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Le colonne che sorreggono il cielo in mezzo al deserto

Esistono luoghi, nel mondo, che sono così belli da non sembrare reali. Posti suggestivi che evocano in noi tutti quegli scenari straordinari che, fino a questo momento, hanno popolato i sogni, le favole e le leggende che fanno parte dell’immaginario popolare.

Eppure questi luoghi sono veri e per questo ancora più incredibili. A crearli è stata lei, Madre Natura, che come un’artigiana esperta, ha plasmato quelle che sono le immense bellezze che si snodano sul nostro pianeta.

E oggi è proprio in uno di questi luoghi che vogliamo portarvi. Un’immensa distesa desertica che si perde all’orizzonte, proprio lì dove svettano maestose le colonne che sorreggono il cielo. Benvenuti nel massiccio dell’Ahaggar.

Benvenuti ad Ahaggar

Il nostro viaggio di oggi ci conduce in Nord Africa, nel cuore dello straordinario deserto del Sahara. Ci troviamo nel territorio meridionale dell’Algeria, persi e immersi nell’immensità del massiccio dell’Ahaggar.

Situato a ovest del Tamanrasset, l’Ahaggar è un’immensa regione montuosa di origine vulcanica. Il territorio si estende a 900 metri sopra il livello del mare ospitando, tra i tanti rilievi montuosi, anche il monte Tahat, che con i suoi quasi 3000 metri di altitudine è la vetta più alta dell’Algeria. Le sue origini sono antichissime e sono testimoniate dalla presenza di rocce vulcaniche che risalgono a circa 2 milioni di anni fa.

Il suo nome, invece, è direttamente collegato agli abitanti che da sempre popolano il territorio: la tribù dei tuareg Kel Ahaggar, la cui storia, almeno in parte, è ancora osservabile in quel maestoso monumento megalitico costruito nell’oasi di Abalessa.

Il nome Ahaggar, però, fa riferimento anche al paesaggio che caratterizza il territorio. Il termine arabo, infatti, vuol dire “Luogo della paura”. Una definizione, questa, probabilmente scelta proprio per descrivere l’immensità della regione che non conosce eguali. I paesaggi, che si aprono alla vista di chiunque sceglie di spingersi fin qua giù, sono impressionanti ed evocano nelle mente delle persone storie e suggestioni primordiali.

Scriveva Erodoto, nelle sue sue Historiae, che questo era il luogo dove un tempo vivevano gli Atlanti, il posto dove le colonne rocciose sorreggevano il cielo.

Il massiccio dell'Ahaggar

Fonte: iStock

Il massiccio dell’Ahaggar

Viaggio tra le colonne del cielo

Organizzare un viaggio nell’Ahaggar vuol dire vivere un’esperienza incredibile tra le rocce scolpite dal vento, l’arte rupestre antichissima, e tutte quelle meraviglie naturali che si spalancano davanti agli occhi degli avventurieri.

Questo territorio nel sud dell’Algeria, è ricco di paesaggi che lasciano senza fiato, forse i più straordinari di tutto il deserto del Sahara. Ci sono i picchi vulcanici impressionanti, che attraversano le nuvole e sfiorano il cielo, creando uno spettacolo immenso e sbalorditivo, ci sono le piccole piscine naturali e nascoste tra le rocce che da sempre sono utilizzate dalle tribù che popolano il territorio. E poi, ancora, ci sono i faraglioni solitari che emergono dalla sabbia dorata e che, con le loro forme curiose e particolari solleticano la mente dei viaggiatori.

A guardare la regione desertica, nella sua totalità, sembra quasi di stare su un set cinematografico dalle proporzioni gigantesche.

Attorno al massiccio dell’Ahaggar, poi, c’è un’altra meraviglia naturale da scoprire. Si tratta del Tassili n’Ajjer, un altopiano terrazzato caratterizzato da picchi rocciosi e guglie plasmate dal tempo e dall’erosione. In questo luogo sono conservate le più alte testimonianze dell’arte rupestre del deserto del Sahara.

Tassili n'Ajjer

Fonte: iStock

Tassili n’Ajjer
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La “Città d’oro” perduta riaffiora dalle sabbie del deserto

L’edizione 2022 dell’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad”, il premio intitolato all’Archeologo del sito di Palmira che ha pagato con la vita la difesa del patrimonio culturale, è andata alla scoperta della città d’oro fondata da Amenhotep III, ritrovata in buono stato di conservazione dall’equipe di Zahi Hawass, già Ministro delle Antichità e Direttore della Missione Archeologica al lavoro nel tempio funerario di Tutankhamon.

Grazie al Premio, istituito nel 2015, la Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico e la rivista Archeo intendono dare il giusto contributo alle nuove scoperte e riconoscere appieno il lavoro degli archeologi che, quotidianamente, con dedizione, sacrificio, competenza e ricerca scientifica affrontano il loro compito nella doppia veste di studiosi del passato e di professionisti a servizio del territorio.

Inoltre, la cerimonia di consegna, alla presenza della figlia archeologa di Khaled Fayrouz Asaad e di Mohamad Saleh Ultimo Direttore del Turismo di Palmira, è l’occasione per tenere sempre viva la memoria di ciò che accadde in Siria e continuare a creare un collegamento tra le città di Paestum e Palmira, unite qualche anno fa dal gemellaggio siglato proprio durante la BMTA.

Il Premio viene assegnato in collaborazione con le testate archeologiche internazionali media partner della Borsa: Antike Welt (Germania), AiD Archäologie in Deutschland (Germania), Archéologia (Francia), as. Archäologie der Schweiz (Svizzera), Current Archaeology (Regno Unito), Dossiers d’Archéologie (Francia).

La scoperta dell’anno: la “Città d’Oro” perduta

Il sito archeologico scelto per la premiazione del 2022 è stato rinvenuto nelle vicinanze del palazzo del faraone Amenhotep III, dalla parte opposta del fiume Nilo rispetto alla città e capitale di Tebe (oggi Luxor).

Le iscrizioni in geroglifico indicano che la “città d’oro perduta“, di cui alcune muri a zig zag erano stati scoperti negli anni Trenta dai francesi Robichon e Varille a 100 metri di distanza, si chiamava Tjehen-Aten, o Aton, “abbagliante” e che venne fondata dal nonno di Tutankhamon, Amenhotep III.

Gli ambienti custodiscono oggetti in uso nella vita di tutti i giorni: scarabei, anelli preziosi, vasi di ceramica colorata, mattoni di fango con i sigilli a cartiglio di Amenhotep III e iscrizioni geroglifiche su tappi di argilla dei vasi di vino, che hanno contribuito a datare l’insediamento.
È stata ritrovata anche una panetteria, zona per cucinare e preparare il cibo con stoviglie di stoccaggio e forni.

La seconda area, ancora in gran parte sepolta, rappresenta il quartiere residenziale e amministrativo, circondato da mura a zig zag, mentre la terza era attrezzata per i laboratori: qui si trovano, infatti, numerosi stampi da fonderia per l’elaborazione di amuleti e delicati elementi decorativi e la zona di produzione dei mattoni di fango utilizzati per costruire templi e annessi.

Sorprendenti le sepolture ritrovate all’interno di una delle stanze: una mucca o un toro e una persona con le braccia distese lungo i fianchi e i resti di una corda avvolta intorno alle ginocchia.
A nord del sito, anche un grande cimitero con un gruppo di tombe scavate nella roccia di varie dimensioni.

Le parole di soddisfazione degli esperti

Palmira e Paestum condividono un’atmosfera, una tradizione, una gloriosa storia passata” ha ricordato Mohamad Saleh Ultimo Direttore del Turismo di Palmira “desideriamo presto tradurre questo gemellaggio in un progetto comune sul campo per aiutare le persone che tornano in Siria e fare un training mirato sul recupero del patrimonio culturale perduto ma anche sul restauro delle rovine della città nuova. Speriamo di cominciare già il prossimo anno”.

Il Fondatore e Direttore della BMTA Ugo Picarelli ha evidenziato come “L’International Archaeological Discovery Award Khaled al-Asaad è un momento molto sentito e importante per la Borsa. “Sin dalle prime edizioni abbiamo voluto concretizzare il tema della cooperazione culturale invitando i Paesi internazionali come l’Egitto, che è stato anche il primo Paese ospite ufficiale. Quando in Siria è accaduto quel terribile episodio, abbiamo ritenuto doveroso dare un segnale. Ringrazio per la loro presenza a questa importante cerimonia i rappresentanti delle istituzioni del Bahrein, del Libano, della Repubblica popolare cinese, della Grecia, del Guatemala”.

Da remoto è giunto anche il saluto di Mounir Bouchenaki Presidente Onorario della BMTA: “La Borsa” ha detto “lavora con le grandi istituzioni internazionali e nazionali. È un incontro unico al mondo in cui gli esperti dell’archeologia e del turismo dialogano. Migliaia di giovani universitari e liceali giungono a Paestum per la Borsa, che diventa sempre più importante e non solo nel Mediterraneo”.

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Il borgo degli angeli che sembra una cartolina dipinta

L’Italia è un Paese meraviglioso. Lo sanno bene i viaggiatori di tutto il mondo che proprio sul territorio nostrano scelgono di vivere le più belle avventure di sempre. Vengono qui per vivere il sole e del mare, per esplorare l’immenso patrimonio paesaggistico, artistico e culturale che appartiene allo Stivale.

Ma lo fanno anche per scoprire le nostre storie e le tradizioni, quelle che sono custodite tra i borghi italiani che vivono all’ombra delle grandi città. Qui non esistono traffico e smog, e nessuno è affetto dalla sindrome del tempo che scorre perché tutto si muove a ritmo lento in un’atmosfera che sembra sospesa.

Ed è proprio all’interno di questa atmosfera che vogliamo portarvi oggi. In un borgo medievale arroccato su una collina nel cuore di Catanzaro che sembra una cartolina dipinta destinata a incantare.

Benvenuti nel borgo di Badolato

È un viaggio lento, unico ed emozionale quello che attraversa la Riviera degli Angeli, quel tratto di costa orientale bagnata dal Mar Ionio che si estende tra le province di Catanzaro e Reggio Calabria. È qui, in un territorio ancora estraneo al caos e al disordine dei giorni, che spiagge dorate, alture e borghi si alternano creando un itinerario slow davvero incredibile.

Attraversando la Riviera degli Angeli, e lasciandosi alle spalle il mare, è impossibile non notare quel borgo arroccato sulla collina che sembra una cartolina dipinta. Si tratta di Badolato, un piccolo comune della provincia di Catanzaro dove vivono circa 3000 anime.

Circondato da una natura lussureggiante, e protetto alle spalle dalle Preserre calabresi che assolvono la funzione di guardiani, Badolato è uno dei borghi degli angeli, anche conosciuto come il Borgo delle Chiese, sul piccolo territorio, infatti, se ne contano almeno 12.

Un piccolo gioiello nel cuore della Calabria

Il borgo di Badolato è un vero e proprio gioiello immerso nel cuore della Calabria. Situato a circa 30 chilometri da Catanzaro, e posizionato sulla collina di San Nicola che svetta verso il cielo per circa 250 metri d’altezza, il borgo offre scorci mozzafiato da ogni strada e vicolo. Da qui è possibile ammirare la vallata dove scorre il torrente Gallipari e il panorama aspro e selvaggio delle Serre. Ma volgendo lo sguardo oltre ecco che è possibile ammirare la meravigliosa distesa azzurra che bagna la costa.

Le origini del borgo risalgono al Medioevo e sono perfettamente conservate nelle testimonianze che si alternano in quel dedalo di viuzze strette e tortuose, sulle quali si affacciano le case addossate una all’altra che corrono verso l’altro. La posizione strategica sul colle ha permesso nei secoli agli abitanti di Badolato di difendersi dagli attacchi dei popoli che arrivavano dal mare.

Come abbiamo anticipato, Badolato è conosciuto anche con il nome di Borgo delle Chiese, perché sul piccolo territorio si snodano almeno 12 edifici sacri, e sono tutti straordinari.

Come molti altri borghi d’Italia, anche questo ha conosciuto lo spopolamento. Negli anni ’80, infatti, la popolazione era arrivata a sfiorare appena le 400 persone, ma tutto è cambiato in tempi recenti. Molte persone hanno scelto di ritornare, per riscoprire le loro origini, per valorizzare questo territorio incredibile. Molti altri sono arrivati dal resto del mondo, scegliendo qui di vivere tutto l’anno, o solo per alcuni periodi.

Le case un tempo vuote, adesso, sono occupate da migranti e stranieri che condividono le usanze del posto con chi qui ha sempre vissuto e con chi arriva solo come turista. Ecco allora che Badolato si trasforma in un luogo eclettico dove popoli, storie e tradizioni si fondono in un paesaggio di incredibile bellezza.

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Il rifugio di benessere della regina Camilla

A Bangalore, capitale dello Stato Indiano meridionale di Karnataka, esiste un luogo in cui è possibile prendersi cura del corpo e dello spirito, utilizzando i principi dell’ayurveda. Una pratica indiana dalle origini antichissime e molto diffusa ancora oggi, che si basa su un approccio olistico rivolto alla totalità della persona, prefissandosi il raggiungimento di un equilibrio e un’armonia tra mente, corpo e spirito, in accordo con i ritmi della natura.

Un posto unico, in cui ricaricarsi sia dentro che fuori, grazie a una serie di programmi mirati per la salute dell’organismo intero, aiutandolo a purificarsi, ridurre lo stress e portare benessere ed energia a corpo e mente. Si tratta del centro olistico di Soukya a Whitefield, meta d’eccellenza per il turismo volto al proprio benessere psicofisico e luogo amatissimo da Camilla, Regina consorte del Regno Unito e moglie, ormai da molti anni, del neo Re Carlo III.

La città

Secondo il The Times of India, infatti, sembrerebbe che Camilla stia trascorrendo del tempo con le amiche proprio nel centro benessere olistico di Bangalore, città dinamica e in forte crescita, in cui poter ammirare il bellissimo centro storico, le sue aree verdi, il mercato ma anche i maestosi edifici sparsi per le vie e i tanti bazar di spezie in cui riscoprire i profumi tipici della tradizione e della cultura indiana.

Ma anche una città in cui, proprio grazie a centri come quello di Soukya, è possibile ritrovare se stessi, fermandosi e allontanandosi dal caos e lo stress quotidiano, per affidarsi alle mani esperte di persone che, seguendo i principi dell’ayurveda, aiutano i visitatori a ritrovare la pace. Una serenità che abbraccia l’intero organismo e che, forse proprio per questo, ha riscosso molto successo in chi lo frequenta, diventando uno dei luoghi abituali frequentati da Camilla e da personaggi di fama mondiale.

Il centro di Soukya

All’interno del centro, infatti, esistono diversi trattamenti, espressamente formulati per affrontare in modo mirato i bisogni singoli di chi si avvicina alla pratica olistica dell’ayurveda. Programmi che vengono monitorati e rivisti quotidianamente, per permettere di essere modificati a seconda delle esigenze personali e individuali di ciascuno e che si basano su un’attenta valutazione della persona e su una serie di visite e consulti preliminari da parte dei medici. Ma non solo.

All’interno del centro di Soukya si vive un’esperienza di benessere a 360°, cosa che comprende anche una dieta a base vegetariana e biologica, la pratica dello yoga, terapie complementari come digitopressione, idroterapia, massoterapia, meditazione, ecc., il tutto volto al benessere del corpo ma, soprattutto, della parte più profonda di sé. E non a caso questo posto è così amato da Camilla, che soprattutto negli ultimi mesi deve aver vissuto non poche preoccupazioni e stress visti gli accadimenti che hanno colpito la famiglia reale inglese.

Una meta che quindi, oltre a prendersi cura di sé in modo profondo e attento alla persona in ogni sua parte, permette anche di godere della bellezza della città stessa in cui il centro è sito. Vivendo a pieno gli insegnamenti e le tradizioni del luogo in un viaggio in questa destinazione esclusiva e amata anche dai reali.

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National Geographic: la via Appia tra i migliori viaggi da fare nel 2023

Come ogni anno, il National Geographic elegge alcune mete come “Best of the World“, un suggerimento per chi desidera visitare un posto nuovo e che gli esperti del magazine vanno spesso a esplorare in anteprima.

Non è il caso della meta italiana che si è aggiudicata il premio adesso, ma sicuramente la menzione speciale data dal National contribuirà a fare scoprire, anche a chi non lo conosce, questo luogo unico al mondo e di enorme importanza storico-culturale.

Per il 2023 ci sono diverse mete segnalate, divise per categoria: Avventura, Natura, Famiglia, Community e Cultura. Ed è proprio in quest’ultima categoria che l’Italia viene segnalata. Tra i migliori luoghi culturali del mondo da visitare l’anno prossimo c’è la nostra antica via Appia, “l’autostrada romana”, come la definisce il National.

Cosa scrive il National Geographic sulla via Appia

“Se tutte le strade portano a Roma”, scrive il National “questa antica autostrada costruita 2.300 anni fa è la madre di tutte le strade”. Ed elogia un progetto tutto italiano che, quindi, farà il giro del mondo.

“Trascurata dopo la caduta di Roma, ma mai dimenticata”, prosegue il magazine “questa strada sta attraversando un momento di rinascita grazie al governo italiano che sta cercando di ripristinarla e di sistemare le antiche pietre al fine di trasformare la via Appia in una strada pedonale per viaggiatori moderni. L’intento è quello di dare vita a un pellegrinaggio attraverso la storia, con tappe in villaggi pittoreschi e siti archeologici, provvedendo anche all’organizzazione di sistemazioni per ogni tappa”.

Con i tempi italiani, però, chissà quando vedrà la luce questo bellissimo progetto di sviluppo turistico-culturale della via Appia.

“Nel frattempo”, scrive quindi la giornalista del National Geographic Nina Strochlic, che proprio di recente ha camminato sulla via Appia, “gli amanti dei cammini possono approfittare della cucina moderna italiana. In Puglia, andate dritti nella prima panetteria e chiedete del Rustico, una pasta sfoglia ripiena di besciamella, mozzarella e pomodoro”.

La via Appia

L’antica strada romana, che collegava Roma con Brindisi – e quindi con gli sbocchi verso l’Oriente allora conosciuto -, era considerata dai Romani la “Regina Viarum”, la regina delle strade.

Quando, verso la fine del IV secolo a.C., fu tracciata, era una delle più grandi opere di ingegneria civile al mondo, con un enorme impatto economico, militare ma anche culturale.

Questa strada fece da esempio per tutte le successive in quanto era larga poco più di quattro metri – 4,1 corrispondenti a 14 piedi romani – consentendo di essere percorsa in entrambi i sensi, oltre era fiancheggiata da larghi marciapiedi così da poter andare anche a piedi e raggiungere facilmente i villaggi che s’incrociavano.

Lungo l’intero tracciato, s’incontrano luoghi che costituiscono un patrimonio culturale importantissimo, tra cui le antiche terme di Caracalla, splendide ville (Villa di Massenzio con il Circo di Massenzio, per esempio) e persino sepolcri, come il Sepolcro degli Scipioni. L’Appia fu anche la prima delle grandi strade romane a prendere il nome non dal luogo verso cui era diretta, bensì dal magistrato – Appio Claudio Cieco – che l’aveva costruita.

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Fonte: 123rf

Le Terme di Caracalla lungo la via Appia

Buona parte dell’Appia Antica oggi è scomparsa, ma ne restano ancora ben visibili e percorribili dei tratti, specie nei dintorni di Roma, divenuti meta di turismo archeologico. Nel 2016, infatti, è nato il Parco archeologico dell’Appia Antica, che ha lo scopo di tutelare e valorizzare i monumenti antichi dell’area della Capitale e dei Comuni di Ciampino e di Marino.

Oltre ad aver vinto questa prestigiosa menzione, è candidata all’Unesco.

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Borghi Viaggi

San Lorenzo in Banale, il borgo della “ciuìga”

San Lorenzo in Banale ha più di una caratteristica che lo rende irresistibile. È immerso nella meravigliosa cornice naturale del Parco Naturale Adamello-Brenta, figura nella lista dei Borghi più Belli d’Italia, è riuscito a conservare pressoché intatta la sua anima rurale e sembra avere un potere rigenerante in chi lo visita. Ma la peculiarità del luogo sta soprattutto nelle sette ‘ville’ (gli antichi feudi) che lo compongono come un mosaico, ciascuna con la sua identità, come tanti micro villaggi raccolti in un solo paese.

Passeggiando tra le case in pietra e legno che sfoggiano la tradizionale architettura alpina, in perfetta armonia con il paesaggio che le avvolge, tra vie anguste, cappelle, porticati e strade acciottolate, salta agli occhi l’unicità di ogni contrada, ognuna con le proprie usanze. Se potete, visitate questo gioiello del Trentino in autunno, quando l’aria frizzante si impregna dei profumi della legna, dei pascoli e della ciuìga, protagonista di una sagra che si tiene proprio in questo periodo dell’anno.

La Sagra della Ciuìga, quando i sapori raccontano storie

Ogni anno, nell’ultima settimana di ottobre, a San Lorenzo Dorsino (comune in provincia di Trento nato nel 2015 dalla fusione di San Lorenzo in Banale e Dorsino) si svolge la Sagra della Ciuìga, la quattro giorni dedicata a un insaccato preparato esclusivamente in questa zona dell’altopiano, secondo una ricetta secolare che unisce sapientemente la carne suina alle rape (quest’anno si terrà dal 29 ottobre al 1° novembre).

Una festa collettiva che recupera i valori semplici del passato prende vita tra i vicoli e sotto i caratteristici vòlt, riempiendo il borgo di bancarelle ricche di prodotti locali, musica, rievocazioni di antichi mestieri, tante occasioni di divertimento per i bambini, menu speciali, degustazioni e visite guidate alla scoperta dei sapori e della bellezza di questi luoghi incastonati nel verde come gemme.

Affascinante è la storia della ciuìga che, secondo i racconti popolari, fu inventata intorno al 1875 da Palmo Donati, un macellaio del borgo, spinto, in un tempo di povertà, dalla necessità di trovare un companatico a buon mercato da mescolare alla carne, sempre troppo scarsa. Il gusto delicato delle rape non alterava né copriva quello del maiale, di cui si utilizzavano all’epoca le parti meno pregiate e, inizialmente, veniva aggiunto il sangue. Per rafforzare il sapore venne arricchito con aglio, pepe nero e sale, con un tocco finale dato dall’affumicatura. Il risultato era questo insaccato dalla forma simile a una pigna. Da qui il nome, perché ciuìga significa ‘pigna’ nel dialetto locale.

Oggi questa specialità si è riscattata dal passato di austerità, ottenendo l’ambito presidio Slow Food. La ricetta originale si è evoluta, la ciuìga viene preparata con carni di suino scelte e una modesta quantità di rape, si può gustare cotta o cruda, e magari esaltarne il sapore accompagnandola a purè di patate e al ‘capus’ (cavolo cappuccio) tagliato molto sottile. Riserva Biosfera Unesco grazie alla sua biodiversità, questa terra è anche casa di tante piccole aziende agricole che coltivano, allevano e creano nel rispetto del territorio e dei suoi cicli vitali, per preservarne la bellezza e il valore.

Fonte: Ufficio Stampa

La ciuìga, insaccato tipico di San Lorenzo in Banale

Viaggio a ritmo lento, al passo con la natura

San Lorenzo in Banale si trova all’ingresso della Val d’Ambiez, considerata la porta d’accesso alle Dolomiti di Brenta, a una quarantina di minuti di auto da Trento. La tappa perfetta per chi desidera rallentare e seguire il passo della natura, passeggiando tra alpeggi e sentieri di montagna, per poi tornare nel borgo e scoprire cos’è che lo rende così squisitamente unico.

Il consiglio di chi ci abita, per vivere un’esperienza decisamente autentica, è di provare a camminare per il paese senza una meta precisa, perdendosi tra le strette viuzze, gli avvolti e le fontane di pietra, dove un tempo si riunivano le donne del posto per lavare i panni, mentre gli uomini lavoravano nei campi. Andate poi in cerca della chiesa dei Santi Sebastiano e Rocco, con gli splendidi affreschi dei Baschenis, famiglia di artisti del XVI secolo, della Casa del Parco “C’era una volta”, che racconta la vita contadina nel borgo, e del teatro comunale, nella vecchia chiesa sconsacrata di San Lorenzo. Lungo le vie troverete anche qualche bottega e atelier dove acquistare originali souvenir artigianali.

Ovviamente non mancano all’appello gli itinerari nella natura. A poca distanza dal borgo ci sono molti sentieri di trekking, percorsi in mountain bike e pareti di arrampicata. La silenziosa cornice della Val d’Ambiez è perfetta per ritrovare l’equilibrio psicofisico con rilassanti sessioni di yoga all’aperto, di ‘perception walking’ e stretching. Infine, concedetevi una passeggiata di un’ora circa nell’Oasi Naturalistica del Lago di Nembi, ai piedi delle Dolomiti di Brenta. Un luogo incantato e incontaminato, dove rigenerarsi completamente, magari completando l’escursione con una degustazione di prodotti tipici, inclusa la prelibata ciuìga.

Fonte: Ufficio Stampa

Le tipiche case in legno e pietra dell’architettura alpina
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Europa Fiume Idee di Viaggio itinerari culturali Norvegia Viaggi

In Norvegia esiste una galleria d’arte sospesa su un fiume: è bellissima

Sono le bellezze che appartengono al mondo e all’umanità intera a spingerci a organizzare i viaggi più belli di sempre, quelli che ci portano alla scoperta dei capolavori firmati da Madre Natura e delle creazioni dell’uomo. Ed è proprio quando le prime incontrano le seconde si creano paesaggi mozzafiato destinati a incantare.

È proprio in uno di questi paesaggi che oggi, insieme a voi, vogliamo perderci e immergerci per raggiungere un’opera straordinaria situata nel cuore della natura norvegese. Si tratta di una galleria d’arte immersa in un parco naturale, e sospesa su un fiume, che vi lascerà a bocca aperta, sia per i suoi esterni che per i suoi interni.

Il museo-scultura che sembra una visione

Il viaggio di oggi ci porta nella meravigliosa Norvegia, il Paese scandinavo che sempre ci affascina con il suo straordinario patrimonio naturalistico. Montagne, ghiacciai e fiordi, e poi ancora aree verdeggianti sconfinate e musei che si alternano a città deliziose, con case variopinte ed edifici caratteristici. La capitale Oslo, poi, è un vero incanto.

Ed è proprio partendo dalla città che possiamo raggiungere in circa un’ora di auto il comune norvegese di Jevnaker, situato all’interno della contea di Viken. È qui che esiste una galleria d’arte che si palesa davanti agli occhi di chi guarda come una visione, surreale e bellissima.

Il suo nome è The Twist e a prima vista non è inusuale immaginare la struttura come un ponte creato per attraversare il fiume che sovrasta. La realtà, però, è che non si tratta né solo di un ponte, né tanto meno di un semplice galleria d’arte, perché The Twist è molto di più, è un capolavoro d’arte visivo che incanta per i suoi esterni e per gli interni.

Creata dagli architetti dello studio BIG Bjarke Ingels Group, e incastonata in una cornice naturale affascinante e suggestiva, questa struttura è un ponte attraversabile e abitabile che dall’esterno sembra un’opera d’arte. E in effetti, considerando che si trova all’interno del Parco delle Sculture Kistefos sembra proprio completare quel percorso espositivo che sin dalla sua inaugurazione ha attirato viaggiatori e cittadini provenienti da ogni parte del mondo.

The Twist fa parte del Parco delle Sculture inaugurato nel 1999 dal collezionista d’arte Christen Sveaas. In un ambiente dove la natura regna assoluta protagonista, ecco esplodere in tutta la sua bellezza anche l’arte, che si adagia armonicamente all’incredibile paesaggio norvegese.

The Twist, la Galleria d'arte sospesa sul fiume in Norvegia

Fonte: Kistefos Museum- Laurian Ghinitoiu

The Twist, il museo-scultura sospeso sul fiume in Norvegia

Dentro la galleria sospesa

Non è possibile provare a descrivere The Twist con una sola parola, perché quest’opera è tante cose. È una galleria d’arte, è un ponte sospeso sul fiume, ma è anche una scultura abitabile.

Il suo ruolo di ponte, non è solo visibile per la posizione, ma è anche confermato dal fatto che la struttura collega una parte e l’altra del parco. È una scultura, perché le forme e i lineamenti creano una rappresentazione plastica e avveniristica. Ed è un museo, uno spazio espositivo dove le arti si incontrano e continuano quel dialogo già cominciato all’esterno.

Gli interni di The Twist ospitano mostre contemporanee che si snodano su uno spazio espositivo di 1000 metri quadrati. Non manca, ovviamente, un’area panoramica dotata di grandi finestre che offrono una vista mozzafiato sui boschi e la natura che caratterizzano l’intero Parco delle Sculture.

The Twist, che rappresenta la naturale estensione del progetto avviato da Christen Sveaas nel 1999, è raggiungibile dal bosco, attraverso un sentiero delle meraviglie dove arte, natura e essere umano s’incontrano e si fondono.

The Twist – Kistefos Museum

Fonte: Kistefos Museum – Laurian Ghinitoiu

The Twist – Kistefos Museum
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Le Piramidi di Giza si illuminano di meraviglia

È un viaggio unico, straordinario e incredibile quello che ci conduce al cospetto di un patrimonio di immenso valore per tutta l’umanità, un tesoro prezioso che ha attraversato il tempo e le epoche fino ad arrivare ai giorni nostri. Stiamo parlando della Necropoli di Giza, un complesso di monumenti antichissimi che raccontano e conservano le testimonianze della civiltà egizia.

Ci troviamo in Egitto, a meno di 30 chilometri dal centro del Cairo. È qui che un tempo sorgeva una delle grandi necropoli di Menfi, la capitale dell’Antico Regno Egizio. Oggi una parte di quel grandioso passato è raccontata proprio dalle piramidi. C’è quella di Cheope, l’unica tra le sette meraviglie del mondo antico sopravvissuta fino ai giorni nostri, c’è la Piramide di Chefren e ci sono la Piramide di Micerino e la Sfinge, tutte incorniciate da altri piccoli edifici, templi funerari e cimiteri di varie epoche.

Ed è proprio qui, tra le meraviglie del mondo antico, che è accaduto qualcosa di straordinario. Una luce delicata si è diffusa ai piedi delle Piramidi accedendo il sito di magia.

La luce illumina le Piramidi di Giza: è magia

Quello che ci porta a scoprire l’antico Egitto, e più precisamente la necropoli di Giza, è un viaggio che tutti dovremmo fare almeno una volta nella vita, perché grazie a questo possiamo immergerci all’interno di un pezzo di storia della nostra umanità.

Organizzare questo viaggio adesso, però, vuol dire anche prendere parte a un progetto straordinario di valorizzazione che ha coinvolto proprio l’Altopiano di Giza. Si tratta di un’installazione temporanea site specific realizzata nell’ambito dell’iniziativa Forever Is Now II.

A firmarla è stato l’artista italiano Emilio Ferro che, con il suo Portal of Light, ha dato vita a un’esperienza artistica unica che ha disegnato un percorso di luce capace di attraversare la storia e lo spazio.

Portal of Light di Emilio Ferro

Fonte: Roberto Conte

Portal of Light di Emilio Ferro

Portal of Light, l’installazione di Emilio Ferro

La prima installazione temporanea di luce artistica realizzata ai piedi delle Piramidi di Giza porta la firma di Emilio Ferro e sarà visibile e attraversabile dal 27 ottobre al 30 novembre 2022.

Il suo nome è Portal of Light, ed è un’installazione site specific che indaga il tema della soglia e della luce: la vita e la morte da una parte, e il culto del Sole dall’altra, in un contesto straordinario che è quello dell’Antico Egitto.

L’opera è caratterizzata da due parallelepipedi in metallo, il primo custodisce il corpo illuminante e genera il fascio di luce che attraversa il secondo portale e che si estende per centinaia di metri.

Quando il sole tramonta, e lascia spazio al crepuscolo, le persone sono invitate a varcare il portale e a seguire il fascio di luce per vivere un’avventura immersiva sotto il cielo notturno di Giza. L’opera può essere attraversata anche di giorno però, perché è stata costruita tenendo conto del tragitto del sole. Sarà proprio la luce naturale a guidare le persone verso l’esperienza.

Molto più di un’opera d’arte, Portal of Light è una vera e propria esperienza immersiva e sensoriale arricchita anche da effetti sonori. Dopo aver registrato il vento che soffia sull’Altopiano di Giza, Emilio Ferro e ha campionato il suono per comporre la colonna sonora che avvolge la sua opera e le persone che l’attraversano.

Portal of Light di Emilio Ferro

Fonte: Roberto Conte

Portal of Light di Emilio Ferro
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A spasso per Bruges: gli itinerari più belli da fare a piedi

È una delle città più romantiche d’Europa. I suoi scorci sono pura magia. Motivo per cui ogni anno sono tantissimi coloro che visitano Bruges, che amano passeggiare tra i vicoli acciottolati, nei parchi che sembrano dipinti, navigare lungo i canali e scattare tantissime foto davanti agli angolini più pittoreschi della città.

Esplorare Bruges a piedi è il modo migliore per scoprirne tuti i segreti, in modo rilassante. A Bruges, musei, chiese e parchi distano tra loro solamente una manciata di passi.

Accanto al piacere di una passeggiata senza meta, c’è anche quello di lasciarsi ispirare da chi quei luoghi li conosce bene, per questo l’ente del turismo di Bruges ha pubblicato una guida con quattro facili itinerari da fare a piedi. Si cammina non più di 4 o 5 chilometri e, a seconda dei gusti, collegano le attrazioni più iconiche della città ma anche i luoghi meno noti.

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Fonte: Visit Bruges © Jan D’Hondt

Groenerei, uno degli scorci più pittoreschi a Bruges

I luoghi iconici di Bruges

Si spazia dal più classico ‘I luoghi da non perdere: straordinario patrimonio dell’umanità’ al ‘Lusso e splendore: l’opulenza borgognona’. Per chi è in cerca di un ritmo più slow e di atmosfere romantiche, l’itinerario migliore si chiama ‘Un po’ di relax: silenziosa nostalgia’, mentre per i più curiosi c’è il tour ‘Sorprendente modernità: highlight contemporanei’.

Il fil rouge che i quattro itinerari hanno in comune è lo stupore che comunque suscitano nel visitatore, qualunque tour decida di percorrere (si possono fare anche tutti, volendo) ecco perché il titolo della guida, anche in versione italiana, è “Oooh! Bruges!”.

Uno degli scorci più suggestivi e noti di Bruges è il Quay del Rosario (Rozenhoedkaai). Qui bisogna fare la fila per posizionarsi nel punto giusto e scattarsi un selfie perché è sempre pieno zeppo di turisti. Bellissimo di giorno, specie nelle giornate di sole, ma anche di sera, quando le calde luci dei lampioni illuminano tutto il centro storico di Bruges e trasportando il visitatore nel Medioevo.

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Fonte: isit Bruges © Jan D’Hondt

Il Beghinaggio a Bruges

Tra i luoghi più romantici di Bruges c’è anche il Ponte dell’amore, un ponticello di pietra nascosto tra le case, dietro il Castello di Gruuthuse, l’edificio più imponente della città. Dal ponte si può ammirare quella che gli abitanti considerano la finestra più piccola di tutta Bruges, una bifora sul retro del Gruuthuse che da qualche anno ospita il museo cittadino.

Molto pittoreschi sono anche il Markt, la piazza del mercato, la più popolare di Bruges, il Belfort (o Beffroi), la torre alta 83 metri sulla quale si può anche salire, se si ha la forza di scalare i 366 gradini, per ammirare il panorama della città dall’alto, e il Beghinaggio, Patrimonio dell’Unesco come tutto il reso del centro di Bruges. Del resto, a vederla, sembra proprio uscita da un libro di fiabe.

Fonte: 123rf

Il Quay del Rosario a Bruges

Tra le attrazioni menzionate non poteva mancare il Sint-Janshospitaal, l’antico Ospedale di San Giovanni, oggi museo dedicato a Hans Memling. Il museo in questa stagione rientra più che mai tra ‘I luoghi da non perdere’; qui dal 28 ottobre 2022 al 5 febbraio 2023 va in scena la mostra Face to face with death, dedicata a Hugo van der Goes (1430-40 – 1482), che insieme a Jan van Eyck e Hans Memling fu uno dei più grandi Primitivi Fiamminghi.

Natale a Bruges

Chi decide di visitare Bruges durante le festività natalizie, poi, resterà letteralmente ammaliato dalla magia che questa città è in grado di regalare.

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Fonte: Visit Bruges © Jan D’Hondt

Inverno a Bruges

A partire dal 25 novembre si inaugura la nuova edizione di Winterglow, il percorso di installazioni luminose distribuite in vari angoli della città medievale.

Le otto attrazioni, insieme alla pista di pattinaggio sul Minnewater (il Lago dell’amore) e il winter bar, sono decisamente tra le tappe imprescindibili.

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Fonte: Visit Bruges © Jan D’Hondt

La piazza Jan van Eyck a Bruges
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A spasso per Bruges: gli tinerari più belli da fare a piedi

È una delle città più romantiche d’Europa. I suoi scorci sono pura magia. Motivo per cui ogni anno sono tantissimi coloro che visitano Bruges, che amano passeggiare tra i vicoli acciottolati, nei parchi che sembrano dipinti, navigare lungo i canali e scattare tantissime foto davanti agli angolini più pittoreschi della città.

Esplorare Bruges a piedi è il modo migliore per scoprirne tuti i segreti, in modo rilassante. A Bruges, musei, chiese e parchi distano tra loro solamente una manciata di passi.

Accanto al piacere di una passeggiata senza meta, c’è anche quello di lasciarsi ispirare da chi quei luoghi li conosce bene, per questo l’ente del turismo di Bruges ha pubblicato una guida con quattro facili itinerari da fare a piedi. Si cammina non più di 4 o 5 chilometri e, a seconda dei gusti, collegano le attrazioni più iconiche della città ma anche i luoghi meno noti.

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Fonte: Visit Bruges © Jan D’Hondt

Groenerei, uno degli scorci più pittoreschi a Bruges

I luoghi iconici di Bruges

Si spazia dal più classico ‘I luoghi da non perdere: straordinario patrimonio dell’umanità’ al ‘Lusso e splendore: l’opulenza borgognona’. Per chi è in cerca di un ritmo più slow e di atmosfere romantiche, l’itinerario migliore si chiama ‘Un po’ di relax: silenziosa nostalgia’, mentre per i più curiosi c’è il tour ‘Sorprendente modernità: highlight contemporanei’.

Il fil rouge che i quattro itinerari hanno in comune è lo stupore che comunque suscitano nel visitatore, qualunque tour decida di percorrere (si possono fare anche tutti, volendo) ecco perché il titolo della guida, anche in versione italiana, è “Oooh! Bruges!”.

Uno degli scorci più suggestivi e noti di Bruges è il Quay del Rosario (Rozenhoedkaai). Qui bisogna fare la fila per posizionarsi nel punto giusto e scattarsi un selfie perché è sempre pieno zeppo di turisti. Bellissimo di giorno, specie nelle giornate di sole, ma anche di sera, quando le calde luci dei lampioni illuminano tutto il centro storico di Bruges e trasportando il visitatore nel Medioevo.

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Fonte: isit Bruges © Jan D’Hondt

Il Beghinaggio a Bruges

Tra i luoghi più romantici di Bruges c’è anche il Ponte dell’amore, un ponticello di pietra nascosto tra le case, dietro il Castello di Gruuthuse, l’edificio più imponente della città. Dal ponte si può ammirare quella che gli abitanti considerano la finestra più piccola di tutta Bruges, una bifora sul retro del Gruuthuse che da qualche anno ospita il museo cittadino.

Molto pittoreschi sono anche il Markt, la piazza del mercato, la più popolare di Bruges, il Belfort (o Beffroi), la torre alta 83 metri sulla quale si può anche salire, se si ha la forza di scalare i 366 gradini, per ammirare il panorama della città dall’alto, e il Beghinaggio, Patrimonio dell’Unesco come tutto il reso del centro di Bruges. Del resto, a vederla, sembra proprio uscita da un libro di fiabe.

Fonte: 123rf

Il Quay del Rosario a Bruges

Tra le attrazioni menzionate non poteva mancare il Sint-Janshospitaal, l’antico Ospedale di San Giovanni, oggi museo dedicato a Hans Memling. Il museo in questa stagione rientra più che mai tra ‘I luoghi da non perdere’; qui dal 28 ottobre 2022 al 5 febbraio 2023 va in scena la mostra Face to face with death, dedicata a Hugo van der Goes (1430-40 – 1482), che insieme a Jan van Eyck e Hans Memling fu uno dei più grandi Primitivi Fiamminghi.

Natale a Bruges

Chi decide di visitare Bruges durante le festività natalizie, poi, resterà letteralmente ammaliato dalla magia che questa città è in grado di regalare.

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Fonte: Visit Bruges © Jan D’Hondt

Inverno a Bruges

A partire dal 25 novembre si inaugura la nuova edizione di Winterglow, il percorso di installazioni luminose distribuite in vari angoli della città medievale.

Le otto attrazioni, insieme alla pista di pattinaggio sul Minnewater (il Lago dell’amore) e il winter bar, sono decisamente tra le tappe imprescindibili.

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Fonte: Visit Bruges © Jan D’Hondt

La piazza Jan van Eyck a Bruges