccantica: tra leggende e natura incontaminata

Chi arriva a Roccantica non può che restare incantato dalla sua posizione: un borgo che si sviluppa lungo i pendii della montagna, nell’abbraccio di boschi rigogliosi e avvolto da un’aura di mistero.

Qui si tramanda la leggenda della dolina di Revotano, un’enorme cavità nella terra che, secondo la tradizione, avrebbe inghiottito un antico villaggio.

Camminando tra le stradine medievali si incontrano chiese di epoche differenti e un castello che sembra appartenere al regno delle favole. Ma Roccantica è anche il luogo ideale per riscoprire sapori autentici, in cui la cucina locale diventa un viaggio sensoriale tra antiche ricette e i prodotti della terra.

Capena: arte e storia tra le colline laziali

Domina la Valle del Tevere dalla sua posizione strategica, tra la via Flaminia e la Tiberina. Capena è una città d’arte il cui cuore pulsante è Piazza del Popolo, dove si affacciano il Municipio e la maestosa Chiesa di San Michele, il Duomo cittadino.

Per scoprirne l’anima più antica occorre addentrarsi fino alla zona de “La Rocca”, con le sue suggestive testimonianze storiche. Poco lontano, il sito archeologico di Lucus Feroniae racconta il passato sabino della città e svela l’eredità di un’antica civiltà.

L’Abbazia di Farfa: un gioiello sacro immerso nella natura

Suggestiva Abbazia di Farfa

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Particolare dell’Abbazia di Farfa

Nel cuore della Sabina, in un paesaggio di uliveti secolari da cui nasce un prelibato olio extravergine d’oliva, sorge l’Abbazia di Farfa, uno dei monasteri più affascinanti d’Italia.

Dichiarata Monumento nazionale nel 1928, tale meraviglia architettonica affonda le radici nel VI secolo, ed è custode di secoli di storia e spiritualità. Il monastero e la basilica si distinguono per la straordinaria fusione di stili, testimoni dei diversi periodi storici che ne hanno contraddistinto l’esistenza.

Oggi, l’Abbazia di Farfa si presenta come un’oasi di pace e raccoglimento, dove il tempo sembra rallentare e la natura abbraccia con dolcezza il passato.

La Via Francigena e le escursioni nella Valle del Tevere

Attraversata dalla storica Via Francigena, la Valle del Tevere è una meta imperdibile per gli amanti del trekking e delle esperienze outdoor. Sentieri segnalati dal CAI conducono alla scoperta dei Monti Sabini, con itinerari che lambiscono cime panoramiche come il Monte Pizzuto e il Monte Tancia.

Per chi cerca un angolo di tranquillità, i Prati di Cottanello si rivelano la scelta migliore per una passeggiata a pieno contatto con la natura oppure per un picnic tra i profumi della campagna. Gli appassionati di arrampicata, invece, troveranno nelle falesie di Roccantica e Configli una sfida eccezionale, con pareti rocciose che si stagliano su scenari difficili da descrivere a parole.