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È stata scoperta una sfinge che sorride

L’Egitto, terra di antiche testimonianze di una civiltà lontanissima da noi, continua a regalarci sorprese: nelle ultime settimane, gli archeologi hanno portato alla luce una struttura d’epoca romana che conteneva qualcosa di unico. All’interno di una vasca, infatti, è stata ritrovata una sfinge che sorride. Di che cosa si tratta?

La nuova scoperta in Egitto

Nei giorni scorsi si è parlato moltissimo del tunnel segreto individuato all’interno della Piramide di Cheope, una scoperta che potrebbe finalmente condurci verso la tanto cercata (e finora mai trovata) tomba del faraone. Ma questo non distoglie l’attenzione da altri siti archeologici, dove continuano ad emergere reperti davvero curiosi e interessanti. È il caso del recente ritrovamento avvenuto nei pressi di Dendera, un’antica città egiziana famosa per il suo tempio d’epoca greco-romana dedicato alla dea Hathor.

Proprio nell’area a est del tempio, una missione guidata dall’ex Ministro delle Antichità Egiziano Mamdouh El Damaty ha portato alla luce una struttura romana realizzata su due livelli, utilizzando pietra calcarea e malta. Le prime ipotesi sulla presenza di qualcosa ancora nascosto sotto terra erano state formulate all’inizio dell’anno, quando gli archeologi hanno effettuato delle scansioni radar e delle scansioni magnetiche nei pressi del tempio. Gli scavi hanno quindi permesso di scoprire di che cosa si trattava.

Se i resti della struttura hanno subito affascinato gli esperti, ad attirare l’attenzione è stata soprattutto la vasca trovata nel livello inferiore: doveva essere un bacino di stoccaggio dell’acqua, realizzato con mattoni rossi ricoperti di ardesia e dotato di una scala per accedervi più facilmente. Secondo le prime analisi, sarebbe risalente al periodo bizantino. La vera sorpresa, però, è un’altra. Durante le operazioni di pulizia, all’interno della vasca è riemersa una sfinge che sorride: è un reperto preziosissimo.

Trovata una sfinge che sorride

La statua, costruita in pietra calcarea, rappresenta una sfinge davvero particolare. I tratti del volto appartengono probabilmente a Claudio, il quarto imperatore romano che ha regnato fino al 54 d.C. A sorprendere maggiormente sono i dettagli: la sfinge è stata raffigurata con indosso il Nemes, ovvero il tipico copricapo egiziano indossato dai faraoni a simboleggiare il loro potere. Sulla fronte della statua, inoltre, spicca un Uraeus, una decorazione a forma di serpente, anch’essa simbolo di sovranità. La particolarità più affascinante? Il lieve sorriso che compare sul volto della sfinge.

La scoperta è stata minuziosamente descritta sui profili social del Ministero delle Antichità Egiziano: “L’ispezione preliminare del volto della sfinge suggerisce che quest’ultima rappresenti l’imperatore romano Claudio. La statua è davvero bella, il viso presenta elementi realistici raffigurati in modo molto preciso. L’imperatore è rappresentato con il sorriso e due fossette laterali“. Inoltre, sul volto sono state trovate tracce di colorante giallo e rosso, mentre al di sotto della statua è stato rinvenuto un dipinto romano con geroglifici.

Perché la sfinge è stata trovata sul fondo della vasca? Gli archeologi ipotizzano che la statua sia stata originariamente situata sull’edificio d’epoca romana, come omaggio al grande imperatore. In seguito, durante l’età cristiana, sarebbe poi stata gettata in acqua e ricoperta poi di terra, una volta che il bacino è caduto in disuso. Ora gli esperti continueranno a cercare nei dintorni della struttura, nella speranza di trovare nuove testimonianze risalenti allo stesso periodo.

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I segreti nascosti dietro la Piramide Nera d’Egitto

Costruita dopo le piramidi di Giza, questa è però la più misteriosa d’Egitto. La Piramide di Amenemhat III, un Faraone appartenente XII dinastia egizia, meglio conosciuta come “Piramide Nera”, è un intricato labirinto che ancora oggi nasconde dei segreti.

Si trova all’interno della necropoli di Dahshur, uno dei siti archeologici più importanti dell’antichità, che comprende anche sepolture di nobili e un villaggio di operai nella zona di Saqqara, a una ventina di chilometri a Sud rispetto alle piramidi di Giza e al Cairo. Intitolata al sovrano Amenemhat detto “il potente”, è chiamata “Piramide Nera” per via della presenza di basalto nel nucleo molto scuro e al pyramidion in diorite grigia. Un reperto di pyramidion è conservato nel Museo egizio del Cairo e, secondo gli esperti, potrebbe svelare alcuni misteri, a partire dal materiale con cui è stato forgiato.

Cos’è il pyramidion

Il pyramidion è la particolare cuspide piramidale monolitica che rappresentava l’apice delle antiche piramidi e di molti obelischi egizi. Secondo gli storici, questo elemento architettonico rappresentava la pietra sacra chiamata “benben”. Nella mitologia egizia, era la collina emersa dall’oceano primordiale. Su questa collina il creatore Atum generò se stesso e la prima coppia divina di Shu e Tefnut. La sua forma era piramidale, ecco perché i principali edifici religiosi dell’antico Egitto hanno questo aspetto. Fra tutti i pyramidion che sono rimasti, il più particolare è proprio quello della piramide di Amenemhat III.

Gli antichi egizi vengono dallo spazio?

Torna quindi l’antica credenza secondo cui gli antichi egizi potrebbero essere arrivati dallo spazio. Ecco la teoria. I primi egittologi non riuscivano a comprendere di quale materiale fosse composto il pyramidion. L’aspetto di questo materiale e la sua resistenza ricordano il ferro, che però a quei tempi non era ancora conosciuto.

È stato quindi ipotizzato che questa pietra nera e lucida potesse essere giunta sulla Terra dallo spazio sotto forma di meteorite. Ecco perché si parla di una pietra spaziale, posta dagli antichi egizi in cima alla piramide come fosse un’antenna che serviva per comunicare con gli alieni.

Cos’hanno scoperto gli esperti

Gli studiosi hanno poi scoperto che i pyramidion, quasi tutti costruiti durante l’Antico Regno, erano ottenuti da materiali rari, come la diorite o il nero basalto. Con il loro colore scuro dovevano creare un contrasto con il bianco del calcare che rivestiva le piramidi. Durante il Medio Regno, gli egizi cominciarono a usare il granito e ad aggiungervi iscrizioni geroglifiche. Il pyramidon di Amenemhat III proveniente dalla piramide di Dahshur, decorato con geroglifici, non è dunque fatto con una pietra proveniente dallo spazio, ma è di granito scuro.

Perché si chiama “Piramide Nera”

Ci sono due ragioni per cui la piramide di Amenemhat III è detta “Piramide Nera”. La prima, come anticipato, è per via della presenza di basalto nel nucleo molto scuro e al pyramidion in diorite grigia. Ma c’è anche un altro motivo. L’appellativo si deve anche al suo aspetto attuale, grigio e semi distrutto. La piramide, infatti, oggi appare come un cumulo di macerie.

Una rivoluzione epocale

Ma questa piramide ha una grande importanza in quanto rappresenta un passaggio epocale nell’evoluzione architettonica delle piramidi, passando dal modello “a gradoni” a quello dalle linee classiche. E non è tutto. Fu anche la prima a ospitare sia il Faraone defunto sia le sue regine (il labirinto interno pare servisse proprio al re per raggiungere le stanze delle mogli). Infine, era quella ad avere uno dei pyramidion più belli dell’arte egizia.

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Bibione: dalla spiaggia emerge una villa di epoca romana

Sarà un 2023 speciale quello di Bibione, nota e apprezzata località veneta per le vacanze balneari, con lunga e ampia spiaggia di sabbia finissima accarezzata dalle limpide acque dell’Adriatico.

Città di nascita recente, con nemmeno settant’anni alle spalle, tempio del benessere termale, è pronta a diventare anche meta prediletta per gli appassionati di storia e archeologia: è custode, infatti, di una villa romana, testimonianza di un passato più antico di quanto si possa immaginare.

Al via le ricerche a Villa Mutteron dei Frati

Nelle prossime settimane, gli archeologi daranno inizio alle ricerche presso la villa romana di Bibione, Villa Mutteron dei Frati, unica nel suo genere grazie al perfetto stato di conservazione, con strutture fino a due metri di altezza rimaste inalterate dal tempo.

L’obiettivo è inoltre quello di organizzare, in data da destinarsi, un’apertura straordinaria per il pubblico.

Il sito archeologico è noto fin dal Settecento e la sua importanza è stata segnalata in più di un’occasione: a inizio Ottocento dall’avvocato concordiese Dario Bertolini e poi negli anni Trenta del Novecento dal latisanese Aulo Gellio Cassi che compì il primo scavo nell’area della villa.

Negli anni Novanta, conscia dell’eccezionale scoperta, la Soprintendenza Archeologica del Veneto mise in moto una campagna di scavi che portò alla luce alcuni ambienti della villa ricchi di decorazioni.

L’interesse per Villa Mutteron dei Frati è rimasto sempre vivo con il trascorrere degli anni ma l’assenza di risorse ha bloccato il proseguimento delle indagini: qualche anno fa, tuttavia, è stato intrapreso un nuovo dialogo che ha portato, oggi, all’avvio di una nuova entusiasmante stagione di scavi e ricerche.

Gli studi previsti per il 2023

Gli studi cominceranno innanzitutto nella pineta Valgrande dove verrà eseguita una campagna di prospezioni geofisiche su una superficie di 200 metri quadrati accanto ai resti della villa ancora in parte visibili ovvero strutture murarie con pavimenti a mosaico e affreschi sulle pareti.

In questo modo, si mira a ottenere una mappa di anomalie collegabili a eventuali strutture presenti nel sottosuolo così da individuare con precisione l’area oggetto degli scavi.

Dal 6 al 31 marzo 2023 si terrà lo scavo stratigrafico che interesserà un’area di almeno 60 metri quadri, indagata da un team internazionale composto da 20 archeologi tra responsabili e studenti delle università di Regensburg e Padova.

Le aspettative sono quelle di portare alla luce ambienti tuttora sconosciuti per integrare la pianta oggi nota della villa e anche di acquisire dati importanti relativi a una datazione più precisa del periodo in cui l’antico edificio venne costruito e abitato, alle dimensioni e decorazioni, ai possibili proprietari e alle attività economiche che si svolgevano al suo interno, magari in relazione con le risorse dell’ambiente circostante e i collegamenti via acqua e via terra.

Per delineare le caratteristiche del paesaggio di cui la villa era parte integrante, nell’arco di tutto il 2023 gli esperti eseguiranno carotaggi, analisi sedimentologiche, palinologiche e ricognizioni archeologiche in estensione nella Valgrande e nel territorio alla sue spalle, in un zona compresa tra il canale Nicesolo a ovest e il fiume Tagliamento a est.

L’obiettivo è recuperare e fornire un’immagine precisa dell’antico paesaggio da cui si possano ricavare le forme dei luoghi e il quadro economico, insediativo e strutturale dell’ambiente costiero di oltre duemila anni fa e mettere i risultati a disposizione del pubblico grazie a visite guidate del sito (già durante gli scavi) e a momenti d’incontro.

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Scoperta sensazionale in Egitto: dove conduce il passaggio segreto

L’Egitto è patria di splendide testimonianze archeologiche, monumenti incredibili che sono conosciuti in tutto il mondo – e che ogni anno attirano milioni di turisti. Ma alcuni di essi celano ancora dei segreti davvero suggestivi: è il caso del misterioso tunnel scoperto all’interno della Piramide di Cheope, che ha per lungo tempo ossessionato gli archeologi. Dopo anni di studi, finalmente sappiamo cosa c’è al suo interno.

Piramide di Cheope, il cunicolo segreto

Facciamo un passo indietro: la Piramide di Cheope è la più antica delle tre rinvenute all’interno della necropoli di Giza, uno dei più famosi siti archeologici d’Egitto. È un vero capolavoro d’ingegno, nonché l’unica delle sette meraviglie dell’antichità ancora in perfetto stato di conservazione. Costruita circa 4.500 anni fa, è stata a lungo studiata ed esplorata dagli scienziati, ma è ancora ricca di misteri tutti da scoprire. Come ad esempio il tunnel segreto che è stato rinvenuto al suo interno: dove conduce, e qual è la sua funzione?

La presenza del cunicolo è stata ipotizzata nel 2016, quando alcuni archeologi avevano individuato uno spazio vuoto dietro l’entrata principale della piramide. Per evitare di danneggiare questa immensa opera architettonica, gli studiosi hanno messo in piedi un progetto durato diversi anni. Dapprima hanno utilizzato la radiografia muonica, una tecnica non invasiva sviluppata presso l’Università di Nagoya, in Giappone, per poi spingersi attraverso il passaggio segreto con una specie di endoscopio, una minuscola telecamera introdotta attraverso una fessura di pochi millimetri. Così, finalmente dli scienziati hanno potuto esplorare questo tunnel.

Lungo circa 9 metri, con una larghezza pari a 2,10 metri e un’altezza di 2,3 metri, è un cunicolo non rifinito caratterizzato da monoliti che formano un soffitto spiovente. Secondo quanto affermato da Mostafa Waziri, direttore del Consiglio Supremo delle Antichità d’Egitto, è possibile che sia stato costruito per alleviare il peso della piramide sull’ingresso principale e ridistribuirlo su tutta la struttura. Ma ci sono ancora molte domande in attesa di una risposta. Potrebbero infatti esserci dei segreti ancora da scoprire, come una camera non ancora individuata che potrebbe trovarsi al di sotto del tunnel.

Il tunnel segreto all'interno della Piramide di Cheope

Fonte: ANSA Foto

Il tunnel segreto all’interno della Piramide di Cheope

Dove porta il passaggio segreto

Ci sono davvero altri misteri da svelare, attorno a questo cunicolo segreto? Secondo gli esperti, le sorprese potrebbero essere ancora molte. “Continueremo la nostra scansione, per capire cosa possiamo scoprire al di sotto del cunicolo o alla fine di esso” – ha dichiarato Waziri. Cosa si aspettano di trovare all’interno della Piramide di Cheope, in un luogo rimasto ben nascosto per migliaia di anni? Qualche dettaglio in più lo ha svelato l’archeologo egiziano Zahi Hawass, presente alla conferenza stampa con cui è stata annunciata la scoperta.

“Crediamo che qualcosa sia nascosto sotto il tunnel” – ha ammesso Hawass. E quel qualcosa potrebbe essere la camera in cui giace il sepolcro di Cheope, faraone della IV dinastia d’Egitto, che nonostante le lunghe ricerche non è mai stato ritrovato. Sarebbe dunque una scoperta epocale, addirittura la più importante del secolo. Ci vorranno però ancora molte indagini per poter capire se davvero c’è un’altra stanza segreta da individuare, e se al suo interno ci sono altri segreti meravigliosi da riportare alla luce.

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Incredibile scoperta archeologica: “Diventerà famosa come Pompei”

Una nuova scoperta archeologica riscrive la storia di un’antica città romana di cui, in fondo, sapevamo davvero poco: gli esperti hanno infatti ritrovato alcune rovine eccezionali ben al di fuori di quello che, finora, si riteneva fosse il confine cittadino. Questo significa che il sito archeologico è decisamente molto più grande di ciò che si è sempre creduto. E forse diventerà la nuova Pompei, un luogo dal fascino incredibile che attirerà moltissimi turisti.

Croazia, l’incredibile scoperta a Salona

L’antica Salona, appena fuori dai confini del territorio in cui oggi sorge l’omonima città croata (chiamata anche Solin), rappresenta una delle più affascinanti testimonianze lasciate in vita dalla civiltà romana, anche tanti secoli dopo la sua scomparsa. È qui, a due passi da Spalato, che sono infatti state rinvenute le tracce di una piccola cittadina nata già ai tempi degli Illiri, che però trovò il suo massimo sviluppo sotto l’Impero Romano, diventandone uno dei suoi centri più importanti, anche per la sua posizione strategica.

Di recente, gli archeologi hanno scoperto qualcosa che rende il sito ancora più interessante: al di fuori di quello che era considerato il limite della città, sono stati rinvenuti degli antichi bastioni che dimostrano le reali dimensioni di Salona. Le nuove rovine si estendono sino all’area meridionale di Solin, presso Gospin Otok, e ci regalano una visione del tutto diversa di quella che doveva essere, in passato, la vera portata di questo centro d’importanza commerciale e militare. Al suo interno, dovevano trovarsi anche un antico convento, le grandi terme solo in parte esplorate e la porta meridionale che dava accesso alla città.

“Queste scoperte diventeranno ben presto celebri ritrovamenti archeologici come le famose città di Aquileia e di Pompei, e avranno un’importanza significativa nello sviluppo economico della città di Solin” – spiega l’architetto e storico dell’arte croato Radoslav Bužančić, aggiungendo inoltre che il sito è in perfetto stato di conservazione perché nel tempo è stato adeguatamente finanziato affinché preservasse il suo originale splendore. Questo impegno ora porterà i suoi frutti, grazie anche all’incessante lavoro degli archeologi che hanno ritrovato i nuovi resti delle mura.

Salona, un’antica città romana

Salona fu un importante centro economico e militare all’epoca dell’Impero Romano: durante il regno dell’Imperatore Augusto, assunse persino il ruolo di capitale della provincia della Dalmazia. Venne in parte oscurata nel periodo in cui Diocleziano, nato proprio in questa città, costruì il suo meraviglioso Palazzo nella vicina Spalato, ma non perse mai il suo grande rilievo. Nel corso dei secoli, Salona venne più volte assalita e distrutta, per poi essere sempre ricostruita diventando pian piano più grande. Fin quando, nel VI secolo, venne abbandonata dai suoi cittadini in fuga che trovarono rifugio proprio presso il Palazzo di Diocleziano e il villaggio fortificato che, nel frattempo, vi era sorto attorno.

Nel corso dei prossimi anni, il sito archeologico di Salona verrà rivalorizzato grazie anche alle più recenti scoperte, che inevitabilmente attireranno la curiosità di molti turisti. Le autorità hanno già in programma diversi progetti per presentare l’antica città e i suoi preziosi tesori al pubblico. Ad esempio, presto il locale centro culturale ospiterà alcuni mosaici trovati all’interno dell’area archeologica.

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Il villaggio magico e rurale all’ombra della Reggia di Versailles

Ci mettiamo in viaggio per tantissimi motivi, e anche se sono diversi tra loro, tutti sono accomunati dal medesimo desiderio di conoscere ed esplorare il mondo che abitiamo e le sue meraviglie. Ma gli avventurieri più attenti, quelli che hanno fatto del viaggio una missione di vita, sanno bene che la vera bellezza spesso di nasconde all’ombra delle attrazioni più celebri, quelle che ogni giorno sono raggiunte da migliaia di turisti.

Ed è proprio in uno di questi luoghi, celati dalla grande maestosità di una reggia, che oggi vogliamo raggiungere insieme a voi. Un piccolo villaggio rurale con edifici di legno e tetti di paglia, un borgo caratterizzato da un’atmosfera bucolica che vive e sopravvive ancora oggi. Un luogo dove le feste, lo sfarzo e il lusso non potevano entrare, perché tutto era dedicato alla più autentica e genuina semplicità.

Hameau de la Reine, questo è il suo nome, è il villaggio voluto dalla regina Maria Antonietta per sfuggire alla corte e agli impegni reali. Ed è un borgo magico e rurale situato proprio all’ombra della celebre Reggia di Versailles.

C’era una volta un villaggio incantato

Correva l’anno 1782 quando, la Regina Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena, commissionò all’architetto Richard Mique, la realizzazione di questo piccolo villaggio. Il suo desiderio era quello di potersi allontanare dalla corte di Versailles, dallo sfarzo e dal lusso, dalle feste e dagli eventi regali, per abbracciare uno stile di vita più autentico e genuino.

Ispiratasi agli scritti di Rousseau, la regina fece costruire un borgo rustico e campestre totalmente estraneo agli sfarzi del palazzo. Furono costruiti diversi edifici, tra i quali una fattoria, una torre con un faro, una stalla, un mulino e un boudoir. Realizzati con materiali naturali, come tetto e paglia, tutti erano circondati da orti, giardini e frutteti.

L’Hameau de la Reine, che tradotto letteralmente vuol dire Villaggio della Regina, si sviluppava intorno all’edificio maggiore, la Casa della Regina, ed era diviso da un piccolo fiume artificiale che culminava in un laghetto. Un luogo magico e fiabesco all’interno del quale Maria Antonietta amava trascorrere le giornate.

Il Villaggio della Regina, poi, fu abbandonato dopo la Rivoluzione francese. Ma nessuno lo ha mai dimenticato. Dopo tre tentativi di restauro, l’ultimo risalente agli anni ’90 del secolo scorso, il borgo è tornato ai suoi antichi splendori e resta ancora oggi un luogo straordinario e segreto tutto da scoprire.

Il Villaggio della Regina Maria Antonietta all'ombra di Versailles

Fonte: 123rf

Il Villaggio della Regina Maria Antonietta all’ombra di Versailles

Come raggiungere il Villaggio della Regina

Quello che resta dell’antico Villaggio della Regina, è il simbolo di un passato che non può essere dimenticato. Passeggiando tra le vie del paesino si ha come la sensazione che l’intero luogo sia stato vittima di un incantesimo che ha fermato il tempo.

Gli edifici, restaurati negli anni ’90 da Pierre-André Lablaude, e ancora prima da Napoleone Bonaparte e dall’imprenditore John Rockefeller jr, conservano ancora la loro originale bellezza. Tutto intorno, invece, la natura rigogliosa e lussureggiante fa da cornice a un paesaggio bucolico e silenzioso dove sembrano sopravvivere gli echi del passato.

L’Hameau de la Reine si trova nel Petit Trianon, una zona del Parco della Reggia di Versailles, ed è raggiungibile proprio durante le visite all’antica e grandiosa residenza, anche se è sicuramente una delle parti meno conosciute di tutto il complesso. E per questo, forse, è ancora più bella.

Hameau de la Reine

Fonte: 123rf

Hameau de la Reine
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La scoperta avvenuta in Italia databile alle fine dell’età imperiale

L’Italia, “terra di santi, poeti e navigatori”, ma sopratutto di storia, molta della quale deve ancora essere compresa a fondo. Non a caso, nel nostro Paese avvengono tantissime scoperte archeologiche, come quella che vi stiamo per raccontare che è databile alla fine dell’età imperiale.

La scoperta avvenuta a Macerata

Ci troviamo a Villa Potenza, in provincia di Macerata, dove sono da poco iniziati gli scavi esplorativi nell’area adiacente al Centro Fiere. Operazioni che attualmente sono ferme a causa del maltempo, ma che riprenderanno non appena il clima si sarà stabilizzato, e sotto la direzione della Soprintendenza.

Uno degli obiettivi di questa scavi è la realizzazione, da parte del Comune della città, di un campo da rugby, ma invece quello che è emerso è una necropoli tardo-romana, e quindi risalante alla fine dell’età imperiale.

Le dichiarazione degli addetti ai lavori

Come riportato dal Corriere Adriatico, l’assessore comunale all’Urbanistica, Silvano Iommi, ha spiegato che: “È stato dato l’incarico a una società esperta in archeologia preventiva. Nei giorni scorsi è emersa, in sede di verifiche di superficie, la presenza di numerose tombe presumibilmente di epoca tardo-romana. L’indagine dovrà proseguire sotto la sorveglianza della Soprintendenza per verificare la consistenza della scoperta, ma a giudicare dalle trincee finora fatte risultano una quarantina di tombe o siti da scavare, a una profondità che varia dai 40 ai 60 centimetri”.

Una scoperta non da poco in quanto: “Siti di probabili tombe che ora vanno scavati, ma dalla presenza di resti in laterizio e il fatto che siano scure, è facile che siano tombe. La necropoli non era mai stata trovata prima in quella zona ad Est. Era stata fatta un’ipotesi del perimetro murario, ora è confermata la presenza di quello che in parte si era intuito, sarà svolto un approfondimento nei prossimi mesi, poi la Soprintendenza deciderà il da farsi”, ha continuato.

L’assessore, sempre come si piò leggere sul quotidiano locale, ha concluso: “Debbo dire che si sta rivelando utile la norma introdotta nel codice degli appalti che dispone azioni preliminari archeologiche in certe zone di rilievo. Peraltro la realizzazione di un campo da rugby impone lavori in superficie che non andrebbero a incidere su eventuali tombe: in ogni caso ora è in corso la protezione dell’area con la recinzione. Le rilevazioni fatte con il georadar indicherebbero la presenza di tombe su più strati, dunque a profondità maggiori di quelle che finora si sono viste: probabilmente le verifiche andranno avanti per tutti il mese di marzo”.

In sostanza, bisogna ancora verificare la portata del ritrovamento e, per questo motivo, i lavori proseguiranno per almeno 2/3 mesi. C’è da precisare, però, che lo spostamento del campo da rugby dalla sua attuale posizione vicino al sito archeologico di Recina, nei pressi del fiume, all’area adiacente al Centro Fiere era stato motivato proprio dalla volontà di allargare gli scavi di Helvia Recina.

Del resto Helvia Recina è un’antica città romana, oggi sito archeologico, che vanta numerosi resti tra cui quelli di un teatro romano del II secolo d.C. di ben 72 metri di diametro e di cui sono ancora bene riconoscibili l’orchestra, la cavea e il frontescena in laterizio come prevedeva il teatro romano classico.

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È stata fatta un’enorme scoperta risalente a 5000 anni fa

Studiare le antiche civiltà e scoprire quali fossero le loro abitudini quotidiane è qualcosa di sorprendente: è come fare un tuffo nel passato, alla ricerca delle nostre radici. E ogni tanto capita che gli archeologi facciano ritrovamenti in grado di regalarci una nuova visione di ciò che accadeva millenni fa. Proprio come è successo in queste settimane, grazie all’incredibile scoperta avvenuta in Iraq.

Iraq, il ritrovamento a Lagash

L’Iraq è stata la culla di alcune delle più antiche civiltà mai esistite, ed è qui che negli anni sono emerse splendide testimonianze archeologiche (come la recente scoperta del muro di Hammurabi avvenuta per opera di un team italiano). Gli scavi proseguono senza sosta, alla ricerca di ciò che la terra può ancora nascondere ai nostri occhi. Ed è proprio così che, nelle scorse settimane, si è verificato un ritrovamento a dir poco eccezionale, che ci offre uno scorcio di vita quotidiana risalente a ben 5000 anni fa.

La scoperta è avvenuta tra le rovine dell’antica città di Lagash, a non molta distanza da Nassirya: si tratta di un importante sito archeologico, dove un tempo sorgeva quello che gli esperti considerano uno dei primi centri urbani mai edificati dai sumeri. Trovandosi vicino alla confluenza dei fiumi Tigri ed Eufrate, l’area era molto fertile (a dispetto del suo attuale aspetto desertico) e aveva permesso lo sviluppo di una solida civiltà: “Lagash era una delle città più importanti dell’Iraq meridionale. I suoi abitanti dipendevano dall’agricoltura, dal bestiame, dalla pesca e anche dallo scambio di merci” – ha spiegato l’archeologo iracheno Baker Azab Wali.

Nonostante le numerose testimonianze riemerse in questo territorio, non sappiamo ancora molto sulla civiltà sumera, soprattutto in considerazione di quella che doveva essere la vita quotidiana degli abitanti della città di Lagash. Mentre gli studi si concentrano principalmente su re e sacerdoti, i cittadini comuni rimangono spesso all’ombra. Ma la nuova scoperta fa luce su alcune delle abitudini di questa antica popolazione. Un team italo-statunitense ha infatti trovato i resti di una taverna: tutto ciò ci rivela che anche in passato si andava a mangiare e bere fuori, condividendo momenti preziosi in compagnia.

Scoperta una taverna di 5000 anni fa

I resti della taverna sono databili a quasi 5000 anni fa: “Questa scoperta dimostra che a quel tempo esisteva una sorta di uguaglianza tra le classi sociali, in termini di luoghi di intrattenimento e tenore di vita medio” – ha dichiarato Bakar Azab Wali. I reperti individuati sono poi un’istantanea di quelle che dovevano essere le abitudini dei cittadini di Lagash. Il team di ricercatori dell’Università della Pennsylvania e dell’Università di Pisa, guidato da Holly Pittman, ha infatti trovato ciò che rimane di un primitivo sistema di refrigerazione, oltre ad un grande forno.

Sono poi emersi numerosi banchi utilizzati dai commensali e circa 150 ciotole in ceramica, alcune delle quali ancora contenenti ossa di pesci e di altri animali. Infine, hanno scoperto la prova dell’abbondante consumo di birra tra i sumeri, una bevanda che veniva servita in tavola anche più spesso di quanto non lo fosse l’acqua. In uno dei templi vicini alla taverna, in effetti, i ricercatori hanno rinvenuto una tavoletta con incisa sopra, in caratteri cuneiformi, la ricetta di questo nettare degli dei.

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Sul treno storico che porta al Carnevale di Venezia

Il Carnevale di Venezia è una di quelle esperienze da vivere almeno una volta nella vita. Perfetto per adulti e bambini, è uno dei uno dei più conosciuti e apprezzati carnevali del mondo e che vanta persino origini antichissime: la prima testimonianza risale ad un documento del Doge Vitale Falier del 1094, dove si parla di divertimenti pubblici e nel quale il vocabolo “Carnevale” viene citato per la prima volta.

Quest’anno è iniziato il sabato 4 febbraio e andrà in scena fino al 21 dello stesso mese e, finalmente, dopo due anni di limitazioni dovute alla pandemia da Covid-19, torna in tutto il suo splendore. Ma in questo 2023 c’è anche qualcosa in più: un treno storico che porta diretti al Carnevale di Venezia.

Il treno per il Carnevale di Venezia

Tutti in maschera per salire a bordo del treno storico per il Carnevale di Venezia di Fondazione FS Italiane. La partenza è da Milano Centrale, e Brescia e si dirige a Venezia Santa Lucia. Un meraviglioso vagone antico che inizia a solcare i binari dalla stazione di Milano Centrale alle ore 7.45, con fermata intermedia a Brescia alle ore 8.40 e arriva presso la stazione di Venezia Santa Lucia alle ore 11.38.

A bordo di questo conviglio senza tempo sarà presente un servizio bar e staff dell’Associazione Rotabili Storici Milano Smistamento per assistenza ai viaggiatori. Il ritorno è previsto per le 17.18 , con arrivo a Brescia alle ore 20.32 e Milano Centrale alle ore 21.35.

Un’occasione incredibile, quindi, per vivere le sfaccettature del Carnevale di Venezia in questo 2023. Attenzione però, il treno storico è disponibile solo il giorno 19 febbraio.

Cosa fare al Carnevale di Venezia il 19 febbraio

Il 19 febbraio 2023 sarà un giorno eccezionale al Carnevale di Venezia. Tornerà il Venice Carnival Street Show in cui i migliori protagonisti del circo-teatro e della clownerie animeranno la città con la loro energica creativa, mondi fantastici e allegria, per tornare a sognare attraverso i segni con leggerezza e invenzione.

Gli spettacoli a Venezia andranno in scena dalle 11:00 alle 12:00 e dalle 15:30 alle 18:30; a Mestre dalle 15:30 alle 19:00; nel territorio dalle 11:00 alle 13:00 e dalle 15:30 alle 18:30 (Chirignago, Zelarino, Marghera, Sant’Elena solo il pomeriggio / Favaro solo la mattina).

E chi vorrà fermarsi per la serata in quello stesso giorno potrà vivere il Gran ballo Mascheranda nell’incanto di uno storico palazzo veneziano a partire dalle 20.30. Una festa che inizierà con un aperitivo cocktail di benvenuto e con il primo evento spettacolo della serata.

Al temine, basterà prendere posto su un tavolo in una delle stupende sale del Piano Nobile, decorate con bellissimi affreschi per gustare una cena di gala a lume di candela allietata da musica dal vivo, classica e moderna, ed animata dalle performance artistiche di ballerini e di attori.

Una serata che sarà un continuo susseguirsi di eventi e di spettacoli artistici, di danze e di gare con la Scuola dei Balli Antichi; l’angolo dell’Astrologia e l’Elezione del Casanova 2023.

A fine serata, la festa continuerà con il suo dopo cena: dalle 23.30 alle 2.30 del mattino al piano terra – dove sarà presente la discoteca e l’open bar – un DJ animerà la serata con musica e balli moderni.

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Il Treno dei Maya, tra meraviglie e polemiche

Nello Yucatan meridionale, tra le zone più povere ma ricche di biodiversità del Messico, presto potrebbero arrivare circa 3 milioni di turisti l’anno: è in corso d’opera una linea ferroviaria di oltre 1500 chilometri, progetto voluto fortemente dal presidente Andres Manuel Lopez Obrador.

Sarà il Treno Maya che tuttavia, secondo molti, rischia di compromettere un favoloso territorio ancora incontaminato e custode di testimonianze del passato precolombiano.

Il Treno dei Maya, più turismo ma potenziale rischio per l’ambiente

La meravigliosa giungla di Calakmul terra di coccodrilli, tucani, scimmie urlatrici e di un’antica città precolombiana Patrimonio UNESCO, lo scorso anno ha attratto poco meno di 50mila visitatori.

Il Treno Maya ha l’obiettivo di portare benessere in una zona povera del Paese andando a colmare un deficit di infrastrutture che, finora, per il sud del Messico ha significato non poter valorizzare appieno le potenzialità in ambito turistico.

L’opera, il cui costo si aggira intorno ai 20 miliardi di euro, richiede un percorso largo 45 metri e vedrà 20 stazioni, circondate da centri commerciali e alberghi. È prevista anche una strada, destinata in particolare al trasporto pesante per permettere l’approvvigionamento di prodotti agricoli e carburante.

È chiaro che, nel suo tracciato, la nuova ferrovia si insinuerà in un ecosistema intatto e unico al mondo, caratterizzato dalle tipiche formazioni calcaree attorno alle quali spiccano i cenote, le grotte abbracciate dall’acqua dolce che sono simbolo della riviera Maya.

L’attenzione ora si è focalizzata sulla giungla di Calakmul, parte della vasta giungla Maya, la più vasta foresta tropicale d’America (Amazzonia esclusa): secondo la primatologa britannica Kathy Slater, un progetto di una simile portata richiede tempi di progettazione superiori ai 10 anni mentre tutto si sta svolgendo in maniera troppo veloce, senza un’adeguata pianificazione e la doverosa attenzione all’impatto sull’ambiente.

Il presidente vuole che la linea ferroviaria entri in funzione entro il 2023, scadenza del suo mandato, e ha descritto il progetto come “questione di sicurezza nazionale” così da accelerare i tempi.

Jesus Leon Zapata, membro del consiglio indigeno di Xpujil, ha ribadito che “hanno parlato soltanto dei benefici del megaprogetto, trascurando l’impatto o i possibili danni“.

Ancora, per il biologo marino Rodrigo Medellin che lavora presso la più grande università messicana, la Unam, la ferrovia non dovrebbe assolutamente transitare nella giungla: “Finirà per frammentare in modo irreversibile una delle più importanti roccaforti di biodiversità nel Paese“.

L’unicità della spettacolare giungla di Calakmul

La giungla di Calakmul è un bene prezioso, dimora di circa cento specie di mammiferi, di una delle più significative popolazioni di giaguari della Mesoamerica, di oltre 350 specie di uccelli e di specie a rischio come il puma, il tacchino ocellato e il tapiro.

Ma non soltanto.

Tra le peculiarità dell’area spicca la grotta di Volcan de los Murcielagos dove vivono ben 3 milioni di pipistrelli, fondamentali anche per l’agricoltura di tutto lo Yucatan del sud: ogni notte si cibano di 30 tonnellate di insetti, tenendo lontane le malattie dalle piante di peperoncino, piselli e granoturco.

La prima versione del progetto del Treno Maya prevedeva che la ferrovia passasse a 700 metri dalla grotta ma, nelle 2100 pagine di resoconto sull’impatto ambientale dell’opera, la grotta non viene nominata.
È scritto che la nascente linea ferroviaria provocherà una frammentazione dell’habitat e avrà un grave impatto sulle specie. Tuttavia, “può essere costruita” perché vi è l’idea di riforestare 74 ettari, appena il 10% dei 730 che saranno abbattuti in totale.

Un esempio simile si è concretizzato, 9 anni fa, sui terreni di Gomez Farias dove i residenti hanno realizzato un progetto di ecoturismo: gli ospiti dormono in tende ricoperte di tetti di palme intrecciate, scoprono la laguna in kayak e osservano la fauna in postazioni mimetizzate.