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La chiesa di Kiruna, in Svezia, parte per un viaggio storico attraverso la città

Nel cuore del nord estremo della Svezia, dove il cielo artico incontra le miniere di ferro più grandi del mondo, un’intera città si sta reinventando. A Kiruna, 145 chilometri oltre il Circolo Polare Artico, la storia scende a compromessi con le esigenze del presente: qui, una chiesa di legno rosso, considerata una delle più belle del Paese, sta affrontando un viaggio senza precedenti.

Sollevata da giganteschi rimorchi e trasportata lentamente per 5 chilometri, tra il 19 e il 20 agosto 2025, l’edificio simbolo della comunità verrà ricollocato per sfuggire ai cedimenti del terreno causati da oltre un secolo di estrazioni minerarie. Non è solo un trasloco architettonico, ma uno dei momenti più importanti di una migrazione urbana che cambierà il volto di Kiruna. Così memorabile da vedere la partecipazione non solo degli abitanti e della tv, ma anche del re, Carlo XVI Gustavo di Svezia.

Il viaggio della chiesa in Svezia è iniziato all’alba

Il trasferimento della storica chiesa di Kiruna, in Svezia, è cominciato il 19 agosto 2025 all’alba con grande solennità: prima che si mettessero in moto, la vicaria Lena Tjärnberg e il vescovo Åsa Nyström della diocesi di Luleå hanno guidato una breve cerimonia di benedizione. Subito dopo, con un rombo sommesso, i rimorchi motorizzati hanno iniziato a muoversi e la massiccia struttura di legno rosso, sollevata da travi d’acciaio e sostenuta da semoventi modulari, ha cominciato il suo lento cammino.

Attorno, una folla immensa, tenuta a distanza di sicurezza da apposite barriere, si era radunata lungo le strade per assistere all’evento che ha toccato emotivamente la collettività. Non si tratta infatti di un semplice trasloco: invece di smontare l’edificio, gli ingegneri hanno scelto di spostarlo interamente, proteggendo i suoi tesori interni come la pala d’altare realizzata dal principe Eugen e l’organo con le sue mille canne, coperti e stabilizzati per resistere al viaggio.

Come hanno ricordato gli abitanti: “Questa chiesa è stata per generazioni un centro spirituale e un luogo di ritrovo per la comunità. Il suo spostamento riporta alla memoria gioie e dolori ed è come se portassimo con noi quei ricordi verso il futuro”.

Folla raccolta attorno alla chiesa di Kiruna

Ezio Cairoli

La folla raccolta attorno alla chiesa di Kiruna attende per il suo spostamento

Il futuro di Kiruna

Progettata dall’architetto svedese Gustaf Wickman, la chiesa fu votata nel 2001 come il più bel monumento mai costruito prima del 1950, e non è l’unico a essere stato spostato. Se a partire dal 2010, altri edifici di Kiruna furono demoliti e ricostruiti in aree più sicure, altri furono spostati intatti. Tra questi vi sono gli edifici di Hjalmar Lundbohmsgården, come la cosiddetta “fila gialla” di tre vecchie case di legno e l’ex abitazione del direttore minerario Hjalmar Lundbohm, che fu divisa in tre parti. Anche la torre dell’orologio sul tetto del vecchio municipio è stata spostata e posizionata accanto al nuovo municipio.

Questo perché, in base alla legge svedese, l’attività mineraria non può aver luogo al di sotto degli edifici. Robert Ylitalo, amministratore delegato della società di sviluppo di Kiruna, ha spiegato: “Non c’è il rischio che le persone cadano dentro le crepe. Ma le fessure finirebbero per danneggiare le forniture di acqua, elettricità e fognature. Le persone devono trasferirsi prima che l’infrastruttura ceda.”

Se tutto va secondo i piani, la chiesa raggiungerà la sua nuova sede in centro entro mercoledì sera.

Trasferimento della chiesa di Kiruna

Ezio Cairoli

Il trasferimento della chiesa di Kiruna con semoventi circolari
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Basilica di San Clemente, viaggio nei segreti sotterranei di Roma

Nel cuore della capitale a due passi dal Colosseo, nascosta in una piazza tranquilla, si staglia la Basilica di San Clemente. Ma chiamarla semplicemente “basilica” è riduttivo: si tratta, infatti, di un vero e proprio “viaggio verticale” nella memoria di Roma, una discesa emozionante al cospetto di secoli di storia, spiritualità e arte. Non è un caso che sia amata dai pellegrini, dagli studiosi e dai viaggiatori di tutto il mondo: qui, più che altrove, la città si svela come un “palinsesto vivente”, in cui ogni epoca ha lasciato un’impronta tangibile, custodita sotto i nostri piedi.

Entrando nella chiesa superiore, risalente al XII secolo, si viene accolti da un’atmosfera solenne e luminosa: i mosaici dell’abside risplendono con l’oro del Paradiso, mentre il coro marmoreo del VI secolo, il pavimento cosmatesco e gli affreschi del primo Rinascimento ricordano che l’arte sacra è parte integrante della struttura. Ma è scendendo che inizia la meraviglia: sotto la basilica attuale si apre una chiesa paleocristiana del IV secolo, il cui fascino è custodito negli affreschi medievali, considerati tra i più straordinari dell’intero patrimonio artistico europeo.

E ancora più giù, un ultimo livello riporta indietro fino al I secolo d.C., quando su questi terreni sorgevano una domus romana, un mitreo e un grande edificio pubblico, attraversato dalle acque sotterranee dell’antica Roma, un intreccio perfetto di religione, civiltà e mito, dove ogni pietra racconta il passaggio dall’Impero alla cristianità.

Le origini tra mistero e fede

La Basilica di San Clemente vanta una storia che affonda le radici nel II secolo d.C. In quel periodo, la zona era occupata da una casa patrizia appartenente a Tito Flavio Clemente, uno dei primi senatori romani convertiti al Cristianesimo: quando ancora questa fede era perseguitata, le stanze della sua domus diventarono luogo di riunione segreta per la comunità cristiana. Un inizio intimo e rischioso, che già preannunciava la destinazione spirituale del luogo.

Ma la Roma imperiale era un crogiolo di culti e simboli, e lo stesso spazio fu in seguito trasformato in un mitreo: un tempio dedicato a Mitra, divinità solare di origine persiana, il cui culto misterico prevedeva riti d’iniziazione celebrati in ambienti sotterranei. È sorprendente, oggi, camminare tra i corridoi antichi e immaginare le fiaccole, i canti rituali, la tensione sacra di quel mondo sotterraneo.

Con l’arrivo della libertà di culto, sancita dall’Editto di Costantino nel 313 d.C., le radici cristiane poterono emergere alla luce. Fu così che, sopra quella casa e quel mitreo, sorse una basilica: un luogo di culto ufficiale, consacrato da Papa Siricio, che mantenne viva la memoria dei primi credenti romani.

Il tempo, però, non risparmiò tale costruzione: nel 1084 i Normanni di Roberto il Guiscardo saccheggiarono Roma, e la basilica venne gravemente danneggiata. I suoi resti vennero sepolti sotto cinque metri di detriti.

Ma la sua storia non finì lì. Papa Pasquale II, pochi anni dopo, decise di costruire una nuova chiesa proprio sopra quella antica. Era il 1108: nasceva così la Basilica superiore di San Clemente, quella che tuttora accoglie visitatori e fedeli, sospesa sopra secoli di storia.

Le tappe da ammirare

Particolare decorativo della Basilica di San Clemente a Roma

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Suggestivo particolare della della Basilica di San Clemente

La Basilica di San Clemente è un labirinto verticale in cui le epoche si sovrappongono come pagine di un libro scritto nella pietra. Ogni gradino verso il basso è un passo indietro nella storia, ogni ambiente un frammento vivo della Roma che fu: l’incredibile intreccio di strati sovrapposti consente di vivere un’esperienza senza eguali, capace di raccontare secoli di fede, arte e trasformazione urbana.

La Basilica superiore del XII secolo

Il viaggio comincia dalla basilica visibile oggi in superficie, consacrata nel 1108, dove lo sguardo viene subito rapito dalla splendida pavimentazione cosmatesca, un tappeto di marmi colorati disposti secondo una geometria che danza sotto la luce.

Il presbiterio è un trionfo di sculture e simboli: la Schola Cantorum con gli amboni medievali, il candelabro per il cero pasquale e gli elementi scolpiti provenienti dalla chiesa più antica. Ma l’apice della bellezza si raggiunge osservando il grande mosaico dell’abside: una croce dorata si staglia contro un cielo di lapislazzuli, circondata da figure celestiali e tralci di vite.

Nella cappella di Santa Caterina, invece, Masolino da Panicale firma un ciclo di affreschi che rappresenta una delle prime scintille del Rinascimento italiano.

La Basilica inferiore del IV secolo

Scendendo nel cuore della terra, il silenzio si fa più denso e la luce si attenua. Si entra nella basilica paleocristiana edificata nel IV secolo: un luogo dal fascino antico, dove la pietra rievoca la presenza delle prime comunità cristiane.

Sulle pareti si dispiegano affreschi di epoche diverse, dall’VIII all’XI secolo. Uno dei più famosi è la Leggenda di Sisinnio, in cui un’iscrizione scritta in un italiano primitivo racconta una scena vivace e popolare. Poco distante, la tomba di San Cirillo, apostolo degli slavi e inventore dell’alfabeto cirillico, rende questa tappa un punto di riferimento spirituale non solo per l’Europa occidentale, ma anche per il mondo slavo e ortodosso.

Il mitreo e la domus romana del I secolo

Ancora un livello più in basso, e la Roma imperiale torna a vivere. In un ambiente umido e segreto, affiora un mitreo: un tempio misterico dedicato a Mitra, divinità orientale adorata da molti soldati e funzionari dell’Impero.

L’altare scolpito con la scena del dio che uccide il toro è ancora intatto, potente e simbolico. Il tempio fu ricavato all’interno di un’antica domus, la cui struttura è ancora leggibile: sale affrescate, una cripta porticata, ambienti funzionali alle cerimonie.

A pochi passi, un altro edificio di epoca romana lascia intravedere tracce della Moneta, la zecca imperiale, che probabilmente aveva sede proprio in quest’area.

Informazioni utili

Visitare la Basilica di San Clemente è un’esperienza intensa ma contenuta nel tempo: l’intero percorso si può compiere in circa mezz’ora, anche se ogni scorcio invita a soffermarsi, a respirare, a meravigliarsi.

La prenotazione online è obbligatoria, sia per accedere agli scavi che per scegliere la fascia oraria più comoda. Si consiglia di presentarsi almeno dieci minuti prima dell’orario indicato sul biglietto: l’accesso è regolato per garantire a tutti una partecipazione sicura, piacevole e rispettosa del luogo.

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Cammino Francese: dalla Francia a Santiago, attraverso i Pirenei

Celebrato già nel Codex Calixtinus del 1135, il Cammino Francese è molto più di un semplice cammino: è un corridoio di storia, fede, incontri autentici e scenari capaci di rigenerare l’anima. Nel 1993 l’UNESCO lo ha inserito tra i Patrimoni dell’Umanità per il suo valore culturale, e non per caso: su questi sentieri il pellegrino attraversa panorami che spaziano dai boschi pirenaici alle pianure infinite delle mesetas, dai borghi antichi con le cattedrali arabeggianti fino alla nebbia atlantica della Galizia, per poi raggiungere Santiago.

Oltre alla bellezza paesaggistica e architettonica, il Cammino Francese trova la sua cifra nella semplicità rituale del passo quotidiano, che diventa un modo per meditare e riconnettersi con la propria interiorità. Non serve essere atleti: ci vogliono curiosità, voglia di meravigliarsi, cuore… e un paio di scarpe comode.

Dove si trova ed etimologia del cammino 

Il Cammino Francese – o Camino Francés – la via più tradizionale e storica di pellegrinaggio verso Santiago de Compostela, prende questo nome perché il percorso parte dalla cittadina di Saint-Jean-Pied-de-Port, in Francia.

Questo itinerario veniva attraversato dai pellegrini provenienti da tutta Europa che entravano in Spagna attraverso i Pirenei, dunque “francese” si riferisce alla sua origine geografica e al fatto che fosse la via principale percorsa dai pellegrini francesi.

Partire da Saint-Jean-Pied-De-Port significa organizzare volo e trasferimento via treno o autobus da Pamplona o Bayonne. Dall’Italia spesso si prenota un volo per Bilbao o Madrid, per poi utilizzare treni verso le regioni basche, oppure si può proseguire con tratte low-cost fino a Bordeaux e poi su autobus locali verso i Pirenei. In alternativa, si può partire da Roncesvalles prenotando un taxi da Pamplona. Possibili anche le partenze da Burgos, León, Astorga o Sarria: ottimi punti di partenza per chi dispone di meno tempo o preferisce percorrere meno tappe, iniziando a metà percorso.

Lunghezza e difficoltà: le 32 tappe  

Il Cammino Francese è lungo circa 780-790 km, a seconda delle varianti e delle deviazioni scelte. La durata media consigliata per percorrerlo è di circa 30-35 giorni, camminando in media 20-25 km al giorno. Le tappe possono essere adattate in base alla preparazione fisica e al ritmo personale, ma in generale un mese è un tempo giusto per godersi il percorso senza troppo affanno.

  • Tappa 1 – Da Saint-Jean-Pied-de-Port a Roncisvalle (25 km, circa 7-8 ore): attraversamento dei Pirenei con salite impegnative e paesaggi spettacolari.
  • Tappa 2 – Da Roncisvalle a Zubiri (24 km, circa 5-6 ore): discesa verso la Navarra tra boschi e fiumi.
  • Tappa 3 – Da Zubiri a Pamplona (20 km, circa 4-5 ore): arrivo nella città storica, passando per piccoli villaggi.
  • Tappa 4 – Da Pamplona a Puente la Reina (24 km, circa 5-6 ore): attraversamento di campi e piccoli borghi, arrivo sul famoso ponte medievale.
  • Tappa 5 – Da Puente la Reina a Estella (22 km, circa 5-6 ore): percorso vario tra paesaggi rurali e centri storici.
  • Tappa 6 – Da Estella a Los Arcos (22 km, circa 5-6 ore): cammino semi-pianeggiante tra basse colline e vigneti.
  • Tappa 7 – Da Los Arcos a Logroño (28 km, circa 6-7 ore): attraversamento della Rioja, famosa per i suoi vini.
  • Tappa 8 – Da Logroño a Nájera (30 km, circa 7-8 ore): paesaggi aperti e antichi monasteri.
  • Tappa 9 – Da Nájera a Santo Domingo de la Calzada (22 km, circa 5-6 ore): splendido l’arrivo in un piccolo borgo medievale ricco di storia.
  • Tappa 10 – Da Santo Domingo de la Calzada a Belorado (23 km, circa 5-6 ore): tra sentieri rurali e boschi.
  • Tappa 11 – Da Belorado a San Juan de Ortega (24 km, circa 5-6 ore): cammino facile e “riposante” tra valli e colline.
  • Tappa 12 – Da San Juan de Ortega a Burgos (26 km, circa 6-7 ore): vi stupirete all’arrivo nella storica città di Burgos con la sua bella cattedrale.
  • Tappa 13 – Da Burgos a Hontanas (31 km, circa 7-8 ore): tappa lunga attraverso campagne e sentieri isolati, attenzione durante la bella stagione perché in molti tratti si è a picco sotto il sole.
  • Tappa 14 – Da Hontanas a Castrojeriz (20 km, circa 4-5 ore): tra villaggi medievali e paesaggi ampi.
  • Tappa 15 – Da Castrojeriz a Frómista (24 km, circa 5-6 ore): ovunque si volge lo sguardo, campi di grano a perdita d’occhio e tracce di storia templare.
  • Tappa 16 – Da Frómista a Carrión de los Condes (20 km, circa 4-5 ore): percorso pianeggiante tra villaggi.
  • Tappa 17 – Da Carrión de los Condes a Terradillos de los Templarios (26 km, circa 6-7 ore): zona isolata, tra campi agricoli e piccoli borghi senza grandi servizi.
  • Tappa 18 – Da Terradillos de los Templarios a León (40 km, circa 9-10 ore): tappa lunga verso la città storica di León (spesso divisa in due).
  • Tappa 19 – Da León a Hospital de Órbigo (32 km, circa 7-8 ore): paesaggi collinari e villaggi medievali.
  • Tappa 20 – Da Hospital de Órbigo a Astorga (18 km, circa 4-5 ore): città ricca di arte e storia.
  • Tappa 21 – Da Astorga a Rabanal del Camino (21 km, circa 5-6 ore): bellissimo paesaggio rurale che arriva in questo borgo dove pare che il tempo si sia fermato.
  • Tappa 22 – Da Rabanal del Camino a Ponferrada (32 km, circa 7-8 ore): discesa tra boschi e la città dei templari.
  • Tappa 23 – Da Ponferrada a Villafranca del Bierzo (23 km, circa 5-6 ore): dalla città storica di Ponferrada si parte per passare il confine tra la regione del Léon e la Galizia.
  • Tappa 24 – Da Villafranca del Bierzo a O Cebreiro (29 km, circa 7-8 ore): tappa impegnativa, sia per la lunghezza sia per il tratto finale, con diversi chilometri in netta salita.
  • Tappa 25 – Da O Cebreiro a Triacastela (21 km, circa 5-6 ore): discesa tra boschi e piccoli villaggi.
  • Tappa 26 – Da Triacastela a Sarria (19 km, circa 4-5 ore): tappa semplice, tra splendidi paesaggi rurali e borghi galiziani.
  • Tappa 27 – Da Sarria a Portomarín (22 km, circa 5-6 ore): attraversamento di ponti medievali e colline galiziane. Sarria è celebre tra i pellegrini come punto di partenza perché da qui si contano i 100 km a Santiago, quelli minimi necessari per richiedere la Compostela.
  • Tappa 28 – Da Portomarín a Palas de Rei (25 km, circa 5-6 ore): paesaggi rurali tra boschi e campi.
  • Tappa 29 – Da Palas de Rei a Melide (15 km, circa 3-4 ore): tappa semplice, in cammino tra sentieri rurali e paesaggi verdi, fino al bellissimo centro storico di Melide.
  • Tappa 30 – Da Melide ad Arzúa (14 km, circa 3-4 ore): altra sezione breve e piacevole, tra piccoli borghi galiziani dove assaggiare il celebre “pulpo a la gallega”.
  • Tappa 31 – Da Arzúa a O Pedrouzo (20 km, circa 4-5 ore): percorso panoramico tra boschi e piccoli villaggi… ci avviciniamo alla meta finale!
  • Tappa 32 – Da O Pedrouzo a Santiago de Compostela (20 km, circa 4-5 ore): dopo una marcia semplice su tranquille strade forestali e boschi di eucalipto, si arriva alla famosa Praza do Obradoiro, in centro a Santiago.

Come prepararsi al cammino 

Camminare circa 800 km in 31 giorni significa coprire una media di 25 km al giorno, con punte oltre i 30 km nelle tappe pirenaiche e galiziane. Una buona preparazione prevede almeno due mesi di uscite progressive fino a 25‑30 km, risalendo salite simili a quelle che si incontreranno lungo il cammino. Importante: allenare anche i polpacci, perché le discese ripide e le mesetas richiedono muscoli preparati e caviglie stabili.

La gestione dello zaino è cruciale: punta a un peso inferiore al 10% del tuo peso corporeo, altrimenti schiena, spalle e piedi ne risentiranno. L’allenamento deve essere anche mentale, però. Affrontare con consapevolezza quei 25‑30 km quotidiani porta anche benefici mentali: il cammino diventa meditazione a passo lento, con il tempo di riflettere sui pensieri più genuini. Non è un percorso estremo, ma tratte lunghe e variazioni climatiche richiedono una mente lucida e un certo spirito di adattamento.

Info logistiche: segnaletica, alloggi e credenziale 

Uno dei punti di forza del Cammino Francese è la segnaletica impeccabile: le celebri frecce gialle e le conchiglie su pali e muretti facilitano l’orientamento anche quando il camminatore è stanco o la nebbia cala.

Quanto all’alloggio, il cammino offre una rete estesa di albergues pubblici, privati e donativi, in media ogni 5 km. È sufficiente consultare i siti per verificare le aperture stagionali e le norme di ingresso. Se preferisci la tranquillità, prenota alcune tappe chiave in anticipo (come Saint‑Jean, Burgos, León, O Cebreiro e Santiago).

La credenziale è un vero passaporto del pellegrino: è necessaria per accedere agli albergues e richiedere la Compostela alla fine. Puoi ottenerla prima della partenza, in una parrocchia italiana affiliata alla Confraternita di Santiago, oppure direttamente allo start, a Saint‑Jean‑Pied‑de‑Port o Roncesvalles. Attenzione: la Compostela viene rilasciata solo con almeno 100 km percorsi a piedi in Spagna, con timbri datati e leggibili.

Quando partire 

Il clima varia notevolmente lungo il percorso: nei Pirenei l’inverno può portare neve, tra giugno e settembre le mesetas diventano roventi, mentre in Galizia il tempo si fa spesso capriccioso e piovoso in primavera… La stagione migliore? Tra maggio e inizio giugno oppure tra settembre e ottobre, per evitare sia il caldo torrido sia l’affollamento estivo. Il periodo è perfettamente centrato per godere della campagna che fiorisce, senza rinunciare a giornate miti e all’ospitalità attiva lungo il percorso. Durante l’inverno, invece, diversi albergues sono chiusi: meglio programmare con attenzione.

Difficoltà ed equipaggiamento  

La difficoltà maggiore è rappresentata dalla salita impegnativa nella prima tappa attraverso i Pirenei, ma il cammino presenta anche tratti con saliscendi e terreni misti che possono diventare fangosi in caso di pioggia, specialmente nella regione della Galizia. È quindi importante essere preparati con un equipaggiamento adeguato, come scarpe da trekking comode e già rodate, un impermeabile leggero e bastoncini per sostenere le ginocchia nelle salite e discese (quelli pieghevoli sono molto pratici).

Riempi lo zaino con vestiti leggeri, un sacco a pelo compatto, kit di pronto soccorso, borraccia o camelbag e un poncho impermeabile. Uno spuntino energetico per le pause è fondamentale, quindi fai scorta di barrette e frutta secca: una corretta scorta d’acqua e snack energetici sono d’obbligo per affrontare le tappe più isolate che non consentono soste in ristori e punti acqua.

Perché percorrerlo  

Il Cammino Francese è una vera opera d’arte, fatta di pietre romane, cattedrali mudéjar, mesetas sterminate e foreste galiziane: si attraversano storie antiche e moderne, si assapora la cucina di queste splendide regioni spagnole, si incontrano volti diversi e compagni di strada del tutto inaspettati.

Non è solo un percorso fisico, ma una narrazione personale scritta a passi lenti e riflessioni quotidiane. Anzi, un ottimo consiglio è quello di portare con sé un taccuino e annotare ogni giorno pensieri e riflessioni emersi durante la marcia.

Naturalmente servono tempo, preparazione e un cuore pronto a mettersi in gioco. Ma se hai la voglia di camminare, il Cammino Francese può diventare una pagina memorabile della tua vita.

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Lourdes, cosa vedere oltre ai luoghi religiosi

Senza dubbio la sua grande notorietà è dovuta in maniera particolare al fatto che si tratta di una delle mete religiose più celebri al mondo, ma Lourdes non è solo il santuario e il turismo religioso: nella cittadina si possono scoprire reperti storici, fare un viaggio nei sapori, oppure basta uscire un po’ dai suoi confini per immergersi in una natura indimenticabile. Infatti, ci sono moltissime altre cose da scoprire per poter assaporare la cultura del luogo, la sua storia e per apprezzare la sua bellezza naturalistica.

Siamo in Francia, nel dipartimento degli Alti Pirenei, regione dell’Occitania, e Lourdes si trova proprio ai piedi delle montagne, a un’altitudine che si attesta tra i 400 e i 420 metri sopra il livello del mare, lungo le rive del Gave de Pau. Un luogo abitato sin dai tempi più antichi, infatti a quanto pare il suo passato può addirittura essere fatto rialire già ai tempi della Preistoria.

La sua esistenza, però, diviene particolarmente celebre in tempi tutto sommato recenti. È nel 1858, a partire dall’11 febbraio, che una contadina molto giovane di nome Bernadette Soubirous afferma di vedere una donna vestita di bianco in una grotta, che si presenta a lei come Immacolata Concezione. Il luogo diviene piano piano un punto importante per tutti i fedeli della religione cattolica, uno dei più raggiunti dai pellegrini di tutto il mondo che, ancora oggi, arrivano in questa cittadina per scoprire il Santuario di Nostra Signora di Lourdes, dove si trovano le tre basiliche e la grotta di Massabielle, ma anche fontane, piscine e una via crucis.

Ma la cittadina non è solo uno dei più importanti centri del mondo per la cristianità, ma è anche uno scrigno di tesori, perché il fascino del luogo è dato anche da tante altre meraviglie: cosa vedere a Lourdes oltre ai luoghi religiosi.

La fortezza della città: benvenuti a Château Fort Musée Pyrénéen

Un luogo in cui fare il pieno di storia, di fascino e tappa ideale per scoprire le tradizioni della zona. La fortezza di Lourdes si trova su uno sperone roccioso e domina la città con la sua imponenza e con il suo aspetto tipicamente medievale. Un luogo magnifico per molte ragioni, come il fatto che raggiungerlo permette di godere di una vista eccezionale: lo sguardo, infatti, da qui spazia verso le montagne regalando il perfetto scenario da cartolina, andando a incontrare anche la città e il suo celebre Santuario. Edificato per ragioni difensive, nel corso dei secoli è stato utilizzato con tanti scopi diversi: come residenza, ma anche come fortezza e prigione. Qui si trovano un torrione, un ponte levatoio e delle feritoie che regalano la sensazione di passeggiare nel passato, quello che ci porta indietro nel tempo fino a quasi mille anni fa. Questa fortezza antica è stata inserita nel patrimonio storico e museale della Francia.

Al suo interno si possono ammirare un giardino botanico e il Museo Pirenaico, realizzato circa un centinaio di anni fa e la cui collezione spazia regalando ai visitatori la possibilità di approfondire la storia e la cultura di questa zona, mostrando ceramiche e mobilio risalenti al XVIII secolo, ma anche costumi tradizionali e miniature. Il giardino botanico, invece, è roccioso ed è un viaggio tra sculture e modelli di architettura tradizionale della zona.

Il mercato coperto: alla scoperta di Les Halles

Non si può dire di conoscere davvero un luogo se non si ha provato la sua cucina: ecco perché è necessario visitare Les Halles, il mercato coperto della città. Si trova nel cuore di Lourdes ed è una rappresentazione molto intrigante dell’architettura del tardo XIX secolo, realizzato a Tolosa per il mercato cittadino, è stato poi comprato e trasferito qui. E se la struttura ha il fascino del passato, quello che si può sperimentare al suo interno è un viaggio nei sapori e nelle tradizioni gastronomiche del luogo: dai prodotti che regala la zona, fino ai piatti tipici, è senza dubbio il punto da cui partire per conoscere la cultura culinaria locale. È aperto tutti i giorni dalle 7 alle 13, ma attenzione: lo troverete chiuso la domenica nei mesi che vanno da novembre a marzo.

Lourdes cosa vedere

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Lourdes cosa vedere: la fortezza

In generale comunque girare per il centro città permette di scoprire le sue strade e i suoi palazzi, di assaporare quel clima mistico e religioso che ammanta Lourdes e di ammirare la sua struttura urbanistica. magari proprio dopo aver assaporato qualche prelibatezza tipica della zona.

Musee de cire: il museo delle cere di Lourdes

È a tema religioso, ma si tratta di una di quelle esperienze che vale la pena vivere: una visita alla scoperta del museo delle cere di Lordes deve assolutamente essere messa in programma se si visita questa bella cittadina francese. Al suo interno si possono ammirare 18 scene e più di 100 personaggi di cera a grandezza naturale che ripercorrono la vita di Gesù e quella della contadinella Bernadette. È aperto tutti i giorni della settimana, ed è la tappa ideale per chi apprezza questo tipo di arte, per coloro che vogliono conoscere di più l’aspetto mistico e per chi apprezza la storia.

Pic du Jer: gita nella natura

Lourdes è un luogo immerso in uno scenario suggestivo, ricco di bellezza e di attrazioni naturalistiche. E quindi, dopo aver visitato la città, non c’è niente di meglio di iniziare a esplorare i dintorni, procedendo con un viaggio alla scoprta dei punti più affascinanti che regala la natura. Uno di questi è, senza dubbio, il Pic du Jer che si raggiunge grazie a un breve viaggio (che ha la durata di una decina di minuti) in funicolare che porta sino alla stazione superiore. Giunti fino a qui ci sono diverse attività da programmare e provare per poter godere di un’immersione totale nel fascino della natura del luogo. Ad esempio, si può percorrere un sentiero che porta fino alla cima, da dove si può lasciare che lo sguardo si colmi della meraviglia del paesaggio, aspetto non da poco – poi – il fatto che si possano scoprire aspetti tipici della flora del luogo grazie ad appositi cartelli informativi che si incontrano lungo il percorso. Oltre a questo, si possono fare dei percorsi in mountain bike, una scelta adatta ai più sportivi e che amano le due ruote.

Per chi, invece, vuole approfondire la storia dei Pirenei vi è la possibilità di partecipare a visite guidate della durata di circa 40 minuti che portano alla scoperta delle grotte del Pic du Jer. Insomma: giunti in cima c’è davvero l’imbarazzo della scelta per tutti: da chi ama conoscere la natura, a chi non disdegna vacanze più attive. La funicolare è accessibile da aprile a novembre.

Pic du Jer a Lourdes

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La funicolare Pic du Jer a Lourdes

Il lago glaciale di Lourdes

Sempre per chi ama la natura e i paesaggi da cartolina vicino a Lourdes si trova un’altra tappa fenomenale: a soli tre chilometri dal centro della città, infatti, si incontra il lago glaciale di Lourdes. Il giro di questo specchio d’acqua si sviluppa lungo sei chilometri ed è la tappa ideale per un pic-nic oppure per fare passeggiate o giri in bicicletta, per chi – invece – vuole provare sport acquatici, non manca la possibilità di mettersi alla prova con canoa e stand-up paddle. E inoltre è la destinazione ideale se si ama la pesca.

Le escursioni nei dintorni di Lourdes

Ci sono diverse escursioni che si possono fare nei dintorni di questa bella cittadina in Francia. Una di questa è quella lungo la Via Verde dei Gaves lungo quello che un tempo era il tracciato della vecchia linea ferroviaria: si può percorrere in bici o con i pattini, ma anche a piedi diventando il percorso perfetto per le famiglie: si snoda per 17 chilometri e permette di conoscere la valle di Gave de Pau. Ma è anche il punto di partenza per chi sulla sella vuole affrontare le salite dei Pirenei. Oltre a questo suggestivo percorso si può fare il giro del lago glaciale (con tappa anche alla torbiera, zona umida “Natura 2000”), oppure il sentiero di Béout, lungo 10 chilometri e con un indice di difficoltà facile, perette di godere di un panorama indimenticabile. Queste sono solo alcune delle diverse escursioni che si possono facilmente programmare nella zona di questo importante centro religioso in Europa.

Parco Nazionale dei Pirenei

Non si può visitare Lourdes senza ammirare la natura circostante, tra cui la meraviglia del Parco Nazionale dei Pirenei che custodisce alcuni gioielli particolarmente preziosi. Come la strada che porta a Pont d’Espagne con le sue meraviglie cascate tra cui, nei pressi della stazione termale di La Raillère, quella di Lutour. Oppure, giunti sul posto, sono da non perdere le cascate del Gave de Gaube. La meraviglia è di casa anche nella valle di Gavarnie con i suoi circhi naturali glaciali, tra cui il circo di Gavarnie, con le sue numerose cime che lo circondano e le cascate, tra cui la più alta d’Europa con i suoi 422 metri di altezza. La distanza con Lourdes è di circa 57 chilometri. Quindi è la destinazione ideale per una gita fuori porta di un giorno.

Queste, però, sono solo alcune delle bellezze di questa area in cui vivono circa 2500 piante e 4000 specie di animali. Un posto magico, che merita una visita.

Circo di Gavarnie vicino a Lourdes

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Nel Parco dei Pirenei: il Circo di Gavarnie vicino a Lourdes
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Laghi di Prespa, l’eden nascosto tra Albania, Grecia e Macedonia

C’è un angolo d’Europa dove il tempo sembra scorrere in maniera diversa rispetto a come siamo abituati, in cui tre Paesi si stringono attorno a un paesaggio che sa di silenzio, acque immobili e natura senza confini. I Laghi di Prespa, sospesi tra Albania, Grecia e Macedonia del Nord, non compaiono spesso nelle liste delle mete imperdibili, e forse è proprio questo il loro punto di forza. Niente resort o folle, ma solo villaggi semi addormentati, pellicani che sorvolano le acque turchesi e sentieri che si perdono tra colline punteggiate di mandorli e antichi monasteri.

Dove si trovano i Laghi di Prespa

Incastonati tra le montagne dei Balcani, i Laghi di Prespa si trovano in una posizione unica nel loro genere: tra Albania, Grecia e Macedonia del Nord. Si dividono in due specchi d’acqua distinti, il Grande Prespa e il Piccolo Prespa, collegati tra loro da un sottile canale naturale. Il Lago di Prespa Grande è il più esteso e lambisce le sponde di tutti e tre i Paesi, mentre il Piccolo Prespa si trova quasi interamente in territorio greco, a pochi passi dal confine albanese.

Situati a circa 850 metri di altitudine, questi laghi sono tra i più alti della penisola balcanica e sono abbracciati da rilievi che li proteggono. A differenza delle classiche destinazioni turistiche lacustri, qui non ci sono città caotiche o porti affollati, ma villaggi sonnolenti, riserve naturali e un’atmosfera sospesa.

Cosa fare in estate ai Laghi di Prespa

In estate, i Laghi di Prespa offrono un’esperienza unica per chi cerca natura autentica, silenzio e un contatto diretto con una regione rimasta fuori dai grandi circuiti turistici. Ospitano una biodiversità straordinaria, tra cui il più grande santuario di pellicani ricci al mondo e oltre 260 specie di uccelli.

Il lato greco è perfetto per escursioni e visite culturali. Da non perdere, per esempio, è l’isola di Agios Achillios, raggiungibile a piedi grazie a un ponte galleggiante, in cui si possono esplorare le rovine di una basilica bizantina del X secolo. Dal villaggio di Psarades partono le barche tradizionali che attraversano il Lago Grande per mostrare antiche chiese rupestri nascoste tra le rocce.

I sentieri di trekking sono numerosi e ben segnalati, adatti anche a chi non è esperto, e offrono viste mozzafiato sui laghi e sui villaggi tradizionali, come Agios Germanos, dove si possono gustare piatti tipici come fagioli giganti, trote fresche e tsipouro locale. Una curiosità che solo gli abitanti conoscono: la Society for the Protection of Prespa, con sede proprio qui, organizza percorsi tematici e sessioni di birdwatching guidate anche in inglese.

Chi ha tempo può anche raggiungere l’isola macedone di Golem Grad, nota come “Snake Island”, per le sue rovine archeologiche e l’ecosistema particolare. I costi per queste esperienze sono contenuti (le gite in barca vanno dai 10 ai 15  euro), ma il vero limite della zona è la scarsa presenza di servizi: i trasporti pubblici sono ridotti, ci sono poche strutture ricettive e la copertura telefonica è debole.

Meglio quindi essere organizzati con auto a noleggio, mappa offline, acqua e cibo al seguito. Come bonus, a luglio si tiene anche il Prespa Lake Festival, con concerti e iniziative culturali che danno un assaggio della vita e delle tradizioni locali.

Nei Laghi di Prespa, tra le altre cose, si può fare il bagno ma serve un po’ di attenzione. Durante la bella stagione, le acque si scaldano abbastanza da essere piacevoli (intorno ai 20–21 °C), rendendo possibile una nuotata rinfrescante, soprattutto nei tratti sabbiosi e tranquilli come quelli di Dupeni o Slivnica, sulla sponda macedone.

Parliamo di spiagge poco battute, il top se si cerca silenzio e relax. Megali Prespa, il lago più grande, è generalmente il più pulito e adatto alla balneazione. Tuttavia, in alcune zone, specialmente nel Lago Piccolo, possono verificarsi fioriture algali o presenza di cianobatteri, quindi meglio evitare quei tratti se l’acqua non sembra limpida.

Essendo un’area protetta, ci sono regole da seguire: niente saponi, rifiuti o comportamenti che possano disturbare l’ecosistema. Meglio portare con sé scarpette da scoglio, perché in certi punti i fondali sono fangosi o pieni di sassi.

Cosa fare in inverno ai Laghi di Prespa

Soddisfazioni si possono avere anche in inverno, stagione che trasforma i Laghi di Prespa in un paesaggio silenzioso e surreale, dove la natura si mostra nella sua veste più austera e affascinante. Le montagne intorno si coprono di neve e l’aria frizzante regala panorami mozzafiato, ideali per chi ama la quiete e vuole staccare davvero la spina.

A pochi chilometri di distanza si trova il Vigla–Pisoderi Ski Center, una delle località sciistiche più apprezzate della zona, con piste ben curate, rifugi accoglienti e anche qualche après-ski dove riscaldarsi dopo una giornata sulla neve. Ma il vero fascino invernale di Prespa è nelle esperienze più autentiche: le passeggiate lungo i sentieri innevati che partono da villaggi come Agios Germanos, in cui  si incrociano chiesette bizantine, vecchi mulini e scorci da cartolina, o la pesca sul ghiaccio, un’attività ancora praticata dai locali e che, se capita l’occasione giusta, si può provare affiancati da chi la conosce da generazioni.

È un’esperienza diversa, lontana dal turismo di massa. Di contro, va detto che i servizi in inverno sono ancor più ridotti, non tutti i ristoranti o gli alloggi sono aperti, il freddo è pungente e bisogna essere ben equipaggiati (scarponi, abbigliamento tecnico e magari anche una torcia frontale per non farsi sorprendere dal buio). I costi, per fortuna, sono contenuti: le escursioni guidate si aggirano sui 10–20 euro, ma molte cose si possono fare in autonomia.

Una piccola chicca da non perdere: vale la pena fermarsi in silenzio lungo la riva, perché se si è fortunati si possono avvistare i pellicani svernanti librarsi bassi sull’acqua ghiacciata, un’immagine rara e potente che da sola vale il viaggio.

Come arrivare

Arrivare ai Laghi di Prespa non è difficile, ma serve un po’ di organizzazione:

  • Versante greco: è il più accessibile e si parte solitamente da Salonicco (circa 3 ore e mezza in auto), attraversando strade panoramiche che salgono verso Florina e poi scendono dolcemente verso la regione montuosa di Prespa;
  • Lato albanese: si può partire da Korçë (a poco più di un’ora), lungo una strada di montagna che regala vedute spettacolari e villaggi sospesi nel tempo;
  • Lato macedone: è raggiungibile da Resen, e offre un accesso tranquillo e meno battuto.

In tutti i casi, è consigliato viaggiare in auto (meglio se a noleggio) perché i collegamenti pubblici non sono frequenti, soprattutto fuori stagione. Se si è in camper o moto, occorre preparasi a curve, salite e pochi distributori. Tuttavia, una volta arrivati si viene ripagati dal silenzio e uno dei paesaggi più autentici dei Balcani.

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Cammino di Oropa: tappe, difficoltà e consigli utili

Incredibile a dirsi ma questo percorso nel cuore del Piemonte più selvaggio è spesso utilizzato come “allenamento” per altri cammini ben più noti e impegnativi: il Cammino di Oropa vanta splendidi paesaggi e storici santuari da raggiungere. Un viaggio lento a contatto con la natura incontaminata e le tradizioni dell’Alto Piemonte.

Montagne maestose ricoperte da fitti boschi e punteggiate da borghi incastonati tra le alte cime e da santuari antichi, con panorami suggestivi sulle valli e sulla Pianura Padana.

È questo il paesaggio in cui è immerso il Cammino di Oropa, un percorso di trekking avventuroso e un pellegrinaggio significativo per i fedeli, che attraversa diversi luoghi di culto fino alla meta finale: il Santuario di Oropa, in provincia di Biella. Il tragitto principale è maggiormente battuto per fama e tradizione, ma ne esistono diramazioni che conducono a Oropa: sono 4 e sono tutti percorsi a tappe diversi ma affascinanti.

Vediamo quali sono le principali tappe dei sentieri che portano al Santuario di Oropa, alla scoperta dei santuari del biellese e delle bellezze paesaggistiche di quei luoghi nei quali il tempo si è fermato: qui si può ancora assaporare il piacere di un viaggio lento a contatto con la natura, la storia e le tradizioni popolari tramandate fino ai giorni nostri. Un’ottima alternativa a una palestra di allenamento alla Cammino di Santiago o a quello della Via Francigena.

Il Santuario di Oropa, la meta del Cammino di Oropa

La meta del Cammino di Oropa è il maestoso Santuario di Oropa, un autentico gioiello architettonico e spirituale che sorge a pochi chilometri da Biella. Immerso nell’ambiente montano, è il più importante santuario mariano delle Alpi e meta di pellegrinaggio fin dall’antichità.

Questo maestoso luogo di culto, dedicato alla Madonna Nera, non è una semplice tappa finale nel cammino, ma è anche un luogo riconosciuto come Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO e parte integrante del sistema dei Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia.

Il cuore del Santuario di Oropa è la Basilica Antica, inaugurata nel lontano 1620, e la sua struttura è imponente e di grande pregio architettonico. Ma non sono questi elementi a renderlo così straordinario. Sì, perché oltre alla sua bellezza e all’importanza storica, il santuario è avvolto da una serie di leggende che lo rendono ancora più affascinante agli occhi dei visitatori. Si racconta che la statua della Madonna Nera, risalente alla prima metà del Trecento, non mostri alcun segno di logoramento o tarlatura nonostante il passare dei secoli.

Il Santuario di Oropa, la meta finale del Cammino di Oropa alla scoperta dei santuari biellesi
Il Santuario di Oropa, la meta finale del Cammino di Oropa

Cammino di Oropa: 4 itinerari per un viaggio spirituale tra santuari e natura

Si parla del Cammino di Oropa al singolare, ma in realtà i sentieri sono 4 gli itinerari che attraversano questo meraviglioso paesaggio e si congiungono nella meta finale, ovvero il Santuario di Oropa.

Il percorso più popolare e battuto dagli amanti del trekking è il classico Cammino di Oropa della Serra, percorso facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici, ben tracciato e con un dislivello medio-basso.

Rientrano negli altri 3 itinerari del Cammino di Oropa percorsi meno battuti e spesso più impegnativi, ma altrettanto piacevoli e suggestivi. Sono il Cammino di Oropa orientale, il Cammino di Oropa Canavesano e quello valdostano. Vediamoli tutti.

Cammino di Oropa della Serra: partenza da Santhià

Percorribile in 4 tappe (oppure 3 per i più preparati), il cammino di Oropa della Serra è l’itinerario più frequentato. Lungo 63 chilometri, presenta tappe di difficoltà e dislivello crescenti e per questo è perfetto sia per coloro che non sono particolarmente allenati, sia per i trekker più esperti.

Tappa 1: da Santhià a Roppolo

(12,6 km, 240 D+, 3-4,5 ore)

Si parte da Santhià seguendo la celebre e antica Via Francigena e avvicinandosi alle colline moreniche di Ivrea. Si attraversa poi il paese di Cavaglià fino a giungere a Roppolo, dopo circa 16 chilometri, con il suo imponente castello dal quale si apre una vista mozzafiato sul lago di Viverone.

Tappa 2: da Roppolo a Sala Biellese

(17 km, 400 D+, 5 ore)

La seconda tappa è Sala Biellese. Ci si arriva dopo una camminata attraversando i boschi sulle colline moreniche della Serra d’Ivrea, un vero altopiano tra i più estesi d’Europa. Durante il tragitto si possono ammirare l’antico borgo di Ricetto di Viverone, il paesino di Zimone con il Monastero di Bose, il borgo di Magnano, Torrazzo e infine Sala Biellese. Qui i viandanti possono pernottare e rifocillarsi.

Tappa 3: da Sala Biellese a Graglia

(16,1 km, 550 D+, 5-6 ore)

Ospitato dal sacro Monte di Graglia a valle della cima del Mombarone (sul confine tra Piemonte e Valle d’Aosta), in provincia di Biella, il Santuario di Graglia è un altro importante luogo di culto. Come il Santuario di Oropa, è dedicato alla Madonna Nera ed è collegato al culto della Nostra Signora di Loreto, nelle Marche. Per arrivare fin qui, si attraversa il sentiero che si addentra nella foresta e passa per il laghetto di Cossavella.

Dopo un tragitto con vari saliscendi, si apre davanti agli occhi il sacro Monte di Graglia. Ma il Santuario non è l’unica cosa da vedere in quest’area: comprende 18 cappelle/stazioni (delle quali 5 ancora intatte), che facevano parte di un antico e ambizioso progetto del Seicento mai portato a termine: si prevedevano di costruire 100 cappelle che rappresentassero simbolicamente tutto il ciclo di vita di Gesù, dalla nascita alla resurrezione. Alcune delle più belle si affacciano sul promontorio del santuario, come la cappella sul colle San Carlo, dove sorge l’omonima chiesa (oggi chiusa) e il gruppo scultoreo Deposizione della croce (forse distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale), e quattro dedicati all’infanzia del Cristo.

Tappa 4: da Graglia al Santuario di Oropa

(15,1 km, 800 D+, 5-6 ore)

La quarta e ultima tappa del Cammino di Oropa della Serra è il Santuario di Oropa. Il tragitto finale è più impegnativo, con saliscendi importanti e sentieri sterrati attraverso il borgo di Sordevolo e di Favaro, tra fitti boschi e splendidi paesaggi. Dopo circa 15 chilometri si giunge alla meta finale, il maestoso Santuario.

Coloro che si sentono più preparati, possono suddividere in 3 tappe il percorso: la prima a Magnano, la seconda al Santuario di Graglia e la terza alla meta finale di Oropa. Per i principianti, invece, è possibile proseguire il viaggio a piedi o in bici scegliendo le 4 tappe come da programma standard.

Cammino di Oropa Orientale: partenza da Valle Mosso

Con un totale di circa 35 chilometri, è il più impegnativo degli itinerari che conducono al Santuario di Oropa, maggiormente adatto a chi è ben allenato e esperto di trekking.

È percorribile in tre tappe (ma coloro che hanno maggiori difficoltà possono farlo in 4).

Tappa 1: da Valle Mosso alla Bocchetta di Sessera

(13 km, 1000 D+, 4-5 ore)

Si parte dal grazioso borgo di Valle Mosso, in provincia di Biella, affrontando un sentiero ripido tra i boschi dell’Oasi Zegna, facendo tappa al Santuario della Madonna della Brughiera, e proseguendo fino alla prima tappa: la Bocchetta di Sessera. Il dislivello per giungere qui è importante, quindi attenzione a prenderla con molta calma.

Tappa 2: dalla Bocchetta di Sessera alla Valle Cervo

(12 km, 459 D+, 4 ore)

Si prosegue in discesa lungo la Valle Cervo, caratterizzata da pascoli, boschi e piccoli villaggi, fino a giungere alla seconda tappa del percorso: il Santuario di San Giovanni d’Andorno.

Tappa 3: dalla Valle Cervo al Santuario di Oropa

(8 km, 483 D+, 3 ore)

Da qui, attraverso un cammino a tratti molto semplice e a tratti impervio, si arriva ad Oropa, la tappa finale del Cammino Orientale.

Cammino di Oropa Canavesano: partenza da Valperga

Con i suoi 85 chilometri di percorso, il Cammino di Oropa Canavesano è il più lungo e collega il territorio della provincia di Torino con quello biellese.

Sono 5 le tappe che lo compongono e il punto di partenza è Valperga.

Tappa 1: da Valperga a Cuorgnè

(13 km, 400 D+, 4-5 ore)

Da qui si costeggia il Castello del borgo e poi ci si addentra nel bosco fino al Santuario di Belmonte e al Sacro Monte, sito oggi parte di un panorama mozzafiato. Si scende poi verso il borgo di Pemonte e si prende successivamente un sentiero nel bosco che porta alla prima tappa: Cuorgnè.

Tappa 2: da Cuorgnè a Vidracco

(13 km, 600 D+, 7 ore)

Si riparte alla volta della seconda tappa del Cammino Canavesano, ossia Vidracco. Per giungere qui si attraversano la Valle Sacra, i boschi e i torrenti Orco e Piova, con un ponte molto suggestivo. Si passa anche per la frazione di Sant’Anna Boschi e Campo Canavese, per arrivare, dopo un tratto nel bosco, alla cima del Bric di Muragliolo e infine a Vidracco. Qui si possono ammirare le architetture religiose realizzate dai membri della comunità di Damanhur, fondata nel 1979.

Tappa 3: da Vidracco a Ivrea

(19 km, 350 D+, 6 ore)

La terza tappa prevede l’arrivo a Ivrea, attraversando la Valchiusella con il suo torrente e la Valle della Dora. I panorami nei quali si è immersi lungo il tragitto sono spettacolari, tra valloni e fiumi, che si possono godere senza eccessiva fatica, dato il dislivello contenuto. Si raggiunge così il Fiume Dora Baltea, che si attraversa per raggiungere il centro storico di Ivrea.

Tappa 4: da Ivrea a Graglia

(23 km, 800 D+, 6-7 ore)

La tappa più faticosa e lunga di questo cammino. Si riparte dal municipio di Ivrea imboccando la Via Francigena fino al Lago Campagna. Da qui si inizia a salire verso la Chiesa di Santo Stefano di Sessano e poi oltre, nei boschi che portano fino alla Serra Morenica. Qui il sentiero si fa più impegnativo e porta all’imponente masso erratico Roc Basariund.

La Serra Morenica di Ivrea è la protagonista di una tappa lunga e impegnativa, in cui entriamo nel territorio biellese e ci immettiamo sul ramo principale del Cammino di Oropa. Si attraversa il paese di Donato, dove rifornirsi di acqua e alimenti, e poi si affronta l’ultimo saliscendi che porta alla quarta tappa del Cammino Canavesano: il Santuario di Graglia.

Tappa 5: da Graglia al Santuario di Oropa

(23 km, 800 D+, 7 ore)

Il tragitto per arrivare alla quinta tappa, quella finale al Santuario di Oropa, è uguale a quello del Cammino della Serra. Attenzione: nei mesi più freddi questa parte del Cammino Canavesano risulta percorribile solo su richiesta a causa della neve e del ghiaccio. Prima di partire è bene farsi dare buone informazioni presso le strutture di accoglienza.

Cammino di Oropa Valdostano: partenza da Fontainemore

Il Cammino Valdostano parte da Fontainemore, in provincia di Aosta, e si collega a Oropa seguendo un sentiero battuto anche da una storica processione con fiaccolata che viene organizzata ogni 5 anni. Le giornate di cammino, in questo caso, sono soltanto due (in totale conta circa 17 chilometri), ma il percorso è molto impegnativo, con dislivelli notevoli. Il tragitto, infatti, prevede di superare il Colle della Barma a circa 2200 metri di quota, per poi scendere verso il Santuario di Oropa. Questo cammino è maggiormente consigliato ad appassionati di trekking esperti e ben attrezzati.

Lo splendido Santuario di Graglia, una delle tappe del Cammino di Oropa

Santuario di Graglia, in provincia di Biella

Come prepararsi al cammino

L’allenamento dipende da quale dei 4 itinerari si vuole percorrere: le difficoltà tecniche non sono proibitive, sebbene alcuni tratti del cammino implichino un dislivello notevole.

Inoltre, sebbene il Piemonte presenti paesaggi montani splendidi – e ahimè troppo poco noti e battuti – le quote non sono mai elevate, quindi anche la fatica legata all’altitudine non si fa sentire. Basti pensare che il Santuario di Oropa sorge a soli 1.150 metri.

Dove dormire e cosa mangiare lungo il percorso

I centri abitati più grandi che si attraversano nei vari segmenti del Cammino, come Santhià o Ivrea, offrono diverse soluzioni di alloggio, ma è bene tener presente che siamo in una zona del Piemonte non “abituata” al turismo. Qui le strutture sono poche e minimali, nonostante la spartana accoglienza piemontese possa essere molto gradevole.

La zona di Oropa è davvero poco fornita di rifugi e luoghi in cui pernottare o rifocillarsi; merita una menzione il Rifugio Rosazza, a 1.800 m nel cuore della conca di Oropa, la Capanna Renata e il Rifugio Coda. Il famoso Rifugio Savoia, invece, è chiuso ormai da qualche anno.

Le delizie gastronomiche della zona comprendono la classica polenta con “rustida”, un arrosto di bocconcini di carne molto semplice ma nutriente, e alcuni dolci, come i famosi torcetti di Biella.

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Il magnifico Duomo di Orvieto protagonista su Passaggio a Nord-Ovest

Sabato 5 luglio, su Passaggio a Nord-Ovest, Alberto Angela accompagna i telespettatori in uno dei luoghi più straordinari d’Italia: il Duomo di Orvieto. Una cattedrale che non è solo simbolo della città umbra, ma anche autentico capolavoro dell’architettura gotico-romanica, capace di incantare chiunque la ammiri, sia da vicino che sullo schermo.

La facciata dorata, il ritmo verticale delle guglie, il rosone che sembra disegnare la luce: ogni dettaglio racconta una storia di bellezza, fede e maestria artistica.

Un viaggio nel cuore dell’Umbria, tra arte e miracolo, che lo storico programma televisivo sa restituire con la consueta eleganza divulgativa.

La storia di una cattedrale senza tempo

Il fascino del Duomo affonda le radici in una storia secolare di passione, visioni architettoniche e passaggi di testimone tra grandi maestri. Era il 14 novembre 1290 quando Papa Nicolò IV posò la prima pietra della futura cattedrale, dando inizio a un’impresa che avrebbe attraversato i secoli.

In un’epoca di fervore religioso e rinascita civica, si sentiva il bisogno di un’opera grandiosa che rappresentasse Orvieto e il suo ruolo nel mondo cristiano. Il progetto iniziale è avvolto da un alone di mistero: alcuni lo attribuiscono ad Arnolfo di Cambio, altri a frà Bevignate da Perugia.

Quel che è certo è che a partire dal 1310, con l’arrivo del senese Lorenzo Maitani, il Duomo prese la forma che ancora oggi possiamo ammirare. Fu lui a imprimere alla struttura quell’impronta armonica e imponente che unisce la forza del romanico alla verticalità del gotico.

E sebbene decine di artisti si siano succeduti nel tempo, lo stile della cattedrale ha conservato un’unità rara, elegante, vibrante.

La facciata: un racconto in oro e pietra

La spettacolare facciata del Duomo di Orvieto

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La meravigliosa facciata del Duomo di Orvieto

Posare lo sguardo sulla facciata del Duomo di Orvieto è come aprire un libro scolpito nella pietra e illuminato da riflessi dorati in cui l’arte gotica italiana ha raggiunto il suo vertice assoluto. Progettata da Lorenzo Maitani, venne iniziata nel 1310 e completata dal punto di vista architettonico soltanto nel 1532: ma ogni sua parte sembra nascere da una stessa visione, come se fosse frutto di un unico gesto creativo, ispirato e solenne.

I primi disegni, conservati ancora oggi nell’Archivio dell’Opera del Duomo, parlano di un’evoluzione architettonica affascinante. Dal progetto monocuspidale, datato alla fine del Duecento, si passò a quello tricuspidale, voluto proprio da Maitani. Ed è proprio grazie a quest’ultimo che la facciata prese il suo caratteristico profilo a tre cuspidi, armonioso e teatrale.

L’intera superficie è un trionfo di decorazioni: bassorilievi, statue, colonne tortili e mosaici che raccontano episodi dell’Antico e Nuovo Testamento, richiamando il pellegrino o il fedele a un viaggio spirituale già dal sagrato. I bronzi dorati, oggi custoditi nel Museo dell’Opera, un tempo impreziosivano l’esterno insieme alla Maestà, poi sostituita da una copia fedele.

Al centro, il rosone firmato da Andrea di Cione, detto l’Orcagna, è un capolavoro assoluto: attorno alla testa di Cristo si dispiega un motivo decorativo finissimo che pare muoversi con la luce, mentre lungo i lati della cornice compaiono 52 teste di santi, simbolicamente distribuite come le settimane dell’anno. Ai lati si affacciano i Profeti, su tre livelli, mentre in cima dominano le statue dei dodici Apostoli, scolpite alla fine del XVI secolo.

Le guglie, infine, furono completate da Ippolito Scalza, a chiudere idealmente un’opera che sfida il tempo e la gravità con grazia e monumentalità.

L’interno: un viaggio tra luce, fede e capolavori

Una volta varcato l’ingresso, il Duomo di Orvieto accoglie con uno spazio maestoso, cadenzato dalla bicromia del marmo e da una successione di pilastri che guida lo sguardo verso l’altare. La navata centrale si apre con solennità, interrotta solo dalle cappelle laterali, dieci in tutto, ognuna custode di opere preziose.

Il transetto destro ospita una delle gemme più luminose della cattedrale: la Cappella di San Brizio, nota anche come Cappella Nuova, dove il ciclo del Giudizio Universale prende vita in tutta la sua potenza espressiva. Luca Signorelli, che subentrò al Beato Angelico, lavorò agli affreschi tra il 1499 e il 1504, realizzando un’opera che è insieme teologica e profondamente umana: corpi nudi, volti straziati, angeli e dannati si mescolano in una danza pittorica che affascina e turba, raccontando l’eternità con colori e movimenti vibranti.

Sull’altro lato, il transetto sinistro accoglie la Cappella del Corporale, in cui si conserva il Sacro Lino, testimonianza tangibile del Miracolo di Bolsena. Secondo la tradizione, nel 1263 un sacerdote boemo, dubbioso sulla presenza reale di Cristo nell’Ostia consacrata, vide scendere alcune gocce di sangue sul corporale durante la messa: il Papa, che si trovava proprio a Orvieto, ordinò che quel lino fosse conservato e venerato. Il reliquiario che lo contiene è un’opera d’arte a sé, e nella cappella si trova anche uno degli organi più imponenti d’Italia, con ben 5644 canne.

Accanto al fonte battesimale, si può ammirare una delicatissima Madonna con Bambino affrescata da Gentile da Fabriano nel 1425, esempio sublime di dolcezza e devozione.

E poi spiccano le statue monumentali dell’Annunciazione scolpite da Francesco Mochi nel 1603: dopo oltre un secolo di assenza, sono tornate a occupare il loro posto all’interno della cattedrale. Con la loro forza plastica, l’eleganza dei gesti e la carica emotiva dei volti, rappresentano una delle espressioni più alte della scultura seicentesca in Italia.

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Santi Pietro e Paolo, cosa fare a Roma il 29 giugno

Il 29 giugno 2025 non è una domenica qualunque nella Capitale, che sta vivendo i mesi più intensi del calendario giubilare. In questo giorno, infatti, la città di Roma si ferma per onorare i suoi patroni, i Santi Pietro e Paolo, figure che hanno segnato la storia cristiana e l’identità della Città Eterna. In questo anno, dunque, la festa assume un sapore ancora più speciale, intrecciando spiritualità, tradizioni secolari e un’agenda ricca di appuntamenti per tutti.

La Basilica di San Pietro e San Paolo fuori le Mura diventano il cuore delle celebrazioni, ma l’intera città si anima di riti e tradizioni che raccontano una storia di fede universale. Tra celebrazioni liturgiche, spettacoli pirotecnici e iniziative culturali, Roma infatti si trasforma in un palcoscenico di fede e bellezza. Ecco una guida completa su cosa fare e come muoversi per vivere al meglio la festa che apre ufficialmente l’estate romana. Ma prima scopriamo l’origine della Festa dei Santi Pietro e Paolo proprio il 29 giugno.

Una festa millenaria: Pietro e Paolo, pilastri di Roma

San Pietro – pescatore di Galilea scelto da Gesù come primo Papa – e San Paolo – apostolo delle genti – sono i patroni di Roma. La loro festa, il 29 giugno, sostituisce antiche celebrazioni pagane, come quelle per Romolo e Remo, e rappresenta un momento di unione per romani e pellegrini.  Ogni 29 giugno, infatti, la capitale celebra i due santi che, diversi per origine, affrontarono lo stesso destino, ovvero il martirio sotto Nerone – Pietro fu crocifisso a testa in giù nel 64 d.C. mentre Paolo venne decapitato alle Tre Fontane nel 67.

Definiti “colonne della Chiesa” da papa Leone Magno nel V secolo,  San Pietro e San Paolo diffusero il Vangelo a Roma, dando vita di fatto a una stagione della sua storia. Da qui, la scelta simbolica della data a sostituire l’antica festa di Quirino per Romolo e Remo, simbolo del passaggio dal paganesimo alla cristianità. Celebrata, a quanto si apprende da testimonianze e documenti conservati, sin dal 258 d.C., la Festa dei Santi Pietro e Paolo unisce ancora oggi riti e tradizioni le cui radici sono lontane nel tempo.

E si parte già la sera del 28, quando la statua di San Pietro in Vaticano viene adornata con piviale rosso, tiara e anello, mentre ai vespri si benedicono i pallii, simbolo di unità ecclesiale. Il 29, invece, si può assistere alla solenne processione delle Catene che, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, espone la catena di San Paolo, reliquia di 14 anelli. Mentre la cupola di San Pietro s’illumina di fiaccole e Castel Sant’Angelo esplode in fuochi d’artificio.

Gli eventi principali del 29 giugno 2025

Fede, cultura e tradizione sono alla base delle proposte in calendario per la Festa del 29 giugno a Roma. Dalla mattina alla sera, scopriamo cosa ha in serbo la città per i suoi santi patroni.

Messa solenne al Pantheon

Dopo la veglia di preghiera in San Pietro nella serata del 28 giugno, la domenica può cominciare con la Messa solenne delle 10,30 presso la Basilica di Santa Maria ad Martyres (Pantheon),celebrazione accompagnata dai cori della Basilica e Salvo D’Acquisto. Definito da Stendhal “il più bel resto dell’antichità romana”, il Pantheon crea un’atmosfera unica per questa celebrazione, aperta a fedeli e visitatori. Il consiglio è di arrivare presto per assicurarsi un posto e ammirare l’oculus che illumina l’antico tempio.

Oculo del Pantheon

123RF

Il Pantheon ospita la Messa solenne domenica 29 giugno per la Festa dei Santi Pietro e Paolo

Infiorata Storica

Un’esplosione di colori accende Piazza Pio XII e Via della Conciliazione con l’Infiorata Storica, organizzata dalla Pro Loco di Roma Capitale.  Ogni 29 giugno, il cuore di Roma diventa un profumatissimo museo a cielo aperto con un mosaico di petali che omaggiano i patroni Pietro e Paolo grazie a una tradizione nata nel 1625 nella Basilica Vaticana in occasione del Corpus Domini. A ideare l’Infiorata fu un fiorista, Benedetto Drei, al tempo del pontificato di Papa Urbano VIII.

Dopo la sua morte, Gian Lorenzo Bernini ne fece un simbolo delle feste barocche, diffondendola nei Castelli Romani e oltre. Scomparsa per secoli, oggi rivive grazie appunto alla Pro Loco e agli infioratori che con maestria creano complessi mosaici usando solo materiali naturali.  Polveri di marmo o juta, ma anche sabbia, sale, cortecce e polvere vulcanica fanno da base per rose, garofani, margherite. Le composizioni, diverse ogni anno, raffigurano Madonne, scene bibliche o simboli di speranza, in un dialogo tra natura e spiritualità.

Le opere sacre coprono 600 m², celebrando il Papa e i patroni, con lavori iniziano già la sera del 28, offrendo la possibilità di osservare gli artisti all’opera. Una volta completate, queste creazioni sono un vero spettacolo per gli occhi, perfetto per una passeggiata verso San Pietro sotto il cielo estivo della Città Eterna.

Quo Vadis, la camminata del pellegrino

Per chi ama camminare e vivere la città con ritmi più pacati, cogliendo l’occasione per meditare e pregare, c’è  il cammino Quo Vadis, promosso dai Vicariati di Roma e del Vaticano con Roma Capitale. Due le vie proposte, con lunghezza differente: La Via di Pietro (punto di partenza è la Basilica di Santa Pudenziana, dura circa 1 ora e 37 minuti per 7,1 Km di percorso) e La Via di Paolo (parte dalla Basilica di San Sebastiano e l’itinerario compre circa 13,6 Km per un totale di 3 ore e 10 minuti). Entrambi i percorsi toccano luoghi legati ai due apostoli, quali San Sebastiano fuori le Mura, Santa Prisca e il Carcere Mamertino.

In entrambi i casi, l’arrivo è fissato in Piazza San Pietro, di fronte all’ obelisco dove San Pietro fu crocifisso. Qui, ogni partecipante riceverà la ‘pietruzza’ benedetta dal Papa. Come chiarisce il sito ufficiale, la partecipazione è gratuita e libera per tutti, non organizzata con la possibilità di variare gli itinerari urbani. Attenzione, comunque, alle strade suggerite: queste, infatti, sono aperte al traffico e quindi i percorsi non sono protetti.

Girandola di Castel Sant’Angelo

Castel Sant'Angelo e la Girandola

123RF

La Girandola di Castel Sant’Angelo chiude la Festa dei Santi Pietro e Paolo

E la sera del 29 giugno va in scena una delle tradizioni più suggestive. Alle 20:30, il cielo sopra Castel Sant’Angelo si accende con la Girandola, uno spettacolo pirotecnico che risale alla volontà di papa Sisto IV nel 1481, attribuito nientemeno che a Michelangelo. Interrotto nell’Ottocento per danni al castello, dal 2008 l’appuntamento è tornato grazie alla ricostruzione filologica di Giuseppe Passeri e del Gruppo IX Invicta, curata dalla Direzione Musei Statali di Roma.

I fuochi, visibili da Lungotevere Tor di Nona e dai ponti Vittorio Emanuele II, Sant’Angelo e Umberto I, sono un momento di festa per romani e turisti il cui inizio è previsto per le 21:30 (durata circa 20 minuti). Attenzione, dalle 19:30 il Lungotevere sarà chiuso al traffico e chi preferisce evitare la folla, il Gianicolo offre una vista panoramica.

Viabilità e trasporti: come muoversi il 29 giugno

La festa patronale porta modifiche significative alla viabilità e ai trasporti, come riportato da Roma Mobilità e ATAC. Ecco cosa sapere per muoversi senza intoppi.

Chiusure stradali

Via Veneto: possibile chiusura tra largo Fellini e via Boncompagni la mattina presto (fino alle 7) per lo smontaggio di strutture legate a un evento in calendario sabato 28 giugno.

Via Ostiense: Chiusa al traffico dalle 11:00 del 28 giugno con una coda sino a lunedì 30, tra Viale Giustiniano Imperatore e Via Giulio Rocco, per le celebrazioni a San Paolo fuori le Mura.

Castel Sant’Angelo / Lungotevere: divieto di transito dalle 19:30 del 29 giugno, chiuso tra Ponte Vittorio Emanuele II e Ponte Umberto per la Girandola. Il traffico viene deviato lungo la direttrice di corso Vittorio Emanuele II sulla riva sinistra del fiume e lungo la direttrice Porta Castello/Traspontina (fonte: Roma Mobilità). Sono possibili ulteriori chiusure in base alle esigenze del traffico.
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Via dei Fori Imperiali: pedonale il 28 e 29 giugno, come ogni ultimo fine settimana del mese Pedonale

Piazza dei Cinquecento: divieto di transito sulla corsia lato Stazione Termini (da via Gioberti a via Cavour) per i lavori per la riqualificazione urbana.

Circo Massimo: chiusura dell’area al traffico veicolare per il concerto di Achille Lauro in programma. In particolare, dalle 17:00 del 29 giugno divieto di transito in via dei Cerchi tra ⁠Piazza di Porta Capena e Via di S. Teodoro. Dalle 20:00 (eccetto autorizzati) in via del Circo Massimo, Piazzale Ugo La Malfa, Via dell’Ara Massima di Ercole. Dalle 21:00 (eccetto autorizzati) anche in Via della Greca, via delle Terme Deciane e via dell’Ara di Conso. Dalle 21 sospensione della corsia riservata al trasporto pubblico locale in via di Santa Maria in Cosmedin.

Via delle Baleniere: chiusura al transito per un’iniziativa con deviazione delle linee 04, C4 e C13.

Trasporto pubblico

Il 29 giugno, il trasporto pubblico segue l’orario festivo. Le linee metropolitane A, B, B1 e C sono in servizio fino alle 23:30, con bus notturni sostitutivi dopo la chiusura.  ATAC segnala che per consentire Rievocazione Storica della Girandola di Michelangelo presso Castel Sant’Angelo, dalle ore 19.30 a fine servizio deviamo le linee 23, 30, 34, 40, 46, 62, 64, 98, 115, 280, 870, 881 e 916F. La linea 190F è limitata alla stazione San Pietro e non raggiunge, quindi, piazza Venezia.

Inoltre, per la pedonalizzazione di via dei Fori Imperiali, per tutto il weekend, deviano le linee 51, 75, 85, 87 e 118.

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Cammino di Santa Giulia: itinerario e luoghi imperdibili

Il Cammino di Santa Giulia è un itinerario a cavallo tra spiritualità, storia e natura, che attraversa tre regioni italiane – Toscana, Emilia-Romagna e Lombardia – toccando chiese, pievi e luoghi sacri legati alla devozione verso Santa Giulia. In alcune tappe, si custodiscono persino le reliquie della Santa, rendendo il percorso ancora più suggestivo.

Ma questo cammino non è riservato soltanto ai pellegrini: è una proposta affascinante anche per chi desidera rallentare, camminare in silenzio tra paesaggi autentici e ritrovare un contatto più profondo con la bellezza del territorio italiano.

La storia del Cammino di Santa Giulia

La nascita del Cammino di Santa Giulia affonda le radici nel lontano 762 d.C., quando i sovrani longobardi Desiderio e Ansa decisero di traslare le spoglie della Santa da Livorno a Brescia. Un gesto simbolico, che trasformò quell’antico tragitto in un percorso devozionale e culturale, ancora oggi capace di legare territori lontani tra loro. Il cammino ricalca proprio questa storica migrazione delle reliquie, seguendo le orme di un pellegrinaggio medievale che attraversa città, valli e monti.

Oltre alla dimensione storica, il percorso è scandito da numerose chiese e pievi dedicate alla Santa, molte delle quali rappresentano autentici gioielli architettonici. A Livorno, dove la venerazione per Giulia è ancora sentita, l’Associazione Il Cammino di S. Giulia – riconosciuta dall’Arciconfraternita del SS. Sacramento e di S. Giulia – mantiene viva la memoria della patrona anche attraverso un piccolo museo. Questo cammino è quindi anche un viaggio nel tempo, che intreccia spiritualità, arte e cultura, offrendo una visione profonda del Medioevo italiano.

Le tappe del cammino

Il Cammino di Santa Giulia si sviluppa lungo circa 470 km, distribuiti su 25 tappe che attraversano tre regioni italiane: Toscana, Emilia-Romagna e Lombardia. È un itinerario che unisce paesaggi naturali e testimonianze storiche, alternando tratti montani e collinari a percorsi più pianeggianti. Di seguito, l’elenco delle tappe principali con indicazioni tecniche e qualche nota utile per chi si mette in cammino:

  • Tappa 1 – da Livorno a Parrana San Martino (23 km, 711 D+, 6h): il cammino prende avvio dalla costa toscana, attraversando dolci colline panoramiche che offrono vedute suggestive sul mare e sull’entroterra.
  • Tappa 2 – da Parrana San Martino a Siberia (23 km, 517 D+, 6h): si attraversa la campagna pisana tra borghi e sentieri collinari, in un paesaggio rurale tranquillo e ben conservato.
  • Tappa 3 – da Siberia Crespina a Caprona (24 km, 119 D+, 5h): tappa prevalentemente campestre, tocca la Pieve di Santa Giulia a Caprona, uno dei luoghi simbolo del cammino.
  • Tappa 4 – da Caprona e Calci a Vicopisano (16 km, 663 D+, 5h): un tratto impegnativo che sale sui Monti Pisani, con splendidi scorci sulla Rocca della Verruca e sulle valli sottostanti.
  • Tappa 5 – variante da Caprona a Vicopisano (11 km, 140 D+, 3h): percorso più semplice e pianeggiante, ideale per chi cerca una deviazione meno faticosa ma comunque panoramica.
  • Tappa 6 – da Vicopisano a Buti (9 km, 357 D+, 3h): breve ma intensa, la tappa sale dalla piana fino al borgo di Buti, attraversando boschi e pendii che richiedono un po’ di allenamento.
  • Tappa 7 – da Buti a Lucca (24,5 km, 823 D+, 7h): una lunga attraversata dei Monti Pisani, con ampie vedute panoramiche e arrivo nella storica città di Lucca, ricca di arte e architettura.
  • Tappa 8 – da Lucca all’Altopiano delle Pizzorne (21 km, 1065 D+, 6h): una delle tappe più impegnative, in salita costante verso l’altopiano, con ambienti montani e boschi fitti.
  • Tappa 9 – dall’Altopiano delle Pizzorne a Bagni Caldi di Lucca (15 km, 480 D+, 5h): discesa panoramica lungo la valle del fiume Lima, con arrivo nella località termale di Bagni Caldi.
  • Tappa 10 – variante dall’Altopiano delle Pizzorne a Corsagna (11 km, 358 D+, 4h): alternativa di collegamento collinare verso Corsagna, adatta a chi preferisce un percorso più tranquillo.
  • Tappa 11 – variante da Fornoli a Pieve Monti di Villa (4 km, 474 D+, 2h): breve ma ripida, collega il fondo valle al cammino principale, utile per chi arriva da percorsi alternativi o da Fornoli.
  • Tappa 12 – da Bagni Caldi a Rifugio La Caserma Casentini (16 km, 1591 D+, 7h): tappa lunga e selvaggia, immersa nella natura montana, con forti dislivelli e panorami spettacolari sull’Appennino.
  • Tappa 13 – variante da Ponte a Gaio al Rifugio Santi (15 km, 1414 D+, 6h): itinerario carrozzabile adatto anche a cavalli e mountain bike, ideale per chi cerca un’alternativa più ampia al sentiero di crinale.
  • Tappa 14 – dal Rifugio La Caserma Casentini a San Pellegrino in Alpe (20 km, 1375 D+, 7h): un classico percorso di crinale appenninico, molto scenografico, tra alture boscose e valli profonde.
  • Tappa 15 – variante dal Rifugio Santi a San Pellegrino in Alpe (14 km, 870 D+, 5h): percorso di mezza costa, adatto a escursionisti e cavalieri, offre un tragitto più protetto rispetto al crinale.
  • Tappa 16 – da San Pellegrino in Alpe a Barga (22,5 km, 620 D+, 6h): discesa progressiva dal crinale verso la valle del Serchio, tra ampi panorami, castagneti e borghi storici della Garfagnana.
  • Tappa 17 – variante da San Pellegrino in Alpe a Castelnuovo di Garfagnana (19 km, 828 D+, 6h): itinerario collinare in discesa attraverso boschi e paesi della media valle del Serchio, verso il cuore della Garfagnana.
  • Tappa 18 – da Barga a Castelnuovo di Garfagnana (15 km, 606 D+, 5h): percorso tra vallate verdeggianti e piccoli centri fortificati, con vista sulle Apuane e atmosfere rurali autentiche.
  • Tappa 19 – da Castelnuovo di Garfagnana a S. Viviano (15,5 km, 1131 D+, 6h): tappa montana impegnativa che risale verso l’eremo di S. Viviano, luogo di silenzio e spiritualità immerso nei boschi.
  • Tappa 20 – da S. Viviano a San Viano (21,5 km, 1126 D+, 7h): lungo crinale che segna il passaggio in Lunigiana, tra pascoli, faggete e panorami aperti sulla valle del Lucido.
  • Tappa 21 – da San Viano a Ugliancaldo (10 km, 616 D+, 4h): breve tratto in quota tra boschi e pascoli, ideale per godere del silenzio dell’Appennino e di una natura poco antropizzata.
  • Tappa 22 – da Ugliancaldo a Equi Terme (10,5 km, 487 D+, 4h): discesa panoramica verso la valle del Lucido, con arrivo alle celebri grotte e terme di Equi, perfette per un momento rigenerante.
  • Tappa 23 – da Equi Terme a Pieve di San Lorenzo (12 km, 472 D+, 4h): percorso tra borghi medievali e castelli della Lunigiana, in un fondovalle verde e ricco di testimonianze storiche.
  • Tappa 24 – da Pieve di San Lorenzo a Berceto (18,5 km, 1366 D+, 7h): tappa impegnativa che risale verso il crinale appenninico, segnando l’ingresso in Emilia tra faggete e sentieri antichi.
  • Tappa 25 – da Berceto a Cassio (16 km, 629 D+, 5h): ultimo tratto montano del cammino, tra le dolci colline parmensi e boschi secolari, verso i confini della pianura padana.

I luoghi da non perdere

Il Cammino di Santa Giulia è molto più di un itinerario escursionistico: è un viaggio nel cuore dell’Italia più autentica, punteggiato da città d’arte, borghi silenziosi e aree naturali di straordinaria bellezza. Tra i luoghi imperdibili spicca Lucca, con le sue mura rinascimentali perfettamente conservate, il Duomo di San Martino e le viuzze medievali che offrono un tuffo nella storia. Un altro gioiello è Castelnuovo di Garfagnana, centro vitale dell’omonima valle, circondato da fortificazioni e custode di tradizioni secolari.

In Toscana, il cammino attraversa anche località più piccole ma dense di fascino, come Buti, con il suo teatro ottocentesco incastonato tra le colline, e Vicopisano, dominato dalla Rocca del Brunelleschi. Salendo verso l’Appennino, si scoprono luoghi carichi di spiritualità come San Pellegrino in Alpe, antico ospizio di pellegrini posto sul crinale tra Toscana ed Emilia, e l’Eremo di San Viviano, immerso nei boschi della Garfagnana.

Sulla via emiliana, meritano una sosta Berceto, borgo di pietra con la sua Cattedrale romanica, e Rubiera, con il ponte medievale e la Pieve di San Faustino. Il cammino si chiude in bellezza a Brescia, dove il Museo di Santa Giulia – allestito nell’antico monastero omonimo – custodisce secoli di arte, archeologia e devozione, offrendo un epilogo degno di un viaggio tanto ricco e articolato.

Indicazioni e consigli per il viaggio

Il Cammino di Santa Giulia, con i suoi 470 km e 25 tappe, attraversa zone molto eterogenee: dalle colline toscane alle montagne dell’Appennino, fino alla pianura padana. Per questo è fondamentale partire ben preparati. Il periodo migliore per mettersi in cammino è la primavera (aprile-giugno) o l’inizio dell’autunno (settembre-ottobre): in estate molte tappe collinari e di pianura possono diventare troppo calde, mentre in inverno i tratti montani sono spesso innevati o fangosi.

Il percorso è lineare e si sviluppa da Livorno a Brescia; non sempre è segnalato in modo uniforme. In alcune aree si trovano i classici segni bianco-rossi del CAI, in altre i cartelli specifici con il logo rosso-blu del cammino, ma ci sono tratti in cui l’orientamento può risultare incerto: si consiglia di scaricare le tracce GPS ufficiali e portare con sé anche una mappa cartacea di emergenza.

Lungo il tragitto si trovano punti acqua in quasi ogni paese – fontanelle pubbliche o piccoli alimentari – ma in alcune tappe di montagna è essenziale partire con una buona scorta idrica. Anche l’alloggio può variare: si va da ospitalità parrocchiali ed ecclesiastiche, soprattutto nei borghi più piccoli, a B&B, agriturismi e ostelli nelle città più grandi. È consigliato prenotare con anticipo, specie nei periodi di alta affluenza.

Infine, è bene avere con sé un equipaggiamento modulabile: scarpe da trekking con buona aderenza, abbigliamento a strati, giacca impermeabile, coprizaino e un piccolo kit di primo soccorso. Nelle zone di pianura in estate, non dimenticare un repellente per zanzare. Il cammino non è adatto a chi cerca percorsi brevi o poco impegnativi: richiede resistenza, spirito di adattamento e voglia di scoperta.

Cosa mangiare lungo il cammino

Camminare per chilometri ogni giorno apre l’appetito, e il Cammino di Santa Giulia sa come deliziare i viandanti con sapori autentici e piatti della tradizione. In Toscana, si parte con la cucina livornese e il profumo intenso del cacciucco, per poi passare ai prodotti delle colline pisane, come l’olio extravergine, il pane sciapo e i formaggi pecorini. Nella Garfagnana, il cammino attraversa terre di castagne, farina dolce e piatti rustici: da provare i necci, farciti con ricotta, e i salumi artigianali come il biroldo.

Sconfinando in Emilia, ci si imbatte in una cucina opulenta e festosa. A Modena, il protagonista è il tortellino, ma non mancano il celebre aceto balsamico tradizionale, lo gnocco fritto e i salumi DOP. Più avanti, nelle terre della bassa reggiana e mantovana, è un tripudio di piatti poveri ma saporiti: tortelli di zucca, capunsei e mostarde di frutta.

Arrivando in Lombardia, il cammino si conclude in bellezza con i sapori bresciani: i casoncelli alla bresciana, la polenta taragna e un calice di Franciacorta sono il modo migliore per celebrare l’arrivo. Mangiare lungo il Cammino di Santa Giulia non è solo nutrirsi, ma anche immergersi nei ritmi delle stagioni, nei prodotti del territorio e nella convivialità delle tradizioni locali.

Credenziale, permessi e assicurazione

Per affrontare il Cammino di Santa Giulia in modo ufficiale e godere di tutti i vantaggi riservati ai pellegrini, è consigliato richiedere la credenziale del cammino, un documento personale che accompagna il viandante lungo tutte le tappe. La si può ritirare a Livorno, presso la sede dell’Associazione Il Cammino di S. Giulia, punto di riferimento per l’organizzazione e la promozione dell’itinerario. Con la credenziale viene rilasciata anche la tessera associativa, che consente l’accesso agevolato alle strutture convenzionate, come ostelli, foresterie, case parrocchiali e B&B.

L’iscrizione all’associazione non è obbligatoria per camminare, ma offre una copertura assicurativa completa, valida per tutto l’anno solare e su tutto il tracciato. Si tratta di una tutela preziosa in caso di infortuni o imprevisti lungo il percorso, soprattutto nei tratti montani o più isolati.

Durante il cammino, la credenziale può essere timbrata nelle chiese, negli alloggi e nei punti di accoglienza: oltre a rappresentare un ricordo simbolico del viaggio, serve anche come testimonianza dell’esperienza vissuta e può essere richiesta per ottenere l’attestato finale all’arrivo a Brescia.

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Cammino di San Michele: come organizzare il viaggio

Attraversare l’Italia da nord a sud lungo un sentiero che unisce santuari, abbazie e borghi millenari significa immergersi in un viaggio che è al tempo stesso spirituale, culturale e geografico. È questo lo spirito del Cammino di San Michele, un itinerario che si sviluppa lungo la cosiddetta Linea Sacra Micaelica, una direttrice leggendaria che, secondo la tradizione medievale, sarebbe stata tracciata dal colpo di spada dell’Arcangelo Michele per ricacciare Satana negli inferi.

Una linea di luce e protezione che collega sette santuari dedicati all’arcangelo, disposti tra Irlanda e Israele, sorprendentemente allineati con il tramonto del sole nel giorno del solstizio d’estate. In Italia, questa traiettoria prende forma concreta in un cammino che collega la Sacra di San Michele in Val di Susa al Santuario di Monte Sant’Angelo nel Gargano, attraversando paesaggi mozzafiato, città d’arte e terre antiche. Più che un semplice percorso fisico, è un invito a confrontarsi con la lotta tra bene e male, l’eroismo interiore e il senso profondo della fede.

Le origini del culto e la nascita del Cammino

Il culto di Michele ha radici antiche. L’arcangelo è sempre raffigurato come un guerriero, con la spada sguainata, mentre calpesta un drago o un demone: un’iconografia che lo identifica da secoli come difensore della fede contro le forze oscure. Fu con l’arrivo dei Longobardi che il suo culto si diffuse capillarmente in Italia: popolo guerriero convertitosi al cristianesimo, i Longobardi videro in Michele un ideale successore del dio Odino, associando alla nuova figura religiosa le stesse virtù militari.

A loro si deve la consacrazione di numerosi luoghi sacri a San Michele, tra cui il Santuario di Monte Sant’Angelo, che divenne il loro principale centro spirituale. Poco dopo, tra il 983 e il 987, fu fondata anche la Sacra di San Michele in Piemonte, sulla cima del Monte Pirchiriano: un luogo suggestivo, a mille metri d’altezza, che domina la Val di Susa e rappresenta il punto di partenza del cammino italiano.

Insieme a Mont Saint-Michel, i tre santuari formano una linea retta perfetta, distanziati di circa 1000 chilometri l’uno dall’altro: una disposizione che ha alimentato per secoli l’idea affascinante di una geografia sacra, capace di unire spiritualità e mistero, fede e astronomia.

Le tappe del Cammino di San Michele in Italia

Il tratto italiano del Cammino di San Michele si estende per circa 1.500 km, attraversando sette regioni, diciassette province e oltre 170 comuni. Interamente tracciato in GPS, si suddivide in dieci grandi sezioni: ognuna può essere percorsa in tappe giornaliere da 15-20 km o, per chi ha meno esperienza, in segmenti più brevi, adattando il ritmo alle proprie capacità.

Tappa 1 – da Moncenisio a Torino

(60 km, 1.100 D+, 2-3 giorni)

Dal Passo del Moncenisio, antico valico alpino tra Francia e Italia, il cammino scende lungo la Val Cenischia attraversando paesaggi d’alta quota e boschi silenziosi. Dopo circa 15 km si incontra l’Abbazia di Novalesa, fondata nell’VIII secolo, uno dei primi centri spirituali del cammino. Da qui si raggiunge Susa, con le sue testimonianze romane e medievali, per poi proseguire lungo la Via Francigena fino ai piedi del monte Pirchiriano.

L’ascesa finale porta alla maestosa Sacra di San Michele, a mille metri d’altezza, affacciata sulla pianura torinese: un luogo carico di simbolismo, costruito tra il X e l’XI secolo, che segna l’inizio ufficiale del tratto italiano. Si può pernottare a Novalesa, Susa o Sant’Ambrogio, suddividendo la tappa in due o tre giornate in base al proprio ritmo.

Tappa 2 – da Superga a Crea

(62 km, 950 D+, 2-3 giorni)

Dal centro di Torino, si sale alla panoramica Basilica di Superga, sulla collina che domina la città, prima di addentrarsi nelle campagne astigiane. Un sentiero del CAI guida il camminatore tra colline e vigneti fino all’Abbazia di Vezzolano, uno dei capolavori del romanico piemontese, nota per il chiostro affrescato e la facciata con la statua di San Michele. Il paesaggio è dolce, punteggiato da cascine, noccioleti e piccoli borghi.

Si prosegue quindi verso Crea, attraversando le province di Asti e Alessandria. L’arrivo al Sacro Monte di Crea, inserito tra i beni UNESCO, regala un ambiente mistico e raccolto, tra boschi e cappelle immerse nel verde. La tappa può essere spezzata in più giorni, con possibilità di sosta in agriturismi e strutture rurali lungo il percorso.

Tappa 3 – da Crea a Pavia

(80 km, 600 D+, 3-4 giorni)

Dal Sacro Monte di Crea si scende dolcemente verso la pianura, attraversando paesaggi di campagna e piccoli centri del Monferrato. Il cammino offre due varianti: una segue i sentieri CAI fino a Casale Monferrato, lungo il Po, l’altra scende verso Alessandria passando per San Salvatore Monferrato e Mirabello. Entrambe le opzioni si ricongiungono nei pressi di Tortona, dove si può visitare la pieve medievale di San Pietro, custode di un affresco di San Michele che è divenuto simbolo del cammino.

L’ultima parte della tappa si snoda lungo il Ticino, tra sentieri golenali e antiche strade, fino a raggiungere Pavia, città dal passato longobardo, dove sorge la splendida chiesa romanica di San Michele Maggiore. La lunghezza del percorso consente diverse suddivisioni, con possibilità di sosta in città e borghi ben serviti. L’arrivo a Pavia rappresenta un altro importante snodo spirituale e culturale lungo la Linea Sacra.

Tappa 4 – da Pavia a Bobbio

(70 km, 850 D+, 2-3 giorni)

Lasciata Pavia, il cammino attraversa l’ultimo tratto di pianura lombarda seguendo strade secondarie e campestri. Si costeggiano risaie, canali e cascinali, in un paesaggio sempre più ondulato man mano che ci si avvicina all’Appennino. Dopo aver superato il Po e lambito piccoli borghi rurali, si entra in Emilia e si prosegue verso la Val Trebbia, tra boschi, vigneti e salite sempre più marcate.

L’arrivo a Bobbio, antica cittadina fondata da San Colombano, segna un punto di svolta nel cammino. Qui sorge il grande Monastero di San Colombano, uno dei centri religiosi più importanti dell’Italia medievale, dove è presente una spelonca legata al culto micaelico, meta di pellegrinaggi locali. La tappa è ricca di atmosfera e può essere suddivisa con una sosta intermedia nei pressi della valle del Tidone o in uno dei borghi ai piedi dell’Appennino.

Tappa 5 – da Bobbio a Pontremoli

(110 km, 2.100 D+, 4-5 giorni)

Da Bobbio, il cammino entra nel cuore dell’Appennino emiliano, seguendo la storica Via degli Abati, una delle vie monastiche più antiche d’Europa. Il percorso si snoda tra fitti boschi, crinali isolati e antichi valichi, toccando borghi suggestivi come Bardi, con il suo castello arroccato, e Borgo Val di Taro, importante centro dell’Alta Valtaro. Il terreno è vario e impegnativo, con salite e discese che mettono alla prova anche i camminatori più esperti.

La fatica è ampiamente ripagata dalla bellezza dei paesaggi e dalla spiritualità che permea questa tratta. L’arrivo a Pontremoli, porta della Lunigiana e punto di congiunzione con la Via Francigena, segna la fine di una delle tappe più selvagge e affascinanti dell’intero Cammino. Numerose strutture di accoglienza lungo il tracciato permettono di suddividere l’itinerario in modo equilibrato, con possibilità di sosta in rifugi, agriturismi o ostelli.

Tappa 6 – da Pontremoli a Lucca

(120 km, 1.800 D+, 4-5 giorni)

Da Pontremoli, il cammino entra nella suggestiva Lunigiana, seguendo la Via del Volto Santo, un antico percorso di fede che collega le Alpi Apuane a Lucca. Si attraversano borghi medievali come Filattiera, Bagnone e Castiglione di Garfagnana, tra mulattiere in pietra, ponti romanici e vallate boscose. Il paesaggio alterna tratti montani a dolci colline, offrendo una varietà di scenari naturali che ben rappresentano l’essenza della Toscana interna.

La tappa si conclude nella storica città di Lucca, dove si trova la celebre chiesa di San Michele in Foro, testimonianza diretta del culto micaelico nel cuore cittadino. L’ingresso in città, attraverso le mura rinascimentali e il dedalo di vicoli del centro, rappresenta un momento emozionante per ogni pellegrino. I numerosi alloggi disponibili lungo il tragitto permettono un’organizzazione flessibile, adattabile a diverse esigenze di ritmo e resistenza.

Tappa 7 – da Lucca a Volterra via Pisa

(80 km, 1.200 D+, 3-4 giorni)

Da Lucca, il cammino si dirige verso ovest aggirando il Monte Pisano, per poi scendere nella piana di Pisa, dove si incontrano testimonianze longobarde e resti di edifici religiosi dedicati a San Michele, come la pieve di San Michele degli Scalzi. Il tracciato attraversa campagne coltivate e piccoli centri rurali, tra oliveti, corsi d’acqua e sentieri pianeggianti, offrendo un passaggio tranquillo ma ricco di storia.

Dopo Pisa, il percorso si inoltra nell’entroterra toscano, seguendo antiche vie che conducono verso le prime colline della Val di Cecina. L’ascesa finale verso Volterra, città etrusca sospesa su un’altura, è suggestiva e panoramica. Il borgo custodisce una forte tradizione spirituale e segna l’ingresso simbolico alla Maremma. Questa tappa può essere suddivisa in tre giornate, con possibilità di sosta in agriturismi e centri abitati lungo il tragitto.

Tappa 8 – da Volterra alla Maremma

(170 km, 2.300 D+, 5-7 giorni)

Da Volterra il cammino si biforca, offrendo due varianti affascinanti. Una conduce verso Massa Marittima e gli scavi archeologici di Roselle, l’altra attraversa la campagna senese fino all’Abbazia di San Galgano, famosa per la spada nella roccia conficcata nella pietra dal cavaliere Galgano come simbolo di conversione e pace. Entrambi i rami attraversano colline solitarie, calanchi, boschi mediterranei e borghi antichi come Sovana, Saturnia e Pitigliano, al confine con il Lazio.

Questa è una delle tratte più paesaggisticamente varie e selvagge: si cammina lungo sterrate, tratturi e strade bianche, spesso lontano dai grandi centri abitati. In alcuni tratti l’acqua scarseggia, quindi è consigliato rifornirsi nei borghi attraversati. I camminatori possono scegliere tappe giornaliere più brevi, grazie alla presenza di agriturismi e ospitalità diffusa. L’ingresso in Maremma, con le sue atmosfere etrusche e l’eco delle leggende templari, dona a questa sezione del cammino un carattere profondo e quasi mistico.

Tappa 9 – dalla Tuscia a Roma

(120 km, 1.000 D+, 4-5 giorni)

Entrati nel Lazio, il cammino segue l’Antica Via Clodia, un tracciato di origine etrusco-romana che attraversa la selvaggia e affascinante Tuscia. I pellegrini si addentrano nella Foresta del Lamone, tra sentieri ombrosi e solitari, per poi toccare borghi straordinari come Farnese, Tuscania, Norchia e Barbarano Romano, noti per le necropoli rupestri e le architetture medievali. Il paesaggio è segnato da calanchi, canyon tufacei e sorgenti termali, in un contesto naturalistico intatto.

Superato il lago di Bracciano, si entra progressivamente nella periferia romana fino a raggiungere il maestoso Castel Sant’Angelo, antica mole funeraria divenuta bastione papale e simbolo micaelico per eccellenza. Da lì, il cammino si snoda lungo il centro storico di Roma, passando per Campo de’ Fiori, il Campidoglio e il Colosseo, fino a giungere a Piazza San Pietro, cuore spirituale della cristianità. Una tappa densa di significati, che unisce natura, storia e fede in un crescendo di emozioni.

Tappa 10 – da Roma alla Grotta del Gargano

(oltre 220 km, 2.500 D+, 7-10 giorni)

Lasciata Roma, si prosegue lungo la Via Prenestina, attraversando la Ciociaria con le sue colline fertili e borghi carichi di spiritualità. Si toccano luoghi simbolici come Palestrina, Fiuggi, Alatri, Veroli e l’imponente Certosa di Casamari, fino a raggiungere Sora, Posta Fibreno e Alvito. Qui il paesaggio comincia a farsi più montuoso, preparando il camminatore al passaggio nel Molise.

Superato il confine regionale, si percorre la Via Micaelica Molisana, tra Colli al Volturno, Isernia, Bojano e i tratturi storici come il Pescasseroli-Candela. Si attraversano le colline di Campobasso, i borghi di Ripabottoni e Santa Croce di Magliano, fino a entrare in Puglia. L’ultima parte del cammino passa per Serracapriola e San Marco in Lamis, prima di salire al Santuario di Monte Sant’Angelo, affacciato sul Golfo di Manfredonia. Da lì, un sentiero scende alla costa fino all’antico porto di Siponto, punto d’imbarco per i pellegrini diretti in Terra Santa.

Le tappe internazionali del Cammino

Sebbene il tratto italiano sia il più articolato e strutturato, il Cammino di San Michele si inserisce in un itinerario ben più ampio e affascinante: la cosiddetta Linea Sacra Micaelica, che collega sette luoghi di culto dedicati all’Arcangelo Michele, disposti in linea retta tra Irlanda e Israele. Ciascuno di questi siti custodisce una tradizione millenaria di pellegrinaggio, apparizioni, simbolismo e spiritualità.

Le tappe principali all’estero sono:

  • Skellig Michael (Irlanda): si tratta di un’isola rocciosa e impervia al largo della costa sud-occidentale dell’Irlanda, patrimonio UNESCO. Qui, nel VI secolo, i monaci fondarono un eremo dedicato a San Michele, simbolo di isolamento e ascesi spirituale. È accessibile solo via mare, durante la bella stagione.
  • St Michael’s Mount (Inghilterra): è un isolotto situato in Cornovaglia, collegato alla terraferma da un istmo sabbioso percorribile con la bassa marea. Il santuario, risalente all’XI secolo, ospita una cappella, un castello e un piccolo villaggio, e rappresenta un importante luogo di culto micaelico in terra anglosassone.
  • Mont Saint-Michel (Francia): uno dei luoghi sacri più celebri d’Europa, situato in Normandia. Arroccato su un isolotto circondato da maree spettacolari, unisce storia monastica, architettura gotica e spiritualità. È da secoli una meta di pellegrinaggio di grande prestigio.
  • Monastero di Panormitis (Grecia): si trova sull’isola di Symi, nel Dodecaneso, ed è il principale santuario ortodosso dedicato a San Michele Taxisarchis. Meta di pellegrinaggi marittimi, custodisce un’icona venerata in tutto il mondo greco e rappresenta una delle espressioni più vive del culto micaelico.
  • Monastero Stella Maris (Israele): sorge sul Monte Carmelo, a Haifa, ed è legato sia al culto di San Michele sia alla tradizione carmelitana. All’interno si trova una grotta sacra frequentata fin dai primi secoli del cristianesimo. È l’ultimo punto della Linea Sacra in direzione est.

Come organizzare il viaggio e pianificare l’itinerario

Il Cammino di San Michele è un itinerario lungo e variegato che richiede una pianificazione attenta, soprattutto se si intende affrontarne più tappe consecutive. La prima scelta da compiere riguarda il tratto da percorrere: si può optare per un segmento regionale di pochi giorni, oppure per un itinerario di ampio respiro, che collega due o più santuari principali. In fase di progettazione è utile valutare la propria preparazione fisica, la stagionalità (preferibili primavera e autunno) e i tempi a disposizione, tenendo conto che una media sostenibile per i camminatori allenati è di 20-25 km al giorno, su terreno misto.

È fondamentale dotarsi delle tracce GPS, scaricabili online, e consultare le tappe ufficiali per stimare distanze, dislivelli e punti d’appoggio. Molti tratti del cammino coincidono con altri percorsi segnalati, come la Via Francigena o la Via degli Abati, facilitando la logistica. Lungo l’itinerario si trovano ostelli, B&B, strutture religiose e agriturismi: prenotare in anticipo è consigliato, specialmente nei periodi di maggiore affluenza. Un diario di tappa, una credenziale e una guida cartacea o digitale possono completare il kit ideale per affrontare con consapevolezza e serenità questo viaggio interiore e geografico.