Categorie
Appennini Bologna Cammini Cosa fare nel weekend Firenze montagna trekking vacanze avventura Viaggi Viaggi Avventura Viaggi Relax

Weekend di trekking e relax: dove (e come) trovare il connubio perfetto

Un cammino lungo all’incirca 130 km che unisce, come un filo rosso, Bologna e Firenze, percorrendo l’appennino Tosco-Emiliano: si tratta della Via degli Dei. Un percorso eccezionale da godersi durante un weekend di trekking che può coniugare meraviglie storiche, paesaggi tipici da ammirare e… relax, ovviamente, se si sceglie di soggiornare in un luogo suggestivo e accogliente come l’Albergo Ristorante Poli, che oltre a offrire uno spaccato naturale senza pari propone gustosi piatti tipici da degustare.

Sulla Via degli Dei fra trekking e relax

Ma andiamo per ordine: l’Albergo Ristorante Poli ha delle straordinarie camere che si affacciano proprio sulla Via degli Dei, che ripercorre un’antichissima strada denominata Flaminia Militare. Risalente al 187 a.C, veniva utilizzata dagli antichi Romani ed è stata voluta dal console romano Caio Flaminio, ma ancora oggi conserva tratti di selciato romano e regala un viaggio imperdibile fra paesaggi, natura incontaminata e storia.

Non è un caso che gli appassionati di trekking la adorino: si può percorrere a piedi, con un percorso che dura dai 2 ai 5 giorni, suddiviso in tappe in base al livello di preparazione e alle singole esigenze. La peculiarità è che le tappe sono varie e permettono di organizzare anche un weekend, che permette contestualmente di assaporare il fascino di questi luoghi e goderne appieno. Lungo il tragitto d’altronde sono disponibili diversi mezzi pubblici che permettono di alternare le camminate con spostamenti più veloci da un punto all’altro.

Ciò che rende davvero unica la Via degli Dei, come dicevamo, è anche la sua capacità di unire idealmente due città di straordinaria bellezza: Bologna e Firenze. Da una parte troviamo la meravigliosa Bologna, una città dalle mille sfaccettature. La Dotta, che accoglie l’Università più antica al mondo, La Grassa, con le sue osterie e le botteghe in cui assaporare la cucina tradizionale, e la Rossa, caratterizzata dagli edifici medievali in mattoni rossi e dai portici.

Dall’altra parte svetta Firenze, fiera e stupenda. Una città simbolo del Rinascimento e culla dell’Umanesimo, con palazzi signorili e chiese che custodiscono opere d’arte e immensi tesori. Fra le due città si estende un territorio tutto da scoprire: l’Appennino Tosco-Emiliano con le sue riserve naturali, le fortezze, i castelli e i santuari pronti ad accogliere i visitatori che intraprendono il cammino. E nel mezzo? Non manca uno straordinario luogo di ristoro, l’Albergo Ristorante Poli, che permette di assaporare la cucina locale, rilassarsi e vivere la vita lenta, lontano dal traffico e dal caos cittadino.

Cosa fare un weekend sulla Via degli Dei

Sì, l’Albergo Ristorante Poli è un luogo stupendo, immerso nella natura e in una posizione strategica, a soli 12 km dall’autostrada Bologna-Firenze. È il rifugio perfetto per chi vuole andare alla scoperta dell’appennino Tosco-Emiliano, nonché la meta ideale per tutti gli escursionisti che scelgono di percorrere questo antico tracciato. Dispone infatti di camere spaziose, alcune delle quali con ampie balconate, sauna per 4 persone e doccia idromassaggio nell’area comune, ideali per chi vuole rilassarsi dopo il trekking.

La struttura è poi dotata di un rigoglioso giardino e di un ampio parcheggio privato per i clienti, un’area sosta per campeggiatori con doccia e servizi annessi completamente gratuiti dove la pulizia è impeccabile. Inoltre è arredato in modo moderno e ha cura anche del palato degli avventori: il ristorante è il suo fiore all’occhiello. Il posto giusto in cui lasciarsi conquistare da sapori autentici e genuini, con piatti che sanno di casa, di tradizione e di autenticità. Come le tagliatelle con il ragù bolognese o gli gnocchi freschi ai funghi, ma anche i tortelloni e i tortellini rigorosamente fatti a mano. Per non parlare delle specialità al tartufo: piatti da assaporare dopo una lunga passeggiata, che scaldano il cuore e conquistano, un boccone dopo l’altro, regalando un momento magico in una vacanza semplicemente perfetta.

Itinerario sulla Via degli Dei: natura, buon cibo e bellezza

Sfruttando l’Albergo Ristorante Poli come punto arrivo e ristoro, si possono percorrere diversi itinerari speciali. In un weekend è possibile scegliere una o due tappe della Via degli Dei, per godersi al massimo la bellezza di una vacanza fatta di natura, storia e buon cibo. Qui proponiamo un percorso ottimo anche per chi è poco esperto, in un tratto che va da Bologna al Passo della Futa, particolarmente ricco di luoghi da scoprire, sapori, profumi e colori unici. Un viaggio da dividere in due o tre giorni, per godersi un weekend senza pensieri, decisamente slow e rilassante.

Il percorso parte da Piazza Maggiore, nel cuore di Bologna, in direzione del Santuario della Beata Vergine di San Luca. Un cammino che porta alla scoperta del celebre portico di San Luca con ben 600 arcate e una lunghezza di 4 km. Arrivati a San Luca il panorama vi lascerà senza fiato e dopo una breve pausa sarà già il momento di ripartire verso Casalecchio di Reno, lungo il fiume Reno. A poca distanza si trova l’Oasi Naturalistica di San Gherardo, in cui lasciarsi conquistare dalla bellezza incontaminata della natura e da paesaggi che riempiono gli occhi e accarezzano l’anima. Da qui si prosegue per Badolo, verso Brento, sino ad arrivare al Centro di Fauna Esotica e Selvatica del Monte Adone.

Si tratta di un luogo unico nel suo genere. Non è infatti uno zoo e neppure di un parco faunistico, bensì di un centro di recupero in cui vengono ricoverati animali abbandonati o feriti, di provenienza selvatica, ma anche esotica. Il cammino poi prosegue attraverso lo spettacolare crinale del Monte Adone. Raggiungendo la sua vetta è possibile ammirare le torri plasmate dal vento e dalla pioggia, ammirando uno spettacolo grandioso e scattando una foto che conserverà per sempre il ricordo di quell’emozione.

Scendendo in direzione di Brento si prosegue verso la Madonna dei Fornelli. Già dal nome possiamo capire quanto particolare sia questo luogo. Esso deriva infatti dal santuario della Madonna della Neve e dalla presenza di diversi carbonai in passato che accendevano dei piccoli fuochi nei boschi. E da qui? Si fa uno stop e si riposa proprio all’Albergo Poli. L’ideale, no?

Categorie
Appennini Borghi cascate montagna primavera vacanza natura Vacanze natura Viaggi Viaggi Avventura

Romagna: tre cascate scenografiche sull’Appennino per i picnic di primavera

C’è chi pensa che la Romagna sia solo riviera, sabbia, mare, trascurando tutto quello che può regalare nel suo sottovalutato entroterra, tra le sue colline e le sue montagne.

Un territorio rurale fatto di boschi e picchi, pascoli e piccoli borghi con ancor più piccole frazioni, tanti torrenti e fiumi che scorrono uno parallelo all’altro, dando origine a una serie di valli incontaminate e autentiche. Una porzione d’Italia che merita di essere esplorata nel corso della bella stagione, perché è punteggiata di piccoli tesori naturali nascosti.

Con l’inoltrarsi della primavera, infatti, torna anche il desiderio di scoperta. Per gli amanti dell’acqua dolce i tempi non sono ancora maturi per un tuffo rinfrescante o qualche bracciata energizzante, ma si possono tornare ad esplorare itinerari acquatici come quelli collegati ad alcune splendide cascate che caratterizzano il territorio montano della Romagna.

La Cascata di Civorio a Spinello

Cascata di Civorio, Romagna

Fonte: iStock

La Cascata di Civorio

La valle del torrente Borello, principale affluente del fiume Savio che scorre a Cesena, è un’area appenninica non particolarmente aspra, ma remota e non particolarmente antropizzata. Un regno di grandi prati e pascoli, boschi e colline.

Uno dei centri abitati più rilevanti di questa valle della Romagna è Spinello, una frazione del comune di Santa Sofia che conta appena 200 residenti. A una decina di chilometri si trova Civorio, frazione del comune di Civitella di Romagna ancora più scarna: una chiesetta, un ristorante, un campo da calcetto e qualche casa sparsa sull’incrocio di una strada provinciale.

Nascosta fra queste due amene località si trova la cosiddetta Cascata di Civorio, che invece è un vero e proprio tesoro di vitalità. La si raggiunge parcheggiando a bordo strada all’ultima curva della Strada provinciale 95 prima di arrivare a Civorio, provenendo da Spinello. Qui un pannello informativo segnala l’inizio del breve sentiero che porta alla cascata, che scende costeggiando un campo coltivato, oltrepassa alcune abitazioni e infine svolta a sinistra, ancora più in discesa, inoltrandosi nella vegetazione sul fianco di un edificio in rovina.

Con una camminata di circa quindici minuti in discesa si raggiunge un’ampia radura ai piedi della maestosa cascata. L’ampio pianoro alberato ai margini del torrente è ben tenuto, con tanto spazio nel verde dove poter trascorrere la propria giornata e imbandire un picnic con i fiocchi nelle belle giornate di primavera e d’estate.

Cascata di Civorio

Fonte: Lorenzo Calamai

La Cascata di Civorio è un luogo di grande pace, circondata da una radura alberata

L’arrivo al cospetto della cascata è reso ancora più spettacolare dal fatto che, nonostante se ne oda il rombo, la vista è parzialmente ostruita dagli alberi: quando poi si arriva a vedere tutto il salto, alto una quindicina di metri, è un momento di grande effetto.

La cascata crea un’ampia polla ai propri piedi, oltre la quale il torrente torna ad essere un piccolo corso d’acqua che scorre placido verso valle. Malgrado non sia un luogo particolarmente remoto, si distinguono solo i rumori della natura circostante, regalando momenti di grande relax. In estate il laghetto che si forma ai piedi della cascata viene utilizzato per un tuffo rinfrescante nelle giornate più calde.

La Cascata dell’Alferello ad Alfero

Cascata dell'Alferello, Romagna

Fonte: Lorenzo Calamai

Le dimensioni della persona in cima alla cascata aiutano a capire la magnificenza del salto

Dalle pendici del Monte Fumaiolo, nell’Appennino cesenate, laddove si trova la sorgente del Tevere, sgorga anche un piccolo torrentello: l’Alferello.

Un corso d’acqua dalla vita breve, che in pochi chilometri si esaurisce tuffandosi nel fiume Para, che peraltro regala splendide avventure risalendone il corso dove possibile. Per coloro che amano l’acqua dolce, ma percorsi meno avventurosi la cascata che l’Alferello genera nei pressi del paese di Alfero è uno spettacolo naturale garantito e accessibile a tutti.

La particolarità del torrente, infatti, è che al contrario di molti suoi simili incontra un terreno geologicamente diverso, fatto di roccia estremamente resistente all’erosione, che lo porta a formare piscine naturali e cascatelle. Ad Alfero, nel suo tratto finale, si supera, generando uno spettacolare salto di oltre 30 metri con un ampio fronte.

Cascata dell'Alferello

Fonte: Lorenzo Calamai

È praticamente impossibile non trovare la Cascata dell’Alferello

La Cascata dell’Alferello costituisce un’attrazione piuttosto conosciuta in Romagna e pertanto è ben segnalata dalle indicazioni stradali che dal paese di Alfero conducono a un ampio parcheggio. Da qui si imbocca il comodo sentiero in leggera discesa, riparato fra le fronde del bosco, seguendo se necessario le tracce bianche e rosse dei segnavia CAI.

In circa quindici minuti di discesa si raggiunge la maestosa cascata, che si può esplorare sia da sopra, dove si può accedere anche a un’ampia zona attrezzata con tavolini per il picnic, che arrivando ai suoi piedi con un ultimo tratto di sentiero più ripido. Dalla base della cascata, inoltre, ci si può avventurare un po’ più a valle, dove il torrente ha scavato ampie piscine naturali che diventano balneabili nella stagione più calda.

La Cascata dell’Acquacheta a San Benedetto in Alpe

Cascata Acquacheta

Fonte: Lorenzo Calamai

La Cascata dell’Acquacheta in estate

Più vicino al confine dell’Emilia Romagna con la Toscana, nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, uno splendido luogo per godersi un picnic di primavera è la Cascata dell’Acquacheta a San Benedetto in Alpe.

Si tratta di un salto generato dall’omonimo torrente dalle caratteristiche estremamente scenografiche: l’acqua cade per circa 70 metri tra pareti rocciose inclinate, in un contesto montano e boscoso.

Raggiungere la cascata è meno semplice che nei due casi precedenti: qui si deve affrontare una vera e propria escursione in montagna, lunga circa quattro chilometri. Si tratta di un percorso ben mantenuto, agevole e alla portata di tutti, ma al quale dedicare buona parte della giornata.

Per chi tiene di più a una giornata rilassante, il torrente Acquacheta offre comunque uno spazio perfetto: a pochi minuti dal centro di San Benedetto in Alpe un’ampia ansa del corso d’acqua è corredata da un’area attrezzata con tavoli da picnic perfetta per le famiglie con bambini piccoli.

Lungo il sentiero che porta alla cascata, inoltre, si trovano due piccoli bivacchi con vicini altri tavoloni in legno, perfetti per una sosta o per un picnic all’ombra, accompagnati dal cullante sciabordio delle acque su una piccola curva del torrente.

I più audaci invece possono proseguire fino ad arrivare allo splendido punto panoramico che permette di ammirare tutto lo scenografico splendore della grande cascata, che fu peraltro cantata anche da Dante nella Divina Commedia. Una volta giunti al belvedere, il sentiero prosegue per qualche altro centinaio di metri fino ad arrivare ad un ampio spiazzo con un’altra cascata, la Cascata del Levane, affluente dell’Acquacheta. Attorno tantissimo spazio per godersi la giornata immersi nella natura, prima di rimettere lo zaino in spalla e tornare al punto di partenza.

Categorie
Appennini Arte e cultura Borghi vacanza natura Viaggi

Bagnone e le sue frazioni: alla scoperta del meglio della Lunigiana

Riparate dalle fronde dei boschi che ricoprono i fianchi delle montagne del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano scorrono placide le acque del torrente Bagnone.

Il corso d’acqua, cristallino, nasce sul monte Sillara e corre sinuoso fino a sfociare nel fiume Magra, caratterizzando una splendida valle dove si incrociano una rigogliosa natura, una splendida corona di montagne e la pietra scura di alcuni borghi pieni di storia e dall’atmosfera unica.

Fra questi il principale porta lo stesso nome del torrente, Bagnone. Assieme alle sue pittoresche e caratteristiche frazioni, rappresenta uno dei paesi assolutamente da non perdere quando si visita la Lunigiana, il territorio all’estremo settentrione della Toscana.

Confinante con Liguria ed Emilia, la Lunigiana è un territorio unico. Antica terra di passaggio dei pellegrinaggi verso Roma e dei commerci tra la pianura Padana e il litorale tirrenico, è ancora oggi una sorta di luogo di frontiera, con una tradizione culinaria con ingenti influenze liguri e un vernacolo peculiare.

Se Pontremoli è la cittadina più grande e nota della Lunigiana, sorgendo lungo il corso del Magra, Bagnone è un tesoro meno conosciuto, protagonista della sua piccola valle laterale, dove la primavera e l’estate regalano un connubio di storia e natura, interessi culturali e attività outdoor.

Il borgo di Bagnone

il castello di Bagnone in Lunigiana, Toscana

Fonte: Lorenzo Calamai

Vista del castello di Bagnone dal borgo

Bagnone è un borgo medievale posto alle pendici della catena appenninica, laddove le montagne separano la Toscana dall’Emilia, Massa Carrara da Parma.

Nato prima dell’anno Mille (l’area è abitata fin dall’età della pietra, la prima testimonianza scritta risale al 963), il paese è stato feudo storico della nobile casa dei Malaspina, famiglia di origine longobarda i cui destini si intrecciarono per lunghi secoli con il territorio settentrionale della Toscana.

Dalla fine del Quattrocento Bagnone si trovò sotto il dominio di Firenze, prima nelle vesti della Repubblica fiorentina, poi in quelle del Granducato di Toscana.

L’eredità di questo retaggio caratterizza ancora oggi il borgo. Bagnato dalle acque dell’omonimo torrente, è diviso sostanzialmente in due parti. In alto, seduto su un colle, domina tutto l’abitato il Castello di Bagnone.

I portici di Bagnone, in Lunigiana, Toscana

Fonte: iStock

Bagnone: le vie del centro

È caratterizzato dal grande torrione cilindrico, che è oggi l’unico vero edificio restante del castello originale. Il resto del mastio è stato incorporato in una serie di abitazioni che circondano la torre e che oggi costituiscono parte di un complesso privato. Fu costruito nel Quattrocento dai Malaspina dello Spino Fiorito, il ramo guelfo della famiglia.

Il Castello si staglia, nobile, sulla collina più alta dei dintorni, svettando sull’altra parte di Bagnone, quella del centro storico, che si trova lungo le rive del torrente qualche centinaio di metri più in basso. L’ingresso al paese da sud ovest è piuttosto scenografico: attraversando la Porta di Piazza Roma, il Castello si mostra in tutto il suo splendore, dominando la scena. Arrivati in Piazza Roma il monumento ai caduti caratterizza lo spiazzo dal quale prende le mosse l’antico centro storico, mentre oltre il parapetto di destra scorre l’impetuoso torrente Bagnone, con tanto di cascata.

La passeggiata per il centro storico è assai piacevole: piccoli vicoli si diramano ai due lati della via principale, via della Repubblica, per condurre in piacevoli piazzette; ristoranti e bar animano i portici; sdruccioli sotto le volte conducono sul lungo fiume e al Ponte vecchio, bucolico attraversamento del torrente costruito in pietra che conduce verso alcuni orti e il sentiero pedonale che permette di salire dal paese fino al Castello.

Ponte vecchio di Bagnone, in Lunigiana, Toscana

Fonte: Lorenzo Calamai

Il ponte vecchio di Bagnone

Dal ponte si possono ammirare le belle case che affacciano sul corso d’acqua, mosse da terrazze, archi e balconi. Bella l’atmosfera in piazza Marconi, dove si trova la chiesa di San Nicolò.

Durante la tarda primavera e l’estate Bagnone si anima anche grazie a tutta la natura che la circonda. Le purissime acque del torrente sono una attrazione assai gettonata durante i giorni più caldi dell’anno, con alcune piscine naturali che attraggono grandi e piccini poco fuori dall’abitato. La cittadina è inoltre tappa della Via del Volto Santo, un cammino tra Lunigiana e Garfagnana che collega Pontremoli a Lucca in sette giornate di escursione.

Le tante frazioni del comune di Bagnone, in particolare quelle più pedemontane come Vico e Treschietto, sono punti di partenza per tante escursioni che si inerpicano lungo i crinali appenninici.

Treschietto: sotto lo sguardo dell’Appennino

Vista su Treschietto in Lunigiana, Toscana

Fonte: Lorenzo Calamai

La torre del castello di Treschietto svetta, con l’Appennino sullo sfondo

Tra le oltre 25 frazioni del comune di Bagnone, Treschietto ricopre una posizione di particolare rilievo. Non solo perché il borgo è l’unico, tolto il capoluogo, a superare le cento anime, ma anche e soprattutto per la sua posizione scenografica.

Treschietto si trova infatti su una terrazza naturale posta tra il corso del Bagnone e le vette dell’Appennino toscoemiliano. La sua caratteristica torre, rovina ancora in piedi del castello dei Malaspina che un tempo dominava la valle del Bagnone con funzioni di avvistamento, si staglia ancora oggi sui fitti e rigogliosi boschi che circondano l’abitato. Sullo sfondo emergono i massicci appenninici, caratterizzati dal contrasto tra grandi prati verdi e la roccia grigia. Una barriera naturale del territorio, come una corona che cinge il capo della valle.

In questa frazione sono state rinvenute alcune statue stele, antiche sculture antropomorfe che hanno permesso di determinare che la valle del Bagnone fosse già abitata in epoca preistorica.

Tutti gli anni, a maggio, Treschietto ospita la sagra della cipolla, coltivazione tipica della frazione.

Castiglione del Terziere, il borgo di pietra

Castiglione del Terziere in Lunigiana, Toscana

Fonte: Getty Images

Castiglione del Terziere, veduta d’insieme

A pochi chilometri da Bagnone gli amanti di storia e architettura possono trovare pane per i loro denti visitando Castiglione del Terziere, un minuscolo borgo aggregato attorno ad un antico castello, immerso fra i boschi della vallata in posizione panoramica.

Per arrivarci si deve percorrere la strada che collega Bagnone a Licciana Nardi, altro bel borgo della Lunigiana. Dopo circa tre chilometri dal capoluogo si imbocca una stretta strada asfaltata che scende al borgo, interamente pedonale.

Una stradella lastricata collega l’imbocco al castello e alle sue immediate vicinanze. Castiglione del Terziere è un esempio splendidamente conservato di un borgo dell’Alto Medioevo, con il castello quadrato vicino al quale sorgono il campanile di una chiesetta e una torre quadrangolare e possente. Un piccolo giardinetto ne orna l’ingresso principale, mentre è piacevole passeggiare tra le poche e strette vie del borgo, con le sue case in pietra e un’atmosfera ferma nel tempo.

Oggi il castello è stato pienamente restaurato e, pur essendo di proprietà privata, è visitabile su prenotazione in alcune date prestabilite. È inoltre un centro di studio e ricerca con una pregiata collezione di volumi di storia, discipline umanistiche e letteratura italiana.

Categorie
Appennini Arte e cultura Cosa fare nel weekend mete storiche montagna Notizie Ponte del 25 Aprile treni storici Viaggi Viaggi Avventura Viaggi in treno

Weekend a bordo dei treni storici: i convogli in partenza

Durante il weekend 25 – 27 aprile 2025, gli appassionati di treni storici avranno l’occasione di vivere un’esperienza unica a bordo di convogli d’epoca che attraverseranno alcune delle più suggestive linee ferroviarie italiane. La Fondazione FS ha programmato numerose corse in tutto il Paese, offrendo ai viaggiatori la possibilità di intraprendere un viaggio che punta alla riscoperta dei panorami italiani con lentezza.
Quello del ponte del 25 aprile sarà un viaggio nel tempo sui binari d’Italia alla scoperta di itinerari speciali.

Un viaggio nel cuore dell’Appennino: da Sulmona a Castel di Sangro

In Abruzzo la Fondazione FS propone un affascinante itinerario “Primavera sulla Ferrovia dei Parchi” che condurrà il viaggiatore da Sulmona, città ricca di storia e tradizioni, fino a Castel di Sangro, incastonata nel cuore dell’Appennino abruzzese. A bordo di carrozze d’epoca, si potranno ammirare paesaggi mozzafiato e borghi pittoreschi.
Questo treno effettuerà corse tutti i giorni dal 25 al 27 aprile 2025. Il treno partirà da Sulmona alle ore 8:45 e arriverà a Castel di Sangro alle ore 11:55. Per il ritorno, la partenza da Castel di Sangro è fissata alle ore 16:15 con arrivo a Sulmona alle ore 18:15.
Questo treno storico è una locomotiva diesel con carrozze anni ’30 “Centoporte”, carrozze anni ’50 Corbellini e bagagliaio. Durante questa esperienza si potrà portare gratuitamente a bordo la propria bici per scoprire i luoghi in completa libertà.
Le fermate previste nel mezzo della tratta sono:

  • Campo di Giove
  • Palena
  • Roccaraso
  • Alfedena-Scontrone

Tra le colline senesi: da Siena a Castiglione d’Orcia

Un altro gioiello proposto dalla Fondazione FS è il viaggio toscano che da Siena si snoda tra le dolci colline toscane fino a raggiungere Castiglione d’Orcia, un borgo medievale di rara bellezza. Questo “Treno Natura, primavera in Val d’Orcia” si potrà prendere solo nella giornata del 25 aprile. Durante il tragitto, i viaggiatori potranno immergersi in un paesaggio unico al mondo.
Il treno storico partirà da Siena alle ore 8:50 e arriverà a Castiglione d’Orcia alle ore 11:11. Il viaggio di ritorno prevede la partenza da Castiglione d’Orcia alle ore 17:21 e l’arrivo a Siena alle ore 18:44.

borgo toscano di san quirico d'orcia

Fonte: iStock

Il borgo di San Quirico d’Orcia in Toscana

Per il 27 aprile è invece previsto un altro viaggio: da Siena a San Quirico d’Orcia. “Treno Natura: Orcia Wine Festival“. Giunti a San Quirico d’Orcia, sarà possibile visitare il grazioso centro storico e partecipare alla dodicesima edizione del festival.
In Toscana si viaggerà a bordo di un treno storico formato da una locomotiva a vapore con carrozze “Centoporte” degli anni ’30, carrozze Corbellini degli anni ’50 e bagagliaio.

Un tuffo nella storia reale: da Napoli centrale alla Reggia di Caserta

Per chi desidera combinare il fascino del viaggio in treno storico composto da vetture Centoporte degli anni ’30 con la visita di un sito di straordinaria importanza culturale, la Fondazione FS offre il collegamento “Reggia Express” da Napoli centrale alla maestosa Reggia di Caserta solo per la giornata del 27 aprile.

reggia di caserta

Fonte: iStock

La Reggia di Caserta, ex residenza reale

Un modo comodo e suggestivo per raggiungere uno dei simboli del potere borbonico.
Il treno partirà da Napoli Centrale alle ore 9:55 con arrivo alla Reggia di Caserta alle ore 10:29. Per il ritorno, la partenza dalla Reggia sarà alle ore 17:30 con arrivo a Napoli Centrale alle ore 18:16.
Il costo del biglietto è di 4.9€ per gli adulti e 2.45€ per i ragazzi.
In Campania il treno storico sarà una locomotiva elettrica con carrozze Centoporte degli anni ’30, Corbellini degli anni ’50 e bagagliaio.

Un viaggio tra le sponde del lago: da Milano centrale a Paratico Sarnico

Per gli appassionati di paesaggi lacustri il 27 aprile ci sarà la corsa del “Sebino Express“. Si potrà viaggiare a bordo di un treno storico da Milano centrale fino a Paratico Sarnico, sulle rive del Lago d’Iseo. Un’occasione per scoprire le bellezze di questo incantevole specchio d’acqua.
La partenza da Milano Centrale è prevista alle ore 8:20 con arrivo alle 11:40. Il ritorno da Paratico Sarnico sarà alle ore 17:15 con arrivo a Milano Centrale alle ore 20:45.
Il costo del biglietto per questa tratta è di 12€. In questo viaggio è consentito portare gratuitamente la propria bici per girare in libertà una volta giunti a destinazione.
Per la Lombardia il treno storico sarà formato da una locomotiva a vapore ed elettrica con carrozze Centoporte degli anni ’30, carrozze Corbellini degli anni ’50 e bagagliaio.

Alla scoperta delle Terre dell’Altolivenza: da Udine a Sacile

Il 27 aprile si potrà anche partire alla scoperta dell’Altolivenza a bordo di un treno storico da Udine a Sacile. Questo treno attraverserà un territorio ricco di storia e fascino. Si potrà così ammirare il suggestivo fiume Livenza, che nasce in Friuli e bagna Sacile, e lasciarsi incantare dai borghi che si incontreranno lungo il percorso. Il treno partirà da Udine alle ore 07:30 e arriverà a Sacile alle ore 08:20. Per il ritorno, la partenza da Sacile è prevista alle ore 18:20 con arrivo a Udine alle ore 19:15. Il costo del biglietto per gli adulti è di 10€, mentre per i ragazzi – dai 4 ai 12 anni non compiuti –  è di 5€. I bambini fino a 4 anni viaggiano gratis.
Il treno storico del Friuli-Venezia- Giulia sarà formato da un locomotore diesel con carrozze tipo Centoporte degli anni ’30 e bagagliaio.

Categorie
Appennini Arte e cultura Cammini Lazio Monasteri montagna turismo religioso Umbria vacanza natura Viaggi Viaggi Avventura

Sulle orme di San Benedetto: un cammino tra silenzio, fede e Appennino

Il Cammino di San Benedetto è un itinerario a piedi di circa 300 km, che collega Norcia (luogo di nascita di San Benedetto) a Montecassino (dove si trova la sua tomba), attraversando l’Umbria e il Lazio. Si tratta di un percorso spirituale e naturalistico che si sviluppa lungo 20 tappe, prevalentemente su sentieri collinari, strade sterrate e tratti di montagna, toccando borghi medievali, monasteri, eremi e paesaggi straordinari.

Questo cammino, sebbene meno noto di altri percorsi italiani, è perfettamente segnalato, molto curato e capace di offrire un’esperienza intensa, che coniuga ritmo lento, natura e silenzio. È adatto a camminatori con un livello medio di allenamento: non ci sono tratti tecnici, ma la lunghezza e i dislivelli di alcune tappe richiedono preparazione.

Storia del Cammino di San Benedetto

Il cammino ripercorre i luoghi legati alla vita di San Benedetto da Norcia, fondatore dell’Ordine Benedettino e figura fondamentale del monachesimo occidentale. Nato a Norcia nel 480 d.C., visse tra l’Umbria e il Lazio, fondando numerosi monasteri e diffondendo la regola “Ora et Labora”, che ha plasmato la cultura spirituale e sociale dell’Europa medievale.

Tra i luoghi più significativi ci sono Subiaco, dove visse da eremita per anni e fondò dodici monasteri, e Montecassino, dove scrisse la Regola di San Benedetto e fondò l’abbazia madre del suo ordine. Il cammino tocca anche luoghi simbolici come Cascia, Rieti, Rocca Sinibalda, Tivoli, in un viaggio che attraversa secoli di spiritualità, architettura e paesaggi ancora incontaminati.

Le 16 tappe del Cammino di San Benedetto

Il Cammino di San Benedetto si articola in 16 tappe e attraversa l’Appennino centrale da Norcia a Montecassino, seguendo le orme del Santo in un itinerario lineare e coerente, che tocca i luoghi più significativi della sua vita e della spiritualità benedettina.

Tappa 1: Norcia – Cascia (17,4 km, 648 m D+, 5h30m)

Il cammino comincia nel cuore di Norcia, la città dove nacque San Benedetto. L’emozione della partenza si mescola al silenzio delle vie antiche e al paesaggio che già si apre davanti. Dopo i primi chilometri, la strada comincia a salire con decisione: si attraversano colline coperte di boschi, prati aperti e piccoli borghi.

La salita è continua ma mai troppo dura, e regala scorci splendidi sulla Valnerina. Arrivati a Cascia, si viene accolti dalla presenza forte del Santuario di Santa Rita, meta di pellegrinaggi da tutto il mondo. È una tappa che mette alla prova le gambe, ma che offre fin da subito il senso del cammino: lentezza, silenzio, e spiritualità diffusa.

Tappa 2: Cascia – Monteleone di Spoleto (15,8 km, 530 m D+, 5h)

Si lascia Cascia percorrendo strade secondarie e sentieri che attraversano una campagna ampia e silenziosa. La salita iniziale è dolce e progressiva, mentre il percorso si snoda tra colline e altopiani, con pochi centri abitati. Il cammino qui ha un ritmo tranquillo, perfetto per chi vuole rallentare e iniziare a trovare un passo più meditativo.

Monteleone di Spoleto appare all’improvviso su un crinale, con le sue mura antiche e le viuzze in pietra. È uno dei borghi più alti dell’Umbria e conserva un’atmosfera autentica, quasi fuori dal tempo. Conviene arrivare con un po’ di margine per esplorarla.

Tappa 3: Monteleone – Leonessa (13,9 km, 234 m D+, 4h30m)

Dopo due giornate intense, questa tappa più breve permette di rifiatare. Si parte in discesa, lungo una valle che apre lo sguardo verso il Lazio. Il paesaggio è vario: boschi, campi coltivati, e tratti di strada bianca. Non ci sono difficoltà tecniche, ed è una buona occasione per ascoltare il silenzio e osservare i dettagli.

Leonessa è un borgo accogliente, con un centro storico ben conservato e tutto ciò che serve per un pellegrino: bar, farmacia, negozi. Qui si respira già un’aria diversa, più montana, e si inizia a percepire l’isolamento di alcune tappe che verranno.

Tappa 4: Leonessa – Poggio Bustone (18,7 km, 697 m D+, 6h)

La quarta tappa è una delle prime vere sfide fisiche del cammino. Si comincia in piano, poi si affrontano tratti in salita alternati a discese più ripide. Si attraversano boschi densi e si cammina su sentieri poco battuti, con un senso di solitudine che in certi momenti può diventare potente.

Ma proprio in questo isolamento si comprende lo spirito del cammino. L’arrivo a Poggio Bustone, in alto sulla valle, è particolarmente suggestivo. Il paese è legato anche a San Francesco, e ospita un eremo affacciato sulla pianura reatina. La salita finale è ripagata da un senso di pace e da un panorama ampio e luminoso.

Tappa 5: Poggio Bustone – Rieti (20,4 km, 405 m D+, 5h)

La tappa comincia con una lunga discesa, tra boschi e sentieri che si fanno via via più aperti. Si entra nella Valle Santa di Rieti, uno dei luoghi più ricchi di spiritualità del centro Italia. Il percorso non presenta particolari difficoltà, ma è piuttosto lungo, quindi conviene partire con un buon ritmo.

L’arrivo a Rieti segna il passaggio a una dimensione più urbana: la città è viva, con un bel centro storico e tutti i servizi necessari per rifornirsi. È un buon punto per riposarsi, organizzare le tappe successive e, se serve, fare una piccola manutenzione allo zaino o all’equipaggiamento.

Tappa 6: Rieti – Rocca Sinibalda (21,6 km, 588 m D+, 6h)

Una tappa dal profilo collinare, molto varia, che alterna sentieri boscosi a tratti di campagna aperta. I primi chilometri sono facili, poi la salita si fa più costante man mano che ci si avvicina a Rocca Sinibalda, borgo raccolto e dominato da un castello che sembra uscito da una fiaba.

Il colpo d’occhio è notevole, soprattutto quando si arriva nel tardo pomeriggio, con la luce bassa sui tetti in pietra. Non ci sono molti servizi lungo la tappa, quindi è importante portare acqua e qualcosa da mangiare. In compenso, la quiete è totale.

Tappa 7: Rocca Sinibalda – Castel di Tora (18 km, 620 m D+, 6h)

Il cammino prosegue tra saliscendi regolari e boschi che si aprono all’improvviso su vedute spettacolari del Lago del Turano. È una delle tappe più belle dal punto di vista paesaggistico: i riflessi sull’acqua, i profili delle montagne, i borghi in pietra che si affacciano sul lago rendono il percorso memorabile.

Castel di Tora è un piccolo gioiello, arroccato sul lago, con poche strutture ma molto accoglienti. In estate può essere affollato nei weekend, in bassa stagione invece si gode di un silenzio perfetto. L’ultimo tratto in salita può essere faticoso se fatto nel caldo: meglio partire presto.

Tappa 8: Castel di Tora – Orvinio (22,6 km, 1.078 m D+, 7h)

Una tappa lunga, con un dislivello impegnativo e lunghi tratti immersi nel bosco. È una di quelle giornate in cui si cammina tanto e si parla poco: le salite sono numerose e i punti di ristoro assenti. Il sentiero è ben segnato ma isolato, e nei mesi più caldi è importante portare molta acqua.

Quando si arriva a Orvinio, uno dei borghi più belli del Lazio, il senso di fatica si mescola alla soddisfazione. L’atmosfera qui è autentica e tranquilla, con strutture semplici e persone abituate ad accogliere chi arriva a piedi. È una tappa che richiede costanza, ma regala una sensazione profonda di avanzamento.

Tappa 9: Orvinio – Mandela (22,1 km, 726 m D+, 7h)

Si parte da Orvinio lasciandosi alle spalle i crinali silenziosi del Parco dei Monti Lucretili, per scendere progressivamente verso territori più dolci e aperti. Il paesaggio cambia: dalle faggete si passa a colline punteggiate di uliveti e casali isolati. È una tappa lunga, ma con un dislivello ben distribuito e poche vere difficoltà tecniche.

Attenzione però ai tratti assolati, specie in estate: è bene partire presto e avere con sé una buona scorta d’acqua. L’arrivo a Mandela, borgo discreto e raccolto, segna l’ingresso in un’area più densamente abitata. Gli alloggi sono pochi: conviene prenotare.

Tappa 10: Mandela – Subiaco (21,2 km, 662 m D+, 6h)

Questa tappa ha un valore simbolico importante: porta a Subiaco, uno dei luoghi più legati alla figura di San Benedetto. Il percorso si snoda tra colline, tratti boscosi e strade secondarie, con salite e discese mai troppo impegnative ma costanti.

L’arrivo è spettacolare: ci si avvicina alla cittadina dominata dai Monasteri di San Benedetto e di Santa Scolastica, incastonati nella roccia, in una gola scavata dal fiume Aniene. Vale la pena fermarsi un giorno in più per visitarli con calma: il Sacro Speco, in particolare, è uno dei luoghi spirituali più intensi del cammino.

Tappa 11: Subiaco – Trevi nel Lazio (15,2 km, 1.107 m D+, 5h30m)

Nonostante la distanza contenuta, questa tappa è una delle più impegnative in salita dell’intero cammino. Il dislivello si fa sentire, ma la bellezza dei boschi dei Monti Simbruini e la qualità dei sentieri aiutano a mantenere il ritmo.

Dopo ore di salita in mezzo al verde, si sbuca tra le case di Trevi nel Lazio, borgo di montagna autentico e poco turistico, adagiato su un crinale. I servizi sono pochi ma sufficienti. È una giornata che mette alla prova le gambe, ma rafforza il senso di progressione del cammino.

Tappa 12: Trevi nel Lazio – Guarcino (17,4 km, 776 m D+, 5h30m)

Si parte con una discesa tra i boschi, che lascia spazio a tratti più collinari e aperti. Questa tappa offre un bel mix di ambienti: tratti ombrosi alternati a panorami ampi sulla valle. Guarcino è un paese vivo, con negozi e bar, ottimo per una sosta ristoratrice.

Il percorso è ben segnalato, ma in caso di pioggia alcuni tratti nel bosco possono essere scivolosi. Vale la pena fare scorte qui: le tappe successive sono più solitarie e servite da meno strutture.

Tappa 13: Guarcino – Vico nel Lazio (17,7 km, 725 m D+, 5h)

Una giornata tranquilla, con un percorso ondulato tra boschi di querce e ulivi, piccoli campi e crinali erbosi. È una tappa di respiro e contemplazione, senza particolari difficoltà, ma che invita a rallentare e godersi l’ambiente.

L’arrivo a Vico nel Lazio, borgo cinto da mura medievali perfettamente conservate, è suggestivo. Il paese è piccolo e molto accogliente, e in serata il silenzio domina. Una tappa che ricarica lo spirito senza affaticare troppo il corpo.

Tappa 14: Vico nel Lazio – Collepardo (13,2 km, 716 m D+, 4h30m)

Tappa breve ma ricca di salite, da non sottovalutare. Dopo un tratto iniziale panoramico, si entra in una zona più selvaggia, dove i sentieri salgono tra boschi e rocce. In prossimità di Collepardo, il paesaggio diventa sempre più spettacolare.

Il paese è posto su un’altura e regala ampie vedute sulla valle. Da qui si può deviare per visitare la vicina Certosa di Trisulti, un luogo che merita assolutamente. Il consiglio è di arrivare presto e prendersi il tempo per l’escursione pomeridiana.

Tappa 15: Collepardo – Casamari (14,8 km, 331 m D+, 4h30m)

Tappa più tranquilla e meno impegnativa, perfetta per recuperare energie. Si scende dolcemente tra colline e paesaggi agricoli, su un percorso sempre ben tracciato.

L’arrivo a Casamari è emozionante per chi ama l’architettura sacra: l’Abbazia di Casamari, in stile gotico-cistercense, è tra le più belle d’Italia. È possibile visitarla e, in alcuni periodi, pernottare nelle foresterie adiacenti. Una tappa che invita alla calma, alla riflessione e al raccoglimento.

Tappa 16: Casamari – Montecassino (29,1 km, 1.112 m D+, 8h)

L’ultima tappa è la più lunga e impegnativa: quasi trenta chilometri e oltre mille metri di dislivello per raggiungere la meta finale. Si attraversano borghi, colline e lunghi tratti su sentieri di crinale, fino all’imponente Abbazia di Montecassino, visibile da lontano, in cima al monte.

L’emozione cresce passo dopo passo, fino a diventare travolgente negli ultimi chilometri di salita. Arrivati in cima, si può accedere alla tomba di San Benedetto, concludendo il cammino nel luogo dove visse gli ultimi anni della sua vita. È una giornata da affrontare con rispetto, buon passo e orari ben calcolati: l’arrivo a Montecassino segna il compimento di un percorso che è insieme fisico e interiore.

Il Cammino di San Benedetto: sulle tracce del padre del monachesimo occidentale

Il Cammino di San Benedetto è un itinerario spirituale e paesaggistico che collega i tre luoghi chiave della vita del Santo: Norcia, dove nacque; Subiaco, dove visse da eremita e fondò dodici monasteri; e Montecassino, dove scrisse la celebre Regola e fondò il monastero destinato a diventare simbolo del monachesimo occidentale. Il cammino si snoda per circa 300 km, in 16 tappe attraverso l’Appennino centrale, tra Umbria e Lazio, toccando borghi medievali, abbazie millenarie e paesaggi silenziosi, in un equilibrio profondo tra spiritualità, natura e cultura.

A differenza di altri cammini religiosi, questo itinerario non è costruito attorno a un pellegrinaggio devozionale verso una singola meta, ma rappresenta un percorso lineare nella vita e nel pensiero di Benedetto da Norcia. È un cammino di disciplina e riflessione, in cui l’esperienza spirituale si vive nella sobrietà delle foresterie monastiche, nel silenzio dei boschi, nella verticalità delle abbazie arroccate sui crinali.

Quando partire per il cammino benedettino

Il Cammino di San Benedetto si sviluppa tra l’Appennino umbro-laziale e la Ciociaria, zone caratterizzate da dislivelli importanti, boschi fitti e panorami aperti sulle valli. Il periodo migliore per intraprenderlo va da maggio a ottobre, quando le giornate sono lunghe e i sentieri più praticabili. In primavera, i prati si riempiono di fioriture spontanee e le foreste si risvegliano in una varietà di toni verdi che accompagnano il camminatore tra Norcia, Cascia e Monteleone di Spoleto. In autunno, i colori caldi dei boschi della Valle dell’Aniene o del Parco dei Monti Simbruini restituiscono al cammino un’atmosfera raccolta e meditativa.

L’inverno non è consigliato: l’altitudine di alcuni tratti (come tra Leonessa e Poggio Bustone) può comportare neve e fango, rendendo le tappe difficoltose. D’estate, invece, è meglio partire presto al mattino, soprattutto nelle tappe che attraversano zone più esposte, come quelle tra Rocca di Corno, Collepardo e Arpino, per evitare le ore più calde.

Dove dormire lungo il Cammino di San Benedetto

Una delle esperienze più autentiche del Cammino di San Benedetto è l’incontro con la cultura dell’ospitalità benedettina. In diversi tratti è possibile pernottare in monasteri, conventi e strutture religiose, dove l’accoglienza si basa sul principio “ora et hospita“: preghiera e ospitalità. A Subiaco, è possibile alloggiare nei pressi del Sacro Speco, uno dei santuari più suggestivi d’Italia, incastonato nella roccia, dove il tempo sembra essersi fermato.

Quando non si trova ospitalità religiosa, si può contare su B&B, case private e piccoli alberghi gestiti da persone del luogo, spesso sensibili alla spiritualità del cammino. A Trevi nel Lazio, Casamari o San Pietro Infine, è facile essere accolti con semplicità, magari con un pasto preparato in casa e racconti del posto. La prenotazione è consigliata, specie nelle zone più isolate, dove le alternative sono poche. In alcune tappe (come a Filettino o Roccasecca), si sta sviluppando una rete di ospitalità a donativo dedicata ai pellegrini del cammino, in espansione grazie al lavoro di associazioni locali.

Credenziale del cammino benedettino

La Credenziale del Cammino di San Benedetto è molto più di un semplice taccuino di timbri: è un simbolo di appartenenza, una traccia concreta del viaggio intrapreso sulle orme del Santo. Ogni pellegrino può richiederla compilando un modulo online, che consente di riceverla comodamente per posta o di scegliere un punto di ritiro sul percorso. In caso di gruppi o coppie, è sufficiente compilare un solo modulo, indicando nel campo apposito i nomi di tutti i partecipanti: le credenziali verranno spedite insieme all’indirizzo indicato.

Per chi preferisce ritirarla all’inizio del cammino, sono numerosi i punti di distribuzione a Norcia, tra cui l’Ostello Capisterium, il Bar d’Angelisa in Piazza San Benedetto (aperto dalle 6 alle 23), l’Edicola del Corso, l’Hotel Benito e l’Emporio della Sibilla. A Subiaco, invece, la credenziale si può trovare presso il negozio di souvenir dell’Abbazia di Santa Scolastica, punto di riferimento storico e spirituale del tratto centrale del cammino.

Perché scegliere il Cammino di San Benedetto

Il Cammino di San Benedetto è diverso dagli altri cammini italiani. È meno affollato, più silenzioso, spesso più isolato, ma proprio per questo regala un’esperienza profonda, lontana dalla frenesia e dal rumore. È un percorso che alterna spiritualità, natura e autenticità, senza forzature. Non c’è bisogno di essere religiosi per percorrerlo: basta avere il desiderio di camminare in modo vero, continuo, per giorni, attraversando paesaggi che cambiano, borghi dimenticati e luoghi pieni di memoria.

È un cammino che non ti prende per mano, ma ti lascia spazio: spazio per pensare, per ascoltare il tuo passo, per accettare la fatica e scoprire quanto può fare bene una giornata passata tra cielo, alberi e silenzio. Dà tanto, ma non subito: è un cammino che va vissuto con pazienza, giorno dopo giorno, lasciandosi guidare dalla regola benedettina che lo ispira — ora et labora, prega e lavora, ma soprattutto cammina.

Chi lo sceglie spesso non cerca la meta, ma una trasformazione lenta. E il Cammino di San Benedetto, con la sua austerità gentile, la offre a chi sa guardare con occhi semplici.

Categorie
Amatrice Appennini Arte e cultura Cammini cicloturismo escursioni L'aquila montagna vacanze avventura Viaggi Viaggi Avventura

Cammino delle Terre Mutate: tappe e consigli utili

Il Cammino delle Terre Mutate è molto più di un percorso escursionistico. È un viaggio nella memoria collettiva e nella resilienza delle comunità appenniniche, tra le ferite lasciate dai terremoti e la forza di chi ha scelto di restare. Si cammina in luoghi segnati dal sisma, ma anche profondamente vivi, dove il paesaggio, la cultura e le persone raccontano ogni giorno una storia di ricostruzione, dignità e speranza.

Il cammino collega Fabriano (Marche) a L’Aquila (Abruzzo), attraversando l’Appennino umbro-marchigiano e abruzzese, passando per borghi antichi, vallate silenziose, parchi naturali e città-simbolo come Norcia, Castelluccio, Amatrice. Sono circa 250 km suddivisi in 14 tappe, pensati per essere affrontati con zaino in spalla, passo costante e occhi aperti. È un cammino lineare, ben segnalato, che unisce l’anima dell’escursionismo con quella del pellegrinaggio civile.

Le tappe del Cammino delle Terre Mutate

Il Cammino delle Terre Mutate si snoda per oltre 250 chilometri attraverso quattro regioni – Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo – collegate da un filo comune: quello della rinascita dopo il sisma. Questo itinerario a piedi collega tra loro i territori colpiti dai terremoti del 2009 e del 2016, accompagnando il camminatore in un viaggio che è allo stesso tempo paesaggistico, umano e simbolico. Ogni tappa rappresenta un incontro con una comunità che ha scelto di restare, di ricostruire, di riscoprire il senso di appartenenza alla propria terra.

Il percorso è suddiviso in diverse giornate di cammino, ciascuna con una propria identità, fatta di borghi arroccati, vallate silenziose, sentieri tra boschi, campi coltivati e panorami che si aprono su alcune delle montagne più belle dell’Appennino centrale. Le tappe sono pensate per essere affrontate con passo regolare e senza fretta, lasciando spazio all’ascolto, all’osservazione e all’incontro. In questa sezione troverai la descrizione di ogni singola tappa: distanze, dislivelli, punti di interesse, caratteristiche del territorio e informazioni utili per orientarti lungo il cammino.

Tappa 1: Fabriano – Campodonico (17 km, 550 m D+, 5h)

Il cammino prende il via da Fabriano, città dal passato ricco di artigianato e manifattura, conosciuta in tutto il mondo per la produzione della carta. Dopo pochi chilometri, ci si lascia alle spalle la vita urbana e si comincia a camminare tra strade bianche, campi coltivati e profili collinari che si fanno via via più silenziosi.

Il dislivello è ben distribuito e non presenta grandi difficoltà, ma offre l’occasione per prendere familiarità con lo zaino e con il proprio passo. L’arrivo a Campodonico, una piccola frazione immersa nel verde e nel silenzio, è una ricompensa dolce e discreta: ci si sente già altrove, eppure si è appena all’inizio.

Tappa 2: Campodonico – Cerreto d’Esi (16 km, 300 m D+, 4h30m)

Questa è una tappa che invita a rallentare e a guardarsi intorno. Il sentiero prosegue attraverso paesaggi agricoli, filari ordinati e colline morbide, dove ogni svolta regala una nuova prospettiva sulla campagna marchigiana. Si cammina su un terreno facile e ben segnato, tra silenzi ampi e colori che cambiano con le stagioni.

Cerreto d’Esi, all’arrivo, accoglie con semplicità e con quella calma tipica dei paesi dove il cammino della vita segue ritmi più lenti.

Tappa 3: Cerreto d’Esi – Matelica (14 km, 250 m D+, 4h)

Una tappa breve e piacevole, ideale per lasciarsi cullare dal paesaggio e farsi sorprendere da ciò che sembra familiare. Il percorso si snoda tra sentieri pianeggianti, stradine di campagna e distese di grano che ondeggiano al vento, in un’atmosfera che sa di armonia.

Non ci sono salite impegnative né difficoltà tecniche, e proprio per questo la giornata si presta ad allungare lo sguardo, ad alzare la testa e a lasciarsi ispirare. Matelica si fa trovare pronta: una cittadina vivace, ricca di storia e cultura, che offre tutto il necessario per rigenerarsi. Un pomeriggio qui, tra un bicchiere di Verdicchio e una passeggiata nel centro, ha il potere di ricaricare corpo e pensieri.

Tappa 4: Matelica – Camerino (18 km, 600 m D+, 6h)

La giornata comincia con passo regolare, ma ben presto si avverte un cambio di tono: il dislivello cresce gradualmente e accompagna il camminatore in un paesaggio che si fa via via più ampio e silenzioso. Si sale tra campi coltivati, tratti boscosi e crinali aperti che offrono scorci ampi sull’Appennino umbro-marchigiano.

Il percorso è vario, ben segnalato, e nonostante la lunghezza si lascia affrontare con piacere. Camerino, città universitaria colpita duramente dal terremoto, si raggiunge dopo una lunga ma gratificante salita. L’arrivo è denso di significato: si entra in un luogo che porta ancora le cicatrici, ma anche la vitalità di una comunità che ha scelto di resistere con determinazione.

Tappa 5: Camerino – Fiastra (20 km, 650 m D+, 6h30m)

Questa è una delle tappe che segna l’ingresso nel cuore più verde e montano del cammino. Il paesaggio si alza, si restringe e poi si riapre, alternando boschi profondi, sentieri di mezza costa e lunghi silenzi, quelli che fanno bene all’anima. Il percorso è più esigente rispetto ai giorni precedenti, ma regala una sensazione di immersione totale nella natura, con lunghi tratti in cui si cammina senza incontrare nessuno.

Quando finalmente si scorge il lago di Fiastra, il contrasto tra acqua e montagna crea un effetto quasi cinematografico. L’arrivo sulle sue sponde è una vera pausa visiva e mentale, un momento per respirare profondamente e lasciarsi cullare dalla quiete.

Tappa 6: Fiastra – Ussita (16 km, 700 m D+, 5h30m)

Si parte costeggiando le acque del lago, con una luce che, nelle prime ore del mattino, trasforma ogni riflesso in poesia. Ma è una tappa che richiede attenzione: la salita si fa sentire, i sentieri si fanno più stretti, e alcuni tratti possono risultare faticosi, specie con il caldo o dopo piogge recenti.

Si entra sempre più dentro ai Monti Sibillini, tra panorami vasti e silenzi assoluti, dove il solo rumore è quello dei propri passi. L’arrivo a Ussita, uno dei luoghi simbolo del sisma del 2016, è carico di emozione: il borgo porta ancora addosso le ferite, ma anche una voglia di rinascere palpabile. Camminare fin qui non è solo turismo lento, è una forma di solidarietà concreta.

Tappa 7: Ussita – Castelluccio di Norcia (18 km, 850 m D+, 6h30m)

È una delle giornate più attese, e non delude. Il cammino si arrampica tra i versanti del monte Bove, regalando scorci spettacolari e tratti dove il cielo sembra più vicino. È una tappa fisicamente impegnativa, ma ogni metro guadagnato aggiunge un tassello alla bellezza che esplode poco prima dell’arrivo: l’altopiano di Castelluccio di Norcia, immenso, irreale, avvolto dal vento e dalla luce.

In primavera e inizio estate, la fioritura delle lenticchie trasforma il paesaggio in un mosaico vivente, ma anche nei mesi più quieti, l’altopiano conserva una magia che difficilmente si dimentica. Il borgo, ancora segnato dal sisma, accoglie con semplicità e dignità: si respira aria d’alta quota, ma anche un senso profondo di comunità.

Tappa 8: Castelluccio di Norcia – Norcia (18 km, 250 m D+, 5h)

Dopo l’intensità del giorno precedente, questa tappa offre un cambio di ritmo. Si lascia lentamente l’altopiano, camminando tra strade bianche e sentieri in discesa che seguono il profilo del Pian Grande, con la montagna alle spalle e la valle che si apre davanti. È una giornata da respirare a pieni polmoni, dove il paesaggio invita a rallentare e ad ascoltare.

Il fondo è facile, il passo si fa regolare. L’arrivo a Norcia, città natale di San Benedetto, segna un nuovo punto centrale nel cammino. La città, ancora in ricostruzione, trasmette una spiritualità silenziosa e una forza che non si ostenta, ma si sente. Vale la pena fermarsi qualche ora in più per visitarla, ascoltare, mangiare bene e riposare davvero.

Tappa 9: Norcia – Campi Alto (17 km, 400 m D+, 5h)

Si riparte da Norcia lasciandosi alle spalle le sue mura e la sua memoria, per risalire lungo una valle stretta, accompagnati dal suono dell’acqua e dal verde che si fa sempre più fitto. La tappa si svolge quasi interamente su sentieri sterrati e strade secondarie, tra boschi e piccoli nuclei abitati.

Il dislivello è dolce ma continuo, con tratti in salita che richiedono costanza, senza mai essere tecnici. Campi Alto è poco più di una manciata di case, un punto fermo nel silenzio dell’Appennino. Qui ci si sente lontani da tutto, e per molti è proprio questa la vera bellezza del cammino.

Tappa 10: Campi Alto – Monteleone di Spoleto (15 km, 450 m D+, 5h30m)

La decima tappa è una giornata piena, dal punto di vista paesaggistico ed emotivo. Si cammina lungo crinali morbidi, salite lente e discese tra pascoli e piccoli boschi, dove il tempo sembra scorrere con un altro ritmo. Il cammino attraversa territori ancora poco toccati dal turismo, dove la vita quotidiana si intreccia con il camminare lento.

Monteleone di Spoleto è uno dei borghi più belli dell’intero itinerario: la cinta muraria, le viuzze medievali e la vista sulla valle regalano un senso di quiete e protezione. È un buon posto per fermarsi, riflettere e fare il punto sul proprio viaggio.

Tappa 11: Monteleone di Spoleto – Leonessa (14 km, 300 m D+, 4h30m)

Una tappa tranquilla, che permette di respirare e lasciare sedimentare le emozioni dei giorni precedenti. Il percorso si sviluppa su saliscendi lievi, con lunghi tratti tra campi e radure che invitano alla contemplazione.

Il contesto cambia lentamente: dall’Umbria si passa al Lazio, e il paesaggio si fa più ampio, le montagne si allontanano un po’. Leonessa, con il suo bel centro storico, offre un’accoglienza calorosa, fatta di pietra viva e piazze tranquille. È una giornata in cui si ritrova la leggerezza, ma senza perdere profondità.

Tappa 12: Leonessa – Posta (19 km, 600 m D+, 6h)

Una tappa di media difficoltà, che alterna sentieri boscosi a lunghi tratti panoramici. Si cammina spesso in mezzo alla natura incontaminata, con dislivelli che si fanno sentire ma senza mai risultare eccessivi. Il fondo è buono, la segnaletica chiara, e il paesaggio invita a un cammino meditativo.

Posta, all’arrivo, è un piccolo centro agricolo che conserva un ritmo antico e una gentilezza autentica. È uno di quei luoghi dove il cammino ti regala la sensazione di essere semplicemente nel posto giusto, al momento giusto.

Tappa 13: Posta – Amatrice (16 km, 500 m D+, 5h)

Questa è una delle tappe simboliche dell’intero percorso, perché porta ad Amatrice, uno dei nomi più tristemente legati al sisma del 2016. Il tragitto attraversa ambienti rurali e collinari, con qualche salita ben distribuita e tratti che scorrono fluidi.

Ma più che il paesaggio, è la meta a fare la differenza: l’ingresso ad Amatrice è carico di emozione, e camminare tra ciò che resta e ciò che rinasce mette in moto pensieri che vanno oltre il cammino. Fermarsi qui non è solo utile: è necessario. Anche solo per mangiare un piatto di pasta, per ascoltare una storia, per esserci.

Tappa 14: Amatrice – L’Aquila (22 km , 700 m D+, 6h30m)

Ultima tappa, e come spesso accade, carica di significato e aspettativa. Si sale e si scende tra vallate silenziose, con la catena del Gran Sasso che inizia a dominare l’orizzonte, mentre l’altitudine si fa sentire. Il cammino è fisicamente impegnativo ma mai ostile, e il paesaggio accompagna con generosità.

L’arrivo a L’Aquila è un momento forte: si entra in una città che ha conosciuto il dolore e la rinascita, una capitale che sta lentamente tornando a splendere. Concludere qui il cammino non è solo simbolico, è profondamente giusto. È il punto d’arrivo di un percorso che attraversa ferite, speranze e comunità che continuano a camminare, ogni giorno.

La filosofia del Cammino delle Terre Mutate

Il Cammino delle Terre Mutate non è soltanto un itinerario escursionistico: è un’esperienza umana, civile e culturale. Nasce da un’idea di turismo lento e responsabile, che mette al centro non la performance sportiva, ma l’incontro con i territori e le comunità colpite dai terremoti del 2009 e del 2016. Camminare lungo queste tappe significa scegliere consapevolmente di dare voce e valore a luoghi fragili ma vivi, dove la ricostruzione è ancora in corso e dove ogni presenza, ogni passo, può rappresentare una forma concreta di vicinanza.

La filosofia del cammino è quella del ritorno alla relazione, con sé stessi e con gli altri. I ritmi sono lenti, adatti all’osservazione e all’ascolto. Si attraversano paesi che portano ancora i segni della distruzione – chiese chiuse, case transennate, cantieri aperti – ma che resistono grazie all’impegno delle persone che hanno scelto di restare o tornare, spesso con coraggio e inventiva. Molti camminatori raccontano di essere partiti con l’idea di fare un trekking e di aver scoperto, tappa dopo tappa, una rete umana fatta di accoglienza, storie, sguardi, mani che aiutano. In questo senso, il Cammino delle Terre Mutate è anche un percorso interiore: insegna ad accettare l’imperfezione, a convivere con il vuoto e a cogliere il valore profondo della cura del territorio.

Camminare in queste terre mutate è un gesto politico, ecologico e affettivo. Significa contribuire, con il proprio tempo e la propria attenzione, a sostenere un’idea di futuro condiviso, radicato nei luoghi e non nelle metropoli. Significa scoprire l’Italia che resiste e che ricostruisce, passo dopo passo.

Cosa mangiare lungo il Cammino delle Terre Mutate

Mangiare lungo il Cammino delle Terre Mutate è un vero e proprio viaggio dentro la tradizione gastronomica dell’Appennino centrale, tra ricette contadine, sapori autentici e ingredienti a km 0. Ogni regione attraversata – Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo – offre specialità locali che parlano della storia agricola e pastorale del territorio, spesso preparate con passione da chi accoglie i camminatori in agriturismi, rifugi e case private.

Tra i piatti da non perdere ci sono i vincisgrassi marchigiani, una variante ricca e sostanziosa delle lasagne, e la lenticchia di Castelluccio, regina della piana umbra, presidio Slow Food e simbolo della rinascita agricola locale. In Umbria e Abruzzo abbondano le zuppe di cereali, le pappardelle al cinghiale, i formaggi di pecora e il pecorino stagionato, spesso prodotto artigianalmente in piccole aziende a conduzione familiare. Nel Lazio è facile trovare amatriciana autentica, preparata secondo la ricetta originaria di Amatrice con guanciale e pecorino.

Non mancano poi i dolci della tradizione, come il pan nociato, i tozzetti umbri o le ferratelle abruzzesi, perfetti per una pausa energetica lungo il cammino. In molti casi, i pasti vengono serviti in modo informale, spesso in tavolate condivise, dove è facile scambiare parole, racconti e indicazioni con altri viandanti. Ogni pasto diventa così parte integrante dell’esperienza, un’occasione per entrare in contatto con il vissuto delle persone del luogo e contribuire direttamente all’economia di prossimità. Il consiglio è di affidarsi alle proposte dei gestori, che conoscono il territorio e valorizzano i prodotti locali: ne uscirai sazio!

La credenziale del Cammino delle Terre Mutate

La credenziale del Cammino delle Terre Mutate è il documento che accompagna il viandante lungo tutte le tappe, fungendo da testimonianza personale del cammino compiuto. È composta da una serie di spazi dedicati alla raccolta dei timbri distribuiti lungo il percorso, che possono essere apposti in rifugi, strutture ricettive, bar, uffici turistici e altri presìdi del territorio. Ogni timbro rappresenta un piccolo racconto visivo del luogo, e la credenziale si trasforma così in un diario concreto del proprio passaggio, pagina dopo pagina.

La credenziale può essere ordinata gratuitamente online attraverso il sito ufficiale del cammino, semplicemente compilando un modulo con i propri dati. Non viene richiesto alcun pagamento: la spedizione è gratuita e il camminatore è invitato – se lo desidera – a lasciare una donazione libera, finalizzata al sostegno delle attività dell’associazione Movimento Tellurico e della Rete dei Cammini nel cratere. Questa scelta coerente con la filosofia del cammino ne rafforza i valori: gratuità, condivisione e sostegno reciproco.

Una volta completato il cammino, la credenziale può essere presentata per ricevere un attestato simbolico di avvenuto completamento del percorso. Ma al di là del valore formale, ciò che la credenziale rappresenta è molto più profondo: è una traccia fisica di incontri, territori, emozioni, un documento che si riempie di storie, persone, resistenza e rinascita.

Perché scegliere il Cammino delle Terre Mutate

Perché è un cammino necessario. Non solo per chi ama la montagna, il silenzio, i paesaggi appenninici. Ma anche per chi vuole dare valore al camminare, essere presente, sostenere territori che spesso restano ai margini. Ogni passo è un gesto di solidarietà, ogni incontro è una possibilità di ascolto.

Il Cammino delle Terre Mutate è questo: un viaggio reale, umano, vero.

Categorie
Appennini Arte e cultura montagna primavera Toscana trekking vacanza natura Vacanze natura Viaggi

Toscana: trekking a Capo d’Arno e al Lago degli Idoli

La primavera è una delle stagioni predilette per chi vuole iniziare a riprendere il contatto con la natura al virare verso la bella stagione.

Con la dovuta cura e attenzione per le previsioni meteorologiche, le condizioni dei sentieri e l’equipaggiamento necessario, i mesi di aprile e maggio sono i migliori per frequentare le montagne del Centro Italia e l’Appennino.

I monti appenninici fra Toscana e Emilia-Romagna sono affascinanti e sottovalutati: grandi panorami, boschi secolari, sentieri per ogni gamba, per ogni grado di abilità e livello di allenamento.

In Toscana un’escursione ideale per aprire la stagione è quella che porta alla sorgente del fiume Arno, quello che bagna Firenze e Pisa e che è il più lungo e importante della regione. Capo d’Arno è il nome del luogo dove il corso d’acqua nasce, zampillando tra le rocce al riparo delle fronde di un fitto bosco di faggi sulle pendici del monte Falterona, all’interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi.

Si tratta di un percorso di trekking breve e alla portata di tutti, lungo poco più di cinque chilometri calcolando sia andata che ritorno per lo stesso tracciato, con una durata complessiva stimabile fra le tre ore e le tre ore e mezzo di cammino. Il dislivello altimetrico, in più, è presente ma non particolarmente significativo, il che la rende un escursione ideale per mettersi alla prova prima di affrontare qualche sentiero un po’ più tosto.

Oltre a scoprire il luogo immerso nella natura dal quale ha origine l’Arno, l’escursione permette di visitare anche un luogo pieno di fascino e storia come il Lago degli Idoli, un ameno stagno nelle cui profondità sono stati fatti eccezionali ritrovamenti.

Da dove parte l’escursione a Capo d’Arno

Escursione a Capo d'Arno e Lago degli Idoli

Fonte: Lorenzo Calamai

L’Arno muove i suoi primi passi dalle pendici del Monte Falterona

Per raggiungere l’avvio del sentiero che porta alla sorgente del fiume Arno, si deve raggiungere il paese di Castagno d’Andrea, amena frazione del comune di San Godenzo (FI), al confine tra Toscana e Romagna.

Composto di circa duecento abitanti, si trova a oltre 700 metri di altitudine in mezzo ai boschi di castagno che popolano i fianchi del monte Falterona. Castagno d’Andrea è una delle porte di accesso al Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi e vi ha sede il Centro visite.

Le sue grandi marronete, da tempo fonte di sostentamento autunnale e invernale fondamentali per gli abitanti del luogo, hanno determinato il nome del paese, noto come Castagno. Solo nel tempo si è composto l’appellativo di Castagno d’Andrea, ribaltando quello della più nota personalità che ha avuto i natali in questo angolo di Appennino, il pittore cinquecentesco Andrea del Castagno, uno dei protagonisti dell’arte rinascimentale tra Firenze e Venezia.

Castagno d’Andrea si trova a circa sette chilometri da San Godenzo, l’ultimo comune toscano prima del confine regionale, non lontano dal Mugello e dalla Valdisieve. Una volta giunti in auto a Castagno, seguendo una tortuosa strada in salita, si percorrono altri cinque chilometri circa per raggiungere la Fonte del Borbotto, intorno ai 1200 metri di altitudine. Qui, oltre alla salubre sorgente che dà il nome alla località, si trova anche un ampio bivacco, qualche area attrezzata con tavoli da pic-nic e si diramano diversi sentieri.

Quello da percorrere è il sentiero CAI numero 17, ben segnalato dai continui segnavia bianchi e rossi marchiati su alberi e rocce e dalla non rara cartellonistica in legno.

Capo d’Arno

Escursione a Capo d'Arno e Lago degli Idoli

Fonte: Lorenzo Calamai

La faggeta in primavera attorno al sentiero per Capo d’Arno

Il sentiero si snoda in un elegante bosco di faggi, che si ergono altissimi, in competizione per la luce solare. Si dice che da questi boschi sia stato portato a Firenze, tramite zattere lungo il corso dell’Arno, il legname che è servito per costruire la Cattedrale di Santa Maria del Fiore.

In primavera la faggeta dà il meglio di sé: le foglie morte dell’inverno giacciono a terra in un tappeto bruno, mentre sui rami degli alberi sono comparse le nuove fronde dal colore verde chiaro, brillante. Il silenzio attornia il viandante mentre si sale per poco più di un chilometro, fino a raggiungere il cosiddetto Varco delle Crocicchie, ovvero il crinale tra le vette del monte Acuto e del monte Falterona.

Il percorso scende poi in maniera graduale e leggera fino ad arrivare a Capo d’Arno, la sorgente da cui nasce il fiume più lungo della Toscana. Qui il Club Alpino Italiano ha affisso una lapide su cui sono incisi i versi della Commedia di Dante, che nel Purgatorio scrive: “Per mezza Toscana si spazia/un fiumicel che nasce in Falterona,/e cento miglia di corso nol sazia.”

Capo d'Arno

Fonte: Lorenzo Calamai

L’acqua dell’Arno zampilla tra le rocce sotto il cartello che annuncia il luogo

Il sentiero 17 si arresta qui. Si prosegue ancora per qualche minuto in pianura seguendo i segni del sentiero numero 3, che porta sulla cima del monte Falterona passando per il Lago degli Idoli.

Il Lago degli Idoli

Quando la faggeta si apre in una ampia radura, con un prato verde al cui centro sorge uno stagno rotondo siete arrivati al Lago degli Idoli.

Oltre a essere il luogo ideale per un pic-nic che possa ristorarvi dalla camminata, grazie ai tavolini attrezzati e al bivacco presente, si tratta anche di un posto dalla storia estremamente affascinante.

Fino alla metà dell’Ottocento lo stagno era noto come Lago di Ciliegiata. Questa zona immersa nei boschi era allora ancora terreno di pascolo e allevamento, almeno fino a quando una giovane mandriana non trovò nei pressi del laghetto una antichissima statua votiva in bronzo. Raffigurava Ercole, e fu datata al 450 a.C.

Lago degli Idoli Capo d'Arno

Fonte: Lorenzo Calamai

Il Lago degli Idoli

Fu l’inizio di una scoperta archeologica sensazionale: sul fondo del lago vennero ritrovate migliaia di statuette, centinaia di frammenti di bronzo utilizzati per la preghiera e centinaia di punte di freccia. La stragrande maggioranza dei manufatti era di origine etrusca, popolo noto per la lavorazione dei metalli che aveva dunque, molto probabilmente, eletto a luogo sacro quello che da allora è divenuto noto come Lago degli Idoli.

La maggior parte dei reperti trovati sono oggi conservati al Museo Archeologico del Casentino Piero Albertoni di Bibbiena, di cui costituiscono una delle principali attrazioni.

La storia antichissima del Lago degli Idoli conferisce a questo luogo un’aura di mistero e di fascino, accentuata dal silenzio e dal vento che spira tra le foglie dei faggi.

Il ritorno alla Fonte del Borbotto può avvenire ripercorrendo la strada dell’andata o completando un anello, più lungo e duro, che passa dalla vetta del monte Falterona (1654 metri) e scende attraverso il sentiero numero 16.

Categorie
Alpi Appennini Arte e cultura Ghiacciai Idee di Viaggio montagna Viaggi Viaggi Avventura

5 ghiacciai da vedere in Italia, uno spettacolo da proteggere tra Alpi e Appennini

Il 22 marzo si celebra la Giornata Mondiale dell’Acqua e quest’anno per l’occasione il tema scelto è stato quello della conservazione dei ghiacciai, simbolo della nostra fragilità di fronte ai cambiamenti climatici, un argomento dunque quanto mai attuale.

Non occorre andare in luoghi remoti per trovarli, perché anche l’Italia ha i suoi ghiacciai: questi, che una volta erano una parte stabile del paesaggio montano, oggi stanno subendo un rapido ritiro, sciogliendosi man mano a causa dell’innalzamento progressivo e minaccioso delle temperature.

In Italia, eppure, ci sono ancora alcune lingue di ghiaccio che resistono, a fatica, al riscaldamento globale. I ghiacciai italiani, catalogati nel Catasto dei ghiacciai, sono numerosi e spettacolari e sebbene la loro bellezza sia minacciata,  è possibile ammirare ancora alcuni di questi in tutto il loro splendore.

Ecco 5 ghiacciai italiani che si trovano tra le Alpi e gli Appennini, alcuni dei quali potrebbero essere destinati a scomparire nel prossimo futuro. Pronti per un viaggio glaciale?

Ghiacciaio del Rutor, Valle d’Aosta

Situato nel cuore della Valle d’Aosta, il ghiacciaio del Rutor è uno dei più grandi della regione, nota per le sue montagne. Con i suoi 3.846 metri di altitudine, il ghiacciaio dà vita a numerosi laghi alpini che formano una serie di spettacolari cascate visibili lungo il sentiero che parte dal Rifugio Deffeyes: un posto davvero magico, da vedere almeno una volta nella vita quando ci si reca in gita tra le Alpi italiane.

Ghiacciaio del Rutor, Valle d'Aosta

Fonte: iStock

Il Ghiacciaio del Rutor nel cuore della Valle d’Aosta

A proposito di magia, sapevate che circa il ghiacciaio del Rutor vi è anche una leggenda? Secondo la storia, infatti, un tempo il luogo dove oggi si erge questo ghiacciaio è stato visitato da un ricco pastore che, per non dare un po’ di latte a un mendicante, ha visto il suo pascolo trasformarsi in ghiaccio.

Ghiacciaio del Belvedere, Monte Rosa

Il ghiacciaio del Belvedere si trova ai piedi della parete est del Monte Rosa ed è noto per essere un ghiacciaio “in avanzata”. Cosa significa? Quando si parla di ghiacciai in avanzata ci si riferisce in verità a un fenomeno raro che fa sì che il ghiaccio scivoli verso valle. Le sue nevi perenni, almeno fino ad ora, si trovano tra i 4.400 e i 4.500 metri di altitudine e scendono fino a 1.800 metri. Questo ghiacciaio, visibile da Macugnaga, regala una vista spettacolare sulla parete rocciosa del Monte Rosa ed è raggiungibile con un’escursione – non semplice, però – che porta dritto fino alla lingua di ghiaccio.

Ghiacciaio del Miage, Monte Bianco

Il ghiacciaio del Miage, che scende dal Monte Bianco nella Val Veny, è il più grande ghiacciaio “nero” delle Alpi italiane. Con oltre dieci chilometri di lunghezza, questo ghiacciaio è definito “nero” per i molti detriti e le polveri che lo ricoprono e oggi è un punto di riferimento per gli studiosi del cambiamento climatico.

Ghiacciaio del Miage

Fonte: iStock

Il Ghiacciaio del Miage in tutto il suo splendore

La sua superficie, ricoperta appunto da detriti e rocce, crea un contrasto incredibile con le nevi circostanti. Il ghiacciaio del Miage è facilmente raggiungibile cimentandosi in un’escursione che passa dal lago Combal e porta alla Cabanne du Combal, da dove si possono osservare – purtroppo – i distacchi di blocchi di ghiaccio.

Ghiacciaio del Fellaria, Lombardia

Situato nella Val Malenco, il ghiacciaio del Fellaria è uno dei più grandi delle Alpi Centrali, con una vista straordinaria sul gruppo del Bernina. A partire da un’altitudine di oltre 3.500 metri, il ghiacciaio si divide in due lingue di ghiaccio e raggiungerlo è possibile esclusivamente tramite sentieri che richiedono una buona preparazione fisica, ma la fatica è in seguito ampiamente ripagata dai panorami mozzafiato. Un consiglio? Godetevi l’ escursione che parte dal Rifugio Zoia.

Ghiacciaio del Calderone, Gran Sasso, Abruzzo

Il ghiacciaio del Calderone, adagiato sul Gran Sasso d’Italia, è l’unico ghiacciaio appenninico sopravvissuto all’ultimo periodo di glaciazione. Nonostante le sue dimensioni ridotte rispetto ai ghiacciai alpini, il Calderone è un simbolo della lotta alla scomparsa dei ghiacciai, per cui più che significativo nella lotta al cambiamento climatico.

Nel corso dei secoli, il ghiacciaio del Calderone ha visto una riduzione drastica del suo volume, ma rimane un sito di grande valore naturalistico e scientifico. Per raggiungerlo, è possibile seguire il sentiero che parte dalla funivia Madonnina, passando per il Rifugio Franchetti.

Categorie
Appennini Bologna Cammini Firenze montagna turismo enogastronomico Viaggi

Via degli Dei, l’unico cammino sostenibile certificato al mondo

È il primo cammino al mondo ad avere ottenuto il riconoscimento dal Global Sustainable Tourism Council (GSTC), l’organizzazione che stabilisce gli standard per lo sviluppo sostenibile del settore turistico a livello globale. È la Via degli Dei, un cammino che collega Bologna a Firenze attraverso l’Appennino Tosco-Emiliano. Un itinerario lungo 123 chilometri, tra la Toscana e l’Emilia-Romagna.

La certificazione internazionale sulla sostenibilità e responsabilità sociale in ambito turistico è nata per valorizzare le tradizioni di due territori (Emilia e Toscana) ricchi di peculiarità e di elementi identitari. La Via degli Dei, infatti, porta il turista/viandante/trekker alla scoperta della gastronomia, della storia e della cultura di due regioni italiane, con uno spiccato senso di accoglienza di residenti e strutture ricettive.

Storia della Via degli Dei

Tracciata originariamente intorno al VII-IV secolo a.C., deve la sua sistemazione definitiva all’opera dell’ingegneria Romana. Con la caduta dell’Impero Romano, la strada perse parte della pavimentazione originaria riducendosi a un semplice sentiero. Con l’avvento delle moderne vie carrabili perse definitivamente la sua funzione e la sua riscoperta fu opera di un gruppo di appassionati escursionisti che, negli Anni ’80, recuperò l’antico tracciato che deve il suo nome ai suggestivi toponimi montani attraversati: Monte Adone, Monte Venere, Monte Giunone, gli Dei.

Oggi, la Via degli Dei è uno straordinario percorso attrezzato che si snoda tra i paesaggi più suggestivi dell’Appennino Tosco-Emiliano. Un’esperienza accessibile anche ai non esperti e con una ripartizione a tappe di media difficoltà.

L’itinerario della Via degli Dei

La Via degli Dei può variare a seconda del tempo e delle capacità dei camminatori che intendono percorrerla. Non esiste un numero obbligato di tappe e quindi di giorni di percorrenza, ma il consiglio è di impiegare dai cinque ai sette giorni, in modo da avere il tempo di conoscere le peculiariatà che contraddistinguono la Via degli Dei e i luogji che attraversa, dai borghi storici ai paesaggi montani, e rilassarsi nelle strutture ricettive immerse nello splendido scenario dell’Appennino Tosco-Emiliano.

Le tappe

1. Bologna, Casalecchio di Reno, Sasso Marconi e Badolo
Dalla stazione FS di Bologna si imbocca Via Indipendenza e si arriva in Piazza Maggiore, vero punto d’inizio (o di arrivo) della Via degli Dei. Da piazza Maggiore imbocchiamo via d’Azeglio, superate la casa di Lucio Dalla e girate poi a destra in via Farini e poi a sinistra in via Collegio di Spagna, da cui proseguiremo sulla sinistra per arrivare a via Saragozza dove incontreremo gli ultimi negozi e bar per acquistare il pranzo al sacco della prima tappa. Arrivati all’arco del Meloncello iniziamo a percorrere il portico più lungo del mondo: quello che porta al Santuario della beata Vergine di San Luca.

Lunghezza: 21.30 km – Tempo: 6,50 ore.

2. Badolo, Brento, Monzuno, Madonna dei Fornelli
Percorrendo via delle Valli, il sentiero prosegue in mezzo a boschi per girare intorno a Monte del Frate. Poco dopo si arriva a un bivio e bisogna girare a destra. Proseguite sulla stradella e superato di alcune centinaia di metri l’Agriturismo Piccola Raieda si gira a sinistra per iniziare la salita di Monte Adone. La salita è corta, ma abbastanza impegnativa. La fatica verrà ripagata dal bellissimo panorama e dalla bellezza del luogo. Monte Adone è sicuramente il luogo più fotografato della Via degli Dei. Scendendo da Monte Adone si arriva in via Vallazza e di lì a pochissimo a Brento dove troverete servizi, bar e una trattoria dove vi potete riposare prima del lungo tratto che collega Brento a Monterumici e poi Monzuno. Arrivati a Monzuno, da piazza XXIV Maggio proseguite su strada asfaltata in direzione Madonna dei Fornelli, superate il bivio per Loiano e andate verso i campi sportivi dove, svoltando a destra, imboccherete una larga carrareccia in salita. Dopo circa 20 minuti si raggiunge la località “Campagne” dove è segnalato il percorso CAI 019 – VD. Si attraversa (sentiero CAI n.° 19) un cancelletto in un bosco di castagni fino ad arrivare al ripetitore Telecom già individuato il giorno precedente da Monte Adone. Da qui si segue la strada sterrata fino alle case di Le Croci. Breve salita fino al Monte Galletto e poi su sterrata si giunge a Madonna dei Fornelli (3 ore circa da Monzuno).

Lunghezza: 28 km – Tempo: 9,50 ore.

3. Madonna dei Fornelli – Passo della Futa

Da Madonna di Fornelli proseguite verso Pian di Balestra lungo il sentiero n. 019. Superato il quadrivio di Pian di Balestra, seguite la segnaletica Via degli Dei – Futa e Strada Romana, superate un piccolo cancello di legno sulla sinistra e addentratevi nel bosco. Dopo pochi metri potrete già ammirare dei tratti di Flaminia Militare, l’antico percorso Romano datato 187 a.C. che vi accompagnerà in diversi punti di questa tappa. Proseguendo sul sentiero si arriva a un cancello facilmente identificabile da un disegno e una scritta in rosso che recita “Chiudere il cancello grazie”, oltrepassato il quale si apre un ampio spazio: un grande campo con una casa in sasso sulla destra (Località “I Capannoni”). Proseguite percorrendo il viale sterrato e dopo la curva vedrete un albero con indicazioni del percorso. Continuando a camminare incontrerete un bivio a cui bisogna girare a destra.

Questo punto del tragitto non è ben segnalato, seguite però la strada come consigliato e dopo qualche metro vedrete il cartello CAI n°019 sulla destra. Il sentiero prosegue fino ad arrivare alla Piana degli Ossi, dove si possono ammirare i resti di sei antiche fornaci datati presumibilmente II secolo a.C.. Superato questo punto proseguite verso il Passeggere dove incontrerete un incrocio con indicazioni su cartelli in legno a cui bisogna girare a sinistra. Continuate il percorso e al bivio successivo girate a destra; dopo pochi metri si incontra un laghetto artificiale che dovrete costeggiare fino a che non termina la recinzione. Il sentiero prosegue verso sinistra e in salita fino a che non si esce dal bosco e non si incontrano due piane: una più piccola sulla destra e sempre dritto una più ampia denominata “radura delle Banditacce”. Andate avanti verso Sud seguendo il sentiero in leggera salita fino ad arrivare alla cima delle “Banditacce” punto di massima quota di tutto il percorso (circa 1200 m).

Dopo alcuni metri raggiungerete anche il “Poggiaccio” che determina la metà del tragitto, ovvero l’approssimativa equidistanza tra Bologna e Firenze. Il sentiero poi scende leggermente sulla sinistra e lì potrete ammirare numerosi reperti dell’antica strada romana, ben conservata e facilmente identificabile grazie alla presenza di numerose insegne. Continuate a camminare e arriverete alle falde di Poggio Castelluccio: per chi vuole c’è la possibilità di fare una piccola deviazione a destra in salita e raggiungere la cima dove sono state rinvenute testimonianze di un antichissimo Castelliere Ligure (si presume V-III sec a.C.). Proseguendo invece per il sentiero si incontrano nuovamente tratti di Flaminia Militare, di cui uno ben conservato e protetto da una sorta di recinto di legno. Continuate il percorso seguendo la segnaletica e scendete a destra fino a raggiungere l’inizio di un bosco di conifere. Andate avanti in linea retta seguendo sempre le indicazioni per la Futa fino ad arrivare dopo poco alla strada asfaltata che da Pian del Voglio porta al Passo della Futa, SS 65. Seguite la strada asfaltata fino a raggiunge l’ampio parcheggio e l’ingresso del Cimitero Germanico tra i più grandi in Italia.

Lunghezza: 17.25 km – Tempo: 5,50 ore.

4. Passo della Futa – Sant’Agata – San Piero a Sieve

Se avete alloggiato al Passo della Futa proseguite sulla SS65 fino al bivio per Cornacchiaia/Firenzuola. Svoltate a sinistra e poi subito a destra, prendendo la strada sterrata lasciandovi la cabina dell’Enel sulla sinistra. Se invece avete pernottato a Monte di Fo/Santa Lucia bisogna risalire sulla strada che avete presumibilmente fatto il giorno precedente, fino a un incrocio dove si trovano indicazione che mandano in direzione ‘Apparita’. Una volta giunti a questo piccolo gruppo di case, si attraversa la statale SS65 della Futa e proseguendo si raggiunge un incrocio che nelle giornate limpide offre un bello scorcio sul cimitero germanico: seguendo le indicazioni si prende a destra entrando nel bosco.

I due percorsi tornano a incontrarsi lungo il crinale che porta a Monte Gazzaro. Si prosegue sul sentiero CAI 00, che in questo tratto coincide con il Sentiero Italia, fino a un bivio situato poco prima della vetta. Il sentiero che prosegue dritto porta alla cima ed è consigliato solo a Escursionisti Esperti, in quanto la discesa è abbastanza impegnativa. Si continua a salire lungo il crinale della collina fino a raggiungere sulla vetta la Croce di Monte Gazzaro (1125 metri). Nell’area sono stati messi tavoli in pietra e una installazione in pietra serena che rappresenta un portale proprio al confine tra il comune di Barberino di Mugello e Scarperia San Piero. Si giunge, infine, a un nuovo bivio, dove il sentiero numero 46 si divide: a sinistra si va in direzione di Sant’Agata (CAI 46b), percorso ufficiale della Via degli Dei.

Dopo l’abitato di Montepoli si arriva all’affascinante paese di Sant’Agata, caratteristico borgo fuori dal tempo che merita una sosta, sia per rifocillarsi, sia per una visita alla Pieve, chiesa affascinante e molto antica, e ai suoi musei. Passata Sant’Agata, poi, si percorre un breve tratto di strada asfaltata fino a raggiungere il bivio per Gabbiano. Lì si prende una stradella, sterrata prima e asfaltata poi, che vi porta a San Piero a Sieve.

Lunghezza: 21.08 km – Tempo: 6,30 ore

​5. San Piero a Sieve – Bivigliano – Vetta Le Croci

Ripartendo dal centro storico di San Piero a Sieve, si segue la strada asfaltata con indicazioni per la Fortezza Medicea. Una volta saliti, prendete la strada bianca a destra e continuate a camminare seguendo la segnaletica CAI Bo-Fi. Dopo poco avrete la possibilità di fare una piccola deviazione a andare a vedere la Fortezza Medicea di San Martino (chiusa però al pubblico). La fortificazione occupa un intero colle: domina l’abitato di San Piero a Sieve e gran parte del Mugello. La sua costruzione fu fortemente voluta da Cosimo I de’ Medici per porre un baluardo a difesa dei possedimenti della famiglia e dello Stato Fiorentino oltre che per soddisfare le pressanti richieste delle popolazioni locali, stanche dei continui saccheggi perpetuate ai loro danni da eserciti e bande provenienti dal nord.

È considerata una delle più estese fortificazioni italiane di tutti i tempi. Continuando a camminare arriverete ad una strada asfaltata. Prendetela, girate a destra, proseguite pochi metri, attraversate la strada e prendete lo sterrato sulla sinistra che indica “Trebbio, Cadenzano”. Proseguite sul sentiero fino ad arrivare a un grande bivio: qui prendete la strada sulla sinistra in salita. Continuate a camminare sulla Via degli Dei e incontrerete sulla vostra destra un tabernacolo del 1664. Proseguite sulla strada che sale leggermente e godetevi la veduta del bellissimo panorama attorno a voi dove si vedono anche distese di alberi di ulivo. Andate avanti fino ad arrivare alla località Trebbio. Fate una piccola deviazione e andate a vedere da vicino il Castello del Trebbio (Top Ten 5.1). Andate avanti e seguite le indicazioni CAI 17 Bo-Fi Bivigliano.

La strada continua e si snoda nel bellissimo panorama del Mugello dove potrete sempre vedere ulivi, borghi e tabernacoli. Proseguite dritti fino ad arrivare alla strada statale per Firenze. Girate a sinistra per Tagliaferro, scendete fino ad incontrare nuovamente i segnali CAI per Bivigliano sul muretto che circonda una grande casa rossa. Proseguite e superate un cancello che vi porta sulla strada bianca. Dopo poco le indicazioni dicono di girare a sinistra lasciando così alle spalle la strada sterrata e proseguendo nel bosco. Il sentiero sale e arriva a un bivio: CAI 00 e CAI 00-60: seguite il primo girando a destra e proseguite sulla strada bianca. Arrivati ad un piccolo spiazzo con il nome di “Camporomano” il sentiero riprende a destra nel bosco. Continuate sul tracciato fino a che non arriverete ad una strada asfaltata e in lontananza, sulla vostra destra, potrete ammirare la Badia del Buonsollazzo.

Proseguite sulla strada asfaltata fino a che non incontrerete il cartello per Monte Senario sulla vostra sinistra. Il sentiero prosegue in salita fino ad incrociare un cancello che dà su una strada asfaltata: è la strada che arriva al Convento di Monte Senario. Dopo una sosta nel punto di ristoro dei frati, prendete la strada sterrata che costeggia il Convento sulla destra, scendete lungo il viale alberato e prendete il sentiero che scende nel bosco alla vostra sinistra e che alla fine arriva in una strada asfaltata. Proseguite sulla strada fino a che il sentiero riprende a Vetta le Croci dopo circa mezz’ora nel verde e alla vostra sinistra. Quest’ultimo tratto che porta ad Olmo è completamente aperto in una distesa di campi con panorami mozzafiato. Se guardate bene in lontananza infatti potrete già ammirare da lontano sia Fiesole che Firenze.

Lunghezza: 18 km – Tempo: 6 ore.

6. Vetta Le Croci – Fiesole – Firenze

Se avete pernottato a Olmo, risalite a Vetta le croci e imboccate il sentiero seguendo le indicazioni per l’Alberaccio. Attraversata la strada asfaltata continuate sul sentiero CAI n.° 2 che prosegue in salita verso Poggio Pratone da dove è possibile godere di un bellissimo panorama verso Firenze. Dal Pratone si scende su strada sterrata fino a Monte Fanna. La strada diventa poi asfaltata, una volta attraversata la frazione di Borgunto, e si giunge in breve in piazza Mino a Fiesole. Per arrivare in piazza della Signoria avete a questo punto tre possibilità:

1) prendere i mezzi pubblici in piazza Mino da Fiesole.

2) prendere la panoramica fino alle scuole medie e percorrere il sentiero CAI n.° 7 che sale a Monte Ceceri e da qui scendere alle cave di Maiano, salire verso Settignano e scendere direttamente a piedi passando per Coverciano.

3) scendere verso Firenze lungo l’asfaltata ma panoramica via Vecchia Fiesolana.

Lunghezza: 18 km – Tempo: 4 ore.

Nell’anno del Giubileo, l’ente Appennino Slow propone un ricco calendario di attività sulla Via degli Dei. Partendo da Bologna, città medievale di incredibile bellezza, a Firenze, culla del Rinascimento, si va alla scoperta del Cammino in mezzo all’Appennino Tosco-Emiliano, 130 km di storia e natura, scegliendo tra diverse proposte che vanno da tre giorni in e-bike a sette giorni a piedi.

Il passaporto del Cammino degli Dei

Come già per altri cammini – primo fra tutti il Cammino di Santiago di Compostela – anche per il Cammino degli Dei esiste un passaporto per raccogliere le credenziali. Lungo il percorso le strutture convenzionate timbrano il libretto personalizzandolo, a prova e ricordo del cammino compiuto. Una volta terminato il cammino e ottenuti almeno cinque timbri si può inviare una copia della credenziale compilata e l’Ufficio Turistico di Sasso Marconi provvederà alla spedizione omaggio del gadget ufficiale della Via degli Dei.

Categorie
Alpi Appennini Idee di Viaggio montagna Viaggi viaggiare

Le 4 migliori destinazioni di montagna in Italia

L’Italia è un Paese unico. Dal punto di vista geografico il territorio propone una grandissima varietà geografica. Si sa, è possibile trovare tutto: spiagge bellissime, città dalla storia e dal patrimonio culturale unico ed invidiato in tutto il mondo e montagne e vette mozzafiato. Si tratta di paesaggi così unici ed impareggiabili in grado di attirare visitatori e turisti internazionali, provenienti da ogni parte del mondo.

Secondo la classifica stilata da JFC, azienda italiana leader nel settore del turismo, come consulente turistica e specializzata nel marketing territoriale, qui di seguito, per gli amanti della montagna, si stila una lista di località che, tra le Alpi e gli affascinanti Appennini, rappresentano le migliori destinazioni dove andare in montagna. Ecco un approfondimento su cosa fare in inverno, in estate e quali attività, sia per grandi che per bambini, si consiglia di non perdere.

1. Cortina d’Ampezzo (Veneto)

Secondo questa classifica, il primo posto tra le migliori destinazioni dove andare in montagna in Italia si trova Cortina d’Ampezzo. Località montana regina del Veneto, capace di affascinare i propri visitatori durante tutto l’anno, sia che si decida di visitare la cittadina in inverno, che in estate.

Cosa fare in inverno a Cortina

Cortina d’Ampezzo è una delle mete sicuramente più iconiche delle Dolomiti, tanto che viene riconosciuta dai più come la “Regina delle Dolomiti“. Qui si trovano oltre 120 chilometri di piste da sci perfettamente curate e adatte a sciatori e snowboarder di tutti i livelli, dal principiante al più esperto. Inoltre, gli amanti dello sci di fondo possono trovare qui dei tracciati stupendi, percorrendo i quali è possibile scoprire scenari naturali unici. Allo stesso tempo sono presenti diversi sentieri dove svolgere escursioni con le ciaspole, per chi, invece, vuole un’attività ancora più a contatto con la natura.

Cosa fare in estate a Cortina

Come d’inverno, anche durante la stagione estiva Cortina è un paradiso per gli amanti della montagna. Qui escursioni e amanti della mountain bike possono visitare il Parco Naturale delle Dolomiti d’Ampezzo, all’interno del quale sono presenti diversi sentieri che attraversano paesaggi naturali da lasciare a bocca aperta. Tra gli altri sport, è possibile praticare arrampicata, ferrate e parapendio, oltre che, per gli amanti dello shopping, passeggiare per le vie del centro storico tra negozi e boutique di lusso.

Trekking ed escursioni a Cortina d’Ampezzo

Tra i percorsi più famosi presenti in zona si trova il trekking delle Tre Cime di Lavaredo: un’escursione imperdibile. Da Cortina è possibile partire per diversi trekking ed escursioni, che possono portare i camminatori alla scoperta di luoghi davvero spettacolari. Fra questi si consiglia di non perdere il Lago di Sorapiss, considerato da molti anche come il più bello di tutte le Dolomiti.

Attività per bambini

Non si annoieranno neppure i bambini che in famiglia visiteranno la Regina delle Dolomiti. Qui, d’inverno, è possibile far praticare ai più piccoli divertenti discese in slittino e sci, oppure d’estate passare giornate all’insegna del divertimento nei diversi parchi giochi in quota o nei percorsi avventura. Da non perdere la possibilità di partecipare anche a laboratori creativi e gite naturalistiche, che sicuramente avvicineranno i bambini ancor di più all’affascinante mondo della montagna.

Ciaspolata con sullo sfondo le Tre Cime di Lavaredo, vicino Cortina d'Ampezzo, una delle migliori destinazioni in montagna d'Italia

Fonte: iStock

Ciaspolata sulle Dolomiti con le Tre Cime di Lavaredo sullo sfondo

2. Livigno (Lombardia)

Al secondo posto si colloca Livigno, quella che da molti viene considerata come il Piccolo Tibet d’Italia, data la sua posizione.

Cosa fare in inverno a Livigno

Livigno è una destinazione imperdibile per gli amanti degli sport invernali. Grazie alle sue piste che coprono un totale di oltre 115 chilometri di lunghezza, qui i praticanti di sci alpino possono percorrere fantastiche discese oppure, chi preferisce lo snowboard, può godere della presenza di un bellissimo e moderno snowpark: una destinazione adatta a tutti gli sportivi di ogni livello. Sono presenti anche diversi percorsi per chi preferisce lo sci di fondo, per chi vuole un’esperienza “naturale”.

Cosa fare in estate a Livigno

Nel periodo estivo, invece, questa località si trasforma e diventa la meta più ricercata per tutti gli appassionati di ciclismo, sia per chi utilizza mountain bike, sia per chi predilige la bici da strada, grazie alla presenza di diversi circuiti che portano gli sportivi a scoprire panorami mozzafiato. Durante l’estate, inoltre, è possibile praticare altre attività come la pesca sportiva o l’equitazione. Da non dimenticare anche la possibilità di fare shopping nel centro cittadino, dove sono presenti negozi duty-free tutto l’anno.

Trekking ed escursioni a Livigno

Gli amanti delle escursioni e dei trekking non potranno sicuramente rimanere delusi dalla natura che circonda Livigno. Ne è un esempio il trekking che porta al Lago del Monte, che è in grado di offrire una vista unica sui paesaggi circostanti. C’è anche il Parco Nazionale dello Stelvio, dove sono presenti numerosi sentieri adatti ai camminatori di tutti i livelli, compreso l’itinerario che porta a Cima Piazzi, una delle vette più iconiche della zona di Livigno.

Attività per bambini

La cittadina di Livigno è particolarmente attenta alle famiglie e ai più piccoli. D’inverno, ad esempio, le scuole di sci propongono corsi specifici proprio per bambini, mentre in estate, non si può perdere l’occasione di divertirsi tutti insieme al Larix Park, un parco avventura immerso nella natura, aperto solamente nel periodo estivo,  che offre percorsi divertenti e sicuri per tutte le età.

Lago che si trova nei pressi di Livigno, in estate, una delle migliori destinazioni in montagna d'Italia

Fonte: iStock

Lago nei pressi di Livigno

3. Courmayeur (Valle d’Aosta)

Il viaggio continua in Valle d’Aosta, questa volta in direzione della bellissima Courmayeur, che si posiziona al terzo posto di questa speciale classifica ad alta quota.

Cosa fare in inverno a Courmayeur

Courmayeur si trova ai piedi del Monte Bianco ed è da molti riconosciuta come una delle mete più esclusive per gli amanti degli sport invernali. Qui, infatti, è possibile trovare piste da sci che sono in grado di regalare panorami spettacolari sulle vallate circostanti, molto apprezzati da tutti quegli sciatori e snowboarder da tutto il mondo che decidono di visitare questa località. Per gli amanti del freeride, inoltre, è possibile scegliere tra diversi itinerari sia nella Val Veny, che nella Val Ferret.

Cosa fare in estate

Durante l’estate, la Skyway Monte Bianco, ovvero la spettacolare funivia che parte dalla cittadina di Courmayeur verso le vette del Monte Bianco, permette di raggiungere i 3.466 metri di Punta Helbronner, un punto panoramico che non ha eguali, dal quale è possibile godere di una vista incredibile sulle Alpi. La zona è anche ideale per sport all’aria aperta come il trekking, ma anche la mountain bike e le passeggiate rilassanti. Courmayeur nel periodo estivo è anche sede di numerosi eventi culturali e gastronomici, che arricchiscono per certo l’esperienza dei suoi visitatori.

Trekking ed escursioni nei dintorni di Courmayeur

Le soluzioni per godersi la natura a Courmayeur sono davvero numerose. Si tratta di un luogo dalle caratteristiche uniche, dove gli escursionisti più esperti possono affrontare il Tour du Mont Blanc, ovvero un itinerario che consente di attraversare tre Paesi diversi e implica diversi giorni. Oppure il cosiddetto anello della Val Ferret, un percorso che si consiglia a tutti coloro che vogliono scoprire la cornice naturale attorno a Courmayeur. Tra le destinazioni più apprezzate c’è anche il Rifugio Elisabetta.

Attività per bambini

Per le famiglie, durante tutto l’anno, sono presenti diverse opzioni. Ad esempio, aree gioco ad alta quota, attività all’aria aperta e laboratori creativi. Inoltre, durante l’estate, è possibile far vivere ai più piccoli emozioni uniche grazie ad alcuni percorsi immersi nella natura, con guide specializzate. In inverno, invece, sono disponibili numerose scuole di sci e piste a loro dedicate.

Vista dalla stazione della funivia di Courmayeur, una delle migliori destinazioni in montagna d'Italia

Fonte: iStock

Stazione della Skyway Monte Bianco a Courmayeur

4. Madonna di Campiglio (Trentino-Alto Adige)

Al quarto posto di questa speciale classifica delle mete di montagna migliori d’Italia si trova la famosa Madonna di Campiglio, un altro gioiello delle bellissime Dolomiti.

Cosa fare in inverno a Madonna di Campiglio

La città è incastonata tra le Dolomiti di Brenta ed è considerata un punto di riferimento importante per tutti gli amanti degli sport invernali. Gli sportivi qui possono trovare lunghissime piste da sci, per un totale di 150 chilometri di discese, che collegano anche il comprensorio sciistico di Pinzolo e quello di Folgarida-Marilleva: un luogo adatto a tutti, sia esperti che principianti. Inoltre, Madonna di Campiglio è famosa per ospitare anche la Coppa del Mondo di sci alpino.

Cosa fare in estate

Il periodo estivo fa di Madonna di Campiglio la meta ideale per gli escursionisti e per tutti coloro che vogliono godere di un clima fresco durante lunghe pedalate in mountain bike oppure godere dell’adrenalina di un’avventurosa arrampicata. Ci sono anche numerose opportunità di svago per tutti coloro, invece, che vogliono scoprire la montagna a piedi, passeggiando per luoghi ricchi di laghi alpini, cascate e sentieri panoramici. Inoltre, gli appassionati di golf possono sfidarsi in uno dei golf club più alti d’Europa.

Trekking ed escursioni da Madonna di Campiglio

Nei dintorni di Madonna di Campiglio sono numerosi i sentieri che attraversano luoghi decisamente spettacolari. Fra questi, chi ama fare trekking, non si può perdere il sentiero dell’Orso, famoso per attraversare boschi e radure e regalare scatti unici, oppure il sentiero che porta verso il lago di Ritorto, caratterizzato da un paesaggio quasi fiabesco. Per chi, invece, vuole cimentarsi in un’avventura che dura più giorni, allora percorrere il giro delle Dolomiti di Brenta può essere una nuova sfida: 96 chilometri di lunghezza per un trekking oltre i 2000 metri di altitudine.

Attività per bambini a Madonna di Campiglio

Infine, per tutti coloro che vogliono vivere una bellissima vacanza in famiglia e con i propri bambini, Madonna di Campiglio è una destinazione che si deve assolutamente prendere in considerazione. Durante l’inverno sono presenti numerose piste da sci e scuole dedicate ai più piccoli, piste da slittino e diversi parchi avventura. Mentre durante il periodo estivo lo si può dedicare ad escursioni guidate e laboratori didattici, dove poter conoscere il territorio e la natura locale.

Tramonto e sole sulle dolomiti di Brenta a Madonna di Campiglio, una delle migliori destinazioni in montagna d'Italia

Fonte: iStock

Tramonto sulle piste da sci di Madonna di Campiglio
Sono numerose le destinazioni ideali dove poter vivere una vacanza sia con la propria famiglia, che con partner e amici. Questi sono solo alcuni dei migliori luoghi da visitare in Italia, dove poter sciare o passare giornate estive all’insegna del divertimento e del relax. Non resta altro che decidere quale di queste potrà diventare la meta giusta per le prossime vacanze!