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Pompei apre una nuova area al pubblico, ed è una meraviglia

Sono passati quasi 2 millenni dalla catastrofica eruzione del Vesuvio che ha sepolto un’intera città, cristallizzandola nel tempo: Pompei è senza alcun dubbio uno dei più suggestivi siti archeologici al mondo, un tesoro di valore inestimabile che ci fornisce preziosa testimonianza della vita in epoca romana. Nel corso dell’ultimo anno, gli archeologi hanno iniziato ad esplorare una nuova area che ha permesso di portare alla luce degli ambienti finora sconosciuti. E ora quest’area apre al pubblico: ecco cosa sappiamo.

Pompei, la Regio IX apre al pubblico

La Regio IX è uno dei nove distretti in cui è suddivisa la città di Pompei, e ha all’incirca le dimensioni di un antico isolato (ben 3.200 mq). Si tratta di una nuova area di scavi: i lavori erano iniziati già nel 1888, ma ben presto gli archeologi avevano dovuto interromperli. Oltre un secolo dopo, nel febbraio 2023, il cantiere è stato riaperto e ci ha già regalato grandissime sorprese. Le attività di indagine qui condotte si inseriscono nel quadro di un progetto più ampio. Gli operai sono infatti al lavoro principalmente per risolvere alcuni problemi idrogeologici e conservativi lungo il confine tra le zone già conosciute e quelle ancora inesplorate.

Nonostante il Parco Archeologico di Pompei appaia già di notevoli dimensioni, in effetti, c’è ancora un’area (secondo le stime) grande circa un terzo della città che è ancora sepolto sotto strati di cenere, lapilli e lava raffreddata. Potrebbero esserci moltissimi tesori che, un giorno, finalmente gli archeologi riporteranno alla luce e potremo finalmente visitare. Ma torniamo alla Regio IX: la nuova area ha appena aperto al pubblico, con tutte le sue meraviglie. Dal 3 gennaio al 30 aprile 2024, i visitatori potranno prenotare un tour guidato attraverso il cantiere, per scoprire ciò che è finora riemerso da sotto terra.

Le scoperte avvenute presso la Regio IX

La campagna di scavi avviata un anno fa presso l’area Regio IX di Pompei ha permesso agli archeologi di portare alla luce due ambienti di grande importanza – durante i lavori di fine ‘800, i loro resti erano già parzialmente riemersi. Si tratta di due domus ad atrio risalenti all’età sannitica, epoca in cui erano utilizzate come abitazioni. Nel I secolo d.C. sono state trasformate in officine produttive: la prima è una fullonica, termine con cui si identifica un’antica lavanderia, mentre la seconda è un panificio-prigione, un ambiente davvero sorprendente.

Iniziamo dalla lavanderia, che è stata costruita nell’atrio di un’abitazione: presenta 2 banconi da lavoro, nonché alcune vasche utilizzate per il lavaggio e la tintura degli abiti. Mentre il panificio è costituito da diversi locali tra cui un forno, spazi per le macine e ambienti per la lavorazione dei prodotti. Una delle sorprese più affascinanti è l’affresco che occupa un’intera parete: si tratta di una “pizza” condita da frutta, un esempio di natura morta davvero pregevole. Inoltre, tra le mura del panificio sono stati rinvenuti i resti di tre corpi umani: probabilmente due adulti e un bambino, che avevano cercato rifugio durante l’eruzione.

Solo di recente, analizzando meglio gli spazi del panificio, si è scoperto che quest’ultimo era una vera e propria prigione, con tanto di piccole finestrelle dotate di grate. Schiavi e animali da soma venivano maltrattati e costretti a lavorare duramente, reclusi per tutta la vita in un ambiente ristretto e privo di qualsiasi comodità. La situazione degli schiavi di Pompei, d’altra parte, è sempre più al centro dell’attenzione grazie agli ultimi ritrovamenti, tra cui alcune stanze in cui vivevano presso la villa romana di Civita Giuliana.

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Roma, scoperti i resti di un’antica domus con mosaici rarissimi

Individuati già nel 2018, alcuni preziosi resti di un’antica domus romana sono ora riemersi nei pressi del Parco Archeologico del Colosseo, durante una campagna di scavi condotta all’interno di un progetto di studio e ricerca. Si tratta di un ritrovamento sensazionale, soprattutto per via di ciò che è stato scoperto tra gli ambienti riportati alla luce nel corso dei lavori: gli esperti hanno rinvenuto dei mosaici rarissimi, che non trovano confronto con altro di simile appartenente all’epoca in questione.

Trovati i resti di una domus romana

Considerato uno dei siti archeologici più importanti d’Italia, quello del Colosseo è una vera miniera di tesori incredibili: solo poco tempo fa è stata riaperta al pubblico la domus Tiberiana, e ora gli esperti hanno riportato alla luce un altro gioiello di inestimabile valore. Stiamo parlando dei resti murari di un’antica domus d’età tardo-repubblicana, situata alle pendici del colle Palatino, esattamente dietro l’area in cui si trovano gli Horrea Agrippiana (i magazzini costruiti lungo la strada commerciale che collegava il porto sul Tevere e il Foro Romano).

Gli scavi compiuti nel 2018 avevano permesso di individuare alcune strutture murarie, ma solo adesso emergono i lussuosi ambienti che caratterizzavano questa domus. L’abitazione si sviluppava probabilmente su più piani, con numerose terrazze: la sua costruzione sembrerebbe aver attraversato tre diverse fasi, comprese in un periodo che va dalla seconda metà del II secolo a.C. e la fine del I secolo a.C. In base ai primi studi, appare chiara la sua disposizione attorno ad un giardino che doveva fungere anche da atrio.

“Dopo la riapertura della domus Tiberiana e il miglioramento dell’accessibilità dell’Anfiteatro Flavio, il cuore della romanità ha disvelato un autentico tesoro, che sarà nostra cura salvaguardare e rendere fruibile al pubblico. Si tratta di un importante risultato, che ripaga un lungo lavoro di studio e di ricerca e che rientra in uno degli obiettivi prioritari del Parco, quello della conoscenza e della sua diffusione. Lo scavo archeologico si concluderà nei primi mesi del 2024 e successivamente lavoreremo intensamente per rendere al più presto accessibile al pubblico questo luogo, tra i più suggestivi di Roma antica” – ha affermato Gennaro Sangiuliano, Ministro della Cultura.

I preziosi mosaici

La scoperta più interessante è avvenuta in uno degli ambienti principali della domus, chiamato specus aestivus: si tratta di una sala per banchetti costruita su immagine di una grotta naturale. Veniva usata durante i mesi estivi, perché molto più fresca di altre stanze, e i suoi ospiti dovevano essere intrattenuti da affascinanti giochi d’acqua. Sono infatti stati trovati dei tubi in piombo, incastonati tra le pareti decorate, che permettevano il passaggio dell’acqua e la realizzazione di veri e propri spettacoli. Ma le sorprese non sono finite qui.

All’interno dello specus aestivus, gli archeologi hanno trovato un meraviglioso rivestimento parietale in mosaico, che non è possibile confrontare con niente di simile. È un mosaico “rustico”, realizzato con materiali di diverso tipo: conchiglie, scaglie di marmo bianco, tessere di blu egizio, frammenti di travertino spugnoso, vetri preziosi e cretoni di pozzolana, il tutto legato con la malta. Complesse e variegate sono anche le scene rappresentate, una vera e propria sequenza di figure. Secondo gli esperti, il mosaico risalirebbe agli ultimi decenni del II secolo a.C.

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Micene: il sito archeologico da visitare assolutamente

La Grecia è ricca di storia antica e in molti suoi territori spiccano siti archeologici che raccontano le nostre origini e dal valore inestimabile. Uno di questi è Micene, uno scrigno di bellezza che sorge tra le brulle colline dell’Argolide, una regione che si sviluppa nella parte nord-orientale della penisola del Peloponneso.

Un posto da vedere assolutamente almeno una volta nella vita, perché i suoi resti costituiscono una delle città-stato più ricche e più influenti del mondo antico, un tesoro preziosissimo della Grecia e di tutto il mondo intero.

Cosa aspettarsi

Probabilmente non tutti sanno che l’antica città di Micene è stata la più grande potenza militare e commerciale di tutta la Grecia durante l’epoca micenea. Il suo nome, infatti, è dedicato alla civiltà che dominò la Grecia continentale e le isole dell’Egeo tra il 1600 e il 1200 a.C. circa.

Ma non solo, perché la denominazione Micene è legata anche al suo re più famoso: Agamennone, capo supremo di tutti i greci durante le ben nota Guerra di Troia, e le cui gesta vennero rese immortali da Omero nell’Iliade. Non abbiamo citato a caso il nome di questo poema, perché si deve proprio a queste scritture la scoperta delle rovine di Micene a fine Ottocento.

È stato l’archeologo tedesco Heinrich Schliemann, già noto per la scoperta della città di Troia, che pagina dopo pagina ottenne le giuste informazioni per mettersi alla ricerca di questa antica città dall’estrema importanza, dove vivevano i nobili guerrieri, il sovrano nel suo palazzo, la popolazione che si dedicava all’agricoltura, all’allevamento e ai lavori artigianali e gli schiavi, lo strato più basso della società.  Ma cosa è rimasto oggi di quest’epoca così importante per la storia di tutti noi?

Micene oggi

Micene accoglie il visitatore con un’imponente ingresso, chiamato Porta dei Leoni, che sin da subito riempie di emozioni: si varca la soglia di una delle città che hanno fatto la storia dell’umanità. Ma non solo, perché visitare l’antica città di Micene significa anche entrare nel cuore della mitologia greca.

Porta dei Leoni, Micene

Fonte: iStock

La maestosa Porta dei Leoni

Proprio qui, infatti, nacque il mito di Perseo, colui che viene considerato il fondatore di Micene. C’è poi la storia di Agamennone che, come vi accennavamo precedentemente, è noto come re di Micene, fratello del re di Sparta ed eroe della Guerra di Troia.

Grazie agli scavi archeologici effettuati nel corso degli anni, Micene oggi ci racconta la vita quotidiana delle persone dell’epoca, ma anche le pratiche funerarie degli antichi greci, insieme alla loro mentalità militare e guerriera.

Vi basti pensare che sono stati riportati alla luce corredi funerari maschili pieni di armi, molte delle quali in bronzo. Parliamo di spade di diverse lunghezze particolarmente decorate, daghe, archi, frecce e lance con punte di silicio o di ossidiana.

Non mancano le pitture che sono arrivate fino ai giorni nostri, e che ci raccontano che i guerrieri micenei si proteggevano con grandi scudi rettangolari o a forma di otto.

Cosa vedere

Simbolo e prima attrazione di Micene è, senza ombra di dubbio, la Porta dei Leoni. Si tratta di un maestoso ingresso, alto più di tre metri, nella cui cima riposa un monolite decorato con due leoni che si fronteggiano ai lati di una colonna. Da lì inizia il complesso murario che proteggeva l’antica città, ovvero le Mura Ciclopiche, così chiamate per le loro enormi dimensioni – secondo la leggenda, la costruzione di mura così imponenti poteva solo avvenire grazie all’aiuto di un Ciclope.

Subito dopo ci si avventura in stretti sentieri e scalinate per arrivare al cospetto del Palazzo reale di Agamennone, di cui oggi sono ancora presenti  i resti delle stanze private che, molto probabilmente, sono le stesse in cui venne assassinato.

Molto interessante è anche la cosiddetta Cisterna Segreta, costruita intorno 1225 a.C., che conservava scorte d’acqua per i residenti durante gli assedi alla città. A stupire particolarmente è lo sviluppo tecnologico raggiunto dalla civiltà micenea: c’era una fessura nella roccia che permetteva di trasportare l’acqua anche al di fuori delle mura.

Da non sottovalutare sono anche i resti che sono ben protetti dal di fuori delle Mura Ciclopiche perché solo l’elite cittadina poteva vivere all’interno di esse. Dalle Case dei Mercanti, infatti, sono emerse tavolette con incisioni arcaiche, persino precedenti al greco classico.

Visitare l'acropoli di Micene

Fonte: iStock

Veduta dell’acropoli di Micene

Le tombe

Una visita a Micene permette anche di scoprire alcune interessanti tombe, e a partire da quelle Reali. La Tomba Circolare A fu la prima necropoli scoperta da Schliemann, e qui sono stati ritrovati i resti di 19 corpi di personaggi reali, insieme al loro prezioso corredo funebre.

Ci sono poi le rovine della Tomba Circolare B che conteneva un numero superiore di sepolture e corpi. Stando a quanto si è potuto scoprire dai reperti rinvenuti al suo interno, molto probabilmente qui riposavano famiglie dei funzionari reali, e per questo sono stati sepolti al di fuori dalla cinta muraria.

Poi ancora le Tombe a Thòlos, dalla forma circolare e ricoperte da un tumulo di pietre. La prima, che è persino la più imponente di tutto il sito archeologico, è ancora accessibile, mentre la seconda è purtroppo stata distrutta.

E poi il thòlos più emozionante e sorprendente dell’intero sito archeologico: il Tesoro di Atreo , anche noto come Tomba di Agamennone. Si tratta di una struttura molto grande che quasi sicuramente fungeva da tomba reale. Vi basti pensare che è presente un corridoio di 15 metri attraverso cui arrivare alla camera sepolcrale, a cui si accede tramite una grande architrave fatto da due giganti lastre di pietra di ben nove metri.

Tesoro di Atreo, Micene

Fonte: iStock

Il gigantesco Tesoro di Atreo

Il museo archeologico

Infine, da non perdere a Micene è il suo prezioso e bellissimo museo archeologico che è stato creato ai piedi della cittadella antica. Visitarlo vuol dire poter capire più a fondo l’importanza di questa città nel mondo antico e la raffinatezza della civiltà micenea.

A disposizione dei viaggiatori c’è un’interessante mostra fotografica che ripercorre la storia degli scavi, una collezione di oltre 2500 reperti, opere d’arte e d’artigianato e molto altro ancora.

Insomma, gli appassionati di storia, cultura e archeologia devono assolutamente inserire nella loro lista dei desideri una visita al sito archeologico di Micene.

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A bordo di un treno storico per raggiungere i Krampus

Viaggiare è un’arte che arricchisce l’anima e la mente, spingendole a esplorare territori e orizzonti sconosciuti. Ogni viaggio è un’avventura che incanta con panorami mozzafiato, sapori inediti e profumi avvolgenti.

Ma viaggiare è anche, e soprattutto, un’esperienza che ci permette di fare un salto nel passato, immergendoci nel tessuto storico e culturale di un luogo. Una delle tradizioni più affascinanti e misteriose del nostro Paese si trova in Friuli-Venezia Giulia, al confine con Austria e Slovenia: la sfilata dei Krampus di Tarvisio.

Quest’antica usanza, di origine germanica, vede come protagonisti i Krampus appunto, figure demoniache che, nella notte del 5 dicembre, in occasione della festa di San Nicolò, scendono dalle montagne per punire i bambini “monelli”. La sfilata, con i suoi costumi e maschere terrificanti, rappresenta uno spettacolo imperdibile che attira visitatori provenienti da tutto il mondo.

Quest’anno avrai l’opportunità di ammirarla a bordo di un treno d’epoca degli anni ’30. Un’esperienza unica che combina il fascino della storia con l’emozione di un passato millenario.

Il fascino ancestrale dei Krampus

Krampus

Fonte: iStock

Maschere dei Krampus, Tarvisio

È nella notte, quando il silenzio avvolge le strade e le luci della città si affievoliscono, che la tradizione prende vita nelle valli di Tarvisio. Un suono lontano, un brivido nell’aria, e poi l’apparizione: i Krampus, figure mitiche e spaventose si materializzano dal buio per invadere le vie del centro.

Accompagnando San Nicolò, figura di bontà e saggezza, nelle sue visite di casa in casa, i Krampus non sono lì per incutere paura, ma per preservare la tradizione e il rispetto. Mentre San Nicolò porta amore e gioia ai bambini con dolcetti e piccoli regali, le maschere creano un’atmosfera di mistero e meraviglia, muovendosi all’unisono.

Ma quando il sole tramonta completamente, San Nicolò scompare misteriosamente, lasciando i Krampus senza controllo. A questo punto, la parata prende una piega differente. I personaggi esprimono liberamente la loro natura selvaggia, creando uno spettacolo di suoni e colori che affascina e spaventa allo stesso tempo. Questo antico rito, ricco di simbolismi e mistero, segna la transizione dal giorno alla notte, dal bene al male.

Il mattino seguente, però, al momento del risveglio, i bimbi si trovano sul davanzale di una finestra un delizioso Krampus di pane dolce.

È un gesto simbolico, un ricordo tangibile dell’avventura della notte precedente. Ma è anche un promemoria per i più piccoli: un invito a riflettere sulle loro azioni, a cercare di essere buoni e rispettosi, proprio come San Nicolò.

Il treno dei Krampus: un viaggio emozionante tra Trieste e Tarvisio

Per giungere alla suggestiva località della Valcanale, i visitatori avranno l’opportunità unica di vivere un’esperienza imperdibile viaggiando a bordo di un treno storico.

Il 5 dicembre, il Treno dei Krampus parte dalla stazione di Trieste alle 11.45. Durante il tragitto, il convoglio fa tappa a Monfalcone, Gorizia, Udine, offrendo ai passeggeri la possibilità di ammirare le meraviglie del Friuli-Venezia Giulia. Il costo del biglietto? Solo 5€ per gli adulti e 2,5€ per i ragazzi dai 4 ai 12 anni.

Non perdere l’opportunità di salire a bordo. Per ulteriori informazioni, ti suggeriamo di visitare il sito ufficiale.

Tarvisio

Fonte: iStock

Paesaggio notturno di Tarvisio

 

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Il bellissimo treno storico che è l’alternativa alla Transiberiana d’Italia

Siete mai saliti a bordo della Transiberiana d’Italia? Si tratta di un treno storico che attraversa il cuore del nostro Paese lungo altopiani, vallate e piccoli borghi in cui il tempo sembra essersi fermato. Un viaggio lento e che scorre sulla ferroviaria Sulmona – Isernia, una delle più panoramiche d’Italia.

Tuttavia, esiste anche una valida alternativa che compie un viaggio un po’ più breve ma che comunque regala emozioni davvero uniche nel loro genere. Partirà il 2 dicembre e consentirà di vivere a 360 gradi anche la magia del Natale italiano.

Ferrovia dei Parchi: Altipiani Maggiori d’Abruzzo

Il treno storico di cui vi vogliamo parlare è quello che va da Sulmona, un bellissimo comune della provincia dell’Aquila che sorge a ridosso del parco nazionale della Maiella, a Roccaraso, una realtà considerata la meta sciistica più importante di tutto l’Appennino.

Qui il giorno 2 dicembre si potrà salire a bordo di un treno storico composto di carrozze “Centoporte” degli anni ’30 e “Corbellini” anni ’50: il modo perfetto per vivere al massimo le tipiche atmosfere natalizie.

Partendo da Sulmona, si attraverserà il Parco Nazionale della Maiella per poi arrivare nella magnifica cornice di Campo di Giove per visitare i tradizionali Mercatini di Natale che prendono vita a oltre 1000 metri di quota.

Nel pomeriggio si ripartirà per Roccaraso, dove poter ammirare il curioso centro storico del paese abbellito dai mercatini e dalle luminarie del periodo.

Il 29 dicembre, invece, partirà Ferrovia dei Parchi: l’alto Sangro, un treno storico da Sulmona a Castel di Sangro, dotato di locomotiva Diesel con carrozze anni ’30 “Centoporte”, carrozze anni ’50 Corbellini e persino il bagagliaio.

Sulmona, Roccaraso e Campo di Giove

Il tragitto di questo treno storico tocca tre meraviglie dell’Abruzzo: Sulmona, Roccaraso e Campo di Giove. Sulmona è un vero gioiellino: si distingue per essere una cittadina signorile ma, al contempo, anche vivace. Vanta inoltre un centro antico con un vasto patrimonio storico, architettonico, culturale, e persino bellissime aree limitrofe che ben si prestano a chi ama la vita all’aria aperta, grazie alle tante possibili escursioni, passeggiate o percorsi in bicicletta che si possono fare.

Altrettanto affascinante è Roccaraso, una piccola perla d’Abruzzo che sorge a ben 1236 metri di altitudine. Considerata la porta d’ingresso meridionale per l’Altopiano delle Cinque Miglia, oltre ad essere il top per chi ama praticare gli sport invernali, è anche il massimo per chi adora scoprire la natura più autentica d’Italia. Non mancano di certo interessanti attrazioni storiche, nonostante siano state per la maggior parte distrutte durante la seconda guerra mondiale. Ne sono un esempio la chiesa barocca di San Rocco e la chiesa di San Bernardino, ancora in piedi e ben conservate.

Infine Campo di Giove, un altro piccolo borgo abruzzese che vanta origini particolarmente antiche. Ma è il paesaggio circostante che, più di altro, ne fa innamorare: è dominato dal Monte Amaro, dalla Tavola Rotonda e dalla affilata cresta M. Porrara. Ma non solo, perché è abbracciato anche da poetici pascoli montani, pinete e faggete.

Insomma, questo bellissimo treno antico che parte il 2 dicembre porta a scoprire il cuore d’Abruzzo, ma anche le bellissime luci colorate e piene di allegria che caratterizzano questi giorni di festa.

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Aquileia: scoperte nuove tracce di un passato importante

Non smette mai di stupire la vasta area archeologica dell’antica città di Aquileia, fondata dai Romani nel 181 a.C. e oggi custode del più ampio mosaico paleocristiano dell’Occidente all’interno della splendida Basilica Patriarcale.

La scoperta più recente, a seguito della nuova campagna di scavo condotta da un’equipe dell’Università di Verona – Dipartimento Culture e Civiltà, sotto la direzione di Patrizia Basso in collaborazione con Diana Dobreva, ha infatti riportato alla luce un monumentale mercato di epoca romana nell’area del Fondo ex Pasqualis, a sud della città.

Nuove tracce di un passato importante

La campagna di scavo appena conclusa si è protratta per oltre due mesi e ha aperto interessanti pagine su cui indagare nel prosieguo delle ricerche: è emerso un quarto lastricato, che va ad aggiungersi ai tre rinvenuti negli Anni Cinquanta, a est degli altri e a una quota più alta.

Si tratta di una scoperta che indirizza verso l’ipotesi di un grande complesso commerciale, composto da minimo quattro edifici paralleli affiancati, ognuno contraddistinto da un’area scoperta delimitata da portici e botteghe.

I quattro edifici dovevano apparire disposti a due a due e separati da una strada di ciottoli (anch’essa individuata grazie agli scavi di quest’anno) che dal decumano post a nord del mercato (quindi dall’area della Basilica) conduceva all’imponente centro commerciale consentendo il transito di innumerevoli avventori e dei carri che trasportavano le merci, come dimostrato dalle tracce rimaste sul piano del calpestio.

Un mercato di tale portata e ampiezza non fa che confermare quanto Aquileia sia stata un vivace centro di scambi e commerci nel periodo Tardoantico.

Ma non è tutto.

Gli scavi eseguiti durante questi anni indicano che al mercato si accedeva anche dal fiume attraversando una serie di ingressi aperti sul più esterno dei due muri di cinta (rinvenuti a sud delle stesse piazze) e correlati a rampe per il passaggio delle merci. A supporto di questa tesi, il ritrovamento di un scalinata acquea con quattro gradini in arenaria che era funzionale alla discesa verso il fiume, all’epoca in cui esisteva una banchina fluviale e altre aree tornate alla luce ancora parzialmente poiché ricoperte per buona parte dalle piazze.

Infine, la campagna 2023 ha permesso di scoprire una decina di anfore in posizione verticale, mancanti dell’orlo e del collo in quanto segate all’altezza della spalla: la loro funzione resta da chiarire, anche se appare già chiaro che risalgano a una fase precedente la realizzazione del mercato.

Un esempio unico nell’Impero

Come anticipato dagli esperti, quello che sta tornando alla luce ad Aquileia si rivela come un “mercato davvero straordinario“, un esempio unico nell’Impero Romano, che racconta come la città tardoantica fosse fulcro e crocevia di scambi commerciali.

L’importante campagna di scavo ha visto come parte integrante al lavoro sul campo quello svolto presso gli archivi del Museo Archeologico di Nazionale di Aquileia dove i ricercatori hanno avuto la possibilità di consultare tutta la documentazione prodotta dagli archeologi che hanno indagato il sito negli anni passati e confrontare, così, le nuove intuizioni con le scoperte già avvenute.

I risultati delle ricerche hanno già trovato il loro spazio in un volume di prossima uscita che andrà a ripercorrere oltre un secolo di scoperte archeologiche.

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Ritrovata e aperta una tomba etrusca inviolata da secoli

Non finisce mai di sorprendere l’area archeologica di Vulci, l’antica città etrusca nella Maremma laziale in provincia di Viterbo, tra Canino e Montalto di Castro, una delle città più significative dell’Etruria, contraddistinta da un importante sviluppo commerciale e marittimo.

In particolare, a riservare tesori inediti è la necropoli dell’Osteria, a nord rispetto a Vulci, dove è stata ritrovata una nuova tomba intatta, la cosiddetta Tomba 58, a doppia camera, che si distingue per ricchezze e per tipologia architettonica.

La cerimonia di apertura alla presenza delle istituzioni

vulci scavi

Fonte: Ph Carlo Casi

Apertura Tomba 58 Parco di Vulci – Ph Carlo Casi

La tomba, ancora sigillata, è stata aperta venerdì 27 ottobre con la partecipazione delle istituzioni, per una giornata ricca di storia e di cultura: Presenti, per la Sabap VT-EM, la dott.ssa Simona Carosi e la dott.ssa Rossella Zaccagnini; per Fondazione Vulci il Presidente Gianni Bonazzi e il direttore scientifico del Parco, dott. Carlo Casi. Inoltre, l’ Assessore alla Cultura, Pari Opportunità, Politiche Giovanili e della Famiglia, Servizio Civile della Regione Lazio Simona Baldassarre; il sindaco di Montalto di Castro, Emanuela Socciarelli; l’assessore Simona Atti e il sindaco di Canino Giuseppe Cesetti.

Questo l’annuncio del Comune di Montalto di Castro dal Parco Archeologico di Vulci: “Oggi insieme all’Assessore alla Cultura, Pari Opportunità, Politiche Giovanili e della Famiglia, Servizio Civile della Regione Lazio Simona Baldassarre, abbiamo assistito all’apertura di una antica tomba etrusca inviolata presso la Necropoli dell’Osteria a Vulci”.

Il tesoro della Tomba 58

vulci tomba

Fonte: Ph Carlo Casi

Tesoro Tomba 58 Parco di Vulci – Ph Carlo Casi

Databile alla fine del VII secolo avanti Cristo, quando la città di Vulci aveva raggiunto il suo massimo splendore, la Tomba 58 è costituita da una camera in parte saccheggiata (la B) e un’altra miracolosamente intatta (la A).

Ed è proprio la camera A ad aver restituito un prezioso tesoro composto da anfore da trasporto etrusche, olle e pithoi in impasto, vasi in bucchero e in ceramica etrusco-corinzia, oltre a manufatti in bronzo, come un calderone. È stata inoltre notata la presenza di chiodi in ferro sulle pareti, anticamente utilizzati per appendere festoni o piccoli oggetti.

La camera B, invece, saccheggiata in antico, custodiva due anfore da trasporto della Grecia dell’est, ceramiche ioniche, corinze ed etrusco-corinzie, oltre a buccheri e impasti locali oltre a un tripod-bowl e oggetti in ferro.

Particolare poi l’architettura, caratterizzata da un setto risparmiato nella roccia che crea un arco di passaggio tra il dromos, ossia il corridoio breve con degli scalini, e il vestibolo, da cui si accedeva alle due camere, quella frontale e quella di sinistra: manca quella, consueta, di destra, evidentemente perché lo spazio era già stato occupato da altre tombe.

Si tratta di un’ulteriore scoperta venuta alla luce in una delle aree più importanti del Parco di Vulci.
Dopo una prima fase di indagini che aveva portato alla luce la tomba delle Mani d’argento nel 2012, e durata fino al 2015, gli scavi nella zona all’Osteria, sempre svolti con la direzione scientifica della Soprintendenza e di Fondazione Vulci, sono stati ampliati a partire dal 2018 e hanno portato alla luce altre tombe monumentali, tra cui la tomba 31 o del Pittore delle Rondini e, più di recente, una serie di sepolcri allineati lungo una strada, resa anch’essa monumentale da un alto muro.

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Apre un nuovo sito che racconta la storia dell’antica Roma (e non solo)

L’11 novembre (e da lì nei giorni seguenti) nel nostro Paese succederà qualcosa di straordinario: rispalancherà le porte al pubblico, dopo un’attenta e meticolosa operazione di rinnovamento, un gioiello archeologico pregno di antichi riti fondativi, tumuli funerari, dolmen e stele di pietra dal profilo umano, in cui fare un’immersione fisica nel passato, un’esperienza eccezionale per comprendere meglio le origini e la complessità della storia umana.

Riapre l’Area megalitica di Aosta del passato

Scoperta solo nel 1969, l’Area megalitica di Aosta alza di nuovo il sipario sul passato. Si tratta di uno dei siti più interessanti e ricchi d’Europa e, dopo essere stata chiusa per via di una profonda operazione di rinnovamento e riallestimento, torna da essere visitabile a partire dall’11 novembre.

Un posto davvero straordinario perché in un’area di circa un ettaro sono riassunti sei millenni di storia umana, da scoprire grazie a una struttura realizzata a protezione degli scavi dai quali, piuttosto recentemente, sono emerse anche orme umane.

Come funziona la visita

Il nuovo allestimento si presenta a partire dall’ingresso, che è stato spostato all’angolo tra corso Saint-Martin-de-Corléans e via Italo Mus. Lasciandoci alle spalle i ritmi frenetici della città, varchiamo la sua soglia per entrare in uno spazio protetto da una grande vetrata, impreziosita da una luce soffusa.

Un corridoio, la Rampa del Tempo, grazie a cui fare un viaggio nei secoli insieme al supporto di elementi tridimensionali. Si entra quindi nell’area coperta, una grande “navata” che custodisce strutture preistoriche, datate dalla fine del Neolitico all’età del Bronzo Antico.

C’è poi un preziosissimo piano seminterrato in cui ammirare i risultati di uno scavo iniziato più di cinquant’anni fa, e che oggi ci permette di scoprire testimonianze intatte di un passato ancora avvolto nel mistero. A fianco si apre una “Sala immersiva”, sulle cui pareti sono proiettate delle immagini che illustrano la successione delle fasi archeologiche. Allo stesso livello si trova anche la “Sala civica”, attrezzata per ospitare conferenze e incontri.

La fase più antica risale al quinto millennio avanti Cristo, ed è quella dell’aratura cultuale, carica di simbolismi. L’itinerario prosegue soffermandosi su pali di legno e lastre litiche, fino ad arrivare nella “Grande Sala delle stele”, con tantissime sculture antropomorfe in pietra che riproducono uomini e donne con abbigliamento, ornamenti, armi.

Arriviamo poi alla fase della transizione tra età del Rame ed età del Bronzo, all’inizio del II millennio a.C, sfociando in una sala dedicata alla Protostoria. Il simbolo di questa trasformazione è un grande tumulo funerario che per la prima volta si può ammirare con il suo piano di calpestio originale.

Continuiamo a salire di livello per catapultarci nell’epoca romana. Qui una prima sezione riguarda l’insediamento rustico ed è pregna di oggetti legati alla vita quotidiana risalenti ai tempi di Augusta Praetoria, l’antica Aosta. Una seconda sezione permette di visitare le necropoli scavate lungo la strada, sotto la chiesa parrocchiale e l’asilo: ci sono quasi 20 tombe che al loro interno contenevano ricchissimi corredi.

Conclude il percorso la sezione medievale: in quest’epoca l’area di Saint-Martin-de-Corléans presentava varie strutture che gravitavano intorno alla piccola chiesa locale, citata in una bolla papale del 1176.

In occasione di questa grandissima e attesissima riapertura, nelle giornate di sabato 11 e domenica 12 novembre, verranno proposte visite guidate gratuite a cura degli archeologi della Soprintendenza dalle ore 10.00 alle 18.00. In seguito, da lunedì 13 a domenica 19 novembre, saranno a disposizione visite accompagnate gratuite con orario continuato 10.00 -18.00.

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Parte un treno storico per i Mercatini di Natale del Trentino

Quest’anno, raggiungere il famoso Mercatino di Natale a Trento sarà ancora più semplice per chi parte dalla Lombardia. Il 17 dicembre si potrà viaggiare a bordo di uno splendido treno storico elettrico, che porterà i visitatori direttamente in centro città con posti riservati, comodamente seduti, senza il rischio di code o nebbia in autostrada e senza dover cercare il parcheggio per l’auto. Un’occasione che si sposa alle proposte green della storica manifestazione, che anche quest’anno si svolge all’insegna dell’artigianato, della tradizione e della sostenibilità ambientale, con qualche bella novità.

Mercatino di Natale a Trento, tra novità e tradizioni

Dal 18 novembre 2023 al 7 gennaio 2024, Trento si trasforma nella “Città del Natale” grazie alla magia dello storico Mercatino che nel periodo più atteso e magico dell’anno torna ad animare il centro storico del capoluogo del Trentino-Alto Adige. Tra le novità di quest’anno, l’allargamento della manifestazione a Piazza Mostra, che dopo il restauro ospiterà per la prima volta parte dei mercatini, insieme a Piazza Fiera.

Un’altra novità è l’appuntamento “Filò al Falò”, che si terrà in piazza Cesare Battisti, dove le associazioni di volontariato si riuniranno attorno a un fuoco per rivivere la tradizione contadina del racconto e della condivisione. Un evento pensato per arrivare al 2024, anno che vedrà Trento diventare Capitale europea del volontariato. Sono inoltre previste nuove luminarie e giochi di luce sui palazzi storici della città, ma anche sul Monte Bondone, a Vason.

La prima edizione del Mercatino di Natale di Trento si è svolta nel 1993 e da allora l’idea di proporre prodotti per celebrare la festa più attesa dell’anno è cresciuta sempre di più, fino a diventare l’elemento trainante di “Trento, città del Natale“, un ricco cartellone di iniziative ed eventi musicali e culturali, appuntamenti col gusto, attività per grandi e per bambini, vari luoghi vestiti a festa e valorizzati da luci e addobbi.

A contraddistinguere il Mercatino di Natale di Trento è anche l’attenzione alla sostenibilità ambientale, con la presenza di espositori dalle salde radici artigianali e attenti alla valorizzazione dell’enogastronomica locale. L’energia elettrica utilizzata per l’evento è prodotta da fonti rinnovabili, viene realizzata un’attenta raccolta differenziata e viene incentivato l’utilizzo di stoviglie lavabili o compostabili.

Naturalmente, il divertimento è anche a misura di bambine e bambini. Ad attenderli in Piazza Santa Maria Maggiore, ci sarà la Casa Di Babbo Natale, con la slitta magica e la presenza di vari folletti, laboratori didattici nelle vicinanze e una fattoria nel quartiere Le Albere. È poi d’obbligo un giro sul Trenino di Natale che accompagna i visitatori, grandi e piccini, lungo un percorso che attraversa le vie del centro storico e che raggiunge gli angoli più nascosti e suggestivi della città.

Le fermate del treno storico per il Mercatino di Trento

Il treno storico elettrico, organizzato dall’associazione di volontariato Ferrovie Turistiche Italiane, partirà dalla stazione Centrale di Milano ed effettuerà le seguenti fermate (attenzione: gli orari sono indicativi, verrano aggiornati e comunicati appena pronti).

  • Milano Centrale (andata 08:20 – ritorno 20.20)
  • Milano Lambrate (andata 08:25 . ritorno 20:15)
  • Bergamo (andata 09:00 – ritorno 19:34)
  • Palazzolo sull’Oglio (andata 09:25 – ritorno 19:04)
  • Rovato (andata 09:35 – ritorno 18:45)
  • Brescia (andata 09:48 -ritorno 18:30)
  • Trento (andata 12.05 – ritorno 16.55)

Il convoglio sarà costituito da carrozze di 1° e 2° classe anni ’60 e ’70, con locomotore elettrico. I posti sono limitati e la prenotazione è obbligatoria.

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Al mare in Giordania: dove andare e cosa fare

Ricchissima di storia e meta prediletta degli amanti della storia e dell’archeologia, la Giordania è anche la località ideale per prolungare l’estate e per godersi il sole sulle spiagge e i tuffi in acque limpide e tiepide.

Sì perché grazie al clima mite e alle temperature favorevoli, ai suoi favolosi litorali e ai panorami mozzafiato, è una nazione “regina delle vacanze balneari” con mirabili fiori all’occhiello che si suddividono tra il territorio unico al mondo del Mar Morto e la sabbia dorata del Mar Rosso.

Pronti a lasciarvi sorprendere?

L’incanto del Mar Morto

Parlando di Giordania come destinazione balneare non si può non mettere al primo posto il “mare che non ti aspetti”, il Mar Morto, che non esiste da nessun altra parte se non qui.

In realtà, si tratta di un lago salato le cui rive si trovano a circa 400 metri al di sotto del livello del mare, il punto più basso della terraferma.

Le sue acque straordinariamente salate consentono di galleggiare con facilità e i fanghi ricchi di minerali sono rinomati a livello internazionale per le proprietà cosmetiche e terapeutiche.
Trascorrere del tempo di qualità presso una delle SPA che sorgono sulle sue spiagge è un modo indimenticabile di prendersi cura di sé stessi.

Ma dove fare il bagno nel Mar Morto?

Sono presenti una decina di resort con spiagge attrezzate e non mancano alcune spiagge libere per fare il bagno in tutta libertà senza spendere.

Da ricordare, nell’omonima città di Amman, Amman Beach Dead Sea, dove è possibile accedere in giornata alla spiaggia attrezzata con bar, spogliatoi e piscina.
Poco più a sud, altrettanto interessante è O-Beach.

Tra le spiagge libere (ben segnalate) da vedere vi sono, senza dubbio, i punti indicati come “Dead Sea Free Swimming” dove i candidi blocchi di sale cristallizzato disegnano un paesaggio incredibile, e “Salt Beach – Spiaggia Salina” dove fanno bella mostra di sé enormi granelli.

Invidiabile Mar Rosso

A differenza del Mar Morto, il Mar Rosso è un mare a tutti gli effetti, comunicante con il Mediterraneo e con l’Oceano Indiano.

Regala alcune delle spiagge più favolose della Giordania ed è una “destinazione vacanziera” per eccellenza: infatti, come si può non citare il golfo di Aqaba, una delle zone migliori del Paese, autentico paradiso per lo snorkeling e le immersioni?
Si tratta di uno dei siti più importanti del mondo per i sub, che pullula di coralli, di una biodiversità marina di notevole importanza e i cui fondali ospitano anche svariati relitti.

Tra le spiagge da non perdere assolutamente spicca South Beach, incastonata nella caratteristica città costiera di Aqaba, dove la sabbia dorata si alterna a piccole e graziose conchiglie nel bacio di un’acqua cristallina.
Adatta sia a famiglie che a gruppi di amici, è dotata di tutti i servizi.

Sempre ad Aqaba, ecco Berenice Beach, seconda soltanto a South Beach, un vero e proprio “complesso balneare” grazie ai numerosi hotel e alle infrastrutture dedicate ai turisti.

E come non nominare anche City Beach e Aqaba Beach? Infatti, Aqaba è il principale porto turistico della Giordania e da qui partono tour organizzati e sessioni di snorkeling per ammirare tutta la meraviglia che gli incredibili fondali del Mar Rosso hanno da offrire.