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La location sarda di “Due vite”, il successo di Marco Mengoni

Un’immensa distesa sabbiosa e un cielo nuvoloso, schiarito solamente per un istante da qualche timido raggio di sole: è questa la location che Marco Mengoni ha scelto per il videoclip della sua ultima canzone intitolata Due vite, con la quale ha partecipato – e meritatamente vinto – il Festival di Sanremo 2023. Questo posto magico, che sembra quasi non appartenere al nostro mondo, si trova in realtà in Sardegna ed è una meta naturalistica molto amata dai turisti.

Le Dune di Piscinas, una bellezza sarda

Per una canzone così colma di sentimento, Marco Mengoni ha deciso di volare in Sardegna: non avrebbe mai potuto trovare una location più suggestiva che quella offerta dal parco costiero delle Dune di Piscinas, un’enorme area sabbiosa e incontaminata che si dipana lungo la Costa Verde. Siamo nel territorio di Arbus, piccolo comune situato nella regione sud-occidentale dell’isola, ed è qui che la forza del vento ha dato vita ad uno spettacolo della natura. Le dune sabbiose, modellate continuamente dalle correnti, offrono una vista mozzafiato che si stende ininterrottamente sino all’orizzonte, circondate qua e là solamente da qualche macchia verde.

Le Dune di Piscinas sono tra le più alte in Europa – alcune di esse raggiungono persino i 100 metri! – e si allungano nell’entroterra per almeno un paio di chilometri, lungo i quali l’unica cosa che si può vedere è la sabbia dorata che rifulge sotto i raggi del sole. È nel punto in cui invece incontrano il mare che nasce la Spiaggia di Piscinas, una lunghissima lingua sabbiosa lambita da acque cristalline, una vera e propria cartolina che sembra dipinta con una tavolozza di colori meravigliosi. Impossibile non rimanerne incantati, e i turisti possono trovare qui un angolino di pace dove abbronzarsi o fare un tuffo in mare lontani dalla folla.

Il paesaggio è unico al mondo, e se a prima vista potrebbe sembrare completamente desertico, non c’è niente di più sbagliato. A punteggiare l’enorme distesa sabbiosa sono piccole chiazze di macchia mediterranea, caratterizzate prevalentemente da ginepri secolari, giunchi altissimi e cespugli rigogliosi di splendide ginestre. Anche gli animali non sono certo assenti: qualche fortunato avrà sicuramente potuto avvistare un bell’esemplare di cervo sardo, e in estate le tartarughe marine escono dall’acqua per deporre le loro uova in grandi nidi sotto la sabbia, dove poi avverrà la schiusa. Davanti ad un panorama del genere, si può rimanere soltanto estasiati.

Le Dune di Piscinas

Fonte: Ph. Andrea Bianchera

Le Dune di Piscinas

Come arrivare alla Spiaggia di Piscinas

Come può un luogo così affascinante essere ancora incontaminato? A contribuire è senza dubbio il fatto che, per raggiungerlo, ci sono poche opzioni (e non tutte agevoli). Un paio di strade conducono sino a pochi passi dalla Spiaggia di Piscinas, che è anche dotata di un piccolo parcheggio. Ma sono entrambe sterrate, tortuose e molto strette, quindi non tutti hanno il coraggio di percorrerle. Eppure, è un’occasione unica per scoprire un paesaggio incredibile, dove il tempo sembra essersi fermato. Ci sono infatti alcune tappe che meritano una visita, lungo il percorso.

È il caso dell’antico borgo minerario di Ingurtosu, ormai quasi completamente abbandonato e caratterizzato da piccole abitazioni semidiroccate. Sembra quasi di stare nel far west, con case ridotte in rovina e tutto ciò che gli abitanti vi hanno lasciato che è ormai sepolto sotto strati di sabbia. È a due passi da qui che un tempo si trovavano le miniere più importanti di tutta la regione, dalle quali si estraevano piombo, zinco e argento. L’intera vallata rientra nel Parco Geominerario della Sardegna, e si stende proprio fino alle Dune di Piscinas.

Le Dune di Piscinas

Fonte: Ph. Andrea Bianchera

Le Dune di Piscinas
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Due antichi tesori riemergono dal mare italiano

Il mare a volte restituisce tesori inaspettati, che spesso raccontano di civiltà antichissime, riportandoci indietro di secoli o millenni. L’ultimo ritrovamento, di probabile interesse archeologico, è avvenuto per caso su una delle splendide spiagge della Sardegna. A fare la scoperta, un sessantenne durante una passeggiata, conclusasi in modo del tutto inaspettato.

Su una spiaggia a Sant’Antioco spuntano due anfore

Due antiche anfore sono state ritrovate su una spiaggia a Sant’Antioco da un luogotenente in congedo dei carabinieri, residente a Monza, ma attualmente sull’isola maggiore dell’Arcipelago del Sulcis, nell’estremo sud ovest della Sardegna, che fu colonia fenicio punica, poi città romana, fino a diventare lo splendido borgo di mare apprezzato da moltissimi turisti.

I due preziosi reperti, trovati dall’uomo durante una passeggiata, erano con molta probabilità depositati sul fondo del mare e sono stati trasportati a riva dalle mareggiate dei giorni precedenti. Un’anfora si presenta integra, mentre l’altra è solo parzialmente danneggiata. L’uomo ha immediatamente avvisato i carabinieri del ritrovamento, i quali si sono rivolti alla direttrice del Museo Archeologico “F. Barreca” per i successivi accertamenti tecnici che verranno svolti anche a cura del Nucleo tutela patrimonio culturale dei carabinieri di Cagliari e della Sovrintendenza archeologica.

Come ricordano i militari del TPC, i beni archeologici appartengono al patrimonio dello Stato e in caso di rinvenimento fortuito si applica l’articolo 90 del decreto legislativo 42 del 2004 che prevede che “chi scopre fortuitamente cose immobili o mobili di verosimile interesse archeologico deve farne denuncia entro 24 ore al soprintendente o al sindaco o all’autorità di pubblica sicurezza e provvede alla conservazione temporanea del bene, lasciandolo nelle condizioni e nel luogo in cui è stato rinvenuto”.

Il fascino archeologico di Sant’Antioco

Conosciuta non solo per il suo mare, ma anche per la storia e l’archeologia, Sant’Antioco ospita Il MAB, “Museo Archeologico Ferruccio Barreca”, che conserva ed espone al suo interno un’ampia gamma di reperti provenienti dall’isola sarda. Gran parte della collezione porta alla scoperta dell’importante insediamento urbano sorto sulle sponde orientali dell’isola al principio dell’VIII sec. a.C. e conosciuto con il nome di Sulky o Sulci, caposaldo portuale del distretto territoriale della Sardegna sud-occidentale che, insieme al comparto metallifero dell’Iglesiente, costituisce la sub-regione del Sulcis-Iglesiente. Il percorso museale segue un criterio topografico e cronologico incentrato sulle tre componenti principali dell’insediamento urbano sin dalle sue origini: l’abitato, le necropoli e il tofet.

Situato all’estremità settentrionale della cittadina di Sant’Antioco, in posizione periferica rispetto all’abitato fenicio, il tofet è una particolare tipologia di santuario cittadino, diffuso nelle città fenicie e puniche del Mediterraneo centrale. Un’area sacra e funeraria a cielo aperto, posta in posizione periferica rispetto all’abitato e dotata di recinti, altari o sacelli, destinata ad accogliere le sepolture di bambini deceduti in tenerissima età o nati morti. La località conserva ancora oggi il nome di “Sa guardia ‘e is pingiadas” (la guardia delle pentole), reminiscenza popolare della presenza di numerosi contenitori in ceramica che spesso emergevano nella zona.

Uno specchio della vita e della floridezza della città punica di Sulky tra il VI sec. e il III sec. a.C. è offerto dalla grande necropoli di Sant’Antioco, con più di 50 tombe sotterranee scavate nel settore di Is Pirixeddus. Le camere ipogee, alle quali si accedeva attraverso un corridoio scalinato, accoglievano numerose salme, forse i membri di una stessa famiglia, inumate dentro bare di legno, spesso dipinte di rosso o decorate con figure umane intagliate in rilievo. L’impianto funerario rimase in uso anche durante il periodo romano. Le iscrizioni funerarie latine, oggi in buona parte visibili nel Museo Archeologico “Ferruccio Barreca”, rappresentano la memoria vivente dei cittadini della città romana di Sulci.

L’area archeologica nota come Acropoli sorge, invece, sulla cima della collina di Is Pirixeddus, non lontano del forte Su Pisu, che dominava la città antica e l’antistante laguna. Le strutture e pavimenti in cocciopesto ornati con piccole tessere di colore bianco, scoperti negli anni Cinquanta e recentemente restaurati, rappresentano ciò che rimane di un affascinante tempio romano.

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Sa Spendula, la cascata più incredibile della Sardegna

Villacidro, nel Medio Campidano, è stato un tempo paese di montagna, rinomato per l’aria salubre, mentre oggi si presenta come una moderna cittadina in cui sopravvivono immutate le tradizioni agropastorali. La sua vera ricchezza è costituita dalle bellezze naturali che lo circondano, una su tutte Sa Spendula, la cascata più suggestiva della Sardegna, il cui fascino conquistò anche Gabriele D’Annunzio.

Sa Spendula, la cascata per eccellenza della Sardegna

È conosciuta in tutta la Sardegna e il suo nome, Sa Spendula, sta proprio per ‘La Cascata’. Del resto, non serve un’altra denominazione per definire quella che in tutto il territorio è considerata la cascata per eccellenza. Monumento naturale che più caratterizza Villacidro e meta imperdibile per chiunque giunga nella cittadina situata a 45 chilometri da Cagliari, è un maestoso salto del torrente Coxinas che ha le sue sorgenti nell’altopiano omonimo, a circa 700 metri sul livello del mare.

Il rio scende verso il Campidano lungo una gola stretta e profonda che si è formata tra il monte Omo e il Monte Margiani, poi a un certo punto compie tre balzi consecutivi, per un’altezza complessiva di 60 metri di dislivello. L’ultimo salto, di circa 30 metri, è proprio Sa Spendula, una lama d’acqua lucente che si infrange su rocce granitiche rosa e grigie, per poi precipitare dentro una gola dominata da una guglia detta Campanas de Sisinni Conti.

Immersa in uno scenario favoloso e circondata da montagne selvagge, questa cascata ha ricevuto nel tempo l’omaggio di viaggiatori e turisti d’eccezione, tra cui Gabriele D’Annunzio. Nel 1882, in occasione di una sua visita a Villacidro in compagnia di Cesare Pascarella ed Edoardo Scarfoglio, D’Annunzio dedicò a Sa Spendula il sonetto  ‘La Spendula’, pubblicato sul giornale letterario ‘Capitan Fracassa’, che diede ancora più prestigio a questa meraviglia naturale.

Come raggiungere la celebre cascata

Per raggiungere Sa Spendula si percorre un breve sentiero che costeggia il torrente e conduce proprio sotto al magnifico salto. Nei periodi di pioggia intensa, l’impetuosità dell’acqua non permette ai visitatori di avvicinarsi troppo, ma offre comunque lo spettacolo di una suggestiva nuvola spumeggiante. Qui vi troverete anche la fitta pineta Campus de Monti, con un’area attrezzata, raggiungibile attraverso un grazioso ponte in legno. Il luogo ideale per scampagnate con tutta la famiglia.

Le altre attrazioni nei dintorni di Villacidro

Tra i sentieri dell’area di grande valore naturalistico, detta Monte Linas-Oridda-Marganai, dove fare escursioni a piedi, in bici e a cavallo, lo spettacolo prosegue con le cascate del rio Linas: Piscina Irgas​, con un salto di 4​5 metri, e Muru Mannu, nel territorio di Gonnosfanadiga, che con il suo salto di 72 metri rappresenta la più alta della Sardegna. Tra le  attrazioni da non perdere ci sono anche la valle di Villascema, con i rinomati ciliegeti, e il Parco di San Sisinnio, con la più importante aggregazione di grandi oleastri della regione.

Villacidro è rinomata anche per i prodotti tipici, come l’eccellente olio d’oliva, i vini da cui deriva una pregiata acquavite, e le ciliegie, cui è dedicata a giugno una celebre sagra. Definita da molti viaggiatori del passato come ‘la piccola Svizzera sarda’, la cittadina nel sud-ovest dell’isola è da sempre uno dei centri più importanti della zona, rimasto saldamente ancorato ai valori del passato, celebrati dallo scrittore Giuseppe Dessì, cui ha dato i natali, al quale è dedicato il Parco Culturale Giuseppe Dessì all’interno del monte Linas.

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Seneghe, dove la tradizione e la natura della Sardegna si incontrano

Seneghe è il bellissimo borgo della Sardegna centro-orientale, incastonato tra mare e natura selvaggia. Custodisce la tradizione dell’olio extravergine di oliva, che ancora oggi valorizza e tutela. Inoltre, si trova a due passi dalle più belle località della costa ed è immerso tra boschi, nuraghi e altri monumenti archeologici.

Vincitore del Bando per l’attrattività dei Borghi promosso dal Ministero della Cultura, Seneghe è un luogo magico, ideale per chi vuole scoprire il lato più affascinante e nascosto dell’isola, sia durante l’estate, che in inverno.

Seneghe, la città dell’Olio

Nessun viaggio può iniziare a stomaco vuoto, ed è per questo che Seneghe accoglie i suoi visitatori con il suo prodotto d’eccellenza: l’olio extravergine di oliva.

Conosciuta anche come Città dell’Olio, ospita annualmente il Concorso Montiferru, premio nazionale dedicato all’olio extravergine di oliva. Il Concorso è suddiviso in due sessioni, la prima a marzo e la seconda a dicembre, quando si decretano gli oli migliori dell’anno.

Il Premio Montiferru, che nel 2022 si tiene dal 16 al 18 dicembre, coinvolge tutto il Paese, e si trasforma in una vera festa tutta da vivere e… gustare. È un’occasione per perdersi tra i sapori tipici, visitare punti ristoro, frantoi, mostre e tanto altro.

Fonte: Comune di Seneghe (OR)

Comune di Seneghe (OR)

Il territorio di Seneghe, tra spiagge bianche e scogliere selvagge

Incastonato tra boschi e rocce basaltiche, Seneghe si affaccia sul monte Sos Paris, sul versante orientale del Montiferru, zona che prende il nome dall’omonimo massiccio vulcanico, che si staglia e decora tutta la zona.

Basta spostarsi a pochi chilometri dal centro abitato per immergersi nei tipici boschi di leccio e sughero e passeggiare tra i profumi inebrianti della macchia mediterranea. Facendo attenzione si possono notare i terreni basaltici che si estendono fino alla costa.

E a proposito, non si può parlare di Sardegna senza accennare al suo mare. Ma chi conosce solo il lato “mondano” dell’isola, rimarrà stupito dallo scrigno di tesori offerti dalla costa più vicina a Seneghe, quella del territorio di Oristano e del Sinis.

La prima meta imperdibile uscendo da Seneghe è S’Archittu, che si trova a circa 19 km dal paese. Il nome prende origine dalla lunga scogliera bianca che attraversa il breve tratto di costa su cui si apre un arco naturale spettacolare, nato dall’erosione delle rocce calcaree. La scogliera abbraccia una piccola ma deliziosa spiaggia, da cui si raggiunge a nuoto la scogliera per arrampicarsi e divertirsi con i tuffi. Basta andare in una qualsiasi bella giornata estiva per ammirare decine di persone che si divertono a fare tuffi dalla cima di S’Archittu. Ad ogni tuffo scoppia l’applauso del pubblico. Ma S’Archittu è l’ideale anche per chi vuol fare una passeggiata: in alcuni punti della scogliera sembra di camminare sulla luna. Il momento del giorno ideale? Il tramonto, per godersi il sole che si tuffa dentro il mare incorniciato dall’arco.

Chi, invece, predilige le spiagge caratterizzate da sabbia fine e bianca, può trascorrere una giornata nelle varie aree balneari, come Putzu Idu (23 km da Seneghe) o Sa Mesa Longa (25 km da Seneghe), ma anche Santa Caterina di Pittinurri (22 km) o S’Arena Scoada (24 km).

Infine, a 29 km da Seneghe spicca Is Arutas, una delle spiagge più famose della costa, caratterizzata da chicchi di quarzo bianchi e rosa pallido.

Fonte: Comune di Seneghe (OR)

Spiaggia di Sa Rocca Tunda – Provincia di Oristano

Seneghe, alla scoperta di nuraghi e tombe dei giganti

Per chiudere il meraviglioso soggiorno nel territorio del Montiferru non può mancare una visita ai tanti nuraghi e alle tombe dei giganti sparsi nelle vicinanze.

Tra i più belli da scoprire spicca Mesu Maiore, un maestoso nuraghe dominato da una torre centrale e quattro torri perimetrali. Poco distante, ci si può fermare al nuraghe Oppianu, una torre ben conservata che conserva anche uno spazio scala sul lato sinistro della struttura. Ma le mete per gli amanti dell’archeologia sono infinite: dal nuraghe ‘e Pruma al nuraghe Narba, fino alla tomba dei giganti S’Omo de sas Zanas, quasi totalmente integra.

Insomma, il territorio di Seneghe, tra buon cibo, mare e archeologia offre attrazioni per tutti i gusti e le passioni. Non rimane che programmare il prossimo soggiorno in questa perla nascosta della Sardegna.

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Il borgo più verde della Sardegna è bellissimo

In molti tendono a pensare che la Sardegna sia principalmente una meta estiva fatta di spiagge da sogno e mare che sembra uscito da un libro di favole. Ma la verità è bene diversa. Questa meravigliosa isola italiana, infatti, vanta anche dei borghi pittoreschi e una natura che toglie davvero il fiato.

In particolare nell’area del parco del Gennargentu, il vero e proprio cuore della regione, dove sorge un gioiello che si rivela uno dei comuni più elevati di questa terra, ma anche il borgo più verde di tutta l’isola.

Tonara, un borgo da scoprire

Il borgo in questione si chiama Tonara ed è una piccola meraviglia che fa parte della provincia di Nuoro. Un nome particolare, il suo, che deriva da toni e toneri, le rupi calcaree su cui poggia. Il suo bellissimo centro storico è un pullulare di viuzze su cui si affacciano balconi in legno facenti parte di case costruite in pietra.

Non mancano di certo testimonianze antiche come la chiesa campestre di San Sebastiano che ha l’onore di conservare al suo interno un altare ligneo del ‘600. Meravigliose anche le tempere murali che raffigurano la vita di Sant’Antonio da Padova che sono custodite all’interno dell’omonima chiesa e risalenti al ‘700.

Nei dintorni, invece, è possibile scoprire le straordinarie dimore nuragiche e le domus de janas, tombe preistoriche scavate nella roccia. Degna di nota, senza ombra di dubbio, è la sua Casa Porru che si distingue per essere un’imponente dimora padronale che in passato è stata utilizzata anche come carcere. Oggi, tuttavia, è stata riconvertita in museo etnografico e dei mestieri.

Tonara, allo stesso tempo, è anche un pullulare di tradizioni. Le lavorazioni più famose sono quelle del legno, in particolare del castagno, così come i tappeti, ancora oggi filati con antichi telai. Non da meno sono le prelibatezze gastronomiche come il formaggio, in particolare il casu axedu e il casu ‘e murgia.

Ma il vero diamante di Tonara è senza ombra di dubbio il torrone, la cui ricetta è famosa in tutto il mondo grazie a una modifica: al posto delle zucchero si usa il miele.

Perché Tonara è il borgo più verde della Sardegna

Tonara è considerato il borgo più verde dalla Sardegna grazie alla posizione in cui si trova. Il Gennargentu, infatti, permette a questo splendido paese di essere circondato una lussureggiante distesa boschiva con castagni millenari, noccioli e noci. Per questo motivo, sono tantissimi gli itinerari che partono dal borgo e che portano alla scoperta della zona. Tragitti che si possono fare a piedi, in mountain bike e persino a cavallo.

Molto rinomato è anche il suo sottobosco dal quale prendono vita pregiati funghi come ovolo e porcino nero. Dalle foreste, invece, si ricavano i frutti per la produzione artigianale e commercio del torrone. Un dolce a cui è dedicato anche un evento sempre molto atteso: la sagra del torrone, nata nel 1979. Affiancato alla festa, c’è il Campanaccio d’oro, una sfida tra gli artigiani locali nella creazione di campanacci per il bestiame.

Insomma, Tonara è una bellissima realtà del nostro Paese che tra paesaggi incantevoli, tradizioni secolari e vicoli che lasciano senza fiato vale certamente la pena scoprire.

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In Sardegna, lungo le Strade dello zafferano

Chi conosce la Sardegna, sa benissimo che tra i prodotti tipici c’è lo zafferano. E da qualche anno è nato un itinerario turistico che non è solo la scoperta di questa meravigliosa e antica spezia che viene da Oriente, ma quella di un territorio che in alcune stagioni dell’anno è davvero bello visitare.

Lo zafferano, che in Sardegna chiamano “oro rosso” (è considerato tra le spezie più costose del mondo), fiorisce in autunno ed è proprio questo il momento migliore per andare alla scoperta delle Strade dello zafferano che attraversano un territorio ricco di bellezze e di luoghi inaspettati.

Le Strade dello zafferano

Si diramano nel Centro-Sud della Sardegna, in particolare tra i Comuni di Turri, San Gavino Monreale e Villanovafranca. Nel Medio Campidano si coltiva, infatti, oltre il 60% di tutto lo zafferano italiano e questi tre paesi detengono il primato nazionale.

Proprio in questi Comuni, nel mese di novembre si svolgono eventi che hanno lo scopo di promuovere una zona dell’isola che i turisti poco conoscono, specie quando vengono d’estate e all’entroterra preferiscono le splendide spiagge del Sud, da Villasimius a Chia.

Un novembre di eventi

Nei weekend di novembre sono tantissime le iniziative a cui è possibile prendere parte. Visite guidate, musei aperti e degustazioni di prodotti enogastronomici, ma anche passeggiate libere nei Comuni e lungo le Strade dello zafferano.

A San Gavino Monreale l’appuntamento è per il 6 novembre, a Turri per il 13 e a Villanovafranca per il 20.

San Gavino Monreale, uno dei paesi con la maggiore produzione di zafferano, è conosciuto anche per essere il paese dei murales. Si può quindi visitare liberamente facendosi condurre dalle immagini dipinte sulle facciate delle case. In occasione dell’evento, si potrà anche salire a bordo di una mongolfiera per ammirare il paese e il territorio dall’alto.

Il piccolo paese di Turri, invece, è popolato da poco più di 400 abitanti. Il suo delizioso centro storico è fatto di tipiche case a corte, circondate da alti muri, con davanti ampi cortili e alle spalle piccoli orti familiari. Solitamente si affacciano sulle vie con grandi portali, alcuni risalenti all’Ottocento. Perdersi tra i vicoli ammirando le antiche case e la seicentesca Chiesa di San Sebastiano è sicuramente come un balzo indietro nel tempo.

Infine, Villanovafranca, un paese leggermente in collina, famoso anch’esso per lo zafferano. Molti turisti lo conoscono perché nel suo territorio sono stati ritrovati importanti resti di nuraghi, tra cui l’unico altare intatto della prima Età del Ferro ritrovato nel nuraghe Su Mulinu. Il paese ospita infatti il Museo archeologico Su Mulinu.

Laboratori del gusto e del sapere, visite ai campi di zafferano e a suggestive case antiche aperte al pubblico in via del tutto eccezionale completano le attività.

Il treno dello zafferano

In occasione degli eventi lungo le Strade dello zafferano della Sardegna partirà anche un treno storico speciale. Il treno partirà da Cagliari alle 9.05 e arriverà a San Gavino, in occasione della sagra dello zafferano che si tiene il 6 novembre. Il viaggio sarà a bordo di un affascinante treno storico con locomotiva diesel e carrozze degli Anni ’30 “Terrazzini”. Il loro nome è dovuto al fatto di essere caratterizzate da due terrazzini, uno aperto in testa e un altro chiuso in coda al vagone.

Queste carrozze, che un tempo erano di Prima e Terza classe, venivano utilizzate per servizi locali. L’arredamento interno è costituito da sedili di legno nella Terza classe, mentre erano ricoperti in velluto rosso nella Prima.

Giunti a San Gavino, i viaggiatori visiteranno gli stand gastronomici dove potranno gustare piatti a base di zafferano e altri prodotti tipici di San Gavino Monreale.

Per chi viaggia a bordo di questo treno, nel pomeriggio viene organizzata una visita guidata al Museo delle due fonderie situato all’interno degli ex magazzini ferroviari, un tempo snodo per la materia prima che, dalla miniera di Montevecchio, era portata allo stabilimento industriale di San Gavino Monreale per la lavorazione.

Il treno riparte alle 18.15 con arrivo previsto alla stazione di Cagliari alle 19.37.

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In Cina c’è un tempio dedicato al cielo: è spettacolare

Esistono alcuni viaggi che sono destinati a cambiarci la vita. Sono quelli che ci portano alla scoperta di territori immensi e variegati, di culture, storie e tradizioni che sono lontanissime da quelle che ci appartengono.

Ed è proprio un viaggio così che vogliamo fare oggi insieme a voi, un’avventura che ci conduce dall’altra parte del mondo in uno dei Paesi più affascinanti dell’intero pianeta. Ci troviamo in Cina, in una delle nazioni più popolose dell’Asia Orientale, proprio lì dove praterie sconfinate si alternano a deserti, montagne e fiumi, dove i grandi e futuristici grattacieli fanno da contrasto ai siti storici e ai luoghi culturali.

La grande capitale, poi, è una vera meraviglia. Una città fatta di architetture moderne e siti dall’immenso valore storico, artistico e culturale, come il complesso monumentale della Città Proibita, o come quel tempio dedicato al cielo in cui vogliamo portarvi oggi, e che vi lascerà senza fiato.

Pechino: l’incontro tra cielo e terra

Ci troviamo nella parte meridionale di Pechino, nel distretto di Xuanwu, lì dove un tempo la dinastia dei Ming volle la costruzione del Tempio del Cielo, uno dei più grandi complessi esistenti di edifici sacrificali in tutto il Paese.

Le sue origini affondano nel 1420, anno in cui iniziò la costruzione di tutta una serie di edifici volti a creare l’Altare del Cielo. Il grande tempio, infatti, serviva proprio all’Imperatore della Cina, chiamato Figlio del cielo, per compiere le sue cerimonie di sacrificio volte a garantire il benessere della popolazione.

Il grande parco, usato ancora oggi per i sacrifici annuali al Cielo previsti dal confucianesimo, è aperto al pubblico, e permette di entrare in contatto con una realtà maestosa, straordinaria e incredibilmente suggestiva. Gli ingressi sono quattro, e sono posti in corrispondenza dei punti cardinali. All’interno del parco, invece, si trovano i tre altari principali che sono la Sala di preghiera per il buon raccolto, la Volta celeste Imperiale e l’Altare circolare.

Tempio del Cielo

Fonte: iStock

Tempio del Cielo

Il Tempio del Cielo

Il parco si estende su un’area che misura quasi tre chilometri e che permette di visitare le tre principali costruzioni. L’Altare circolare, che ha le sembianze di una piattaforma circolare, è il luogo dove un tempo venivano celebrati i sacrifici al Cielo in occasione del solstizio d’inverno. Tutto doveva essere eseguito in maniera impeccabile perché il minimo errore avrebbe potuto avere conseguenze nefaste per l’intera popolazione.

A nord di questa struttura, invece, troviamo la Volta celeste Imperiale, un edificio circolare dal tetto a cono, ricoperto di tegole blu e circondato a sua volta da una cinta muraria rotondeggiante. L’edificio era considerato la Casa degli Dei, e per questo qui venivano risposti gli altari e le tavole sacre dei Dio del Cielo.

Ultima, ma non meno importante, è struttura della Sala della preghiera per i buoni raccolti. Qui l’imperatore si recava per le sue preghiere al cielo, per auspicare un buon raccolto estivo. Si aggiungo al complesso anche il cortile della musica sacra e le stalle degli animali da sacrificare.

L’area del parco del Tempio del Cielo ha una forma semi circolare da una parte, e quadrata dall’altra, questo per rispecchiare l’ideologia cinese secondo la quale il cielo è rotondo e la Terra quadrata.

Se gli esterni sono incredibilmente suggestivi, gli interni sono destinati a levare il fiato. Nella costruzione dell’Altare del Cielo, infatti, sono stati coinvolti numerosi artigiani locali che, con sapiente abilità, hanno dato vita a un capolavoro visivo che racconta la concezione del mondo secondo l’Antica Cina.

Visitare il Tempio del Cielo a Pechino è un’esperienza senza eguali che permette di toccare con mano una storia antichissima e affascinante che affondano nelle origini delle credenze arcaiche del Paese. Dal 1998, inoltre, questo luogo è stato inserito nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’UNESCO.

Tempio del Cielo

Fonte: iStock

Tempio del Cielo
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Il borgo abbandonato della Sardegna che rivive due giorni all’anno

Osini Vecchio è un antico borgo della Valle del Pardu, nella Sardegna centro-orientale, quella zona meglio conosciuta dai turisti come Ogliastra in provincia di Nuoro.

Abbandonato a causa di un’alluvione nel 1951, che mise in ginocchio il borgo e i suoi abitanti, rivive due giorni all’anno in occasione della festa in onore di Santa Susanna.

La festa consiste fondamentalmente in una processione durante la quale la statua lignea di Santa Susanna Martire viene portata da Osini Nuovo a Osini Vecchio nella chiesa del ‘600 a lei dedicata, l’unico edificio rimasto in piedi insieme a poche case e alla fontanella nella piazza. L’evento si celebra il 10-11 agosto e si conclude sempre con una bella grigliata, tipici coccois prenas sardi, musica e divertimenti.

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Fonte: @Mattia Loi

Gli edifici rimasti a Osini Vecchio in Sardegna

Il progetto di rinascita di Osini Vecchio

Negli ultimi anni, però, è partito un progetto per far rinascere, anche dal punto di vista turistico oltre che sentimentale, l’antico paese e che ci siamo fatti raccontare da Mattia Loi che ha vissuto il borgo in prima persona grazie alla nonna che gli ha trasmesso la passione per questo luogo e che è anche  il promotore di questa bellisisma iniziativa.

“Oggi, il nuovo paese di Osini sorge poco più su rispetto all’originale (si trova a circa 650 metri di quota, ndr) e gli abitanti non hanno perso l’abitudine di trascorrere il loro tempo libero a Osini Vecchio, curandolo, per quanto possibile”, racconta Mattia.

“Orti, animali da pascolo, affreschi, utensili da giardino e da cucina sono gli elementi che fanno da cornice ancora oggi al borgo abbandonato. Gli elementi che arricchiscono maggiormente il borgo sono i vari vissuti, ma soprattutto le emozioni della gente che lo ha abitato in prima persona. Questi ricordi vivi in loro vengono tramandati ai più giovani perché l’identità di Osini Vecchio è ancora oggi molto forte.

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Fonte: @Mattia Loi

La chiesa di Santa Susanna a Osini Vecchio, nell’Ogliastra

È da tre anni che è nato il progetto digitale che ha lo scopo di valorizzare un patrimonio quasi dimenticato e che permette di rivivere le emozioni del passato passeggiando tra ciò che resta dell’antico abitato.

Storia e storie di Osini Vecchio

“Seppur l’avvenimento più importante sia triste e negativo (l’alluvione), per molti abitanti del posto, i ricordi positivi superano la tristezza”, spiega Mattia. “Ne è testimone Javier, un ragazzo argentino di 34 anni che, essendo cresciuto con i racconti del vecchio borgo della nonna Hortensia, ha deciso di scrivere un messaggio alla pagina Facebook alla ricerca speranzosa di qualche parente ancora in vita.

Infatti, dopo varie ricerche attraverso la pagina e grazie all’intera comunità, Javier ha avuto modo di conoscere i suoi parenti osinesi arrivando direttamente dall’Argentina per conoscerli in prima persona.

Durante il soggiorno, la nonna Hortensia ha potuto rivivere il proprio paesello grazie ai contenuti del sito, delle pagine social e grazie al video realizzato dal nipote Javier, ma ahimè, arrivando, purtroppo a spegnersi qualche mese dopo alla veneranda età di 96 anni”.

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Fonte: @Mattia Loi

L’interno di una casa a Osini Vecchio

Il progetto digitale

“Ancora oggi il vecchio borgo è protagonista di tante storie e testimonianze, ma anche di tante visite di turisti regionali e nazionali”, ci spiega Mattia “che hanno la possibilità di visitarlo grazie ai QR code installati tra le vie e le indicazioni nel sito.

Il progetto digitale è ancora agli albori, ma presenta ampi margini di miglioramento, perché i ricordi vanno prima creati e poi preservati”.

Una zona turistica

Quella intorno a Osini Vecchio è una zona di grandissimo interesse turistico. Nel territorio sono infatti presenti nuraghi e tombe dei giganti. Tra questi, il Nuraghe Serbissi, datato tra il XVII e il X secolo a.C., che è tra i più importanti dell’Ogliastra, considerato una delle costruzioni meglio conservate e più caratterizzanti della civiltà nuragica sarda.

Questa struttura, ancora in ottimo stato, è composta da nuraghe a quattro torri, villaggio, grotta, due tombe di giganti e, vicino, altri due nuraghi monotorre.

Nuraghe_serbissi

Fonte: @Wikimedia Commons – MrAndre

Il Nuraghe Serbissi tra i meglio conservati della Sardegna

Ma in cima al “Taccu” di Osini, l’altopiano a quasi mille metri d’altezza che sovrasta il paese e che domina l’Ogliastra sono molti altri i nuraghi che si possono visitare, come quelli di Urceni, Samuccu, Orruttu, Truculu e Sanu.

E poi c’è un altro monumento molto famoso, questa volta naturale, che merita una visita. Si tratta della Scala di San Giorgio e consiste in una spaccatura della roccia che, secondo la leggenda, si è formata grazie a un miracolo di San Giorgio, da cui il nome del luogo.

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In Italia esiste una spiaggia che sembra fatta di riso

Non stupisce sapere che è una delle più amate d’Italia: questa spiaggia che sembra fatta di riso è talmente bella da attirare migliaia di turisti, anno dopo anno. Dove si trova? In Sardegna, precisamente in provincia di Oristano.

Il suo nome è Is Arutas e il colpo d’occhio (anche solo guardandola in foto) lascia davvero a bocca aperta: una distesa candida, intervallata da rocce e da piccole macchie di erbe costiere, che discende dolcemente verso acque chiare e cristalline. Non vedete l’ora di saperne di più, vero?

Una spiaggia fatta di riso?

Ma la spiaggia di Is Arutas è davvero fatta di riso? Chiaramente no. Ma non è neanche fatta di sabbia bianca, come pensano, erroneamente, tantissime persone. A caratterizzare questa spiaggia sono centinaia di metri di granelli di quarzo, che vanno da dimensioni microscopiche a dimensioni pari, appunto, a quelle dei chicchi di riso. A ben guardarli, per altro, non sono neanche tutti bianchi: i “chicchi” hanno delle bellissime sfumature cangianti.

Is Arutas, la "spiaggia di Riso" in Sardegna

Se di fronte alla spiaggia lucente si trova il mare, alle sue spalle si trovano alte dune e uno stagno. Si può accedere a questo luogo speciale grazie ad appositi sentieri e passerelle che permettono di godere anche del paesaggio tipico della penisola del Sinis, a metà tra il selvaggio e l’onirico.

Le bellezze di Is Arutas

Ma cosa significa Is Arutas? Pare che in sardo il nome voglia dire le grotte e sarebbe dovuto al fatto che proprio in questo spazio di terra si trovavano alcune grotte erose con il tempo. Per raggiungerla bisogna, d’altro canto, passare per un luogo sacro della preistoria, San Salvatore di Sinis, e la spiaggia si estende fra due speroni rocciosi. Osservando la spiaggia si ha la sensazione che non esista un distacco netto tra cielo, terra e acqua: la sensazione è talmente intensa da risultare immediatamente rilassante e sopraffacente.

La spiaggia di Is Arutas in Sardegna: sembra riso

Un’altra peculiarità (e bellezza) di Is Arutas riguarda le acque: questa splendida spiaggia della Sardegna si contraddistingue per un fondale che diventa profondo a pochi metri dalla riva, pur restando chiaro e limpidissimo. Inoltre, per i venti che tirano sul luogo, è il posto perfetto per gli appassionati di wind e kite surf.

Chicchi di riso da salvare

C’è una cosa che, però, bisogna sapere su questo incantevole luogo: per quanto incantevoli siano, i granelli di quarzo vanno lasciati esattamente dove sono. Nel corso degli anni, infatti, la spiaggia di Is Arutas è stata letteralmente saccheggiata, cosa che la mette in pericolo e ne impedisce la corretta preservazione e conservazione. Tantissime persone sono attratte dalle tonalità del quarzo: bianco, rosa, verde e persino azzurro o turchese.

La bianchissima spiaggia di Is Arutas in Sardegna

Nonostante la loro straordinaria bellezza, però, portare con sé anche solo un “chicco di riso” significa mancare di rispetto alla natura e alla bellezza del luogo, condannandolo a diventare sempre più cupo. Meglio, dunque, godersi questo spettacolo quando si è in loco, ripromettendosi al più di tornare presto per raccogliere i chicchi a piene mani e vederli brillare al sole, piuttosto che portarli via e vederli diventare sempre più opachi, sottraendo qualcosa di prezioso a un luogo davvero magico.

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Ode al mare della Sardegna: il più bello d’Europa

Esistono luoghi che non smettono mai di incantarci, lo fanno per tutte quelle meraviglie che naturalmente gli appartengono. Le stesse che ci conquistano, che ci ammaliano e che ci spingono ogni volta a ritornare lì. Perché di osservare la grande bellezza che appartiene al mondo che abitiamo non smetteremmo mai.

E non può essere un caso che, ogni anno, migliaia di persone provenienti da tutto il mondo scelgono di tornare proprio lì. In quella straordinaria isola fatta di storia, cultura e meraviglie naturalistiche, di un entroterra selvaggio e incontaminato, di un mare turchese e cristallino e di baie segrete da esplorare.

Ed è qui che vi portiamo anche noi, oggi. In questo paesaggio frastagliato e sorprendente, in questa terra meravigliosa dove ogni giorno persone vanno, vengono e ritornano. Perché è qui, in Sardegna, che esiste il mare più bello d’Europa.

Il mare della Sardegna

C’è un motivo che spinge i viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo ad andare e tornare in Sardegna, ogni volta. E non sono solo tutte quelle meraviglie naturalistiche e quel patrimonio storico e culturale che appartengono a quest’isola nostrana, ma è anche e soprattutto il mare.

Sì, il mare di Sardegna è uno dei più belli d’Italia, uno dei più belli del mondo, da vedere e vivere almeno una volta nella vita. E potranno confermarvelo tutte quelle le persone che qui scelgono di tornare per una vacanza vista mare in quelli che sembrano dei veri e proprio paradisi terrestri che nulla hanno da invidiare alle isole tropicali.

Fare un tuffo in questo mare vuol dire immergersi e perdersi dentro a un tripudio di sfumature blu, che degradano e si intensificano, fino a sparire e a fondersi con l’azzurro del cielo. Un mare che bagna delicatamente e poi prepotentemente le lingue di sabbia bianca o dorata, le baie nascoste e quelle massicce scogliere che svettano verso il cielo e affondano nei preziosi fondali.

Ecco, questo è il mare della Sardegna: ed è una poesia visiva che incanta gli occhi e scalda il cuore.

Perché questo è il mare più bello d’Europa

Fotografie, racconti di viaggio e avventure vissute in prima persona dovrebbero essere sufficienti a raccontare e a descrivere tutta la meraviglia che appartiene per natura a questa terra circondata dal mare.

Ma se avete ancora dubbi sul fatto che qui si trovino le distese marine più suggestive e straordinarie del mondo, allora, vi diamo noi qualche motivo in più per ricredervi.

Il mare che bagna la Sardegna è una tavolozza di colori che vanno dall’azzurro al verde smeraldo. Le sue acque sono così trasparenti e cristalline che da qui è possibile ammirare il mondo sottomarino che viene custodito e preservato alla stregua di un tesoro prezioso. Lo stesso mondo sommerso che appartiene alle aree marine protette che si snodano intorno a tutta l’isola.

“Questa terra non assomiglia a nessun altro luogo”, aveva scritto David Herbert Lawrence, e aveva ragione. I contrasti visivi dati dai colori creano visioni suggestive e uniche. Da una parte c’è il mare, verde, azzurro e turchese, dall’altra le lunghe distese di sabbia bianca e dorata che brillano al sole e creano scenografie fiabesche.

E poi ci sono i fondali che ospitano le meraviglie del mondo sommerso. Un vero e proprio universo che rivela i suoi tesori preziosi solo a chi ha il coraggio di esplorare. Qui vive una quantità infinita di flora e fauna marina che raccontano la preziosa biodiversità che appartiene all’isola.

C’è la Posidonia oceanica, che crea i meravigliosi habitat che appartengono al mediterraneo, e ci sono i pesci, tra cui i dentici, le corvine e le spigole, e pure i delfini. E poi ci sono loro, gli straordinari coralli rossi, il tesoro del Mediterraneo. Uno dei tesori del mare della Sardegna che è uno dei più belli del mondo.